Relazione Segr. Gen. PADOVA – Rosanna Bettella

5° CONGRESSO PROVINCIALE SPI CGIL di
PADOVA
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RELAZIONE INTRODUTTIVA
di Rosanna Bettella
Segretaria generale SPI CGIL di Padova
Limena (Pd), 3-4 marzo 2014
Care compagne, cari compagni
Un benvenuto a tutti voi
ai 154 delegati che sono stati eletti nelle 81 assemblee di base
alle invitate e agli invitati ai quali teniamo particolarmente, con alcuni per la stima e l’affetto
che ci lega da tempo, con altri per le collaborazioni messe in campo in questi anni, con
altri ancora per il riconoscimento del ruolo che svolgono nel nostro territorio
a Pietro Fagan, segretario generale della FNP CISL e a Pietro Lavorato, segretario
generale della UILP UIL, con i quali ormai da tempo si sono consolidati rapporti di stima e
di fiducia reciproci
ad Alessandra Romana del Dipartimento organizzazione in rappresentanza dello SPI
nazionale
a Christian Ferrari, il nostro giovanissimo segretario generale della Camera del Lavoro,
che sentirete a fine di questa prima giornata
a Rita Turati, la nostra carissima segretaria regionale che concluderà domani i nostri lavori
e un benvenuto e grazie al sindaco di Limena che ci ha concesso ancora una volta questa
bella sala
Prima di iniziare a leggere la mia relazione vorrei, però, ricordare alcuni Compagni che,
purtroppo, non sono più tra noi
Danilo Polato, ex segretario della nostra Camera del Lavoro e presidente dell’Auser
provinciale che era qui seduto con noi al tavolo della presidenza quattro anni fa
Sandro Cesari, anche lui ex segretario della Camera del Lavoro e presidente del Centro
Luccini
Ferdinando Cappuzzo e Gianfranco Rado, nostri collaboratori,
il cui impegno e la
dedizione ci mancheranno
Emilio Peron, che è stato segretario di lega a Vigodarzere
Ugo Gazziero e Otello Cortellazzo, protagonisti della storia della Cgil nella bassa
padovana
A loro vorrei dedicare questo Congresso
e inviare un affettuoso benvenuto alle loro mogli che sono qui in sala in veste di delegate,
a Rosanna, a Franca, a Giuliana
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Parliamo del congresso
E’ questo il secondo Congresso a cui partecipo in veste di segretaria generale, e, davvero,
non credevo che questo sarebbe stato così faticoso. E’ stata una corsa frenetica, in meno
di un mese abbiamo tenuto, nella nostra provincia, 81 assemblee di base e 20 congressi
di lega, l’ultimo solo una settimana fa e l’esperienza vissuta l’altra volta che speravo tanto
non si ripetesse, quella cioè di una competizione all’ultimo voto, si è ripetuta, invece, pari
pari, impedendo di fatto una libera, franca discussione con le nostre iscritte e i nostri
iscritti.
Rileggendo la relazione dell’altra volta, ho ritrovato il passo in cui mi auguravo che
ritrovassimo al nostro interno la strada dell’unità e, in larghissima parte, per la verità
l’abbiamo ritrovata. Infatti questa volta il documento di maggioranza, “IL LAVORO DECIDE
IL FUTURO” ha visto l’adesione del 97% del Direttivo nazionale e in esso si è cercato
attraverso ben 11 emendamenti, di dare voce alle diverse sensibilità, ai pluralismi, alle
esigenze specifiche di alcune categorie. Quindi fino all’ultimo si è sperato di arrivare UNITI
davanti ai lavoratori e alle lavoratrici, alle pensionate e ai pensionati che hanno fiducia
nella CGIL e in essa si riconoscono, perché era proprio l’UNITÀ fra di noi che
insistentemente ci avevano richiesto tutti l’altra volta. Ma così non è stato, il 3% di quel
direttivo ha deciso diversamente e ha sottoscritto un proprio documento che già dal titolo
“Il Sindacato è un’altra cosa” prefigurava una contrapposizione forte.
Ora la competizione sulle percentuali è chiusa, i risultati della nostra categoria e della
Camera del lavoro sono stati resi pubblici e stiamo aspettando quelli nazionali.
Per quanto riguarda la nostra categoria il documento n.1 ha avuto il 91,36 di consensi
contro l’8,64 del documento 2.
Da qui si riparte, da questo dato si formerà il nuovo direttivo che sarà votato domani ed
eletti i delegati alle istanze congressuali superiori.
Il dato generale finale della nostra Camera del Lavoro si è attestato, invece, sul 95% di
consenso al documento 1 e sul 5% al documento 2.
C’è, però, compagne e compagni, qualcosa che devo dire, al di là delle forti differenze fra i
due documenti che abbiamo cercato, pur nel tempo ristretto a disposizione, di illustrare
nelle assemblee, e cioè che mi è rimasto l’amaro in bocca per aver ritrovato, nel
documento 2, lo stesso attacco allo SPI, già presente nel documento 2 dell’altro
Congresso, nel passaggio in cui si prevede la possibilità della libera scelta del pensionato
di aderire allo SPI o di rimanere nella categoria di provenienza. Ma davvero non ci si rende
conto che questo significa distruggere l’esperienza, unica nel mondo, frutto della grande
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intuizione di Giuseppe Di Vittorio, di un grande sindacato generale dei pensionati, che solo
in questa forma organizzativa può avere la forza necessaria per rivendicare quei diritti di
cittadinanza che valgono per tutti e non solo per chi rappresentiamo direttamente, anziani
e pensionati? Non capire questo significa non capire quanto sia importante lo SPI per
l’intera CGIL, in fatto di solidarietà e di difesa dei diritti per tutti. O forse, permettetemi la
malizia, è proprio per questo!
