Lunedì 24 marzo 2014 www.corrieredelmezzogiorno.it Lunedì 27 Ottobre 2014 alute e prevenzione Salute in collaborazione con E PREVENZIONE Ancmzxzx zxzxzzx zxzxzxzx La diffusione della comunicazione e il web hanno rivoluzionato il sistema salute e possono costituire un fondamentale supporto alle strategie mondiali di prevenzione Resta il problema della attendibilità delle fonti L’illustrazione è di Daniela Pergreffi Sanità, la nuova frontiera è la comunicazione di Marco Trabucco Aurilio malati, istituzioni pubbliche). La coSanità,ciazioni i datidi Istat municazione è per il2013 medico moderno uno degli elementi fondamentali per una maggiore comids, se lo conosci lo eviti»: pliance nelle cure .Tutti i colleghi devono essere come non ricordare la frase consapevoli che non si trasmette più soltanto un finale dello spot-campagna messaggio, una diagnosi, una terapia: comunicacontro l’Aids negli anni ’90: re con il paziente vuol dire relazionarsi, condiviancora oggi il miglior esem- dere e comprendere prima di tutto la persona. pio di campagna di comunicazione a supporto Anche se il medico di famiglia rimane comunque di EMANUELE IMPERIALI delle strategie di prevenzione in Italia. La stessa la fonte primaria per ottenere informazioni, la A PAGINA XX Who (Organizzazione mondiale della sanità) nel classe medica italiana deve oggi interagire con le 2005 riconosce l’imprescindibile legame tra co- nuove tecnologie e mezzi di comunicazione (somunicazione e prevenzione parlando di ruolo es- cial network, app e così via) integrandole con il senziale della comunicazione nel contrasto alle proprio background di conoscenze per poter conepidemie mondiali. Oggi possiamo distinguere tribuire da attori principali nella prossima era di due tipologie comunicative in ambito sanitario: «salute digitale». Nella comunicazione in ambito comunicazione medico-paziente e comunicazio- sanitario, infatti, il web ha di gran lunga superato ne paziente-network esterno (mass media, asso- tutti gli altri mezzi di comunicazioni: basta pen- Povero Sud, si risparmia perfino sulle cure mediche «A sare che l’argomento «salute» è ai primi posti nel mondo sui motori di ricerca e sui social network. Su internet si cercano principalmente informazioni su patologie, su farmaci e strutture sanitarie a cui rivolgersi. Tuttavia comunicare salute, in generale, è anche un rischio: il virus ebola è l’esempio più attuale, con molti ricoveri inappropriati e una comprensibile paura delle popolazioni, non supportata da efficaci strategie di comunicazione sulla patologia e sui metodi di contagio. Sul web il rischio di affidarsi a fonti inattendibili, magari alimentando false aspettative su patologie, non è certamente trascurabile, come non lo è il fenomeno dell’auto-prescrizione di farmaci con conseguenze a volte anche gravi sui pazienti. Per superare queste criticità, in Italia occorrerebbe sicuramente un maggior coinvolgimento delle istitu- zioni, per avere da un lato così più riferimenti autorevoli on line e dall’altro una regolamentazione che vada oltre le timide «Linee guida per la comunicazione online in tema di tutela e promozione della salute» del ministero della Salute , recepite da pochi. Al di là delle criticità è comunque indiscutibile, a mio giudizio, che internet ha certamente rivoluzionato in positivo il sistema salute in generale. Da un punto di vista sociologico,ad esempio, internet consente ,per la prima volta, una condivisione sociale di malattia: si pensi ai gruppi di pazienti che si relazionano sull’esperienza di malattia pur vivendo a chilometri di distanza. Il web è il mezzo più intuitivo e veloce per la diffusione di strategie di prevenzione: negli Stati Uniti, ad esempio, esiste il Center for Disease Control and Prevention, istituzione federale che punta sui social network per divulgare al cittadino informazioni di prevenzione in maniera interattiva. Grazie a internet i professionisti sanitari possono interagire tra loro in tutto il mondo, con la telemedicina si possono fare diagnosi, interventi chirurgici ed esami diagnostici a distanza, cose nemmeno immaginabili poche decine di anni fa. La sfida del prossimo futuro è certamente, quindi, quella di una comunicazione efficace e accessibile a tutti che contribuisca a diffondere una vera cultura della prevenzione. Ricordando uno slogan di un noto spot degli anni ’80 quanto mai attuale: «Prevenire è meglio che curare». © RIPRODUZIONE RISERVATA 2 Lunedì 27 Ottobre 2014 Corriere del Mezzogiorno NA Prevenzione Anche Smart phone e Radar in campo contro l’acne Dermatologia, due giornate di approfondimento a Napoli N el corso di due giornate di approfondimento a Napoli sono state presentate le innovazioni ideate per migliorare cure e qualità di vita dei pazienti affetti da acne. Presieduto dal professor Giuseppe Monfrecola, con il coordinamento scientifico della professoressa Gabriella Fabbrocini, l’Acne Day ha ospitato i più grandi Raffaele Canonico Medico dello sport, è responsabile dell’area nutrizionale del Calcio Napoli Roberto Grella Specialista in chirurgia plastica ed estetica, è docente del Master di II livello della Sun Luigi Schiavo Nutrizionista, è responsabile in Campania della Fondazione italiana per la lotta all’obesità infantile esperti in fatto di dermatologia. Monfrecola e Fabbrocini hanno anche messo a punto Acne Smart Phone, sistema attraverso il quale l’equipe della Federico II monitora i pazienti e li stimola al rispetto dei trattamenti, e Acne Radar, che consente ai pazienti di verificare i miglioramenti e al medico di correggere, se necessario, la cura. Finita la stagione delle vacanze, ci attendono mesi impegnativi in un clima sempre meno clemente Ecco i consigli del nutrizionista, dell’esperto in medicina dello sport e anche del chirurgo plastico di Raffaele Nespoli O ra che le vacanze sono solo un ricordo, riprendere il ritmo con la frenesia di sempre non è cosa facile. Il tran tran quotidiano, la famiglia, gli impegni, lo stress. Ogni cosa sembra voler far rimpiangere la tranquillità dell’estate, quando c’era solo da pensare a quale spiaggia scegliere o dove cenare. Non c’è da meravigliarsi, dunque, il nostro corpo ha iniziato un po’ a fare le bizze. O se guardandoci allo specchio vediamo solo pallore e occhiaie. È evidente che non esistono rimedi miracolosi, ma almeno si può cercare di rendere questo «doloroso» assestamento quanto più breve possibile. Abbiamo chiesto consigli a tre affermati specialisti che si occupano rispettivamente di alimentazione, sport ed estetica. E con il loro supporto abbiamo steso una sorta di prontuario, utile a rimettersi in forma e gestire al meglio lo stress. Non c’è dubbio che uno degli aspetti primari per il benessere è l’alimentazione. Spesso basta qualche accorgimento per sentirsi subito meglio e preparare il fisico ai rigori dell’inverno. Per questo Luigi Schiavo, nutrizionista del Primo Policlinico, raccomanda sempre di non eccedere con diete monotematiche oppure eccessivamente dure. «La giusta forma fisica — spiega — dev’essere ritrovata con il tempo, un po’ alla volta. Altrimenti si rischia di indebolire il sistema immunitario e ottenere risultati tutt’altro che duraturi». Per preparare il corpo a mesi di freddo e pioggia, l’esperto consiglia di «assumere ogni giorno molta frutta e verdura, alimenti perfetti per rafforzare le difese immunitarie perché ricchi di vitamine». Va detto che non è solo una questione Come prepararsi ad affrontare un anno di lavoro di cosa si mangia, ma anche di come e quando si consumano i pasti. «Purtroppo — aggiunge Schiavo — la routine quotidiana ci spinge ad abitudini alimentari spesso scorrette. Sarebbe sempre meglio cercare di evitare pasti troppo abbondanti e preferire invece qualche spuntino durante tutta la giornata. Sfatiamo comunque il mito del famoso “strappo alla regola”. Personalmente non credo che il problema possa essere nello snack o in un dolce ogni tanto. Anzi, gratificarci è un buon modo per rispettare le regole che ci imponiamo. L’importante è non esagerare e fare in modo che anche un saltuario spuntino sia inserito nel contesto giornaliero di un piano alimentare corretto». Infine, visto il suo ruolo di responsabile regionale della Fondazione italiana per la lotta all’obesità infantile (presieduta dal professor Mar- Difese immunitarie Molta frutta e verdura aiutano a rafforzare le difese immunitarie in vista del freddo co Gasparotti), Schiavo mette in luce l’aspetto fondamentale che ha la colazione in ogni piano alimentare bilanciato. «In Campania — dice — l’indice di obesità infantile è veramente molto alto, un bambino su due è obeso. Sarebbe importante, anche in considerazione di una vita certamente più sregolata condotta durante le vacanze, che i giovani non trascurassero mai la colazione. Aspetto che naturalmente è altrettanto valido per gli adulti. Il nostro organismo, infatti, ha bisogno di “carburante” per consentirci di affrontare al meglio le prime ore della giornata, senza arrivare a pranzo con i crampi allo stomaco». Alimentazione a parte, altro aspetto cruciale è l’attività fisica. Se è vero che durante le vacanze ci si concede spesso un po’ di moto, fosse anche solo qualche bracciata tra le onde, altrettanto ve- 3 Corriere del Mezzogiorno Lunedì 27 Ottobre 2014 NA Illustrazione di Daniela Pergreffi ro è che per tutto l’inverno si è spesso sottoposti a una «panchina» forzata. Per molti l’attività fisica si riduce a qualche passo dall’ufficio all’auto. Ecco perché Raffaele Canonico, specialista in medicina dello sport, raccomanda di iniziare con una visita medico sportiva per la valutazione dello stato di salute e per gli obiettivi che si vogliono raggiungere. «In alcuni casi — spiega — si tratterà di rimettersi in forma, in altri di perdere anche peso». E dunque «è utile procedere con un programma ben preciso, che preveda tre o quattro sedute settimanali di allenamento. L’importante è procedere per gradi, altrimenti si rischia di sovraccaricare l’organismo e le articolazioni. Particolarmente adatta a chi è in sovrappeso, e a persone non più giovanissime, è la camminata veloce. In media sarebbe opportuno dedicare a que- Antidoti alla sedia La camminata veloce è l’ideale per tenersi in forma in periodi in cui si sta molto seduti st’attività una quarantina di minuti almeno per tre o quattro volte la settimana. Se c’è la possibilità, si può praticare attività sportiva in palestra o in piscina. Il nuoto, ad esempio, è uno sport completo e non sovraccarica le articolazioni». Parola d’ordine, per raggiungere risultati apprezzabili, farsi seguire da un preparatore atletico e da uno specialista in medicina dello sport. «Gli esperti consiglieranno soprattutto attività aerobica — dice Canonico — ma non si deve mai dimenticare che i veri risultati arriveranno solo con il tempo e la costanza». Senza mai prescindere da alimentazione e attività sportiva, un grosso aiuto per tornare in forma può arrivare dalla medicina estetica e dalla chirurgia plastica. Il professor Roberto Grella, specialista del settore e docente al Master di medicina estetica della Sun spiega che «durante le vacanze l’esposizione al sole è spesso eccessiva, e si possono avere problemi di pelle. La cute può essere disidratata a causa dei raggi solari e del vento. In questo caso è facile notare degli inestetismi come macchie solari, fini rugosità e lesioni vascolari rosse sugli zigomi». Cosa fare? «La medicina estetica permette di sottoporsi a trattamenti superficiali: per esempio i piling, sia quelli chimici, sia quelli fisici come i trattamenti laser. Questi piling sono “esfolianti”, ovvero rimuovono lo strato superficiale della pelle, eliminando le macchie. Il laser Q-swicced, per esempio, è perfetto per rimuovere le macchie solari, restituisce luminosità alla pelle che appare visibilmente compatta e idratata». Esistono inoltre trattamenti che agiscono in profondità, allo scopo di restituire idratazione alla cute. «Per ottenere risultati apprezzabili — dice Grella — ci si può sottoporre a cicli di rivitalizzanti, piccole punture di vitamine e acido ialuronico. Bastano tre trattamenti per un sensibile miglioramento. Molto efficaci