16 ECONOMIE SOLIDALI DUE STORIE DI COLTIVAZIONE BIO, FILIERA CORTA E SELEZIONE PARTECIPATA DELLE SEMENTI UNIVERSO CEREALE Il pane “Virgo” emiliano è frutto di un progetto che coinvolge contadini e università. La “birra logistica” di Mira, invece, è una risposta a chi vorrebbe cementificare --- TESTO E FOTO DI CHIARA SPADARO I FRUMENTI PRENDONO VOCE NEI CAMPI, E SI PRESENTANO AIUTATI DAI CARTELLI DI LEGNO CHE PUNTELLANO IL TERRENO DELLA SEMINA. Possono essere vestiti, nudi, teneri, duri, antichi, moderni: Andriolo, Autonomia, Abbondanza…, e siamo solo alla lettera “a”. Per arrivare all’ultima lettera dell’alfabeto dei grani bisogna conoscere i contadini che li hanno seminati. Andrea Cenacchi è uno di questi: da trent’anni conduce con la moglie un’azienda di 30 ettari (17 di proprietà) ad Argelato (Bo), convertita al biologico da 17 anni e biodinamica da 7. Dieci ettari del Podere Santa Croce (www. WWW.ALTRECONOMIA.IT poderesantacroce.com) sono dedicati ai cereali: frumenti teneri e duri, mais e orzo da semi che Andrea conserva e autoriproduce anno dopo anno. Nel giardino che costeggia l’azienda c’è un forno a legna autocostruito, mentre dall’antro della cucina si sfornano piade, tigelle e focacce: da 9 anni l’azienda funziona anche come fattoria didattica e agriturismo, con una ristorazione che utilizza per il 75% materie prime coltivate direttamente. Sulla terra che resta, infatti, c’è spazio per legumi e ortaggi, e si allevano allo stato semibrado galline e razze autoctone, come la Mora romagnola (una razza suina autoctona) e la vacca Bianca modenese. Insieme a 2 cooperative -Biodiversi, che gestisce le attività agricole del Parco della Chiusa di Casalecchio di Reno (Bo), e La Collina di Codemondo (Re)-, un forno -Baracca di Nonantola (Mo)- e la fondazione Le Madri di Rolo (Re), Podere Santa Croce ha iniziato nel 2009 a collaborare con il dipartimento di Scienze e tecnologie agroambientali dell’Università di Bologna nell’ambito del progetto di filiera corta “Bio pane”, dedicato ai cereali biologici e biodinamici dell’EmiliaRomagna. Finanziato dal- la Regione per 3 anni, Bio pane è stato -fino al 2011un punto d’incontro tra il mondo contadino e quello della ricerca, con l’obiettivo di selezionare e valorizzare antiche varietà locali di frumento tenero secondo il metodo del “miglioramento partecipativo” (in inglese, participatory plant breeding), con le quali sviluppare poi una filiera corta del pane. “Sono stati 3 anni di studio e ricerca”, spiega Andrea Cenacchi, trascorsi a fare sperimentazioni e selezioni in campo e analisi in laboratorio, fino a trasformare il raccolto in sfarinati con diverse macinazioni e pani SETTEMBRE 2014 17 “IL PANE & LA MADRE” Chiara Spadaro, ha scritto per Altreconomia edizioni un libro dedicato alla pasta madre e alla panificazione. Si chiama “Il pane & la madre” e raccoglie 25 “ricette e farine del nostro sacco per un pane buono, bio e sociale”. Costa 7,90 euro, e lo trovate in bottega, in libreria e su www.altreconomia.it/libri di forme e lievitazioni diverse. “Tutto questo materiale -racconta- costituisce oggi la base del progetto Virgo”, che è la continuazione di Bio pane per altri due anni, con uno sguardo più attento ad avviare una filiera corta del pane. Si è allargata anche la rete degli attori: oggi sono 9 le aziende e 2 i forni coinvolti, tutti situati in zone terremotate nella primavera 2012. Virgo è anche il marchio collettivo (ne è depositaria l’associazione Arca biodinamica) che identificherà i “frutti“ del progetto, ottenuti dalla lavorazione delle 5 antiche varietà di grano -Andriolo, Frassineto, Gentil Rosso, Inallettabile e Vernacoltivate in aziende biologiche dell’Emilia-Romagna, da sementi autoriprodotte dalle aziende depositarie del marchio. “Stiamo lavorando alla stesura di un disciplinare, volutamente restrittivo, per garantire la qualità dei nostri prodotti -sottolinea Andrea-. Per questo, prevediamo, ad esempio, la rotazione delle colture, l’assenza di qualsiasi concime chimico, la macinatura a pietra e la lievitazione con pasta madre”. Questi cereali sono coltivati -a partire dal 2015 occuperanno un centinaio d’ettari- e trasformati in purezza (una sola