E questo pensiero si avvalora ancor di più con l’altra cosa che mi resta qui, sullo stomaco,
e cioè il giudizio ingeneroso verso la CGIL, l’averla descritta come debole e che ha
smarrito l’orientamento. Ma come, la nostra CGIL, quella che in tutti questi anni è stata
l’unica speranza, l’unica àncora per le molte persone che rappresentiamo! Quante volte ce
lo siamo sentito dire in questi anni di malgoverno e di crisi della politica e da più parti “per
fortuna che c’è la CGIL!”. Chissà se riusciremo a sanare queste fratture, io me lo auguro.
E chissà se riusciremo a fronteggiare quelle nuove che si stanno aprendo! Quello che
stiamo vivendo non è un bel periodo neanche per la nostra Organizzazione.
Ho una richiesta, comunque, da formulare ai compagni del 2° documento, che nei prossimi
quattro anni chi di loro è stato eletto nei vari direttivi di lega, vi partecipi realmente, e non
che sparisca senza lasciar traccia come è avvenuto quattro anni fa in alcune realtà. Per
rispetto dei compagni che ogni giorno si fanno in quattro, nelle varie sedi, per rispondere ai
bisogni di chi ha fiducia e continua ad averla nella CGIL e nello SPI.
Ritornando alle assemblee, va sottolineato positivamente l’aumento della partecipazione
che è passata mediamente dal 6,69% al 9,30% dei nostri iscritti, con un incremento netto
del 39% e che ha visto, in alcune realtà, punte anche del 100%. Per ottenere questo
risultato oltre ad aver inviato a tutti i nostri iscritti la lettera di convocazione, è stata
sperimentata, in quasi tutti i territori, la consegna in contemporanea della tessera. Sono
state fatte decine e decine di telefonate. Ma ancora non è un risultato che ci soddisfa del
tutto, pur con tutte le considerazioni che possiamo fare, come l’età media alta dei nostri
iscritti e l’ oggettiva difficoltà per molti di muoversi autonomamente; inoltre, anche questa
volta, le condizioni climatiche non ci hanno aiutato. Dovremo la prossima volta fare meglio
e di più.
Nonostante il confronto serrato, come dicevo prima, fra i due documenti, laddove ci sono
state le condizioni e il tempo necessario, si è cercato di far emergere, nel dibattito, i reali
problemi che le persone vivono quotidianamente, di capire quanto la nostra azione
sindacale risponde a quei problemi e a quei bisogni, di quanto si fa interprete di quei
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vissuti che esprimono la fatica di vivere in questo periodo così complicato per non dire
drammatico.
La crisi
Sì, perché compagne e compagni, il periodo che stiamo vivendo è davvero, per molti,
troppi, davvero drammatico, è un periodo che non ha eguali nella nostra memoria, e non
ce l’ha proprio in chi di noi ha vissuto gli anni del dopoguerra, anni faticosissimi, in cui
c’era da ricostruire un Paese, in cui la maggior parte viveva in condizioni di povertà, e non
c’era il ricordo di momenti migliori o la fastidiosa consapevolezza di aver perso qualcosa.
C’era invece finalmente la libertà, dopo anni e anni di fascismo, e una guerra fratricida, e il
desiderio collettivo del riscatto e di un futuro migliore. Tutto era da scrivere e, con sacrifici
e rimboccandosi le maniche ognuno, questo Paese è stato rimesso in piedi. Anni esaltanti,
anni in cui ognuno ha potuto scrivere la propria storia dandole i più diversi significati, anni
di grandi Riforme, anni di ricostruzione di un’identità forte, anni di lotte e battaglie sindacali
che ancora abbiamo nel nostro cuore e a cui ripensiamo con nostalgia con un forte senso
di appartenenza. E la memoria di quei tempi ci fa vivere ancora più pesantemente il
presente.
Quel tempo è lontano e quella storia è finita, ora se ne sta scrivendo un’altra che non ha
all’orizzonte un futuro radioso e che ci costringe dolorosamente a confrontarci ogni giorno
con quello che abbiamo perso, con quello che non c’è più.
La crisi che a questo punto non sappiamo neanche più da quanto e quando è cominciata
per davvero, non accenna a finire e oltre ad aver bruciato migliaia e migliaia di posti di
lavoro, ha bruciato abitudini, relazioni, sicurezze, progettualità nel futuro. Ha messo gli uni
contro gli altri, distruggendo i valori fondanti per i quali molti sono morti e la capacità di
vedere lontano. Non c’è più solidarietà che tenga, si è notevolmente affievolito il senso
civico e morale che tiene insieme una comunità. L’unica rete che ha tenuto abbastanza è
quella familiare e lo sanno bene i pensionati, quanto è stato ed è prezioso il loro ruolo di
ammortizzatori sociali in carne ed ossa, quanto è diventato fondamentale anche il reddito
di una piccola pensione laddove la perdita del lavoro di figli e nipoti è diventata una triste
realtà.
Abbiamo raggiunto l’apice massimo delle disuguaglianze, con un tasso di povertà in
crescendo esponenziale, che colpisce sempre più strati di popolazione. Il livello di
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recessione è tale che rischia ogni momento di diventare deflazione. La disoccupazione ha
toccato un livello altissimo, il 12,9% e quella dei giovani addirittura il 44%.
