Il Censis accusa gli ultimi tre governi italiani: “Hanno deluso e sfiancato il Paese con inutili promesse”. Ora Renzi dirà che anche De Rita è un gufo Sabato 6 dicembre 2014 – Anno 6 – n° 336 e 1,40 – Arretrati: e 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 ECCO I SUDDITI DI CARMINATI “È UN FENOMENO, È TUTTO” Nelle migliaia di pagine di “Mafia Capitale” l’elenco di quelli che chiedevano aiuto all’ex Nar e ai suoi sodali: vip e calciatori. Nelle carte i nomi di Alemanno e Berlusconi Renzi: “Uno schifo”. Ma l’indignazione non basta più Fierro, Massari e Vecchi » pag. da 2 a 5 MANI IN PASTA RISSE E DOPING Il re delle coop Buzzi: una storia che comincia con 34 coltellate L’omicidio di un socio per un giro di assegni, la “redenzione” in carcere, la cooperativa e l’ascesa. Fino agli “scatti” con Poletti, Bonafè e il sindaco. E alla cena del premier Cannavò e Tecce » pag. 6 Da Mammucari a De Rossi: i favori chiesti alla banda Pacelli » pag. 4 ALLEANZE PROIBITE Quel “tentativo” su Marchini Lui: “Sono matti” Lillo » pag. 3 LE INTERCETTAZIONI “Il nostro mondo è Gasbarra, non Bettini” Di Blasi » pag. 2 » FORT APACHE » Il “marziano” ora diventa il baluardo del Pd Marino, M5S gli dice no ma Renzi l’ha blindato La protesta durante l’Assemblea capitolina Ansa ALEXANDER STILLE CUORE & AMORE Standard&Poor’s: per l’Italia di Renzi rischio spazzatura » RAGUSA Lo Bianco » pag. 13 Borromeo » pag. 16 TAGLIO DEL RATING Giornata rovente in Campidoglio. In mattinata la notizia di un furto sospetto negli uffici comunali della Protezione civile: rubato il pc di un arrestato. Poi la rissa durante il Consiglio, la dura contestazione dei Cinquestelle e gli appelli per lo scioglimento. Matteo però fa quadrato attorno alla giunta De Carolis » pag. 7 Loris, c’era l’auto della mamma sul luogo del delitto “Il paradosso del presidente nero nell’America tornata razzista” y(7HC0D7*KSTKKQ( +&!#!?!z!. Siamo tutti poeti e ci raccontiamo scrivendo in rima sui fogli di Twitter Ambrosi » pag. 18 LA CATTIVERIA Piero Grasso: “A Roma i presupposti per la mafia ci sono”. È che poi ci si mette sempre di mezzo la burocrazia » www.forum.spinoza.it Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi Ansa L’agenzia americana dice che le riforme non bastano e ci declassa a BBB-, a un solo gradino dall’insufficienza Conti » pag. 10 Derivati sul debito, il rosso è di 34 miliardi Il Tesoro si è assicurato contro l’aumento dei tassi di interesse che sono scesi, e ora ci rimette Feltri » pag. 11 Nonostante un corno di Marco Travaglio orse siamo troppo cinici. O forse Saviano F non lo è abbastanza. Ma domandarsi – come fa Roberto nel suo commento su Repubblica – co- me può la politica “fidarsi ciecamente” di Buzzi & Carminati, il Rosso e il Nero, e a dare loro “massima fiducia, senza chiedere in cambio nessuna trasparenza”, nonostante i loro trascorsi rispettivamente di “assassino e terrorista dei Nar”, è un eccesso di ingenuità. Bisogna rassegnarsi ad abrogare i “nonostante”, i “malgrado” e i “sebbene” dal vocabolario politico. I pregiudicati siedono a capotavola nei palazzi del potere non “nonostante” i loro precedenti penali, ma proprio per quelli. Così come non sono “deviati” quei settori della politica, dell’amministrazione, dell’imprenditoria, dei servizi segreti, delle forze dell’ordine che lavorano per (o trattano con) la criminalità. Ma quelli che lavorano per lo Stato e ne rispettano le leggi. Se una persona onesta chiede udienza a un potente, deve mettersi in fila, fare lunghissime anticamere, e anche nell’eventualità che venga ricevuta non ottiene quasi mai ciò che chiede: perché non ha nulla da offrire e nulla da tacere. Un delinquente invece viene subito accontentato, spesso prim’ancora di chiedere. Come disse Giuliano Ferrara: “Chi non è ricattabile non può fare politica”. Anche perché, di solito, chi è ricattabile è anche ricattatore. Io so tutto di te, tu sai tutto di me, e facciamo carriera sui nostri rispettivi silenzi. La nuova legge sul voto di scambio politico-mafioso, sbandierata da Renzi come il colpo di grazia ai collusi, è stata scritta in modo da impedire qualsiasi condanna per voto di scambio. Ma non per un errore: apposta. Così come la legge Severino: si chiama “anticorruzione” ed è stata scritta proprio per salvare B. e Penati dai loro processi per concussione. Ora si scoprirà che il reato di autoriciclaggio, votato l’altroieri dal Parlamento, renderà impossibile la galera per chi ripulisce il bottino dei propri delitti. Giovedì, mentre Renzi annunciava la linea dura contro i corrotti (“una specie di ergastolo, di Daspo”) e spediva il commissario Orfini a bonificare la federazione romana del Pd di cui fa parte da quando aveva i calzoni corti e il commissario Cantone ad annunciare l’ennesima “task force”, il suo partito al Senato votava con FI, Ncd e Lega per respingere la richiesta dei giudici di usare le intercettazioni contro gli inquisiti Azzollini (Ncd) e Papania (Pd). Una svista “nonostante” i sospetti pesanti come macigni che gravano sui due politici? No, una scelta fatta proprio per quei sospetti pesanti come macigni. Fa quasi tenerezza Luca Odevaine detto lo Sceriffo, che ad aprile vuole farsi un viaggetto negli Usa, ma si vede negare il visto: gli americani hanno scoperto che si chiama Odovaine con la “o” ed è pregiudicato per droga e assegni a vuoto. “Una roba da matti, una cosa assurda, in una democrazia come quella!”, si lamenta. La vocale se l’è fatta cambiare lui all’anagrafe per nascondere i suoi precedenti. Come se questi, in Italia, fossero mai stati un handicap e non facessero invece curriculum: ciò che negli Usa ti impedisce anche l’ingresso per turismo, in Italia basta e avanza per promuoverti vice capo di gabinetto della giunta Veltroni, capo della polizia provinciale della giunta Zingaretti e infine membro del Coordinamento nazionale richiedenti asilo del governo Renzi, naturalmente a libro paga di Mafia Capitale per 5 mila euro al mese. Nonostante i precedenti? No, grazie a quelli, che ti rendono affidabile. Ovviamente la Banda Carminati aveva scelto pure il presidente della Commissione di Controllo Garanzia e Trasparenza e il responsabile della Direzione Trasparenza del Comune di Roma (che, alla Trasparenza, ha non uno ma due addetti): due sceriffi di provata fede, ora indagati per mafia. Se Marino s’è salvato parzialmente dalla catastrofe non è tanto perché, personalmente, è un onest’uomo: ma soprattutto perché gli assessori se li è scelti quasi tutti da sé, rifiutando quelli che tentava di imporgli il Pd. Sennò Carminati e Buzzi se li ritrovava perlomeno vicesindaci. 2 ROMANZO CRIMINALE SABATO 6 DICEMBRE 2014 I“M5Stelle ai romani: andateci denunce anonime” COME GIULIANO Ferrara ai torinesi negli anni del terrorismo, Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera e membro del direttorio del Movimento 5 Stelle, invita i romani a denunciare la nuova mafia, anche anonimamente. “Noi siamo l’unica forza politica non coinvolta nello scandalo di Mafia Capitale. Siamo gli unici che hanno le mani pulite perciò fidatevi di noi: inviateci in buste chiuse tutto ciò che sapete su mafia capitale perché noi indagheremo per voi”, ha detto davanti ad attivisti e i cittadini arrivati ieri in Campidoglio per protestare dopo l’ultimo scandalo che ha visto AI PIEDI DI MAX IL FENOMENO “NON MI TOCCA MANCO CRISTO” C Fierro apitale corrotta = nazione infetta”. Volesse il cielo si potesse fare ancora un titolo così. Come quello che L’Espresso dedicò nel 1955 all’inchiesta di Manlio Cancogni sul “sacco di Roma.” Oggi, con “Mafia Capitale”, siamo molto oltre. Ogni livello di guardia è stato superato, abbiamo già attraversato il ciglio del burrone. L’impasto di fascismo, mafia e politica, senza distinzioni di steccati e bandiere, che da anni governa i destini di Roma, rischia di farci rimpiangere quel preistorico 1955 e i suoi voraci palazzinari. criminali, che avevano libero accesso nelle ovattate stanze del Campidoglio, sia ai tempi del fascista ripulito Gianni Alemanno, sia ai tempi di oggi del sindaco in bicicletta, anche gli anni di Evangelisti (“’a Fra che te serve”) e di Vittorio Sbardella, “Lo squalo”, risplendono come anni d’oro. Chi comanda nella Capitale d’Italia, ce lo dice un sodale del “sistema” in una intercettazione. Comanda Massimo Carminati, il Re, il fascista dei Nar che si fece affarista di altissimo livello, perché “lui è un fenomeno, è un boss, è tutto”. Lo stesso “Max il Fenomeno” è convinto di essere un gradino sopra dio: “Non mi tocca neppure Gesù Cristo”. L’inchiesta della Procura di Roma è solida e ampiamente documentata, ma quello che è certo è che siamo solo di fronte alla prima puntata di una storia che promette di aprire altri e ben più inquietanti capitoli. Ha voglia Matteo Renzi a dire che “quello che emerge è letteralmente uno schifo.” Il giovane premier si limita a fotografare una situazione che è sotto gli occhi di tutti, ma omette un passaggio che era lecito aspettarsi da chi predica la “rottamazione” del vecchio: quello schifo è roba sua, il cancro ha corroso le ossa del suo partito, la pratica del volemose bene e dell’accogliere tutto e tutti senza stare tanto a indagare sul passato e sul presente di chi ci siede accanto, ha spalancato le porte della politica e delle istituzioni a questa gentaglia. CERTO, i processi si faranno e presto, come auspica il premier, ma per fare piazza pulita nella parte del suo Pd corrotto non è necessario at- era uno dei picchiatori preferiti da Massimo Carminati, uno degli uomini usati per recuperare i crediti. “Da ieri sono diventato un membro dei 5 stelle. Stiamo aprendo presso le zone Infernetto, Acilia, Ostia uno studio dove daremo vita a questo movimento di Beppe Grillo. Chiunque fosse interessato ci contatti su Fb”. Lo scriveva il 9 giugno 2012 sulla sua pagina Facebook proprio Calvio, che era soprannominato “Matteo Bojo”. Roberto Grilli, lo skipper fermato al largo della Sardegna con 500 chili di cocaina nascosti nello scafo, lo descrive come “un discreto cretino, un elemento non di particolare rilevanza o affidabilità”, ma tuttavia un soggetto che “fa un po’ da usuraio per il Fleming” e “sicuramente in rapporti con Riccardo Brugia.” Per Carminati è uno che “chiacchiera troppo e ha sempre fatto il testa di minchia”. Secondo quanto detto dall’informativa dei Ros, Calvio veniva usato dall’organizzazione criminale quasi esclusivamente per operazioni di bassa manovalanza. In serata la nota del M5s: “Si sottolinea come, a differenza di quanto affermato dal sig.Calvio il M5s non hai mai avuto alcuna sede fisica e quindi le sue affermazioni sono destituite di fondamento. Il M5s è estraneo all’inchiesta su mafia capitale, si riserva pertanto di ricorrere alla magistratura nei confronti di chi intende accostare il M5s alle indagini in corso”. Nel riquadro, Massimo Carminati LaPresse AL CONFRONTO con questi KAPUTT MUNDI Un impasto fatto di politica, mafia, affari e fascisti buoni per tutte le stagioni, che ha soffoca Roma Paura per nuove retate tendere i lunghissimi tre gradi della giustizia. Chi è accusato di intascare mazzette va cacciato e subito, chi non ha vigilato anche, chi come il ministro Giuliano Poletti è stato quanto meno leggero nell’accostarsi a un personaggio come Salvatore Buzzi, dovrebbe fare decine di passi indietro e non limitarsi a denunciare la sua indignazione per le notizie pubblicate. La foto a colori della cena del ministro, allora capo della potente centrale delle coop rosse, con Alemanno, Buzzi, Panzironi, l’onorevole Marroni, e sullo sfondo un membro del potente clan dei Casamonica intento a mangiare a quattro ganasce, parla da sola. E ci racconta di quell’impasto fatto di politica, mafia, affari e fascisti buoni per tutte le stagioni, che ha soffocato la Capitale e sta ammazzando l’Italia intera. Ma chi ai tempi della famosa copertina de L’Espresso, avrebbe mai potuto immaginare che un giorno si sarebbe addirittura ipotizzata la possibilità di sciogliere per mafia il Comune di Roma? Non accadrà, certo, ma il solo fatto che se ne discuta dovrebbe far tremare le vene ai polsi a chi è al governo del Paese. Non è finita qui, lo sanno tutti, i rumors su sviluppi clamorosi e su possibili collegamenti del “sistema capitolino” con altre mafie, si fanno sempre più insistenti. C’è nel ventre molle del sistema di potere mafioso-affaristico chi si agita e sta già correndo ai ripari. Come leggere diversamente l’incursione nei locali degli uffici che ospitano il Servizio giardini e la Protezione civile del Comune di Roma? Hanno rubato un computer, cosa c’era in quei file? Cosa doveva sparire per sempre? Dietrologie? Se scattare le manette per 37 persone. “Chi ha rovinato Roma non può risolvere i problemi - sostiene Di Maio chi ha creato il cancro non lo può estirpare. Dobbiamo fare in modo che il comune venga sciolto per mafia. Il Pd che vuole risolvere i problemi è nient’altro che una buffonata”. PICCHIATORE Ora recluso disse: “Apro sede M5s” è anche un iscritto al Movimento 5 Stelle tra gli C’ arrestati nella maxi operazione Mafia Capitale. Si chiama Matteo Calvio e secondo gli investigatori IL “RE” CARMINATI SI CREDEVA UN DIO. RENZI: “È UNO SCHIFO, SUBITO IL PROCESSO” NELLA NOTTE IN CAMPIDOGLIO UNO STRANO FURTO NELL’UFFICIO DI UN ARRESTATO di Enrico il Fatto Quotidiano sì, sono ampiamente giustificate. PERCHÉ tra i protagonisti di questa storia italiana ci sono personaggi come Massimo Carminati che hanno avuto anni di frequentazione collaborativa con pezzi importanti dei servizi e delle isti- tuzioni. Il sindaco Ignazio Marino annuncia una giunta di salute pubblica, aperta alla società civile e ai grillini. Chissà se c’è ancora tempo per attestarsi su questa ultima spiaggia, prima che l’onda del malaffare travolga anche l’ultimo granello di sabbia. TREMA IL PD LAZIO “Il nostro mondo è Gasbarra” Affari e voti all’ombra della coop di Eduardo Di Blasi ffari, voti, scambi tra destra e sinistra. Quello che A succedeva nelle aule del consiglio comunale capitolino, nei cda delle municipalizzate, in Regione Lazio, ma anche ai vertici delle ex circoscrizioni. La politica romana degli ultimi anni, letta con gli occhi di Salvatore Buzzi, è una fotografia di appalti, soldi e voti. I politici sono roba sua: “Ho 11 consiglieri”, si vanta al telefono facendo i conti per vedere se riesce a far passare un suo progetto. Maggioranza e opposizione non contano. Buzzi ritiene suo anche il mini sindaco di Ostia Andrea Tassone, nel territorio del quale ha appena avuto diversi appalti: “Però Tassone è nostro eh.. è solo nostro.. non c’è maggioranza e opposizione è mio”. Gli orizzonti, all’alba delle elezioni europee a maggio passato, sono chiari: “Claudio... devi capì... noi il nostro mondo è Gasbarra non è Bettini”. Chiarisce esborsi e voti per la battaglia: “Noi nell’ambito de ste cose.. nell’ambito di questa monnezza, pe tenè (fonetico) i voti già semo arrivati a 43 mila euro, eh...Tassone 30...10 Alemanno… 40...”. Buzzi dichiara di aver pagato anche una cena elettorale organizzata ad un certo D’Ausilio (forse l’ex capogruppo Pd in Campidoglio Francesco D’Ausilio): “Questi i 3 e 5 (3500 euro, ndr)... questo se chiama D’Ausilio... perché noi pagamo tutti come vedi caro Carlo ...questi son 3 mila e 5 apertura dei pasti D’Ausilio...(inc) pasti Ostia...100 sono 100 pasti a 35 euro.. per cui (inc) già fai il bonifico poi io.. io te porto la fattura”. Il campo in cui giocare è quello della sinistra: Buzzi lo sa, e chiarisce all’altro: “Non ce serve la destra Cla”. E al ribattere di quello che qualcosa avevano promesso STRATEGIE Tangenti e cene pagate per le campagne elettorali. Alle Europee, Buzzi afferma di voler sostenere solo il centrosinistra: “A destra nun ce serve più niente” pure a loro, risponde brusco: “...cazzi tua a destra non ce serve più niente”. Gli appalti chiamano soldi. Buzzi lo sa. A un certo punto denuncia che il consigliere regionale del Pd Eugenio Patanè gli ha chiesto 120 mila euro per un appalto. “Patanè voleva 120 mila euro a lordo.. allora gli ho detto scusa... ‘noi a Panzironi (Franco Panzironi, ndr) che comandava gli avemo dato il due e me.. 2 virgola 5 per cento (2,5%, ndr)...dato 120 mila euro su 5 milioni...” mo damo tutti sti soldi a questo?”. Alla fine decidono di diminuire il compenso e rateizzare: “Io martedì incontro Patanè, una parte dei soldi io comunque gliela darei...gliela incomincerei a da’”. Tra scatole e scatolette c’è anche un gioco di specchi. È sempre Buzzi a raccontare: “So stato poi ieri dal capogruppo del PD gl’ho spiegato Formula Sociale è di destra anche se sono io.. è di destra c’è Caldarelli e Quarzo...”. Uno è consigliere Pdl. L’altro era assessore alle Politiche dei servizi Sociali del Municipio XIX. ROMANZO CRIMINALE il Fatto Quotidiano PIl Fatto er attaccare mostrava la foto della “cena” AL “CONFRONTO” del 2013 organizzato dall’emittente all news Sky Tg 24 per le elezioni comunali di Roma, il sindaco uscente Gianni Alemanno, per rispondere alle polemiche scatenate dalla pubblicazione del Fatto Quotidiano di una foto che lo ritraeva con un appartenente della famiglia Casamonica, mostrò lo scatto successivo con Salvatore Buzzi e l’allora presidente di Lega Coop Giuliano Poletti. Quella stessa fotografia che Alemanno usava per attaccare il Fatto è diventata un elemento dal quale oggi sia lo stesso Alemanno sia il ministro Poletti devono ancora spiega- L’APPUNTAMENTO SABATO 6 DICEMBRE 2014 3 re. Eppure Alemanno allora era molto deteminato nel raccontare che quella era una cena bipartisan e la foto col boss che il Fatto pubblicò era solo un pretesto per attaccarlo. Anche il conduttore fu costretto a riprendere l’ex sindaco e invitarlo alla calma. L’INCONTRO “Il Nero cercò l’intesa Buzzi: “Alemanno anche con Marchini” mi presentò Silvio” IL COSTRUTTORE GIÀ CANDIDATO SINDACO INCONTRÒ GRAMAZIO JR: ”NON SAPEVO CHI CI FOSSE DIETRO”. IL RUOLO DI ERASMO CINQUE IL RAS DELLE COOPERATIVE ROSSE RACCONTA ALL’EX NAR L’INCONTRO CON BERLUSCONI AVVENUTO DURANTE UNA CENA ELETTORALE M L a non ce se crede, questo è matto!”. È chini prende il telefono e chiede alla segretaria di da romano verace la prima reazione chiamare Cinque: “Erasmo ma che mi hai comdi Alfio Marchini quando il cronista binato? Io sono in grave imbarazzo. gli legge l’informativa dei carabinie- I giornalisti mi chiamano per chiedermi di Carri del Ros su “Mafia Capitale”. Il “matto” è Erasmo minati. Io ho accettato di incontrare su tua richieCinque che nel novembre 2013 ha organizzato un sta Gramazio perché mi hai detto che era un gioincontro tra Marchini e Luca Gramazio senza av- vane in gamba e ora escono queste cose sul fatto vertire il costruttore che li aveva spediti da lui – che l’incontro sarebbe stato organizzato da Carsecondo l’accusa del Ros – il boss Massimo Car- minati. Ti rendi conto? Ti prego di smentire con minati. A pagina 1364 dell’inuna nota all’Ansa”. L’Ansa non formativa (altro che Romanzo pubblica smentite di Cinque ficriminale) c’è il paragrafo intitono a sera quando appare una noL’INFORMATIVA lato “L’intermediazione di Carta di Marchini: “Gramazio mi minati per l’incontro con Marchiese che gli esponessi il progetIl Ros: il consigliere chini”. Nessuno è indagato per to politico al quale stavo lavoquesta vicenda, ma il Ros la rirando poi non se ne fece nulla regionale Pdl porta perché “l’incontro di Luca tanto che, alle successive elezioarrivò nell’ufficio Gramazio, Fabrizio Testa e Gioni per le aree metropolitane, rivanni Quarzio con Marchini, fiutai di votare i loro candidati dell’imprenditore solo malgrado ne avessero fatto già candidato alla carica di sindaco di Roma, organizzato da esplicita richiesta al nostro cagrazie all’intervento Carminati attraverso Erasmo pogruppo”. del presunto boss Cinque” (costruttore da sempre M. L. vicino al mondo ex An, indagato in una vicenda relativa al Mose con Altero Matteoli, ndr) è un esempio della “capacità di Carminati di intervenire positivamente nel mondo politico romano”. IL 24 NOVEMBRE 2013 Gramazio contatta Cin- que per chiedergli di incontrare “il suo amico” per “costruire qualcosa di importante davvero”. L’amico di Cinque è Marchini. Ma il costruttore non si muove nonostante Gramazio Jr gli ricordi di essere il figlio di Domenico, ex ras della destra romana. Le elezioni erano state vinte da Marino e si era alla vigilia dell’approvazione del bilancio comunale. Marchini in quei giorni presentò 100 mila emendamenti con tattica ostruzionistica. Gramazio chiede a Testa di mettere in pista Carminati. “Il mercoledì successivo, 27 novembre 2013 – scrive il Ros – Carminati dopo essersi trattenuto almeno dalle ore 13 sino alle successive ore 13.47 presso gli uffici di Cinque Erasmo, in questo viale delle Milizie, alle ore 14.40, utilizzando una cabina telefonica, chiamava Testa al quale confermava di aver inoltrato la richiesta di appuntamento, che si sarebbe dovuto svolgere il successivo venerdì 29 novembre 2013: ‘Senti ti ho inoltrato’. ‘Quindi penso che per quella cosa la facciamo venerdì’ (…) Il servizio di osservazione consentiva di riscontrare la presenza di Testa, Gramazio e Quarzo, successivamente raggiunti da Erasmo Cinque; i quattro entravano poi al portone di via S. Nicola de Cesarini”. La sede del gruppo Marchini. “Alle successive ore 9.41, Luca Gramazio chiamava suo padre Domenico, per informarlo di essere appena tornato da un incontro con Erasmo e Marchini”. PER IL ROS, “la vicenda evidenziava, ancora una volta, il ruolo di ‘ponte’ e ‘trait d’union’ del Carminati in questo caso tra ‘mondi politici opposti’ e come la sua fitta rete di relazioni a tutti i livelli, fosse sfruttata dai membri del sodalizio per facilitare incontri in altro modo non conseguibili”. Solo grazie alla filiera Carminati-Cinque, infatti Gramazio junior arriva al cospetto di Marchini che oggi è una furia: “Erasmo Cinque lo conosco da quando eravamo bambini. È molto amico dei miei zii che sono i Danesi, quelli del caffè, uno di loro è stato vittima anche di un sequestro, pensi lei, della Banda della Magliana. Cinque mi dice che voleva presentarmi Luca Gramazio che non conoscevo, perché diceva che era un valido giovane della destra. Io ho accettato l’incontro ma si immagini se pensavo che Cinque avesse contatti con Carminati. Questo me lo dice lei. Mi sembra una follia solo pensarlo. Ma guarda un po’. Questi sono matti. Ora lo chiamo subito davanti a lei. Guardi se io devo essere associato a questo schifio. Io Carminati non so chi sia se non dai giornali’”. Mar- o aveva anche presentato a Silvio cittadino in carica al leader del Pdl Silvio BerBerlusconi. Non si può dire che lusconi: “Allora Alemanno m’ha presentato a Gianni Alemanno non avesse fatto Silvio, dicendo: ‘Ti presento il capo della cootutto quanto era in suo potere per perative rosse di Roma’”. Accade anche queaiutare Salvatore Buzzi, arrestato come socio sto nel nuovo Romanzo criminale 2.0: la scena di di Massimo Carminati, e presidente della coo- un sindaco di destra che presenta a Silvio Berperativa rossa “29 giugno”. Lo si scopre ascol- lusconi un signore come Salvatore Buzzi, già tando un’intercettazione riportata nell’infor- condannato e recluso negli anni Ottanta per mativa del Ros dei carabinieri guidato dal ge- l’omicidio del suo socio di affari nelle truffe con gli assegni rubati, nonché nerale Mario Parente, in un fondatore di una cooperativa capitolo dedicato alla trasverrossa che vanta tra i suoi massalità dell’associazione maRISCHI LEGALI simi dirigenti Emanuela Bufiosa denominata “Mafia capitale”. Lo racconta Buzzi gitti, classe 1953, brigatista Il superboss dice rossa condannata a 16 anni stesso a Carminati: “A seguito della partecipazione di Buzzi mentre è intercettato: (scontati) per l’omicidio del capo della Digos di Venezia a una cena elettorale in favore “Solo uno può fottere Alfredo Albanese nel 1980. di Gianni Alemanno tenutasi Scorrendo l’informativa del la sera del 16 maggio 2013. In Gianni. Non è Ros si scopre anche un ricorquella occasione, infatti, il Buzzi – come raccontava al Mancini che fa i cazzi do di gioventù di Massimo Carminati su Ignazio La RusCarminati – era stato presensuoi. È Panzironi” tato direttamente dal primo sa: “Ignazio no, no, me lo ricordo da ragazzini era così, eh, io quando andavo a Milano la federazione del Msi erano solo loro, lui, Romano, er padre. Vanno ai congressi, gli rompono sempre il cazzo al padre gli dicono che era mafioso perché era amico di Ligresti (...) è Ligresti che viene da me, no io che vado da lui”. Poi Carminati, che parla con l’ex direttore commerciale di Finmeccanica Paolo Pozzessere, aggiunge un commento sulla passione per le donne di Larussa: “Deve sta attento alla sorca (...) è sempre stato così”. SU ALEMANNO, invece, Carminati in un’altra Alfio Marchini LaPresse Gianni Alemanno LaPresse Amici e parenti: tutti i “favori” e le prebende di Mafia Capitale i va dalle assunzioni di S amici e parenti agli appartamenti: l’elenco delle “dazio- ni illecite” che la mafia Capitale destinava a funzionari pubblici, annotate dai Carabinieri del Ros, è davvero variegato. Per il sindaco di Sant’Oreste, Sergio Menichelli, è prevista una paghetta di 30mila euro mentre, per l’impiegato del settore tecnico, Marco Placidi, la cifra scende a 20mila euro da versare in due tranche. Altri 10 mila euro erano destinati a Francesco Caputo, consulente comunale per le procedure a evidenza pubblica. Sempre secondo le accuse, erano previsti altri 70mila euro per Claudio Turella, responsabile del servizio Programmazione e Gestione verde pubblico del Comune di Roma. Per l’ad di Ama spa, Franco Panzironi, si viaggia intorno ai 200mila euro con annesso orologio di imprecisato valore. Per Carlo Pucci, direttore commerciale della società Eur, partecipata al 90 per cento dal ministero del Tesoro e al 10 per cento da Roma capitale, erano previsti 5 mila euro mensili. Il presidente dell’assemblea capitolina Mirko Coratti aveva l'elevata quotazione di 150mila euro. Per Angelo Scozzafava, ex direttore del Dipartimento Promozione dei Servizi Sociali e della Salute del Comune di Roma, era previsto un appartamento del valore di 130mila euro e un orologio. A Franco Figurelli, ex segretario dell’ex Sindaco Francesco Rutelli, consigliere comunale nella giunta Veltroni giungevano, secondo le accuse, mille euro mensili più un bonus di 10mila, per fissare un incontro con Mirko Curatti. E la lunga lista che i ros sintetizzano con “Specchio delle dazioni” non è ancora finita. Tommaso Liuzzi, già presidente e amministratore delegato dell’azienda pubblica Astral Spa, attuale sindaco del Comune di Sacrofano ottiene l’assunzione Coop. 29 Giugno di 4 persone di Sacrofano più una cena elettorale. Brigidina Paone, pensionata, già dipendente del Comune di Roma, attualmente assunta a tempo determinato per chiamata diretta dalla Giunta Marino, ottiene l’assunzione della figlia Francesca. a.mass. e val.pa. conversazione dice: “Solo uno lo può fottere ad Alemanno, è Panzironi, ... non è Mancini... Mancini è un malversatore (fonetico, ndr) per cazzi suoi mica per Alemanno, solo quello, uno che può fottere veramente Alemanno è Panzironi. Panzironi lo può fottere, altri non ce n’è, ‘sti du’ pazzi”. Poi c’è un’intercettazione di Ernesto Diotallevi (che altrove si autodefinisce come una sorta di superboss morale, ndr) con il suo avvocato Pierpaolo Dell’Anno, che secondo Diotallevi rischiava troppo incontrando Carminati: “Pierpà... se... Striscia la notizia, Report.. ce vè Striscia la notizia... qui sotto famo l’associazione ... siamo sempre li stessi... perché io evito da vede’?” E l’avvocato rispondeva: “Io non ho fatto niente... inc... c’è un processo Carminati non l’ho mai difeso”. Ma Diotallevi insisteva: “Qui sotto... l'ho visto io na settimana fa”. Una cosa è certa come sondaggista Carminati non ha un gran futuro. In un’altra intercettazione prima delle elezioni comunali diceva: “Questi qua.. stanno... tu senti a me..., con grande dispiacere fanno vince’ Alemanno, loro stanno... vince Alemanno, senti a Massimo, io sono convinto”. Mentre ricordava un pestaggio di Gennaro Mockbel ai danni di Alemanno che avrebbe cambiato la traettoria politica dell’ex sindaco: “Mokbel è un cazzone, però, sai che c’ha lui? Ha sempre fatto questo però, che lui non è che ha fatto questo perché aveva preso i soldi.. da tutti sempre è stato, cioè lui mi ricordo ai tempi di..., hanno fatto la lega meridionale, è sempre uno che ha fatto politica, per cui.. è sempre stato in qualche maniera.. appoggiava un gruppo politico, un altro, no? Ha creato un partito, aveva.. a Roma, aspetta, chi appoggiava, ma pure (fonetico) ha menato Alemanno mi ricordo, è stato un periodo, me ricordo sotto un comizio hanno picchiato Alemanno, per questo poi Alemanno si appoggiò al gruppo di terza posizione, no?”