anche le iniezioni di concentrato piastrinico. L’importante è rivolgersi sempre ad uno specialista serio». Andando incontro all’inverno si può poi pensare anche a qualcosa di più «strutturale», facendo ricorso alla chirurgia. «Questo — conclude lo specialista — è il periodo ideale, perché con il fresco si recupera prima e si evitano tutti i fastidi che possono insorgere d’estate. Tra gli interventi più richiesti abbiamo senza dubbio quelli di mastoplastica additiva o di liposuzione. Quest’ultimo per rimuovere accumuli di adipe sui fianchi o nell’interno cosce. Il vantaggio è che il grasso rimosso può essere iniettato nelle zone dove manca, in questo modo si ottiene un effetto più duraturo. Si tratta di un filler permanente autologo che offre ottimi risultati». © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 Lunedì 27 Ottobre 2014 Corriere del Mezzogiorno NA Ricerca Anni Sessanta Quando Napoli diventò capitale della chimica N egli anni ’60 all’ombra del Vesuvio prese vita il progetto «Napoli capitale della chimica». A dare impulso a questa avventura fu il professor Rodolfo Alessandro Nicolaus che, dopo la scomparsa di Francesco Giordani, appena quarantenne era diventato a Napoli la voce più autorevole per le discipline chimiche. Una vivacità culturale premiata dal Consiglio nazionale delle ricerche che, nel programmare una serie di propri organi, assegnò alla chimica un ruolo trainante. Nel 1968, in Campania cominciarono a operare cinque nuovi laboratori del Cnr. Tra questi, ben tre appartenevano all’area chimica. Probabilmente queste scelte furono favorite dal fatto che il premio Nobel per la Chimica nel 1963 era stato assegnato a Giulio Natta e, anche dal fatto che allora lo stesso il Cnr era presieduto dal chimico Vincenzo Caglioti. Così, nel 1968, nacque ad Arco Felice il Laboratorio per la Chimica e la Fisica di molecole di interesse Biologico. Icb, scienza da visitare. E da premiare L’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr, che ha sede a Pozzuoli, apre le porte ai cittadini I ricercatori sono impegnati anche nell’autofinanziamento dei propri progetti di studio Nelle foto a lato, alcune ricercatrici all’opera nei laboratori dell’Icb-Cnr che hanno sede a Pozzuoli P er qualcuno la sigla «Icb» suonerà nuova, altri si sentiranno spaesati al cospetto di termini come biomolecole o biomasse. Ma di certo di qui al prossimo futuro le cose cambieranno. La certezza ci arriva dall’aver incontrato quello che per l’European Journal of Clinic Investigation è uno dei 400 scienziati più influenti al mondo: Vincenzo Di Marzo, neodirettore dell’Istituto di Chimica biomolecolare (Icb) di Pozzuoli, che ha appena ricevuto il Premio Dorso. E a quanto pare uno degli obiettivi che ha più a cuore è aprire alla città le porte dell’istituto del Cnr (anche se la sede partenopea non è sola, l’Icb ha unità organizzative di supporto a Catania, Sassari e Padova). Trasmettere alla gente la passione con la quale i 15 team di ricerca portano avanti ogni giorno un lavoro tanto complesso quanto prezioso. Anche per questo il neodirettore ha organizzato per il 24 ottobre una giornata di presentazione. «Spiegare con parole semplici quello che facciamo non è semplice — dice — ma sono certo che con un piccolo sforzo si possono scoprire cose molto interessanti». Cercando appunto di semplificare, l’Icb si occupa essenzialmente di tutto ciò che di biologico possa essere usato per applicazioni tecnologiche, approcciando alla questione dal versante delle metodologie chimiche. Un concetto che Di Marzo riesce a trasmettere con la semplicità che appartiene solo ai grandi scienziati: «Il cuore della nostra ricerca riguarda le biomolecole, cioè quelle molecole ottenute da sistemi biologici. Per esempio, cerchiamo di capire come queste molecole funzionano nelle cellule o in organismi di varia complessità come i mammiferi e l’uomo. Ci domandiamo a cosa servono così da poter arrivare poi a un’applicazione biotecnologica. In campo medico questo significa supportare lo sviluppo di nuovi farmaci». L’istituto si occupa anche di comprendere i meccanismi che regolano alcune gravi patologie. Di recente, in uno studio congiunto con l’Endocannabinoid Research Group (Erg) dell’Istituto di cibernetica Eduardo Caianiello, l’Icb ha trovato l’«interruttore» che regola la fame. La ricerca ha evidenziato come l’obesità sia accompagnata da un’alterazione del sistema nervoso che interessa alcuni neuroni responsabili proprio della regolazione dell’appetito e del sonno. Comprenderne i meccanismi può quindi avere importanti ricadute per lo sviluppo di nuove cure. La ricerca, che ha avuto una grande eco anche all’estero, è stata pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences. «Vicini di casa» del Tigem nel complesso Olivetti, anche per i ricercatori dell’Istituto di Chimica biomolecolare vale la regola del merito. E da questo punto di vista l’Icb ha pochi rivali. È finanziato con i fondi ordinari del Consiglio nazionale delle ricerche, soldi con i quali si riescono a pagare gli stipendi, il fitto dei locali e le spese cogenti. Ma un grande lavoro di ricerca fondi è affidato proprio ai ricercatori, che riescono ad autofinanziare i propri studi. In media l’impegno e le intuizioni degli scienziati portano in cassa circa un milione l’anno. Ossigeno puro per le ricerche in corso. R. N. © RIPRODUZIONE RISERVATA «Guido Dorso» a Di Marzo, il ricercatore «più influente» del Sud Insignito il direttore dell’istituto, che è l’unico meridionale nella graduatoria internazionale Vincenzo Di Marzo Il direttore dell’Istituto di Chimica biomolecolare del Cnr è stato insignito con il Premio Dorso E ntusiasta quando il tema è la ricerca, Vincenzo Di Marzo parla dell’Istituto che è stato chiamato a dirigere quasi come se stesse raccontando la storia della propria famiglia. E si percepisce anche un accenno di timidezza quando la conversazione scivola sulla sua storia personale, o meglio sul fatto di aver appena ricevuto il prestigioso Premio Guido Dorso per la ricerca. Nei primi giorni di ottobre, con l’intervento del presidente del Senato Grasso e del presidente della Corte Costituzionale Tesauro, i riconoscimenti sono stati consegnati nel corso di una cerimonia solenne. L’iniziativa — patrocinata dal Sena- to della Repubblica, dal Consiglio nazionale delle ricerche e dall’Università degli studi di Napoli Federico II — segnala dal 1970 giovani studiosi del Mezzogiorno e personalità del mondo istituzionale, economico, scientifico e culturale che «hanno contribuito con la loro attività a sostenere le esigenze di sviluppo e di progresso del Sud». Un prestigioso ricono- Direttore È tra i ricercatori italiani con il più alto h-index e con il più elevato numero di citazioni scimento per il direttore dell’Icb-Cnr. Nell’albo d’onore dei vincitori del «Guido Dorso» figurano alcuni tra i più autorevoli esponenti del mondo delle istituzioni, della ricerca, dell’economia e della cultura: da Giovanni Leone a Giorgio Napolitano, da Renato Dulbecco a Franco Modigliani, da Antonio Marzano a Pietro Grasso, da Pasquale Saraceno a Francesco Paolo Casavola, da Antonio D’Amato a Dominick Salvatore. Tra le motivazioni che hanno portato all’assegnazione del premio, quella di essere «autore di monografie sugli endocannabinoidi e di oltre 450 articoli pubblicati su prestigiose riviste scientifiche internazio- nali». Ma anche il merito di essere tra coloro che hanno scoperto il meccanismo molecolare in grado di bloccare la crescita del glioblastoma, la neoplasia maligna del sistema nervoso centrale. «Vincenzo Di Marzo — si legge — è tra i ricercatori italiani con il più alto h-index, ovvero l’indice che sintetizza sia la produttività che l’impatto della produzione culturale o scientifica, e con il più elevato numero di citazioni». Non a caso è tra i 400 scienziati più influenti al mondo secondo lo studio pubblicato dall’European Journal of Clinical Investigation. Raimondo Nesti © RIPRODUZIONE RISERVATA 5 Corriere del Mezzogiorno Lunedì 27 Ottobre 2014 NA Ricerca Le collaborazioni C’è un laboratorio di Tigem anche a Houston P er volontà di un’associazione americana di pazienti, la Batten Disease Foundation, anche al Texas Children’s Hospital di Houston è nato un laboratorio Tigem dedicato allo studio di malattie neurologiche dei bambini. L’eccellenza della ricerca svolta al Tigem è confermata dalla capacità dell’istituto di attrarre finanziamenti da prestigiosi enti internazionali a cominciare dall’Unione Europea, il National Institutes of Health, la Fondazione europea di biologia molecolare (Embo), il Wellcome Trust e l’European Research Council. L’istituto ha attivato collaborazioni con enti e centri di ricerca italiani ed esteri tra cui, naturalmente, l’Università Federico II e la Seconda Università di Napoli. La nuovissima sede di Pozzuoli è dedicata alla memoria di Susanna Agnelli, indimenticabile presidente di Telethon dalla fondazione, nel 1990, al 2009 anno in cui è mancata. Fu proprio lei a chiamare Andrea Ballabio al la direzione. Al Tigem c’è (più) spazio Nella nuova sede tanti cervelli «in arrivo» Visita a Pozzuoli, nella ex Olivetti: qui operano ricercatori di ogni parte del mondo. «Conta soltanto il merito» Andrea Ballabio Nella foto in alto, al centro di uno dei laboratori della nuova sede a Pozzuoli, il direttore scientifico di Tigem di Raffaele Nespoli «L’ espressione fuga di cervelli nel campo della ricerca non significa nulla. I cervelli non scappano, sono solo in cerca di opportunità. E qui offriamo opportunità ai ricercatori di talento. Qualunque sia la loro nazionalità». Inizia così, con le parole del professore Andrea Ballabio, la visita alla scoperta della nuova sede del Tigem. L’Istituto Telethon di genetica e medicina ha infatti completato il suo trasferimento nello storico comprensorio creato da Adriano Olivetti. Cinquemila metri quadrati per una struttura che ospita quattro grandi laboratori open space, uffici, un auditorium e aree di ricerca. Per convertire e ristrutturare l’edificio sono stati investiti Giovani scienziati Oltre ai quattro grandi laboratori open space, con 230 ricercatori, c’è anche un auditorium circa 10 milioni, fondi europei provenienti dal Pon Ricerca e competitività 2007-2013. Ora questo gioiello di alta tecnologia è del tutto operativo. «Siamo riusciti — spiega Ballabio — nell’opera colossale di trasferire un istituto di quasi 220 persone, e tutte le apparecchiature, in un tempo brevissimo». Quali sono i vantaggi che possono arrivare dalla nuova sede? «Abbiamo molto più spazio — prosegue Ballabio — e questo ci ha consentito di creare un auditorium, allargare i servizi di microscopia, ampliare la struttura per il drug screening (screening di molecole a uso farmaceutico, ndr). Tutto questo ci avvicina all’unico obiettivo importante: individuare terapie per chi è colpito da una malattia genetica rara». Grazie ai tre programmi strategici di ricerca attivi al Tigem (biologia cellulare delle malattie genetiche, biologia dei sistemi e della geno- Nelle foto, alcuni scorci dei grandi laboratori allestiti nei cinquemila metri quadrati della nuova sede di Tigem che affaccia sul mare di Pozzuoli mica funzionale e terapia molecolare) la ricerca si focalizza in particolare su patologie come le degenerazioni retiniche, disturbi del traffico intracellulare, malattie da accumulo lisosomiale, metabolismo epatico e ciliopatie. Tutto questo potrebbe sembrare molto distante dai problemi della gente comune, ma non è così. Dai laboratori del Tigem sono già nate varie terapie e, rivela Ballabio, «siamo vicini alla meta anche per diverse forme di cecità ereditaria». Anche grazie all’internazionalizzazione, punto di forza dell’istituto. Nella struttura di Pozzuoli, divisi in 14 gruppi, lavorano ricercatori di ogni parte del mondo: Stati Uniti, Giappone, Cina, Francia, Spagna, Argentina, Russia, Uruguay. Altro che fuga di cervelli. Del resto, sottolinea Ballabio: «Al Tigem l’unico criterio preso in considerazione è il merito». © RIPRODUZIONE RISERVATA A Città della Scienza un murale per i bambini supereroi di Telethon L’opera realizzata da Solo per ricordare Ciccio, che non ce