Siamo strangolati da un debito pubblico che è secondo solo a quello della Grecia, ben
2000 miliardi di euro in termini assoluti, il 133,3% del PIL. Ogni bambino che nasce si
porta appresso un debito superiore a 30.000 euro! Questo non è più accettabile. E non lo
è soprattutto perché tutto questo deriva dalla sempre più bassa progressione storica delle
entrate dello Stato determinata da una delle più odiose piaghe sociali, per la quale siamo
ai primi posti nelle classifiche, e cioè l’evasione/elusione fiscale ( calcolata intorno ai 130
miliardi l’anno), a fronte di una altissima concentrazione della ricchezza, la metà circa
dell’intera ricchezza nazionale, nelle tasche del 10% della popolazione, di un ridotto
prelievo su rendite e grandi patrimoni, a fronte, invece, di un forte prelievo sui redditi da
lavoro e da pensione, accompagnato da una sempre più maggiore tassazione locale. E’
per questo che diventa sempre più improcrastinabile una vera riforma fiscale che faccia
finalmente e realmente giustizia, che ridistribuisca una parte della ricchezza a chi finora ha
sempre pagato fino all’ultimo centesimo. E nell’Azione 2 del 1° documento ne è indicata
chiaramente la strada.
Ma come siamo arrivati a questa situazione così catastrofica? Sappiamo bene che chi ci
ha governato per più di 2 lustri, legittimato dal voto degli italiani, non ha contrastato questi
fenomeni così odiosi, ha anzi assecondato e favorito questo stato di cose. E la crisi ha
fatto il resto, ha allargato spazi in cui si sono insinuati sempre di più fenomeni di illegalità,
di corruzione, in cui la criminalità organizzata ha prodotto forti distorsioni nel mercato.
Intere filiere, anche qui, nel nostro territorio, contaminate dal malaffare e dalla malavita.
La politica
Bisogna che al più presto la politica, quella che in questi anni ha mostrato tutta la sua
debolezza, si riappropri del suo ruolo e intraprenda davvero la strada del risanamento, dei
conti pubblici, senz’altro, ma con equità sociale, attraverso il ripristino della legalità, la lotta
alla corruzione e l’applicazione della massima trasparenza. Ci vuole, insomma, una
ricostruzione del Paese, facendo un patto leale con i cittadini per far sì che i sacrifici che
comunque stanno facendo e continueranno a fare non siano fine a se stessi o addirittura a
vantaggio di pochi ma siano finalizzati a riscrivere la parola FUTURO, per i nostri giovani,
per i tanti giovani che oggi ci accusano di averglielo distrutto quel futuro.
Bisogna ricucire il tessuto sociale che si è lacerato in questi anni, ritrovare i valori della
solidarietà e della dignità etica e morale.
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Il nuovo governo
Da appena una settimana abbiamo un nuovo governo, il governo più giovane che abbiamo
mai avuto, con il maggior numero di donne ministre, con un presidente che va veloce, che
salta le tappe che usa un linguaggio a cui non siamo abituati, irrituale, irriverente, un po’
spaccone, che ha scombinato tutti i film che avevamo in testa. Ce la farà, non ce la
farà….io mi auguro veramente che ce la faccia, ce lo dobbiamo augurare tutti, al di là delle
rispettive appartenenze, perché è davvero un azzardo e se non mantiene quello che va
promettendo, faremo una brutta fine, il Paese farà una brutta fine. Chiudiamo gli occhi e
incrociamo le dita, non possiamo fare altro, non abbiamo i parametri giusti per tentare
previsioni, è come salire sulle montagne russe, vi ricordate?, e sentire le viscere che si
stringono nella caduta libera pensando che quando finalmente apriremo gli occhi sarà tutto
finito!!
Aspettiamo il programma, il cronoprogramma lo abbiamo sentito e non ci basta! Già il
primo appuntamento è saltato, quello della legge elettorale. Ora vogliamo i contenuti!
“Quello di Letta è stato un Governo inutile. Quello precedente, il Monti-Fornero, è stato
invece pericoloso, molto pericoloso. Prima ancora, quello di Berlusconi, è stato dannoso,
perché ha ignorato i problemi dei più deboli e non ha voluto riconoscere la gravità della
crisi, precipitandoci nella situazione di sfascio in cui ancora siamo” così ha sintetizzato la
nostra segretaria generale Carla Cantone nell’intervista pubblicata su rassegna sindacale
di questa settimana su come siamo stati governati negli ultimi quattro anni e se le priorità
che il Governo Renzi ha indicato sono la legge elettorale e le nuove regole del mercato del
lavoro, “noi –aggiunge- cercheremo di aiutarlo a non sbagliare”.
Bisogna correggere al più presto la grave rigidità del sistema previdenziale prodotta dalla
legge Fornero, le storture in essa contenute, ma soprattutto ripristinare gradualità e
flessibilità e rimettere in sicurezza il futuro dei nostri giovani e le loro pensioni.
L’Europa
E’ un momento delicatissimo per il nostro Paese e per i suoi cittadini e lo è anche e
soprattutto in rapporto all’Europa, per il cui Parlamento a maggio andremo a votare.
