Mercato Italia Alimentare: Imballaggio

AP
PR
OF
ON
DIM
EN
TO
Scaricato da
IMBALLAGGIO
ETICHETTATURA
www.largoconsumo.info
Cosa cambia
in etichetta
Da diverso tempo ciò che viene indicato
sulle confezioni dei prodotti di largo consumo
è sotto stretta osservazione e regolato da diverse norme.
di Bruno Pescarolo
Percorso di lettura:
www.largoconsumo.info/032012/PL-0312011.pdf (Etichettatura)
etichettatura rappresenta, soprattutto nel settore agroalimentare, un importante strumento di informazione sulle
caratteristiche dei prodotti alimentari
stessi. Diversi provvedimenti legislativi,
nel corso degli anni, hanno regolato l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. In Italia, la
norma base è il d lgs 109/1992 che, come
vedremo nel dettaglio, è stata rivista e
implementata, anche attraverso un’ampia produzione normativa comunitaria. Il
quadro disciplinare è profondamente
mutato negli ultimi decenni, per restare
al passo di alcuni, altrettanto radicali,
mutamenti avvenuti all’interno del sistema di riferimento. Da un lato la progressiva riduzione di forme di vendita di prodotti alimentari non confezionati, in sintonia con la perdita di relazione diretta
fra il produttore e il consumatore di alimenti e con il crescente peso della grande distribuzione, che ha visto l’etichettatura dei prodotti confezionati divenire il
mezzo e il momento decisivo per una comunicazione sul prodotto e sul produttore, che in passato transitava piuttosto attraverso occasioni di diretta valutazione del prodotto non confezionato e utilizzava quale elemento privilegiato di scelta la personale e individualizzata conoscenza del produttore e del venditore; dall’altro
lato, l’emergere di nuovi soggetti
regolatori, accanto alle tradizionali
autorità statali, e fra questi, anzitutto la Comunità europea e le Autorità regolatrici indipendenti.
Il Legislatore, per inquadrare il
punto, definisce l’etichetta di un
alimento come «l’insieme delle
menzioni, delle indicazioni, delle
immagini o dei simboli che si riferiscono al prodotto alimentare e
che figurano direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta appo-
L’
82
stavi o sul dispositivo di chiusura o su
cartelli, anelli o fascette legati al prodotto medesimo». Il Legislatore procede fornendo anche la definizione di
«prodotto alimentare preconfezionato», inteso come quell’unità costituita
da un prodotto alimentare e dal suo imballaggio, il cui contenuto non può essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata rispetto all’originale, quindi l’involucro rappresenta
parte integrante del prodotto.
L’obiettivo dell’etichettatura
è fornire un’informazione corretta e trasparente
“
”
L’obiettivo dell’etichettatura, pertanto,
è di fornire un’informazione corretta e
trasparente sul prodotto alimentare, senza indurre in errore il consumatore circa
le caratteristiche dell’alimento, per tutelare al meglio gli interessi delle parti in
un contesto di libero scambio delle merci. Questa norma, come già accennato, è
stata più volte modificata in seguito alla
promulgazione di altri provvedimenti, tra
i quali uno dei più importanti è la Direttiva europea 2000/13, recepita a livello nazionale con il d lgs 181/2003. Tale intervento legislativo risponde all’esigenza di
LARGO CONSUMO n. 7-8/2014
armonizzare tra loro le normative dei diversi Paesi dell’Unione europea in materia di etichettatura degli alimenti. Punto
cruciale della problematica sull’etichettatura dei prodotti è la raccolta dei dati
presenti sui prodotti confezionati, i quali
rappresentano per essi una vera e propria
carta d’identità. Anche la tecnologia applicata, nel corso degli anni, si è dovuta
evolvere nella medesima direzione. I barcode lineari tradizionali, concepiti inizialmente per racchiudere al loro interno
i dati fondamentali dei prodotti, presenti
sulle confezioni alimentari, si sono evoluti nel tempo, fino a trasformarsi in barcode bidimensionali leggibili anche attraverso specifiche applicazioni con gli
smartphone. I barcode bidimensionali
(2D) estendono le potenzialità dei barcode monodimensionali permettendo di incorporare molti più dati in spazi contenuti. Si può immaginare il barcode bidimensionale come una serie di barcode
monodimensionali molto piccoli impilati
uno sopra l’altro oppure come una matrice di quadrati o di punti. L’aspetto apparente è quello di una griglia molto fitta di
elementi geometrici neri e bianchi. Ne
esistono diverse tipologie anche secondo
la quantità e della tipologia di dati che
raccolgono al loro interno.