l’ha fatta, e l’impegno per i suoi coetanei A Città della Scienza è comparso un coloratissimo murale. All’esterno del padiglione Galilei c’è un bambino sorridente vestito da supereroe. Alle sue spalle, nell’ombra, la sua piccola sedia a rotelle. Nello stesso disegno, un ricercatore osserva il bimbo affascinato quasi a voler prendere forza da lui per andare avanti nel proprio lavoro di scienziato. Questo murale lo ha realizzato Flavio Carbonaro, in arte Solo, per ricordare a tutti i visitatori che la vita è piena di supereroi. Sono i bambini che combattono o hanno combattuto contro una malattia genetica rara e, purtroppo, in alcuni casi non ce l’hanno fatta. Il murale è frutto di un progetto voluto dalla Fondazione Telethon ed è ispirato proprio a uno di questi bambini di Napoli, Francesco Caputo (per gli amici Ciccio) che ha aveva una grande passione per i supereroi. Ciccio è stato un volto della Fondazione Telethon ma purtroppo è scomparso lo scorso febbraio. Il murale dipinto da Flavio Carbonaro, in arte Solo, sulla parete esterna del padiglione Galilei Da 25 anni Telethon sostiene la ricerca sulle malattie genetiche rare e nel tempo ha individuato terapie efficaci che salvano la vita a bambini di tutto il mondo. Per alcuni l’orizzonte della cura non è ancora visibile ma le loro famiglie sostengono Telethon con generosità e lungimiranza nella sensibilizzazione sulle malattie genetiche rare. Proprio come i genitori di Ciccio, ai quali Telethon ha scelto di donare qualcosa di simbolico. Il murale è per Nadia e Antonio, e per tutti i bimbi e le famiglie che affrontano quella battaglia. Il disegno vuole essere un ricordo e un ringraziamento, ma anche un presagio d’ottimismo. La decisione di realizzare il murale a Città della Scienza nasce dalle origini napoletane di Ciccio ma è anche ispirata dai valori che accomunano Telethon e il centro partenopeo: avvicinare scienza e ricerca al grande pubblico. «Dopo 20 anni di attività — racconta Solo — non pensavo di provare un’emozione così». © RIPRODUZIONE RISERVATA 6 NA Lunedì 27 Ottobre 2014 Corriere del Mezzogiorno 7 Corriere del Mezzogiorno Lunedì 27 Ottobre 2014 NA Ricerca Il convegno Screening precoce per l’ipertensione arteriosa polmonare S possatezza, affanno e svenimenti sono alcuni dei sintomi dell’ipertensione arteriosa polmonare; tema affrontato a Napoli nel corso di una due giorni che ha messo a confronto esperti partenopei e non solo. Tra gli altri: Michele D’Alto, Paola Argiento, Giovanni Maria Di Marco, Emanuele Romeo, Maria Giovanna Russo, Berardo Sarubbi, Anna Agnese Stanziola, Gabriele Valentini della Sun, Andrea D’Armini dell’Università di Pavia e Robert Naeije della Free University of Brussels. Un organismo marino svela i segreti dell’albinismo Studio della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Alessandra Grassi Filomena Ristoratore Laureata in Scienze biologiche, dal 2000 è ricercatrice presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn dove si occupa di genetica. In particolare si è concentrata sulla Ciona intestinalis È un piccolo organismo marino, ma con un sistema nervoso e genetico molto simile a quello dell’uomo. Si chiama Ciona intestinalis e le caratteristiche che presenta nello stato embrionale hanno contribuito a segnare un traguardo decisivo per lo studio di molte alterazioni genetiche. Prime tra tutte l’albinismo, malattia rara dovuta a un difetto nei geni che comporta carenza nella pigmentazione della pelle, dell’iride e dei capelli. I ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli hanno recentemente scoperto che il piccolissimo organismo ha al suo interno una molecola che, come un interruttore, stabilisce il futuro delle cellule embrionali. Determinando che tipo di cellule dovranno diventare «da grandi»: se andranno a comporre il sistema nervoso o si trasformeranno in cellule pigmentate. E proprio le cellule pigmentate nell’uomo sono coinvolte nella colorazione dell’iride e nei processi visivi. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica internazionale La Ciona intestinalis Nature Communications. «Abbiamo scoperto cosa succede se si spegne il meccanismo, l’interruttore, e identificato tutte le molecole coinvolte nei processi di pigmentazione nella Ciona intestinalis», spiega Filomena Ristoratore, coordinatrice dello studio. «Il passo successivo — prosegue — sarà studiare alcune di queste sull’uomo per capire meglio molte patologie quali l’albinismo di tipo 4 o la sindrome di Hermansky-Pudlak, malattia caratterizzata da albinismo oculocutaneo. In questo piccolo organismo abbiamo trovato tracce, molecole, presenti nell’uomo e in molti vertebrati. E soprattutto molte molecole il cui ruolo nel- l’uomo è ancora sconosciuto». Del team di ricerca fanno parte Remo Sanges, Diego Di Bernardo del Tigem e Lionel Christiaen della New York University. Oltre a una giovane biologa, Claudia Racioppi che, forte di una borsa di studio in America, ha portato la sua esperienza a Napoli, per poi rivolare negli Stati Uniti alla fine del dottorato per un’esperienza di perfezionamento. Non è un caso che lo studio si sia concentrato su quest’ animale marino. «La vita viene dal mare — continua la dottoressa Ristoratore — e l’evoluzione è avvenuta per step». I ricercatori sanno che tutti deriviamo da un “unico progenitore” i cui mecca- L’incontro, durante il quale gli specialisti hanno potuto assistere in diretta streaming a procedure diagnostiche e terapeutiche, è servito anche a far luce sulla prevenzione e lo screening precoce. Questa malattia rara può causare anche problemi cardiaci: le alterazioni strutturali dei vasi sanguigni creano infatti un’aumentata resistenza al flusso del sangue pompato dal cuore. Ciò determina un progressivo affaticamento per il ventricolo destro che può culminare nello scompenso cardiaco. L’allarme nismi e caratteri basilari sono rintracciabili negli organismi viventi, sebbene con forme e articolazioni più o meno complesse. La Ciona intestinalis a prima vista non sembra avere nulla in comune con l’uomo. Eppure somiglianze funzionali e analogie nell’espressione di alcuni geni stabiliscono una similitudine. La Ciona intestinalis, che fa parte delle ascidie, ha forma cilindrica, vive in molti mari dal clima temperato ed è spesso usata per studi genetici e per analizzare i processi che portano gli organismi a crescere e svilupparsi. Allo stadio larvale ha un patrimonio genetico e un sistema nervoso di dimensioni ridotte, ma paragonabili a quelli dell’uomo. I ricercatori hanno osservato che l’occhio primordiale del microrganismo, chiamato ocello (coinvolto nella percezione degli stimoli luminosi) e l’occhio dei vertebrati presentano somiglianze in alcuni geni. «In particolare — chiarisce Ristoratore — abbiamo osservato due organi pigmentati, come perline nere. Nelle larve, l’ocello ha proprio la funzione di orientare la Ciona intestinalis verso il buio o la luce. L’altro organo pigmentato invece serve per spostarsi in alto o in basso nel mare». Partendo dallo studio dei meccanismi che regolano il funzionamento dell’ascidia si è osservato il comportamento di molecole chiave per la definizione e il ruolo di alcune cellule. Troppe informazioni sbagliate, non fidatevi di internet Per i vaccini rivolgetevi soltanto al vostro pediatra «D ovremmo interrogarci sul ruolo che la comunicazione riveste nell’orientare le scelte dei cittadini. Nel campo dei vaccini questo sta diventando un problema molto serio, perché informazioni scorrette o allarmistiche stanno producendo una vera e propria fuga di genitori». L’allarme arriva dal pediatra Massimo Ummarino, a margine del corso organizzato dal Dipartimento di Sanità pubblica della Federico II, diretto da Maria Triassi, che ha definito un percorso formativo destinato a tutti gli operatori sanitari delle Asl e delle Aziende ospedaliere campane per rispondere alla necessità di un costante monitoraggio sui possibili effetti collaterali delle terapie vaccinali. Convinto del pericolo di una scorretta informazione anche Porfirio Toscano, vice segretario alle attività scientifiche ed etiche della sezione di Napoli della Federazione italiana medici pediatri: «Ormai i sociali network sono diventati una sorta di bibbia per tante giovani mamme. È un serio problema, perché le informazioni alle quali hanno accesso i genitori sono spesso fuorvianti. L’esempio che tutti conosciamo riguarda la presunta connessione tra il vaccino MPR, contro morbillo, parotite e rosolia, e l’insorgere della sindrome autistica. Ma è pura fantasia. L’unico modo per non mettere a rischio la salute dei bambini — conclude Toscano — è affidarsi ai consigli del pediatra di famiglia. Solo così si potrà essere certi di non commettere errori». © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERV La semplicità è una complessità risolta Il centro Megaride Medica affronta gli in estetismi di viso e corpo a 360° con interventi rapidi, mirati e professionali. Una squadra di professionisti supportati da apparecchiature all’avanguardia offre al paziente un’ampia gamma di soluzioni per raggiungere l’obiettivo e il sogno di tutti: un miglioramento “naturale” attraverso interventi il più possibili delicati. Il centro si avvale della collaborazione di consulenti in Dermatologia, Allergologia, Reumatologia, Endocrinologia, Cardio nutrizionisti, Dietologi, Chirurghi plastici e Psicologi, per offrire un servizio di qualità a chi si affida alle nostre mani. 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Con questo intento il dipartimento di Sanità pubblica della Federico II, diretto da Maria Triassi, ha dato vita al progetto Araknos II con il corso di formazione sugli strumenti di economia sanitaria e management per la rete dei centri che si dedicano alla diagnosi e alla cura della patologia. Sclerosi multipla La prima sfida si gioca sulla qualità della vita Maria Trojano: «L’andamento progressivamente invalidante può incidere in modo significativo. I trattamenti vanno adeguati» «S pesso chi sente parlare per la prima volta di sclerosi multipla non sa bene cosa sia. La sclerosi multipla è una malattia autoimmune a decorso cronico, caratterizzata dalla perdita di mielina a livello di più aree del sistema nervoso centrale. Le zone colpite dalla cosiddetta “demielinizzazione”, le “placche”, possono presentare dimensioni variabili, ma hanno un elemento comune: appaiono indurite. Si tratta di vere e proprie cicatrici che compaiono in tempi e zone differenti dell’encefalo e del midollo spinale. Infatti, “sclerosi multipla” significa proprio cicatrici multiple». A parlare è una delle massime esperte di SM, la professoressa Maria Trojano, direttore del Dipartimento di Scienze mediche di base, neuroscienze e organi di senso di Bari. «Nonostante la malattia non modifichi l’aspettativa di vita — spiega — l’andamento progressivamente invalidante della malattia incide in modo significativo sulla qualità di vita del paziente». Professoressa Trojano, quali sono i primi sintomi e quante forme esistono? «Nel 90 per cento dei casi la malattia al suo esordio ha diversi sintomi, ad esempio problemi di vista o mancanza di forza. Problemi di sensibilità, formicolii, sensazioni di caldo o freddo a un arto, perdita di equilibrio nel camminare. Si parla di sclerosi multipla recidivante-remittente quando il paziente alterna periodi di benessere a ricadute cliniche che insorgono in maniera acuta e possono andare incontro a remissione parziale o completa. L’85 per cento dei casi rientra in questa categoria nella fase iniziale. La sclerosi multipla secondariamente progressiva comporta invece una disabilità permanente ed è caratterizzata da una progressione graduale anche in assenza di ricadute tipiche di questa patologia. Circa il 30-50 per cento dei casi di sclerosi multipla a decorso recidivante-remittente evolve poi in sclerosi multipla secondariamente progressiva. Di solito l’esordio di questa malattia si ha tra i 20 e i 40 anni, ma sempre più spesso siamo in grado di fare delle diagnosi tra i 10 e i 15 anni». In occasione dell’ultimo convegno internazionale sulla sclerosi multipla tenuto a Boston, un sondaggio fra i pazienti ha messo in