L’austerità che ci è stata imposta in questi anni non ha pagato, non ha prodotto il risultato
sperato. Infatti se su 17 paesi membri solo 2 sono riusciti a mantenere il deficit sotto la
famosa soglia del 3% sul PIL, qualche riflessione andrà pur fatta! Per salvare l’Europa
bisogna cambiarne le regole e far diventare questa Unione una vera unione politica. Il
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lavoro e la produzione, è scritto nel documento 1, debbono tornare a essere centrali
riportando l’Europa a una dimensione veramente democratica e sociale che le permetterà
di contrastare con maggiore forza quei sentimenti xenofobi, sempre in agguato, e i
rinascenti fenomeni di nazionalismo e populismo.
La priorità è il lavoro
La priorità è il lavoro, lo ha detto con responsabilità e impegno la CGIL presentando il
PIANO DEL LAVORO, un anno fa, lo diciamo forte anche noi dello SPI, perché se non
riparte l’occupazione, soprattutto quella giovanile, crolla il sistema. Bisogna passare dalla
cultura dell’emergenza a quella della programmazione, che parta dai territori e non dal
centro, che valorizzi le risorse che lì si trovano. E’ quello che si sta tentando anche qui
nella nostra provincia declinando il Piano nella nostra realtà attraverso le ricerche/azioni
che la Cgil ha avviato in bassa padovana e ora anche in alta quale contributo concreto al
rilancio economico e sociale di questi territori e a cui lo Spi ha partecipato attivamente.
LAVORO quindi, rilancio dell’economia e ridistribuzione dei redditi. Ogni peggioramento
della situazione reddituale delle persone peggiora l’economia, questo è il circolo vizioso
dell’austerità.
La nostra piattaforma
Gli anziani e le anziane che noi rappresentiamo, le pensionate e pensionati che sono un
quinto della popolazione, hanno contribuito, negli ultimi due anni, direttamente con 12
miliardi di euro, tanto è costato il blocco delle rivalutazioni delle pensioni, al risanamento
dei conti pubblici, quegli stessi soldi non li hanno potuti usare per far girare la macchina
dell’economia in termini di consumi; è un gatto che si morde la coda, bisogna al più presto
uscire da questa spirale inflazionistica.
Dodici miliardi di euro che non saranno più recuperati. Così come migliaia e migliaia di
dipendenti pubblici che stanno subendo il blocco dei contratti ormai da 5 anni, e che hanno
perso finora mediamente il 10% circa dei loro salari.
La ferma determinazione delle categorie dei pensionati, i presidì unitari fatti in ogni città tra
novembre e dicembre, hanno impedito che si ripetesse il blocco anche quest’anno, ma è
stato comunque manomesso il sistema della rivalutazione e bisognerà rivendicarne con
forza la rivisitazione dell’intero sistema. Eppure, eppure questo risultato è stato visto da
più parti come un privilegio per gli anziani, contro i giovani. Questo per noi è inaccettabile,
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lo dicevamo prima quanto è determinante in questo momento il ruolo dei pensionati nella
tenuta del welfare familiare!
Le risorse, invece, bisogna prenderle là dove ci sono in abbondanza, l’ho già detto e lo
ripeto, tassando le rendite e le grandi ricchezze, restituendo il maltolto a chi ha sempre
dato.
E’ stato inviato al Governo sempre unitariamente, in questi giorni, un promemoria sulle
nostre priorità e, leggendolo, lo devo dire con franchezza, un po’ di scoramento mi ha
preso, sì perché è ormai da almeno 7 anni che stiamo chiedendo sempre le stesse cose:
tutela delle pensioni, sanità, non autosufficienza e lavoro. 7 anni, sì, perché nel 2007 con il
governo Prodi almeno qualcosa avevamo portato a casa, la 14esima per esempio, ma poi
più nulla, solo risultati difensivi. Tutto il nostro impegno, tutte le nostre manifestazioni, i
nostri presìdi, i nostri cortei, i mille volantinaggi nelle piazze, le nostre continue prese di
posizione, hanno avuto come risultato solo la difesa, strenua e determinata, dei diritti
conquistati. La debolezza oggettiva dell’azione sindacale, che c’è, non possiamo
nasconderla, resa ancor più evidente dai caratteri regressivi della crisi, deve farci riflettere
tutti, bisognerà insieme ricercare altre strade, superare le criticità, ma, come viene indicato
nel documento n.1, ridefinendo e aggiornando il valore della confederalità che appartiene
a tutte le strutture della CGIL senza prescindere dal contesto storico presente e in una
visione chiara del futuro.
Lo SPI a Padova
A questo punto è necessario riportare l’attenzione su quello che siamo noi qui, nella nostra
provincia, chi è lo SPI CGIL della provincia di Padova, cosa è stato fatto negli ultimi
quattro anni e su cosa ci si vuole impegnare. Fare, cioè, un bilancio, indicare delle priorità,
degli obiettivi che dovremo provare insieme a raggiungere.
Intanto partiamo dal dato del tesseramento: al 31 gennaio di quest’anno possiamo contare
su 37.568 deleghe che corrispondono effettivamente a 34.980 iscritti. Questo perché un
certo numero di pensionati possiede più di una pensione. Di questi nostri iscritti, 17.936
sono femmine e 17.042 i maschi. E’ interessante fare il paragone con il numero
complessivo dei pensionati nella nostra provincia che ammonta a ben 237.597 (il 25,61%
della popolazione residente, ormai un quarto) e quindi i nostri iscritti rappresentano solo il
14,72%. Sommando i dati anche dei pensionati di FNP Cisl e di Uilp UIL, non
raggiungiamo il 50%. Quindi più della metà non si avvale del Sindacato. Dovremo, a
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questo proposito, anche unitariamente, fare delle riflessioni, capire dove si rivolge questo
grande numero di pensionati, non penso che siano tutti in grado di arrangiarsi da soli.