. 4 ROMANZO CRIMINALE SABATO 6 DICEMBRE 2014 M arroni: “Amarezza per le ombre sulle cooperative sociali” SONO RIMASTO profondamente colpito e addolorato dal quadro di degrado che stanno tratteggiando le indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Roma”. Lo dichiara, in una nota, il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni: “Fermo restando il rispetto per il lavoro dei magistrati – ha aggiunto il Garante – che auspico accertino celermente le responsabilità, mi addolora che, in que- ste ore, le ombre del sospetto si allunghino sull'opera di decine di cooperative sociali e di realtà del terzo settore che in silenzio, e lontano dalle luci della ribalta, svolgono un lavoro fondamentale di inclusione sociale e di lotta alla emarginazione contribuendo, con il coinvolgimento di detenuti ed ex detenuti nelle attività lavorative, a diffondere la cultura della legalità e riducendo i rischi di recidiva. Un il Fatto Quotidiano mondo che, credo sia determinato a far sentire prossimamente ed in modo determinato e forte la sua voce. Ovviamente sono amareggiato per le notizie che, in particolare riguardano una cooperativa che 30 anni fa contribuii a fondare e che oggi per responsabilità personali sta attraversando una grave crisi mettendo a rischio il lavoro di tanti detenuti ed ex detenuti". Mammucari, De Rossi starlette e ultras nazi: tutti con il “nuovo boss” I VIP In senso orario Gigi D’Alessio, Belen Rodriguez con Giovanni De Carlo e Daniele De Rossi Ansa IL CALCIATORE CHIAMÒ DE CARLO. E LUI: “HAI FATTO BENE DANIE’” IL CONDUTTORE CERCAVA FARMACI, GIGI D’ALESSIO IL SUO OROLOGIO di Valeria Pacelli A Roma lo conoscevano tutti Giovanni De Carlo, l’uomo che Ernesto Diotallevi, legato ai vecchi capi della Magliana, indicava in un’intercettazione come “il nuovo boss” della capitale. Almeno “materialmente”. De Carlo si è costituito due giorni fa dopo aver ricevuto l’ordine di arresto nell’ambito di “Mafia capitale”. Non è indagato per associazione mafiosa ma per trasferimento fraudolento di beni. Ma mentre “gravitava in ambienti delinquenziali”, come pure tra gli ultrà laziali e nei ristoranti della Roma bene, Giovannone si è costruito una rete di amicizie vip: da Belen Rodriguez a Teo Mammucari e a Daniele De Rossi. Intercettati con De Carlo ma tutti estranei all’inchiesta. Vale la pena di raccontare le conversazioni per capire come il personaggio fosse ben inserito, non solo in ambienti criminali. I carabinieri del Ros hanno annotato “numerosi contatti e frequentazioni con le showgirl Ludovica Caramis, compagna dell’attaccante della Roma Mattia Destro e Alessia Tedeschi”. Qualche vip l’avrebbe anche ospitato nel proprio appartamento di piazza Cavour, “come Veronica Sciacca e Belen Rodriguez con il marito Stefano De Martino, anch’essi ospiti presso la suddetta abitazione, e con i quali veniva anche fotografato dalla stampa di gossip durante la loro permanenza a Roma”. Ossia al ristorante Assunta Madre, nel centro di Roma, lo stesso dove una cimice ha captato il tentativo di fuga verso il Libano di Marcello Dell’Utri, ora in carcere a Parma. A De Carlo si è rivolto anche Daniele De Rossi, centrocampista della Roma e della nazionale, che lo ha chiamato alle 3 di notte del 30 settembre 2013 preoccupato per una rissa che stava in un locale. “Il calciatore – riporta l’informativa – gli riferiva di averlo contattato in quanto, insieme al compagno di squadra Mehdi Benatia, aveva avuto poco prima una discussione con un ragazzo all’interno di un locale notturno e temendo ulteriori conseguenze (“no avevo pensato che aveva chiamato qualche malandrino... qualche coattone... ho detto famme senti’ Giovanni”) aveva pensato al De Carlo affinché si potesse interessare della questione”. Quando Giovannone richiama De Rossi però è troppo tardi: era già intervenuta la polizia. Ma De Carlo rassicura comunque il calciatore per il futuro: “Chiamame sempre… Bravo! Hai fatto bene Danie’, amico mio”. “Mi auguro che non si strumentalizzi la vicenda”, ha commentato ieri Mauro Baldissoni, direttore generale della Roma, rimandando ad oggi un intervento del calciatore. Nel mondo del calcio Giovannone conosce anche Giuseppe Sculli, nipote del boss Giuseppe Morabito di ROMA NORD Il “regno” di Giovannone è a Ponte Milvio, nei ristoranti in cui si incontrano calciatori milionari, tifosi e showgirl Africo (Reggio Calabria), detto il Tiradritto, che avrebbe incontrato De Carlo presso il ristorante “Met-Villa Brasini” a Ponte Milvio. Quando i Ros fanno riferimento a Sculli, coinvolto nell’inchiesta sul “calcioscommesse” di Cremona, allegano anche un articolo di giornale che parla di un incontro tra lo stesso calciatore e Massimo Carminati, anche se è ingnoto il motivo dell’incontro. A De Carlo, si sarebbe rivolto a luglio 2013 anche Gigi D’Alessio dopo un furto subita nella propria casa nel Complesso residenziale dell’Olgiata a Largo dell’Olgiata, quando i ladri avevano portato via “molti orologi preziosi, tra cui una collezione di orologi marca Rolex per un valore per circa 4 milioni di euro”. Da Miami ieri Gigi D’Alessio ha fatto sapere che: “Non ho mai conosciuto questa persona, parlerò attraverso il mio avvocato”. Eppure l’ingresso di De Carlo è stato notato dai militari del Ros, che in quei giorni lo stavano pedinando. Gli agenti, è scritto nell’informativa, “potevano registrare come lo stesso alle ore 14,30 circa, venisse prelevato a bordo di un’autovettura Audi Q7 e si portasse presso l’abitazione del D’Alessio all’interno, dove si tratteneva per una mezz’ora”. E nella rete di amicizie di De Carlo non manca il mondo dello spettacolo. Anche Teo Mammuccari, presentatore delle Iene, è una sua conoscenza. Contattato dal Fatto Quotidiano spiega si conoscono da tempo e che si era rivolto a lui per avere alcuni prodotti per andare in palestra. Il presentatore “dimostrandosi consapevole della caratura criminale di questo, contattava più volte De Carlo al quale chiedeva di poter reperire sostanze dopanti”. La telefonata riportata nell’informativa è del 25 giugno 2013: Teo Mammucari: “Giovanno’ me dai una mano con quella cosa che t'ho chiesto? De Carlo: Mo’ ce vado a vede’ M: no perché... Nucciatelli (foneti- co) me dice ‘no Giovannone è un chiacchierone’ gli ho detto ‘no..non è vero’ DC: Sì lo so.. Sono un chiacchierone ma almeno non spiattello i cavoli tua in giro.. non dico che vuoi diventa’ Hulk capito? M: (ride) (...) dai allora se beccamo più tardi me fai sapè.. ciao Giò. La richiesta di Mammucari, continua l’informativa del Ros nella conversazione ritenuta “volutamente evasive nei toni e nei contenuti, era rivolta affinché De Carlo gli procurasse in maniera ‘riservata’ sostanze dopanti per lo sport come peraltro veniva esplicitato, un paio di giorni dopo”. Ossia il 27 giugno 2013 quando De Carlo chiamava Mammucari: “Quest’ultimo, diceva di essere appena tornato molto stanco dalla palestra e si lamentava con De Carlo Giovanni che non era riuscito a procurargli il ‘GH’, nonostante le assicurazioni. De Carlo Giovanni replicava che lui era “passato dall’amico mio” ma che questi era partito. Mammucari spiega: “Mi sono rivolto a lui perché era un ex pugile. Cercavo semplicemente dei prodotti per la palestra.” Notizie utili agli affari e articoli su commissione Così la banda cercava di usare i giornali romani A nche la stampa. La banda di mezzo è riuscita a far pubblicare alcuni articoli per diffondere notizie utili ai loro affari. Uno su tutti, secondo gli inquirenti, quello pubblicato dal Tempo il 12 marzo 2014 con il titolo “Centro rifugiati bloccato dai francesi. Palla al Tar”. A quanto ricostruito dai magistrati l'intento era quello di promuovere una campagna mediatica favorevole al Consorzio Eriches 29, quindi Buzzi e Carminati, che si era aggiudicata l'appalto della prefettura di Roma nonostante “l’esiguità del prezzo” e infatti la concorrente Gepsa aveva fatto ricorso e il Tar aveva sospeso l'assegnazione. Massimo Carminati ha incontrato, attraverso l’avvocato Ippolita Naso, il direttore del Tempo, Gianmarco Chiocci “adottando accurati accorgimenti al fine di dissimulare l’evento alle eventuali attenzioni investigative”. Chiocci, contattato dal Fatto, ha spiegato di essere rimasto “persino stupito: me l’ha presentato Alemanno e lui si è presentato con i documenti e una notizia, quindi ci abbiamo lavorato; ho girato le informazioni a una mia collega che ha iniziato a seguire la vicenda, niente di più e niente di meno”. E così la mattina della pubblicazione dell’articolo, Valeria Di Corrado contatta Buzzi: “Ma andava bene l’articolo, vero?”, chiede. “Sì, perfetto, sei bravissima”. Buzzi poi via Sms segnalava a diverse persone che sul Tempo era stato l'articolo, fra cui a Micaela Campana, deputato del Partito Democratico, attuale responsabile welfare della segreteria del Pd. Buzzi confidava nella disponibilità di Campana per presentare sul caso un'interrogazione parlamentare nel caso la gara non venisse NELLE CARTE Il caso di un pezzo pubblicato sul “Tempo” il 12 marzo 2014 per “aiutare” il Consorzio Eriches 29. I contatti con la pd Campana “Volevo solo prodotti per la palestra” IL PRESENTATORE AL TELEFONO CON “GIOVANNONE”: “NIENTE DI MALE” olo prodotti per andare in palestra, non S dopanti. Così Teo Mammucari spiega al Fatto quella telefonata – anticipata ieri pome- riggio da alcuni siti – tra lui e Giovanni De Carlo, il romano coinvolto nell’inchiesta Mafia Capitale, anche se non è accusato di associazione a delinquere a stampo mafioso, ma di intestazione fittizia di beni. La conversazione imbarazzante per Mammucari risale al al 25 giugno 2013. “Sono abituato ormai, prima mi hanno accusato per la cocaina, poi per Mussolini. È un mese che mi succedono queste cose. Questa è la quarta.” Cosa chiede a De Carlo, ce lo spieghi Chiedo semplicemente, è non voglio rinnegare nulla, un’informazione, una telefonata alla persona della quale io non ho niente da dire. Ogni volta che mi incontrava mi abbracciava, era simpaticissimo, una persona normalissima. Pensa oggi mio fratello mi ha scritto un messaggio: “finalmente sai il suo cognome”. Cioè mi sta dicendo che non sapeva che Giovannone fosse Giovanni De Carlo? sbloccata. “Ho già concordato con Micaela che mi faceva un'interrogazione sul casino che è successo (...) se vai a pagina 11 del Tempo”, spiegava a Simone Barbieri, assistente di Campana. Nel pomeriggio del 19 marzo Campana riferisce di aver parlato direttamente con il “sottosegretario” e di aver ricevuto indicazioni affinché, dato che “al momento c’è solo un articolo”, si attendesse che fossero ultimati gli “accertamenti del caso” già avviati da parte del Ministero”. Allora Barbieri si preoccupa di “bloccare quella del Tempo”, perché era previsto un secondo articolo. Vicenda simile coinvolge anche il Messaggero. Inoltre Campana appare in altri passaggi dell’inchiesta. Il 5 maggio 2013 veniva intercettato un lungo dialogo all’interno dell’ufficio di Salvatore Buzzi, tra quest’ultimo, Carminati, Caldarelli e altri. Buzzi dice: “ “…mo se me compro la Campana..”. Micaela Campana Ansa INTERCETTATO dav. ve. No, non lo sapevo. Per me è Giovannone. È una persona simpatica, non aggressiva. Dove vi siete conosciuti? Vabbè, ma io vivo a Roma da 50 anni. Me fai na’ domanda... Torniano ai rapporti con De Carlo? Te la spiego, io volevo andare in palestra e a Miami mi avevano consigliato di prendere dei prodotti perchè mi dicevano sei troppo magro. Io faccio il presentatore televisivo non è che mi posso prendere questa roba. Per loro mi dicevano che anche la melatonina è un ormone, non ti fa niente, ti aiuta un po’ con la palestra. Poi mi sono documentato. Ma pensa che io sono vegetariano, faccio meditazione, vi sembro un culturista? Perché chiedere proprio a De Carlo i prodotti per la palestra e non andare in farmacia? E tu perchè chiedi questo a me? Perché è il mio lavoro e per capire bene. Lo chiedo a lui perchè è un ex pugile. Se lo vedi ora è cicciottello, ma faceva sport. Gli ho chiesto un consiglio, non capisco perchè uno deve sparare sul giornale il mio nome. Val.pa. ROMANZO CRIMINALE il Fatto Quotidiano P“Aarola di Spatuzza: Roma non si sporcano le mani” LA COSA che ho notato è che rispetto alla mafia, la mafia palermitana o siciliana che sia, a Roma hanno tutta un’altra mentalità, nel senso che non si vogliono sporcare le mani direttamente”. Parole di Gaspare Spatuzza interrogato dai pm di Roma e contenute nell’informativa del Ros: “Il romano – prosegue il boss di Cosa Nostra – cerca di farsi proteggere le spalle, agire in seconda fila e però investire più per avere più proventi possibili; quindi cerca di non apparire ed esporsi. Io sto parlando degli anni fino al ‘95, ora non so se un po’ la cosa si è capovolta, però c’è... questa componente che c’è alle spalle degli sconosciuti, nell’ottica criminale, SABATO 6 DICEMBRE 2014 5 però hanno bisogno di questa manovalanza criminale per portare avanti i propri interessi, gli investimenti. Quindi l’anomalia rispetto alle questioni dirette che gestisce direttamente Cosa Nostra questi invece cercano un po’ il criminale per investire ma nello stesso tempo rimanere dietro le quinte”. STORIE DI CARMINATI: “LA MAGLIANA? BANDA DI STRACCIONI” IL “CECATO”, QUAND’È IN VENA, PARLA PER ORE CON GLI AMICI: ”L’UNICO CAPO ERA ER NEGRO GIUSEPPUCCI”. I SOLDI, I RICORDI DI GUERRA E LE RIVELAZIONI SULLA MORTE DI ALIBRANDI di Antonio Massari P arla per ore, Massimo Carminati, quando è in vena di raccontare agli amici la sua storia, a cominciare dalla Banda della Magliana. E così, parlando di Franco Giuseppucci, detto il “negro”, dice che lui, sì, “era uno degli uomini più liquidi di Roma” ma in fondo, quella della Magliana, era una “banda di accattoni, straccioni, per carità sanguinari, perché s’ammazzava la gente così, senza manco discutere, la mattina si decideva se uno doveva ammazzare qualcuno la sera...”. “Io ero politico, schioppavo dieci banche al mese” “Sono diventato, secondo loro, uno della Banda della Magliana”, continua Carminati, “mentre io ero soltanto amico... io ero politico … facevo politica a quei tempi … poi … la politica ha smesso di essere politica... è diventata criminalità politica, perché c’era una guerra a bassa intensità, prima con la sinistra e poi con lo Stato. C’avevo contatti con la Banda della Magliana perché... l’unico vero capo che c’è mai stato... Giuseppucci... era un mio caro amico, abitava di fronte a casa mia ... poi quando l’hanno ammazzato … c’ho avuto una sorta di rapporti, con tutti ’sti cialtroni, ma loro vendono la droga, io la droga non l’ho mai venduta, non mi ha mai interessato... Io schioppavo dieci banche al mese...”. “Con una stecca sola mi sono comprato la prima casa” Carminati ricorda una famosa rapina, quella del 27 novembre 1979 alla filiale romana della Chase Manhattan Bank, e come spese il bottino con i suoi amici: “Il giorno dopo la … Chase Manhattan Bank siamo andati lì... gli ho fatto compra’ il 323 (una Bmw, ndr) pure a lui... c’aveva una baracca gli ho detto... ’annamose a compra’ il 323’ ... ancora me lo ricordo.... 11 milioni... calcola pigliavamo stecche da 50-60 milioni... ti facevi una macchina che adesso varrà 40-50.000 euro … con 50 milioni m’ero comprato casa... la prima casa che mi sono comprato... con una stecca...”. Tra Moro e Almirante, che era nemico dei fascisti Il boss racconta di quando “Almirante ha detto che, per i terroristi di destra, doppia pena di morte...”. E la riflessione inevitabile fu: “Per noi non c’è spazio qui”. Ricorda anche che, tra i suoi amici fascisti qualcuno pensava di colpire Moro: “È andato in Libano … stavano per … (parola incomprensibile, ndr) … qualcosa ad Aldo Moro, infatti l’hanno bevuto...”. Quei mesi in Libano a fare la guerra “senza mandato” C’è poi la fase libanese, “tra il 1980 e il 1981” annota il Ros, “al fianco di altri appartenenti ai Nar, unitisi alle forze falangiste cristiano-maronite che pren- devano parte al conflitto tra le forze filo-israeliane (alle quali esse appartenevano) e lo schieramento filo-palestinese”. “Ti compravi un M16 con 150 dollari...”, dice Carminati, e - a giudicare dalle sue parole, annota il Ros -, non era in Libano per sfuggire a provvedimenti giudiziari in Italia. Si trattava di “una missione vera e propria” con “compiti di carattere operativo” della quale “l’indagato evidenzia l’assenza di un ‘mandato ufficiale’, come a sottin- fatto a mano tendere la presenza di un mandante virtualmente titolato a formularne”. In altre parole, una missione che pare organizzata da servizi segreti deviati. “Sabra e Shatila avete fatto…”, dice il suo amico Matteo. “No, ’82! ...non me la potete dare ...non me la ponno accolla’...”, risponde ridendo. “Poi siamo andati al sud...”, continua, “quando siamo dovuti scappare da Beirut... gli israeliani ci hanno fatto passare... sapevano che avevamo i passaporti falsi …”. E ancora, ricordando all’amico il clima, aggiunge: “... tu salivi sui palazzi e lì cecchinavi dall’altra parte eh... sì...”. “La Magliana ha arricchito tutti, tranne la Banda” “Tutto quello che scrivevano su di me...”, dice Carminati, “io sono stato killer della P2, killer dei servizi segreti... la strage di Bologna... ero l’anello mancante fra una realtà politica e una realtà di criminalità organizzata, la Banda della Magliana era diventata... l’anello mancante... e allora tutto quello che si poteva affibbiare a quella che era diventata la cosiddetta Agenzia del Crimine... un’agenzia secondo loro disposta a tutto per soldi, per potere per prebende... che gli è servita per far poi carriere politiche, film libri e quant’altro …. perché gli unici che non si sono arricchiti con la Banda della Magliana sono stati pro- prio quelli della Banda della Magliana, gli altri si sono arricchiti tutti, chi per questioni di potere, chi in maniera economica hanno avuto tutto il loro tornaconto...”. L’invito negli Stati Uniti del console americano Carminati: “Io combattevo il comunismo, console, quando lei ancora non era nato”, gli ho detto ridendo, quello mi ha detto ‘a Carminati, non solo quello... non solo quello’, è sta- GLI ANNI D’ORO “Dopo la rapina alla Chase Manatthan ho comprato il Bmw. Prendevamo stecche da 50 milioni: con una mi sono comprato casa” to fichissimo... mi ha detto, ‘stiamo a marzo … l’ambasciata c’ha una lista di attesa lunghissima per queste cose ... se vuole prima vada a Napoli... però io le do un permesso per tre mesi, viene, visita gli Usa e poi si leva dai coglioni...” La prima pistola a 14 anni: “Ora te carcerano subito” “A quattordici anni avevo la L’ARRESTO I carabinieri hanno arrestato Massimo Carminati nella giornata di domenica. Con lui a rischio un “mondo di mezzo” tra politica, mafia e affari Ansa pistola... una 7,65... ventimila lire la pagai ... mia mamma non mi diceva un cazzo...”. L’amico gli chiede: “Ci andavi a sparà?”. “Ci andavo a scuola...”, risponde Carminati, “ con la pistola... col vespone... erano altri tempi... adesso te carcerano subito ...” La rivelazione sull'omicidio Alibrandi “Carminati – annota il Ros - rivela particolari inediti sulla dinamica della morte di Alessandro Alibrandi, avvenuta il 5 dicembre 1981 al Labaro: asseriva che, contrariamente a quanto noto, il suo compagno di militanza fu erroneamente ucciso da “fuoco amico” e non dai colpi dei poliziotti con cui aveva ingaggiato il conflitto a fuoco”. “Alibrandi - chiede l’amico Matteo - è morto il 5 novembre?”. “Il 5 dicembre risponde Carminati - con il fuoco amico... lo hanno ammazzato i compagni stessi suoi ...è successo al ristorante.. al ristorante gli hanno sparato … per sbaglio... a me me l’ha detto Lorenzo Lai.. che stava là…”. “Panetta di Bankitalia è amico mio” IL CAPO DI MAFIA CAPITALE DISSE: “CON LUI FACCIAMO VACANZE INSIEME”. DA RAGAZZI HANNO VISSUTO ALL’EUR l vicedirettore generale della Banca I d’Italia Fabio Panetta è cresciuto all’Eur e là ha incrociato, in gioventù, ta una filiera no... allora loro per discreditare qualcuno sotto campagna elettorale possono sfruttare meglio... il discorso è quello se io sono io... che io conosco questi... io c'ho fatto politica... ma poi ognuno ha preso la strada aho, chi ha fatto politica ...capito? Chi è diventato un bandito da strada... chi è che si è laureato... a quei tempi ci stava gente che adesso sta Massimo Carminati, di cui è quasi coetaneo. Da via Nazionale spiegano che Panetta non parla con Carminati da oltre trent’anni e che il banchiere centrale è disposto a mettere a disposizione i tabulati telefonici a chi non si fida e vuole verificare, che le parole di Carminati riportate nell’informativa dei carabinieri sono soltanto “milLA REPLICA lantato credito”. Ecco cosa dice quello che i Il vice dg di via pm considerano il capo di “Mafia Capitale” il 25 genNazionale smentisce naio del 2013, parlando tutto: “Nessun contatto con l’amico Cristiano Guarnera: “Perché lì... in negli ultimi 30 anni, Procura, hai visto ieri si è dimesso Mancini... (Ricse volete controllate cardo Mancini, ex ad di pure i tabulati” Eur spa) ce sta tutto... è tut- nell'ufficio studi della Banca di Italia, che stavamo insieme a fare politica quando eravamo ragazzini, ci sta Fabio Panetta che è il numero 3 della Bce, quello, l'unico della Banca di Italia che si è portato Draghi io ci ho fatto le vacanze insieme per tutta la vita è uno dei miei migliori amici, ogni tanto mi chiama... mi ha chiamato proprio dopo l'articolo, mi ha detto ‘a Ma Fabio Panetta, vicedirettore generale Bankitalia Ansa sei sempre rimasto il solito bandito da strada’, mi ha detto. Gli ho detto ‘sì, tu sei sempre rimasto il solito stronzo che stai lì a leccare il culo alla Bce’ e a Francoforte tu pensa te come stai come non sta”. Il riferimento è all’articolo dell’Espresso di Lirio Abbate sui poteri occulti romani (“I quattro re di Roma”, del 12 dicembre 2012)per il quale Carminati ha querelato. Da Bankitalia dicono che Panetta smentisce tutto: i contatti telefonici con Carminati, gli apprezzamenti e le vacanze insieme. Agli atti dell’inchiesta non risulta alcun contatto con Panetta, che in questi mesi è stato spesso citato dai giornali perché si è occupato del progetto di Unione bancaria e degli stress test sulle banche italiane. È stato lui a spiegare i risultati dell’esame sui bilanci e la bocciatura di Monte Paschi e Carige, lo scorso 26 ottobre. Ste. Fel. 6 ROMANZO CRIMINALE SABATO 6 DICEMBRE 2014 G li scandali non fermano le Olimpiadi: “Roma si candida” IL GOVERNO non ha intenzione di rinunciare alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2014 nonostante gli scandali e la corruzione. “Non ci facciamo fermare da chi ruba”, è la posizione di Palazzo Chigi. Infatti dopo la rinuncia di Mario Monti, il presidente del Consiglio Renzi aveva ripreso in mano il progetto delle Olimpiadi nella Capitale e si dice determinato ad andare avanti nel progetto. Iniziativa che sembrava a rischio dopo la decisione di governo e Campidoglio di coinvolgere Raffaele Cantone per passare al vaglio tutti gli appalti compresa la candidatura alle Olimpiadi. Ma il Premier non rinuncia, anzi, esalta le Olimpiadi come occasione per dimostrare che la Capitale può rial- il Fatto Quotidiano zarsi in modo pulito dalla corruzione e dal malaffare: “Chi ruba – sostiene il presidente del Consiglio – deve essere giudicato e messo dentro, poche ciance. Nessuna scorciatoia, nessun buonismo, nessun compromesso”. Niente sconti per la politica, a prescindere dal partito, è la linea dura del premier. LA MUTAZIONE DI BUZZI Le pagine de Il Messaggero e La Stampa che il 27 giugno del 1980 danno la notizia dell’arresto di Salvatore Buzzi per l’omicidio Gargano. A destra, la pagina de l’Unità del 1986 in cui si racconta la novità, positiva, della cooperativa di detenuti 29 giugno che permette ai reclusi di Rebibbia di uscire dal carcere per lavorare. IL RAS DELLE COOP di Salvatore Cannavò e Carlo Tecce I capelli erano più ricci, molto folti. Il volto dietro le braccia con le manette strette ai polsi. Il bancario truffatore, ch’era impiegato nel centro di Roma, aveva appena confessato: il complice Giovanni Gargano, un pregiudicato ventenne, lo ricattava. E così l’aveva ammazzato con 34 coltellate. Era il 26 giugno 1980. L’assassino si chiamava Salvatore Buzzi, 25 anni, fidanzato con una brasiliana, sfruttata per un alibi caduto presto. È lo stesso Salvatore Buzzi che oggi è agli arresti, di nuovo, per l’inchiesta “Mafia Capitale”. Era “un figlio di papà” sostiene il Messaggero dell’epoca, che viveva con i genitori e la sorella minore in via Prospero Colonna, non lontano dalla Magliana, la periferia in mano a una banda. Il posto da impiegato, forse, non gli permetteva di comprarsi un’automobile da 12 milioni di lire e di prendersi un appartamento con la fidanzata. Arrotondava con assegni che rubava in banca e incassava tramite il socio. Salta il trucchetto degli assegni a vuoto Il giochetto, però, s’inceppò, i due litigarono e una sera, in zona Aurelia, il chiarimento finì male: “Gargano minacciava di rivelare tutto ai miei superiori. E dopo una discussione, ha cercato di accoltellarmi. Io l’ho disarmato per difendermi e poi ho perso la testa”. Condannato per omicidio doloso a un quarto di secolo, Buzzi va in galera, ci resta senza uscire mai per quasi 11 anni, libertà vigilata sino al ‘92, quando riceve la grazia da Oscar Luigi Scalfaro, nel 1994. Questa è la sua storia criminale, ma in prigione, tra Rebibbia e Regina Coeli, sembra