Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 14 maggio - 8 luglio 2014, n. 15491 Presidente Spirito – Relatore D’Amico Svolgimento del processo 1. Con atto di citazione notificato il 9/11 settembre 1997, L.C.I. e C.G. convennero, innanzi al Tribunale di Caltanissetta, T.R. e la società Allsecures Assicurazioni s.p.a., chiedendone la condanna al risarcimento di tutti i danni subiti, in proprio e quali eredi del figlio L.C.F. , deceduto in conseguenza del sinistro verificatosi in data (omissis) lungo la (…), in direzione di (omissis). 2. Resistette il T. , chiedendo farsi applicazione della presunzione di cui all'art. 2054 cc. ed eccependo anche il concorso di colpa della vittima per non avere indossato le cinture di sicurezza. Lo stesso T. avanzò domanda in garanzia nei confronti della Allsecures per mala gestio del sinistro. Resistette anche la società di assicurazioni che chiese il rigetto delle domande attrici, contestando la dinamica dell'incidente. Previa separazione della posizione degli intervenuti S.G. , Ca.Sa. e Ca.Ro. - prossimi congiunti ed eredi di Ca.Ca. , anch'egli terzo trasportato sull'autovettura del T. e deceduto a seguito dello scontro, il Giudice monocratico del Tribunale, con sentenza 12.11./19.11.2005, dichiarò che il sinistro si era verificato per colpa esclusiva di T.R. , condannando quest'ultimo, in solido con la società assicurativa, al pagamento, in favore degli attori, della somma di Euro 500.000, 00 a titolo di danno biologico iure hereditatis, ed Euro 125.000,00 a titolo di danno morale iure proprio. 3. Il Giudice, basandosi sui risultati dei rilievi eseguiti dai Carabinieri, nonché sulla c.t.u. espletata nell'ambito del procedimento penale svoltosi a carico di T.R. , ritenne provato che quest'ultimo, a causa dell'elevata velocità e del fondo viscido per la pioggia, aveva invaso la corsia opposta, mentre nessun addebito poteva ascriversi al conducente del veicolo antagonista. 4. Per la riforma della sentenza ha proposto appello la AXA Assicurazioni S.p.A., subentrata per incorporazione alla Allsecures Assicurazioni. Hanno resistito gli appellati, tutti con appello incidentale. 5. La Corte d'appello di Caltanissetta, in parziale riforma dell'impugnata sentenza, ha condannato in solido la suddetta Axa Assicurazioni s.p.a. e T.R. al pagamento, in favore di L.C.I. e C.R. , della complessiva somma di Euro 348.928,00 pari ad Euro 174.464,00 ciascuno, oltre gli interessi legali, da calcolarsi - previa devalutazione ai valori del 9 aprile 1996, sulle somme rivalutate anno per anno sino alla data di pubblicazione della medesima sentenza ed oltre gli interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza in oggetto al soddisfo. 6. Propongono ricorso per cassazione L.C.I. e C.G. che presenta memoria. Resiste con controricorso la Axa Assicurazioni s.p.a.. Motivi della decisione 7. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano “violazione e falsa applicazione dell'art. 2043, 2056 e 2059 cod. civ. in riferimento all'art. 360 n. 3”. Sostengono i ricorrenti che la Corte di merito, pur riconoscendo i principi di diritto e le elaborazioni giurisprudenziali relative alla fattispecie, ritiene di inserire un proprio indice di adeguamento alle circostanze del caso concreto. Ad avviso di L.C. e C. la morte, quale perdita della vita, è fuori dal danno biologico per entità ed intensità, trovando causa nelle lesioni che esitano nella morte stessa. In altri termini, nel danno biologico terminale la capacità recuperatoria o, quantomeno, stabilizzatrice della salute, risulta irreversibilmente compromessa in quanto degrada verso la morte. Il danno biologico, derivante da lesione tanto grave da condurre alla morte, è soggetto, nella misura liquidatoria tabellare adottata dalla Corte di merito, non a decremento, ma a valutazione oggettiva con valutazione ad incremento. 7.1. Il motivo è infondato. Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni colpose e la morte causata dalle stesse è configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione della integrità psicofisica patita dal danneggiato per il periodo di tempo indicato, e il diritto del danneggiato a conseguire il risarcimento del danno è trasmissibile agli eredi "iure hereditatis"; in questo caso, l'ammontare del danno biologico terminale sarà commisurato soltanto all'inabilità temporanea, e tuttavia la sua liquidazione dovrà tenere conto, nell'adeguare l'ammontare del danno alle circostanze del caso concreto, del fatto che, se pure temporaneo, tale danno è massimo nella sua entità ed intensità, tanto che la lesione alla salute è così elevata da non essere suscettibile di recupero ed esitare nella morte (Cass., 30 ottobre 2009, n. 23053; Cass., 23 febbraio 2004, n. 3549). La Corte d'appello, dopo aver ritenuto che il primo giudice ha errato nella quantificazione del danno biologico da postumi permanenti, commisurandola