QUADERN / VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2015 ILCASODELGIORNO PRIMOPIANO Splafonamento ravvedibile con autofattura Invio delle Certificazioni Uniche ai nastri di partenza / Alfio CISSELLO e Simonetta LA GRUTTA Qualora, in sede di verifica delle operazioni poste in essere nel 2014, l’esportatore abituale si accorga di essersi avvalso della facoltà di acquistare beni e/o servizi senza IVA oltre il limite consentito (c.d. “splafonamento”), opera la sanzione dal 100% al 200% dell’imposta, di cui all’art. 7 comma 4 del DLgs. 471/97. L’Agenzia delle Entrate ha diverse volte illustrato le modalità con cui l’esportatore abituale può sanare la menzionata violazione, anche evitando di coinvolgere il cedente. Il tutto deve essere visto alla luce della L. 190/2014, che, modificando l’art. 13 del DLgs. 472/97, ha reso possibile, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, il ravvedimento operoso senza particolari limiti temporali, sino alla notifica dell’accertamento. Con la circ. [...] Approvato il software per la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate, entro il prossimo 9 marzo / Massimo NEGRO Da ieri è disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate il software da utilizzare per compilare e inviare in via telematica le Certificazioni Uniche 2015, relative ai redditi corrisposti nel 2014. Il nuovo modello di Certificazione Unica 2015, approvato lo scorso 15 gennaio, dovrà essere trasmesso all’Agenzia, direttamente dal sostituto d’imposta o tramite un intermediario abilitato, entro il 9 marzo 2015 (primo giorno lavorativo successivo all’ordinaria scadenza del 7 marzo, che quest’anno cade di sabato), per permettere all’Agenzia stessa di acquisire i relativi dati in tempo utile per rendere disponibili, entro il 15 aprile 2015, i modelli 730/2015 precompilati. Il software “Certificazione Unica 2015” consente: - la compilazione delle Certificazioni Uniche 2015 relative ai redditi di lavoro dipendente e assimilati, ai redditi di lavoro autonomo, alle provvigioni e ai previsti redditi diversi; - la creazione del relativo file da inviare telematicamente. Per eseguire il software è necessario utilizzare la Java Virtual Machine versione 1.7, che consente all’utente di usufruire delle applicazioni A PAGINA 2 A PAGINA 3 INEVIDENZA IMPRESA Nello scorporo dei terreni, da verificare la vita utile residua del fabbricato Non punibile l’omessa trasmissione al Fisco della lettera d’intento Oggi a Cosenza il convegno nazionale sui revisori degli enti locali Operativi gli aumenti per tutti gli iscritti alla Gestione separata ALTRENOTIZIE direttamente dal web, avendo la certezza di utilizzare sempre la versione più aggiornata ed evitando complesse procedure di installazione o aggiornamento. L’obbligo di trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate delle Certificazioni Uniche riguarda quindi anche le tipologie reddituali per le quali non è prevista la predisposizione del modello 730 precompilato. Tuttavia, nel caso in cui la Certificazione Unica attesti, nei confronti del medesimo contribuente-sostituito, solo redditi di lavoro dipendente e assimilati, ovvero solo redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi, deve essere inviata all’Agenzia delle Entrate esclusivamente la parte della Certificazione Unica relativa alle tipologie reddituali erogate. Per inviare il flusso telematico occorre compilare l’apposito frontespizio, in cui vanno indicati: - i dati anagrafici del soggetto tenuto alla comunicazione delle Certificazioni Uniche (sostituto d’imposta e rappresentante firmatario della comunicazione); - il numero delle [...] / A PAGINA 9 Sindaci “legati” alla società in attesa della loro sostituzione / Maurizio MEOLI Anche dopo le modifiche introdotte negli artt. 2400 e 2401 c.c. dalla riforma del diritto societario vige pure per i sindaci che abbiano rassegnato le proprie dimissioni la proroga dell’incarico fino a quando gli stessi non possano essere sostituiti. A stabilirlo è il Tribunale di Catania nell’ordinanza del 13 novembre scorso (solo recentemente edita) che interrompe il processo di consolidamento della ricostruzione secondo la quale, invece, la [...] A PAGINA 5 ancora IL CASO DEL GIORNO Splafonamento ravvedibile con autofattura In tal modo si evita di coinvolgere il cedente, chiedendo la nota di variazione in aumento / Alfio CISSELLO e Simonetta LA GRUTTA Qualora, in sede di verifica delle operazioni poste in essere nel 2014, l’esportatore abituale si accorga di essersi avvalso della facoltà di acquistare beni e/o servizi senza IVA oltre il limite consentito (c.d. “splafonamento”), opera la sanzione dal 100% al 200% dell’imposta, di cui all’art. 7 comma 4 del DLgs. 471/97. L’Agenzia delle Entrate ha diverse volte illustrato le modalità con cui l’esportatore abituale può sanare la menzionata violazione, anche evitando di coinvolgere il cedente. Il tutto deve essere visto alla luce della L. 190/2014, che, modificando l’art. 13 del DLgs. 472/97, ha reso possibile, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, il ravvedimento operoso senza particolari limiti temporali, sino alla notifica dell’accertamento. Con la circ. 12/2010 (§ 3.7) l’Agenzia delle Entrate ha specificato che il ravvedimento operoso può avvenire con emissione di un’autofattura, tramite una procedura che, sotto certi versi, ricalca quella contemplata per la regolarizzazione del cessionario in merito alle omesse/irregolari fatturazioni del cedente (disciplinata dall’art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97). Per prima cosa, nel momento in cui l’esportatore abituale si accorge di avere “splafonato”, deve emettere un’autofattura in duplice esemplare, contenente gli estremi identificativi di ciascun fornitore, il numero progressivo di protocollo delle fatture ricevute, l’ammontare eccedente il plafond e l’imposta che avrebbe dovuto essere applicata. Occorre poi versare l’imposta, gli interessi legali e le sanzioni ridotte con modello F24 (alla luce del “nuovo” ravvedimento operoso, la riduzione della sanzione ex art. 7 comma 4 del DLgs. 471/97 può andare da 1/9 a 1/5 del minimo, a seconda di quando esso avviene). Fatto ciò, è necessario presentare l’autofattura all’ufficio competente (determinato quindi con riferimento al domicilio fiscale dell’esportatore), e annotarla, munita