cambiare vita. Si fa notare nel 1983 quando si laurea in Lettere e per la prima volta una commissione universitaria oltrepassa i cancelli di Rebibbia per proclamare un dottore. Il 29 giugno dell’84, la svolta. A quattro anni esatti dall’omicidio, Buzzi organizza un convegno nel penitenziario di Roma dedicato al reinserimento dei detenuti. Qualche giorno prima, il 25 giugno, avevano messo in scena l’Antigone di Sofocle dove presenziano il capo dello Stato di allora, Francesco Cossiga e personalità come Pietro Ingrao. Antigone ispirerà un’associazione che si occupa di giustizia e Buzzi, l’omicida passato dalla Grazia alla Mafia Capitale NEL 1980 AMMAZZÒ UN COMPLICE CON 34 COLTELLATE FU IL PRIMO A LAUREARSI IN CELLA. SCALFARO LO LIBERÒ carcere e la vicenda di Buzzi diventa esemplare a sinistra (Il manifesto ne scriverà più di tutti). Al convegno si ritrovano socialisti come Giuliano Vassalli, liberali come Aldo Bozzi, democristiani come Giovanni Galloni, comunisti come Luciano Violante. C’è l’allora sindaco di Roma, Ugo Vetere, il vicepresidente della Provincia, Angiolo Marroni, padre di Umberto, il dem che Buzzi, leggendo le intercettazioni dell’inchiesta “mafia capitale”, voleva primo cittadino al Campidoglio. Miriam Mafai gli dedica un pezzo su Repubblica. Il 29 giugno diventa il nome di una delle cooperative di Buz- zi, il suo progetto diviene realtà con la legge del 1991 sulle cooperative sociali che permette di assegnare gli appalti senza bandi pubblici. I rapporti costruiti con la sinistra romana si traducono in lavoro vero: dapprima nella cura dei giardini, della raccolta rifiuti per poi crescere a dismisura. Con l’avvento della giunta Rutelli avviene il primo salto. Gli amici e i compagni di sempre salgono alla guida di Roma e la amica cooperativa di detenuti va aiutata. La nascita della cooperativa sull’onda di Antigone Buzzi e i suoi si ingrandiscono e forse, un po’ alla volta, iniziano a toccare interessi e questioni sempre più scabrose. È ancora estate, stavolta il 22 luglio 2002. Al cimitero monumentale del Verano si segnalano devastazioni di cinque giardinieri contro le tombe ebraiche. Al Campidoglio siede Walter Veltroni, il capo di gabinetto è Luca Odevaine, arrestato martedì scorso. Gli investigatori ascoltano i soci di “29 giugno”, la cooperativa a cui l’Ama aveva affidato la gestione del Verano. Buzzi dice di aver subito minacce e di aver denunciato l’accaduto al direttore del camposanto, perché voleva sconfiggere “la ma- fia del cimitero”. Un legame che allora non dice, ma che oggi, scoperchiato il sistema Buzzi-Carminati, può destare dei sospetti. Nel corso del tempo, il potere di Buzzi è germinato a sinistra, gli appalti si sono moltiplicati con le giunte di quell’indirizzo politico. Quando in Campidoglio arriva Gianni Alemanno, nel 2008, l’ipotesi che si fa strada è di azzerare i rapporti tra il Comune e le cooperative legate alla sinistra. L’ex sindaco, oggi indagato, pensa di aprire spazi per i “suoi”. Ecco, allora, che Buzzi si rivolge a Massimo Carminati. Ma per Renzi stanno tutti bene IL PREMIER: “NON ACCOSTARE LA CITTÀ ALLA CORRUZIONE”. E IL PD VA IN TILT SULLE CENE hi è andato a cena con Matteo Renzi, C un mese fa in zona Eur a Roma per finanziare il Partito democratico, non lo sanno di preciso neanche al Nazareno. Soltanto le rassicurazioni sono puntuali: gli elenchi saranno pubblicati. Intorno a quei tavoli, anzi per l’esattezza a un tavolo prenotati dai dem romani, c’era pure Salvatore Buzzi, il signor cooperative, “braccio di sinistra” dell’ex Nar Massimo Carminati. SU QUEST’INGRESSO che adesso imba- cietà che hanno materialmente pagato il contributo minimo di 1.000 euro per partecipare. Dopo aver commissariato il partito a Roma, Renzi fa capire che non ha tanta voglia e, soprattutto, tanta convenienza a battere sul tema di questi giorni: “La città di Roma è la capitale di questo Paese. Non consentiremo - insieme al sindaco e a tutti i cittadini onesti - che sia accostata a fenomeni squallidi come corruzione e disonestà”, non s’è sprecato in dichiarazioni, il premier. Unica annotazione, a parte l’evocazione di un processo rapido per lo “schifo”: Ignazio Marino deve resistere, sciogliere il Comune non è in agenda, sebbene l’istituzione sia coin- razza, il deputato Francesco Boccia (via Twitter) ha chiesto la trasparenza sui commensali al tesoriere Francesco Bonifazi, che ha replicato piccato: “Tranquillo Boccia, Buzzi non ha dato un euro al Pd ALTA TENSIONE nazionale. Nemmeno tu però nonostante le nostre reLitigio su Twitter gole. Ti invio l’Iban via sms”. Poi silenzio. Ma Boctra Boccia (che chiede cia ha proseguito: ho versatrasparenza sulla raccolta to 30.000 euro e questa è delazione in mancanza di rifondi) e il tesoriere sposte. Al Nazareno stanno ricostruendo la mappa dei Bonifazi. Bindi: “Poletti presenti, in maggioranza e Ignazio chiariscano” celati dietro il nome di so- volto direttamente nell’inchiesta. Non la pensa così Rosy Bindi, che non esclude la necessità di un intervento del ministero degli Interni e di palazzo Chigi sul Campidoglio infestato dal malaffare. BINDI PRETENDE spiegazioni dal sinda- co Ignazio Marino e dal ministro Giuliano Poletti che, per motivi diversi, avevano rapporti con Buzzi: “Tutti devono chiarire. Le foto non sono una prova di reato, a volte non sappiamo neanche con chi ci stanno fotografando, ma è evidente che occorre chiarezza”. Il presidente dell’Antimafia ha poi enunciato il suo epitaffio su questa vicenda: “La mafia cresce perché la politica collabora”. Ieri i movimenti per la casa hanno occupato la sede del partito democratico laziale. Il commissario Matteo Orfini li ha incontrati. Il governatore Nicola Zingaretti dice che il Pd è sano. Si reagisce come quando sta passando la piena del Tevere. Incrociando le dita. C. T. Vince Gianni Alemanno, è tempo di migrare Il “triangolo”, il legame a tre, emerge dalle intercettazioni. Il presidente della “29 giugno” rimane stupito quando l’ex Nar gli dice di andare al Campidoglio e di aspettare Antonio Lucarelli, il responsabile della segreteria di Alemanno. Buzzi ne parla con un amico: “Allora pra- ticamente bisognava parlà col suo capo segreteria, quello che ha ammazzato dall’inizio, un Padre Eterno… allora chiamiamo Massimo e faccio ‘guarda che qui c’ho difficoltà a farmi fa i trecentomila euro’me fa ‘me richiami’ visto c'ha il telefono… su quel telefono parla solo lui, me fa dice ‘va in Campidoglio, alle tre, che scende Lucarelli e viene a parlare con te’ ho fatto ‘a Massimo ma io nemmeno salgo su, no.. quello scende giù!?’ ‘vai alle tre lì tranquillo’, aò alle tre meno cinque scende, dice ‘ho parlato con Massimo, tutto a posto domani vai..’ aò tutto a posto veramente! C’hanno paura de lui, c’hanno paura che cazzo devono fare qua”. Carmi- nati si dimostra una potenza di fuoco e Buzzi conserva, anzi aumenta i suoi affari. E così, da lì in poi, si possono ascoltare, sempre intercettati, dialoghi come quello con Alessandro Montani rappresentante legale de “Il Granellino di senapa”, nonché delegato di Confcooperative, l’organizzazione “bianca” già rutelliana e poi pronta a legarsi ad Alemanno. Sarà Montani (che non è indagato) a chiedere, confidenzialmente, a Buzzi notizie sulla possibilità di recuperare un “milione e mezzo” dalle piste ciclabili. La vita di Buzzi è un’altra, le fotografie con futuri ministri (Poletti), la sedia al gran gala di finanziamento democratico, il mese scorso all’Eur con Matteo Renzi, ospite del partito romano. Non sferra coltellate, ma s’inabissa nel cancro di Roma capitale. ROMANZO CRIMINALE il Fatto Quotidiano Bnelerlusconi si infila caos: “Meglio sciogliere il comune” CONSIGLI INTERESSATI “Ritengo che di fronte alla situazione che sta emergendo nell’inchiesta le forze politiche debbano reagire con determinazione ed urgenza”. È un Berlusconi impostato quello che decide di intervenire sul caso Roma: “Sono convinto che l’unica soluzione accettabile sia quella di uno scioglimento immediato del Consiglio comunale – dice – procedendo conseguentemente all’immediata convocazione di nuove elezioni". Berlusconi capisce lo stato di difficoltà del Pd e di Matteo Renzi e prova ad approfittarne. "Tutte le altre soluzioni prospettate in queste ore, compresa quella della no- SABATO 6 DICEMBRE 2014 7 mina di un commissario - prosegue l’x Cavaliere – non mi sembrano né adeguate né percorribili. Le forze politiche debbono dare un segnale preciso non ricandidando coloro che sono coinvolti”. “Curioso l’asse tra Berlusconi e Di Maio” è la replica che riesce a dare Matteo Orfini, neo-commissario Pd. MARINO, L’ULTIMA RIDOTTA PER UN PD IN PREDA AL PANICO IL PARTITO SI AGGRAPPA AL SINDACO, ALFANO FRENA SUL COMMISSARIAMENTO IL PRIMO CITTADINO SI GIUSTIFICA PER LA FOTO CON L’UOMO DEL POTERE ROSSO di Luca De Carolis I tanti incontri di Buzzi: sopra con Simona Bonafé. Accanto con il sindaco Ignazio Marino. Alla cena con Gianni Alemanno, Giuliano Poletti allora presidente della Lega delle Cooperative ansa Amici e affari, tanti legami della 29 giugno UN MONDO di relazioni, di compromessi, di affari. La galleria fotografica del Magazine della cooperativa 29 giugno restituisce la capacità di Salvatore Buzzi di costruire una tela robusta. Già dalla copertina, con l’immagine del ministro Giuliano Poletti messa lì per esibire forza. Dentro si trova anche il sindaco Ignazio Marino, ancora accanto a Buzzi e a Emanuela Bugitti, tra gli arrestati dell’inchiesta. Il sindaco si mette in posa nel corso della visita alla cooperativa, come assicura lui stesso. Si trova, poi, “l’angolo del garante” a cura di Angiolo Marroni, una sorta di padrino politico di Buzzi, ispiratore della cooperativa e padre di Umberto, uno dei principali referenti di Buzzi nel Pd romano. Non manca l’intervista a Giovanni Fiscon, direttore dell’Ama tra gli arrestati. Da segnalare una pagina che è un programma, quella sull’”Emergenza immigrazione” che annuncia lo sbarco della 29 giugno in Sicilia. U n marziano indispensabile. L’ultima ridotta per il Pd romano livido di paura, per le istituzioni che hanno il terrore di azzerare il Comune in riva al Tevere. Perfino per il Renzi che non lo ama ma che in serata lo blinda: “Roma è la capitale di questo Paese. Non consentiremo, insieme al sindaco, che sia accostata a fenomeni come corruzione e disonestà”. Ignazio Marino, il sindaco che aveva contro tutti, se ne sta solido sul suo scranno, anche nella sera in cui il Campidoglio diventa un’arena colma di risse e insulti. Gli urlano qualsiasi cosa e lui ride: nonostante quella foto di cui proprio non si ricordava, le mille voci che gli intimano di andarsene a casa, i Cinque Stelle che di una “giunta di salute pubblica” proprio non ne vogliono sapere e respingono la sua apertura. Perché si va avanti con lui, nella Roma alluvionata da arresti, indagati e miasmi da larghe intese della mazzetta. Sbatte contro troppi muri, l’appello del M5S che per tutto il giorno invoca il commissariamento del Comune per infiltrazione mafiosa. “L’attitudine del governo non è punire una città ma i colpevoli, oltretutto Marino non è coinvolto” precisa il ministro dell’Interno Alfano. NON PARE neppure pensarci il prefetto Pecoraro, che al sindaco ha detto di stare attento, perché in parecchi gliela vogliono far pagare. “Mi asterrò dall’andare in bici” fa sapere Marino. Cancella un pezzettino della sua diversità. Ma è ancora lui il diverso che serve. Anche se è inciampato, su quella foto che lo ritrae con Salvatore Buzzi, l’uomo di Carminati, dentro la cooperativa 29 giugno. “Non ho mai avuto conversazioni con Buzzi” aveva assicurato Marino. Ieri ha dovuto rettificare, con rabbia: “È un’immagine scattata durante una visita in campagna elettorale, non ho mai avuto incontri di lavoro con luii. È incredibile che si provi ad alzare un polverone quando circolano intercettazioni in cui si parla di farmi fuori”. Dal suo staff precisano: quella visita fu uno dei primi appuntamenti elettorali assieme al poi vicesindaco Luigi Nieri, Marino non sapeva nulla di quell’uomo. La sua maggioranza quasi non ci fa caso. Ora dovrebbe ringraziarlo, per non avere accettato l’azzeramento della giunta quando infuriava il caso della Panda rossa. Pochi giorni fa, un pelo prima del deflagrare della melma, l’aveva chiamato anche il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini: “Ignazio, devi cambiare tutto”. Raccontano che per la nuova giunta Guerini avesse fatto anche il nome dell’allora presidente dell’aula Mirko Coratti: ora indagato, dimessosi. Voci, forse. Di certo Marino ha preso (ancora) tempo. E ora il Pd che lo voleva mettere sotto tutela si aggrappa a lui. A cominciare dal neo commissario Pd romano, Matteo Orfini. In mattinata incontra i consiglieri comunali, in un clima pesantissimo. Lo dice chiaro: “Dovete sostenere Marino, lavorare in silenzio. E basta con le correnti, di ogni tipo”. Nel pomeriggio replica con i presidenti dei Municipi. In mattinata sul Messaggero Orfini aveva lanciato un avviso ai naviganti: “Se qualcuno ha dei dubbi vada in Procura e parli. Abbiamo tutti il dovere di vigilare”. Intanto Marino cerca di tenere a galla la sua giunta. In serata va eletto il nuovo presidente d’aula al posto di Coratti. La prescelta è la giovane Valeria Baglio, zingarettiana, legata alla fedelissima di Marino Alessandra Cattoi. L’unico nome possibile per il sindaco. Prima della seduta Marino parla al Tg3. E fa una mossa, sposando la proposta lanciata da Francesco Rutelli sul Fatto: “L’ipotesi di una giunta straordinaria con i Cinque Stelle è condivisibile, non so se loro sono disponibili ma deve essere un insieme di persone al di sopra di ogni sospetto”. È una bomba anche per il M5S, che per tutto il giorno ha lanciato appel- Anche il M5S in Campidoglio. Sopra, Alessandro Di Battista Ansa SBANDAMENTI Nel clima di fragilità si fanno strada prove di dialogo con il M5S, che però vengono bloccati dall’intervento di Luigi Di Maio SONDAGGIO Matteo cala La Lega sale ancora a Lega sfonda il muro del 10 per cento nelle L intenzioni di voto (10,1%, +0,7% in una settimana). Il Pd torna a salire, passando dal 38 al 38,4%, mentre cala ancora la fiducia nel premier Matteo Renzi e nel governo. È quanto emerge da un sondaggio dell’Ixè per Agorà (Rai3). In calo M5S (-0,7%) e Forza Italia (-0,3%). Scende, intanto, la quota del non voto, che in una settimana passa dal 38,2 al 36,8 percento. Al campione è stato inoltre chiesto se ritengono quanto emerso nell’inchiesta "Mafia Capitale" un fenomeno solo romano: l'89% ha risposto no. Per quanto riguarda la fiducia nel governo si registra un ulteriore calo di un punto, arrivando così al 38%. Inoltre per il 47% degli italiani l’Italia sta peggio da quando Matteo Renzi è premier, mentre soltanto il 32% pensa che la situazione del Paese sia migliore. Non va meglio alla fiducia nel primo ministro che perde un punto percentuale passando dal 41 al 40%, contro il 50% del 10 ottobre scorso. Stabile, al secondo posto, Giorgio Napolitano con il 39%. Prosegue, intanto, la crescita di Matteo Salvini, oggi terzo al 26%, mentre Beppe Grillo scivola al 14 come Angelino Alfano. Berlusconi si colloca in crescita di un punto dietro Salvini, al 17%. li a “invadere” il Campidoglio. Il deputato Carlo Sibilia ha anche polemizzato via Twitter con il sindaco: “Nella foto con Buzzi cosa facevi, lo contemplavi?”. MA DENTRO L’AULA Giulio Cesare qualcosa si è già mosso. Il Pd ha proposto al Movimento la vicepresidenza dell’aula. I consiglieri M5S traballano di sorpresa, poi però in Comune arrivano i parlamentari, guidati da Luigi Di Maio. Ed è tagliola: “Non se ne parla”. La linea a 5 Stelle è sciogliere subito il Comune. “Come al solito noi siamo gli unici non coinvolti” dice Di Maio. Entra in aula con Roberta Lombardi, Alessandro Di Battista, Nicola Morra e gli attivisti. Dentro il clima è irrespirabile. Il dem Fabrizio Panecaldo aggancia proprio Di Maio: “Vi abbiamo offerto la vicepresidenza, sapete bene che Marino è un baluardo di legalità”. Il grillino respinge: “Questo lo dici tu che sei del Pd”. Appena inizia la seduta, suonano i fischietti dei 5Stelle. I leghisti alzano cartelli: “Facciamo pulizia”. Cori del M5S: “Tutti a casa”. Si vota con larghissime assenze nei banchi dell’opposizione. Viene eletta la Baglio, e sono urla belluine. Scoppiano risse, con i leghisti scatenati. Paola Taverna litiga con un consigliere municipale Pd. La Baglio prova a parlare: il suo discorso è coperto dal caos. Di Battista: “Marino è un incapace, un pesce piccolo messo lì dagli squali. Come facciamo ad accordarci?”. La Lombardi si siede per terra. Poi tutti fuori, con Di Battista che arringa dal megafono. Marino è già uscito, facendo il segno della vittoria. 8 INCROCI PERICOLOSI SABATO 6 DICEMBRE 2014 Idil sindaco arrestato S. Oreste (Roma) sospeso dal prefetto IL PREFETTO di Roma Giuseppe Pecoraro ha sospeso il sindaco di Sant'Oreste, in provincia di Roma, Sergio Menichelli, ora detenuto agli arresti domiciliari per turbativa d’asta e corruzione aggravata nell’ambito dell’inchiesta del Ros su Mafia Capitale. Secondo l'accusa il clan di Massimo Carminati aveva pagato il sindaco Sergio Menichelli per assicurarsi in esclusiva l’appalto per la raccolta dei rifiuti nel Comune a 58 km a nord di Roma, che ha meno di quattromila abitanti. La banda, insomma, corrompeva anche “in trasferta”: al funzionario Marco Placidi 10.000 euro, 40.000 in bonifici che il consorzio di Buzzi elargisce alla fondazione Nuova Italia di Alemanno (Nuova Italia), 15.000 al suo mandatario elettorale, altri 30.000 per la Fondazione Alcide De Gasperi, di cui Angelino Alfano è presidente. Il prefetto "ha accertato a carico del signor Sergio Menichelli, la il Fatto Quotidiano sussistenza della causa di sospensione di diritto dalla carica di sindaco del Comune di Sant'Oreste – si legge in una nota della prefettura – a seguito della misura cautelare degli arresti domiciliari disposta dal GIP del Tribunale di Roma. Come previsto dal T.U. degli enti locali”. LA HOLDING DI BUZZI DALLA A ALLA Z di Silvia D’Onghia C he la cooperativa 29 giugno fosse esperta nella “gestione patrimoni pubblici” era chiaro già da luglio, quando – azienda partner dell’Università Roma Tre – si era aggiudicata un premio proprio nell’omonima start up. A leggerlo oggi sembra una beffa. Tanta strada è stata fatta dal 29 giugno 1984, giorno in cui a Rebibbia si tenne un convegno sulle misure alternative alla detenzione, evento che diede origine a tutto. Più che una cooperativa, oggi la onlus che fa capo a Salvatore Buzzi è un mosaico di srl, consorzi e altre coop. La proposta di sintesi di bilancio 2013 fa segnare risultati di tutto rispetto: un totale di attivo pari a quasi 29 milioni di euro. Del resto con tutto ciò che fa non è difficile. Servizi amministrativi: dalla prima accoglienza in portineria a piccoli interventi di manutenzione. Un cliente di lusso? Roma Tre, quella del premio. Accoglienza. “Personale qualificato con lo scopo di favorire l’integrazione sociale dei cittadini appartenenti alle fasce deboli della società”. Tradotto: immigrazione, case, emergenza freddo. Centinaia di persone assistite e immobili come se piovesse. Uno degli ultimi, il centro di accoglienza “La Zagara” di Melilli, nel siracusano, aperto qualche mese prima dell’inizio dell’operazione Mare Nostrum. Igiene ambientale. Un servizio che va dalla raccolta dei rifiuti alla gestione dei centri di raccolta fino allo spazzamento delle strade. Anche in questo caso, la 29 giugno ha clienti eccellenti: Ama (la municipalizzata romana dei rifiuti), i Comuni di Castelnuovo di Porto, Morlupo, Moricone, Anguillara Sabazia, Castel Madama, Lariano e Formello. I romani ricordano bene la scena agghiacciante dei maiali che grufolavano tra i rifiuti del quartiere di Boccea, un anno fa. Chi ha chiamato il Comune in quell’occasione? La coop di Buzzi, naturalmente. Verde pubblico. La 29 giugno avrebbe il compito di realizzare e mantenere le aree verdi e i parchi, persino nel centro storico della Capitale. Lavora per il Campidoglio, per la Provincia, per Eur spa e per l’Ama. “Impegno, professionalità e cura” lo slogan aziendale. Parole che sbattono un po’ con l'immagine dei giardini romani. Pulizia. La coop lavora nelle strutture industriali e negli ospedali, ha appalti nel centro agroalimentare di Roma, all’Auditorium Parco della Musica, nelle Asl Roma B e D e all’Atac, la municipalizzata del trasporto pubblico. DISTRICARSI nel mosaico so- cietario è molto complesso. Dalla Onlus dipendono a cascata sei soggetti: Eriches 29 (partecipata al 24% da coop Dioniso e al 42% da altre coop), Oml srl (parteci- SOCIETÀ CONTROLLATE, SRL, ONLUS: UN COLOSSO DEI SERVIZI DAGLI STRANIERI ALLA PULIZIA AL VERDE. NON SOLO A ROMA, IL SISTEMA ARRIVA IN EMILIA ROMAGNA: TRA I CLIENTI COMUNI E UNIVERSITÀ TUTTI A TAVOLA Dall’Ama all’ Atac, all’Arci: un fiume di denaro per vivere tra i rifiuti CHI PRENDE I 24 MILIONI che Roma dà ai campi Rom. 4,242 MILIONI vanno al Consorzio Casa della Solidarietà. 3,757 MILIONI a Risorse per Roma, società del comune. TRA UNO E DUE MILIONI prendono Eriches, Ama, Arcisolidarietà, Ata, Ra.La.M. , Coop Inopera, Isola Verde. TRA 0,5 E UN MILIONE vanno alla cooperativa Ermes e al consorzio Bastiani. TRA 250 E 500 MILA euro vanno a Bottega solidale, Tailorsan srl, Coop Hilarius, Edilqualità e Casa diritti sociali. TRA 100 E 250 MILA prendono Saluber 04, Croce Rossa, le coop Saro, Ambiente e Lavoro, San Saturnino, Coos e 29 giugno, Opera Nomadi. Fonte: Associazione 21 Luglio pata al 10% da Formula sociale e al 60% da Marco Clemenzi), Dal rapporto “Campi Nomadi Spa” dell’Ass. 21 luglio, i numeri dell’“emergenza” Rom nel 2013. In tutto parliamo di circa 8000 persone per le quali la sola “cabina di regia” è costata 192.699 euro mula Ambiente e al 33% da Cosp Tecnoservice), Crisalide srl (partecipata al 50% da Casa Comune 2000) e Sarim srl. Quest’ultima controlla Crisalide, ma anche – rispettivamente al 49% e al 35% - Si.Al Service srl (l’altro 50% è di Impegno per la Promozione) e Rogest srl (partecipata al 15% da Casa Comune 2000 e al 50% da Edil House srl). Da Crisalide dipende anche Tol- IN TUTTA ITALIA Formula Ambiente, consorzio partecipato della 29 giugno servizi, ha molti appalti nel feudo delle cooperative rosse (e pure sul Gran Sasso) Consorzio raccolta differenziata 3 (partecipata al 33% da Formula Ambiente), Crd Immobiliare (partecipata al 33% da For- Un campo Rom LaPresse fa Care. C’è poi una costola della Onlus, la 29 giugno servizi coop, dalla quale dipende – al 29% – Formula Ambiente e al 19% Formula Consorzio. L’ACCOGLIENZA è quasi tutta nelle mani di Eriches 29, che ha chiuso il 2013 con un fatturato di oltre 15 milioni di euro. Il consorzio gestisce il villaggio della solidarietà di Castel Romano, il centro di accoglienza di via Silicella, 9 centri del Progetto Sprar, uno per minori non accompagnati, altri 5 per richiedenti asilo, uno per senza fissa dimora. E poi ancora: un centro per madri con bambino, l’ostello di Ciampino, i due centri per l’emergenza freddo e uno in convenzione con la Prefettura. Il consorzio Formula Ambiente, invece, non si ferma al Grande Raccordo Anulare. Forlì, Bologna, Ravenna, Cesena, Cesenatico: le strade della Romagna e di parte dell’Emilia vengono spazzate dalle società del consorzio. Un sodalizio che frutta 73 milioni di euro l’anno. Qualche esempio: il cimitero del Verano a Roma, le sponde del Tevere, il Parco Naturale del Gran Sasso. Ecco perché di patrimoni pubblici Buzzi s’intende così tanto. Odevaine e soci turbano Legambiente LA FONDAZIONE INTEGRA/AZIONE, NATA DALL’ASSOCIAZIONE AMBIENTALISTA, PIENA DI INDAGATI DI “MAFIA CAPITALE” di Marco Palombi a prima reazione è l’incredulità, L poi si passa all’incazzatura più nera. Nascosto dal grande affresco di “Mafia capitale” c’è un terremoto che sta scuotendo l’ambientalismo italiano e, più precisamente, Legambiente, associazione di grande potenza mediatica e ancor più politica, avendo dato al Pd parecchi tra deputati e senatori (Ermete Realacci, il fondatore, è presidente della commissione Ambiente della Camera in quota Renzi). ACCADE, infatti, che uno dei personaggi principali dell’inchiesta romana, Luca Odevaine, sia un figlio di Legambien- te dalla brillante carriera: negli staff di Giovanna Melandri quand’era ministro, di Walter Veltroni da sindaco, direttore della polizia provinciale con Luca Zingaretti e organizzatore di grandi eventi romani come i funerali di Giovanni Paolo II. I rapporti con l’associazione creata da Realacci, però, non si sono mai interrotti: è tanto vero che nei resoconti di questi giorni Odevaine viene indicato come presidente della Fondazione IntegrA/Azione, creata nel 2010 proprio da Legambiente insieme alla cooperativa sociale Abitus, che dagli atti sembra riconducibile sempre all’uomo arrestato questa settimana. Il gip l’ha chiamato “Sistema Odevaine”, un sistema che negli ultimi anni ha fatto arrivare i soldi pubblici per l’accoglienza dei migranti ai gestori amici “che si dividono il mercato”. Il nostro, d’altronde, sedeva allo strategico tavolo del Coordinamento sui migranti del ministero dell’Interno. Un pezzo importante del “Sistema Odevaine” viene compreso dagli inquirenti proprio attraverso una serie di intercettazioni ambientali dentro la sede della IntegrA/Azione, dove lavorano anche altre due persone finite nell’inchiesta. Il commercialista Stefano Bravo, che ri- sulta indagato per ricettazione, ed è il presidente del collegio dei revisori della Fondazione (in cui siede anche Maurizio Tocci, revisore anche di Legambiente), nonché il segretario della coop Abitus. Il secondo nome è più pesante ed è quello di Rossana Calistri, direttore scientifico di IntegrA/Azione e funzionario del comune di Roma finita ai domiciliari: secondo l’accusa - corroborata da intercettazioni dirette e indirette si è piegata alle richieste di Salvatore Buzzi per far vincere un appalto alla sua cooperativa 29 giugno nonostante la sua offerta fosse inferiore a quella di un concorrente. IL VICE DI ODEVAINE nella Fondazione, in tutto questo, è Francesco Ferrante, ex parlamentare del Pd e direttore generale di Legambiente dal 1995 al 2007, del tutto estraneo all’inchiesta: “So che adesso mi tocca fare la figura del cretino - dice al telefono al Fatto QuotidiaORGANIGRAMMI no - ma non m’ero accorto di niente. Questa è una L’ex uomo di Veltroni è il presidente (arrestato), vicenda dolorosa, per la direttrice è Rossana Calistri (ai domiciliari), me e per la Legambiente, il capo dei revisori Stefano Bravo (sotto inchiesta) ma IntegrA/Azione, che è nata per occuparsi di accoglienza dei migranti, non c’entra nulla e chi ci ha lavorato potrà continuare a sentirsi orgoglioso delle cose fatte”. Alcune voci riferiscono che la cooperativa di Buzzi abbia girato dei soldi alla Fondazione: le risulta? “Ovviamente no - è la replica di Ferrante - Io non avevo ruoli operativi, ma ora che il presidente è agli arresti dovrò occuparmene e ho intenzione di verificare anche questo”. Fonti di Legambiente, invece, fanno notare che l’associazione è uscita dalla Fondazione il 28 giugno di quest’anno: “L’avevamo aperta per lavorare sugli sbarchi a Lampedusa nel 2011 e per noi doveva servire a quello: siccome quel progetto è finito siamo usciti”. Sta di fatto che una Fondazione che doveva occuparsi di sociale, fondata e gestita da ambientalisti, è accostata a un’associazione per delinquere di stampo mafioso: “La prima reazione è stata di incredulità - è ancora Ferrante a parlare - poi mi sono sentito tradito e ora sono incazzato nero. E preoccupato: non vorrei che questa vicenda finisse per macchiare l’impegno di centinaia di volontari che mettono ore e risorse all’ambientalismo o nel sociale”. 