Salute, la nuova frontiera è la comunicazione

Lunedì 24 marzo 2014
www.corrieredelmezzogiorno.it
Lunedì 27 Ottobre 2014
alute e prevenzione
Salute
in collaborazione con
E PREVENZIONE
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La diffusione
della
comunicazione
e il web hanno
rivoluzionato
il sistema salute
e possono
costituire un
fondamentale
supporto
alle strategie
mondiali
di prevenzione
Resta
il problema
della
attendibilità
delle fonti
L’illustrazione
è di Daniela
Pergreffi
Sanità, la nuova frontiera
è la comunicazione
di Marco Trabucco Aurilio
malati, istituzioni pubbliche). La coSanità,ciazioni
i datidi Istat
municazione
è per il2013
medico moderno uno degli
elementi fondamentali per una maggiore comids, se lo conosci lo eviti»: pliance nelle cure .Tutti i colleghi devono essere
come non ricordare la frase consapevoli che non si trasmette più soltanto un
finale dello spot-campagna messaggio, una diagnosi, una terapia: comunicacontro l’Aids negli anni ’90: re con il paziente vuol dire relazionarsi, condiviancora oggi il miglior esem- dere e comprendere prima di tutto la persona.
pio di campagna di comunicazione
a supporto
Anche se il medico di famiglia rimane comunque
di EMANUELE
IMPERIALI
delle strategie di prevenzione in Italia. La stessa la fonte primaria per ottenere informazioni, la
A PAGINA XX
Who (Organizzazione mondiale della sanità) nel classe medica
italiana deve oggi interagire con le
2005 riconosce l’imprescindibile legame tra co- nuove tecnologie e mezzi di comunicazione (somunicazione e prevenzione parlando di ruolo es- cial network, app e così via) integrandole con il
senziale della comunicazione nel contrasto alle proprio background di conoscenze per poter conepidemie mondiali. Oggi possiamo distinguere tribuire da attori principali nella prossima era di
due tipologie comunicative in ambito sanitario: «salute digitale». Nella comunicazione in ambito
comunicazione medico-paziente e comunicazio- sanitario, infatti, il web ha di gran lunga superato
ne paziente-network esterno (mass media, asso- tutti gli altri mezzi di comunicazioni: basta pen-
Povero Sud, si risparmia
perfino sulle cure mediche
«A
sare che l’argomento «salute» è ai primi posti nel
mondo sui motori di ricerca e sui social network.
Su internet si cercano principalmente informazioni su patologie, su farmaci e strutture sanitarie
a cui rivolgersi.
Tuttavia comunicare salute, in generale, è anche un rischio: il virus ebola è l’esempio più attuale, con molti ricoveri inappropriati e una comprensibile paura delle popolazioni, non supportata da efficaci strategie di comunicazione sulla
patologia e sui metodi di contagio. Sul web il rischio di affidarsi a fonti inattendibili, magari alimentando false aspettative su patologie, non è
certamente trascurabile, come non lo è il fenomeno dell’auto-prescrizione di farmaci con conseguenze a volte anche gravi sui pazienti. Per superare queste criticità, in Italia occorrerebbe sicuramente un maggior coinvolgimento delle istitu-
zioni, per avere da un lato così più riferimenti
autorevoli on line e dall’altro una regolamentazione che vada oltre le timide «Linee guida per la comunicazione online in tema di tutela e promozione della salute» del ministero della Salute , recepite da pochi.
Al di là delle criticità è comunque indiscutibile, a mio giudizio, che internet ha certamente rivoluzionato in positivo il sistema salute in generale. Da un punto di vista sociologico,ad esempio,
internet consente ,per la prima volta, una condivisione sociale di malattia: si pensi ai gruppi di
pazienti che si relazionano sull’esperienza di malattia pur vivendo a chilometri di distanza. Il web
è il mezzo più intuitivo e veloce per la diffusione
di strategie di prevenzione: negli Stati Uniti, ad
esempio, esiste il Center for Disease Control and
Prevention, istituzione federale che punta sui social network per divulgare al cittadino informazioni di prevenzione in maniera interattiva. Grazie a internet i professionisti sanitari possono interagire tra loro in tutto il mondo, con la telemedicina si possono fare diagnosi, interventi
chirurgici ed esami diagnostici a distanza, cose
nemmeno immaginabili poche decine di anni fa.