varietà), oppure in miscugli: il lavoro di recupero delle varietà antiche, infatti, passa anche dal mescolamento in campo di grani diversi, “per arrivare a selezionare del materiale nuovo, più adatto alle esigenze dell’agricoltura moderna”, spiega Giovanni Dinelli, docente di agronomia all’Università di Bologna SETTEMBRE 2014 che ha seguito fin dall’inizio il progetto Bio pane. “Gli agricoltori hanno così la possibilità di sperimentare la diversità in campo e selezionare i grani migliori per le proprie aziende, in base alle caratteristiche del territorio e al tipo di trasformazione che si farà”. Pane e birra “logistici”. Anche in Veneto, nei campi della Riviera del Brenta minacciati dalla cementificazione, da più di un anno si raccolgono frumenti teneri per la filiera del “pane logistico”. La prima semina occupava 4 ettari, ma quest’anno si è passati a coltivarne 14, per un raccolto di 390 quintali (120 l’anno scorso) di grano bio (le varietà moderne Bologna e Zanzibar). Sono 5 le realtà coinvolte oggi: l’azienda agricola “Pecore ribelli”, la cooperativa Bronte e il fornaio-agricoltore Claudio Ceroni, tutti di Mira (Ve), e il Parco etnografico di Rubano, nel padovano, che con il suo “forno del bosco” propone pane e pizze bio a lievitazione naturale (www.parcodirubano.org, su Ae 148). “Altri 7 ettari sono stati coltivati da un ragazzo nella zona dove dovrebbe sorgere il ‘Terraglio bis’, una nuova strada che divorerebbe le ultime aree coltivabili dell’hinterland mestrino”, racconta Sandro Mazzariol di Pecore ribelli. Anche il progetto del “pane logistico” è nato per “salvare il paesaggio”, quando “Opzione zero”, www. opzionezero.org, con la lista di cittadinanza attiva Mira 2030 (www.mira2030.it) e il gruppo d’acquisto solidale 11 di Mira (miragas.wordpress. com), aveva iniziato a coltivare cereali a Dogaletto, sui terreni destinati alla costruzione di un polo logistico per “Veneto city” (vedi Ae 143). Oggi sono 5 i panifici della Riviera che sfornano il “pane logistico”, in vendita a 3,50 euro al chilo, un prezzo trasparente. Il grano è pagato agli agricoltori 26 euro al quintale (contro i 19 del mercato): “Il ricavo degli agricoltori è di 0,75 euro per ogni chilo di pane, il costo del trasporto e della macinazione è di 0,25 euro al chilo, mentre al panificatore rimane un ricavo di 2,50 euro al chilo, compresi i costi di produzione”. I SOGGETTI COINVOLTI NEL PROGETTO “VIRGO”, PER UNA FILIERA DEL PANE BIO IN EMILIA-ROMAGNA: 9 AZIENDE AGRICOLE E 2 FORNI --- Un momento del laboratorio dedicato alla panificazione con pasta madre organizzato lo scorso giugno al Podere Santa Croce, ad Argelato (in provincia di Bologna). In apertura, i cartelli aiutano a orientarsi nel campo sperimentale di cereali seminato al Podere --- WWW.ALTRECONOMIA.IT 18 AUTUNNO IN FILIERA ECONOMIE SOLIDALI Le filiere rappresentano, stagione dopo stagione, un filo conduttore delle attività della Rete Semi Rurali, che riprenderà le attività il fine settimana del 3 e 4 ottobre 2014, per un nuovo Una filiera ancora più corta dopo aver spostato la macinazione del grano al Molino Rachello, a Roncade (Tv), risparmiando ben 160 chilometri rispetto ai Molini Morini di Faenza (Ra), usati l’anno scorso. Accanto al pane, intanto, c’è un’altra filiera che ha avviato il suo percorso: l’autunno porterà una novità, la “birra logistica”, prodotta con l’orzo coltivato su 1 ettaro dei campi di Pecore ribelli. Il primo passo per avviare il progetto è stato cercare un maltificio locale, “senza dover andare in Austria o Germania come succede di solito -spiega Sandro-. Il nostro obiettivo è quello di valorizzare la filiera corta dei cereali, lavorando quindi il più vicino possibile l’orzo Otis da noi coltivato con metodo biologico”. “La valle scura”, agriturismo e birrificio artigianale di Piozzano (Pc, www.agrivallescura. it), dista 270 chilometri dai campi di Pecore ribelli a Mira, dove sono stati raccolti 25 quintali d’orzo: diven- WWW.ALTRECONOMIA.IT teranno 6mila litri di birra. Le prime bottiglie di prova di questa pilsner -un tipo di birra chiara e amarognola, moderatamente alcolicasono in arrivo proprio mentre scriviamo. Saranno vendute dall’autunno (il costo