dell’apposito visto di regolarizzazione, nel registro degli acquisti, per poter esercitare la detrazione. Occorre infine indicare l’imposta nel rigo VE24 (“Variazio- / EUTEKNEINFO / VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2015 ni ed arrotondamenti d’imposta”) della dichiarazione, anteponendo il segno positivo, e comprendere tale versamento, ivi inclusi gli interessi, nel rigo VL29 (“Ammontare versamenti periodici, da ravvedimento, interessi trimestrali, acconto”). L’imponibile e l’imposta risultanti dalla predetta autofattura devono essere indicati nel quadro VF, nel rigo corrispondente all’aliquota applicata (righi da VF1 a VF11), con la conseguenza che l’importo della fattura del fornitore o della bolla doganale rispettivamente emessa o rilasciata in regime di non imponibilità non deve essere indicato nel rigo VF12 (“Acquisti e importazioni senza pagamento d’imposta, con utilizzo del plafond”). Ove ciò fosse già avvenuto, il contribuente dovrebbe ravvedere pure la violazione da dichiarazione infedele, di cui all’art. 5 comma 4 del DLgs. 471/97; egli, a ben vedere, ha presentato una dichiarazione IVA con un’imposta inferiore a quella dovuta, in ragione dello “splafondamento”. Anche in tal caso, la sanzione va dal 100% al 200% della maggiore imposta, e la riduzione della stessa, a seconda del momento in cui avviene il ravvedimento, va da 1/9 a 1/5 del minimo. La procedura descritta ha il pregio di non coinvolgere il cedente, cosa che avverrebbe se si optasse per l’altra modalità di regolarizzazione indicata dall’Agenzia delle Entrate, che presuppone la richiesta di una nota di variazione in aumento (si veda la circ. n. 50/2002, § 24.2). Niente sanzioni con regolarizzazione tempestiva Si segnala che, per la Cassazione del 12 giugno 2002 n. 8362, la tempestiva rettifica della dichiarazione d’intenti inviata all’Agenzia delle Entrate e al fornitore, ove viene comunicato che le fatture avrebbero dovuto essere emesse in regime di imponibilità, unita alla richiesta di una nota di variazione al cedente escludono l’irrogabilità delle sanzioni, posto che il rischio per l’Erario di perdita di entrate fiscali è così scongiurato. / 02 ancora FISCO Invio delle Certificazioni Uniche ai nastri di partenza Approvato il software per la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate, entro il prossimo 9 marzo / Massimo NEGRO Da ieri è disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate il software da utilizzare per compilare e inviare in via telematica le Certificazioni Uniche 2015, relative ai redditi corrisposti nel 2014. Il nuovo modello di Certificazione Unica 2015, approvato lo scorso 15 gennaio, dovrà essere trasmesso all’Agenzia, direttamente dal sostituto d’imposta o tramite un intermediario abilitato, entro il 9 marzo 2015 (primo giorno lavorativo successivo all’ordinaria scadenza del 7 marzo, che quest’anno cade di sabato), per permettere all’Agenzia stessa di acquisire i relativi dati in tempo utile per rendere disponibili, entro il 15 aprile 2015, i modelli 730/2015 precompilati. Il software “Certificazione Unica 2015” consente: - la compilazione delle Certificazioni Uniche 2015 relative ai redditi di lavoro dipendente e assimilati, ai redditi di lavoro autonomo, alle provvigioni e ai previsti redditi diversi; - la creazione del relativo file da inviare telematicamente. Per eseguire il software è necessario utilizzare la Java Virtual Machine versione 1.7, che consente all’utente di usufruire delle applicazioni direttamente dal web, avendo la certezza di utilizzare sempre la versione più aggiornata ed evitando complesse procedure di installazione o aggiornamento. L’obbligo di trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate delle Certificazioni Uniche riguarda quindi anche le tipologie reddituali per le quali non è prevista la predisposizione del modello 730 precompilato. Tuttavia, nel caso in cui la Certificazione Unica attesti, nei confronti del medesimo contribuente-sostituito, solo redditi di lavoro dipendente e assimilati, ovvero solo redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi, deve essere inviata all’Agenzia delle Entrate esclusivamente la parte della Certificazione Unica relativa alle tipologie reddituali erogate. Per inviare il flusso telematico occorre compilare l’apposito frontespizio, in cui vanno indicati: - i dati anagrafici del soggetto tenuto alla comunicazione delle Certificazioni Uniche (sostituto d’imposta e rappresentante firmatario della comunicazione); - il numero delle certificazioni trasmesse, suddivise tra certificazioni lavoro dipendente e assimilato e certificazioni lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi; - i dati relativi all’impegno alla trasmissione telematica assunto da un intermediario incaricato. L’invio all’Agenzia delle Entrate comprende anche l’eventuale “quadro CT”, relativo alla comunicazione della “se/ EUTEKNEINFO / VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2015 de telematica” (propria o di un intermediario incaricato) per la ricezione dall’Agenzia stessa delle comunicazioni relative ai conguagli derivanti dalla liquidazione dei modelli 730 (modelli 730-4), qualora non sia già stata effettuata in passato. Se, invece, devono essere comunicate variazioni, occorre continuare ad utilizzare il modello approvato con il provvedimento dell’Agenzia del 22 febbraio 2013. Il flusso telematico può essere suddiviso inviando, oltre al frontespizio e all’eventuale quadro CT: - le certificazioni dei dati relativi ai redditi di lavoro dipendente e assimilati; - separatamente rispetto alle certificazioni dei dati dei redditi di lavoro autonomo, delle provvigioni e dei redditi diversi. Pertanto, nel caso di coinvolgimento di più professionisti nella gestione delle certificazioni (es. consulente del lavoro per i dipendenti e dottore commercialista per i lavoratori autonomi), ognuno di essi può trasmettere in via telematica le Certificazioni Uniche di propria competenza. Gli invii possono essere: - ordinari, con cui si trasmettono i dati richiesti; - sostitutivi, con i quali si opera la completa sostituzione di una comunicazione già inviata e acquisita dal sistema telematico (va barrata l’apposita casella del frontespizio); - di annullamento, con cui si richiede l’annullamento di una comunicazione precedentemente trasmessa e acquisita dal