La sfida del prossimo futuro è certamente, quindi, quella di una comunicazione efficace e accessibile a tutti che contribuisca a diffondere una vera cultura della prevenzione. Ricordando uno slogan di un noto spot degli anni ’80 quanto mai attuale: «Prevenire è meglio che curare».
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Lunedì 27 Ottobre 2014 Corriere del Mezzogiorno
NA
Prevenzione
Anche Smart phone e Radar in campo contro l’acne
Dermatologia, due giornate di approfondimento a Napoli
N
el corso di due giornate di approfondimento a
Napoli sono state presentate le innovazioni
ideate per migliorare cure e qualità di vita dei
pazienti affetti da acne. Presieduto dal professor
Giuseppe Monfrecola, con il coordinamento
scientifico della professoressa Gabriella
Fabbrocini, l’Acne Day ha ospitato i più grandi
Raffaele
Canonico
Medico dello
sport, è
responsabile
dell’area
nutrizionale del
Calcio Napoli
Roberto Grella
Specialista
in chirurgia
plastica
ed estetica,
è docente
del Master di II
livello della Sun
Luigi Schiavo
Nutrizionista, è
responsabile in
Campania della
Fondazione
italiana per la
lotta all’obesità
infantile
esperti in fatto di dermatologia. Monfrecola e
Fabbrocini hanno anche messo a punto Acne
Smart Phone, sistema attraverso il quale l’equipe
della Federico II monitora i pazienti e li stimola al
rispetto dei trattamenti, e Acne Radar, che
consente ai pazienti di verificare i miglioramenti e
al medico di correggere, se necessario, la cura.
Finita la stagione delle vacanze, ci attendono mesi
impegnativi in un clima sempre meno clemente
Ecco i consigli del nutrizionista, dell’esperto
in medicina dello sport e anche del chirurgo plastico
di Raffaele Nespoli
O
ra che le vacanze sono solo un ricordo, riprendere il ritmo con la frenesia
di sempre non è cosa facile. Il tran
tran quotidiano, la famiglia, gli impegni, lo stress. Ogni cosa sembra voler
far rimpiangere la tranquillità dell’estate, quando c’era solo da pensare a quale spiaggia scegliere o dove cenare. Non c’è da meravigliarsi, dunque, il nostro corpo ha iniziato un po’ a fare le
bizze. O se guardandoci allo specchio vediamo
solo pallore e occhiaie. È evidente che non esistono rimedi miracolosi, ma almeno si può cercare di rendere questo «doloroso» assestamento
quanto più breve possibile. Abbiamo chiesto
consigli a tre affermati specialisti che si occupano rispettivamente di alimentazione, sport ed
estetica. E con il loro supporto abbiamo steso
una sorta di prontuario, utile a rimettersi in forma e gestire al meglio lo stress.
Non c’è dubbio che uno degli aspetti primari
per il benessere è l’alimentazione. Spesso basta
qualche accorgimento per sentirsi subito meglio
e preparare il fisico ai rigori dell’inverno. Per
questo Luigi Schiavo, nutrizionista del Primo
Policlinico, raccomanda sempre di non eccedere
con diete monotematiche oppure eccessivamente dure.
«La giusta forma fisica — spiega — dev’essere
ritrovata con il tempo, un po’ alla volta. Altrimenti si rischia di indebolire il sistema immunitario e ottenere risultati tutt’altro che duraturi».
Per preparare il corpo a mesi di freddo e pioggia,
l’esperto consiglia di «assumere ogni giorno
molta frutta e verdura, alimenti perfetti per rafforzare le difese immunitarie perché ricchi di vitamine». Va detto che non è solo una questione
Come prepararsi
ad affrontare
un anno di lavoro
di cosa si mangia, ma anche di come e quando si
consumano i pasti. «Purtroppo — aggiunge
Schiavo — la routine quotidiana ci spinge ad
abitudini alimentari spesso scorrette. Sarebbe
sempre meglio cercare di evitare pasti troppo
abbondanti e preferire invece qualche spuntino
durante tutta la giornata. Sfatiamo comunque il
mito del famoso “strappo alla regola”. Personalmente non credo che il problema possa essere
nello snack o in un dolce ogni tanto. Anzi, gratificarci è un buon modo per rispettare le regole
che ci imponiamo. L’importante è non esagerare
e fare in modo che anche un saltuario spuntino
sia inserito nel contesto giornaliero di un piano
alimentare corretto».