Una delle principali ragioni dell’impiego dei barcode 2D è la loro capacità
di ridurre la dimensione dell’area di
stampa occupata dal barcode, a parità di
caratteri inglobati, rispetto ai monodimensionali. I barcode bidimensionali
riescono a inglobare sino a 2/3.000 caratteri in un’occupazione di spazio sul foglio contenuta e, infine, rendere possibili applicazioni altrimenti non realizzabili
con i barcode monodimensionali. Altrettanto fondamentale è la definizione della
normativa per la corretta distribuzione
delle informazioni di prodotto. In materia, il Regolamento Ue 1169/2011
del Parlamento europeo rappresenta un atto normativo complesso, il
quale riassorbe in se fonti normative diverse e stratificate nel tempo,
quali, per esempio, le norme su etichettatura nutrizionale e salutistica,
su allergeni, nonché normative precedenti su indicazioni volontarie e
obbligatorie in etichetta.
Esso stabilisce, intanto, che i fornitori e i distributori di alimenti
operanti entro i confini europei
debbano essere obbligati a inserire
informazioni aggiuntive e dettagliate sulle caratteristiche dei prodotti. Il 12 dicembre 2011 è entrato
in vigore il nuovo Reg. (Ce) 25 ottobre 2011, n. 1169/2011, relativo
IMBALLAGGIO
alla fornitura d’informazioni ai consumatori di alimenti, che ha sostituito numerose precedenti disposizioni. Questo
Regolamento, ai sensi dell’art. 55, avrà
applicazione a decorrere dal 13 dicembre 2014, salvo alcune eccezioni specifiche, che vedranno l’entrata in vigore fino alla fine del 2016. L’adozione di questo nuovo Regolamento, ha reso di fatto
superata la l 3 febbraio 2011, n. 4, nella
parte relativa all’etichettatura di origine.
Come ha rilevato la Commissione europea nella propria comunicazione del
febbraio 2011, la proposta, poi tradottasi nel nuovo Regolamento «consolida e
aggiorna due importanti settori della legislazione in materia di etichettatura,
cioè l’etichettatura generale dei prodotti
alimentari e l’etichettatura nutrizionale,
disciplinati rispettivamente dalle Dir. 20
marzo 2000, n. 2000/13/Ce e Dir. 24 settembre 1990, n. 90/496/CEE» e «rifonde anche altre direttive riguardanti l’etichettatura di alcune categorie di prodotti alimentari».
Il Regolamento si occupa, fra le altre
materie, degli allergeni, non prevedendo
che essi siano ripetuti nella forma “Contiene...”. La vecchia dicitura è stata ora
rimossa. Esso è un requisito “obbligatorio” del Regolamento e diviene anche un
punto critico per il mercato che gli allergeni abbiano un’enfasi sufficiente, per
cui sono previste condizioni minime di
segnalazione. L’art. 9 dello stesso specifica l’elenco delle indicazioni obbligatorie con le informazioni che produttori e
distributori di alimenti sono tenuti a fornire al consumatore finale, come per
esempio informazioni sulle caratteristiche nutrizionali in forma estesa, luogo di
origine del prodotto, o l’elenco completo
degli ingredienti. Inoltre, il Regolamento
è concepito per una più ampia tutela dei
diritti e della salute dei consumatori europei e riporta chiaramente l’indicazione
che il consumatore finale debba avere
accesso a tutte le informazioni e, sempre,
prima dell’acquisto del prodotto stesso.
A tale scopo, il Regolamento dispone che le informazioni siano rese disponibili sia nella vendita fisica, presso i centri commerciali, mediante etichettatura o altro materiale di accompagnamento, sia nella
vendita a distanza, disciplinata dall’art. 14, che si realizza, per esempio, attraverso i negozi on line di distributori e fornitori.