sistema telematico (va barrata l’apposita casella del frontespizio). Gli invii sostitutivi e/o di annullamento devono essere oggetto di un apposito flusso “separato”; se il flusso contiene anche invii ordinari, tale anomalia comporta lo scarto dell’intera fornitura. Per ogni certificazione omessa, tardiva o errata è prevista l’applicazione di una sanzione di 100 euro, senza possibilità, in caso di violazioni plurime, di applicare il “cumulo giuridico” ai sensi dell’art. 12 del DLgs. 472/97. Nei casi di errata trasmissione, la sanzione non si applica se la sostituzione o l’annullamento della certificazione errata è effettuato entro i cinque giorni successivi alla scadenza. Nell’ambito del “Forum Lavoro” tenutosi lo scorso 28 gennaio, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la trasmissione della certificazione corretta dovrà avvenire entro giovedì 12 marzo 2015, ossia entro cinque giorni dalla scadenza ordinaria del 7 marzo. Infine, ieri è stato pubblicato anche il software di controllo. / 03 ancora CONTABILITÀ Nello scorporo dei terreni, da verificare la vita utile residua del fabbricato Già nel bilancio 2014 si dovrà rideterminare l’ammontare dell’ammortamento annuale / Fabrizio BAVA, Donatella BUSSO e Alain DEVALLE In un precedente intervento (si veda “Fondo ammortamento riferibile al terreno da riclassificare a un fondo di bonifica” del 4 febbraio) è stata inquadrata la problematica dello scorporo del terreno sottostante il fabbricato e della conseguente riclassificazione del fondo ammortamento riferibile al terreno, da effettuare nel bilancio 2014 in applicazione del nuovo OIC 16. Tale problematica dovrà essere affrontata da tutte quelle imprese che in contabilità presentano ancora un unico conto per i fabbricati. Sul piano operativo, è necessario individuare quale soluzione contabile adottare. In prima battuta, è necessario stornare dal valore del fabbricato la quota parte riferibile al terreno e riclassificare il fondo ammortamento, per la quota parte riferibile al terreno, ad un fondo rischi di bonifica. Successivamente, però si dovrà verificare la vita utile residua del fabbricato e rideterminare, già nel bilancio 2014, l’ammontare dell’ammortamento annuale, nei casi in cui si ritenga corretto il completamento del processo di ammortamento nel rispetto della vita utile residua inizialmente stimata. A chiarimento di ciò si consideri il seguente esempio: - costo storico del fabbricato pari a 100; - fondo ammortamento al 1° gennaio 2014 pari a 70; - vita utile pari a 10 esercizi (si è ipotizzata pari a 10 esercizi solo per agevolare la comprensione del procedimento); - valore del terreno al momento dell’acquisto del fabbricato, determinato attraverso una perizia, pari a 20. Il fondo riferibile al fabbricato viene determinato proporzionalmente al valore del terreno: (20/100) = 20%; allo stesso modo il valore del fondo ammortamento riferibile al terreno è dato dal 20% di 70, pari a 14. Lo scorporo viene effettuato movimentando il conto terreno per 20 e, in contropartita, riducendo il valore del fabbricato del medesimo importo. Si dovrà, inoltre, riclassificare il fondo ammortamento per un importo corrispondente al 20% del valore complessivo (70), pari a 14, ad un “Fondo rischi per bonifica/ripristino sito”. Infine, per consentire di completare il processo di / EUTEKNEINFO / VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2015 ammortamento nel rispetto della vita utile originaria, il valore netto contabile del fabbricato post scorporo del terreno viene così rideterminato: (80 – 56) = 24; il nuovo ammontare dell’ammortamento dell’esercizio è pertanto pari a: (24 / 3) = 8. Talvolta, inoltre, si possono presentare alcune complicazioni, ad esempio, in presenza di fabbricati rivalutati nei precedenti esercizi, oppure nei confronti dei quali sono state sostenute spese incrementative di valore. Nel primo caso, ovvero con riferimento alla rivalutazione, si dovrà verificare se quest’ultima ha riguardato o meno anche la quota riferibile al terreno, mentre, nel secondo caso, le spese incrementative di valore saranno sempre da riferire esclusivamente al fabbricato (con alcune eccezioni, quali le spese per la copertura di un piazzale e così via). Da verificare anche l’ammontare del fondo di recupero ambientale Nel momento in cui si procede allo scorporo del terreno ed alla riclassificazione del fondo ammortamento riferibile allo stesso, è opportuno aggiornare le stime effettuate, verificando la vita utile residua del fabbricato, il suo valore residuo, nonché l’ammontare del fondo di recupero ambientale. A proposito di questo ultimo aspetto, il nuovo OIC 31 dedica alcuni paragrafi (98-102) al fondo di recupero ambientale. È pertanto opportuno che le imprese, che hanno continuato ad ammortizzare il terreno fino al bilancio 2013 sulla base di quanto previsto dal vecchio OIC 16, verifichino se è necessario continuare ad accantonare annualmente costi da iscrivere nel fondo recupero ambientale e se l’ammontare del fondo che si viene a creare distintamente nel bilancio 2014 rappresenti o meno una stima attendibile dei costi di bonifica/smantellamento. Di fatto, è opportuno che si proceda ad un aggiornamento delle stime, che, in accordo con quanto stabilito dall’OIC 29, deve essere applicato prospetticamente, ovvero da quando la stima è aggiornata. / 04 ancora IMPRESA Sindaci “legati” alla società in attesa della loro sostituzione Il Tribunale di Catania ed il giudice del registro presso il Tribunale di Roma si schierano a favore dell’orientamento della prorogatio in caso di dimissioni / Maurizio MEOLI Anche dopo le modifiche introdotte negli artt. 2400 e 2401 c.c. dalla riforma del diritto societario vige pure per i sindaci che abbiano rassegnato le proprie dimissioni la proroga dell’incarico fino a quando gli stessi non possano essere sostituiti. A stabilirlo è il Tribunale di Catania nell’ordinanza del 13 novembre scorso (solo recentemente edita) che interrompe il processo di consolidamento della ricostruzione secondo la quale, invece, la rinunzia all’incarico da parte del sindaco (o dei sindaci) presenterebbe sempre efficacia immediata, non solo quando sia possibile l’automatica sostituzione con un sindaco supplente, ma anche quando la sostituzione non sia possibile per mancanza (o insufficienza) di sindaci supplenti. E tale interruzione