luce il fatto che 3 pazienti italiani su 5 sono ottimisti sul futuro Ottimismo Tra i pazienti 3 su 5 sono ottimisti, anche perché le nuove terapie frenano la malattia della malattia. Che lavoro viene fatto nei centri di sclerosi multipla pugliesi per aiutare i pazienti? «L’ottimismo è legato evidentemente al fatto che oggi esistono varie terapie che permettono di trattare la malattia e rallentarne il decorso. Mi occupo di questa patologia da circa 30 anni e il nostro centro è oggi il più grande d’Italia, visto che vi fanno ricorso circa 4.500 pazienti su 7.000 presenti sul territorio pugliese. Quanto alla presa in carico, oggi la risonanza magnetica ci consente una diagnosi precoce; possiamo infatti individuare diversi segnali precursori. Ogni centro nel quale ci sia personale esperto è in grado di valutare precocemente la situazione e agire di conseguenza. Questo è molto importante, perché i trattamenti sono più efficaci se avviati precocemente. È anche cruciale seguire costantemente il paziente così da modificare eventualmente la terapia man mano che la patologia progredisce». La presa in carico è dunque cruciale, come viene gestita nel suo centro? «Abbiamo un team multidisciplinare; con me lavorano sei neurologi dedicati alla sclerosi multipla. Gli psicologi seguono il paziente nella comunicazione della diagnosi e durante le diverse fasi della malattia. Ci sono sempre momenti delicati, nei quali questo supporto è Segnali Lo scherma a lato mostra i più evidenti sintomi o segni premonitori che si manifestano nei pazienti di sclerosi multipla cruciale. Allo stesso modo abbiamo infermiere dedicate, e questo aspetto è importante poiché sono di grande aiuto per i pazienti e possono spiegare loro molte cose pratiche. Non si può sottovalutare neanche il fatto che il nostro centro è all’interno del Policlinico e dunque lavoriamo a stretto contatto con molti specialisti; urologi, ortopedici, psichiatri, oculisti. In questo modo il paziente ha una facilitazione nel riassetto delle funzioni che possono essere colpite. Va detto che in Italia esiste una rete consolidata tra i diversi centri. Io ad esempio coordino il registro per la sclerosi multipla, una risorsa importantissima». © RIPRODUZIONE RISERVATA «La risonanza magnetica «Ecco le terapie orali ha un ruolo fondamentale» Una vera rivoluzione» Ardito Bonaventura: nella diagnosi e nelle verifiche Gianfranco Costantino: sono anche ben tollerate U Francesca De Robertis Neurologa dell’ospedale Fazzi di Lecce Araknos II no degli aspetti cruciali quando si parla di sclerosi multipla è la diagnosi. È infatti opportuno indagare su quali siano gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione per arrivare a una diagnosi la più accurata possibile e a una corretta valutazione dell’evoluzione della malattia. Ne abbiamo parlato con il dottor Ardito Bonaventura, responsabile del Centro per la diagnosi e la cura della sclerosi multipla dell’ospedale Miulli di Bari. «La diagnosi — spiega — si basa sulla dimostrazione, attraverso dati anamnestici, manifestazioni cliniche e indagini strumentali, della presenza di lesioni demielinizzanti del sistema nervoso centrale, disseminate nello spazio (diverse sedi lesionali) e nel tempo (due o più episodi di disturbi neurologici). Non esiste un singolo test specifico che permetta di definire con certezza la diagnosi, per cui si tratta di un processo diagnostico complesso che può richiedere la collaborazione di vari specialisti». La risonanza magnetica è uno strumento utile per valutare l’evoluzione della malattia? «Certamente. La risonanza magnetica si è affermata nella pratica clinica come la tecnica stru- mentale più sensibile sia in fase diagnostica che come uno strumento di monitoraggio e di valore prognostico. Se nella formulazione della diagnosi la risonanza magnetica è indispensabile per confermare i criteri di disseminazione spaziale e temporale della malattia, essa diventa fondamentale quando dobbiamo valutarne l’evoluzione. Le variabili che il neurologo esperto di SM ricerca, attraverso la lettura delle immagini di risonanza magnetica cerebrale e midollare, sono diverse come il numero, la sede e il volume delle lesioni, la presenza o meno di potenziamento dopo infusione di mezzo di contrasto delle stesse. La risonanza magnetica gioca, infine, un ruolo fondamentale anche nello studio della fase neurodegenerativa della malattia, attraverso l’evidenziazione della atrofia cerebrale. È evidente che la risonanza magnetica ha un ruolo fondamentale nella conferma diagnostica, nella definizione prognostica e soprattutto nella valutazione dell’andamento della malattia nei pazienti trattati con farmaci che ne modificano la storia naturale». © RIPRODUZIONE RISERVATA P er combattere una patologia complessa come la sclerosi multipla le terapie innovative sono un’arma imprescindibile. La speranza, sempre più concreta, è di riuscire a bloccare il decorso della malattia o quantomeno a cronicizzarla, garantendo subito ai pazienti una buona qualità di vita. Ma quali sono i farmaci di nuova generazione più promettenti? Ne abbiamo parlato con il dottor Gianfranco Costantino, responsabile del Centro sclerosi multipla di Foggia. «In buona parte — spiega Costantino — l’innovazione in campo farmacologico per la cura di questa malattia si basa sul Dimetil fumarato, un nuovo farmaco orale efficace per il trattamento dei pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente, che poi è la forma più comune di questa malattia neurologica cronica, autoimmune e progressivamente invalidante. A breve sarà commercializzato anche alemtuzumab, un farmaco iniettabile per il trattamento di pazienti adulti con sclerosi multipla recidivante-remittente. Imminente anche l’arrivo di un altro farmaco orale, la teriflunomide, che richiederà l’assunzio- ne di una compressa al giorno. Insomma, possiamo affermare che il 2015 promette essere l’anno della svolta nella lotta alla sclerosi multipla». Può spiegare il meccanismo d’azione del Dimetil fumarato? «Diciamo prima di tutto che si tratta di un farmaco efficace e sicuro. Il meccanismo d’azione è diverso rispetto a quello degli attuali farmaci per la sclerosi multipla. Si ritiene che attivi la via di Nrf-2, potenziando i fisiologici meccanismi di difesa contro lo stress ossidativo che contribuiscono fortemente alla demielinizzazione. È importante sottolineare che i trial clinici di fase 3, che ne hanno portato alla registrazione, hanno mostrato una riduzione del tasso di ricadute annualizzato del 50%». Quali sono i benefici delle terapie orali? «Sono terapie considerate rivoluzionarie e generalmente ben tollerate. Alleviano molto anche il peso sui care-giver e sulle famiglie dei pazienti, che non sono più costretti a ricorrere a continue iniezioni». © RIPRODUZIONE RISERVATA 9 Corriere del Mezzogiorno Lunedì 27 Ottobre 2014 NA Indagine Fimmg Medici di famiglia pronti a collaborare con gli specialisti P er i medici di medicina generale il lavoro in squadra, la collaborazione con gli specialisti e con altre figure professionali sono irrinunciabili occasioni di crescita professionale. Questi sono solo alcuni degli aspetti che emergono dall’indagine annuale del centro studi della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg), presentata in occasione del 70° congresso nazionale a Santa Margherita di Pula. «Dall’indagine — dice il responsabile del Centro studi, Paolo Misericordia — emerge una forte consapevolezza della categoria rispetto all’opportunità offerta dai meccanismi di integrazione professionale e nell’individuare la condivisione telematica della scheda sanitaria dell’assistito con gli specialisti come la migliore potenzialità comunicativa a nostra disposizione». «Effetti collaterali dei farmaci? Tocca al medico vigilare» Giovanni Bosco Zimatore: «Molto dipende dall’esperienza Ma sono importanti anche gli esami clinici periodici di verifica» Q Nel solo territorio pugliese ci sono circa 7.000 pazienti Di solito l’esordio si registra tra i 20 e i 40 anni, ma sempre più spesso tra i 10 e i 15 uando si parla di trattamento della sclerosi multipla, sono numerosi i fattori che bisogna tenere in considerazione. «Classifichiamo i farmaci tra prima, seconda e terza linea», spiega il dottor Giovanni Bosco Zimatore, direttore dell’unità operativa di Neurologia dell’ospedale Dimiccoli di Barletta. «Quelli di prima linea sono farmaci da usare quando la patologia è agli esordi o comunque non si manifesta in forma aggressiva. Nel caso in cui questi farmaci non offrano la risposta attesa, oppure in presenza di una forma aggressiva — dice Bosco Zimatore — si fa ricorso ai farmaci di seconda linea. In casi estremamente rari, quando la malattia risulta incontenibile, si passa poi a trattamenti di terza linea. Della prima linea fanno parte farmaci che contengono Interferoni o glatiramer acetato, che sono poi quelli che hanno dato avvio al trattamento della sclerosi multipla. Sempre per la prima linea stanno arrivando sul mercato nuovi farmaci di uso orale, che garantiscono una maggior aderenza alla terapia. Attendiamo il dimetil fumarato e la teriflunomide. Quanto ai farmaci di seconda linea, occorre parlare soprattutto di fingolimod e natalizumab. Quest’ultimo in particolare garantisce un’azione molto importante sul decorso della malattia. Un altro farmaco di seconda linea che avremo a disposizione è alentuzumab». Può spiegare quali sono i benefici che questi farmaci garantiscono ai pazienti? «Abbiamo un corredo di far- maci ampio e dunque possiamo calibrare le terapie con trattamenti che seguono le specificità della persona malata. È chiaro che più i farmaci sono potenti, più aumenta l’esposizione agli effetti collaterali. Ciò nonostante, oggi il paziente Esposizione Più i medicinali sono potenti, più il paziente che li assume può avere anche fastidi A lato, la differenza tra la guaina mielinica integra e quella danneggiata tipica dei pazienti di sclerosi multipla può contare su una qualità di vita migliore a confronto con il passato». Esiste un modo per mitigare gli effetti collaterali dei farmaci? «Molto è affidato all’esperienza del medico e alla sua ca- Nella illustrazione a lato, la guaina che racchiude i nervi, cioè la mielina, danneggiata per effetto della sclerosi multipla pacità di fare un uso appropriato del farmaco. Bisogna distinguere tra effetti collaterali legati alla modalità di assunzione ed effetti collaterali legati al meccanismo d’azione del farmaco. Per questo la sorveglianza è molto importante, sono necessari controlli periodici con esami specifici come transaminasi o funzionalità tiroidea. Oggi, comunque, possiamo dire di aver modificato la storia naturale della malattia. E questo è già un grande risultato». © RIPRODUZIONE RISERVATA «Sempre attenti al rapporto tra rischio e beneficio» Supplemento della testata Distribuito con il Corriere della Sera non vendibile separatamente a cura di Angelo Lomonaco Antonio Polito direttore responsabile Maddalena Tulanti vicedirettore Carmine Festa redattore capo centrale Francesca De Robertis: sempre terapie calibrate N Editoriale del Mezzogiorno s.r.l. con socio unico, soggetta a direzione e coordinamento da parte della società RCS Mediagroup S.p.A. Alessandro Bompieri presidente Domenico Errico amministratore delegato Redazione, produzione, amministrazione e sede legale: Vico II S. Nicola alla Dogana, 9 - 80133 Napoli - Tel: 081.760.20.01 Fax: 081.58.02.779 Lunedì 24 marzo 2014 Reg. Trib. Napoli n. 4881 del 17/6/1997 www.corrieredelmezzogiorno.it © Copyright Editoriale del Mezzogiorno s.r.l. in collaborazione con Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge. ella lotta alla sclerosi multipla disponiamo Come valuta la sua esperienza con il Nataoggi di farmaci adatti alle diverse fasi di lizumab? malattia. Terapie calibrate sui singoli pa«Estremamente positiva, si tratta di un farmazienti che possono offrire individualmente la co molto efficace. Va detto che richiede una certa miglior risposta terapeutica possibile. Ma quali esperienza nel suo utilizzo, perché può avere efLunedì 27 Ottobre 2014 sono i risultati che si possono ottenere con i far- fetti collaterali di tipo infettivo, in pazienti con maci attualmente in commercio? Ecco cosa ne altri fattori di rischio, anche gravi se non gestiti pensa la dottoressa Francesca De Robertis, neu- tempestivamente. È fondamentale dunque serologa dell’Ospedale Fazzi di Lecce. «Sono diver- guire il paziente e dosare gli anticorpi, ad esemLunedì 2 giugno 2014 E PREVENZIONE si anni — spiega la De Robertis — che usiamo pio contro il virus JC, per una corretta stratificafarmaci capaci di modificare il decorso della ma- zione del rischio clinico. Va anche detto che i paStampa: Sedit Servizi Editoriali srl in collaborazione con Via delle Orchidee, 1 - 70026 Z. I. Modugno Bari lattia, come gli Interferoni e il glatiramer aceta- zienti negativi per gli anticorpi diretti contro Coordinatore tecnico-scientifico Ancmzxzx zxzxzzxTel. 