10 NELLA POLVERE SABATO 6 DICEMBRE 2014 G li incarichi ai pensionati: stop ma non per tutti NELLA PUBBLICA Amministrazione sono vietati a pensionati “incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati”. Sono questi i ruoli espressamente citati dalla circolare del mi- nistro Marianna Madia, in attuazione del dl 90 di quest’estate. Tra le posizioni che invece restano consentite, ci sono gli “incarichi di docenza”. La circolare chiarisce come il legislatore abbia “voluto perseguire gli obiettivi” posti “vietando il confe- rimento a soggetti in quiescenza di incarichi e cariche che, indipendentemente dalla loro natura formale, consentono di svolgere ruoli rilevanti al vertice delle amministrazioni”. Quindi, “tra gli incarichi vietati rientrano tutti gli incarichi dirigenziali”, mentre “tra gli inca- Standard & Poor’s ci stanga Declassato anche Renzi LE MISURE DEL GOVERNO NON HANNO CAMBIATO LA ROTTA. LA PRINCIPALE AGENZIA DI RATING CI COLLOCA UN GRADINO SOPRA “SPAZZATURA”. L’ESECUTIVO MINIMIZZA di Camilla Conti U duale consolidamento fiscale. Certo, l’agenzia prende atto che il premier “ha fatto passi avanti col Jobs Act” ma non crede che le misure previste creeranno occupazione nel breve termine senza contare che i decreti attuativi della riforma potrebbero “essere ammorbiditi alla luce di una opposizione crescente”. Insomma, per ora Renzi non ha cambiato verso. E la difficoltà in questo Paese per far ripartire l’economia sono sempre le stesse: lungaggini burocratiche, incertezza del diritto, pressione fiscale e costo del lavoro ancora troppo alto. È dunque evidente che l’agenzia, al momento, si fida poco tanto che ha tagliato anche le stime di crescita. Milano n gradino, solo un gradino, separa l’Italia di Matteo Renzi dal livello “junk”. Ovvero “spazzatura”. Il declassamento a un passo dal cosiddetto “non investment grade” è arrivato ieri sera dall’agenzia di rating Standard & Poor’s che ha tagliato il giudizio sullo stato di salute finanziario del nostro Paese a livello BBB -. Il motivo della sonora stroncatura? "Le perduranti debolezze nell'andamento del Pil reale e nominale, inclusa l'erosione della competitività", scrive l’agenzia Usa che dal 2006 ad oggi ha abbassato il giudizio sull'Italia cinque volte, portando il rating da AA- all'attuale BBB-, con una riduzione complessiva di sei “notch”. UNICA L'ULTIMO taglio risale a luglio 2013, con successive conferme nel dicembre 2013 e nel giugno di quest'anno. Poi, il rating era rimasto invariato proprio per permettere a Renzi - appena insediato - di avviare le riforme. Ma anche i tempi supplementari, a giudicare dal verdetto di ieri, non sembra siano serviti. Anzi, sei mesi dopo la situazione si è addirittura aggravata minando, scrive Standard & Poor’s, “la sostenibilità del debito pubblico”. Sul fronte eco- nomico S&P’s prevede un'uscita dalla recessione nella prima parte del 2015, ma con una ripresa del Pil che viene prevista solo modesta, attorno allo 0,2 per cento. Di fatto, quindi, le stime del governo sono state fin troppo ottimistiche. Anche il debito pubblico italiano va peggio: riviste le stime dello scorso 6 giugno. Ora l'agenzia di rating prevede uno sbilancia- mento a fine 2017 pari a 2.256 miliardi, 80 miliardi in più, pari al 4,9% del nostro Pil 2014. Rispetto alla previsioni del governo - sottolinea inoltre S&P’s vediamo una ripresa più debole nei consumi privati” che saranno tenuti sotto pressione dalla debole condizioni del mercato occupazionale, dove la disoccupazione e su livello storicamente alti, oltre che per il gra- il Fatto Quotidiano consolazione l’”outlook” (la prospettiva) che viene indicata come stabile riflettendo “l’aspettativa che il governo riuscirà a implementare gradualmente delle riforme di bilancio e strutturali complessive e potenzialmente favorevoli alla crescita” – ultima chance data a Renzi -nonché il fatto che “i bilanci delle famiglie resteranno abbastanza forti da assorbire ulteriori aumenti del debito pubblico”. Un assist potrebbe infine arrivare da Francoforte e da Mario Draghi perché a favorire la schiarita potrebbe essere la politica monetaria della Bce che “continuerà ad aiutare una normaliz- richi direttivi, tutti quelli che implicano la direzione di uffici e la gestione di risorse umane. Vi rientrano, quindi, anche incarichi in strutture tecniche, quali quelli di direttore scientifico o sanitario, che comportano le suddette mansioni”. GENERALI Flavio Cattaneo entra nel cda erzo incarico per Flavio Cattaneo. Il maT nager, già ai vertici di Rai e Terna, entra a far parte del board di Generali. Il colosso assicu- rativo ripristina così il numero legale nel consiglio d’amministrazione (torna a 11 membri) dopo l’uscita di Paolo Scaroni, ex numero uno dell’Eni, che si era autosospeso dalla carica di consigliere indipendente (sul suo rinnovo pesava la condanna in primo grado nella vicenda della centrale di Porto Tolle). Per Cattaneo è la terza nomina: il tre dicembre scorso è stato cooptato nel consiglio d’amministrazione di Ntv, la società del treno Italo, da Luca Cordero di Montezemolo e Diego Della Valle. Nomina arrivata dopo l’uscita per “impegni personali” di Pierfrancesco Saviotti, ad di Banco Popolare. Cattaneo in Ntv è consigliere di amministrazione indipendente. Italo cerca un amministratore delegato, Cattaneo avrebbe il profilo giusto. Ma ha già molti impegni, visto che siede anche nel consiglio di amministrazione di Telecom Italia. zazione dell’inflazione in Italia e dei suoi partner europei”. Proprio ieri Draghi ha rinviato all'inizio dell'anno prossimo le promesse misure straordinarie della Banca centrale contro la crisi economica dell'eurozona, ribadendo però che il quantitative easing e altre decisioni non convenzionali “rientrano nel nostro mandato”. Da Palazzo Chigi la linea è guardare al bicchiere mezzo pieno, ovvero sottolineare come il Jobs act non sia stato bocciato e che, insomma, le riforme vanno bene ma bisogna andare ancora più veloce. Proprio ieri, nel pomeriggio, il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan ha difeso a Francoforte le politiche governative di fronte a una platea di imprenditori e finanzieri. E ha assicurato che l'Italia vedrà il proprio debito iniziare a calare nel 2016, aggiungendo che anche se il debito è un problema, è comunque "sostenibile". Esaustivo il commento del suo omologo tedesco Wolgang Schaeuble: Non vorrei essere nei panni di Padoan"DI CERTO, i riflettori sono pun- tati ora sulla reazione dei mercati alla riapertura di Piazza Affari lunedì mattina con un occhio allo spread. Nel frattempo, l’ultimo smacco: sempre ieri S&P’s ha alzato il rating dell’Irlanda – patria dell’elusione fiscale – da A- a A. Ovvero quattro piani sopra l’Italia. Il Tesoro si smentisce: Gorno resta in Cdp MINISTERO E FONDAZIONI CONFERMANO L’AD DI CASSA DEPOSITI RINVIATO A GIUDIZIO. NONOSTANTE LA CLAUSOLA DI ONORABILITÀ Milano norabile o non onorabile? Questo è il proO blema per gli amministratori delle partecipate statali su cui il governo rischia di fare un gran pasticcio. Spieghiamo perché. Nei giorni scorsi il ministero del Tesoro è tornato in pressing sul rispetto della cosiddetta clausola di onorabilità, introdotta nel 2013 con la direttiva Saccomanni, che prevede la rimozione per un manager che sia stato anche solo rinviato a giudizio per alcuni reati. I NUOVI REQUISITI sono stati però bocciati dalle assemblee di Eni e Finmeccanica, grazie al voto compatto degli investitori istituzionali che non hanno permesso di raggiungere il quorum necessario alla modifica degli statuti. Lo scorso 3 dicembre nel corso di un’audizione al Senato, quindi, il sottosegretario all'Economia, Enrico Morando è tornato alla carica annunciando che il Tesoro è impegnato affinché i requisiti di onorabilità e ineleggibilità degli amministratori delle partecipate pubbliche siano estesi anche al Cane a sei zampe e al colosso della Difesa. Una bella tegola che pende sui nuovi vertici nominati dal rottamatore Matteo Renzi: l’ex capo delle Fs e oggi al timone di Finmeccanica, Mauro Moretti, è tra gli imputati del processo sulla strage di Viareggio mentre l’attuale ad dell’Eni, Claudio De- scalzi, è finito nel mirino della Procura di Milano per una vicenda che riguarda il petrolio nigeriano. NEL FRATTEMPO un’altra società controllata dallo Stato, che a differenza di Eni e Finmeccanica si è subito adeguata ai nuovi requisiti, ieri ha convocato l’assemblea dei soci proprio per verificare la corrispondenza alla cosiddetta “clausola etica” dell'amministratore. La società in questione è la Cassa Depositi e Prestiti e sulla graticola è finito l’amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini che ha dovuto chiedere la fiducia degli azionisti in seguito alla citazione a giudizio da parte della procura di Trani. Gorno è infatti tra i banchieri appartenenti in passato al IL PASTICCIO I criteri che vogliono fuori dalle partecipate i manager imputati rischiano di far saltare anche i nominati dal premier: Moretti e Descalzi gruppo Intesa Sanpaolo (al tempo ricopriva la carica di amministratore delegato della controllata Caboto) e citati in giudizio il 26 novembre dai magistrati pugliesi per concorso in truffa nell'ambito di un’indagine su alcuni strumenti finanziari messi sul mercato. La direttiva del ministero dell'Economia prevede che l'amministratore di una società controllata dal ministero stesso in caso di citazione a giudizio per un reato non contravvenzionale - come la truffa pluriaggravata e continuata - ne dia immediata comunicazione al consiglio di amministrazione. Quest’ultimo deve riunirsi entro dieci giorni e a questo punto convocare “entro 15 giorni l'assemblea al fine di deliberare in merito all'eventuale permanenza nella carica dell’amministratore, formulando al riguardo una proposta motivata che tenga conto di un possibile preminente interesse della società alla permanenza stessa dell'amministratore”. Nel caso di Cdp, il board ha proposto ai soci all’unanimità (con la sola astensione del diretto interessato) la conferma di Gorno Tempini “dopo attenta valutazione delle comunicazioni della Procura di Trani”, si limita a riferire in una nota la società. L’assemblea, cui ha partecipato il 99,2 per cento degli azionisti, ieri ha poi deliberato la permanenza nella carica dell’amministratore delegato “con voto unanime”. Quindi a dare la benedizione è stato anche il Tesoro che controlla la Cassa all’80 per cento mentre il restante 18,4 per cento è nelle mani delle Fondazioni. INSOMMA, da una parte il Tesoro fa il mora- lizzatore con l’Eni e Finmeccanica e dall’altra fa il garantista con il vertice di Cdp. “Ribadisco quello che ho già dichiarato al Senato nei giorni scorsi”, commenta il sottosegretario all’Economia, Morando contattato dal Fatto che gli fa notare come tale pressing sia inutile se poi le assemblee delle due società bocceranno nuovamente la nuova clausola per mano dei fondi stranieri. Quanto alla conferma di Gorno Tempini, Morando liquida così la questione: “Ciascuno si prenderà le proprie responsabilità, noi ci siamo presi le nostre”. Resta da chiedersi se il ministro Pier Carlo Padoan e Renzi si parlino considerando che - secondo voci di palazzo che circolano ormai da settimane - il presidente del Consiglio avrebbe visto bene al posto di Gorno un esponente del “cerchio magico” come l’ex ad di Luxottica, Andrea Guerra, nominato consigliere personale del premier proprio qualche giorno fa. Cam. Con. ALL’ITALIANA il Fatto Quotidiano B onus bebè, la platea diminuisce a 330 mila 85 MILA PERSONE non lo potranno incassare, al contrario delle previsioni iniziali, ma altrettante vedranno invece arrivare un assegno che vale il doppio. Il Bonus bebè dopo il passaggio alla Camera cambia volto: a fare la differenza è l’introduzione dell’uso dell’Isee, vale a dire l’indicatore della condizione economica del nucleo familiare, che fa scendere la platea da 415 mila a 330 mila beneficiari. La norma, votata a Montecitorio, è stato un cavallo di battaglia della minoranza Dem e punta a favorire le famiglie meno ricche, prevedendo infatti un bonus doppio per chi ha un Isee sotto la soglia dei 7 mila euro. A fare i conti, quando ormai la manovra si appresta a iniziare l’iter al Senato, è la nuova relazione tecnica del provvedimento che la legge SABATO 6 DICEMBRE 2014 11 chiede sia predisposta in vista del secondo passaggio parlamentare. A Palazzo Madama la sessione di Bilancio entrerà nel vivo solo la prossima settimana: martedì scade il termine per gli emendamenti in commissione, che da giovedì saranno messi in votazione. Il testo è atteso in Aula al Senato il 16 dicembre ed è probabile che il governo chieda la fiducia. DERIVATI, L’ITALIA È IN ROSSO PER OLTRE 34 MILIARDI DI EURO IL GOVERNO RISPONDE AL M5S: SECONDO I NUMERI DI BANKITALIA, I CONTRATTI SUL DEBITO PUBBLICO CONTRO IL RIALZO DEI TASSI AL MOMENTO SONO NEGATIVI“ di Stefano Feltri I l numero è così colossale che richiede una spiegazione: a giugno i derivati sul debito pubblico della Repubblica italiana erano negativi per 34,4 miliardi di euro. Lo rivela alla Camera il sottosegretario alle Politiche sociali Massimo Cassano, rispondendo a un’interpellanza di deputati Cinque Stelle, primo firmatario Daniele Pesco. LA CIFRA non era segreta, ma difficile da trovare: nei conti finanziari della Banca d’Italia, si legge che i derivati sul debito pubblico determinano una “passività” per 34,4 miliardi. E continua ad aumentare: l’anno prima era 29,2 miliardi. I derivati sul debito pubblico (o meglio, su 161 miliardi dei 1.600 in circolazione) sono stati fatti soprattutto per proteggere l’Italia da un aumento dei tassi di interesse, come quello che si è visto all’improvviso nel 2011 con la crisi dello spread. Visto che i tassi invece sono scesi, la Bce ha ridotto il costo del denaro e i nostri creditori si accontentano di rendimenti bassi, la “scommessa” del Tesoro al momento determina una perdita: “Tale valore è sensibilmente negativo per la Repubblica italiana, in quanto influenzato dal livello assoluto straordinariamente basso dei tassi di interesse rispetto alle condizioni del mercato all’epoca della stipula”, dice il sottosegretario Cassano. I contratti con le banche che stipulano il derivato di solito (nel 69 per cento dei contratti in essere) prevedono che se i tassi su- perano una certa soglia, la differenza ce la mette la banca al posto del Tesoro. Ma se invece scendono, è il ministero a dover pagare. Almeno in teoria. Perché le passività sono, come si dice in gergo, mark to market. Se il Tesoro decidesse di chiudere adesso tutti i contratti in essere, dovrebbe pagare alle banche 34,4 miliardi. È una fotografia, non un film. Se, per esempio, nei prossimi anni i tassi dovessero impennarsi (ipotesi remota ma non impossibile), allora scatterebbe l’assicurazione dei derivati e le perdite le subirebbe IL MECCANISMO Il Tesoro si è cautelato contro l’aumento degli interessi, che invece sono scesi e quindi per ora la scommessa è in perdita la banca. Nel 2012, durante il governo Monti, il Tesoro allora guidato da Vittorio Grilli decise di chiudere un contratto con Morgan Stanley (la banca guidata in Italia proprio da un ex ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco) e pagò sull’unghia 2,4 miliardi. Nel 2013 i derivati hanno determinato un esborso netto, cioè soldi veri usciti dalle casse pubbliche, di 3,2 miliardi. Il governo aggiunge un dettaglio storico interessante: smentisce che l’Italia sia entrata nell’euro soltanto grazie a un aiutino dato dai derivati per tenere il deficit sotto il 3 per cento del Pil. Infatti, con le nuove regole Eurostat “Sec2010” che scorporano i contratti swap dal disavanzo, “il deficit del 1997, anno sul quale è stata valutata l'ammissione dell'Italia all'Unione monetaria, è rimasto entro la soglia del 3 per cento, così come è avvenuto anche nel 1998. Non sono, pertanto, fondate le ricostruzioni che in alcuni periodi si ripresentano sul ruolo svolto in proposito dai derivati”. Ma implicitamente è anche un’ammissione che, almeno un po’, il deficit fu migliorato dai derivati. 34,4 MILIARDI A GIUGNO 29, 2 MILIARDI A METÀ 2013 Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan LaPresse In Basilicata L’OBIETTIVO della polemica dei Cinque Stelle, però, era il comma 133 dell’articolo 2 della legge di Stabilità che autorizza il Tesoro a fare accordi bilaterali con una garanzia sui derivati. Il ministero vuole tornare a finanziarsi anche in dollari (pratica ridotta in questi anni di crisi) ma serve un contratto per proteggersi dal tasso di cambio e ci sarà la possibilità di mettere dei soldi veri a garanzia delle oscillazioni. I timori per ora sono prematuri, serviranno decreti del Tesoro per capire i dettagli: al momento la linea del ministero dell’Economia è molto dura sui derivati, sono vietati a tutte le amministrazioni locali ed è in corso un’operazione per ricomprare il debito delle Regioni su cui ci sono contratti strani. Il Lazio, che ha sostituito il debito verso le banche su cui c’erano derivati con debito verso il Tesoro, risparmia ora 90 milioni all’anno. NO TRIV BASILICATA In 10 mila hanno attraversato le vie di Potenza, giovedì, per protestare contro il raddoppio delle trivellazioni in Basilicata. Arrivati da tutta la regione, ma anche da Puglia e Campania per chiedere ancora alla Giunta regionale di impugnare l’articolo 38 dello Sblocca Italia. Ma la Regione opta per la trattativa col governo Foto Basilicata24.it Il doppio incarico dell’architetto della Giannini HA RISTRUTTURATO LA CASA AL MARE DEL MINISTRO DELL’ISTRUZIONE , MA ANCHE L’UNIVERSITÀ CHE ALLORA GUIDAVA. SENZA GARE D’APPALTO di Emiliano Liuzzi indagine è ancora in mano ai magistrati L’ della Corte dei conti, che indagano sulle spese dell'Università per stranieri di Perugia, rampa dalla quale è partita Stefania Giannini per accomodarsi sulla poltrona del ministero della Pubblica istruzione. Università, quella gestita dalla Giannini, che costava molto alle casse del ministero. I soldi sui quali si indaga superano il mezzo milione di euro, 525 mila per la precisione, ma ci sono spese che passano sotto la lente d’ingrandimento della magistratura contabile. UNA TRA QUESTE è la consulenza a un professionista di Lucca, l’architetto Luigi Puccetti, piuttosto stimato nella sua città. Nel 2005 riceve l’incarico per chiamata diretta della Giannini, che gli fa restaurare una parte dell’ateneo di Perugia. Senza gara. La sua è una consulenza. C’è un però. È dimostrato, anche dal sito dello studio di architettura dello stesso Puccetti, che pochi mesi prima, lo stesso archi- tetto, aveva restaurato la meravigliosa villa del ministro Giannini a Marina di Pietrasanta, una casa gioiello, almeno dal punto di vista dello stile. Curata in ogni minimo dettaglio. E rifatta in ogni sua parte. Dunque Giannini, almeno dal punto di vista deontologico, avrebbe dovuto astenersi dalla decisione di affidare i lavori a quello che in realtà è il suo architetto di fiducia e magari VERSILIA La casa al mare del ministro lasciare al consiglio d'amministrazione dell'Università la facoltà di decidere. Ma non l'ha fatto. Ha preso lei in prima persona la decisione. E il professionista di Lucca, ovviamente, ha accettato. MA NON È IL SOLO PUNTO sul quale si orien- ta l'indagine della Guardia di finanza per accertare se le spese erano legittime o meno. Sono i conti e i bilanci che non tornano. La ministra quando ha lasciato Perugia ha lasciato un bilancio tutto in negativo: -200 mila euro dalle iscrizioni ai corsi di laurea, -500 mila euro di iscrizioni ai corsi di lingua e -450 mila euro dal Miur perché alcuni insegnanti non fanno ricerca. Numeri neri, ma non abbastanza da bloccare, a dicembre 2012, e sempre per opera del ministro Giannini, l’acquisto da parte dell'Ateneo della palazzina “ex Senologia” dalla Provincia di Perugia per 2 milioni e mezzo di euro. Ora la palazzina è vuota, chiusa e inutilizzata. Risultato: oggi un disavanzo di 1 milione e 800 mila euro in un bilancio da 19 milioni. Ultimo capitolo, invece, riguarda un Circolo culturale e ricreativo che nei grandi progetti il ministro Giannini voleva oltre a una spesa di 385 mila euro per una scuola internazionale di cucina che però non vide mai la luce. Con un deficit di entrate che era già iniziato da tempo e la riduzione del numero di studenti che è andata sempre in progresso e che ha alimentato il buco in bilancio, oltre alle spese che guardia di finanza si trova oggi a spulciare. “La situazione che ha lasciato il ministro”, racconta oggi un membro del cda che preferisce non esporsi con nome e cognome, “non è delle migliori. Ci sono decisioni che ha preso molto discutibili. A partire da quella che ha portato il suo architetto a lavorare a Perugia, per finire con altre molto discutibili. La Corte dei conti dovrà fare chiarezza: il buco in bilancio è stato sostenibile solo grazie a una sorta di tesoretto che l’ateneo negli anni era riuscito a mettere da parte. Adesso, con il calo delle iscrizioni, la situazione è critica. 12 MUCILLAGINI SABATO 6 DICEMBRE 2014 Pè sotto ensioni, il 41% i mille euro al mese OLTRE IL 41% dei pensionati ha un reddito da pensione inferiore a mille euro al mese: è quanto risulta dal Rapporto Istat su trattamenti pensionistici e beneficiari 2013 nel quale si sottolinea come la percentuale salga al 50,5% tra le donne. La spesa complessiva nell’anno è aumentata dello 0,7% rispetto al 2012 (arrivando a 272,7 miliardi di euro) portando la percentuale sul Pil al il Fatto Quotidiano 16,85%. La fotografia dell’Istat evidenzia anche una rapida tendenza al ribasso delle pensioni, che registrano quelli che possono essere considerati i primi effetti della riforma Fornero. I nuovi pensionati (coloro che hanno iniziato a percepire l'assegno nel 2012) sono 559.634 e in media hanno un reddito di 13.152 euro, più basso di quello della media dei pensionati nell’anno (16.761 euro, ma molti di loro cumulano più pensioni) ma soprattutto inferiore ai nuovi pensionati 2012 di circa 900 euro. Il 2013 è il primo anno di entrata in vigore reale delle nuove regole targate Fornero e sono diminuite in modo consistente le pensioni di vecchiaia (nelle quali sono inserite anche i trattamenti di anzianità), passate da 316.000 a 245.000. CENSIS, ITALIA DISSIPATA NELLE SETTE GIARE DELLA POLITICA INUTILE IL RAPPORTO ANNUALE DEL CENTRO STUDI DI DE RITA RACCONTA UN PAESE STANCO E DELUSO DA GOVERNI CHE PROMETTONO SEMPRE DI PIÙ MA NON RIESCONO A MANTENERE NULLA di Stefano Feltri Q uesto è l’anno della “dissipazione”, del capitale umano che svanisce, di quei tre milioni di italiani che sarebbero disposti a lavorare ma non ci riescono. E nell’attesa appassiscono, indebolendo il Paese: benvenuti nella “società satura dal capitale inagito”. Il Censis, Centro Studi Investimenti Sociali, si propone ogni anno di trovare, o inventare, il lessico per raccontare lo stato del Paese, grazie alle trovate del suo presidente Giuseppe De Rita (ricordate la “mucillagine”? ). Ecco allora il dizionario per parlare dell’Italia 2014 che si trova nel rapporto annuale del Censis presentato ieri. ATONIA DEL CAPITALISMO. Le imprese italiane, a tutti i livelli, sembrano “sotto assedio”. La famiglia Bulgari si consegna ai francesi di Lvmh, l’alta sartoria di Loro Piana passa a Louis Vuitton, la Merloni vende gli elettrodomestici agli americani di Whirlpool, i Riva vengono espropriati, Luxottica caccia il suo manager più bravo, Andrea Guerra. Regge il “microcapitalismo di territorio”, con le esportazioni dei 100 distretti industriali che salgono del 4,2 per cento annuo, e un fatturato che crescerà del 4,7 nel 2015. Ma scendono gli investimenti: nel 2013 erano al livello più basso degli ultimi 13 anni, 333 miliardi di euro contro i 369 del 2007. E questo è un pessimo segnale per la crescita di domani. ATTENDISMO CINICO. Le famiglie italiane hanno superato la fase di paura della crisi, sono convinte che il picco negativo sia passato (ne è convinto il 47 per cento degli italiani, 12 per cento in più che nel 2013) e ora guardano con grande incertezza al futuro immediato. Tengono i soldi sul conto corrente o in investimenti liquidi, il 44,6 per cento vuole i soldi sempre pronti in caso di perdita di lavoro o di malattia improvvisa. Solo il 18,9 per cento degli italiani dice di risparmiare per pagare l’istruzione dei figli. IL PAESE IN CIFRE (fecondazione assistita) a quelli sulla sua fine (dignità nel morire). Ma questi temi non suscitano le onde emotive degli anni Settanta, le conquiste passano per sentenze – anche di corti internazionali – invece che dal processo democratico della politica. E quindi si avanza, ma senza aver creato il consenso perché il cambiamento sia condiviso. Gli ultimi Sono gli individui non utilizzati in Italia: 3 milioni i disoccupati 8 mln Essere giovani Dei 4,7 milioni che vivono soli, un milione non arriva a fine mese 1 mln DIVINA COMMEDIA. Gli ultimi tre governi, Un popolo sfiduciato Quanti pensano che si può finire in povertà in qualunque momento 60% Parole, parole... Le parole scritte negli 86 decreti fatti: 11,6 volte la Divina Commedia 1,2mln Monti, Letta e Renzi, hanno prodotto ben 86 decreti legge, lo strumento di espressione massima del decisionismo politico. A Palazzo Chigi, per questi provvedimenti, hanno scritto 1.185.171 parole che, calcola il Censis, equivalgono a 11,6 volte la Divina commedia di Dante. L’impatto sulla società non è stato però pro- DE RITA Sceglie suo figlio come direttore generale l consiglio direttivo I ha nominato l’ing. Giorgio De Rita (nella foto) Segretario generale per il triennio 2015-2017 delegando anche a lui la funzione di Direttore Generale“. È il comunicato pubblicato sul sito del Censis lo scorso 14 Novembre. Il cognome non passa inosservato essendo Giuseppe De Rita, uno dei fondatori storici e attuale presidente dell’istituto. “Non c’è alcun conflitto di interessi – spiega ai microfoni de ilfattoquotidiano.it a margine della presentazione del rapporto sulla situazione sociale del paese a Roma – mio figlio ha il curriculum adeguato. È stato ad di Nomisma che è una grande società di ricerca, è stato direttore ge- nerale della società che si occupa di digitalizzazione dello Stato ed è una persona perbene. A nominarlo – si difende – è stato il cda, formato da 15 grandi aziende come Telecom e Banca Intesa. Quindi non è una nomina fatta in famiglia”. Sulla laurea in Ingegneria di Giorgio, il padre spiega: “L’unico laureato in Sociologia è