appare tanto più netta se si considera che nel senso proposto dal Tribunale di Catania si è espresso anche il giudice del registro presso il Tribunale di Roma, con decreto del 28 luglio scorso (anch’esso edito solo di recente). Ricapitolando, la soluzione dell’efficacia immediata delle dimissioni è stata sostenuta, tra le altre decisioni, dalle sentenze del Tribunale di Bari del 2 febbraio 2013, del Tribunale di Milano del 2 agosto 2010 e del Tribunale di Napoli del 15 ottobre 2009. Nel medesimo senso si sono espressi anche il Comitato Triveneto dei Notai (nelle massime H.E.1 e I.D.3), le Norme di comportamento del collegio sindacale predisposte dal CNDCEC (criteri applicativi della norma 1.6) e la Fondazione Nazionale dei Commercialisti, con un documento pubblicato lo scorso 1° dicembre. In senso contrario, invece, si sono espressi: il Tribunale di Napoli del 4 dicembre 2013, il Tribunale di Milano del 3 febbraio 2010 n. 1385 e il Tribunale di Mantova del 25 luglio 2009. Le decisioni dei Tribunali di Catania e di Roma, citate in premessa, vengono ora a rinforzare quest’ultima interpretazione. La questione – ricordano i giudici catanesi – era già controversa anteriormente alla riforma del diritto societario. Il DLgs. 6/2003, poi, ha espressamente previsto la prorogatio dei sindaci nel caso di scadenza del termine della carica, senza però specificare se essa valga anche nel caso di rinuncia. Tale novità è stata letta, da taluni, come conferma della tesi che esclude la prorogatio in caso di rinuncia. D’altra parte, rispetto all’organo di controllo, diversamente da quanto accade per l’organo amministrativo (ex art. 2385 c.c.), le esigenze di continuità sono meno rigide, dal momento che è la stessa legge a prevedere che, salvo particolari situazioni, l’attività dei sindaci sia svolta rispettando una determinata periodicità (cfr. l’art. 2404 c.c.). Il sistema poi, in ultima / EUTEKNEINFO / VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2015 analisi, risolve la questione con lo scioglimento della società priva dell’organo di controllo. A giudizio di altri, invece, la novità normativa introdotta dalla riforma del diritto societario sarebbe irrilevante ai fini in esame, vigendo comunque un principio generale volto ad assicurare la continuità di funzionamento dell’organo di controllo. E, quindi, la circostanza secondo cui il collegio sindacale non sarebbe chiamato ad un impegno quotidiano e ad una costante presenza fisica – peraltro discutibile in situazioni di criticità e di fibrillazione societaria – non dimostrerebbe affatto che sia tollerabile l’interruzione del funzionamento del detto organo di controllo. Rilevanti, inoltre, sono reputati i rischi di deresponsabilizzazione correlati alla tesi della cessazione immediata. I sindaci dimissionari, infatti, non avrebbero più alcun dovere verso la società, non potendo né convocare l’assemblea per la loro sostituzione, in caso di inerzia degli amministratori (ex art. 2406 comma 1 c.c.), né, in caso di mancata delibera, chiedere al Tribunale la nomina del liquidatore giudiziale (ex art. 2487 comma 2 c.c.). Se, poi, l’assemblea, regolarmente convocata dagli amministratori, non dovesse deliberare, gli amministratori stessi sarebbero a loro volta esenti da responsabilità per l’accaduto. Per queste ragioni il Tribunale di Catania dichiara di preferire la tesi della prorogatio della carica dei sindaci fino alla loro sostituzione (ovvero, se presenti, fino alla effettiva comunicazione delle dimissioni ai sindaci supplenti). Tali ragioni, poi, sono sostanzialmente alla base anche del provvedimento del giudice del registro presso il Tribunale di Roma, che osserva come l’istituto della prorogatio rappresenti il portato dell’interesse a garantire la continuità del collegio sindacale. Ciò in quanto l’attività di vigilanza ad esso affidata non può essere saltuaria, ma permanente e continuativa (e, quindi, priva di interruzioni), e svolta dall’organo nella sua completezza (e, quindi, evitando qualsiasi menomazione nella sua composizione minima). A fronte di ciò – conclude il giudice romano in relazione al caso di specie – qualora non si dovesse addivenire alla sostituzione assembleare dei sindaci, la rinuncia posta in essere dall’intero collegio non è idonea a produrre i propri effetti con la sostituzione da parte dei due supplenti; in tale ipotesi, infatti, comunque non si assicura la costituzione dell’organo con un minimo di tre componenti. E, a maggior ragione, l’operatività immediata delle dimissioni è esclusa nel caso in cui, oltre ai sindaci effettivi, presentino le dimissioni anche i sindaci supplenti. / 05 ancora FISCO Non punibile l’omessa trasmissione al Fisco della lettera d’intento Si tratta di una violazione che non incide sulla determinazione dell’imposta e non arreca pregiudizio all’azione di controllo / Alessandro BORGOGLIO L’art. 20 del DL 175/2014 ha traslato dal cedente al cessionario l’obbligo di trasmissione telematica delle dichiarazioni d’intento all’Agenzia delle Entrate. La previsione normativa si applica alle dichiarazioni d’intento relative alle operazioni senza applicazione d’imposta effettuate dal 1° gennaio 2015. Nel regime previgente, invece, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. c) del DL 746/1983, era il cedente a dover trasmettere all’Amministrazione finanziaria le dichiarazioni d’intento ricevute. In caso di omessa trasmissione trovava applicazione il previgente art. 7, comma 4-bis del DLgs. 471/1997, che prevedeva una sanzione dal 100% al 200% dell’imposta, ovvero la stessa stabilita dal precedente comma 3 per le operazioni in regime di non imponibilità effettuate in assenza di dichiarazione d’intento. La C.T. Reg. di Milano, con la sentenza n. 5601/19/2014, ha esaminato il caso di una spa che aveva ricevuto una regolare dichiarazione d’intento dal cliente esportatore abituale e l’aveva annotata nell’apposito registro, ma non l’aveva trasmessa telematicamente all’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima, quindi, aveva irrogato la sanzione del 100% dell’imposta sulla base delle sopra richiamate norme. I giudici di merito hanno valutato l’eccezione sollevata dal contribuente circa la sussistenza di cause di non punibilità per la violazione commessa, come previsto dall’art. 6, comma 5-bis del DLgs. 472/1997, a mente del quale non