2/3 • N. 270 MAY-AUGUST 2014 19.00 € vol. LXII. May / August 2014 N° 270 2 3 Four-monthly Journal ISSN 0006-6761 Indexed in PsycINFO® BOLLETTINO DI PSICOLOGIA APPLICATA Accedi all’area riservata agli abbonati con articoli tradotti in italiano e la possibilità di sfogliare la rivista in formato digitale. www.giuntios.it/bpa APPLIED PSYCHOLOGY BULLETIN Experiences & Tools GIUNTI O.S. ORGANIZZAZIONI SPECIALI SCOPRI IL NUOVO SITO DEDICATO A BPA POSTE ITALIANE SPA – SPED IN A.P. DL 353/03 ( CONV. IN L 27/02/2004 N. 46) ART 1 C 1, DCB-C1 FI Research Scientific Director Alessandro Zennaro BPA_230_2.indd 1 31/07/14 14:23 Contents Sommario Ricerche Il coinvolgimento attivo dei follower tra dimensioni personali e organizzative Paola Gatti, Claudio G. Cortese, Manuela Tartari, Chiara Ghislieri Sintonizzare le pratiche e ridefinire le azioni lavorative attraverso l’uso di artefatti Giuseppe Scaratti, Mara Gorli, Laura Galuppo, Silvio Ripamonti, Claudio G. Cortese 2 12 Esperienze e Strumenti La valutazione linguistica dei bambini con Disturbo Specifico del Linguaggio con la Batteria per la Valutazione del Linguaggio in bambini dai 4 ai 12 anni (BVL_4-12) Andrea Marini Anosognosia per deficit Motori e Somatosensoriali post stroke (UMAS): Validità e attendibilità del questionario UMAS Lucia Spinazzola, Giulia Bellan, Lorenzo Pia, Anna Berti 27 37 Allenamento dell’attenzione nei pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente59 Olga Orel 270 • BPA P. Gatti, C.G. Cortese, M. Tartari, C. Ghislieri Il coinvolgimento attivo dei follower tra dimensioni personali e organizzative Paola Gatti, Claudio G. Cortese, Manuela Tartari, Chiara Ghislieri Dipartimento di Psicologia, Universita degli Studi di Torino ᴥᴥ ABSTRACT. Il contributo presenta una ricerca sul tema della followership nelle organizzazioni, proponendosi di individuare alcuni possibili antecedenti del coinvolgimento attivo dei follower nella relazione con il leader. La ricerca, che ha coinvolto 390 soggetti provenienti da diversi contesti lavorativi, mette in evidenza il ruolo di alcune dimensioni personali (strategie di coping e apertura all’esperienza) e organizzative (comportamenti di cittadinanza organizzativa) nelle dinamiche di followership, e consente di formulare importanti indicazioni per le politiche di gestione delle risorse umane e, nello specifico, per la formazione aziendale. Parole chiave: followership, coinvolgimento attivo, leadership INTRODUZIONE Il vuoto di attenzione rispetto al tema della followership è considerato come una delle quattro “inalienabili verità della leadership” (Dixon, 2008, p. 159), o “una delle più interessanti omissioni nella teoria e nella ricerca sulla leadership” (Avolio, Walumbwa & Weber, 2009, p. 434). In contrasto con questa mancanza, ma anche una delle principali ragioni per investigare il tema in modo più approfondito, è la pervasività della followership sul luogo di lavoro: “siamo tutti follower in qualche modo” (Steger, Manners Jr & Zimmerer, 1982, p. 22) e “anche coloro che hanno più alti livelli di responsabilità di leadership rispondono a qualcuno” (Tanoff & Barlow, 2002, p. 157). Non soltanto ogni organizzazione ha più follower che leader (Collinson, 2006), ma molte persone (in particolare coloro che occupano posizioni di middle management) si trovano a ricoprire entrambi i ruoli in modo alternato (Kelley, 1988, 1992). 2 Ricerche Gli attuali cambiamenti nel mondo delle organizzazioni rendono necessari leader che non siano solo in grado di fronteggiare l’incertezza (Montgomery, 2008) e di influenzare la prontezza al cambiamento del loro team (Caldwell, Chatman, O’Reilly, Ormiston & Lapiz, 2008), ma anche di far crescere follower che possano garantire un supporto solido e positivo in queste difficili circostanze. Come Collinson (2006) ribadisce, un crescente numero di studiosi sostiene che i follower sono una precondizione per il successo organizzativo, opinione confermata dai risultati di Agho (2009): nel suo studio più del 98% dei 302 rispondenti sono d’accordo con le affermazioni che riguardano l’influenza che follower efficaci esercitano sull’organizzazione e sul gruppo. Quindi, follower “che riconoscano il difetto nel pensiero del leader e lo sfidino a considerare percorsi di azione alternativi […] sono altamente desiderabili negli attuali contesti organizzativi” (Carsten, Uhl-Bien, West, Patera & 270 • BPA G. Scaratti, M. Gorli, L. Galuppo, S. Ripamonti, C.G. Cortese