a tutta la durata della vita, ha provveduto a ricalcolare tale danno prendendo in considerazione il danno biologico da inabilità temporanea con i dovuti correttivi di tipo equitativo, in considerazione dell'entità massima di lesione alla salute. L'impugnata sentenza ha quindi ritenuto che, in considerazione dell'elevatissimo grado della lesione alla salute patito, in relazione anche alla giovanissima età della vittima, la liquidazione del relativo danno da inabilità temporanea debba trovare serio ristoro e possa congruamente quantificarsi in Euro 50.000,00, ai valori attuali, con conseguente diritto degli eredi a conseguire tale somma iure hereditatis. La statuizione di cui sopra, contrariamente a quanto deducono i ricorrenti, è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l'ammontare del danno biologico, che gli eredi del defunto richiedono iure successionis, va calcolato non con riferimento alla durata probabile della vita del defunto, ma alla sua durata effettiva. Ne consegue che la sentenza impugnata è corretta, anche perché il giudice ha tenuto conto del caso concreto. 8. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano “violazione e falsa applicazione dell'art. 1223, 1226, 2043, 2056 e 2059 cod. civ. in riferimento all'art. 360 n. 5, in ragione della mancata liquidazione del danno biologico iure proprio, nonché alla mancata liquidazione del danno edonistico ed errata quantificazione del danno morale”. Ad avviso dei ricorrenti andava loro riconosciuto un diritto al risarcimento, autonomo e distinto, rispetto al pretium doloris, trattandosi di lesioni di diritti della persona costituzionalmente protetti. Non vi è dubbio, proseguono i ricorrenti, che essi hanno subito, in proprio, una lesione all'integrità psicofisica della persona, suscettibile di valutazione medico-legale e consistente nelle ripercussioni negative, di carattere non patrimoniale, che si ripercuote per l'intera durata della vita residua del soggetto leso. A loro avviso il danno conseguente all'interruzione traumatica del rapporto parentale, per la morte improvvisa di uno stretto congiunto, si configura come diritto concreto al risarcimento agli stessi familiari iure proprio - di tutti i danni non patrimoniali, comprensivi non delle sole sofferenze fisiche o psichiche, ma anche dei c.d. danni esistenziali consistenti nell'irrimediabile, oggettiva e peggiorativa alterazione degli assetti affettivi e relazionali all'interno della famiglia, quale derivante dalla morte. 9. Il motivo è infondato. Il danno alla salute subito dai prossimi congiunti della vittima di un incidente stradale costituisce danno non patrimoniale, risarcibile iure proprio nei confronti di tali soggetti ove sia adeguatamente provato il nesso causale tra la menomazione dello stato di salute dell'attore ed il fatto illecito (Cass., 23 febbraio 2004, n. 3549). Emerge invece dall'impugnata sentenza che la stessa è del tutto sfornita di prova e non può pertanto trovare accoglimento la domanda di risarcimento del danno biologico iure proprio per la perdita del figlio, solo genericamente dedotto, senza nemmeno l'allegazione di conseguenze di carattere patologico o la specificazione di uno stato di malattia. Quanto al c.d. "danno edonistico", per la perdita del rapporto parentale, tale danno deve essere valutato unitamente al risarcimento del danno morale iure proprio. Il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. preclude infatti la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (danno alla vita di relazione, danno estetico, danno esistenziale, ecc.), che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitorie, fermo restando, però, l'obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l'incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio, in sede di personalizzazione della liquidazione (Cass., 23 settembre 2013, n. 21716). La Corte d'appello ha provveduto al risarcimento del danno morale considerando anche lo stretto vincolo parentale e il grandissimo dolore per la perdita dell'unico figlio e per la conseguente, estrema intensità della sofferenza subita. Così decidendo la sentenza impugnata si è attenuta ai principi di questa Corte secondo la quale la liquidazione del danno morale iure proprio, sofferto per il decesso di un familiare, causato da incidente stradale, sfugge necessariamente ad una previa valutazione analitica e resta affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi del giudice di merito, come tali non sindacabili in sede di legittimità ove, come nel caso in esame, adeguatamente motivati. 10. In conclusione, tutte le considerazioni che precedono inducono a ritenere che la Corte abbia correttamente deciso e che di conseguenza il ricorso debba essere rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 5.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
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