Infine, visto il suo ruolo di responsabile regionale della Fondazione italiana per la lotta all’obesità infantile (presieduta dal professor Mar-
Difese immunitarie
Molta frutta e verdura
aiutano a rafforzare
le difese immunitarie
in vista del freddo
co Gasparotti), Schiavo mette in luce l’aspetto
fondamentale che ha la colazione in ogni piano
alimentare bilanciato. «In Campania — dice —
l’indice di obesità infantile è veramente molto
alto, un bambino su due è obeso. Sarebbe importante, anche in considerazione di una vita
certamente più sregolata condotta durante le vacanze, che i giovani non trascurassero mai la colazione. Aspetto che naturalmente è altrettanto
valido per gli adulti. Il nostro organismo, infatti,
ha bisogno di “carburante” per consentirci di affrontare al meglio le prime ore della giornata,
senza arrivare a pranzo con i crampi allo stomaco».
Alimentazione a parte, altro aspetto cruciale è
l’attività fisica. Se è vero che durante le vacanze ci
si concede spesso un po’ di moto, fosse anche
solo qualche bracciata tra le onde, altrettanto ve-
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 27 Ottobre 2014
NA
Illustrazione
di Daniela
Pergreffi
ro è che per tutto l’inverno si è spesso sottoposti
a una «panchina» forzata. Per molti l’attività fisica si riduce a qualche passo dall’ufficio all’auto.
Ecco perché Raffaele Canonico, specialista in
medicina dello sport, raccomanda di iniziare
con una visita medico sportiva per la valutazione
dello stato di salute e per gli obiettivi che si vogliono raggiungere.
«In alcuni casi — spiega — si tratterà di rimettersi in forma, in altri di perdere anche peso». E dunque «è utile procedere con un programma ben preciso, che preveda tre o quattro
sedute settimanali di allenamento. L’importante
è procedere per gradi, altrimenti si rischia di sovraccaricare l’organismo e le articolazioni. Particolarmente adatta a chi è in sovrappeso, e a persone non più giovanissime, è la camminata veloce. In media sarebbe opportuno dedicare a que-
Antidoti alla sedia
La camminata veloce
è l’ideale per tenersi
in forma in periodi in
cui si sta molto seduti
st’attività una quarantina di minuti almeno per
tre o quattro volte la settimana. Se c’è la possibilità, si può praticare attività sportiva in palestra o
in piscina. Il nuoto, ad esempio, è uno sport
completo e non sovraccarica le articolazioni».
Parola d’ordine, per raggiungere risultati apprezzabili, farsi seguire da un preparatore atletico e da uno specialista in medicina dello sport.
«Gli esperti consiglieranno soprattutto attività
aerobica — dice Canonico — ma non si deve mai
dimenticare che i veri risultati arriveranno solo
con il tempo e la costanza».
Senza mai prescindere da alimentazione e attività sportiva, un grosso aiuto per tornare in forma può arrivare dalla medicina estetica e dalla
chirurgia plastica. Il professor Roberto Grella,
specialista del settore e docente al Master di medicina estetica della Sun spiega che «durante le
vacanze l’esposizione al sole è spesso eccessiva, e
si possono avere problemi di pelle. La cute può
essere disidratata a causa dei raggi solari e del
vento. In questo caso è facile notare degli inestetismi come macchie solari, fini rugosità e lesioni
vascolari rosse sugli zigomi». Cosa fare? «La medicina estetica permette di sottoporsi a trattamenti superficiali: per esempio i piling, sia quelli chimici, sia quelli fisici come i trattamenti laser. Questi piling sono “esfolianti”, ovvero rimuovono lo strato superficiale della pelle,
eliminando le macchie. Il laser Q-swicced, per
esempio, è perfetto per rimuovere le macchie
solari, restituisce luminosità alla pelle che appare visibilmente compatta e idratata».