080.585.74.39 to. Solo da qualche anno si sono aggiunti due questo virus hanno una scarsa possibilità di sviMarco Trabucco Aurilio zxzxzxzx Sped. in A.P. - 45% - Art.2 comma 20/B Legge 662/96 farmaci di seconda linea, da utilizzare in caso di luppare una leucoencefalopatia multifocale proFiliale di Napoli Doping palestra risposta insoddisfacente al trattamento con i gressiva (Pml). Particolare attenzione va riservaIn questoda numero hanno Bosco Zimatore, Raffaele Diffusione: m-dis Distribuzione Media Spa Consapevole farmaci di prima linea. Il Natalizumab è stato ta ai pazienti che risultano positivi al test, per i scritto: Giorgio Caviglia, Canonico, Gianfranco Via Cazzaniga, 19 - 20132 Milano - Tel. 02.25821 eGiuseppe inconsapevole messo in commercio nel 2008 ed è un immuno- quali si raccomanda un’attenta valutazione del Cenname, Sara Costantino, Francesca De Pubblicità: di DANIELA RITA VANTAGGIATO soppressore selettivo in grado di ridurre la fre- rapporto rischio-beneficio legato al trattamenCostanzo, Alessandra Grassi, Robertis, Vincenzo Di Marzo, Rcs MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità, Il cliniche sole, la sabbia, anche quenza delle esacerbazioni e ritardare la l’acqua to: l’accurata anamnesi del paziente, la valutazioEttore Mautone, Raffaele Marco Ferrara, Sandra Frojo, Vico II San Nicola alla Dogana, 9 80133 Napoli - Tel. 081.497.77.11 - Fax 081. 497.77.12 possono celare minacce ne di precedenti trattamenti immunosoppresSe l’inquinamento progressione della disabilità fisica nei pazienti Nespoli, Raimondo Nesti. Roberto Grella, Filomena Proprietà del Marchio: rende difficile con forme recidivanti di sclerosi multipla. Il Fin- sori e il test che dosa gli anticorpi antivirus (viSono stati intervistati: Paolo Ristoratore, Bruno Ronga, Ecco come affrontarle RCS MediaGroup S.p.A. - Divisione Quotidiani di RAFFAELE NESPOLI ilAscierto, concepimento golimod, commercializzato nel 2011, è stato il rus JCV) sono indici utili nella stima del rischioAndrea Ballabio, Luigi Schiavo, Anna Agnese diArdito NICOLA COLACURCI primo farmaco orale per il trattamento della beneficio». Bonaventura, Giovanni Stanziola, Maria Trojano Distribuito con il Direttore responsabile: Ferruccio de Bortoli sclerosi multipla». © RIPRODUZIONE RISERVATA Tunnel carpale, quando la mano duole Salute e prevenzione Salute Salute e prevenzione Tutti al mare, ma... A PAGINA 5 ALLE PAGINE 2 e 3 A PAGINA 7 di UMBERTO PASSERETTI A PAGINA 8 10 Lunedì 27 Ottobre 2014 Corriere del Mezzogiorno NA Salute mentale Il congresso Intervento precoce nei disturbi gravi dei più giovani D al 29 al 31 ottobre il Centro congressi internazionale Salerno Incontra ospita la tre giorni dedicata al tema dell’«Intervento precoce nei disturbi mentali gravi dei giovani e Servizi di salute mentale. Le strade percorse e gli obiettivi da raggiungere». L’appuntamento di Salerno è di fatto ricompreso nell’ambito del quinto congresso nazionale dell’Associazione interventi precoci nelle psicosi (Aipp) e l’obiettivo è di dare voce alle esperienze e alle riflessioni di soci e non su un tema che, malgrado le inerzie e opposizioni, sarà anche in Italia sempre più centrale per lo sviluppo dei servizi di salute mentale. Sia sotto il versante dottrinale che della pratica clinica. Tra le relazioni in programma, quella di Merete Nordentoft, psichiatra sociale inglese presidente di “Iepa” e “Swaran Singh”, attualmente impegnato sul tema dei rapporti tra psichiatria degli adulti e dell’infanzia e adolescenza. Malattie croniche, doppio problema L’assistenza psicologica è molto difficile da modulare, a dispetto da quanto si possa immaginare E oltre all’assistenza al paziente sarebbe necessaria anche l’assistenza alla sua famiglia di Sara Costanzo Sara Costanzo Psicologa e psicoterapeuta a indirizzo sistemico relazionale. Collabora con Iter, Istituto di terapia relazionale di Napoli e Caserta E ssere affetti da una malattia cronica vuol dire confrontarsi con un’idea, conoscere una paura, immaginare un futuro. Vuol dire testare la solidità dei legami, accettare la delusione, accogliere l’inaspettato, lasciare fuori qualcuno e dare più spazio ad altri. Una malattia cronica ti costringe a stare in un mondo dentro un altro mondo. E la prima grande battaglia è cercare di vivere al meglio in entrambi. Non è facile parlare di sostegno psicologico in un momento in cui, complice la spending review, spesso è difficile garantire al malato anche l’assistenza medica. Eppure ogni malattia, specie se cronica, comporta la necessità, soprattutto quando intervengono cambiamenti legati al «ciclo di vita» o al decorso della malattia, di adattarsi a un nuovo stato che è sia fisico che psicologico. E questo sia perché chi sta male deve poter convivere con il proprio disagio e mettere in campo tutte le risorse disponibili, sia perché la «psiche» gioca un ruolo determinante nella genesi e nel decorso della malattia. Ma l’assistenza psicologica al malato non è la sola che dovrebbe essere garantita. Una malattia cronica comporta inevitabili cambiamenti anche nella vita delle persone che si prendono cura del paziente influenzando, spesso profondamente, le relazioni esistenti. L’assistenza al malato cronico è dunque necessariamente anche assistenza alla sua famiglia. Se queste sono le ragioni di un diritto, resta da chiedersi come può articolarsi nella pratica clinica questo tipo di assistenza. A dispetto di quanto si pensa, il sostegno psicologico a un malato cronico è un intervento molto difficile da modulare. In questi casi, a mio avviso, risulta utile ipotizzare un continuum Spending review Non è facile parlare di sostegno psicologico se è difficile garantire l’assistenza diretta assistenziale che si articola in più livelli. Il primo livello assistenziale riguarda quei pazienti che hanno risorse sufficienti ad affrontare nel miglior modo possibile la malattia e l’iter di cura. L’eventuale richiesta di aiuto riguarda pertanto aspetti che hanno a che fare con la necessità di accogliere e contenere particolari emozioni, di facilitare la comunicazione all’inter- Una malattia cronica può cambiare completamente il modo di pensare no della famiglia e con il personale sanitario, di prendere decisioni relative alla gestione della cura. A questo livello si situa anche quella forma di sostegno psicologico che è effettuata in modo implicito dagli operatori sanitari non psicologi: medici, infermieri, tecnici della riabilitazione e perfino il personale amministrativo di una struttura. Un secondo livello assistenziale riguarda quei pazienti e quelle famiglie in cui la condizione psichica e relazionale appare poco funzionale a una buona gestione della malattia. Tali aspetti non appaiono però né gravi né cronici: si può cioè legittimamente supporre che l’ impasse potrà essere affrontata con un intervento che, pur intervenendo sugli aspetti disfunzionali, rimanga all’interno del «problema malattia». Un ultimo livello assistenziale riguarda invece tutti quei casi in cui la condizione psichica del paziente e della famiglia non solo interferisce con la gestione della malattia in modo grave ma la disfunzionalità è essa stessa «cronica». È pertanto lecito supporre che l’intervento possa essere effettuato solo all’interno di un focus più ampio e dopo una ricontrattazione della domanda terapeutica. È solo all’interno di quest’ultimo livello che parliamo di psicoterapia vera e propria, potendo riservare agli altri casi interventi (psicologia di sostegno o counseling) di tipo diverso. © RIPRODUZIONE RISERVATA Psicodiagnostica, tante novità in libreria Periodo di grande fermento editoriale In uscita o già sugli scaffali molti manuali di Giorgio Caviglia È Giorgio Caviglia Ordinario di psicologia clinica e dinamica e presidente del corso di laurea magistrale in Psicologia clinica della Sun un periodo di grande fervore editoriale per i manuali di classificazione psicodiagnostica della personalità, in particolare, e dei disturbi mentali, in generale. A marzo di quest’anno Raffaello Cortina ha pubblicato l’edizione italiana (curata da Massimo Biondi, con l’introduzione di Mario Maj) del quinto Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali dell’American Psychiatric Association (DSM-5), una delle bibbie, insieme all’ICD-10 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, della nosografia psicopatologica mondiale. Lo stesso editore pubblicherà la nuova edizione del Manuale Psicodiagnostico Psicodinamico (PDM-2), curata da Robert Wallerstein (Honorary Chair), Vittorio Lingiardi e Nancy McWilliams, la cui uscita è pre- vista per la fine del 2015. Per il 2018 è prevista invece l’undicesima edizione del succitato ICD (International Classification of Diseases, che comunque classifica tutte le malattie, non solo quelle psichiatriche). Fresco di stampa è anche La personalità e i suoi disturbi (Raffaello Cortina, 884 pagine , 58 euro) scritto da Vittorio Lingiardi, docente di Psicopatologia, valutazione clinica e diagnosi alla facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza di Roma, e dal suo collaboratore Francesco Gazzillo. Tutta questa produzione di letteratura scientifica nosografi- Programma L’editore Cortina ha già un programma di uscite interessanti fino al 2018 ca, frutto dell’impegno di psicologi, psichiatri e psicopatologi di fama, vuole forse dire che il «modello medico» e l’inquadramento in sindromi — sulla base dei sintomi — della variegatissima e spesso personalissima sofferenza mentale degli individui, hanno vinto la sfida contro l’umanesimo idiografico della psicoanalisi e della fenomenologia? No. Intanto, i manuali più psichiatrici, come il DSM-5, avvertono che il loro uso è — come dice il nome — statistico, cioè tentano di raggruppare le malattie come queste si presentano, per individuare fattori eziopatogenetici comuni e trattamenti terapeutici empirici ed efficaci. Dunque non è un’ottica psicopatologica quella prospettata, ma piuttosto la ricerca di un’utilità descrittiva e di un’affidabilità diagnostica. E poi, i manuali «psicodinamici» (come il PDM e il volume di Lingiardi) illustrano e valutano anche i fat- Sono in via di pubblicazione anche le versioni italiane di aluni manuali stranieri di grande interesse tori interni, psicologici e interpersonali dei disturbi mentali, come i vissuti dei pazienti, il loro transfert, i meccanismi di difesa, il controtransfert che suscitano nei terapeuti, l’importanza delle rotture e riparazioni dell’alleanza terapeutica, e così via. Inoltre — come dice il sottotitolo del volume: Valutazione clinica e diagnosi al servizio del trattamento — si servono dell’aspetto psicodiagnostico-valutativo per impostare, in maniera empiricamente fondata, psico- terapie più mirate e più efficaci. È sicuramente questo, a mio avviso, il libro più completo per approcciare in maniera competentemente riassuntiva — nella sua ricchezza e complessità — la psicodiagnostica moderna. Per tornare, infine, al titolo iniziale, direi: ritorno a un futuro che cerca di curare efficacemente persone uniche, che hanno malattie che, quando si manifestano, costringono tutti ad assomigliarsi. © RIPRODUZIONE RISERVATA 11 Corriere del Mezzogiorno Lunedì 27 Ottobre 2014 NA Professione Troppo fai da te Metà degli italiani prende antidolorifici senza consulto I l fai da te si applica anche alla salute e