L’importo medio mensile delle pensioni erogate è di 832,84 €, ma mentre quello degli
uomini è di € 1.158,80, quello delle donne è pari a € 593,85. Differenza determinata da
tanti fattori, culturali, sociali ma anche di discriminazione vera e propria in termini di minore
opportunità che le donne hanno subito nei posti di lavoro.
Al di là della percentuale di iscrizione, noi registriamo comunque, anno dopo anno, un
trend di tesseramento senz’altro positivo. Aumentano lentamente anche le tessere degli ex
dipendenti pubblici che intercettiamo con difficoltà dal momento che la pratica di pensione
la fanno direttamente negli enti di appartenenza e non al nostro patronato INCA.
Le 20 leghe in cui è suddivisa la provincia sono tutte fortemente impegnate in quest’opera
con punte di maggior proselitismo come in quella del piovese, in quella del monselicense,
in quella del Q.1/5 qui in città e, in virtù dell’apertura della sede alla Guizza, di quella del
Q.4.
I nostri collaboratori
Devo qui dare atto comunque del grande impegno che ci mettono tutti i nostri
collaboratori, nessuno escluso, senza la loro presenza capillare sul territorio non avremo
certamente questi risultati.
E la loro presenza e il loro impegno sono fondamentali soprattutto per il rapporto che
instaurano con gli iscritti e con i tanti anziani, ma non solo, che affollano ogni giorno le
nostri sedi, anche quelle più periferiche, favorendo la fidelizzazione nei confronti dello SPI,
della CGIL e del suo sistema servizi.
Un’occasione importantissima di contatto e di proselitismo è stata quella, l’anno scorso,
legata alla stampa dei CUD e degli ObisM, che ripeteremo anche quest’anno, dal
momento che l’INPS questi modelli non li invia più a casa scaricando questa incombenza
direttamente sui patronati e sui Caaf. Merita una parentesi questa questione, perché
anche fra di noi ha ingenerato qualche perplessità e qualche mugugno. I tagli generalizzati
alla spesa pubblica (attraverso la spending review) ha portato da una parte a una certa
dequalificazione dei servizi,
e
dall’altra
all’accelerazione della
informatizzazione
determinando, è il caso appunto dell’INPS, un forte disagio soprattutto sulla fascia di utenti
dei pensionati, ma non solo, che certamente non hanno le competenze informatiche
necessarie per fare da soli. Di fatto è stato scaricato all’esterno, una mole di lavoro
notevole, quasi a costo zero sui patronati e sui CAF, ma per molti privati privi di scrupoli
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una fonte di guadagno notevole sulla pelle di anziani e utenti in difficoltà. Questo la nostra
Organizzazione e lo stesso sistema servizi lo hanno denunciato fin dall’inizio. E credo che
anche di questo parleranno più tardi o domani la nostra direttrice dell’Inca e
l’Amministratore del CAF.
Sta di fatto che l’aiuto che noi riusciamo a mettere in campo è fondamentale per chi
rappresentiamo e diventa un’ulteriore prova dell’affidabilità e della qualità dei servizi che
offriamo. Non possiamo tirarci indietro ma, nel contempo, dobbiamo denunciare con voce
forte e chiara, cosa sta succedendo.
Per qualificare e sostenere sempre meglio i nostri collaboratori agli sportelli è necessaria
una formazione continua sulle novità normative e, soprattutto, sull’uso delle tecnologie
informatiche e i relativi programmi. Anche qui devo dire con molto orgoglio che la
maggioranza dei collaboratori è riuscita a fare quel salto di qualità e di competenza
necessari per rispondere a sempre più nuovi bisogni da sempre più nuove persone. Non
era così scontato che compagni a volte in forte opposizione con le nuove tecnologie,
abbiano vinto la diffidenza e si siano rimessi in gioco, altri invece, generosamente,
abbiano scelto di lasciare il posto alle “nuove leve” . Ora la nostra squadra, lo ripeto con
orgoglio, è nella stragrande maggioranza al passo con i nuovi bisogni, si continuerà con la
formazione, che non è mai abbastanza, ma ognuno, per la propria parte, davvero sta
dando il massimo.
Il nostro gruppo dirigente
Eleggeremo nel prossimo periodo i 20 segretari generali di Lega, per dare compimento al
percorso congressuale. Di questi 13, possiamo già dirlo tranquillamente, saranno
riconfermati, 7 invece andranno sostituiti con nuove compagne o nuovi compagni, perché
hanno completato gli 8 anni del mandato previsto dallo Statuto.
Cogliamo quindi l’occasione qui ora di salutarli questi compagni, Danillo Callegaro, della
Lega del Montagnanese, da una vita nel Sindacato, nel ruolo anche di segretario generale
dello SPI, Dino De Marchi della Lega del’Estense, Dismo Gelsetti, della Lega del
Monselicense, Roberto Simionati, della Lega del Piovese, Stanco Melisi, della Lega di
Padova Nord, Gianfranco Tisato, della Lega del Q.3, e la compagna Lorena Piacentin,
della
Lega
del
Camposampierese.