Esistono inoltre trattamenti che agiscono in
profondità, allo scopo di restituire idratazione
alla cute. «Per ottenere risultati apprezzabili —
dice Grella — ci si può sottoporre a cicli di rivitalizzanti, piccole punture di vitamine e acido ialuronico. Bastano tre trattamenti per un sensibile miglioramento. Molto efficaci anche le iniezioni di concentrato piastrinico. L’importante è
rivolgersi sempre ad uno specialista serio».
Andando incontro all’inverno si può poi pensare anche a qualcosa di più «strutturale», facendo ricorso alla chirurgia. «Questo — conclude lo specialista — è il periodo ideale, perché
con il fresco si recupera prima e si evitano tutti i
fastidi che possono insorgere d’estate. Tra gli interventi più richiesti abbiamo senza dubbio
quelli di mastoplastica additiva o di liposuzione.
Quest’ultimo per rimuovere accumuli di adipe
sui fianchi o nell’interno cosce. Il vantaggio è
che il grasso rimosso può essere iniettato nelle
zone dove manca, in questo modo si ottiene un
effetto più duraturo. Si tratta di un filler permanente autologo che offre ottimi risultati».
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Ricerca
Anni Sessanta
Quando Napoli
diventò capitale
della chimica
N
egli anni ’60 all’ombra del Vesuvio prese vita il
progetto «Napoli capitale della chimica». A
dare impulso a questa avventura fu il professor
Rodolfo Alessandro Nicolaus che, dopo la
scomparsa di Francesco Giordani, appena
quarantenne era diventato a Napoli la voce più
autorevole per le discipline chimiche. Una vivacità
culturale premiata dal Consiglio nazionale delle
ricerche che, nel programmare una serie di propri
organi, assegnò alla chimica un ruolo trainante.
Nel 1968, in Campania cominciarono a operare
cinque nuovi laboratori del Cnr. Tra questi, ben tre
appartenevano all’area chimica. Probabilmente
queste scelte furono favorite dal fatto che il premio
Nobel per la Chimica nel 1963 era stato assegnato
a Giulio Natta e, anche dal fatto che allora lo stesso
il Cnr era presieduto dal chimico Vincenzo Caglioti.
Così, nel 1968, nacque ad Arco Felice il Laboratorio
per la Chimica e la Fisica di molecole di interesse
Biologico.
Icb, scienza da visitare. E da premiare
L’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr, che ha sede a Pozzuoli, apre le porte ai cittadini
I ricercatori sono impegnati anche nell’autofinanziamento dei propri progetti di studio
Nelle foto
a lato,
alcune
ricercatrici
all’opera
nei laboratori
dell’Icb-Cnr
che hanno
sede
a Pozzuoli
P
er qualcuno la sigla
«Icb» suonerà nuova,
altri si sentiranno
spaesati al cospetto di
termini come biomolecole o biomasse. Ma di certo
di qui al prossimo futuro le cose cambieranno. La certezza ci
arriva dall’aver incontrato quello che per l’European Journal
of Clinic Investigation è uno
dei 400 scienziati più influenti
al mondo: Vincenzo Di Marzo,
neodirettore dell’Istituto di
Chimica biomolecolare (Icb) di
Pozzuoli, che ha appena ricevuto il Premio Dorso. E a quanto pare uno degli obiettivi che
ha più a cuore è aprire alla città
le porte dell’istituto del Cnr
(anche se la sede partenopea
non è sola, l’Icb ha unità organizzative di supporto a Catania,
Sassari e Padova). Trasmettere
alla gente la passione con la
quale i 15 team di ricerca portano avanti ogni giorno un lavoro
tanto complesso quanto prezioso. Anche per questo il neodirettore ha organizzato per il
24 ottobre una giornata di presentazione. «Spiegare con parole semplici quello che facciamo non è semplice — dice —
ma sono certo che con un piccolo sforzo si possono scoprire
cose molto interessanti». Cercando appunto di semplificare,
l’Icb si occupa essenzialmente
di tutto ciò che di biologico
possa essere usato per applicazioni tecnologiche, approcciando alla questione dal versante delle metodologie chimiche. Un concetto che Di Marzo
riesce a trasmettere con la semplicità che appartiene solo ai
grandi scienziati: «Il cuore della nostra ricerca riguarda le
biomolecole, cioè quelle molecole ottenute da sistemi biologici. Per esempio, cerchiamo di
capire come queste molecole
funzionano nelle cellule o in
organismi di varia complessità
come i mammiferi e l’uomo. Ci
domandiamo a cosa servono
così da poter arrivare poi a
un’applicazione biotecnologica. In campo medico questo significa supportare lo sviluppo
di nuovi farmaci».