l’automedicazione è una pratica che gli italiani conoscono bene, forse anche troppo: secondo i risultati dell’ultima indagine di Dottori.it realizzata da Demoskopea, il 23,4% degli italiani assume farmaci con obbligo di prescrizione senza consultare il medico. Quali sono i farmaci più usati in autonomia dagli italiani? La risposta ricorrente riguarda agli antidolorifici, usati senza consulto medico dal 55,1% degli intervistati. Non mancano, però, gli antibiotici, farmaci utilissimi ma che, come ribadisce l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), vanno tassativamente utilizzati dietro consulto medico, perché un uso improprio (non solo in termini di dosaggio, ma anche di orari di utilizzo e durata della terapia) può rivelarsi inutile, se non persino dannoso. Eppure, il 37% del campione ammette di averli usati di spontanea volontà: addirittura, questo dato sale al 42,9% nella fascia di età compresa tra i 45 e i 54 anni. Per le donne fare il medico è più difficile Uno studio dell’Ordine di Napoli rivela che per le professioniste è tutto più complicato Il periodo di precariato è più lungo e sono maggiori le difficoltà a trovare un impiego stabile P Sandra Frojo Responsabile del settore prevenzione della Associazione nazionale dentisti italiani, è anche la coordinatrice del Comitato unico di garanzia dell’Ordine dei Medici di Napoli er tutte le donne che hanno deciso di ind o s s a re i l ca m i ce bianco il sogno di una brillante carriera è destinato a restare tale, o quantomeno la strada per il successo è piena di ostacoli e soste forzate ai box. È un quadro sconcertante quello che emerge da uno studio realizzato dal Comitato unico di garanzia dell’Ordine dei Medici di Napoli e provincia per «testare» il benessere lavorativo dei medici. Il dato, che riguarda l’intera Campania, disegna infatti una regione ancora legata agli schemi del passato. Tanto che, per le donne, non solo si registra un periodo di precariato più lungo dei colleghi maschi; ma anche una maggiore difficoltà a trovare un lavoro stabile e diversi ostacoli nel fare carriera. Ma cosa ne pensano le donne della sanità campana che invece sono riuscite ad arrivare ai vertici? Per Celeste Condorelli (amministratore delegato della Clinica Mediterranea) «questi dati rispecchiano una realtà che si estende ben oltre il comparto della sanità. Ai “gradini più bassi” si nota sempre una preponderanza di donne — dice — anche se poi sono spesso le donne ad avere le migliori performance lavorative. Ma più si sale verso posizioni apicali, più le cose cambiano. Le donne sembrano essere in qualche modo marginalizzate. Fortunatamente negli ultimi 20 anni passi in avanti ce ne sono stati, questo resta un tema da affron- tare e da comprendere, ed è chiaro che ad incidere c’è una forte componente sociale e culturale». Una realtà che viene fuori con chiarezza da alcuni dei dati pubblicati: il 2,1% delle donne è dirigente di struttura complessa contro il 4,2 degli uomini; meno del 12% è responsabile di struttura semplice contro il 14% degli uomini. Invece le donne sono il doppio degli uomini sia tra i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta sia tra gli specialisti ambulatoriali. Sulla stessa linea di Celeste Condorelli anche la professoressa Carolina Ciacci, dell’Università di Salerno. «Non si tratta di discriminazione nell’attività lavorativa in genere ma nei ruoli apicali». Un altro aspetto almeno «inquietante» che emerge dallo studio riguarda la condizione delle giovani dottoresse che, a quanto pare, rinunciano ad avere figli. Al di sotto dei 40 anni la maternità è quasi del tutto esclusa, e capire il perché non è difficile. Le donne sono costrette a rinunciare all’idea di una gravidanza per inseguire il tanto agognato posto di lavoro stabile, spesso una vera e propria chimera. Lo studio del Comitato unico di garanzia lascia però spazio ad una flebile ma importante speranza. Tra i medici il desiderio di un cambiamento c’è. Da cosa lo si capisce? Un quinto di coloro che hanno preso parte al test ha sentito la necessità di riempire Telefilm Una foto di gruppo dei protagonisti di «Grey’s Anatomy» In tv le donne medico non mancano lo spazio dedicato alla cosiddetta «risposta libera». Per la professoressa Carolina Ciacci «questo vuol dire che c’è molta voglia di proporre e si ha fiducia nel fatto che il sistema possa cambiare. Nonostante tutto quello che leggiamo ogni giorno sui giornali, moltissimi medici hanno sottolineato di avere un buon rapporto con i propri pazienti». Tante ombre ma anche qualche luce, dunque. Del resto, almeno per il momento, «questa è la foto di quella che, con un gioco di parole, può essere definita la salute della medicina campana». Lo dice senza mezzi termini la dottoressa Sandra Frojo, coordinatrice del Comitato unico di garanzia dell’Ordine dei Medici di Napoli. «La questione delle donne, della discriminazione reale o percepita — aggiunge — è solo una delle tante prese in considerazione». Lo sa bene il presidente dell’Ordine dei Medici, Bruno Zuccarelli per il quale «il benessere lavorativo non riguarda solo la qualità della vita, ma anche la performance lavorativa e la qualità stessa del lavoro. È evidente che puntando al benessere lavorativo potremo ottenere ricadute fondamentali non solo sul singolo e sull’azienda sanitaria, ma probabilmente anche sulla società intera». La speranza è che, almeno in medicina, non si debbano prevedere le «quote rosa» e che invece a prevalere sia unicamente il merito. Raffaele Nespoli © RIPRODUZIONE RISERVATA Un fumetto per spiegare le insidie del melanoma Iniziativa della Fondazione insieme con Comix «Neo2» distribuito ai ragazzi delle scuole P Paolo Ascierto Primario dell’unità di oncologia medica e terapie innovative del Pascale, è anche direttore e coordinatore della Fondazione Melanoma erché un messaggio possa arrivare ai suoi destinatari è cruciale il linguaggio che si sceglie. Ecco perché la Fondazione Melanoma, della quale Paolo Ascierto è direttore e Nicola Mozzillo presidente, ha deciso di realizzare, con la Scuola Comix di Napoli, un fumetto che possa fornire importanti indicazioni sui rischi legati al tumore della pelle. Ed è così che sono nate le avventure di Neo2, spunto per parlare in modo leggero del melanoma, che colpisce sempre più persone e in genere gli under 40, che sottovalutano i rischi dell’esposizione ai raggi Uv sul proprio corpo. In dieci anni, infatti, i casi di melanoma sono raddoppiati, passando da meno di 6 mila nel 2004 agli 11 mila previsti per il 2014. Per sensibilizzare i ragazzi, ma non soltanto loro, sull’importanza della prevenzione in campo medico, che aiuta in 7 casi su 10 a individuare la malattia allo stadio iniziale e consente la guarigione nel 90% dei casi, questo fumetto è stato distribuito fra settembre e ottobre nelle scuole superiori del Mezzogiorno, anche se la striscia può essere scaricata anche dal sito della Fondazione. Nella sua seconda edizione questo fumetto narra la storia di Giacomo, un ragazzo al quale è stato diagnosticato il melanoma, e parallelamente alterna nell’immaginaria Derma City all’interno del corpo dello stesso giovane le avventure di Neo, Melanì e dell’investigatore T, che cercano di sconfiggere i colpevoli della sua malattia (i geni Braf e Mek) per tentare di salvarlo. Nelle «Avventure di Neo2» si dà spazio, oltre ai consigli per la prevenzione, anche per illustrare i nuovi trattamenti in campo medico, che nel 2011 ha visto una svolta nella lotta al melanoma metastati- Qui sopra e a sinistra, alcuni «frame» del volumetto «Neo2» distribuito per la prevenzione del malanoma co, dopo un trentennio che non aveva registrato novità sostanziali in questo campo. Nella vita reale, infatti, sono attualmente disponibili in medicina diverse molecole rivoluzionarie, in grado di cambiare la storia della malattia e di ridare speranza a quanti stanno lottando o dovranno lottare contro questo pericoloso tumore. © RIPRODUZIONE RISERVATA 12 Lunedì 27 Ottobre 2014 Corriere del Mezzogiorno NA Diritto e sanità Bra Day La ricostruzione ormai fa parte della terapia M oltissime donne sono state aiutate nel difficile percorso per ritrovare la femminilità perduta, altre hanno potuto sottoporsi a visita mammaria gratuita. Sono solo alcuni dei risultati raggiunti con il Bra Day, iniziativa dedicata alla ricostruzione mammaria tenuta a Napoli nelle prime settimane di ottobre. L’evento ha costituito anche l’occasione per un dibattito a Palazzo Zapata con pazienti che hanno raccontato la propria storia. Come ogni anno, l’evento ha puntato a offrire un’adeguata informazione alle donne sulle possibilità ricostruttive per consentire il recupero dell’armonia del corpo alterata dopo un intervento oncologico. «La ricostruzione è entrata a far parte a pieno titolo della cura del cancro al seno», dice Francesco D’Andrea, docente di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica della Sun. «La donna oltre che guarire può riprendere una vita normale, praticare sport, mostrarsi in costume da bagno, sentendosi a proprio agio in ogni situazione». Responsabilità, medico contro paziente La sentenza del Tribunale di Milano che inverte l’onere della prova ha generato euforia tra i sanitari Ma sarebbe meglio focalizzare l’attenzione su come evitare il contenzioso con la buona pratica clinica di Giuseppe Cenname Giuseppe Cenname Formatosi all’Accademia di Sanità Militare e alla Scuola Ufficiali Carabinieri in Roma, è specialista e dottore di ricerca in Medicina legale presso la Sun e consulente medico-legale di numerose Procure della Repubblica È noto ai più che una sentenza del Tribunale di Milano in tema di responsabilità professionale medica, datata 17 luglio 2014 ma solo recentemente resa nota, ha stabilito che non ricadrebbe sul medico l’onere di provare la correttezza del proprio operato, bensì sia il paziente a dover dimostrare la colpa del professionista. La pronuncia ha invero generato grande euforia nel personale sanitario che, di fatto, ha visto in questo sostanziale sovvertimento di alcuni decenni di giurisprudenza un momento di «svolta» nell’approccio alla valutazione della colpa medica: Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, Roberto Lala, presidente dei camici bianchi della capitale, e lo stesso ex ministro della Salute Renato Balduzzi, attuale componente del Csm, hanno letto questa sentenza «come una sollecitazione a riconsiderare la giurisprudenza in materia», una «sollecitazione» che la Cassazione già non aveva colto in una precedente pronuncia consimile di altro Tribunale. Orbene, posso in parte comprendere l’euforia. Tuttavia, partendo dalla constatazione che una sana e onesta azione di tutela di una categoria che si sente sotto assedio (giudiziario e mediatico) è pienamente condivisibile, non posso tuttavia esimermi dal considerare che per un medico focalizzare l’attenzione su una problematica di natura squisitamente giuridica quale il rapporto «contrattuale» o «extra-contrattuale» che lo lega al paziente significa operare unicamente una politica di «protezione», rischiando di tralasciare l’aspetto che invece più dovrebbe coinvolgerlo nella propria quotidiana attività: quello di mettere in atto tutti quei comportamenti idonei a evitare che l’evento avverso (nella sua accezione più ampia) si verifichi, ovvero l’attuazione di una politica di «prevenzione» del contenzioso attraverso la «buona pratica clinica». Ricordando il titolo della prima ricerca nazionale sulla medicina difensiva (realizzato qualche anno fa dall’Ordine dei Medici di Roma), «Chi si difende da chi? E perché?», ho riflettuto che proprio i momenti in «Troppa enfasi, la sentenza non ha cambiato la legge» L’avvocato Ferrara: «È una pronuncia isolata Non possiamo far vincere la cultura del sospetto» «S Marco Ferrara Membro della commissione Diritto sanitario e alla salute dell’Ordine degli avvocati di Napoli e coordinatore giustizia per i diritti di Cittadinanza attiva in Campania, Ferrara fa parte dei Giuristi Democratici icuramente è stata usata troppa enfasi, ma è innegabile che la decisione in esame ha messo in discussione un orientamento granitico della Suprema Corte che