sono punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo. L’Amministrazione finanziaria, in proposito, con la circolare n. 77/2001 (§ 3.1), aveva chiarito che, ai fini della non punibilità della commessa violazione, le condizioni negative appena richiamate devono intendersi alternative e non concorrenti, con la conseguenza che non può configurarsi una violazione meramente formale ove manchi in concreto una sola di esse. Peraltro, gli Uffici devono valutare in concreto a posteriori, nei singoli casi specifici, se gli illeciti commessi abbiano determinato pregiudizio all’esercizio dell’azione di controllo. Secondo il collegio d’appello, nel caso devoluto alla sua cognizione, la violazione consistente nell’omessa trasmissione telematica della dichiarazione d’intento ricevuta non ave- / EUTEKNEINFO / VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2015 va minimamente inciso sulla determinazione dell’imposta e, inoltre, non aveva arrecato alcun pregiudizio all’azione di controllo, atteso che, pur omettendo la trasmissione della dichiarazione, la società l’aveva regolarmente annotata nell’apposito registro e aveva altresì indicato le relative forniture nella dichiarazione IVA. Pertanto, in presenza delle condizioni previste dalla sopra riportata disposizione, doveva ritenersi sussistente la causa di non punibilità. Nell’interessante parte conclusiva della motivazione, poi, i giudici di merito sembrano paventare la possibile applicazione del favor rei per il caso di specie, poiché, come già sopra ricordato, l’art, 20 del DLgs. 175/2014 – all’epoca della decisione non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale – ha abolito l’adempimento a carico del cedente, trasferendolo al cessionario. Secondo il collegio, quindi, sarebbe applicabile l’art. 3, comma 2 del DLgs. 472/1997, in base al quale, salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Dubbi sulla possibile applicazione del favor rei nel caso di specie In proposito, l’Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 180/1998, aveva chiarito che la disposizione poc’anzi riportata trova applicazione sia nei casi in cui la legge posteriore si limiti ad abolire la sola sanzione, lasciando in vita l’obbligatorietà del comportamento prima sanzionabile, sia nell’ipotesi in cui venga eliminato un obbligo strumentale e, quindi, solo indirettamente la previsione sanzionatoria. Nel caso di cui trattasi, effettivamente l’art. 20 del DLgs. 175/2014 ha eliminato l’obbligo di invio della dichiarazione a carico del cedente e, quindi, sarebbe applicabile il favor rei previsto dalla sopra richiamata disposizione. Al riguardo, tuttavia, sussistono dei dubbi, dato che l’art. 3, comma 2 del DLgs. 472/1997 fa comunque salva la “diversa previsione di legge” e, in effetti, l’art. 20 citato, al terzo comma, dispone che le modifiche al regime de quo operano dalle dichiarazioni d’intento relative alle operazioni senza applicazione dell’imposta effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2015. Ciò, per l’appunto, potrebbe integrare la “diversa previsione di legge” che la norma individua quale volontà di deroga legislativa al principio del favor rei. / 06 ancora PROFESSIONI Oggi a Cosenza il convegno nazionale sui revisori degli enti locali L’evento organizzato da CNDCEC e Fondazione per ribadire l’importanza del ruolo, “ultimo baluardo di legalità” a tutela dei cittadini / Savino GALLO Il revisore dei conti degli enti locali non è solo un organo di controllo contabile, ma un “imprescindibile baluardo di legalità” a tutela dei cittadini. Un concetto che i rappresentanti dei commercialisti hanno espresso in più di un’occasione e che ribadiranno questo pomeriggio, nel corso di un Convegno nazionale dedicato al tema. L’evento è in programma a Cosenza (sala Quintieri del ridotto del Teatro Rendano, ore 15), scelta non a caso da CNDCEC e Fondazione a seguito di alcuni episodi che hanno visto protagonisti i Collegi dei revisori della Regione Calabria e del Comune di Palmi (i primi esautorati con effetto immediato dall’incarico, i secondi costretti alle dimissioni, dopo aver negato il loro via libera ad alcune delibere approvate dall’organo politico). “A seguito di questi gravissimi episodi – spiega il numero uno dei commercialisti, Gerardo Longobardi –, volevamo dare un segnale di vicinanza ai tanti colleghi che svolgono questa delicata attività. Ma anche un segnale alla società civile, in modo da far passare il messaggio che i revisori non possono essere considerati come un costo della politica ma come un’opportunità per affermare i principi di legalità e trasparenza”. A maggior ragione, aggiunge Giorgio Sganga, Presidente della Fondazione di categoria, se si considera “l’esiguità del compenso e dei rimborsi spese (che non possono superare il 50% dell’emolumento, ndr). In alcuni casi, si tratta di cifre talmente irrisorie che lasciano pensare che il problema non siano i costi, ma proprio il controllo sugli organi politici. Il convegno di Cosenza servirà per ribadire anche questo: il revisore dei conti è un organo terzo e indipendente che, con il suo operato e la sua professionalità, tutela gli interessi dei cittadini”. Questo, dunque, il messaggio che dovrà arrivare dal convegno di Cosenza, durante il quale si tornerà a parlare anche delle criticità prodotte dai provvedimenti normativi che hanno rivoluzionato le modalità di nomina dei revisori, introducendo il metodo dell’estrazione a sorte su base regionale. Tematiche già al centro di una lettera che, qualche mese fa, il Vicepresidente del CNDCEC, Davide Di Russo, indirizzò al Premier Matteo Renzi (si veda “Revisori degli enti locali, il CNDCEC scrive al Governo” del 20 ottobre 2014), sottolineando tutte le “incongruenze dell’attuale quadro normativo”. “A fronte di un esponenziale aumento delle responsabilità / EUTEKNEINFO / VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2015 del revisore – spiega Di Russo – c’è bisogno di adeguare il sistema compensi, assolutamente non decoroso per il ruolo svolto. Ma andrebbe fatta chiarezza anche sul percorso di crescita dei professionisti alla prima esperienza (i commercialisti chiedono che il primo incarico sia obbligatoriamente in collegio e non da revisore unico, ndr) e sull’incarico all’interno delle Unioni di Comuni (la normativa prevede che il revisore unico dell’Unione