è di 3,20 al litro, non imbottigliata) attraverso gli stessi circuiti del pane: i gruppi d’acquisto solidali della Riviera del Brenta e veneziani, ma anche qualche negozio specializzato e alcune osterie del territorio. “Dal prossimo anno vorremmo coltivare anche un altro tipo di orzo, lo Scarlett, più indicato per la produzione di birra”, spiega Sandro. Anche sui grani usati per la panificazione è in corso una ricerca, e dal 2015 si potrebbe coltivare anche qualche antico frumento veneto. “Stiamo facendo un passo alla volta”. Chicco dopo chicco, la sperimentazione è tutta in campo. --- incontro che si dovrebbe tenere al Biocentro Pertusati di Rosignano Marittimo (Li, www. biocentropertusati.it, per info: [email protected]). In Francia, invece, le iniziative L’ITALIA PRESENTE CON “RETE SEMI RURALI” RELAZIONI CONTADINE I giovani francesi protagonisti di un nuovo modello agricolo e dell’incontro finale del progetto “Solibam”, nella Loira --- CHIARA SPADARO L aurence, cuoca e nutrizionista, mi dà tra le mani un pacchetto di farina di mais, sull’etichetta gialla si legge: “Ferme de Ribeyrolles / Semoule de mais / Semences de ferme / Variétés locales”. I dettagli si susseguono: è un miscuglio di diverse varietà coltivate biologicamente, macinata a pietra e confezionata dall’azienda di Joelle e Bertrand Lassaigne, a Le Change, che è un piccolo paese dell’Acquitania francese. La farina è un dono che devo riportare in Italia, a Giandomenico Cortiana, presidente dell’Associazione veneta dei produttori biologici (A.ve.pro. bi., www.aveprobi.org), che a Isola Vicentina (Vi) coltiva ortaggi, mele e l’antico mais Marano. Così, una manciata di mais annulla gli oltre mille chilometri che separano agricoltori di diversi paesi: crea relazioni contadine. Succede grazie a progetti internazionali seguiti in Italia da Rete Semi Rurali (www.retesemirurali.net), come quello che lo scorso luglio ha portato 200 persone a Nantes (“capitale verde d’Europa” nel 2013), nella Francia occidentale, per il congresso conclusivo di Solibam, acronimo di “Strategies for organic and low-input integrated breeding and management” (in italiano, “Strategie per l’integrazione di riproduzione e gestione in agricoltura biologica e a basso input”, www.solibam.eu). Il progetto -finanziato dall’Unione europea- ha coinvolto per 4 anni, dal 2010, 12 paesi (tutti europei, tranne l’Etiopia e il Mali) e 23 organizzazioni, ma anche finanziato 16 dottorati e realizzato oltre 80 incontri in altrettante aziende agricole. L’obiettivo era creare un ponte tra il mondo della ricerca e quello contadino, per sperimentare nuove forme di miglioramento partecipativo nella selezione delle sementi in agricoltura biologica. Per tutti noi, un’occasione per incontrare ricercatori e scienziati di diverse provenienze e ambiti di ricerca e visitare direttamente le aziende agricole che hanno partecipato alla sperimentazione in camSETTEMBRE 2014 a cura di Reseau semences paysanne continuano con una settimana di iniziative, dal 20 al 28 settembre, per “riscoprire le sementi contadine e ritrovare gli agricoltori che le coltivano” (semencespaysannes.org). A ottobre si sono dati appuntamento -a Pesaro- anche i protagonisti della campagna Genuino Clandestino, per l’assemblea nazionale, dal 24 al 26 ottobre. po, coltivando antiche varietà di grani. In Francia, si tratta soprattutto di aziende condotte da giovani agricoltori. Florent Mercier ha 32 anni e gestisce l’azienda avviata dai genitori, “Le pont de l’arche”, 70 ettari di terra a Bouchemaine, coltivati biologicamente dal 1978. Il simbolo dell’azienda è una mucca che guarda una spiga: tra i cereali (sono 400 le diverse varietà messe a dimora), infatti, pascolano 25 mucche da latte Braunvieh (una razza svizzera) per produrre formaggi a latte crudo: “Questo lungo lavoro di sperimentazione in campo ci ha permesso di lavorare con i ricercatori, e acquisire nuovi strumenti per portare avanti la selezione naturale di alcune varietà, riportando nelle mani degli agricoltori le sementi e i saperi che le accompagnano”, dice Florent a proposito di Solibam. Mentre ci accompagna a visitare i campi dove ha coltivato i cereali del progetto Solibam, si