stato Nadio Delai mentre tutti gli altri funzionari Censis, nel corso dei cinquanta anni, sono stati laureati in Chimica, Matematica, Statistica, Legge e Lettere. Dire che mio figlio è ingegnere e quindi non ha diritto di entrare al Censis è una cazzata. Giorgio ha fatto un’ottima carriera, dove trovavo un altro con il suo curriculum? ”. E quale stipendio percepirà? “Lo stesso stipendio dell’ex direttore generale Giuseppe Roma quando è arrivato”. A-SISTEMICA Questa è una società “a-siste- mica”: i tradizionali modelli di governo non funzionano più, i partiti sono impalpabili, i cosiddetti corpi intermedi (sindacati, Confindustria) delegittimati, anche i miti di autogoverno locale, come il federalismo fiscale sono sbiaditi. Il “sistema-Italia di fatto non esiste” e quindi è inutile cercare ipotesi di governo che vogliano trattare le diverse articolazioni del Paese come un tutt’uno coerente. “Il sistema” resiste soltanto come “potenziale oggetto di rancore e di denuncia, con la conseguenza che tale straneità porta a un fatalismo quasi cinico”. L’Italia raccontata dal rapporto Censis Ansa porzionale: il richiamo alla continua emergenza e alla conseguente urgenza delle riforme ha fatto cadere i politici nella “trappola della promessa”. La politica cerca di sopravvivere con annunci continui di riforme che poi non riesce attuare, causando una delusione cui cerca di porre rimedio con nuove promesse. E il circolo vizioso ricomincia. GIARE. La società italiana raccontata da De Rita è quella delle “sette giare”. La giara è un contenitore “a ricca potenza interna ma con grandi difficoltà a stabilire rapporti con l’esterno”. Dentro ogni giara c’è un gran ribollire che però traspare poco all’esterno e soprattutto è indipendente e isolato dalle analoghe dinamiche che si consumano negli altri recipienti. Le sette giare sono queste: poteri sopranazionali, politica nazionale, disordinato funzionamento delle istituzioni, minoranze vitali, la vita difficile della “gente del quotidiano”, il sommerso “sempre più ambiguo”, i media che inseguono gli eventi invece che raccontare “i processi reali della società”. Interessante l’analisi sulla giara della politica nazionale: i protagonisti hanno grande potere senza però una vera efficacia collettiva, col risultato che i leader politici finiscono sempre per deludere le aspettative ed esasperare i cittadini. MINORANZA VITALE. Negli anni scorsi De Rita e il Censis hanno riposto le speranze di ripresa in una “neoborghesia” che sembrava avere l’energia necessaria per spingere il Paese al cambiamento, quel gruppo di imprenditori orientati all’export, professionisti alla frontiera del digitale, innovatori del made in Italy alimentare. Dovevano essere loro a salvare l’Italia ma, scrive il Censis, “l’evoluzione di questi ultimi anni è andata in altra direzione”. Si sono rivelati più conservatori del previsto, gli imprenditori non hanno voluto mettere a rischio il controllo dell’impresa, i giovani sono andati a studiare all’estero, chi lavora in Italia ha speso le energie migliori per limitare la concorrenza e cercare protezione nelle regole invece che nel talento. E così si arriva alla diagnosi: “vitalità senza efficacia”. Twitter @stefanofeltri PORTFOLIO foto di Umberto Pizzi Roma inciuciona no stop COMPLEANNI Non c’è inchiesta su Mafia Capitale che tenga di fronte ai salotti bipartisan di Roma. I compleanni di due manager fanno apparire Schifani con una donna giovane FRAMMENTI In queste feste si inciucia di politica in senso consociativo, ma poi c’è sempre il momento del ballo, con tanto di bicchiere in mano. Frammenti della grande bruttezza GENTISMO. C’è il populismo, e poi c’è la sua attuale declinazione italica: il “gentismo”, cioè il tentativo dei politici di compiacere quell’entità al contempo collettiva e individualista nota come “gente”. La cosa interessante è che il Censis sostiene che sono anche gli italiani a percepirsi come un insieme indistinto, uniforme nelle esigenze e nelle richieste alla politica. Siamo tutti soggetti e vittime del “gentismo” che però non diventa condivisione o mobilitazione di massa. Anzi: c’è grande richiesta di diritti soggettivi, da quelli relativi all’inizio della vita LA BADANTE Al party nella Galleria Sordi, a Roma, dopo Schifani in quota Ncd, ecco Paolo Romani e la badante-senatrice di B., Mariarosaria Rossi che sgrana gli occhi alla Gasparri VELTRONIANO A completare la composizione partitica del party arriva Walter Verini del Pd. Veltroniano storico, oggi è un deputato renzianissimo UN GIORNO IN ITALIA il Fatto Quotidiano R oma, il prefetto annulla trascrizioni dei matrimoni gay LA PREFETTURA annulla le nozze gay celebrate nella Capitale dal sindaco Marino e il Gay Center annuncia ricorso. Con una lettera del prefetto Pecoraro alle 16 coppie omosessuali è stato annunciato l’annullamento delle trascrizioni dei loro matrimoni, celebrati all'estero, e riconosciuti il 18 ottobre in Campidoglio: “Siamo pronti a fare ricorso contro l'annullamento dell’atto di trascri- zione dei matrimoni gay da parte della Prefettura di Roma negli uffici dell’anagrafe del Comune. Si tratta di una decisione illegittima che segue una campagna politica del Ministro dell’Interno Alfano”. La nota è stata firmata dal portavoce di Gay Center Fabrizio Marrazzo che aggiunge: “L'avvocato Daniele Stoppello sta procedendo a tutela della coppia di nostri volontari Domenico e Jeff SABATO 6 DICEMBRE 2014 13 che hanno visto trascritto il loro matrimonio avvenuto in Belgio da parte del sindaco Marino. C'è però una cosa che rende questa vicenda ancora più sconcertante. E cioè che i matrimoni gay siano visti come un problema di ordine pubblico. Se Roma - conclude - fosse nota al mondo per i diritti civili e non per l'illegalità o la mafia sarebbe meglio per tutti”. Loris, l’auto della mamma sul luogo del delitto TANTE DISCORDANZE, DAGLI ORARI ALLE FASCETTE DI PLASTICA CONSEGNATE A SCUOLA di Giuseppe E Lo Bianco ro convinto che giovedì sera la mamma di Loris non sarebbe uscita dalla Questura, in quel contesto familiare stanno emergendo cose molto brutte’’. La sensazione di uno dei medici legali incaricati dalla procura di verificare gli abusi sessuali sul corpo del piccolo Loris traccia con precisione i confini delle indagini di Sco e carabinieri a caccia dell’assassino di Andrea Loris Stival, 8 anni, strangolato sabato mattina con una fascetta da elettricista e poi gettato in un canalone di cemento nelle campagne di Santa Croce Camerina. Nessuno, né in procura né tra gli investigatori, conferma che la donna è indagata, ma tutte le attività degli inquirenti hanno avuto ieri un unico obiettivo: cercare una traccia per inchiodare Veronica Panarello alle sue bugie, ormai palesi, ma anche alle incongruenze e contraddizioni scoperte dalle telecamere disseminate per le strade del paese. Gli esperti della scien- tifica hanno cercato di isolare tracce di dna su un paio di forbici sequestrate a casa della donna, ritenute a un primo esame compatibili con quelle presumibilmente utilizzate dall’assassino per tagliare la fascetta elettrica dal collo ormai esanime del piccolo Andrea; e proprio alcune fascette, anche queste in astratto compatibili con quelle utilizzate per strangolare il bimbo, sono state stranamente consegnate dalla mamma alle maestre venute a casa in visita di condoglianze: “Tenete, sono quelle utilizzate per il compito di scienze”. Ma la preside ha smentito che quegli oggetti fossero stati adoperati durante le ore di lezione, “se non di nascosto”, ha detto. Perchè dunque, con il corpo ancora caldo del piccolo Andrea, la mamma si preoccupa di restituire oggetti mai utilizzati a scuola? E PERCHÉ quella mattina di sabato la sua automobile, una Volkswagen Polo nera, ripresa da una telecamera del paese, si è diretta verso il Mulino Vecchio, l’area di campagna in cui nel pomeriggio sarebbe stato ritrovato Veronica Panarello, al centro, assieme al marito Ansa Sulla barca dei disperati 17 migranti morti per il freddo SCIENTIFICA AL LAVORO Ennesimo sopralluogo della polizia LaPresse L’ONU: SENZA L’OPERAZIONE MARE NOSTRUM IN ESTATE SARÀ L’INFERNO I 17 migranti morti nel Canale di Sicilia al largo di Tripoli sono deceduti per ipotermia. Altri 76 sono sopravvissuti. Crepeau, relatore Onu: “Frontex è insufficiente” Ansa il corpo del figlioletto? Una verifica completa dei movimenti della donna è affidata alla lettura dei dati del Gps in uso alla Polo nera che Veronica Panarello ha dovuto consegnare agli inquirenti, anche per accertare se esiste un buco di 15 minuti nei suoi movimenti: al castello di Donnafugata sarebbe dovuta arrivare intorno alle 9:40 (da LE TELECAMERE In una registrazione si vede la Polo della Panarello, la mattina della sparizione, dirigersi verso il Mulino Vecchio Santa Croce Camerina si impiegano in auto 15-20 minuti) e invece è giunta alle 9.55, come ricorda uno dei partecipanti al corso di cucina: “scusandosi del ritardo e dicendo di avere avuto dei problemi”. Quali, non lo ha chiarito con i giornalisti neanche il suo legale, l’avvocato Francesco Villardita, che fino a qualche giorno fa si ostinava a ripetere che la sua assistita “è parte lesa”, e che ieri ha trascorso l’intero pomeriggio fuori dallo studio, come ha riferito la sua segretaria, dribblando i giornalisti e senza rilasciare alcuna dichiarazione. Si attenua, infine, la posizione dell’unico indagato per l’omicidio, il cacciatore Orazio Fidone: “Quella mattina ero al mercatino di Vittoria, le telecamere lo dimostreranno”. Agli investigatori dovrà spiegare il possesso illegale di armi ed esplosivo trovati in casa sua. Corona, presidente antiracket chiede la grazia BOCEDI, RESPONSABILE DI SOS ITALIA: “HO SCRITTO A NAPOLITANO AFFINCHÉ CONCEDA GLI ARRESTI DOMICILIARI AL FOTOGRAFO” di Davide Milosa lla fine la domanda di grazia per Fabrizio A Corona è arrivata. Dopo mesi di denuncia, Paolo Bocedi, presidente dell’associazione an- tiracket Sos Italia, ha preso carta e penna e il 28 novembre scorso ha scritto direttamente al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Alla base della lettera la richiesta di concessione da parte del capo dello Stato dei domiciliari all’ex re dei paparazzi condannato a nove anni di carcere per diversi reati tra cui il più grave è quello di estorsione aggravata ai danni dell’ex calciatore della Juventus David Trezeguet. Si tratta, infatti, di un reato ostativo che costringe Corona a non usufruire di pene alternative per i primi cinque anni di condanna. La decisione dei giudici di Milano appare molto rigida soprattutto se si pensa che lo stesso Trezeguet recentemente ha negato di essersi sentito minacciato dal fotografo. Non solo. All’incontro con il calciatore, Corona ci andò con l’autista (da qui l’aggravante per la presenza di una seconda persona) solo perché in quel periodo non poteva guidare l’auto. Oltre alla richiesta di grazia parziale, sempre ieri Bocedi ha annunciato che domani sarà in piazza durante la prima della Scala per chiedere pubblicamente la grazia parziale. “Sarò lì con i membri della mia associazione a esporre cartelli con la scritta: grazia parziale per Corona”. Il caso, dunque, promette novità. “Ho parlato con persone molto vicine a Fabrizio - ha commentato ieri Bocedi - e me lo hanno raccontato in pessime condizioni e anche con idee suicide”. E ancora: “Io mi occupo di mandare in galera estorsori, mafiosi e anche uomini dello Stato come accaduto con l’ex prefetto Carlo Ferrigno e la condanna a Corona è ingiusta”. E così dopo aver atteso invano di poter andare a trovare il fotografo nel carcere milanese di Opera dove è recluso ormai da due anni, Bocedi, personalmente, ha scritto al Colle. Una pagina non di più, che inizia con la citazione di un passo di Giuseppe Ungaretti. “La luce del mat- tino dopo la notte rende l’immensità del creato che mi pervade e riempie di gioia”. Quindi la richiesta a Napolitano: “Egregio presidente s’illumini d’immenso e dopo il buio del carcere conceda la luce al povero Fabrizio Corona. La prego anche durante il mese bianco di provvedere sulla richiesta di grazia parziale. Creda egregio presidente alla mia sincera devozione”. Quindi la firma con il logo dell’associazione antiracket. Bocedi già ad agosto scorso aveva fatto richiesta al direttore del carcere di Opera di poter incontrare Corona. Domanda lasciata inevasa per mesi dal tribunale di Sorveglianza. Quindi a ottobre Bocedi scrive direttamente al ministro della Giusti- zia Andrea Orlando, sollecitando una decisione. Da lì a pochi giorni lo stesso Bocedi viene contattato dal vice ministro che gli annuncia una telefonata da parte del Dap che gli darà conto del motivo per cui la sua domanda è stata rifiutata. “Il vice direttore delle carceri mi disse che andare a trovare Corona sarebbe stato solo un fatto mediatico e che lo stesso Fabrizio è stato rovinato soprattutto dalla stampa e dai media in generale”. Per la grazia a Corona, nell’ottobre scorso, si era scomodato addirittura Adriano Celentano. “Caro Presidente Napolitano - aveva scritto il molleggiato - mi scusi, se con tutti i grattacapi che immagino lei abbia, anchio mi accodo con una richiesta di grazia per Fabrizio Corona”. Ad agosto, poi, lo stesso Corona durante la trasmissione In Onda aveva letto una lettera dove, oltre ad ammettere le proprie colpe, diceva: “Che cosa mi hanno fatL’APPELLO DI CELENTANO to? Cosa sono riusciti a farmi? Non è giusto, è allucinante, è L’ex re dei paparazzi, secondo persone a lui incredibile, è schifoso (…) a vicine, è in pessime condizioni di salute. Pure il malapena mangio, ho lo sguar“molleggiato” si è schierato per la scarcerazione do fisso e perso nel vuoto”. UN GIORNO IN ITALIA il Fatto Quotidiano “M ondadori diffamò Boccassini Ora la risarcisca” IL PROCURATORE AGGIUNTO Ilda Boccassini dovrà essere risarcita con 80 mila euro per la diffamazione subita quindici anni fa con un articolo scritto da Lino Jannuzzi su Panorama dal titolo “Storia di cimici (finte) e di inganni (veri)”. Lo ha stabilito ieri la Terza sezione civile della Cassazione, convalidando la sentenza della Corte d’appello di Roma del maggio 2007 che, in riforma della decisione di primo grado, aveva condannato in solido Jannuzzi, il direttore responsabile del settimanale Roberto Briglia e la casa editrice Arnoldo Mondadori Editore a risarcire il magistrato. L’articolo incri- SABATO 6 DICEMBRE 2014 15 minato faceva riferimento alle indagini condotte dalla Boccassini sulla corruzione di alcuni magistrati e avvocato romani e alla vicenda delle intercettazioni ambientali fatte nel 1996 al Bar Mandara di Roma, nel corso di una conversazione tra i giudici Renato Squillante e Francesco Misiani. LaPresse LEGA In Parlamento gli “Amici di Putin” n Parlamento arriva il gruppo “Gli amici di Putin”. Ovviamente a sua insaputa e ovviamente compoI sto da persone che nulla hanno a che fare con il pre- Si sgonfia la bufala Expo solo 4 mila le assunzioni SMENTITE LE PROMESSE: 308 MILA POSTI DI LAVORO STIMATI DALLA BOCCONI, 190 MILA PER LA CAMERA DI COMMERCIO, 70 MILA SECONDO GLI ORGANIZZATORI di Gianni Barbacetto L Milano e promesse erano mirabolanti. Le previsioni sbalorditive. Le proiezioni stupefacenti. Expo doveva portare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro. Doveva essere la benzina per far ripartire Milano, anzi l’Italia. Ora, a quattro mesi dall’apertura dell’esposizione, la Cgil fa i conti e le promesse crollano, le previsioni vengono smentite, le proiezioni si mostrano per quello che sono: propaganda. Sono solo 4 mila i posti di lavoro prodotti da Expo. Il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina a luglio aveva annunciato: “L’Expo 2015 sarà sicuramente un’occasione per creare nuovi posti di lavoro, perché per sei mesi avremo il mondo intero a discutere in Italia di agroalimentare”. Sì, ma tutto questo discutere quanti occupati in più produrrà? LA GRANCASSA aveva comin- ciato a battere già nel 2007, non appena Milano si era presentata alla gara, a Parigi, per ottenere l’esposizione. Nel dossier di candidatura erano segnati due numeri: 240 mila, i nuovi posti di lavoro stabili; e 70 mila, quelli a termine per realizzare e gestire l’evento. L’università Bocconi era riuscita a fare perfino di più: uno studio del suo Centro di economia regionale dei trasporti e del turismo, coordinato dal professor Lanfranco Senn, nel novembre 2010 era arrivato a stimare che i nuovi posti di la- voro sarebbero stati 308 mila. È il record. Poi si va a scendere. Un dossier della Camera di commercio di Milano aggiusta un po’ il tiro e scrive: “Con l’esposizione universale si stimano dal 2012 al 2020 in 190 mila le unità di lavoro aggiuntive impegnate per Expo, di cui oltre 100 mila a Milano”. Le previsioni della società Expo spa nel 2012 erano poi scese a 70 mila. Adesso la Camera del lavoro milanese della Cgil ha elaborato i dati dell’osservatorio provinciale sull’occupazione ed è arrivata a una cifra che fa im- pallidire tutte quelle sparate finora: 4.185. “A fine ottobre le aziende che hanno avviato assunzioni finalizzate espressamente all’Expo”, spiega Graziano Gorla, il segretario della Camera del lavoro, “sono 1.733, per un totale di 4.185 lavoratori. Solo 700 in più rispetto al maggio scorso, quando erano 3.400. Di questo passo, non arriveremo neanche alle assunzioni stimate da noi della Cgil”. ERANO 20 MILA, quelle pre- viste dal sindacato in risposta alle 70 mila sparate da Expo. Nel maggio scorso, a un anno dall’apertura dell’esposizione, il sindacato le aveva ridimensionate a 9 mila. “Ora credo che non arriveremo neppure a questa cifra”, conclude Gorla. IL SINDACATO Il segretario della Camera del lavoro: “Se continua così non raggiungeremo neppure quota 9 mila, prevista dalla Cgil” L’Expo si sgonfia, nel quadro di un mercato del lavoro preoccupante. Milano ha raggiunto un tasso di disoccupazione dell’8,2 per cento, aggiungendo un punto in più in soli sette mesi. Ha accorciato le distanze dal dato nazionale, che è il 14 per cento: “È una cosa mai successa nella storia di Milano e sidente russo: sono senatori e deputati della Lega Nord capitanata da quel Matteo Salvini che un mese fa andò in visita a Mosca. L’invito a “iscriversi al gruppo Amici di Putin” è stato inviato ai colleghi onorevoli dal leghista Paolo Grimoldi con l'obiettivo di “contribuire a pacificare i rapporti diplomatici, politici ed economici” tra Italia e Russia. Secondo Grimoldi le sanzioni ai danni della Russia “stanno producendo danni incalcolabili alla nostra economi”. La lettera elogia le politiche del Cremlino “che ha dato il via libera a un maxi-progetto per l'installazione della rete wi-fi gratuita su tutte le metropolitane di Mosca, ne beneficeranno 7 milioni di persone, ogni giorno. E poi c'è chi parla di regime e di limiti alla libertà d'espressione. La verità è che accedere e scambiare informazioni è più facile in Russia che in Italia”. Argomentazioni che “hanno dell’incredibile”, secondo il deputato di Sel Franco Bordo. “La Lega organizza un gruppo di supporto alla Russia contro le sanzioni Ue, difendendo il regime. Non contenti del successo del loro leader al congresso dei neofascisti del Front National, imitano in tutto Le Pen e compagnia”. della Lombardia, dove la disoccupazione è sempre stata un terzo di quella nazionale”. Ed Expo non riesce a invertire la tendenza. Porta pochi posti di lavoro e poco qualificati: “Sono per lo più provvisori e a termine”. Con un basso livello di specializzazione: manovali, camerieri, addetti alla pulizie, magazzinieri, parrucchieri, telefonisti, addetti di call center. Dei 4.185 avviamenti al lavoro attribuibili all’esposizione, il 24 per cento sono nel settore edile: mille contratti che per definizione termineranno con la fine dei lavori, dunque entro il maggio 2015 quando Expo aprirà i cancelli. Il 42 per cento degli avviamenti sono con contratti a tempo determinato, il 17 sono collaborazioni, il 4,8 contratti di apprendistato, il 4,6 sono lavoro intermittente e il 3,2 tirocini. Solo il 28,8 sono contratti a tempo indeterminato. Ma attenzione, segnala Gorla, è un tempo indeterminato che indeterminato non è: “Questa tipologia di contratto è normalmente usata in edilizia, ma accompagna la realizzazione del cantiere e dunque si conclude al termine dei lavori”. C’erano stati segnali di ripresa dell’occupazione dopo la pausa estiva, ora però sembrano esauriti. “Continua un forte incremento della cassa integrazione guadagni”, dice Gorla, “che ha ormai superato i 10 milioni di ore. E adesso a questo segnale negativo si aggiunge anche l’improvviso declino degli avviamenti al lavoro e del numero delle aziende attive sul mercato”. BERGAMO “Troppi bimbi non cattolici” E la scuola bandisce il presepe di Davide Vecchi Bergamo l rifugio per gli stranieri a Bergamo si chiama I Celadina. Venti anni fa c’erano pochi condomini ora è diventato un quartiere. Buona parte dei circa 16 mila cittadini stranieri in città vive qui, al confine della periferia orobica. All'istituto scolastico De Amicis gli alunni non italiani sono quasi il 50 per cento e qui da ormai otto anni il preside della scuola, Luciano Mastrorocco, ha deciso di non realizzare il presepe per non discriminare chi non crede nella religione cattolica. Questo è il nono Natale consecutivo senza presepe per gli alunni della scuola, ma quest'anno l'assenza di presepe sta diventando un caso perché, dopo una breve discussione tra preside e pochi genitori, è arrivata la politica. E la vicenda si è amplificata. La Lega (e l'ultimamente onnipresente Matteo Salvini) ha annunciato il suo arrivo nelle scuole ele- mentari per portare un presepe, l'esponente di Ncd Gabriele Toccafondi, sottosegretario all'Istruzione, ha definito “irragionevole” la posizione del preside, seguito dal suo collega ed ex ministro Carlo Giovanardi che l’ha invece definita “farneticante”. Eppure per otto anni tutto è andato alla perfezione, racconta il preside Mastrorocco. “In classe ognuno può portare un contributo, ma accendere un focus cerimoniale e rituale può risultare soverchiante per qualcuno, che potrebbe subire ciò che non gli appartiene. Non sono l’anticristo, ma questo è l’orientamento che ho dato all’istituto da otto anni, quando sono arrivato qui. È stato un modo per rispettare tutti”, spiega. Mentre il Crocefisso, garantisce, “rimane appeso ai muri perché se lo tolgo se ne fa una questione di Stato e ho cose più importanti di cui occuparmi”. Tutto è nato dalla richiesta di spiegazioni a Mastrorocco rivolta dal rappresentante di una terza elementare, Andrea Camozzi, che vorrebbe venissero rispettate “le nostre tradizioni”. A Camozzi il preside ha risposto che non cambierà idea neppure se la maggioranza delle famiglie dovesse chiedere di reintrodurre il presepe. Tra i genitori favorevoli c'è anche Fabio Gregorelli, consigliere comunale del Movimento 5 Stelle: “Il presepe non offende nessuno, vietarlo CASO POLITICO in una scuola è una assurdità”. Ovviamente il preside la pensa diversaInsorgono Ncd e Lega. Giovanardi parla di decisione mente: “La scuola pubblica è di tutti e farneticante, Salvini annuncia una visita: lo portiamo noi. non va creata alcuna occasione di diMa anche un consigliere del M5S si oppone: un’assurdità scriminazione”. 