Tutti
compagni
generosi
e
affidabili
che
dell’appartenenza alla CGIL ne hanno fatto una bandiera e hanno guidato le rispettive
leghe con impegno e dedizione. Rimarranno tutti comunque a dare una mano in altri ruoli,
con la disponibilità di sempre. Salutiamo anche i due segretari che sono stati sostituiti
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ancora un anno fa, Gino Comisso, della Lega del Conselvano che oggi non è qui con noi e
a cui va un mio pensiero particolare e Mario Ortile, che invece c’è e lo ringraziamo del
lavoro prezioso che continua a fare. Senza dimenticare Giovanni Cesaro che ha lasciato il
suo ruolo, subito dopo l’altro congresso.
Finisce il suo mandato, invece, nella segreteria provinciale Anna Martellozzo che resterà
nel ruolo di segretaria della lega del Cittadellese. Ringrazio davvero molto Anna del
prezioso lavoro fatto in questi anni, della generosità che ha dimostrato portando avanti i
due ruoli. Avremo modo di ringraziarla con meno fretta e superficialità.
La democrazia paritaria e i Coordinamenti donne
Spero che aumenti il numero delle donne segretarie generali, ci sto lavorando, perché il
tema della democrazia paritaria su cui ormai da anni dentro allo Spi ci stiamo impegnando,
si arricchisca di nuovi traguardi. Intanto in quasi tutti i nuovi direttivi di Lega è stato
centrato l’obiettivo del 50 e 50, per quei pochi che ancora non ci sono riusciti ci sarà il
tempo da qui al prossimo Congresso per colmare il gap. Vorrei che soprattutto i compagni
capissero che non è una “questione delle donne”, ma una questione che coinvolge tutti, su
cui tutti si devono sentire impegnati, non all’ultimo momento ma a partire da dopodomani.
Per la prima volta anche le platee congressuali avevano il vincolo paritario del 50% e 50%,
perché così è il mondo, perché due sono le metà del cielo. Anche il nuovo presidente del
consiglio ci è riuscito ed è stato un bel colpo d’occhio quello delle 5 ministre vicine ad
altrettanti ministri uomini. Speriamo che questa dimostrazione di sensibilità si realizzi
anche nella proposta della nuova legge elettorale per la quale le donne CGIL hanno il 7
febbraio scorso aderito alla richiesta fatta propria da un vasto cartello di donne,
associazioni, parlamentari perché nell’Italicum, in discussione alla Camera, sia inserito il
semplice ma determinante criterio dell’alternanza donna-uomo e del 50 e 50 rispetto ai
capilista. E’ una questione di civiltà, o no?
Come dovremo questa volta per davvero, costituire i coordinamenti donne delle leghe, e
non solo sulla carta come in alcune realtà. Ce ne sono alcuni che hanno lavorato davvero
bene, consolidando il loro ruolo nel tempo attraverso iniziative importanti. Ce ne parlerà
nel dibattito, credo, una delle donne impegnate in questo. Il coordinamento provinciale ha
lavorato soprattutto per lo scambio di informazioni, collaborando attivamente con il
coordinamento donne Cgil, importante a questo proposito il lavoro sui consultori familiari,
una ricerca minuziosa sullo stato dell’arte e che produrrà a breve una vera piattaforma da
presentare nelle tre A.Ulss. per rilanciare questo importante servizio preventivo.
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Importante è stato il rapporto con il comitato Senonoraquando che si è costituito in
occasione di quella grande manifestazione del 13 febbraio del 2011. Le donne dello SPI
hanno sempre partecipato in gran numero a tutte le iniziative messe in campo soprattutto
contro la violenza sulle donne. Non si può, infatti, restare fermi di fronte al femminicidio, a
questa tragedia che sembra non aver mai fine. Però non possono più pensarci solo le
donne, è giunto il tempo che siano gli uomini a farsene carico, a lottare con il loro esempio
e con le loro parole perché altri uomini escano dal tunnel tremendo della violenza che li
portano fino ad uccidere compagne, mogli, amiche, madri. E debbo dire per la verità che il
26 novembre scorso al flash mob organizzato in occasione della giornata contro la
violenza sulle donne, si sono visti anche molti compagni e anche compagni dello SPI.
Questo mi ha fatto molto piacere!
E a proposito delle attività del Coordinamento non va dimenticata l’esperienza del
Laboratorio intergenerazionale sulle canzoni del femminismo, quelle del Canzoniere
padovano di cui la nostra presidente, Lucia Basso è stata una delle fondatrici oltre che
autrice e cantante. Laboratorio che è culminato in quel magnifico spettacolo al centro
S.Gaetano nel 2011, allestito assieme alle due artiste Rachele Colombo e Sandra
Cattaneo e che ha battezzato il coro CARERAGAZZE composto da donne anziane e
donne giovani che ha continuato ad esibirsi in varie occasioni, con successo, anche a
Roma, allo SPI, sia in una manifestazione di piazza sia alla festa del centenario della
compianta Giovanna Marturano. E’ un’esperienza, per alcune di noi, estemporanea che ci
permette di parlare alle altre donne, ma anche agli uomini, di temi importanti attraverso la
musica, il canto, il teatro, forme di comunicazione non molto usuali dentro al sindacato che
però spesso raggiungono meglio e prima l’obiettivo.