possa svolgere il medesimo ruolo anche per i Comuni associati, ndr). Su queste tematiche abbiamo aperto un canale di comunicazione con il Ministero dell’Interno, riscontrando una grande apertura”. Apertura confermata da Giancarlo Verde, Direttore centrale della Finanza locale del Ministero dell’Interno, anch’egli invitato a prendere parte al convegno di questo pomeriggio: “È innegabile – sottolinea Verde – che, nel corso degli anni, la figura del revisore sia cambiata molto. Quindi, forse è il caso di rivedere le funzioni e il ruolo di questo organo, che rappresenta davvero un baluardo di legalità”. Una revisione che, molto probabilmente, verrà realizzata nell’ambito dell’adozione di un nuovo Testo Unico degli enti locali: “Il Ministero – aggiunge Verde – ha assunto l’incombenza politica di rivedere l’intero ordinamento degli enti locali”. In questo senso, il Sottosegretario Gianpiero Bocci sta portando avanti un “progetto di legge delega che dovrebbe essere collegato alla Finanziaria di quest’anno e, dunque, potrebbe essere discusso in primavera”. Qualcosa, però, si proverà a fare sin da subito, quantomeno per risolvere le criticità di carattere operativo: “Ad esempio – spiega Verde –, stiamo pensando alla possibilità di aprire più finestre temporali per consentire l’iscrizione, in modo da evitare a chi non ci è riuscito la prima volta (ad oggi l’unica, ndr) di dover aspettare un intero anno per potersi iscrivere all’elenco. In più, lavoriamo per semplificare le modalità di comunicazione dei corsi di formazione seguiti dai revisori e, a breve, sarà possibile scaricare il certificato d’iscrizione direttamente on line, anziché doverlo richiedere via PEC”. “Piccole cose – ricorda Verde – ma non banali, per chi ha a che fare con questa attività”. Per quelle più grandi, invece, bisognerà aspettare l’adozione del nuovo Testo Unico degli enti locali, con la consapevolezza che su tanti aspetti, “necessario adeguamento dei compensi” su tutti, l’apertura ministeriale non sia solo di facciata. / 07 ancora LAVORO & PREVIDENZA Operativi gli aumenti per tutti gli iscritti alla Gestione separata Con la circolare 27, l’INPS ha definito la contribuzione 2015: incremento dell’aliquota anche per i liberi professionisti iscritti in via esclusiva / Francesca TOSCO Dopo aver definito i valori di riferimento per la contribuzione di artigiani e commercianti (circolare n. 26/2015), ieri, 5 febbraio 2015, l’INPS ha pubblicato la circolare n. 27, recante “Aliquote contributive, massimale e minimale di reddito per l’anno 2015” per gli iscritti alla Gestione separata, ex art. 2, comma 26 della L. 335/1995. Come già rilevato su Eutekne.info (si veda “Aliquote Gestione separata, aumenti per tutti gli iscritti” del 2 gennaio 2015), in relazione a tutti gli iscritti alla suddetta Gestione, le aliquote contributive previdenziali (di finanziamento e di computo) aumentano. Resta, con riguardo alla misura delle medesime, la tradizionale distinzione tra: - soggetti iscritti alla sola Gestione separata e non pensionati; - soggetti iscritti anche ad altre forme di previdenza obbligatoria o titolari di pensione. Per contro, la distinzione, all’interno di tali categorie, tra lavoratori “parasubordinati” – ossia lavoratori a progetto e categorie “assimilate” (collaboratori coordinati e continuativi, associati in partecipazione che apportano solo lavoro, venditori a domicilio, lavoratori autonomi occasionali) – e lavoratori autonomi professionali titolari di partita IVA (i c.d. professionisti “senza Cassa”) rileva, come sempre, sotto il profilo del riparto dell’onere contributivo e del soggetto obbligato al versamento della contribuzione, ma non più ai fini dell’applicazione di una differente aliquota. Lo stesso Istituto conferma, infatti, che: - per i lavoratori “parasubordinati”, l’obbligo del pagamento dei contributi – da effettuare entro il 16 del mese successivo a quello di effettiva corresponsione del compenso tramite modello F24 – resta posto in capo al committente (o all’associante in caso di associazione in partecipazione), sia per la quota a proprio carico, che rimane pari a 2/3 (o al 55% per l’associante), sia per la quota a carico del lavoratore, pari ad 1/3 (o al 45%); - per quanto concerne i professionisti privi di Cassa previdenziale di categoria, l’onere contributivo resta completamente a carico degli stessi (fatta salva la facoltà di addebitare in fattura al committente una rivalsa del 4% dei compensi lordi) e deve essere assolto, con modello F24, alle scadenze per il pagamento delle imposte sui redditi (saldo 2014, primo e secondo acconto 2015). A differenza di quanto accaduto nel 2014 grazie al “blocco” / EUTEKNEINFO / VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2015 previsto dalla L. 147/2013 a favore dei liberi professionisti iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, quest’anno anche tali soggetti risultano invece interessati dall’incremento dell’aliquota. Più precisamente: - per gli iscritti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie né pensionati – siano essi collaboratori “parasubordinati” o lavoratori autonomi con partita IVA – l’aliquota contributiva previdenziale per il 2015 è elevata al 30%, cui va aggiunto il contributo dello 0,72% a titolo assistenziale (per il finanziamento delle prestazioni di maternità, ANF, malattia e congedo parentale), per un totale del 30,72%; - relativamente agli iscritti già pensionati o assicurati anche presso altre forme previdenziali obbligatorie, l’aliquota 2015 è stabilita in misura pari al 23,50% (a tali soggetti non si applica alcun contributo aggiuntivo assistenziale). Le suesposte aliquote sono applicabili fino al raggiungimento del massimale annuo di reddito imponibile, unico per tutti gli iscritti e pari, per l’anno in corso, a 100.324 euro. Viene, poi, fissato il minimale per l’accredito contributivo. Va, infatti, tenuto presente che, nella Gestione separata, non è previsto un vero e proprio “minimale” di reddito, cioè un importo della base imponibile fino al quale i contributi sono comunque dovuti, indipendentemente dalla percezione di un reddito inferiore. È, tuttavia, stabilito un importo minimo di contributi da versare al fine di maturare un’anzianità contributiva coincidente con tutto l’anno solare in cui sia stata svolta l’attività soggetta a contribuzione. In caso