16 ALTRI MONDI SABATO 6 DICEMBRE 2014 Pianeta terra il Fatto Quotidiano CINA ARRESTATO EX CAPO SICUREZZA Sarà processato Zhou Yongkang, ex intoccabile capo supremo della sicurezza interna. L’ufficio politico del Partito comunista lo ha già espulso. A decretarne l'incarcerazione è stata la Procura che lo accusa di abusi, ruberie, malversazione. E sullo sfondo c’è pure uno scandalo sessuale. LaPresse INDIA DENUNCIA GLI STUPRATORI: BRUCIATA VIVA A 17 anni aveva avuto il coraggio di denunciare i tre uomini che l’avevano violentata nello Stato del Punjab, a Ludhiana. Ma gli stupratori, appena usciti dal carcere, si sono vendicati: l'hanno cosparsa di benzina e le hanno dato fuoco. La ragazza lotta fra la vita e la morte. LaPresse ANCHE L’ONU CRITICA GLI USA DOPO L’ENNESIMO OMICIDIO DI UN NERO DA PARTE DELLA POLIZIA. A NEW YORK CORTEI DI PROTESTA BLOCCANO LA CITTÀ. IL SINDACO DE BLASIO: “SERVE UNA NUOVA GENERAZIONE DI AGENTI” di Angela Vitaliano PENTAGONO La nomina del “maledetto Carter” olo qualche minuto dopo la nomina di Ashton S Carter come nuovo segretario alla Difesa, l’Isis ha mandato il suo messaggio su un profilo Twitter S ono 233 le persone fermate a New York durante gli ultimi due giorni di proteste esplose a seguito della decisione del Grand Jury di non incriminare l'agente Pantaleo che, lo scorso luglio, causò la morte del 49enne Eric Garner per strangolamento, sopraggiunto dopo averlo bloccato con una presa al collo. Rabbia e tensioni aggravate dall’episodio di Phoenix, in Arizona, con l’uccisione di un trentenne che, fermato dagli agenti, era stato ucciso per una mossa giudicata sospetta. Addirittura l’Onu ha espresso “preoccupazione per i diritti umani” al ripetersi degli episodi di violenza della polizia contro i neri. Diversi i cortei che si sono mossi in diversi punti cruciali di Manhattan: uno, partendo dalla zona sud, ha raggiunto il ponte di Brooklyn mentre un altro, da Harlem, ha attraversato tutta la città causando rallentamenti all'altezza dei tunnel di accesso alla città. Le manifestazioni, nonostante gli arresti, non sono state accompagnate, a differenza che a Ferguson, da nessun incidente o azione violenta. “I dimostranti non avevano intenzione di usare la violenza - ha detto il capo della polizia, Bill Bratton - e la polizia aveva tutte le intenzioni di lasciare loro lo spazio adatto a manifestare. Penso che uno dei benefici di cui godiamo in questa città è che abbiamo tante diverse manifestazioni. Ogni settimana gestiamo circa 150 eventi”. INTANTO, i leader dei diritti ci- vili, a cominciare da Al Sharpton, condannano un sistema giudiziario che “non funziona” e sperano che l'indagine predisposta dal governo federale possa portare ad una, seppur tardiva, giustizia per Eric Garner. Il sindaco Bill De Blasio - che ha rivelato di consigliare al figlio, nero, di “stare attento quando esce” - ha assicurato che la città provvederà alla formazione di una nuova generazione di poliziotti, addestrati con criteri precisi, soprattutto, a relazionarsi alle persone fermate in strada. Un punto fondamentale che anche il presidente Obama sottolinea ribadendo che “una delle priorità sarà quella di assicurare che i cittadini possano rivolgersi alle forze dell'ordine con fiducia, senza temere nessun tipo di discriminazione”. Obama e De Blasio hanno annunciato che collaboreranno per favorire un dialogo fra la polizia e i leader delle minoranze etniche presenti in città. L'eco della protesta di New York, come era già avvenuto dopo i fatti di Ferguson, è arrivato, peraltro, in molte altre città del paese: da Philadelphia a Boston, da Chicago a Detroit. riconducibile allo Stato Islamico: “Benvenuto all’inferno”. Carter è stato scelto dal presidente Obama per sostituire Chuck Hagel, che si è dimesso la scorsa settimana. La nomina deve essere ora confermata dal Senato: ma non dovrebbero esserci contestazioni, la figura di Carter è ben vista anche dall’ala repubblicana. Nato nel 1954 a Philadelphia, in Pennsylvania, Carter da tempo lavora nell’ambito della difesa e della sicurezza nazionale per il governo degli Stati Uniti. Dall’ottobre 2011 al dicembre 2013 è stato numero due del Pentagono. La sua nomina segnerà una condotta più aggressiva nella politica estera? Di certo c’è che nel 2006 Carter scrisse assieme all’ex ministro alla Difesa Willliam Perry, un articolo sul Washington Post per chiedere all’amministrazione Bush attacchi preventivi contro la Corea del Nord se Pyongyang fosse andata avanti con i test dei missili balistici. “La diplomazia ha fallito, e non possiamo rimanere seduti ad aspettare che questa minaccia mortale maturi”. Le analogie con l’Isis che dilaga in Medio Oriente sono evidenti. NOTTE DI RABBIA Il corteo sul ponte di Brooklyn e tre momenti degli scontri, degli arresti e del blocco (in alto) del metrò a New York LaPresse/Ansa L’intervista Alexander Stille Con Obama l’America è più razzista di Beatrice Borromeo L a violenza delle forze dell’ordine, in America, non è una novità. “Ho capito quanto in fretta possano degenerare le cose quando sono stato arrestato solo per aver suonato un clacson”, racconta Alexander Stille, professore di giornalismo alla Columbia University di New York. “Mi coprivano d'insulti, se avessi anche solo accennato una reazione mi avrebbero malmenato, e la situazione sarebbe diventata molto pericolosa”. Ma i nervi tesi della polizia a stelle e strisce scattano con molta più facilità quando lo scontro avviene con una persona di colore: secondo l’Fbi, tra il 2005 e il 2012 gli agenti hanno usato la forza contro i neri, con conseguenze mortali, quasi due volte alla settimana (un caso su 5 riguarda ragazzi sotto i 21 anni). “È un problema che ha radici lontane – spiega Stille - già negli anni ‘80, sotto Giuliani, c’era la logica del ‘noi contro loro’. E loro sono i neri”. Come lo spiega? Prendiamo l’esempio dei poliziotti newyorchesi. Fanno un lavoro malpagato, vivono fuori città e dunque non fanno parte della comunità che devono sorvegliare. Considerano i neri come animali perché vivono in condizioni peggiori delle loro e perché, tra gli afroamericani, c’è un tasso di delinquenza più alto. Fanno un’equazione molto facile: uomo nero uguale criminale. Il problema resta di matrice razzista. I bianchi hanno la percezione che la maggioranza dei reati sia commessa dai neri, ma non è vero. Ne commettono di più in proporzione, ma resta comunque una minoranza dei crimini. I bianchi, poi, pensano che la delinquenza sia in aumento, mentre è in calo notevole. C’è uno stato di allarme costante, e gli agenti, che vengono da vecchie migrazioni irlandesi o italiane, sono pieni di risentimento e pronti a esplodere appena incontrano la minima resistenza. C’è un abuso di potere, e di forza, molto diffuso. In America, poi, la polizia ha più libertà di manovra che in Europa. Qui non hanno, per esempio, il doBarack Obama. Sotto, Alexander Stille LaPresse vere di retrocedere se la situazione diventa pericolosa. Calmare gli animi PARADOSSO non è una priorità. Poi c'è un abisso ETNICO culturale e psicoloIl sentimento gico tra le comunità. I bianchi sono xenofobo è cresciuto stufi di sentir parlare di razzismo, per contrapposizione. mentre i neri lo viI bianchi votano vono in continualiziotto vede in un giozione. Basti pensare contro i democratici. vane nero una minaccia che i conducenti neri, in autostrada, E quasi nessun agente per la sua vita. A Ferguson, dove è stato vengono fermati 6 ucciso Michael Brown, i di polizia è di colore volte più dei bianpoliziotti bianchi erano chi per le stesse in50 su 53. frazioni. E poi nelle carceri americane ci sono centinaia di È un elemento fondamentale. Stessa migliaia di giovani neri, reclusi per reati storia a NY. Stanno capendo, molto lennon violenti come il possesso di stupe- tamente, che bisogna assumere polifacenti: e di certo non si drogano più dei ziotti di colore per migliorare il rapporbianchi. Ai neri, per gli stessi delitti, vie- to con la comunità, altrimenti saremo ne inflitta la pena di morte molto più sempre ‘noi e loro’. facilmente che agli imputati bianchi. Perché le giurie popolari hanno negato C’è uno squilibrio legato alla nostra due volte di seguito l’incriminazione dei lunga e tragica storia razziale che invade poliziotti coinvolti nelle sparatorie? Il anche il settore della giustizia. Un po- razzismo è così radicato anche tra la gente? C’è un vecchio detto nel mondo dei tribunali: puoi far condannare anche un panino. Nel caso di Ferguson risulta abbastanza evidente che le prove sono state presentate in modo favorevole al poliziotto. E nella fase della Grand jury non c’è il diritto di difesa, dunque l’accusa ha moltissimo potere. Solo al processo la difesa può smontare le prove. Non è una contraddizione che un Paese così intollerante sia guidato da un presidente nero? Anzi: la presidenza di Obama ha aumentato il sentimento razzista in America. È difficile sapere se questo ha influito nei casi specifici delle ultime settimane, ma di certo il paese oggi è più polarizzato. Le ultime tre elezioni dimostrano che i bianchi votano in gran parte contro il partito di Obama. L’unico effetto positivo è stato sulla comunità nera, che risponde in maniera più moderata alle provocazioni. Quanto pesa il fatto che negli Usa chiunque può avere un’arma? Ci sono 300 milioni di armi: praticamente una per ogni cittadino. Nel caso di Phoenix, il poliziotto ha visto l’uomo mettere le mani in tasca e ha sparato pensando cercasse la pistola. In un secondo momento hanno scoperto che aveva effettivamente un’arma in auto: non l’aveva usata, né toccata. Ma la paura rende più complessi questi scontri. Gli Usa vivono una negazione totale del problema. Gli americani sono convinti che sia più sicuro girare armati anche se tutti gli studi dimostrano che chi possiede una pistola è molto più esposto al rischio di una morte violenta. Situazione assurda e inaccettabile, ma difficilmente cambierà. il Fatto Quotidiano ALTRI MONDI USA ORION, QUATTRO ORE NELLO SPAZIO Un viaggio di circa quattro ore e mezzo, con due orbite intorno al pianeta: è andato come da programma il test della capsula Orion, destinata ai voli umani per la Stazione Internazionale, la Luna e Marte; è stata inaugurata così l’era del dopo Shuttle, andato in pensione nel 2011. LaPresse KENYA NIENTE PROCESSO PER KENYATTA Insufficienza di prove. Per questa ragione Uhuru Kenyatta non sarà processato dalla Corte Penale internazionale. Il procuratore ha ritirato ogni accusa - crimini contro l’umanità - contro il presidente keniano, il primo capo di Stato a comparire davanti ai giudici dell’Aja. Ansa SABATO 6 DICEMBRE 2014 17 Ebola, il medico italiano attaccato al respiratore Commissari Ue tutti pazzi per l’indennità CONDIZIONI PEGGIORATE. LA MISSIONARIA AMERICANA NANCY WRITEBOL: “COSÌ MI HANNO SALVATA DAL VIRUS” di Andrea Valdambrini di Alessio Schiesari I l medico di Emergency contagiato da Ebola è attaccato a una macchina che lo aiuta a respirare. Dopo un timido miglioramento durato due giorni le sue condizioni si sono aggravate giovedì sera. Da allora, riferiscono dall'ospedale Spallanzani, è ricoverato in terapia intensiva. Giovedì pomeriggio il direttore dell'Istituto, Giuseppe Ippolito aveva parlato di “andamento altalenante” della malattia. Secondo l'ultimo bollettino dell’Organizzazione mondiale della sanità, i casi di Ebola accertati finora sono 17.290, i morti accertati 6.128. Il Paese più colpito è ancora la Liberia (7.650 contagi e 3.155 decessi). Qui però, anche grazie all’intervento Usa, la pandemia sembra rallentare. Non così in Sierra Leone (il Paese in cui sono impegnate tutte le ong italiane) che con 7.420 contagi e 1.609 morti è diventato il focolaio più preoccupante. Smentiti due casi di Ebola in Sicilia, legati a cittadini stranieri: “Nessun caso all’Ingrassia e nessuna patologia di particolare rilevanza ha dichiarato il direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Palermo, Antonino Candela, aggiungendo: “Sue pazienti stranieri sono stati visitati, presentano sintomi di patologie di non particolare rilievo”. Quello di Emergency è il ventiduesimo occidentale che ha contratto Ebola. Finora 5 non ce l’hanno fatta, 6 sono in cura e gli altri 11 sono sopravvissuti. Tra loro c’è l’infermiera missionaria Nancy Writebol. Nel luglio scorso, la donna di 58 anni è stata, in contemporanea col medico Kent Brentley, la prima cittadina Usa a contrarre il virus. Si trovava a Monrovia con l’onlus Sim che, come buona parte delle ong americane, tratta i malati di Ebola in Liberia. “Io e mio marito eravamo missionari in un ospedale della capitale. Lavoravo all'unità di isolamento: mi occupavo di decontaminare abiti e protezioni usati dai medici. Il 22 luglio ho cominciato a stare male. Credevo fosse la stanchezza, invece la sera è ar- EMERGENZE rivato prima il CONTINUE mal di testa, poi Nancy Writebol, la la febbre. missionaria guarita All’inizio, e dall’Ebola. Accanto, questa è una co- il medico italiano stante di tutti i preso in cura al suo contagiati, cre- rientro Ansa/LaPresse devo di aver preso la malaria. Ho fatto il test che, in effetti, è risultato positivo ma, dopo tre giorni di medicine, la febbre non accennava a scendere. La mattina seguente ho fatto quello per Ebola: positivo. Come si è sentita? I medici ne hanno parlato a David, mio marito. È stato lui a dirmelo. Non me l'aspettavo, mi trovavo in LA LUNGA LISTA L’Organizzazione mondiale della sanità: più di 6000 morti e 17 mila infettati. Smentiti due contagi all’ospedale di Palermo DOLCE BRUXELLES SI CHIAMA “REINSERIMENTO AL LAVORO”: VALE MIGLIAIA DI EURO iene definita “indennità di reinserimento al lavoro”, ma con la giustizia sociale semV bra avere poco a che fare. Perché sono proprio una zona a basso rischio. Ancora oggi mi chiedo come abbia potuto ammalarmi, ma mi rendo conto sia una domanda inutile. La mia prima preoccupazione è stata per David: mi era stato accanto tre giorni, temevo si fosse ammalato anche lui. Ricordo che l’ho guardato e gli ho detto ‘andrà tutto bene’, ma non avevo la minima idea di quello che sarebbe successo. che suscita più speranze nella lotta contro il virus. È qualcosa di diverso da ogni malattia. Il mio corpo diventava ogni giorno più debole: non mangiavo, perdevo liquidi, ho rischiato la disidratazione. Ma l’andamento è lento: il picco l’ho raggiunto solo verso la fine della seconda settimana, poco dopo essere stata portata negli Usa. Ho avuto la febbre a 40. Ancora non sono al 100 per cento, ma sono felice che il mio plasma sia stato usato per curare altri due contagiati. Questa è forse la fortuna più grande per un sopravvissuto: sembra che il nostro sangue possa aiutare gli altri malati a guarire. Quali sono i sintomi? È stata una dei primi pazienti a essere trattati con lo Zmapp, il farmaco Sì, ho ricevuto due dosi quando ero ancora in Liberia. Non so se sia stato quello a salvarmi, ma certamente ha contribuito. L’isolamento è stato duro: dottori e infermieri entravano completamente rivestiti. Sono stata dichiarata ebola free il 19 agosto. Per 24 giorni non ho potuto toccare nessuno. Com’è la vita da sopravvissuta? Quella con Ebola è per lei un’esperienza conclusa? No, al contrario io e mio marito stiamo pensando di tornare in Liberia. tanti i soldi che spettano a chi che ne ha diritto. Si parla di personaggi come Hermann Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo fino a pochi giorni fa dopo un doppio mandato iniziato nel 2009. A lui, 67enne belga già primo ministro nel proprio Paese, appassionato di Haiku giapponese nonché “carismatico quanto uno straccio umido” secondo la colorita definizione dell’euroscettico Nigel Farage, spettano 350.000 euro in tre anni (115 mila l’anno, circa 9.000 al mese) prima di una pensione, ovviamente a vita, da 4.700 euro mensili. Soldi che servono davvero ad accompagnare il politico alla ricerca di un nuovo impiego o regalo d’oro “per stare senza far niente” a spese dei contribuenti europei? – si indiRompuy LaPresse gna il il quotidiano britannico Telegraph, che ha portato il fattaccio di Bruxelles all’attenzione del grande pubblico. L’indennità non riguarda solo Van Rompuy, ma anche gli alti ufficiali dell’Unione, a partire dai membri della Commissione. Per tutti lo scivolo d’oro dura tre anni e vale tra il 40 e il 65% dello stipendio base. Il regolamento interno aggiornato a maggio 2014, fissa a 20.832 euro lordi al mese lo stipendio dei singoli commissari (di fatto i ministri dell’Ue). I vice-presidenti prendono 23.150, l’Alto Rappresentante – ora Federica Mogherini – 24.100 e il presidente, che dall’1° novembre è Jean-Claude Juncker, 25.500. Le tasse possono variare, ma sono comunque nettamente inferiori al trattamento fiscale che si avrebbe in Belgio, in Italia o in molti degli altri Stati membri. “L’indennità di reinserimento professionale è una vergogna… e chi la percepisce dovrebbe essere indicato per strada come esempio di qualcuno che si arricchisce grazie all’Europa”, si legge in un commento del sito Eunews. @andreavaldambri Il ritorno al futuro del jihad ceceno L’ASSALTO A GROZNY NEL VENTENNALE DELLA PRIMA GUERRA VOLUTA DA MOSCA. SALTA LA “PAX PUTINIANA” di Leonardo Coen era vantato, il premier Ramzan Kadyrov, S’ un giorno di qualche mese fa, che la Cecenia era divenuta più sicura della Gran Bretagna. Che la ribellione era ormai faccenda di 4 o 5 poveri diavoli arroccati su qualche montagna. Invece, di nuovo sangue e terrore a Grozny, la capitale, messa a ferro e fuoco nella notte di mercoledì dai “combattenti della fede per l'indipendenza cecena”, a smentire la sicumera di Kadyrov e i sonni di Mosca: 19 morti (10 tra le forze dell'ordine, 9 tra i guerriglieri), più una quarantina di feriti tra gli uomini della sicurezza e i reparti delle unità speciali. Epicentro degli scontri, la Casa della Stampa sede di tv e radio dello Stato, azzittite dalla battaglia, dalle granate, da un incendio che ha devastato l'edificio di 8 piani, orgoglio di regime. Si è combattuto pure in una scuola vicino (la numero 20) e in un mercato del centro. L'attacco portato da diverse decine di combattenti dell’Islam wahabita - è stato rivendicato dal movimento islamista Emirato del Caucaso, e agli abitanti di Grozny è parso ripiombare indietro nel tempo, nei maledetti ricordi di uno dei conflitti più torbidi ed oscuri della storia russa. Spettri della memoria riapparsi giusto vent'anni dopo l'inizio della prima traumatica guerra cecena, quando Grozny subì violenti attacchi e bombardamenti russi indiscriminati, tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre del 1994, per rovesciare il governo indipendentista dell'ex generale sovietico Dzhokhar Dudayev. L’ASSALTO AI MEDIA della Cecenia addomesticata da Kadyrov, risoltosi dopo l’assedio, guidato dallo stesso premier, ai guerriglieri asserragliati nell’edificio è stato poi rivendicato con un video girato con uno smartphone: “Siamo mujaheddin dell'Emirato del Caucaso, siamo entrati in città su ordine di Amir Khamzat”. Il Comitato nazionale antiterrorismo dirà di aver eliminato tutti i ribelli asserragliati nella Casa della Stampa. Il condizionale è d'obbligo, le notizie ufficiali tendono a minimizzare le perdite e ridimensionare la portata dell'attacco: le foto che circolano nei siti russi e ucraini non “alli- neati” raccontano ben altra storia. Le autorità hanno decretato lo stato d’emergenza a Grozny, col divieto di entrarvi. Per poterla rastrellare senza troppi testimoni stranieri. Padre e figlio: la stirpe Kadyrov e l’assalto a Grozny di mercoledì notte LaPresse Il momento scelto per colpire Grozny non è stato casuale: poche ore prima dell'annuale comunicare ai russi tranquillità e fiducia “Noi discorso alla nazione del presidente Putin. Vo- ricordiamo molto bene chi sosteneva a casa nolevano rovinargli la festa. Volevano insinuare il stra il separatismo, e anche direttamente il terdubbio sulla “pax putiniana”, sabotare il sistema rore. Chiamavano ribelli e coloro che avevano le di controllo e sicurezza degli apparati di polizia. mani lorde di sangue, li ricevevano ai livelli più Una vendetta politica, infine: contro il principale alti. Abbiamo visto come si sono comportati alleato diplomatico e militare del regime siriano questi ribelli in Cecenia”. Vent'anni fa Mosca di Assad, nemico del cosiddetto stato islamico. E represse l'indipendenza cecena, lasciandosi alle contro il regime di Kadyrov, vassallo perfetto del spalle una nazione distrutta e senza risorse (salvo Cremlino, tant'è che ha ricevuto qualche anno fa il petrolio che finisce in Russia). Vent'anni dopo, ha annesso la Crimea e foraggia i separatisti della medaglia di eroe della Russia. Putin ha liquidato l'evento senza insistere, per l'est ucraino. 18 il Fatto Quotidiano SABATO 6 DICEMBRE 2014 INSULTÒ MAROTTA, LA FIGC GRAZIA LOTITO. FURIOSA LA JUVE FURTO ALLA GNAM DI ROMA, RUBATA UNA SCULTURA DI MEDARDO ROSSO “Con un occhio gioca a biliardo, con l’altro mette i punti”, disse il patron della Lazio. La Figc, che ha comminato una multa, ha così impedito a Marotta di querelare Lotito MONDIALI NUOTO, ORSI ARGENTO 50 SL, BRONZO PER LA 4X100 SL DONNE Furto alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, rubata una Testa di Medardo Rosso detta “Bambino malato”. Il valore della scultura si aggira intorno ai 500 mila euro SECONDO Altre due medaglie azzurre. Il bolognese firma la prima su questa distanza nella storia iridata azzurra. La 4x100 donne si assicura la prima medaglia con record italiano 3’29”48 TEMPO SPETTACOLI.SPORT.IDEE E il twittar m’è dolce in questo mare A di Elisabetta Ambrosi utori che scrivono poesie direttamente su Facebook, concorsi di poesia su Twitter, esperimenti di microscrittura sul web, account e blog di poeti scomparsi aperti da appassionati che mietono migliaia di follower. Altro che scomparsa: la poesia, agile e breve con natura, rinasce con i social media. Un matrimonio perfetto, secondo linguisti e critici letterari, che ormai vedono in Twitter un laboratorio linguistico dove fare sperimentazioni verbali guidate. COME il concorso-maratona lanciato lo scorso anno, in occasione del settimo centenario dalla nascita di Boccaccio, dal linguista Massimo Arcangeli – direttore dell’Osservatorio della Lingua Italiana di Zanichelli e consulente della società Dante Alighieri – insieme con Valeria Noli: 140 caratteri esatti, cioè un twoosh, per riassumere una novella. “Sono arrivati migliaia di tweet”, racconta, “alcuni assolutamente geniali. C’è un’enorme creatività che va solo alimentata”. O, anche, il concorso poetico che si è svolto l’anno scorso, nell’ambito del “Futura Festi- val” di Civitanova Marche, per raccontare Leopardi. Il titolo? “M’è dolce il cinguettar”: un tweet per parlare delle Operette o dello Zibaldone, e creare una sorta di “leopardeide moderna”. Una delle promotrici del Festival è stata Francesca Chiusaroli, docente di Linguistica all’Università di Macerata e inventrice dell’hashtag, collegato all’omonimo blog, #scritturebrevi, dove cura piccoli esperimenti di scrittura poetica. Tra i vari lavori, alcuni dei quali legati ad anniversari di poeti – come l’hashtag #emilyinme, dedicato a Emily Dickinson, che “è entrato subito nei trend topic” – c’è stato quello sugli incipit poetici – #incipitEPoi – che i follower dovevano continuare. “Centinaia sono stati i tweet, ciascuno con registri diversi, nati dal verso Se tu venissi in autunno (“Ti riconoscerei nella nebbia”. “Non m’importerebbe d’essere foglia al vento”)”, spiega Chiusaroli. Lo stesso è accaduto dopo l’invito a completare la frase “C’era una volta un re”, “che ha generato micro testi con diversi registri” (“C’era una volta un re, che amava un altro Re. E alla fine, uniti in matrimonio, vissero felici e contenti”). L’altro fenomeno della Rete sono gli account dei grandi poeti scomparsi, dietro i quali ci sono personaggi inaspettati. Come Alessandro Piana, 25 anni, inge- gnere gestionale che ha inventato l’account @il_leopardi “per diffondere un po’ di pessimismo nel mondo”. Uno dei tweet che gli ha fruttato più follower, racconta, è stato quello “dopo la semifinale degli Europei di calcio tra Italia e Germania – Merkel rimembri ancor quel tempo/quando invidia splendea negli occhi tuoi schivi/allorché dell'Italia l'eliminazione ambivi”. Andrea Salvatori, invece, ha 24 anni, è laureato in Logopedia e ha creato l’account Ugo Foscolo, seguito da “professori, poli- tici, studenti in cerca di consigli per compiti e verifiche”. “Cerco di portare un po’ di Foscolo nella giornata delle persone: Ugo dovrebbe essere un piacevole break aulico disponibile sul proprio telefono”. E poi c’è il seguitissimo account @Dantesommopoeta, che è anche un blog con ironiche categorie (come “Contrappasso 2.0” o “Vita Nòta”), curato da una donna e manager d’azienda, che si definisce “una dilettante che ama la modernità di Dante al punto da inventarsi una versione 2.0” e usa Dante per raccontare le passioni (“Amor che nullo amato amar perdona/mi prese di colei un piacere sì forte #Nutella”), la politica (Tanto gentile e tanto onesto pare/il buon Matteo, quand’egli altrui saluta/la sua lingua non sa restare muta), oppure annunciare i #ProgrammiXNatale (“Mi toccherà portare IN 140 CARATTERI Concorsi di poesia, esperimenti di microscrittura, hashtag e profili dedicati. L’uso dei versi, a tratti, rinasce con i social media Illustrazione di Doriano IL CONCERTO Un grande Snob incanta sempre enza una sola parola in più, Paolo Conte S frequenta da sempre il silenzio e conosce il linguaggio di chi sa tacere i suoi segreti. Rapiti dai suoi versi, tra metropoli danzanti e giochi d’azzardo, a scommettere su un tormentato galantuomo del gennaio 1937, al Sistina l’altra sera erano in tanti. Il tempo se n’è andato in controluce, ma Conte, ha saputo dare un ritmo agli anni suoi come nessuno. Ha navigato altrove rimanendo nella riserva indiana di Asti. Ha conquistato Parigi, Amsterdam e Montreal, descrivendo salgarianamente mondi che non avrebbe visto mai. Ha toccato religiosamente il pane e incontrato le rose spinose dell’autorialità obbligata schermendosi, anzi fuggendo, di fronte alle definizioni impegnative. E della timidezza, infine, ha fatto scudo proteggendosi dalla curiosità con canzoni straordinarie che per colpa di qualche non lungimirante discografico, avremmo potuto persino non ascoltare mai. “Hai un timbro sgraziato” gli dicevano ai tempi in cui l’avvocato Conte, dopo aver tanto scritto per gli altri, decise di incidere il suo primo disco. Era il 1974 e dipingendo madri insensibili e feroci: “Tuo padre è stato un magro affare”, semafori come totem nella nebbia padana e cugine in gita veneziana con il vizio dell’incontinenza verbale: “Quando descrisse anche il bidet / Ci siam sentiti come due pezze da piè”, Conte fece conoscere la sua voce a pochi intimi. Quarant’anni dopo, tramontate le feste dell’Unità e svanito “il consolante odore delle costine di maiale” che lo affascinava, la sua gente ha ancora fame di stelle, di jazz, di fiumi da scoprire volando ad alta quota sull’immaginazione. Ora che l’ap- provazione collettiva è un delirio a cui Conte risponde invariabilmente annuendo e inchinandosi il giusto, anche la presentazione di Snob, il suo ultimo, magnifico disco, è nient’altro che un pretesto per saccheggiare un repertorio infinito. COSÌ, AL SISTINA, in luogo degli ultimi pezzi, tra le poltrone rosse e i sipari, scorrono memorie ondulate, sguardi lunghi, sogni fortissimi e universi da riscaldare con lo spettacolo d’arte varia dell’amore. Chi lo ricorda àncorato al pianoforte, contornato dalla virtuosa band che lo accompagna da sempre (tra gli altri Jino Touche, Daniele Di Gregorio, Luca Velotti), si sorprende nel vederlo spesso in piedi, a mimare un volo con le braccia, a battere con le nocche sugli strumenti, a lasciare che il pubblico canti con lui la Beatrice al ristorante Da Ugolino”). E mentre si moltiplicano i concorsi nazionali ufficiali di poesia su Twitter – il primo è stato promosso dalla biblioteca Renato Fucini di Empoli – anche gli stessi autori e poeti cominciano a usare i social per diffondere i propri versi. “Secondo me Leopardi sarebbe stato contento di stare su Facebook: oggi è meglio fare come il contadino che vende i prodotti a chilometro zero, andando direttamente in Rete”, spiega il poeta Franco Arminio, che oggi pubblica i suoi versi direttamente sulla sua bacheca ricevendo in cambio olio, vino, pane e cioccolato. “Bisogna far uscire la poesia dalle biblioteche e dai luoghi istituzionali”, spiega Alessia Fava. Poetessa e giornalista – il suo ultimo libro è Cantami cose di terra – ha appena lanciato un progetto di poesia tramite Twitter (@poetssay), “per promuovere i libri di poesia delle piccole case editrici che spesso rimangono tra gli scaffali”. MA LA POESIA-MANIA conta- gia anche i giornali. Ad esempio il New York Times, dal primo dicembre ha lanciato una nuova rubrica: le notizie in versione poetica. L’iniziativa è stata rilanciata da Loredana Lipperini dal suo blog, che ha proposto di commentare i fatti della mafia romana con una poesia di Franco Fortini. Ma lo hanno fatto subito in tanti, tra cui Valeria Noli, che sui fatti di Roma ha scritto dei versi – “la Boldrini grida sdegno/ Alemanno si sospende/ e il sindaco di legno grida appeso alle sue tende/un monologo che è un dramma – pubblicati proprio sul blog dantesco Ilsommopoeta. E archiviati, però, nella categoria sbagliata: “Fatti di cronaca – Purgatorio” invece che “Politica (Inferno)”. Paolo Conte è nato ad Asti nel 1937. “Snob”, ultimo disco appena uscito, è il 15º album in studio dal 1974 LaPresse o cadenzi i suoni misteriosi di una poesia che si pretendeva elitaria e che invece, si è rivelata popolare. Amata. Conosciuta da un pubblico senza età. Fasce estese. Categorie ampie, dai venti agli ottanta. Conte si avvicina anagraficamente alla seconda, ma come per magia, sospettando un’afrore di divinità, non se n’è accorto nessuno. m.p. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano SABATO 6 DICEMBRE 2014 19 Nations League, l’ultima macchina da soldi di Platini L’UEFA VARA UN TORNEO PER NAZIONALI SUL MODELLO CHAMPIONS. SI GIOCHERÀ A PARTIRE DAL 2018 PER SOSTITUIRE LE AMICHEVOLI CHE AL GOVERNO DEL CALCIO NON FRUTTANO NULLA di Luca Pisapia U na ne pensa, cento ne fa. Da quando Michel Platini è diventato presidente della Uefa, il calcio europeo ha assistito a stravolgimenti continui, il cui unico denominatore comune è il guadagno: per la multinazionale di Nyon (1,7 milioni di euro di ricavi per la stagione 2012/2013) e per i grandi club a essa affiliati. L’ultima pazza idea di Platini, approvata al trentottesimo congresso Uefa dello scorso marzo ad Astana e presentata ieri, è la Nations League: competizione per le Nazionali la cui fase finale si giocherà nelle estati degli anni dispari, quando non ci sono Mondiali ed Europei. E che andrà a sostituire le amichevoli, da cui la Uefa appunto non guadagna nulla. La prima stagione si giocherà da settembre a novembre del 2018, appena terminati i Mondiali in Russia, e sarà proprio il coefficiente delle Nazionali al termine della manifestazione a disegnare la composizione delle quattro divisioni. NELLA DIVISIONE A le 12 squadre con il coefficiente più alto, divise in 4 gruppi da tre squadre. Poi la divisione B (4 gruppi da 3 squadre), la divisione C (2 gruppi da 3 e 2 da 4) e la divisione D (4 gruppi da 4). Le quattro squadre che vinceranno i rispettivi gruppi della divisione A giocheranno a giugno 2019 le final four (semifinali e finale) che decreteranno la vincitrice della competizione. Mentre le ultime classificate di ogni gruppo retrocederanno, permettendo il ricambio con le prime classificate delle divisioni inferiori che saranno a loro volta promosse. “La chiave della Nations League è promuovere l’integrità dello sport, dato che le amichevoli non assicuravano un adeguato livello di competitività – recita il documento ufficiale di presentazione della Uefa –. Inoltre, questa manifestazione permetterà l’aumento della qualità delle partite internazionali, pur mantenendo l’equilibrio con le competizioni per club”. Questo nuovo campionato per Nazionali modificherà ovviamente il calendario calcistico europeo, eliminando le poco remunera- ne di Platini di portare l’Europeo da 16 a 24 squadre a partire da Francia 2016. E proprio l’accesso all’Europeo a partire dal 2020 – il torneo itinerante, altra brillante idea di Platini – sarà determinato anche dai risultati ottenuti dalle Nazionali nella Nations League. OLTRE ALLE 20 squadre arri- vate prima e seconda nei 10 classici gruppi di qualificazione, le altre quattro Nazionali qualificate proverranno da appositi play-off composti dai 16 vincitori dei 16 gruppi della Nations League: se una di queste 16 squadre sarà già qualifi- cata subentrerà la seconda, poi la terza e così via. Quanto questo si possa conciliare con l’allargamento dell’Europeo, delle manifestazioni Uefa per club – nella prossima stagione saranno tra 77 e 79 le squadre impegnate in Champions League e ben 192 in Europa League – e coi campionati nazionali più importanti a 20 squadre, è difficile a dirsi. Va bene la grandeur del presidente della Uefa, ma quando Oscar Wilde scrisse che nulla ha più successo dell’eccesso non credeva che qualcuno potesse prenderlo così sul serio. LE MOTIVAZIONI La prima edizione dopo i Mondiali in Russia: “Aumenterà la qualità delle partite e manterremo l’equilibrio con le competizioni per club” tive (e poco interessanti) amichevoli a favore di partite più spettacolari e competitive, dato che sono in gioco promozioni e retrocessioni, per cui i vari commissari tecnici saranno costretti a chiamare i migliori giocatori disponibili. Giocandosi tra settembre e novembre poi, si contrarranno le date a disposizione per le qualificazioni a Europei e Mondiali, che cominceranno a marzo e non più a settembre. Date che sono però già state intasate dalle riforme delle Coppe, e dalla decisio- IL LUTTO LE ROI MICHEL Michel Platini, 59 anni, presidente Uefa Antonio Conte, Ct della Nazionale italiana dal 19 agosto 2014 LaPresse CONTE SI È ROTTO? Sull’orlo di una crisi azzurra di Paolo Ziliani icono che un grande D club, vedendo Conte nervoso, nei giorni scorsi gli abbia telefonato. E dicono che Conte, adesso, si stia mostrando ancora più nervoso. Dicono... Che Antonio Conte sia il prototipo dell’allenatore incazzoso è noto a tutti. Ad Arezzo, nell’anno del debutto, dopo l’ultima di campionato accusò la Juventus di avere perso volutamente la partita con lo Spezia salvando i liguri e mandando in C il suo Arezzo. A Bergamo, dopo un ko col Napoli, arrivò quasi allo scontro fisico con i tifosi costringendo la società a licenziarlo. A Siena accusò i “tifosi pantofolai” di comportarsi da gufi ammonendoli a “non salire su quel cazzo di carro” in caso di promozione in Serie A. E alla Juve, in una conferenza-stampa divenuta leggenda, dopo la squalifica di 10 mesi per il calcioscommesse Conte sparò a zero su Federazione e giudici sportivi ululando il suo dolore e coniando – nell’occasione – un aggettivo che gli si appiccicò addosso come nemmeno i nuovi capelli alla capa: agghiaggiande. Addio a Manuel, il De Sica musicista di Malcom Pagani anuel De Sica era Manuèl. FraM tello di Christian, figlio di Vittorio e di Maria Mercader, nato nel 1949 a Villa Margherita, Roma, battezzato clandestinamente per ragioni di adulterio in un bagno dell’Hotel de la Ville “da un sacerdote compiacente” e sfiorito ieri, a 65 anni, per un arresto cardiaco, dopo aver fatto vibrare il cuore piantando decine di melodie, musiche e note di difforme bellezza in colonna sonora. C’erano le immagini di Steno, Chabrol, Verdone, Luigi Comencini, Lizzani, Dino e Marco Risi e c’era il lavoro da artigiano, da mastro ancor più che da maestro, elaborato da Manuèl. Le sue visioni. I suoi silenzi. Le sue malinconie. Il suo talento educato in un mondo che all’elegante, disperata povertà del dopoguerra, aveva visto succedere “un universo di burini”. Stagione dopo stagione, nella fatica di riconoscere e di riconoscersi, De Sica si era rifugiato nella musica e nella letteratura. Per l’avventura cinematografica, bardato di mitologia paterna, Manuèl era salpato in fretta, a 19 anni, armando spartiti per la triste ed effimera storia d’amore di Faye Dunaway e Marcello Mastroianni tra le nevi ampezzane in Amanti. Da lì, con Marcello come amico “Il migliore, il più semplice e anche il più buono tra gli attori italiani”, Ma- uno dei primi registi nuèl disegnò un percorso disecon cui il musicista guale che lo trascinò a sfiorare lavorò fin dal 1969 l’Oscar per Il Giardino dei Finzi Contini e a spendersi per i registi in Io e dio. Squitieri è (e i registri) più diversi. La caturbato: “Ci avevo pacità di mimesi, eredità di un parlato due giorni fa padre che amava Marcel Marcee ancora non ci creau non meno di do. Ho pianto e mi Alighiero Nosorprendo di come schese, gli era possa accadere anche alla AVEVA 65 ANNI servita per somia età”. pravvivere De L’altro Adamo, l’ultimo Primogenito di Vittorio film dell’autore napoletano cambiando spesso d’abito a ancora inedito, De Sica avee fratello di Christian, un’infanzia va scritto le musiche: “E nei sfiorò l’Oscar per piena di docinquant’anni di amicizia, mande senza nella circolarità del nostro la colonna sonora risposta traincontro, mi consolo nel doscorsa con le de “Il Giardino dei Finzi lore alla ricerca di un signibalie. Giardificato”. La morte non spiega Contini” girato dal padre niente e lascia soli: “Gli vonetti, genitori assenti, doppie levo molto bene, Manuèl famiglie e soliaveva decine di talenti e una tudine: “Il destino dei figli degli attori straordinaria sensibilità, ma nonostancon la valigia pronta per il prossimo te i molteplici interessi, non era mai viaggio” che Manuèl tradusse in curio- riuscito a essere felice fino in fondo. sità da sublimare in musica. Non era neanche malinconico il mio amico, era triste. E gli uomini tristi, per DE SICA si era avvicinato all’arte sua non essere fottuti dalla vita, devono dopo un’adolescenza non estranea a compiere uno sforzo sovrumano”. qualche problema fisico e, rapito dalla Secondo Squitieri, De Sica lottò per novità, aveva impegnato se stesso negli l’intera esistenza alla ricerca di un equiultimi sei film del padre per poi appro- librio complicato. Due matrimoni e un dare altrove. “Manuèl era figlio di un figlio. Le gioie. Le scommesse. Le dedio e io ieri ho perso un fratello” dice lusioni. Le sorprese. Gli affetti. La culoggi un commosso Pasquale Squitieri, tura. La profonda conoscenza dei mec- canismi del microcosmo tra realtà e finzione in cui si era mosso fin da bambino non sempre era riuscito a proteggerlo. “Mi raccomando ragazzi” ammoniva Vittorio, il padre nobile: “Non dite mai la verità”. Camminando da cane sciolto tra gente che si imponeva la museruola o si pavoneggiava anche per dire buongiorno, Manuèl provò a disubbidire e a essere se stesso. Ci riuscì in una maniera inattesa e originale, scrivendo per Bompiani, nell’avanzata maturità, Di figlio in padre. Un libro formidabile che nella sincerità e nell’assoluta mancanza di filtro tra pensiero e parola scritta brillava di una luce originale e inedita. L’ALFRED Hitchcock misogino, assolutamente inconsapevole delle più banali questioni femminili. il Fellini avaro “un invidioso di cui era impossibile fidarsi” che al tempo dei Finzi Contini, dopo la proiezione, al papà di Manuèl seppe dire soltanto “Vittorino, che bello, nel tuo film ho visto le biciclette come quelle della mia Rimini”. L’umile letizia di Cesare Zavattini. Il John Wayne razzista incontrato in America che rifiuta con protervia l’ingresso a un collaboratore vietnamita. A Saigon, con l’immaginazione, Manuel De Sica era stato tante volte. Alla prigionia aveva preferito la libertà di esprimersi. In tante forme perché un unico linguaggio, per declinare ciò che non può esser detto, non esiste. Antonio Conte ha lo sbrocco facile; e a dirla tutta non vorremmo essere nei panni di Tavecchio in questi tumultuosi giorni di fine 2014. Ne sono passati 100 dalla nomina a Ct e già Conte minaccia di mollare baracca e burattini. Vengono al pettine i nodi di un accordo scellerato siglato in estate in fretta e furia e in cui le parole al vento si sono sprecate. Schiacciata dal flop azzurro al Mondiale e dal debutto con gaffe del suo nuovo presidente (leggi: banane di Optì Poba), la Federazione si è aggrappata a Conte come un naufrago alla zattera nominandolo a capo di tutte le Nazionali, coprendolo d’oro e promettendogli di tutto e di più; a cominciare dalla più assoluta disponibilità dei club nei confronti della Nazionale, disponibilità che Conte, da allenatore, era il primo a non dare al Ct di allora (le polemiche con Prandelli per l’utilizzo eccessivo di juventini in azzurro sono cronaca di ieri). E DUNQUE, 100 giorni sono bastati a Conte per capire che la minestra che gli verrà passata sarà in realtà la stessa di Prandelli, di Lippi, di Donadoni. “Sicuramente non stiamo andando nel verso giusto – disse il Ct ai microfoni Rai dopo l’amichevole con l’Albania in uno sfogo inatteso che il Fatto aveva sottolineato –. Io sinceramente mi aspettavo un po’ più di partecipazione sotto tanti punti di vista. Se la Nazionale è l’ultima cosa, allora ne prendiamo atto e ci mettiamo tutti una mano sulla coscienza”. Ricapitolando: Conte pretende un campionato piegato alle esigenze della Nazionale e a tutti scappa da ridere. “Più di così non possiamo fare”, hanno risposto i club al piagnucoloso Ct a cominciare, guarda un po’, dalla Juventus di Agnelli – che con Conte si è lasciato malissimo – e di Allegri, l’ex rivale ai tempi del Milan. Per la cronaca, la Juve è uno dei cinque club che ancora non hanno aperto le porte al Ct nel tour ecumenico che Conte sta conducendo da Milanello a Trigoria, da Cagliari a Palermo. Intanto, Tavecchio e Beretta, le due nullità che reggono Federazione e Lega, nel tentativo di salvare capra e cavoli hanno organizzato per il giorno 16 a Milano una riunione Conte-club: dalla quale usciranno i soliti salamelecchi e le solite parole al vento, in attesa che il 2015 si apra col primo mugugno del Ct per una convocazione ostacolata o rifiutata dal club di turno. Dicono che in Figc temano un botto di fine anno. Senza cin cin. SECONDO TEMPO SABATO 6 DICEMBRE 2014 il Fatto Quotidiano IL CONFORMISTA 20 IL ROMANZO Ian McEwan, genio o replicante? “LA BALLATA DI ADAM HENRY”, ULTIMO ROMANZO DEL GRANDE SCRITTORE INGLESE CHE HA DIVISO LA CRITICA IN GRAN BRETAGNA di Caterina Soffici L’ ultimo libro di Ian McEwan in Inghilterra ha diviso la critica. Succede spesso per personaggi come McEwan (e per Martin Amis e altri calibri da novanta). C’è chi l’ha osannato come la nuova eccelsa prova dello scrittore britannico, sul livello di Espiazione, Sabato o Chesil Beach. E c’è chi l’ha liquidato come un esercizio intellettualoide fine a se stesso, dove ancora una volta i protagonisti provengono dalla upper class di Londra Nord, professionisti ben educati e sofisticati, e la conclusione è scontata e citofonata fin dalla prime pagine. Praticamente un libro inutile e pretestuoso. Secondo me non è vero. Ma comunque la pensiate, vale la pena leggerlo, perché Ian Mc Ewan è sempre superiore al 99 per cento di qualsiasi altra cosa possiate leggere. E perché il tema che tocca è intrigante e interessante. Se siete di quelli che pensano alla letteratura come la maniera più acuta di raccontare e indagare la realtà, allora La ballata di Adam Henry fa per voi. FIONA MAYE, giudice dell’Alta Corte britannica e suo marito Jack, professore di Storia antica, sono la tipica coppia intellettuale di Londra Nord eccetera, sulla cinquantina, senza figli, raffinati e benestanti. L’idillio è presto rotto, quando la realtà irrompe nel rapporto e lui, nel pieno della crisi del maschio cinquantenne, annuncia alla IL REPORTER © LA BALLATA DI ADAM HENRY di Elisabetta Ambrosi Ian McEwan Einaudi, pagg. 202 © ¤ 17,00 Ian McEwan, 66 anni LaPresse consorte che ha bisogno di aria fresca e di provare ancora una volta la passione dimenticata (nella fattispecie è una ventottenne esperta di statistica). Quindi arrivederci e grazie, la relazione è diventata troppo “amichevole”, e non fanno sesso da “sette settimane e un giorno”. Jack se ne va (si pentirà? Tornerà presto a casa? Chissà... spesso i maschi cinquantenni in crisi tornano) e Fiona, lavoratrice compulsiva, supera l’umiliazione buttandosi in un nuovo caso, quello di Adam Henry, 17 anni e 9 mesi, malato di leucemia che per salvarsi ha bisogno di trasfusioni di sangue. Ma i genitori sono testimoni di Geova e non permettono all’ospedale di intervenire. Così i medici si appellano all’Alta Corte. McEwan ha raccontato al Guardian che si è ispirato a una storia vera leggendo la sentenza di un suo amico giudice. Come nella realtà, Fiona al capezzale del ragazzo deve scegliere tra la razionalità laica della legge e della scienza e MUSICA l’irrazionalità di una fede religiosa che sfiora la superstizione. Sceglierà di applicare il Children Act (da cui il titolo all’edizione inglese) in difesa di un minore. Ma dopo tre mesi il ragazzo diventerà maggiorenne, quindi deciderà autonomamente se continuare le trasfusioni. Non vi dico la fine, ma il dubbio insinuato dal romanzo resta aperto: ciò che è legale è anche giusto? Cosa è l’etica? E c’è una morale, alla fine, nelle scelte che facciamo? POESIA La storia nei segreti I gusti (non) di un’intervista sono gusti Taranto, versi per i bimbi ©ALTALENA - VOCI SENZA FILTRO © CANZONI DI RABBIA... I GIORNALISTI non faranno la storia, ma di sicuro stanno sempre in prima fila per stringerle la mano. Almeno a chi la fa. Non capita a tutti i cronisti di assistere di persona all'arresto di Erik Priebke in Argentina, dopo averlo intervistato. Come rivelato in questo libro, quasi sempre non è l'intervista in sé a raccontare e ricostruire una storia o una personalità, ma quei particolari che spesso non trovano lo spazio o le circostanze per essere raccontati. Come ancora scoprire il carattere del leader curdo Abdullah Ocalan che prima di concedere il colloquio attende la fine di una partita di calcio della sua squadra del cuore, la turca Galatasaray. O accorgersi, dopo anni di incontri, dei mille volti del leader palestinese Yasser Arafat. O ancora gli incontri con la regina Rania di Giordania, il leader siriano Bashar al-Assad, l’egiziano Mubarak e il travolgente Gheddafi. Un libro che, come promette il titolo, nel suo ondulare confonde, incuriosisce e svela l’essenza degli incontri che contano e i retroscena, molto spesso tenuti nascosti. Antonio Migliore CANZONI di Rabbia, d'Amore e di Città” in uscita il 15 dicembre (ricavato per i bimbi di Tamburi, quartiere a ridosso dell'Ilva di Taranto) è una intensa raccolta di poesie di Maria Grazia Serra, oculista, componente ISDE (medici per l'ambiente) nata dalle storie dei suoi piccoli pazienti. “I bambini del quartiere hanno occhi tristi di fumo e di disperazione. Imparano l’abecedario su banchi lucidi di spolverio ferroso. Non c’è giardino che li accolga e sulle rare aiuole scarne il primo cittadino ha piantato l’albero del ‘vietato Giocare’.... nascondono le loro piccole voci fra mattoni e fessure intrise di rischi e malattie... (...) Se la ricchezza continuerà a nascere contro natura, sarà vana. Non ci sarà futuro per un paese che pianta divieti di gioco al posto di alberi e speranze”. Sandra Amurri Antonio Ferrari Jaca Book pagg. 175 © ¤ 15,00 BIOGRAFIA A PIÙ VOCI Carlos il pittore O lo ami o lo odi © VITA SCONNESSA DI ENZO CHUCCHI Carlos D’Ercole Quodlibet pagg. 143 © ¤ 16,00 VITA sconnessa di Enzo Cucchi" è un viaggio alla scoperta del singolare artista attraverso la testimonianza di chi lo ha conosciuto, amato e odiato: "Perchè con Enzo prima o poi si litiga, salvo poi pentirsene perchè alla lunga ti riempie di idee, emozioni, intuizioni, follie". Il testo e il pittore della Transavanguardia si assomigliano rincorrendosi su un doppio binario: il ricordo vivace di galleristi, amici, critici, e l'intreccio delle sue dichiarazioni visionarie. Carlos D'Ercole è riuscito a raccontare il ruolo decisivo che la biografia di Enzo, "dotato di furbizia contadina, paesana, intrigante", ha nello sviluppo della sua attività creativa di autodidatta fatta di linguaggi simbolici in assoluta libertà. Le foto che arricchiscono il testo, in cui tra gli altri insieme a Cucchi sono presenti Alighiero Boetti, Mimmo Palladino e il critico Achille Bonito Oliva, restituiscono tutta la forza, la bellezza e il valore della contaminazione tra talento artistico e vita vissuta. Caterina Minnucci Maschio, il destino è quello della rana pescatrice Maria Grazia Serra Mandese Editore pagg. 68 © ¤ 12,00 © MUSICA DI MERDA Carl Wilson Isbn pagg. 302 © ¤ 23,00 A DETTA dell’autore Carl Wilson, brillante critico musicale di “Slate”, questo è “uno studio sulle passioni e le antipatie culturali. Parliamo d’amore e di Céline Dion, ovvero: perché pensiamo di avere gusti migliori degli altri”. Il titolo non poteva essere più ficcante: “Musica di merda”, ed è uno spassoso saggio – quasi un classico – della letteratura musicale, da poco edito in Italia per i tipi di Isbn. L’ambizioso obiettivo del libro è capire i meccanismi dell’industria culturale di massa, gli speciosi idoli mainstream, le stucchevoli mode in campo artistico e sociale: “L’arte fallita e (si spera) la grande arte esistono, e vale la pena di continuare a parlare di come distinguerle”. Oltre alle riflessioni di Wilson, vi compaiono irriverenti contributi di scrittori e personaggi famosi. C’è, ad esempio, Nick Hornby che spiega quali “artisti ci meritiamo” e James Franco che racconta la sua esperienza d’attore di soap opera. Ecco un “viaggio al termine del gusto”, ma con valigie da snob. Camilla Tagliabue SONO IL MASCHIO della rana pescatrice e chiedo la vostra compassione. Già, perché quando trovo una possibile compagna, e cerco di morderla, lei – come in un film dell’orrore – mi ingloba, liquefacendo i miei organi interni. Di me e di altri poveri maschi animali, come quelli dei microscopici rotiferi che vivono delle secrezioni delle femmine o dei ragni banana talvolta mangiati dalle donne-ragno, parla il libro di Telmo Pievani e del Federico Taddia, Il maschio è inutile (Rizzoli). Nel libro il nostro mondo animale è preso ad esempio di ciò che potrebbe accadere nel vostro: femmine che scelgono l’omosessualità permanente dopo aver fatto covare le uova agli uomini (come le albatros delle Hawaii), che cambiano continuamente sesso – come la chiocciola crepidula fornicata – che, soprattutto, si autofecondano o si clonano spassionatamente. Il tutto mentre i maschi disperati tentano qualsiasi cosa, canti, danze, piume, per cercare un po’ di sesso insieme. In realtà i due autori invitano i maschi a fare della loro secondarietà un punto di forza, e infatti il libro è punteggiato di storie di uomini che hanno fatto silenziose scelte poetiche e solo in apparenza futili: come Mario, che ogni anno accende un presepe di quindicimila luci alle Cinque Terre, o Roberto, risponde ai messaggi nelle migliaia di bottiglie che arrivano in spiaggia. Una tesi interessante (se non fosse che gli autori invitano a farmi al forno per esorcizzare la possibile scomparsa del cromosoma y). Ma temo che il maschio umano, specie italiano, difficilmente si rassegnerà a cambiare verso. Continuando ad andare, appunto, contro natura, illudendosi di farlo in nome della natura. LA TESTIMONIANZA Antimafia donna e senza retorica © NOSTRO ONORE Serena Uccello, Marzia Sabella, Einaudi pagg. 208 © ¤ 18,00 MARZIA Sabella è stata per vent’anni pm a Palermo. Il suo (bel) libro si apre con la cattura di Bernardo Provenzano, cui ha contribuito in modo decisivo. Evento rievocato con ritmo narrativo incalzante, senza retorica. Avvincente anche il resoconto delle ricerche di Matteo Messina Denaro, purtroppo rimaste vane nonostante il vuoto fattogli intorno. Chi voglia capire l’essenza della mafia, nel libro può trovare pennellate di straordinaria evidenza. Come quando si legge che “i picciotti, che spargono benzina nelle saracinesche dei negozi e si dànno le arie con i revolver infilati nei calzini, sono un’altra vittima di Cosa nostra”. Mentre un boss come “Giovanni del telecomando di Ca- paci ordina dozzine di camicie e le paga, se le paga, con i soldi tappezzati di globuli e piastrine”. Prima di approdare alla Dda Sabella aveva fatto altri mestieri, dedicandosi a lungo ad inchieste su minori abusati. Questa è fra le parti migliori, la narrazione rivela una partecipazione toccante, di tenero rispetto per le vittime, che fan ben comprendere come Sabella abbia sempre interpretato il suo ruolo senza indulgere a pastoie burocratiche. Prima ancora, pur non essendo ”tra i protagonisti” aveva consentito ai “più anziani di concentrarsi sui reati di mafia e sul sette volte presidente del Consiglio”. Dal che traspare come una delle principali chiavi sia l’uso intelligente dell’ironia. Come emerge nel capitolo “L’altra giustizia”, sarcasmo indulgente e leggero, mai con scherno, per descrivere storie di umanità dolente, troppo spesso scambiate per forme di follia. Gian Carlo Caselli SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano SABATO 6 DICEMBRE 2014 21 EX MINISTRO Fabio Mussi, 66 anni, presidente di Sinistra Ecologia e Libertà LaPresse VIA DALLA RAI IL PEGGIO DELLA DIRETTA Addio al Kilimangiaro, Licia Colò a Sat 2000 di Patrizia Simonetti on sono mai stata diplomatiN ca, l'ultimo anno a Rai3 è stato il più brutto della mia vita”. Rot- tamata dal direttore Vianello che l’ha sostituita con Camila Raznovich, Licia Colò molla falde e Kilimangiaro e si trasferisce a TV2000 dove domani debutta con Il mondo insieme, programma di viaggi della domenica pomeriggio, proprio mentre di là c’è Kilimangiaro, ma stavolta “basta con le scalate – dice – circumnavighiamo il mondo in barca a vela senza paura del coccodrillo di Capitan Uncino che ci sta dietro”. Camila e Vianello? “Che magari sono loro ad aver paura di noi piccolini – ammicca – ma noi siamo coccodrilli buoni”. E per fortuna, perché se le chiedi del suo ex programma “i 5 minuti che ho visto mi hanno resa ancora più felice di stare qui” risponde agguerrita, ma lei preferisce “gasata”, e poi “qui ci diamo tutti del tu e si mangia pure bene in mensa”. Nel nuovo palinsesto della TV dei vescovi, dove da gennaio avrà anche una striscia quotidiana su animali e ambiente, l’ha voluta Paolo Ruffini, ex direttore di Rai3 da maggio alla guida di TV2000, “per il rapporto antico che ci lega – spiega – non per una campagna acquisti all'insegna dello share”, che co- munque zitto zitto ultimamente sale e supera l'1% con picchi oltre il 7 grazie al Rosario da Pompei alle 7 di mattina. Certo sul canale con i Salmi e un cooking show che si intitola Quel che passa il convento ti aspetti viaggi a Lourdes e a Medugorje, invece no: si parte, è il caso di dirlo, da Dankalia, in Etiopia, poi si va in Botswana, da lì nell'Est Anglia passando per le Mauritius e si arriva a Panama. CI SONO pure Brando Quilici con le immagini inedite dell’Antartico, Alessandro che non vede ma viaggia solo per provare che l’umanità è buona, Alessandra che innamorata dell’Africa ci è andata a vivere, l'avvocato Filangeri tra orche e aurore boreali nelle Lofoten, l’inviato-amico speciale Claudio Pellizzeni, suo il sito TripTherapy, che affetto dal diabete ha lasciato il lavoro in banca per un giro del mondo in mille giorni senza aerei e le ricette dal mondo, ma senza chef, cominciando da Cuba, e non manca l'appello per la cena di Natale in stile “aggiungi un posto a tavola”. E solo nella prima puntata perché “noi ci prendiamo tutto il tempo per raccontarci il mondo – dice la Colò – le altre TV no”. Il pubblico è invitato a interagire attraverso i social network su cui veglia Giuseppe Pinetti e per mandare foto con il telefonino c’è WhatsApp. Viva Fabio Mussi, l’unico gran mogol della sinistra di Fulvio Abbate ue Viva Fabio Mussi! AutoaffonQ data per colpa di una telefonata a un famiglio dei Riva di Taranto la pos- sibile soluzione di affidare a Vendola l’utilitaria della sinistra che sappia investire gli orrori, gli scempi e le ingiustizie così come stanno, ecco che improvvisamente, per puro caso, nel fiore della prima mattina mi imbatto in Fabio Mussi ospite di Agorà, Raitre. L’impressione iniziale è di stupore, corrisponde a un prevedibile: toh, chi si rivede, Mussi! Lo stesso che Forattini disegnava impropriamente con un partigiano infoibatore e sanguinario. Vorrai dire semmai che Mussi, sempre lì in televisione, è riuscito invece a dire le cose con chiarezza adamantina. Al punto da farci fiorire in petto l’idea che proprio lui, Mussi, possa assurgere a una grande responsabilità: gran mogol unico della sinistra che sarà. La stoffa c’è, e l’uomo, nonostante faccia parte dell’improbabile Sinistra ecologia e libertà, sa perfino parlare, sa farsi capire, ha la forza normale di un esplicito talento che appartiene alle per- sone dirette. Non sappiamo se questo talento lo abbia appreso alla Normale di Pisa, che Mussi ha frequentato insieme ad altri suoi compagni di strada del trascorso Pci, tra cui l’ex amico D’Alema, resta il fatto che l’altro giorno Mussi, lì da Gerardo Greco, ha spiegato in modo esemplare il nodo della questione cosiddetta “Mafia Capitale”. SENZA PROVARE imbarazzo nel de- finire la feccia neofascista e affaristica con il nome che le spetta di diritto, poi, sempre lui, Mussi ha detto il modo in cui un sistema di potere clientelare tendente all’attività delinquenziale è riuscito a utilizzare la carta dei Rom ora per far soldi (attraverso le proprie cooperative) ora per fare incetta di voti, ossia indicando il pericolo dell’uomo nero, lo stesso che un signore della partita definiva più redditizio dello stesso spaccio di droga. E che senso delle sproporzioni perfino morali pochi istanti dopo quando un redivivo Italo Bocchino ha provato a balbettare una stentata difesa d’ufficio del suo ex camerata Alemanno, facendo bene at- Glia ascolti di giovedì CHE DIO CI