L’istituto si occupa anche di
comprendere i meccanismi
che regolano alcune gravi patologie. Di recente, in uno studio
congiunto con l’Endocannabinoid Research Group (Erg) dell’Istituto di cibernetica Eduardo Caianiello, l’Icb ha trovato
l’«interruttore» che regola la
fame. La ricerca ha evidenziato
come l’obesità sia accompagnata da un’alterazione del sistema nervoso che interessa alcuni neuroni responsabili proprio della regolazione dell’appetito e del sonno.
Comprenderne i meccanismi può quindi avere importanti ricadute per lo sviluppo di
nuove cure. La ricerca, che ha
avuto una grande eco anche all’estero, è stata pubblicata sui
Proceedings of the National
Academy of Sciences.
«Vicini di casa» del Tigem
nel complesso Olivetti, anche
per i ricercatori dell’Istituto di
Chimica biomolecolare vale la
regola del merito. E da questo
punto di vista l’Icb ha pochi rivali. È finanziato con i fondi ordinari del Consiglio nazionale
delle ricerche, soldi con i quali
si riescono a pagare gli stipendi, il fitto dei locali e le spese
cogenti. Ma un grande lavoro
di ricerca fondi è affidato proprio ai ricercatori, che riescono
ad autofinanziare i propri studi. In media l’impegno e le intuizioni degli scienziati portano in cassa circa un milione
l’anno. Ossigeno puro per le ricerche in corso.
R. N.
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«Guido Dorso» a Di Marzo, il ricercatore «più influente» del Sud
Insignito il direttore dell’istituto, che è l’unico meridionale nella graduatoria internazionale
Vincenzo
Di Marzo
Il direttore
dell’Istituto
di Chimica
biomolecolare
del Cnr
è stato
insignito con
il Premio Dorso
E
ntusiasta quando il tema è
la ricerca, Vincenzo Di
Marzo parla dell’Istituto
che è stato chiamato a dirigere
quasi come se stesse raccontando la storia della propria famiglia. E si percepisce anche
un accenno di timidezza quando la conversazione scivola sulla sua storia personale, o meglio sul fatto di aver appena ricevuto il prestigioso Premio
Guido Dorso per la ricerca. Nei
primi giorni di ottobre, con
l’intervento del presidente del
Senato Grasso e del presidente
della Corte Costituzionale Tesauro, i riconoscimenti sono
stati consegnati nel corso di
una cerimonia solenne. L’iniziativa — patrocinata dal Sena-
to della Repubblica, dal Consiglio nazionale delle ricerche e
dall’Università degli studi di
Napoli Federico II — segnala
dal 1970 giovani studiosi del
Mezzogiorno e personalità del
mondo istituzionale, economico, scientifico e culturale che
«hanno contribuito con la loro
attività a sostenere le esigenze
di sviluppo e di progresso del
Sud». Un prestigioso ricono-
Direttore
È tra i ricercatori italiani
con il più alto h-index
e con il più elevato
numero di citazioni
scimento per il direttore dell’Icb-Cnr. Nell’albo d’onore dei
vincitori del «Guido Dorso» figurano alcuni tra i più autorevoli esponenti del mondo delle
istituzioni, della ricerca, dell’economia e della cultura: da
Giovanni Leone a Giorgio Napolitano, da Renato Dulbecco a
Franco Modigliani, da Antonio
Marzano a Pietro Grasso, da Pasquale Saraceno a Francesco
Paolo Casavola, da Antonio
D’Amato a Dominick Salvatore.