La contrattazione sociale
Ma passiamo a quella che riteniamo l’attività che sempre di più deve diventare centrale
della nostra azione sindacale. E’ la nostra attività di contrattazione sociale che ci vede
impegnati in quanto soggetti negoziatori di diritti di cittadinanza, in stretta collaborazione
e/o in rappresentanza dell’intera Confederazione. La crisi drammatica che il Paese sta
attraversando e la precarietà dei conti pubblici ha lasciato un segno pesante anche sulle
Amministrazioni locali. Il tanto deprecato Patto di stabilità, infatti, impedisce ai Comuni di
spendere soldi che hanno in cassa per es. per mettere in sicurezza gli edifici scolastici, e i
tagli lineari tolgono ulteriori risorse che potrebbero essere investite in personale e in servizi
di maggiore qualità. In questa situazione è ben difficile sedersi al tavolo con i Sindaci, ma
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lo abbiamo fatto ugualmente, non in tutti purtroppo, cercando di portare a casa almeno
l’impegno da parte degli amministratori di applicare i cosiddetti Patti antievasione che
servirebbero a stanare gli evasori e a portare nelle casse comunali un po’ di risorse da
spendere nel sociale. Siamo riusciti quasi dappertutto a prevedere esenzioni
dell’addizionale Irpef entro una certa fascia di reddito, anche se questo non ci dà la
certezza di aiutare soltanto chi ne ha veramente bisogno. Anche negli incontri con le
strutture residenziali per anziani siamo riusciti, almeno in parte, a contenere gli aumenti
delle rette che, a causa dei tagli forti della Regione e del non adeguamento anno per anno
della quota sanitaria, rischiano ogni anno di andare oltre il tasso di inflazione. A questo
proposito, ricordo con soddisfazione l’iniziativa pensata dentro alla campagna regionale
APRITE QUELLE PORTE, e organizzata nella nuova struttura dell’IRA a Selvazzano nel
maggio scorso che ci ha offerto molti e svariati stimoli per continuare la nostra attività di
confronto con queste strutture.
E’ a rischio di tenuta l’intero sistema di welfare, a causa dell’impoverimento di strati
sempre maggiori di popolazione, non solo anziani con piccole pensioni, donne sole con
figli, ma intere famiglie in cui la perdita del lavoro del capofamiglia fa crollare tutto il
sistema. Su questo abbiamo organizzato nel novembre scorso una bella iniziativa MOLTO
RICCHI MOLTI POVERI che metteva in risalto le forti disuguaglianze che il paese vive e la
crescita molto forte della povertà. In quell’incontro si sono succeduti interventi importanti,
quello di Tiziano Vecchiato della Fondazione Zancan che ha portato l’attenzione sul
welfare generativo, ossia sulla visione complessa dell’incontro tra diritti e doveri, ma anche
sulla capacità che l’investimento in welfare ha di generare lavoro e quindi ricchezza e
quello di Luciano Greco, economista della nostra Università, che ha posto l’accento sulla
necessità di una vera riforma fiscale che ripristini vera equità sociale.
La Sanità
C’è poi, nella contrattazione sociale, tutta la partita della Sanità che ci ha visto in questi
anni impegnati assieme alla Confederazione e alla Funzione Pubblica nella difesa del
nostro Sistema socio-sanitario, appoggiando il livello regionale nel confronto che ha avuto
sul nuovo Piano Socio-Sanitario ma poi direttamente nell’analisi e nella valutazione della
sua ricaduta nei territori. Ancora sono tutte aperte le sfide, lo slogan “Meno ospedale e
più Territorio” è tutto da declinare e l’abbiamo detto fin da subito, non siamo disponibili
alla politica dei due tempi. Ci sono maggiori e minori criticità ma l’attenzione deve essere
massima perché quello che a noi sta a cuore è la centralità della persona ed è a partire dai
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suoi bisogni che vanno trovate le risposte più adeguate. E’ possibile che in questo
contesto di tagli e di carenza di risorse, si continui a parlare di un nuovo ospedale per
Padova che drenerà risorse per anni alla collettività, per altro senza uno straccio di
progetto e con soli annunci a mezzo stampa? Io credo che nessuno di noi sia così ingenuo
da credere che alla fine costerà solo i 650 milioni di euro che vengono ipotizzati senza
nessun coinvolgimento dei privati! Ma allora il progetto Galan che prevedeva una spesa di
1 miliardo e 400 milioni di euro andrebbe subito indagato dalla magistratura, o no?
Se si ripartisse da un concetto semplice, riportato nel bel libro di Ivan Cavicchi, Il
Riformista che non c’è; e cioè che la salute va certamente difesa dalle malattie ma va
anche costruita in quanto tale indipendentemente dalle malattie, avremmo fatto
certamente molta strada. Ripartire da quei tre concetti base della cara vecchia Riforma
Sanitaria del 1978, la 833, PREVENZIONE CURA RIABILITAZIONE, declinarli
interamente per ridare dignità a una sanità che rischia di collassare.
Abbiamo organizzato, assieme alla Confederazione e alla Funzione Pubblica, numerose
assemblee e incontri per discutere con i cittadini su quale sarà la Sanità del prossimo
futuro nella nostra Regione, perché crediamo che è partendo dal basso che si fa cultura
vera e che si può tentare di cambiare quella visione ospedalocentrica che non può più
essere, in una società che invecchia sempre di più, la sola e unica risposta. Bisogna che il
territorio diventi il luogo privilegiato della presa in carico, attraverso risposte differenziate e
di qualità sulla base del bisogno verificato.