ripara dal sole con un cappello e tiene in una mano un microfono portatile e nell’altra una fascina di una pianta elegante, rossa. È trifoglio, “Trifolium vesiculosum” -come mi scrive sul quaderno- un’erba foraggera. “Sono agricoltore da più di 10 anni”, sorride Florent quando gli chiedo l’età. La “dotation jeunes agriculteurs” (Dja) è uno strumento con cui il ministero francese dell’Agricoltura garantisce un sostegno economico e un percorso formativo ai cittadini europei tra i 18 e i 39 anni, diplomati in agricoltura o tecnici, che vogliano crearsi un lavoro in agricoltura. Il percorso prevede la stesura di un progetto per l’insedia- mento da realizzarsi nei 5 anni successivi, con un contributo che varia dagli 8mila ai 35mila euro a seconda del tipo di progetto. L’età media di insediamento dei giovani in agricoltura è 28 anni; un terzo di loro non viene da famiglie contadine e il 22% è donna. Dal 2010, sono oltre 5mila i giovani che hanno ricevuto la dotation, e il 95% delle aziende avviate con questi contributi sono ancora attive dopo 10 anni. Kévin Sperandio, trentenne, è uno dei 4 dipendenti di Germinance (www.germinance.com), una piccola ditta “artigianale e indipendente”, come si definiscono, che -grazie a una rete di 40 produttori certificati Demeterdal 1985 vende oltre 400 varietà di sementi biologiche e biodinamiche di ortaggi, aromatiche, piante medicinali e fiori. Germinance segue la riproduzione dei semi presso gli agricoltori, fatta sempre a partire da coltivazioni bio, e si occupa della vendita in Francia, direttamente o nelle botteghe biologiche “Sartoriz”. Il prezzo è equo per i produttori (pagati anche 100 volte di più rispetto al mercato convenzionale) e accessibile per i consumatori: “È così costosa una bustina di semi da 2,25 euro per 100 grammi, se pensiamo che potremmo raccogliere, se tutto va bene, almeno 300 lattughe, o 20 chili di carote, o 100 chili di pomodori bio? E che, inoltre, queste piante possono fornire sementi per l’anno successivo?”, fa riflettere François Delmond, presidente di Germinance. Mathieu Beliard è uno dei produttori di Germinance: ha 29 anni e gestisce un’a- SETTEMBRE 2014 19 I dettagli sono in costruzione. Per aggiornamenti contattare il gruppo Oltremercato di Pesaro: oltremercato@autoproduzioni. net, http://genuinoclandestino. noblogs.org --- Mathieu Beliard mostra le produzioni orticole nei campi della sua azienda a St Laurent de la Plaine (Loira), aderente al progetto Solibam. Sotto, la farina di mais prodotta nell’azienda di Bertrand Lassaigne --- zienda biologica a St Laurent de la Plaine, nella Loira. La sua azienda diventa il palcoscenico di alcuni atelier in campo nell’ambito di una giornata sui semi contadini organizzata da Réseau Semences Paysannes (www.semencespaysannes.org), a cui Mathieu è associato. Potagère, mais e blé: sono 3 i laboratori tematici -dedicati rispettivamente a ortaggi, mais e frumenti, le specialità dei Pays de la Loire- durante i quali i partecipanti ruotano, proprio come le colture, da un terreno all’altro, per conoscere direttamente in campo quel di cui si parla. Il raccolto, poi, è trasformato in cucina da tre donne: Bernadette, Nolwenn e Marie. Lavorano in 3 diverse cooperative che fanno parte della stessa rete, “Coopérer pour entreprendre” (Cpe, www. cooperer.coop): nata negli anni 80 per dare una risposta alla disoccupazione in base al principio entreprendre collectivement, la Cpe riunisce oggi 68 cooperative per l’impiego in diversi settori, con 145 sedi in tutta la Francia, e dà lavoro a 4mila persone, il 54% donne. “La nostra è una cucina ricca di legumi e cereali, usiamo con moderazione formaggi, carni e pesci. Per insaporire usiamo spezie, alghe ed erbe aromatiche”, spiega Bernadette, aggiungendo l’attenzione alla stagionalità, alla filiera corta e all’agricoltura biologica. La loro è una “cucina itinerante e mutualistica”, come dicono, un catering che utilizza “ingredienti locali trasformati secondo i sapori del mondo” e dove le cucine degli altri diventano teatro di un lavoro comune, chiudendo così la filiera di un’esperienza collettiva. --- WWW.ALTRECONOMIA.IT
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