Differente è, invece, il discorso
fatto sull’indicazione d’origine. Essa può essere facoltativa, salvo che
la sua omissione non sia in grado di
indurre in errore il consumatore sul
Paese d’origine o sul luogo di provenienza del prodotto, anche in seguito all’informazione complessiva che lo accompagna. Un nodo importante è se sia possibile o meno anticipare l’entrata in vigore delle disposizioni, volontariamente,
in materia di etichettatura, da parte del
produttore o del distributore, etichettando di conseguenza i prodotti alimentari
già a norma delle nuove disposizioni. A
tale proposito, il chiarimento della Commissione è importante: gli operatori alimentari possono etichettare i prodotti a
norma del Reg. 1169 solo a patto che
non ci siano conflitti evidenti con la normativa in vigore e cioè con la Direttiva
2000/13, la quale continua a essere applicata fino al 13 dicembre 2014.
I “nano” materiali vanno inclusi tra gli ingredienti
per una corretta informazione
“
”
La Commissione chiarisce, inoltre,
che nel caso di alimenti confezionati
con superficie di etichettatura massima
di 10 cm quadrati la lista degli ingredienti possa essere omessa, ma non la
lista delle sostanze allergizzanti, da indicare sempre nella dicitura: “Contiene...”. Nel caso il nome di vendita del
prodotto indichi di per sé la sostanza
allergizzante, non sarà necessario indicare altrimenti gli allergeni.
Inoltre si chiarisce che anche nel caso
di alimenti non confezionati, vale sempre la regola di comunicare informazione sugli allergeni ai consumatori in modo attivo, senza aspettare loro richieste.
Il principio di fornire indicazioni sugli
allergeni “su richiesta” è così considerato inapplicabile dalla Commissione. I
nano materiali vanno inclusi tra gli ingredienti con il nome dell’ingrediente
preceduto da “nano”, al fine di comunicare una corretta informazione ai consumatori. La Commissione spiega la validità di tali schemi, imponendo che essi
non siano in alcun modo discriminatori e
LARGO CONSUMO n. 7-8/2014
non impediscano la libera circolazione
delle merci e accettando che essi siano
stati adottati a seguito di un’ampia consultazione degli “stakeholders”, oltre a
essere stati basati sulla scienza, anche
circa la completa comprensione dei consumatori e, infine, abbiano a riferimento
i valori nutrizionali di cui all’Allegato
XIII del Regolamento stesso. È questo
un punto di assoluto interesse, in quanto
la libera circolazione delle merci difficilmente potrà non essere impedita da misure nazionali anche forti, come per
esempio il sistema di semafori appena
adottato nel Regno Unito. Entro il 13 dicembre 2013 si attende una relazione Ce
a Parlamento europeo e Consiglio sull’indicazione preferibile tra “country of
origin”, dove il prodotto ha subito l’ultima, sostanziale lavorazione e “place of
provenance”, dove l’animale è stato allevato e/o macellato, per le carni suina, caprina, ovina e di pollame. La responsabilità degli operatori è così disciplinata: chi
appone il proprio nome o ragione sociale sull’alimento è responsabile della
completezza e veridicità delle informazioni riportate in etichetta; per i prodotti
extra-UE, l’importatore è responsabile.
L’informazione nutrizionale dovrà essere fornita attraverso una tabella nutrizionale obbligatoria, la quale dovrà, necessariamente, includere i seguenti dati:
valore energetico, espresso in KJ e/o
kcal, i grassi, di cui acidi grassi saturi, i
carboidrati, di cui zuccheri, le proteine, il
sale e il valore di sodio. È possibile sempre indicare, ovviamente, quando il sale
sia dovuto esclusivamente al sodio naturalmente presente nel prodotto.
Per cercare di tirare le somme su una
normativa complessa e articolata in materia, possiamo certamente sostenere
che siano stati fatti indubbi passi in
avanti negli anni, da parte delle nuove
disposizioni in materia, i quali si traducono, per il consumatore finale, certamente nella possibilità di trovare con più
facilità l’origine degli ingredienti sulle
etichette di tutti i prodotti alimenti, oltre alla maggiore garanzia, in
capo al consumatore finale, di una
maggiore sicurezza degli alimenti
in commercio, basata sulla maggiore sicurezza e controllo delle
materie prime all’origine, unitamente alla tracciabilità della provenienza delle stesse. Infine, una
più meticolosa etichettatura dei
prodotti alimentari stessi, anche a
livello comunitario, dovrebbe garantire, senza dubbi, il consumatore finale in maniera finalmente
più esaustiva.
■
83