riconduceva la responsabilità, sia della struttura sanitaria, sia del medico dipend e n te a l l ’a m b i to d e l l a responsabilità contrattuale». L’avvocato Marco Ferrara, membro della commissione Diritto sanitario e alla salute del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli e coordinatore regionale Giustizia per i diritti di Cittadinanzattiva Campania, è prudente sulla sentenza del Tribunale di Milano. Avvocato, però da qualche giorno si parla molto della Sentenza della prima sezione civile del Tribunale Milano descritta come «salva medici» e «ammazza pazienti». Ma cosa dice esattamente questa pronuncia? «Nel merito, la pronuncia lascia immutato il regime della responsabilità della struttura sanitaria pubblica o privata, nonché di quella in capo al medico libero professionista al quale il paziente si è rivolto, che risponderanno ex articolo 1218 del Codice civile, nel primo caso, sulla base del contratto atipico di spedalità, nella seconda ipotesi in virtù di contratto di opera professionale. Il giudice milanese rivede, invece, la posizione del medico dipendente della struttura e dei suoi collaboratori esterni, argomentando sulla scorta della legge 189 del 2012, la cosiddetta legge Balduzzi, statuendo che per queste figure non si può più ragionare in termini di responsabilità da “contatto sociale”, scaturente dal solo contatto con il paziente, bensì esclusivamente di responsabilità extracontrattuale ex articolo 2043». Praticamente cosa cambia ai fini della la tutela del danneggiato? «Si deve premettere che quella in oggetto è per ora una sentenza isolata o quasi (vedi Tribunale di Torino del 26 febbraio 2013) e a ogni modo la Suprema Corte con sentenza 8940 del 17 aprile 2014 ha stabilito l’irrilevanza della norma della Balduzzi, confermando l’orientamento tradizionale sulla responsabilità medica come espressione della responsabilità da contatto sociale. Comunque se l’orientamento preso dal Tribunale di Milano dovesse diventare maggioritario, si assisterebbe a un mutamento del regime dell’onere della prova, ciò vuol dire che la tutela risarcitoria si configurerebbe solo in presenza di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano il cui onere della prova è a carico del danneggiato. Diversamente nel regime attuale, ai fini del riparto dell’onere pro- I camici bianchi si sentono sotto assedio cui la pressione esercitata dalle pronunce dei Tribunali sembra diminuire rappresentano l’opportunità di rivedere le misure di policy per contenere il livello dei danni causati dalla malpractice. La suddetta ricerca, infatti, sottolineava come la possibilità di incorrere in errori era riconosciuta dal 36% del campione esaminato (rappresentativo di tutti i medici italiani fino a 70 anni), che ammetteva — con estrema onestà intellettuale — che gli errori potenzialmente dannosi compiuti dai medici sono abbastanza o molto diffusi. Pertanto, qualora si voglia rimanere in un sistema basato sulla responsabilità, escludendo pertanto l’opzione esercitata in alcuni paesi di adottare un sistema «no-fault», la prima misura di policy non può che consistere nel rafforzamento delle attività di prevenzione nelle strutture sanitarie (pubbliche e private) attraverso un risk management concretamente partecipato. Solo attraverso la crescita di un atteggiamento proattivo da parte dei professionisti e delle strutture sanitarie si può quindi minare davvero alla base l’edificio del contenzioso pretestuoso e infondato: in tal senso, proprio i medici specialisti in Medicina legale, che sono tradizionalmente chiamati a intervenire «dopo» l’insorgenza del presunto «evento avverso» — e, pertanto, in una sola fase di «protezione» dal rischio — potrebbero fornire un contributo significativo nella fase di «pre- venzione» e «gestione» del rischio stesso, promuovendo, a livello delle strutture sanitarie, la definizione di misure organizzative per la riduzione degli errori evitabili, ovviamente in strettissima sinergia con gli specialisti delle differenti branche, che soli sono portatori dell’esperienza di applicazione quotidiana della buona pratica clinica. In sintesi, l’entusiasmo alla pubblicazione di una sentenza in tema di inversione dell’onere probatorio resta senz’altro comprensibile, ma l’unico mezzo efficace per la «difesa» di coloro che quotidianamente si impegnano a tutelare la salute dei cittadini consiste nella capacità degli stessi di interrogarsi altrettanto quotidianamente sulla qualità assistenziale erogata. Altrimenti, si potrebbe facilmente cadere nell’errore di favorire più che la «medicina difensiva» una tendenza altrettanto criticabile, che un autorevole «utore, il professore Angelo Fiori, definì «medicina dell’obbedienza giurisprudenziale», ovvero «la progressiva accettazione e cristallizzazione di precetti di condotta medica di provenienza giurisprudenziale che spesso non hanno reale fondamento nella scienza e nella prassi» e che «non tenendo conto delle esigenze mutevoli dei singoli casi clinici, si rivelano, in ultima analisi, irrealistici e, per tale motivo, non applicabili validamente alle fattispecie concrete». © RIPRODUZIONE RISERVATA batorio, il danneggiato deve provare l’esistenza del contratto-contatto sociale, l’insorgenza della patologia e allegare l’inadempimento del debitore (medico-struttura), rimanendo a carico di questo dimostrare la propria diligenza. Inoltre il termine di prescrizione da decennale diverrebbe quinquennale. Senza dubbio, limitatamente ai casi che abbiamo visto il danneggiato avrebbe qualche difficoltà in più a far valere il suo diritto». Quindi lei che da anni è impegnato nell‘affermazione e nella tutela dei diritti del malato condivide la preoccupazione dei cittadini e cosa pensa dell’euforia proveniente dal mondo dei medici? «Ripeto c’è stata un’eccessiva attenzione su questa sentenza. Tuttavia sono consapevole che ciò è frutto del clima estremamente teso che sussiste tra i soggetti interessati: medici, pazienti, avvocati, associazioni di categoria, Ordini professionali, alcune associazioni di tutela, dove ognuno vede nell’altro il proprio nemico. Quindi ogni piccolo spostamento dell’assetto vigente è visto rispettivamente come una catastrofe o un trionfo. Ciò è sbagliato e pericoloso, la sanità e la salute sono beni comuni e non possiamo far vincere la cultura della contrapposizione e del sospetto». © RIPRODUZIONE RISERVATA 13 Corriere del Mezzogiorno Lunedì 27 Ottobre 2014 NA Prevenzione Droga da infarto La Siprec: a causa della cocaina, più vittime tra i giovani S e da un lato la mortalità per infarto è diminuita, dall’altro ne è aumentata la frequenza tra i giovani. L’allarme arriva dalla Società italiana di prevenzione cardiovascolare (Siprec) che, per voce del presidente Bruno Trimarco, mette in guardia dai rischi legati all’uso di sostanze stupefacenti. «La cocaina è un potente vasocostrittore coronarico e per questo può causare infarto del miocardio e gravi aritmie, come ad esempio la fibrillazione ventricolare». Tra le cause di infarto Pericolo asma allergico In Campania in 29 mila soffrono della forma bronchiale grave Anna Agnese Stanziola: fondamentale una diagnosi tempestiva di Raimondo Nesti I Anna Agnese Stanziola Docente aggregata di malattie respiratorie all’Università Federico II e responsabile del Centro di malattie respiratorie rare dell’ospedale Monaldi n Campania ne soffrono 29 mila persone, solo a Napoli 4.800. L’asma bronchiale allergico grave è una patologia in continuo aumento, caratterizzata dal mancato controllo dei sintomi dell’asma nonostante il trattamento farmacologico previsto e l’attenzione del paziente a evitare il contatto con l’allergene, ossia la sostanza per la quale si è rilevata una sensibilità. L’asma allergico grave può colpire sia adulti che bambini con ripercussioni rilevanti sulla qualità della vita. Attività semplici come giocare, fare la spesa, organizzare una gita possono essere compromesse dalla malattia con un impatto negativo a livello psicologico che può portare fino all’isolamento del paziente. Abbiamo chiesto alla professoressa Anna Agnese Stanziola, docente di malattie respiratorie alla Federico II, di aiutarci a capire meglio le caratteristiche della patologia e illustrarci quali sono le novità in campo terapeutico. Professoressa Stanziola, chi sono le persone esposte al rischio dell’asma allergico grave? «L’asma allergico grave non deve essere vista solo come una potenziale evoluzione dell’asma allergica. Può comparire anche in età adulta come in età pediatrica, in soggetti sani, senza nessuna manifestazione pregressa legata ad allergie o a fenomeni asmatici. Proprio in questi soggetti spesso la patologia si dimostra più refrattaria ai trattamenti e di più difficile controllo. Una diagnosi tempestiva è il primo passo per una gestione efficace». Quali sono i sintomi? «La difficoltà a respirare (dispnea), avvertita costantemente per tutto il giorno è sicuramente il sintomo più invalidante. La fatica a svolgere normali attività durante il giorno, svegliarsi più volte durante la notte per tosse o sensazione di costrizione toracica sono indice della presenza della patologia». Quali sono le terapie più utilizzate per il trattamento dell’asma allergico grave? «Le terapie cardini per la gestione dell’asma allergico grave sono quella steroidea per via inalatoria, prescritta per periodi lunghi, e il ricorso al bisogno, in caso di episodi acuti, ai broncodilatatori. Purtroppo la terapia steroidea prolungata nel tempo, sebbene necessaria per tenere sottocontrollo l’infiammazione cronica legata alla patologia, si scontra spesso con una scarsa aderenza da parte del paziente dovuta a molteplici fattori come ad esempio gli effetti collaterali che questa comporta. Anche quando siamo in presenza di una buona aderenza da parte dell’asmati- co allergico grave, a volte non si riesce a ottenere un buon controllo della malattia, in questi casi è fondamentale individuare insieme con lo specialista un nuovo piano terapeutico studiato sulle specifiche caratteristiche del soggetto». Ci sono delle novità a livello terapeutico che possono offrire un’alternativa alle terapie attuali? «Una nuova frontiera terapeutica è rappresentata dai farmaci biologici. Per il trattamento dell’asma allergico grave oggi è disponibile la terapia con omalizumab, anticorpo monoclonale il cui impiego ha dato risultati ottimali. Il ricorso a questa terapia ha permesso di ridurre il numero delle riacutizzazioni e delle ospedalizzazioni che spesso si rendono necessarie. Un altro fattore importante riguarda la possibilità di ridurre il trattamento steroideo per via orale, che si traduce in un minor numero di effetti collaterali legati a questa terapia come ad esempio l’obesità, il diabete o una particolare distribuzione del grasso corporeo». Per chi è indicata la terapia con omalizumab? «Questa nuova terapia può essere somministrata ai pazienti con una diagnosi di asma allergico grave. Anche i pazienti pediatrici a partire dai 6 anni possono beneficiare di questa opzione farmacologica». © RIPRODUZIONE RISERVATA nei giovanissimi ci sono poi i fenomeni infiammatori delle coronarie. «In realtà — prosegue Trimarco — questo discorso va collegato a quello del vaccino, verso il quale negli anni si è sviluppata una certa diffidenza. Questo ha inciso sul numero di soggetti che ne fanno uso. Di conseguenza sono aumentati gli adolescenti soggetti ad influenze e complicanze gravi come l’infarto». Dunque, come prevenire l’infarto? La chiave è nell’adozione di stili di vita corretti e sani. La vitaa cuore nellela tue «Abbiate vostramani salute» come affrontare un arresto cardiaco Se trovi una persona priva di sensi, chiamala e scuotila leggermente 1 Aiuto!! Mi senti? 