contrario, i mesi di contributi da accreditare sono ridotti in proporzione alla somma versata. Tale minimale si determina applicando le aliquote della Gestione separata al minimale di reddito per artigiani e commercianti, pari, nel 2015, a 15.548 euro. Ne consegue che, nell’anno corrente, detto valore è pari a 4.776,35 euro o a 3.653,78 euro, a seconda che si versino i contributi sulla base dell’aliquota del 30,72% o del 23,50%. Si ricorda, infine, che, in virtù del c.d. principio di “cassa allargata”, le aliquote contributive 2014 (28,72% e 22%) rimangono applicabili in relazione ai compensi corrisposti ai lavoratori a progetto e ai collaboratori coordinati e continuativi – i cui redditi sono assimilati a quelli di lavoro dipendente – fino al 12 gennaio 2015, per prestazioni effettuate entro il 31 dicembre 2014. / 08 ancora IMPRESA Sequestro preventivo legittimo anche in caso di concordato Per la Cassazione, se la procedura fallimentare deve cedere di fronte a una confisca obbligatoria, a maggior ragione ciò vale per il concordato preventivo / Vincenzo PACILEO La sentenza della Cassazione n. 34110 del 1° agosto 2014 affronta la questione della sottoponibilità a sequestro preventivo dei beni appartenenti a soggetto ammesso alla procedura di concordato preventivo. Il tema è spinoso, ma non è nuovo, ed già stato risolto – con riguardo al fallimento – dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 29951/2004. Il punto è delicato perché si contrappongono interessi che sono entrambi astrattamente degni di tutela. Da una parte, le esigenze del procedimento penale, ma, dall’altra, esigenze pure meritevoli per la loro natura (almeno parzialmente) pubblicistica. La pronuncia delle Sezioni Unite pervenne alla conclusione della poziorità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca facoltativa di beni derivanti da attività illecita e appartenenti a impresa fallita, “a condizione che il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale, dia motivatamente conto della prevalenza delle ragioni sottese alla confisca rispetto a quelle attinenti alla tutela dei legittimi interessi dei creditori nella procedura fallimentare”. Nel caso, però, di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, esso resta del tutto insensibile alla procedura fallimentare, “prevalendo l’esigenza di inibire l’utilizzazione di un bene intrinsecamente e oggettivamente “pericoloso” in vista della sua definitiva acquisizione allo Stato”. Altrettanto dicasi del sequestro probatorio, in quanto è preminente l’interesse all’accertamento dei reati. Per contro il sequestro conservativo deve cedere di fronte alla apprensione dei beni da parte degli organi concorsuali in virtù dell’art. 51 L. fall., che impedisce l’avvio o la prosecuzione di azioni esecutive individuali. Nel caso della decisione in commento, il GIP del Tribunale di La Spezia, adito in relazione a plurime violazioni dell’art. 10-bis del DLgs. 74/2000 (omesso versamento di ritenute certificate), disponeva il sequestro preventivo per / EUTEKNEINFO / VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2015 equivalente di beni appartenenti a un’impresa ammessa a concordato preventivo omologato. Il tribunale del riesame accoglieva, però, l’impugnazione della difesa, annullando il decreto, motivando con la asserita preminenza del diritto dei creditori, tra cui l’Erario, al rispetto della par condicio. Su ricorso del Procuratore della Repubblica, la Cassazione ha ribaltato tale conclusione, affermando la legittimità del sequestro. La Corte ha osservato che nel concordato preventivo si ha soltanto uno spossessamento attenuato, poiché il soggetto ammesso alla procedura conserva non solo la proprietà, ma anche la amministrazione dei beni, salvi i limiti derivanti dalla procedura. Inoltre, il concordato è suscettibile di risoluzione per inadempimento e di revoca nei casi previsti dall’art. 173 L. fall. Quella concordataria è, dunque, una situazione instabile. E lo è anche perché, si afferma, il tribunale non è competente a sindacare la fattibilità del piano. Di modo che – si può chiosare – l’omologazione del concordato incarna una flessione “debole” sulla tenuta e sull’esito della procedura. Situazione concordataria instabile La Corte omette di citare la sentenza delle Sezioni Unite, ma in recondita sintonia argomenta che se la procedura fallimentare deve cedere di fronte all’evenienza di una confisca obbligatoria, a maggior ragione ciò deve valere per il concordato preventivo, che ha minore pregnanza pubblicistica e può esitare nella dichiarazione di fallimento. La pronuncia conclude, pertanto, nel senso della legittimità del sequestro preventivo dei beni dell’unico socio della società ammessa al concordato preventivo, trattandosi nella specie di sequestro finalizzato alla confisca obbligatoria per equivalente prevista per i reati fiscali dall’art. 1, comma 143 della L. 244/2007. / 09 ancora PROFESSIONI Ragionieri “fuori” dal registro degli Organismi di composizione della crisi Il Consiglio nazionale denuncia che, in base a quanto disposto dal DM 202/2014, rimarrebbero esclusi in quasi 35 mila / REDAZIONE Al momento, quasi 35 mila ragionieri non hanno la possibilità d’iscriversi agli Organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento. Con un comunicato stampa, ieri il CNDCEC ha “lanciato l’allarme”. In merito, si ricorda infatti che il DM n. 202/2014, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 gennaio scorso, regolamenta i requisiti d’iscrizione nel registro degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento (OCC) di cui all’art. 15 della L. 3/2012, istituito al Ministero della Giustizia. Nel dettaglio, l’art. 3, comma 3 del decreto definisce il contenuto del registro, costituito, in primo luogo, dalla sezione A, formata da: - organismi di diritto iscritti, su semplice domanda, a norma del successivo art. 4, comma 2 del DM 202/2014, ovvero gli organismi di conciliazione costituiti presso le Camere di Commercio e gli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai, anche quando sono associati tra loro; - elenco dei gestori della crisi, ossia le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la prestazione inerente alla conduzione delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio del debitore. Il registro si compone, inoltre, di una sezione