Fare cultura
Fare cultura, contribuire ad alzare il livello di consapevolezza delle persone, stare in
mezzo alla gente, nei mercati, creare iniziative di approfondimento, sviluppare analisi, fare
proposte, anche questo è un ruolo dello SPI. Lo facciamo da soli ma molto spesso
assieme ad altri, con l’ANPI, a cui ci sentiamo particolarmente vicini per la memoria
comune di un pezzo importante della nostra storia, per la difesa della nostra carta
costituzionale che ogni giorno rischia di essere stravolta o messa fortemente in
discussione, per la difesa della legalità, anche assieme a LIBERA, con l’AUSER, a cui ci
legano sentimenti di appartenenza molto forti e con cui avvieremo prossimamente un
programma formativo comune dei nostri rispettivi gruppi dirigenti sull’invecchiamento
attivo, con la FEDERCONSUMATORI, di cui riconosciamo, in questo paese di furbi,
l’importanza nella difesa del cittadino consumatore, con il CENTRO ETTORE LUCCINI,
custode della memoria della nostra storia, con il quale partirà a livello regionale e a livello
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di ogni provincia un progetto di archiviazione digitale, perché nessun pezzo del nostro
agire quotidiano vada perduto.
Per la difesa della legalità
Dall’anno scorso assieme allo SPI del Veneto partecipiamo attivamente ai CAMPI DELLA
LEGALITÀ, infatti l’estate scorsa dalla nostra provincia un gruppo di sole donne fra cui io
stessa è andato per una settimana a S.Maria la Fossa nel casertano a cucinare i pasti per
i ragazzi volontari nei campi sottratti al clan dei casalesi e dati in gestione all’associazione
“Nero e non solo”. E’ stata un’esperienza senz’altro faticosa, ma molto significativa e
importante sul piano delle relazioni con i ragazzi stessi, con l’associazione, che ci ha viste
impegnate anche in momenti di confronto e di approfondimento sul tema della legalità,
esperienza che senz’altro ripeteremo l’estate prossima con un altro gruppo.
Anche nell’ultima festa di LIBERETÀ, che dovremo senz’altro mantenere come momento
importante di aggregazione e di divulgazione della nostra bella rivista dello SPI, abbiamo
trattato questo tema descrivendo cosa sta succedendo nel nostro territorio che, come
dicevo in un altro punto, non ne è affatto immune, infatti l’on. Naccarato ci ha raccontato
con dovizia di particolari di quanto il fenomeno mafioso e criminale sia penetrato anche qui
e di come la crisi ne allarghi gli spazi di infiltrazione. Significativo e importante è stato
inoltre il nostro impegno nella campagna della CGIL IO RIATTIVO IL LAVORO, la raccolta
firme per la presentazione della legge di iniziativa popolare a tutela dei lavoratori delle
aziende confiscate.
Legalità, lotta alle discriminazioni, difesa dei beni comuni, impegno contro tutte le guerre (
siamo molto preoccupati per quello che sta accadendo in Ucraina, ogni giorno nel mondo
e anche in Europa si aprono nuovi focolai che vanno fermati subito), tutte battaglie civili
che ci hanno visti sempre in prima linea perché stanno nel DNA dei compagni e delle
compagne dello SPI.
Lo Spi e i giovani
Continua la collaborazione con l’Udu/Studenti Per e la Rete degli studenti medi perché
riteniamo fondamentale e vitale il rapporto con le nuove generazioni. Ormai è una
collaborazione consolidata, che, partita con la messa a disposizione della sede RESET al
Portello si arricchisce continuamente di nuove iniziative e nuovi progetti. L’ultimo messo in
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campo è quello con la Rete, in collaborazione anche con la CGIL e lo SPI regionale, IL
LAVORO DELLE DONNE FUTURE, che ha concluso il primo step e che sarà ripreso nel
prossimo periodo con nuovo slancio e nuovo vigore. Abbiamo indagato attraverso un
questionario su come il lavoro venga percepito dalle nuove generazioni, se sia un tratto
identitario forte e se nelle ragazze, in particolare, sia diventato, al pari dei ragazzi, lo
sbocco naturale del percorso scolastico.
Ci interessava comprendere, nel confronto intergenerazionale, se la realizzazione delle
donne coincida con il lavoro (così come per gli uomini) o con il ruolo che tradizionalmente
viene o veniva loro assegnato di moglie e madre.
Il dato più significativo emerso è che dentro alla scuola non si vivono le differenze
uomo/donna, come le si vive fuori nella società e che il lavoro viene percepito come un
momento lontano con la consapevolezza però che per molti sarà un miraggio.
Sempre in rapporto ai giovani, è ormai una attività ben collaudata quella del
DOPOSCUOLA avviato nel 2010 al pianterreno della Fornace Carotta con una ventina
circa di insegnanti in pensione in collaborazione con il Consiglio di Quartiere 5 e
l’associazione l’Abc e il coordinamento determinante di Gianni Ballestrin, per aiutare la
scuola in un momento assai difficile. I docenti impegnati si sono dimostrati pronti fin da
subito a rimettersi in gioco dimostrando come una “generazione garantita” sia capace di
prendersi cura dei più giovani che vedono invece il proprio futuro sempre più incerto.
Ecco vorrei concludere proprio su questo
NON POSSIAMO PERMETTERE CHE LE NUOVE GENERAZIONI PERDANO LA
SPERANZA, CHE SI RASSEGNINO, che non abbiano un futuro così come l’abbiamo
avuto noi.
Questa è la prima preoccupazione delle compagne e dei compagni dello SPI, questo
deve essere il nostro impegno più grande!
“Poiché abbiamo meno bisogno di investire nel nostro futuro individuale, possiamo farlo di
più nel futuro degli altri. Investendo con saggezza il tempo che rimane e, come dice
Federico Rampini nel suo bel libro “Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo”, lasciando
che gli orologi facciano il loro lavoro”
Buon Congresso a tutti
e a tutte le donne un buon 8 marzo!
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