Tra le motivazioni che hanno
portato all’assegnazione del
premio, quella di essere «autore di monografie sugli endocannabinoidi e di oltre 450 articoli pubblicati su prestigiose
riviste scientifiche internazio-
nali». Ma anche il merito di essere tra coloro che hanno scoperto il meccanismo molecolare in grado di bloccare la crescita del glioblastoma, la
neoplasia maligna del sistema
nervoso centrale. «Vincenzo Di
Marzo — si legge — è tra i ricercatori italiani con il più alto
h-index, ovvero l’indice che
sintetizza sia la produttività
che l’impatto della produzione
culturale o scientifica, e con il
più elevato numero di citazioni». Non a caso è tra i 400
scienziati più influenti al mondo secondo lo studio pubblicato dall’European Journal of Clinical Investigation.
Raimondo Nesti
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Ricerca
Le collaborazioni
C’è un laboratorio
di Tigem
anche a Houston
P
er volontà di un’associazione americana di
pazienti, la Batten Disease Foundation, anche
al Texas Children’s Hospital di Houston è nato un
laboratorio Tigem dedicato allo studio di malattie
neurologiche dei bambini. L’eccellenza della ricerca
svolta al Tigem è confermata dalla capacità
dell’istituto di attrarre finanziamenti da prestigiosi
enti internazionali a cominciare dall’Unione
Europea, il National Institutes of Health, la
Fondazione europea di biologia molecolare
(Embo), il Wellcome Trust e l’European Research
Council. L’istituto ha attivato collaborazioni con
enti e centri di ricerca italiani ed esteri tra cui,
naturalmente, l’Università Federico II e la Seconda
Università di Napoli.
La nuovissima sede di Pozzuoli è dedicata alla
memoria di Susanna Agnelli, indimenticabile
presidente di Telethon dalla fondazione, nel 1990,
al 2009 anno in cui è mancata. Fu proprio lei a
chiamare Andrea Ballabio al la direzione.
Al Tigem c’è (più) spazio
Nella nuova sede
tanti cervelli «in arrivo»
Visita a Pozzuoli, nella ex Olivetti: qui operano ricercatori
di ogni parte del mondo. «Conta soltanto il merito»
Andrea
Ballabio
Nella foto in alto,
al centro di uno
dei laboratori
della nuova
sede a Pozzuoli,
il direttore
scientifico
di Tigem
di Raffaele Nespoli
«L’
espressione
fuga di cervelli nel campo della ricerca non significa nulla. I cervelli non scappano, sono solo in cerca di
opportunità. E qui offriamo opportunità ai ricercatori di talento. Qualunque sia la loro nazionalità». Inizia così, con le parole
del professore Andrea Ballabio,
la visita alla scoperta della nuova
sede del Tigem. L’Istituto Telethon di genetica e medicina ha
infatti completato il suo trasferimento nello storico comprensorio creato da Adriano Olivetti.