2 Se non risponde, chiedi aiuto Piega la testa all’indietro e solleva il mento. Guarda il torace 3 5 4 e controlla se respira 6 Sovrapponi le mani al centro del torace Se non respira normalmente fai chiamare il 118 Manda qualcuno a prendere un defibrillatore 7 8 A braccia tese comprimi profondamente 2 volte al secondo (100-120 al minuto) Se hai un defibrillatore, accendilo e ti dirà cosa fare La campagna «Viva» «A bbiate a cuore la vostra salute». È un po’ questo lo slogan lanciato nel corso della settimana di sensibilizzazione sulla salute del cuore «Viva 2014» tenutasi a Napoli dal 13 al 19 ottobre in concomitanza con il congresso nazionale dell’Italian Resuscitation Council. A Napoli è stata anche presentata una grande novità: la creazione del primo registro italiano sull’arresto cardiaco, nel quale confluiranno i dati relativi ai casi di tutto il Paese. 14 Lunedì 27 Ottobre 2014 Corriere del Mezzogiorno NA Neuroscienze Arte e prevenzione Una mostra fotografica di Alleanza contro il tumore ovarico S ubdolo e poco conosciuto. Il tumore all’ovaio è un nemico silenzioso e impalcabile. Per promuovere l’informazione che potrebbe dare un’opportunità di vita in più a migliaia di donne, Acto (Alleanza contro il tumore ovarico) Onlus ha dato vita a «Scatti d’energia. Insieme contro il tumore ovarico». La campagna nazionale itinerante d’informazione e sensibilizzazione è approdata a Napoli con una mostra all’aperto, in piazza Carità. Dieci ritratti di personaggi famosi che hanno accettato di farsi immortalare dal fotografo delle star Dirk Vogel mostrando un messaggio di sensibilizzazione. Ma sono invitati a partecipare tutti i cittadini che attraverso la pagina Facebook dell’iniziativa potranno caricare un selfie accompagnato da un messaggio. Nella foto, una di quelle in esposizione, la schermitrice Elisa Di Francisca. Cyber Brain, un centro a Caserta Nasce un polo di tecnologie super innovative al servizio della medicina Nel progetto il Dipartimento di Ingegneria elettrica della Federico II Guglielmo Tamburrini È docente di logica e filosofia della scienza al Dipartimento di Ingegneria elettrica e di tecnologie dell’informazione dell’Università Federico II nominato Polo di Innovazione Cyber Brain, nato dalla collaborazione tra Fondazione Neurone onlus, Fondazione Neuromed e l’Albany medical center di New York. Entro il 31 dicembre saranno realizzati tre laboratori utilizzando i fondi previsti dal Programma operativo nazionale Ricerca e competitività 20072013. Tra questi laboratori uno è destinato allo sviluppo di sistemi per l’acquisizione e l’analisi di dati elettrofisiologici su uomo per il Brain-Computer Fondi Pon Tre i laboratori da realizzare entro fine anno con fondi del Pon Ricerca e competitività Fanta-scienza Nel centro Neuromed già sperimentata la tecnica di «interfaccia cervello-computer» Interface. Sarà frutto di una collaborazione con il laboratorio di Imaging neuroelettrico e Brain-Computer Interface dell’Irccs Fondazione Santa Lucia di Roma e con il Dipartimento di Ingegneria elettrica e di tecnologie dell’informazione dell’Università Federico II di Napoli, in particolare con la cattedra di Logica e filosofia della scienza di Guglielmo Tamburrini. Altro laboratorio sarà quello dedicato alla neuroprotesica. Gli esperimenti condotti in questa struttura utilizzano un dispositivo impiantabile per la registrazione dell’attività cerebrale a trasmissione del segnale senza filo, che sarà consegnato a fine 2014 ed è sviluppato dall’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova. Infine il laboratorio di robotica riabilitativa, di assistenza e protesica, finalizzato all’acquisizione di tecnologie robotiche da impiegare per la riabilitazione di pazienti colpiti da ictus e lesioni del midollo spinale. Dal punto di vista operativo l’obiettivo è creare nuovi dispositivi e canali che permettano la comunicazione tra il sistema nervoso centrale e sistemi esperti (hardware e software), in modo da ripristinare il più possibile le funzioni vitali (tra cui deambulazione, movimenti e vista) danneggiate a causa di malattie e traumi. E tutto questo è straordinario, visto che si gettano le basi per una nuova era nella lotta a malattie come Parkinson e la Sla, ma anche per lesioni al midollo spinale e paralisi cerebrale. A dire il vero le applicazioni teoriche sono pressoché illimitate, nel campo della salute e non solo. Le tecniche di Bci permettono infatti di azionare dispositivi elettronici direttamente con il proprio cervello. Non a caso strettamente connesso al progetto Cyber Brain è un programma di alta formazione per esperti di sistemi bionici. Per Giulio Nicolò Meldolesi, presidente della Fondazione Neurone onlus «l’attività del Polo di innovazione consentirà di praticare attività di ricerca clinica, elettrofisiologica, neuroradiologica, biotecnologica di elevato livello scientifico e ad alta trasferibilità, consentendo, cosa rarissima nel Sud, di abbinare all’atto assistenziale lo studio del funzionamento del cervello umano». Raimondo Nesti © RIPRODUZIONE RISERVATA OFFERTA VALIDA FINO AL 31 OTTOBRE 2014 C aserta ospiterà un polo d’innovazione tecnologica d’avanguardia dedicato alle neuroscienze biomediche e cliniche. Un centro dove la realtà si avvicinerà alla fantascienza. Un primo passo in questo senso lo si è fatto con un intervento chirurgico hi-tech realizzato, per la prima volta in Italia, al centro per la chirurgia e l’epilessia Neuromed di Pozzilli (Isernia). Un intervento al cervello di una paziente affetta da epilessia focale farmacoresistente, reso straordinario dalla tecnica utilizzata: Braincomputer interface, anche detta Bci, che tradotto letteralmente significa «Interfaccia cervello-computer». Questa tecnica si basta su tecnologie avanzatissime e permette di eseguire un intervento neurochirurgico in tutta sicurezza. Senza il rischio di danneggiare regioni della corteccia cerebrale deputate a funzioni importanti come, per esempio, il linguaggio. Qualcosa, insomma, di assolutamente innovativo e «straordinario», ben al di là dell’ordinaria amministrazione. Come detto, l’intervento è solo il primo passo di un progetto più ampio e articolato de- 15 Corriere del Mezzogiorno Lunedì 27 Ottobre 2014 NA Neuroscienze Federico II e Sdn Ischemia cerebrale nuove speranze da una proteina N uove speranze per la diagnosi e la terapia di importanti malattie neurodegenerative come l’ischemia cerebrale grazie alla proteina NCX. La scoperta è scaturita dagli studi della divisione di farmacologia del Dipartimento di Neuroscienze della Federico II, finanziati dall’Istituto Sdn di Napoli, che non a caso ha ospitato la presentazione dei risultati del progetto nell’ambito del ciclo di incontri «La ricerca per la salute del paziente», ideato e coordinato da Marco Salvatore, fondatore di Sdn. «L’intervento dell’Istituto — spiega Lucio Annunziato, direttore del Dipartimento di Neuroscienze — è stato fondamentale per lo sviluppo della ricerca che conduciamo da anni per l’identificazione di nuovi farmaci e biomarcatori per l’ischemia cerebrale. Per questa malattia purtroppo esistono pochi presidi terapeutici e pochi medicinali e vi è quindi la necessità sempre più impellente di mettere appunto nuove strategie diagnostiche e cliniche». Alzheimer, finalmente c’è un piano In Campania i malati sono circa 60 mila, in Italia 800 mila Si parte dalle Unità di valutazione, previste anche residenze di Ettore Mautone Bruno Ronga È il direttore della Neurologia del Cto (Azienda dei Colli). Già primario al San Gennaro vanta una lunga esperienza come dirigente del Santobono, poi al Cardarelli e ha al suo attivo numerose pubblicazioni su lavori di rilevanza internazionale, in particolare sul morbo di Alzheimer M orbo di Alzheimer, demenza senile, declino cognitivo vascolare: nomi diversi per definire un’unica tragica realtà, le malattie neurologiche degenerative. Prive di cure efficaci ma unite da un comune filo rosso che, dai primi subdoli segni di vaga smemoratezza, conduce invariabilmente al completo sfacelo dei malati in pochi anni.In Campania parliamo di un esercito di circa 60 mila pazienti in cerca di assistenza. E che il fenomeno sia destinato a crescere lo dicono le proiezioni epidemiologiche: «Ogni dieci minuti un italiano si ammala di Alzheimer perdendo i ricordi di una vita», avverte Bruno Ronga, direttore della neurologia del Cto dove è inserito il primo ambulatorio dedicato all’Alzheimer della Campania curato da Sandro Iavarone. «Basterebbe questo dato — continua Ronga — per comprendere la vastità e l’urgenza del fenomeno che in Italia conta circa 800 mila casi. Secondo uno studio dell’Adi (Alzheimer’s Disease International) ap- parso sull’autorevole rivista scientifica Lancet, sono 24,3 milioni le persone affette da demenza oggi nel mondo, 4,6 milioni di nuovi malati l’anno, un caso ogni 7 secondi. E il dato è destinato a raddoppiare nei prossimi 20 anni con 42,3 milioni di malati nel 2020 e 81,1 milioni nel 2040. Nel giro di 30 anni in Italia saranno 3 milioni le persone che avranno necessità di cura e assistenza continue, 300 mila solo in Campania». L’àncora di salvezza è nel Piano nazionale demenze ormai ai nastri di partenza. Dopo la presentazione, nei giorni scorsi, a Roma, da parte dell’Associazione italiana malati d’Alzheimer (Aima) e di Cittadinanza attiva, sarà ufficializzato dal ministero della Salute il 14 novembre in una conferenza internazionale. In scia a quello nazionale c’è il Piano demenze campano. «Dopo un anno di lavoro — sottolinea Raffaele Calabrò, consigliere del governatore Stefano Caldoro per la Sanità — siamo pronti anche noi. Abbiamo lavorato a una rete integrata di servizi che parte dai medici di famiglia e si snoda in varie articolazioni territoriali». Il nucleo centrale del Piano è il ridisegno della rete integrata Perdutamente L’immagine di copertina del romanzo di Flavio Pagano dedicato al dramma dell’Anzheimer dei servizi socio-sanitari articolato attorno al nuovo ruolo dei medici di famiglia. A cure domiciliari, servizi semiresidenziali e residenziali si accede attraverso la porta unica di accesso che si avvarrà dell’apporto anche delle associazioni di pazienti. «Una modalità prevista in Campania sin dal 2013 — spiega Gigi Sparano della Fimmg Napoli — ma ancora da rodare». Intanto sempre il ministero della Salute ha affidato all’Iss (Istituto superiore di Sanità) una ricognizione sui centri di ricovero e di assistenza esistenti nelle varie regioni. «In Campania — aggiunge Nicola Vanacore, ricercatore dell’Iss di recente a Napoli ospite del convegno Aima — esistono 79 Unità di valutazione Alzheimer e 24 tra Rsa (residenze sanitarie) e centri diurni, ma non tutti potranno essere certificati in base ai requisiti di qualità e di personale richiesti». Al palo anche la programmazione dei servizi in base ai percorsi diagnostico-territoriali-assistenziali. «Il nodo da sciogliere in Campania — chiude Vanacore — è la mancanza di indicatori di processo, di esito e di struttura e la mancanza di un sistema informatico capace di incrociare e analizzare i dati». Nel nuovo assetto il responsabile dell’Uvi (Unità di valutazione Alzheimer) allertato dal medico di famiglia individua le figure professionali che contatteranno la rete familiare. L’Uvi, insieme alle famiglie, in cinque giorni elabora e firma il Piano assistenziale individuale (Pai) da consegnare entro 15 giorni dalla proposta di accesso. Viene quindi individuato il responsabile della presa in carico (case manager) che avrà il compito di seguire l’andamento del caso. Il piano consegnato all’utente contiene l’elenco delle strutture (Centri diurni, Rsa e così via) tra le quali scegliere in base al tipo di autorizzazione (Rsa a medio carico, Rsa demenza). Se è prevista l’assistenza domiciliare integrata il piano sarà gestito dal medico di medicina generale. In caso di necessità l’Uvi dispone la visita domiciliare anche fuori distretto. Il Piano infine interseca i nuovi stanziamenti (8 milioni) per le non autosufficienze annunciati al convegno Aima dall’assessore al ramo Bianca D’Angelo che in questi giorni hanno incassato il disco verde della giunta regionale. «I piani di zona a cui sono state affidate le risorse e la gestione dell’istruttoria — spiega il presidente regionale dell’Aima Caterina Musella — devono individuare i criteri di assegnazione. Occorre lungimiranza e buon senso per superare le lungaggini burocratiche e puntare sull’assegno di cura». © RIPRODUZIONE RISERVATA 16 NA Lunedì 27 Ottobre 2014 Corriere del Mezzogiorno
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