Sintonizzare le pratiche e ridefinire le azioni lavorative attraverso l’uso di artefatti La scheda infermieristica tra affordance e agency: un caso di studio Giuseppe Scaratti1, Mara Gorli1, Laura Galuppo1, Silvio Ripamonti1, Claudio G. Cortese1,2 1 Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano 2 Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Torino ᴥᴥ Abstract. Il lavoro presenta un’esperienza di ricerca-intervento condotta per accompagnare un cambiamento organizzativo di un ospedale di medie dimensioni del Nord Italia. Il contributo sollecita una riflessione sul ruolo degli artefatti quali organizzatori delle pratiche lavorative, offrendo una prospettiva di ricognizione e analisi dei processi di costruzione e condivisione della conoscenza. Viene evidenziato il ruolo di mediatore svolto dagli artefatti e dalle iscrizioni a essi relative, rispetto a conoscenze tacite e a pratiche operative circolanti all’interno di uno specifico contesto organizzativo. Parole chiave: artefatti, organizzazioni sanitarie, agency trasformativa INTRODUZIONE Il quadro teorico di riferimento del presente contributo si fonda su una tradizione di practice-based research (Gherardi, 2006, 2008, 2009) e workplace studies (Engeström, 2010; Engeström & Middleton, 1996; Hutchins, 1995; Luff, Hindmarsch & Heath, 2000). Tale approccio riconosce un duplice registro di conoscenza (Eraut, 2000): quella relativa ai saperi teorici e tecnici, riconducibili a espressioni codificate e pubblicamente accessibili (testi, manuali, brevetti,…) e quella tacita, connessa ad aspetti informali e impliciti (incorporati all’interno di pratiche diffuse e di routine date per scontate). Tecnologie e artefatti giocano un ruolo importante nella creazione e nel mantenimento della seconda tipologia di conoscenza indicata (Argyris & Schön, 1996; Baitsch, 1996; Schulz, 2008), sempre esposta a transazioni sociali e continui aggiustamenti e adattamenti. Si tratta infatti di un vero e proprio sistema sociale che sostiene, nutre e permette la circolazione e la riproduzione della 12 Ricerche conoscenza tacita all’interno di contesti professionali e organizzativi. In tale prospettiva le pratiche lavorative (in quanto sistemi di azione socialmente costruiti e situati) e gli artefatti (come mediatori fra le figure professionali e le organizzazioni) diventano essenziali strumenti di condivisione di conoscenza (D’Adderio, 2010; Feldman & Pentland, 2003; Heath, 1982; Heath, Luff & Sanchez Svensson, 2003; Nicolini, Gherardi & Yanow, 2003). Il presente contributo si riferisce a un’esperienza di ricerca-azione realizzata tra il 2011 e il 2013 all’interno di un ospedale dell’Italia del Nord. L’ospedale in questione stava attraversando un processo di riorganizzazione e la ricerca-azione aveva lo scopo di identificare e accompagnare alcune comunità di pratica, attive all’interno dell’organizzazione (nello specifico relative a infermieri e capo sala), promuovendo la loro partecipazione al processo di cambiamento in corso e stimolando l’assunzione di un ruolo attivo in esso. La valutazione linguistica nel DSL (Disturbo Specifico del Linguaggio) La valutazione linguistica dei bambini con Disturbo Specifico del Linguaggio con la Batteria per la Valutazione del Linguaggio in Bambini dai 4 ai 12 anni (BVL_4-12) Andrea Marini1, 2 Dipartimento di Scienze Umane, Università degli Studi di Udine 2 IRCCS “E. Medea: La Nostra Famiglia”, San Vito al Tagliamento (PN) 1 ᴥᴥ Abstract. I Disturbi Specifici del Linguaggio (DSL) sono caratterizzati da un ritardo del linguaggio in bambini che per il resto presentano un normale sviluppo. Essendo il linguaggio un processo cognitivo complesso, i deficit linguistici possono variare significativamente da un soggetto ad un altro. È pertanto importante estendere l’analisi delle abilità lin- guistiche alle interrelazioni tra abilità lessicali, grammaticali e discorsive. Il presente studio è stato ideato per analizzare le abilità linguistiche e narrative di un gruppo di bambini con diagnosi di DSL (Disturbo Specifico del Linguaggio) in confronto con un gruppo di bambini con sviluppo non compromesso, confrontati per età, livello di educazione e lunghezza media di espressione. I partecipanti con DSL presentavano una significativa difficoltà nella comprensione linguistica con eccezione per le capacità fonologiche. Inoltre, essi non presentavano difficoltà