AIUTI 2 Spettatori 4,33 mln Share 19,75% VIRUS Spettatori 1,49 mln Share 6,41% tenzione a non nominare mai le parole “eversione”, “terrorismo”, “Nar”. Un maestro di equilibrismo, Bocchino. E tanto più quest’ultimo dava la sensazione della piccineria, quanto più Mussi, forte perfino della sua faccetta buffa occupata da frangetta e baffetto da sensale, diventava immenso, credibile, convincente, così tanto da riuscire a calpestare nella sua naturalezza somatica ed espressiva ogni luogo comune sulla comunicazione giovane fighetta e hipster della comitiva renziana. Su Mussi, anni fa, dalle parti del Pci, circolava la seguente storiella: Berlinguer deve decidere a chi affidare la segreteria dei giovani comunisti e così convoca a pranzo il nostro e D’Alema. Durante il colloquio il primo dà il meglio di sé in tema di vivace sincerità, mentre l’altro resta abbottonato al limite dell’ipocrisia. L’indomani, tornando a Botteghe Oscure, Berlinguer non ha più dubbi: alla Fgci andrà il peggiore. Adesso però per Fabio è venuto il momento della rivincita: la pedana più alta della sinistra è tutta e solo per lui. ZELIG Spettatori 3,61 mln Share 15,23% ANNOUNO Spettatori 1,14 mln Share 5,06% 22 SECONDO TEMPO SABATO 6 DICEMBRE 2014 il Fatto Quotidiano BATTIBECCO RIENTRO DEI CAPITALI È un condono, c’è poco da fare di Alfiero Grandi È legge, dopo il voto del Senato, un provvedimento di cui governo e maggioranza non hanno motivo di vantarsi. È una revisione politica e di principio radicale sull’evasione fiscale. Tanto più incomprensibile in questa fase, dopo gravi episodi di corruzione, che si reggono sull’occultamento dei capitali. Il Giornale fa bene a sottolineare che grazie a questo governo è caduto a sinistra il tabù dei condoni fiscali. Purtroppo il Senato ha evitato qualunque miglioramento del testo. Questa legge riduce le sanzioni e taglia di netto le pene per quanti hanno esportato illegalmente capitali all’estero ed è stata estesa con gli stessi vantaggi anche a quanti hanno lasciato i quattrini in Italia, il “nero domestico”. Un’equità rovesciata. Il termine per i vantaggi previsti dalla nuova legge è stato portato al 30 settembre 2014, praticamente a evasione ancora calda. Non si era ancora spenta l’eco di una ripresa della fuga dei capitali dall’Italia che subito è stato loro offerto un trattamento di favore fino all’ultimo istante possibile. Il tempo di accertamento dell’evasione fiscale è un altro regalo importante. Il raddoppio vigente dei tempi di prescrizione per reati fiscali come l’esportazione illegale di capitali viene ridimezzato con questa legge e quindi l’accertamento sarà possibile solo su 5 anni anziché su 10, gli altri non saranno più perseguibili. Un bel regalo. Governo e maggioranza ripetono che non è un condono perché non è anonimo e non fa sconti sulle tasse evase, cosa in realtà non vera, ma è certo che fa sconti rilevanti su pene e sanzioni. Il governo e la maggioranza che ha approvato questa legge vuole dimostrare che non è un condono perchè teme una censura dell’opinione pubblica. Certo Tremonti aveva prodotto porcherie peggiori, con condoni superscontati e anonimi. CIÒ NON TOGLIE che andreb- bero evitate anche le mezze porcherie, perché i condoni possono essere anche nominativi e con sconti minori ma restano sempre tali nella sostanza, tanto è vero che vengono ridotte in modo significativo le pene per gli evasori. Non manca il consueto corredo delle grida manzoniane che minacciano sfracelli... in futuro. La proposta di legge conferma una verità già nota ma finora negata e cioè che per portare capitali all’estero, o per nasconderli al fisco in Italia, occorre commettere dei reati fiscali rilevanti. Se lo sconto avviene sulle pene siamo nel classico condono penale. Esempi: dichiarazione fraudolenta, uso di fatture false o loro mancata emissione, mancato versamento di trattenute certificate (potrebbe essere avvenuto anche a danno di dipendenti), omesso versamento di Iva, Renzi e Padoan LaPresse CORSI E RICORSI Anni fa la sinistra tentava di fermare le porcherie fiscali di B. e Tremonti, oggi festeggia perché il suo regalo agli evasori è solo mezza porcheria sono tutti reati di fatto depenalizzati. Le sanzioni pecuniarie per gli evasori sono ridotte a una percentuale del minimo, con sconti dal 25 % al 50 % e anche di più. Se la somma evasa è inferiore a 2 milioni di euro (maggioranza dei casi) gli interessi di rendimento del capitale esportato sono calcolati forfettariamente ogni anno al 5% con un’aliquota fiscale del 23%, la metà del 45% che il soggetto avrebbe dovuto pagare sul reddito reale e non su un forfait. Anche questo non è condono fiscale? Viene introdotto il reato di autoriciclaggio. Potrebbe essere una buona notizia se non fosse che questo reato vale anch’esso solo per il futuro, dopo che il condono avrà ripulito condotte decise con tutta calma fino al 30 settembre 2015 e che non saranno punibili quanti usano il denaro per “godimento personale”, ad esempio acquistando barche, auto, abitazioni, forse giocando al casinò, o altro. La definizione del godimento personale è semplicemente una follia, dalle conseguenze imprevedibili. NON MANCANO nel testo pre- visioni di pene durissime per coloro che non aderiranno spontaneamente alla voluntary disclosure. L’inglese non deve fare paura perché il condono qualcuno deve pur chiederlo. È stato scritto un brutto capitolo fiscale in Italia. La fiducia tra Stato e cittadini prende un brutto colpo e stranamente l’Agenzia delle Entrate è già pronta con i moduli per gli evasori. Lotta all’evasione e condoni non possono stare insieme. L’Amministrazione dovrà gestire questo condono e quindi sarà distratta dai compiti di perseguire gli evasori, come è sempre accaduto in passato. Passano leggi come il Jobs Act e il condono fiscale. Un’opposizione degna di questo nome non li farebbe passare. La destra è da sempre protagonista di provvedimenti come questi, in passato era la sinistra a cercare di impedirli. Il “mondo di mezzo” che viene da lontano di Massimo Fini n LA DEBOLEZZA della democrazia sta proprio in quella che viene considerata la sua essenza: la libera scelta da parte dei cittadini dei propri rappresentanti. Per la verità nella testa di Locke e Stuart Mill c'era che questa scelta riguardasse singoli individui. I partiti non erano contemplati. Ma queste aggregazioni si formarono quasi subito contraddicendo così nel profondo il pensiero liberale che voleva valorizzare meriti, capacità, potenzialità dei singoli individui contro le oligarchie e che ne vengono invece schiacciati. A questo proposito ha detto parole definitive Gaetano Mosca che ne La classe politica scrive: “Cento che agiscano sempre di concerto e d'intesa gli uni con gli altri trionferanno sempre su mille presi uno a uno che non avranno alcun accordo fra loro”. I partiti non sono l'essenza della democrazia, almeno di quella liberale, come sempre si dice, ma la sua fine. Un'ulteriore conseguenza è che il governante democratico, dovendo tener conto, a causa della competizione elettorale, del consenso non può prendere decisioni di lungo respiro, impopolari, ma può agire solo sul “qui e ora”. Non guida il popolo, come vorrebbe la sua funzione, ma ne è guidato. Proprio perché basate sulla competizione fra partiti le democrazie sono, storicamente e statisticamente, fra i regimi più corrotti del mondo. I partiti per competere hanno bisogno di soldi. L'Italia nella classifica della corruzione è al 69° posto. Ma ha una storia particolare. Paese di frontiera fra Est e Ovest, i suoi partiti sono stati finanziati per decenni da potenze straniere, Dc e Psdi dagli americani, il Pci dall'Urss. Restavano fuori i socialisti che non a caso saranno i più assatanati durante l'epopea di Tangentopoli. In seguito, illanguidendosi quei finanziamenti esteri, lo scenario cambia. In un articolo pubblicato dal Lavoro l'11 ottobre del 1979 raccontavo come nei salotti romani si potevano vedere “politici comunisti, socialisti, del Manifesto variamente intrecciati con palazzinari, mafiosi d'alto bordo... il parlamentare co- LA DIFFERENZA Se prima era la politica corrotta e corruttibile a dirigere le danze, adesso deve ubbidire alla criminalità cui si è strettamente intrecciata Massimo Carminati munista che, appena lanciate durissime accuse contro la mafia, ammicca complice al palazzinaro notoriamente legato ad ambienti mafiosi”. Il “mondo di mezzo” era, sia pur in nuce, già qui. E Renzi dovrebbe avere il pudore di non fingersi “sconvolto” dalle recenti inchieste romane perché “il mondo di mezzo” ha origini proprio nella sinistra, allora egemone, e il premier, per quanto giovane, non può ignorare la storia del partito che oggi dirige. La terza fase della corruzione in Italia è quella di Tangentopoli. NEMMENO l'avvertimento di Mani Pulite è servito ai partiti per emendarsi. Al contrario, ci hanno messo pochi anni a trasformare i ladri in vittime e la Magistratura nel bersaglio preferito. Del resto una classe partitica interamente corrotta, al 100% se nel termine facciamo rientrare anche il clientelismo, il familismo, la mentalità intimamente mafiosa, non poteva combattere seriamente la corruzione senza scavarsi la fossa sotto i piedi. E così arriviamo alla quarta fase, all’oggi. Ma con una differenza di non poco conto che è stata sottolineata da tutti. Se prima era la politica corrotta e corruttibile a dirigere le danze, adesso deve ubbidire alla criminalità cui si è strettamente intrecciata. Non solo a Roma, ma in tutte le Regioni del Paese e quindi nell'Italia intera, noi siamo governati non da coloro che formalmente rappresentano le Istituzioni, ma da una qualche “banda della Magliana”. n IL SENSO DELLA RABBIA L’Europa dei “Leviatani impazziti” di Stefano Feltri n un’epoca di populismi I sguaiati e slogan da felpa, Barbara Spinelli si assume un compito nobile e forse inutile: dare argomenti a una rabbia tanto diffusa quanto generica, incanalare il malessere contro l'Europa verso i giusti bersagli. “La sovranità assente” è un libro breve ma denso, pubblicato da Einaudi, che raccoglie le idee che hanno portato l'editorialista di Repubblica alla sofferta scelta di passare dal commento alla politica attiva, candidandosi all'Europarlamento con la lista Tsipras. WESTFALIA ADDIO? Nel suo libro, Barbara Spinelli spiega che i primi responsabili di questa crisi non sono i burocrati, ma gli Stati nazionali La Spinelli ha un punto di vista che in Italia è assai poco diffuso mentre nel dibattito internazionale trova il più autorevole referente nel filosofo tedesco Jürgen Habermas: la responsabilità del disastro europeo non è tanto delle tecnocrazie, dei funzionari della Commissione o di quelli della Bce, non è neppure degli gnomi senza volto e senza voti della Troika che impongono sacrifici sulle sponde del MediLA SOVRANITÀ ASSENTE di Barbara Spinelli Einaudi, 80 pag. 10,00 ¤ terraneo. No, se dobbiamo prendercela con qualcuno, allora il giusto bersaglio della rabbia popolare devono essere i “Leviatatani impazziti”, come li chiamava il Manifesto di Ventotene di Spinelli padre, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni. Cioè gli Stati nazionali, quei governi che hanno prodotto tanti danni con la loro “veduta corta” perpetuando l'illusione che il vero problema fosse mantenere la sovranità a livello nazionale, fingere che il mondo non stia cambiando. Difendere lo status quo, nota acutamente la Spinelli, non protegge l'interesse nazionale, ma quello di minoranze che temono di rinunciare ai loro privilegi, piccoli e grandi. Come scriveva Niccolò Machiavelli, il cambiamento “ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et ha tiepidi difensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene”. Sono i governi, quello di Berlino su tutti, ad aver anteposto le esigenze nazionali su quelle comuni. Ma scegliendo quello che nella Teoria dei Giochi si chiama atteggiamento “non cooperativo” hanno danneggiato tutti, inclusi loro stessi. HABERMAS SI CONCENTRA sull'aspetto istituzionale, censurando la predominanza del Consiglio europeo (coordinamento dei governi) su Parlamento e Commissione. La Spinelli si preoccupa prima di conquistare i cuori e le menti: bisogna cambiare la testa dei politici prima che l'architettura istituzionale. Questa non è l'unica Europa possibile e inevitabile, si possono osare affermazioni ardite, come che l'ordine seguito alla pace di Westfalia del 1648, la nascita dello Stato moderno, non sia l'equilibrio a cui ritornare sempre, ma una lunga parentesi che è giusto chiudere nell'era della globalizzazione. Barbara Spinelli trova nella cronaca recente molti argomenti per dimostrare che il problema europeo è di ideali e progetti, più che di trattati internazionali. La crisi economica non c'entra con l'ignavia di Bruxelles di fronte ai massacri a Gaza, con l'incredibile timidezza nella gestione della crisi Ucraina e all'esproprio territoriale della Crimea, o alla passività di fronte alla crisi siriana per non parlare dell'incapacità di affrontare la questione delle migrazioni con una prospettiva diversa da quella dello scarico di responsabilità verso il basso (e all'Italia nello specifico). Dove ritrovare dunque la “sovranità assente”? Come si passa dalle nostre ormai inadeguate democrazie nazionali a una più compiuta ed efficace sovranità europea? La Spinelli sembra auspicare un percorso in cui a ogni cessione di potere si accompagna un aumento di legittimità, senza che si creino quei vuoti democratici che accompagnano tutta la storia dell'integrazione europea. Purtroppo questo è impossibile, la crisi costringe l'Europa a procedere per strappi e forzature, commissariando invece che condividendo l'autorità, ignorando le proteste invece che recependo le loro istanze, moltiplicando vertici a porte chiuse e riducendo spazi di confronto. O HA RAGIONE la Spinelli, e questa Europa è in una fase terminale da cui non si riprenderà a meno di uno scatto vigoroso che oggi pare remoto. Oppure l'europarlamentare di Tsipras ha esagerato col pessimismo e gli ideali delle origini sono rimasti, per quanto rarefatti e geneticamente mutati, dentro la cultura istituzionale dell’Unione e stanno spingendo il continente, in modo sofferto, sgraziato, sicuramente iniquo, verso quella maggiore integrazione che anche la Spinelli auspica. Twitter @stefanofeltri SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano SABATO 6 DICEMBRE 2014 23 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo Nuovi orizzonti contro la mafia romana Un signore del Laurentino 38 è andato in tv a far vedere come si fuma la cocaina e sembra proprio che abbia realizzato il suo sogno. Petto nudo e croce al collo, interprete di un ruolo tra Al Pacino e Thomas Milan. Ciò che è successo al Campidoglio è una vergogna ma si tratta di casi di corruzione che c’è sempre stata. Una forma di corruzione che ormai si manifesta più aspra come il fenomeno della violenza sempre più cruda. Ci sono quartieri degradati come il Laurentino 38 ma per problemi di droga. Il Campidoglio è una schifezza ma Roma rimane comunque la città eterna e non è giusto fare di tutta l'erba un fascio. Vi ricordo che : “Semo romani, trasteverini,/ semo signori senza quatrini/el core nostro è na capanna/core sincero che nun t’enganna /si stai ‘n bolletta noi t’aiutamo / però da micchi nun ce passamo”. pi, nei ghetti. Le “istituzioni” spendono decine di milioni di euro per allestire questi squallidi luoghi di emarginazione. Sono convinta che mazzette consistenti siano andate a finire nelle tasche di chi ha gestito l’ “emergenza nomadi”. Occorre smascherare chi ha speculato sulla pelle di queste persone”. Enrico Salvatori È tempo di rifondare l’attuale classe politica L’inchiesta “Mondo di Mezzo” sulla cupola mafiosa che dettava e sicuramente detta ancora legge su tutto il territorio di Roma svela un osceno intreccio tra malaffare, criminalità organizzata e classe politica, di governo come “l’uomo solo al comando”. Quanti cittadini possono aver colto l’incongruità del non distinguere tra i due incarichi, anche se ricoperti dalla medesima persona fisica, che nella circostanza ha agito da segretario del Pd, e hanno compreso che i sospetti di eminenti costituzionalisti di incombente “dittatura della democrazia” si stanno confermando, visto che gli stessi giornalisti non distinguono più neppure loro la profonda differenza dei due ruoli. L’Italia non ha bisogno del “superuomo” visto su La7, supponente e sprezzante malgrado parole di finta umiltà, per riconquistare la fiducia. Le periferie nere del nostro Paese CARO COLOMBO, leggo che tutte le periferie delle principali città italiane sono affollate di immigrati, e si danno due cifre: persone e reati, entrambe alte. Però nessuno ci dice quali reati, e se dentro o fuori dalle comunità immigrate. Non ci sono indicazioni sul lavoro, il tipo di lavoro e i salari. Insomma non ho capito se è l'annuncio di una inevitabile tragedia o di un filo di speranza. Alberto IL LETTORE SI RIFERISCE ai dati raccolti dalla Fondazione Leone Moressa (Repubblica, 1 dicembre) che dà molte notizie e provoca, come giustamente suggerisce la lettera, molte domande. Le domande però non si riferiscono a eventuali lacune del rapporto Moressa, che probabilmente è ricco di più dati di quelli pubblicati dai quotidiani. Riguardano piuttosto la nostra vita pubblica e politica sotto i quattro governi Berlusconi, Monti, Letta e Renzi-Berlusconi. In tutti i casi, per circostanze diverse, ma con la stessa sfortuna, l'Italia ha avuto (e continua ad avere) ministri dell'Interno profondamente inadeguati, ostili all'immigrazione senza capire che cosa sta succedendo, del tutto incapaci di affrontare il problema (fingendo continuamente di poterlo eliminare, vedi l'indecente trattato con la Libia e il dono a Gheddafi di navi ed equipaggi italiani per fermare i barconi in mare). Ma anche privi di una minima credibilità per poter imporre agli altri Paesi europei una cooperazione che continua a esserci negata. Vi pare che qualcuno, in Europa, avrebbe potuto prestare attenzione a un personaggio come Maroni, che ha giurato sulla carta secessio- Giampiero Buccianti la vignetta Silvia Cla I soliti profitti sulla pelle dei più deboli Gentile direttore, a proposito di “Campi nomadi SPA” il profitto di Mafia capitale sulla pelle dei Rom, volevo segnalarle queste poche righe appuntate da Rita Bernardini, all'epoca deputata radicale: “Torno da una visita ad un campo rom di Roma. Un posto ai confini della realtà dove le istituzioni ghettizzano centinaia di donne, uomini, bambini (tanti), vecchi (pochi, perché la vita media nei campi rom è di poco superiore ai 50 anni). Un uomo di 38 anni nato in Italia sta facendo tra mille difficoltà la trafila per avere la cittadinanza: ha frequentato le scuole italiane prendendo la licenzia media, lavora, ha moglie e un figlio che frequenta le nostre scuole; non ha precedenti penali. Parla romano come me… Ancora non è cittadino italiano e chissà se lo diverrà tra un rimpallo e l’altro. Li deportano nei cam- di opposizione. È tempo di rifondare la politica. Con la battaglia delle idee e la mobilitazione. Franco Rinaldin L’anomalia della nomina di Matteo Orfini Un telegiornale ha annunciato che “il presidente del Consiglio” ha nominato il presidente del Pd, Matteo Orfini commissario straordinario del Pd di Roma. L’evidente confusione dei ruoli, ripetuta da altri, manifesta tutto il senso di disordine provocato al sistema costituzionale là dove si impone DIRITTO DI REPLICA In merito all’articolo pubblicato venerdì 5 dicembre, “Soru e quella gara con l'89% di ribasso per la banda larga (che però è stretta)” Consip precisa che: 1) Consip aggiudica (da 16 anni) gare esclusivamente in base alle offerte ricevute e non alle qualità e ai ruoli rivestiti dagli offerenti. Nessuna decisione sull’esito della gara è legata a fattori diversi dal merito delle offerte presentate. 2) La gara in questione rappresenta l’avvio (non l’antitesi) del Piano del governo per la larga banda. Il suo scopo è quello di fornire connettività ai 100 mila punti rete della PA, non di “cablare” l’Italia portando la connessione ad alta velocità in tutte le case. A tale proposito va sottolineato che il Piano banda larga – che peraltro ha come obiettivo finale il 2020, mentre la gara Consip rende disponibile la connessione alle amministrazioni subito, a partire dal 2015 – si finanzia anche con i risparmi (2 miliardi di euro in sette anni) derivanti da questa gara. 3) Le amministrazioni non avranno alcun peggioramento della propria con- il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Condirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Caporedattore (Inchieste) Marco Lillo Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: [email protected] - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Lucia Calvosa, Luca D’Aprile, Peter Gomez, Antonio Padellaro, Layla Pavone, Marco Tarò, Marco Travaglio nista del suo partito prima di giurare sulla Costituzione italiana e che aveva fatto dei migranti il suo secondo assoluto nemico (negando anche il diritto d'asilo imposto dai trattati firmati dall'Italia), mentre il primo nemico era lo stesso Paese e la stessa Capitale (ladrona) di cui era un ministro chiave? Se uno solo di questi ministri avesse meritato attenzione (è importante includere Alfano in questo lato oscuro dell'Italia) ognuno di loro, con il sostegno dei rispettivi primi ministri, avrebbe dovuto e potuto ottenere la obbligata collaborazione europea sul che fare con l'arrivo dei profughi e su come dividersi il peso e la responsabilità. Da tempo la spinta a tentare di raggiungere le coste italiane (dunque europee) non è più una ricerca di un minimo di benessere, ma la fuga da conflitti sempre più frequenti, diffusi e atroci. Sarebbe stata urgente e doverosa non la ricerca insensata di nuove tecniche di respingimento, ma la distribuzione bene organizzata dei rifugiati tra i diversi Paesi europei. Ogni volta che vi parlano delle periferie italiane gremite di rifugiati, non aggiungetevi al coro che predica “basta con l'accoglienza”. Non c'è stata mai nessuna accoglienza nell'Italia dei Centri di identificazione ed espulsione organizzati come campi di concentramento. C'è stata solo la disumana e cieca ostilità di ministri sbagliati e la loro incapacità (a causa della bassa statura) di coinvolgere gli altri Paesi europei in un progetto comune di salvezza, ma anche di necessaria divisione dei compiti e responsabilità. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] nessione a internet. La gara obbliga i fornitori a garantire la connettività per non meno di 8Mb (ovunque) e non meno di 100Mb (capoluoghi di regione) sin dal 2015. Ma tale connettività può arrivare anche a 1Gb, dove esista la tecnologia per portarli. Ci sarà un listino prezzi che prevede un’offerta completa da parte di ciascun concorrente, in grado di soddisfare tutte le esigenze della PA. I fornitori che hanno presentato l’offerta devono poter fornire tutto il ventaglio dei servizi previsti dal listino secondo le clausole contrattuali rese note insieme al bando di gara. Se non lo faranno, andranno incontro a conseguenze. 4) L’aggiudicazione delle gare Consip non dipende dalla volontà di una singola persona, ma segue le norme del Codice degli appalti e le procedure aziendali. Nel caso specifico, la Commissione giudicatrice valuta, il Responsabile del procedimento verifica e propone di aggiudicare, il Cda delibera l’aggiudicazione. Uff. Stampa Consip A proposito dell’articolo “Lo Stato risparmia con Internet a pedali: ci guadagna solo Soru”, ricordo che Tiscali, sebbene sia più piccola dei concorrenti citati, dispone di una rete di accesso nazionale, di un backbone in fibra ottica di 20,000 chilometri con una capacità di 100 Gbps, di una adeguata infrastruttura IT nonché di un know how tecnologico e commerciale che ci consente di fornire un servizio di accesso Internet tra i migliori in Italia: quindi parlare di Internet a pedali è fuorviante e denigratorio. In virtù di questa infrastruttura, frutto di oltre 15 anni di lavoro e ingenti investimenti, Tiscali è stata ammessa a partecipare alla gara Consip previa verifica, superata con successo, dei requisiti tecnici. Abbiamo formulato la nostra offerta per la gara Consip SPC con il preciso obiettivo di trasferire alla Pubblica amministrazione, grazie alla nostra esperienza, il più ampio vantaggio economico. Pertanto l’equazione asserita nell’articolo tra livello di prezzo e basso standard di servizio non si fonda su alcun elemento oggettivo. Mi preme ricordare che la partecipazione di Tiscali alla gara CONSIP e la conclusione della sua prima fase sono avvenute precedentemente sia alla mia elezione al Parlamento Europeo che alla mia nomina a Segretario Regionale del Pd. Pertanto, in merito al ruolo che queste potrebbero aver giocato o giocare nell’aggiudicazione della Gara Consip, respingo ogni illazione e mi riservo di tutelare legalmente me e Tiscali. Renato Soru L’articolo non contiene illazioni ma fatti. La Consip deve decidere nei prossimi giorni se escludere dalla gara per ribasso anomalo o dichiararlo vincitore il segretario del Pd Sardegna. (G. Mel.) Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 290,00 e Prezzo 220,00 e Prezzo 200,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 170,00 e Prezzo 135,00 e Prezzo 120,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 e Prezzo 320,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 e Prezzo 180,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 305,00 e • 7 giorni Prezzo 290,00 e • 6 giorni È possibile sottoscrivere l’abbonamento su: https://shop.ilfattoquotidiano.it/abbonamenti/ • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 185,00 e • 7 giorni Prezzo 170,00 e • 6 giorni Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: [email protected] ABBONAMENTO DIGITALE • Mia - Il Fatto Quotidiano (su tablet e smartphone) Abbonamento settimanale 5,49 e Abbonamento mensile 17,99 e Abbonamento semestrale 94,99 e Abbonamento annuale 179,99 e • il Fatto Quotidiano - Pdf (su Pc) Abbonamento settimanale Abbonamento mensile Abbonamento semestrale Abbonamento annuale 4,00 e 15,00 e 80,00 e 150,00 e * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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Les. 196/2003): Antonio Padellaro Chiusura in redazione: ore 22.00 Certificato ADS n° 7617 del 18/12/2013 Iscr. al Registro degli Operatori di Comunicazione al numero 18599 • Servizio clienti [email protected] MODALITÀ DI PAGAMENTO • Bonifico bancario intestato a: Editoriale Il Fatto S.p.A., BCC Banca di Credito Cooperativo Ag. 105, 00187 Roma, Via Sardegna n° 129 Iban IT 94J0832703239000000001739 • Versamento su c. c. postale: 97092209 intestato a Editoriale Il Fatto S.p.A. 00193 Roma , Via Valadier n° 42, Dopo aver fatto il versamento inviare un fax al numero +39 06 92912167, con ricevuta di pagamento, nome, cognome, indirizzo, telefono e tipo di abbonamento scelto • Pagamento direttamente online con carta di credito e PayPal.
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