B, nella quale sono iscritti, a domanda, gli organismi costituiti da Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e istituzioni universitarie pubbliche, nonché l’elenco dei gestori della crisi. Per quanto concerne il procedimento di accesso all’elenco, il responsabile della tenuta del registro – il direttore generale della giustizia civile o una persona con qualifica dirigenziale o, ancora, un magistrato, entrambi delegati dal direttore – deve verificare l’assenza di cause di ineleggibilità e decadenza di cui all’art. 2382 c.c., oltre alla sussistenza dei requisiti di qualificazione professionale dei gestori della crisi iscritti negli elenchi di cui alle sezioni A e B, che consistono, in primo luogo, nel possesso di una laurea magistrale o di un titolo equipollente in materie economiche o giuridiche. Su quest’ultimo aspetto si concentra il CNDCEC: “Tra i requisiti per l’iscrizione al registro – spiegano nella nota i Consiglieri nazionali della categoria delegati alla materia, / EUTEKNEINFO / VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2015 Felice Ruscetta e Maria Rachele Vigani – c’è il possesso di laurea magistrale, o di titolo di studio equipollente, in materie economiche o giuridiche. Si tratta di una norma che, ci auguriamo involontariamente, taglia fuori automaticamente le decine di migliaia di ragionieri iscritti agli albi dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, privi sì di laurea quinquennale, ma di certo non di una specifica e ampiamente riconosciuta formazione per una simile attività professionale”. Il CNDCEC auspica che l’ambiguità normativa venga chiarita Questa situazione, per Ruscetta e Vigani, è “paradossale e contraddittoria” dal momento che, in base alle disposizioni transitorie dello stesso DM (art. 19), “per i tre anni successivi alla sua entrata in vigore – affermano – i professionisti appartenenti agli ordini professionali dei notai, degli avvocati e dei commercialisti sono esentati dall’attività di formazione obbligatoria, purché documentino di essere stati nominati, in almeno quattro procedure, curatori fallimentari, commissari giudiziali, delegati alle operazioni di vendita nelle procedure esecutive immobiliari ovvero per svolgere i compiti e le funzioni dell’organismo o del liquidatore. Si tratta di incarichi per i quali i ragionieri hanno l’abilitazione. Il decreto, dunque, si contraddice palesemente, dal momento che, nelle norme transitorie, considera abilitati alla funzione di compositore delle crisi quegli stessi ragionieri che di fatto esclude nel momento in cui fissa i requisiti”. L’auspicio dei commercialisti e che “si trovi una soluzione che chiarisca questa evidente ambiguità normativa e che si parta al più presto con il registro. Il DM pubblicato il 27 gennaio è giunto con tre anni di ritardo rispetto alla data prevista per la sua emanazione. Ci auguriamo – concludono Ruscetta e Vigani – che il Ministero della Giustizia ponga ora al più presto in essere le condizioni perché al registro ci si possa iscrivere in tempi rapidi e certi, definendo le procedure per accedervi. Come Consiglio nazionale dei commercialisti, siamo già al lavoro, con l’ausilio della nostra Fondazione ADR commercialisti, per fornire ai nostri iscritti istruzioni e linee guida sulla gestione concreta dei casi di sovraindebitamento. L’interesse che riscontriamo tra i colleghi sul tema è altissimo”. / 10 ancora LETTERE Possibile che non si sappia ancora come emettere una fattura sulle manutenzioni? Spettabile Redazione, chi scrive è una semplice impiegata di un piccolo studio. Credo che la situazione in cui versa l’apparato normativo fiscale sia lo specchio di quella che è la situazione del nostro Paese. Non è semplicemente ammissibile che, al 5 di febbraio, la parte produttiva del Paese, le aziende e i professionisti che dovrebbero assisterle, non sappiano ancora come emettere una fattura. Non dico sia la cosa più semplice del mondo, ma l’emissione di una fattura è la base del lavoro di uno studio da commercialista. Cosa c’è di più semplice? Ma, se si tratta di manutenzione di impianti in edifici, magari alla Pubblica Amministrazione, non sappiamo farlo, e c’è un limite a quello che possiamo raccontare ai clienti, i quali – giustamente – potrebbero domandarsi se siamo in grado di fare il nostro mestiere. E non andiamo neppure a toccare il tasto dei nuovi regimi contabili, apparentemente studiati per evitare il commercialista come la peste, talmente semplici che nemmeno si sa se resteranno in vigore. Non dovrebbero essere i giornalisti, la Fondazione Nazionale dei Commercialisti e i tecnici a interrogarsi su siti e giornali cercando di far quadrare un cerchio impossibile. Dovrebbe essere chi fa le leggi a far sì che le interpretazioni (che, a rigore, nemmeno dovrebbero essere necessarie!) giungano agli interessati in tempi umanamente accettabili. Continuiamo ad assistere alla nascita di sempre nuovi adempimenti che gravano indiscriminatamente su tutti con un peso sempre più insopportabile. Si inventano continuamente nuovi obblighi, comunicazioni, conservazioni sostitutive decennali ai limiti dell’assurdo, costringendo tutti a dotarsi di tecnologie modernissime per stare al passo con le pretese fiscali. Non si possono imporre al bar all’angolo o al piccolo elettricista gli stessi obblighi previsti per una multinazionale. E il peso dell’incertezza, che paralizza le attività per mesi in attesa di un chiarimento invocato da tutti, non aiuta. Peccato che, dall’altra parte della barricata, se tardi di un giorno ti mettono in croce. Siamo arrivati al punto che, leggendo la parola semplificazione, già cominciamo a tremare. E a ragione! Questo sistema deve cambiare. Non è più possibile pensare di andare in fretta, al passo coi tempi, limitandosi a fare una legge raffazzonata il 29 di dicembre per poi stravolgerla, forse, in primavera. Questo non porta avanti il Paese, lo fa arretrare. Siamo in crisi, ma tutto ciò non ci aiuta certo ad uscirne. Allora viene da chiedersi: cosa bisogna fare per cambiare questo andazzo? Lorena Montaldo Imperia Direttore Responsabile: Michela DAMASCO EUTEKNE.INFO È UNA TESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI TORINO REG. N. 2/2010 DELL'8 FEBBRAIO 2010 Copyright 2015 © EUTEKNE SpA - Via San Pio V 27 - 10125 TORINO
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