fonetico-fonologiche o morfologiche nella produzione ma manifestavano difficoltà nella selezione lessicale. Come terzo esito, essi avevano problemi significativi nella selezione di parole con referenti chiari e questo comportava una riduzione sia dei livelli di coerenza locale delle narrazioni sia della produzione di parole a contenuto informativo. Parole chiave: Disturbo Specifico del Linguaggio, linguaggio, analisi narrativa, sviluppo neurolinguistico; neurolinguistica INTRODUZIONE Disturbi Specifici del Linguaggio (DSL) sono un insieme di disordini relativamente frequenti dello sviluppo (5-8% di bambini in età prescolare e 10% di bambini in età scolare; Newbury et al., 2010; Nation, 2005; Tomblin et al., 1997) caratterizzati da un ritardo del linguaggio in bambini che presentano per il resto un normale sviluppo fisico, intellettuale e cognitivo (Leonard, 1998). Essi non costituiscono una condizione omogenea (Laws e Bishop, 2003). Due principali approcci hanno influenzato la classificazione di questi disturbi. Secondo l’approccio clinico orientato alla funzionalità (ad esempio, la classificazione ICD, International Classification of Diseases, Decima Edizione – ICD-10), le difficoltà linguistiche di questi bambini sono state descritte in termini di disturbi specifici dell’articolazione dell’eloquio (codice ICD-10: F80.0), di disturbi del linguaggio espressivo che compromettono le abilità lessicali e/o grammaticali necessarie per la produzione di espressioni formalmente accurate; codice ICD-10: F80.1), e di disturbi del linguaggio recettivo che compromettono la comprensione lessicale e/o grammaticale in bambini che possono (o no) presentare anche sintomi espressivi (codice ICD-10: F80.2). Le classificazioni funzionali di questo tipo, tuttavia, non consentono ai clinici di raggruppare i bambini interessati secondo caratteristiche linguistiche più precise. Per questa ragione, sono 27 Anosognosia per deficit Motori e Somatosensoriali post stroke (UMAS): Validità e attendibilità del questionario UMAS Anosognosia per deficit Motori e Somatosensoriali post stroke (UMAS): Validità e attendibilità del Questionario UMAS 1 Lucia Spinazzola1, Giulia Bellan2, Lorenzo Pia2,3, Anna Berti2,3 Dipartimento di Riabilitazione, Azienda Ospedaliera S. Antonio Abate, Gallarate (VA) 2 Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Torino 3 Neuroscience Istituto di Torino (NIY) ᴥᴥ ABSTRACT. Lo scopo principale dello studio è stato esaminare l’attendibilità e la validità del questionario UMAS. Lo strumento nasce con l’obiettivo di valutare l’anosognosia per l’emiplegia (AHP) e l’anosognosia per l’emianestesia (AHA). Il termine “anosognosia” sta ad indicare l’inconsapevolezza del paziente rispetto ad uno specifico deficit conseguente alla lesione cerebrale. Nella ricerca sono stati esaminati 30 pazienti con lesioni cerebrali nell’emisfero destro ed è stata presa in esame esclusivamente l’anosognosia per l’emiplegia e per l’emianestesia. I risultati dello studio sembrano supportare l’attendibilità e la validità del questionario UMAS per l’esame neuropsicologico dell’anosognosia per l’emiplegia e per l’emianestesia. Parole chiave: anosognosia, emiplegia, emianaestesia INTRODUZIONE “Anosognosia” è il termine che indica il comportamento di diniego verso un proprio disturbo o deficit dopo una lesione cerebrale. Tale comportamento può essere osservato in relazione a diverse condizioni patologiche: dalla negazione di un grave disturbo mentale, come nella schizofrenia, all’inconsapevolezza dei deficit neurologici e cognitivi a seguito di un danno cerebrale (Prigatano, 2010). La definizione anosognosia per l’emiplegia è stata introdotta per la prima volta da Babinski (1914) per indicare il comportamento di stupore dei pazienti cerebrolesi destri, che, pur presentando un’emiplegia contro-lesionale, negavano i deficit motori ai propri arti (anosognosia per l’emiplegia, AHP). I pazienti con anosognosia per l’emiplegia sostengono di poter muovere i propri arti controlesionali (plegici) (Pia et al., 2004; Orfei et al., 2007). Per esempio, se interrogati rispetto alle proprie potenziali capacità di compiere azioni sia con la mano destra sia con la sinistra, o anche azioni bimanuali, loro affermano di poter compiere ugualmente bene ogni movimento. La falsa credenza dei pazienti di essere ancora in grado di muoversi riguarda diverse azioni ed attività funzionali. I pazienti anosognosici mostrano comportamenti alterati anche nella loro vita quotidiana (per esempio, possono provare ad alzarsi dal letto perché sono convinti di essere in grado di camminare) (Spinazzola et al., 2008). I pazienti anosognosici più gravi negano esplicitamente la propria paralisi e quando gli viene richiesto di muovere il proprio braccio plegico o di muovere entrambe le braccia, tentano di compiere il movimento ( possiamo osservare dei movimenti del tronco o della testa in direzione del movimento richiesto) e sono convinti di aver compiuto il movimento correttamente (Berti et al., 2007; Pia et al., 2013; Garbarini et al., 2012). I feedback visivi e sensoriali provenienti dalla parte malata non aiutano il paziente a realizzare che non è stato realmente effettuato alcun movimento. Alcuni autori sostengono che in questi casi il processo di monitoraggio non funzioni correttamente (Frith et al., 2000). 37 Allenamento dell’attenzione nei pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente Allenamento dell’attenzione nei pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente Olga Orel Taras Shevchenko Universià nazionale di Kiev ᴥᴥ Abstract. Introduzione. La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa progressiva che causa disabilità precoce e peggiora la qualità della vita. Uno dei sintomi della SM sono i deficit cognitivi, come il deficit di concentrazione e di attenzione divisa. È necessario trovare un metodo per rallentare il progresso delle disfunzioni cognitive o, se possibile, recuperarle. Metodo. È stato condotto uno studio controllato randomizzato su pazienti ospedalizzati con sclerosi multipla recidivante-remittente. È stato utilizzato il test Leiter-3 per misurare il loro livello di attenzione; in base ai risultati di questo test sono stati selezionati pazienti con un moderato declino dell’attenzione. Sono stati tenuti sotto controllo i livelli di depressione e di funzionamento esecutivo, nonché la presenza di altre malattie neurologiche, l’età, la durata della malattia, la mano dominante, i farmaci prescritti, le abilità visive e motorie. Tredici pazienti sono stati inclusi nel gruppo sperimentale, in cui è stato utilizzato ERICA per l’impatto sperimentale, mentre al gruppo di controllo, di sette persone, è stato chiesto di completare il compito “carta e matita”. I gruppi hanno svolto 40 minuti al giorno di allenamento per tre settimane. Risultati. Al termine dello studio è stato riscontrato che il gruppo sperimentale ha mostrato un grande miglioramento. Anche il gruppo di controllo ha mostrato qualche miglioramento, che può essere spiegato dall’effetto della terapia steroidea combinata con le attività “carta e matita”, ma i loro risultati sono stati molto più ridotti e significativamente diversi da quelli del gruppo sperimentale. Conclusioni. È possibile concludere che l’utilizzo di programmi di riabilitazione tramite computer, come ERICA, ha efficacia nel trattamento dei disturbi cognitivi nella sclerosi multipla; pertanto la terapia farmacologica dovrebbe essere combinata con tali programmi al fine di ottenere risultati migliori. Parole chiave: artefatti, riabilitazione cognitiva, sclerosi multipla INTRODUZIONE La sclerosi multipla è una malattia autoimmune infiammatoria del sistema nervoso, caratterizzata da lesioni multiple nel cervello e nel midollo spinale. Si tratta di una malattia cronica nelle sue fasi iniziali e, nella maggior parte dei casi, è inizialmente di natura remittente per poi diventare spesso progressiva (Compston, 2008). La sclerosi multipla è una delle malattie neurologiche più comuni tra le cause di disabilità in giovane età, assieme all’epilessia e alla paralisi cerebrale; a differenza di queste ultime, è incurabile. Nel mondo ci sono circa due milioni e mezzo di pazienti che soffrono di questa patologia (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2008). Il deficit cognitivo è uno dei sintomi della sclerosi multipla e ha un carattere progressivo. Il deficit cognitivo si verifica in più del 65% dei pazienti (Rahn, 2012) e causa problemi di adattamento e di peggioramento della qualità della vita. L’individuazione e correzione del deficit cognitivo dovrebbe costituire una parte importante della terapia: in primo luogo perché, assieme a sintomi neurologici, tale sintomo dimostra fino a che punto è compromesso il sistema nervoso; in secon- 59
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