Cinquemila metri quadrati per
una struttura che ospita quattro
grandi laboratori open space, uffici, un auditorium e aree di ricerca. Per convertire e ristrutturare l’edificio sono stati investiti
Giovani scienziati
Oltre ai quattro grandi
laboratori open space,
con 230 ricercatori, c’è
anche un auditorium
circa 10 milioni, fondi europei
provenienti dal Pon Ricerca e
competitività 2007-2013. Ora
questo gioiello di alta tecnologia
è del tutto operativo. «Siamo riusciti — spiega Ballabio — nell’opera colossale di trasferire un
istituto di quasi 220 persone, e
tutte le apparecchiature, in un
tempo brevissimo». Quali sono i
vantaggi che possono arrivare
dalla nuova sede? «Abbiamo
molto più spazio — prosegue
Ballabio — e questo ci ha consentito di creare un auditorium,
allargare i servizi di microscopia,
ampliare la struttura per il drug
screening (screening di molecole a uso farmaceutico, ndr). Tutto
questo ci avvicina all’unico
obiettivo importante: individuare terapie per chi è colpito da una
malattia genetica rara». Grazie ai
tre programmi strategici di ricerca attivi al Tigem (biologia cellulare delle malattie genetiche,
biologia dei sistemi e della geno-
Nelle foto, alcuni scorci dei grandi laboratori allestiti
nei cinquemila metri quadrati della nuova sede
di Tigem che affaccia sul mare di Pozzuoli
mica funzionale e terapia molecolare) la ricerca si focalizza in
particolare su patologie come le
degenerazioni retiniche, disturbi del traffico intracellulare, malattie da accumulo lisosomiale,
metabolismo epatico e ciliopatie. Tutto questo potrebbe sembrare molto distante dai problemi della gente comune, ma non è
così. Dai laboratori del Tigem sono già nate varie terapie e, rivela
Ballabio, «siamo vicini alla meta
anche per diverse forme di cecità
ereditaria». Anche grazie all’internazionalizzazione, punto di
forza dell’istituto. Nella struttura
di Pozzuoli, divisi in 14 gruppi,
lavorano ricercatori di ogni parte
del mondo: Stati Uniti, Giappone, Cina, Francia, Spagna, Argentina, Russia, Uruguay. Altro che
fuga di cervelli. Del resto, sottolinea Ballabio: «Al Tigem l’unico
criterio preso in considerazione
è il merito».
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A Città della Scienza un murale per i bambini supereroi di Telethon
L’opera realizzata da Solo per ricordare Ciccio, che non ce l’ha fatta, e l’impegno per i suoi coetanei
A
Città della Scienza è comparso un coloratissimo murale. All’esterno del padiglione Galilei c’è un bambino sorridente vestito da supereroe. Alle sue spalle,
nell’ombra, la sua piccola sedia a rotelle. Nello
stesso disegno, un ricercatore osserva il bimbo
affascinato quasi a voler prendere forza da lui
per andare avanti nel proprio lavoro di scienziato. Questo murale lo ha realizzato Flavio Carbonaro, in arte Solo, per ricordare a tutti i visitatori
che la vita è piena di supereroi. Sono i bambini
che combattono o hanno combattuto contro
una malattia genetica rara e, purtroppo, in alcuni casi non ce l’hanno fatta. Il murale è frutto di
un progetto voluto dalla Fondazione Telethon ed
è ispirato proprio a uno di questi bambini di Napoli, Francesco Caputo (per gli amici Ciccio) che
ha aveva una grande passione per i supereroi.
Ciccio è stato un volto della Fondazione Telethon ma purtroppo è scomparso lo scorso febbraio.
Il murale
dipinto da Flavio
Carbonaro,
in arte Solo, sulla
parete esterna
del padiglione
Galilei
Da 25 anni Telethon sostiene la ricerca sulle
malattie genetiche rare e nel tempo ha individuato terapie efficaci che salvano la vita a bambini di tutto il mondo. Per alcuni l’orizzonte della
cura non è ancora visibile ma le loro famiglie sostengono Telethon con generosità e lungimiranza nella sensibilizzazione sulle malattie genetiche rare. Proprio come i genitori di Ciccio, ai
quali Telethon ha scelto di donare qualcosa di
simbolico. Il murale è per Nadia e Antonio, e per
tutti i bimbi e le famiglie che affrontano quella
battaglia. Il disegno vuole essere un ricordo e un
ringraziamento, ma anche un presagio d’ottimismo. La decisione di realizzare il murale a Città
della Scienza nasce dalle origini napoletane di
Ciccio ma è anche ispirata dai valori che accomunano Telethon e il centro partenopeo: avvicinare scienza e ricerca al grande pubblico. «Dopo
20 anni di attività — racconta Solo — non pensavo di provare un’emozione così».
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Lunedì 27 Ottobre 2014 Corriere del Mezzogiorno
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 27 Ottobre 2014
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Ricerca
Il convegno
Screening precoce
per l’ipertensione
arteriosa polmonare
S
possatezza, affanno e svenimenti sono alcuni
dei sintomi dell’ipertensione arteriosa
polmonare; tema affrontato a Napoli nel corso di
una due giorni che ha messo a confronto esperti
partenopei e non solo. Tra gli altri: Michele D’Alto,
Paola Argiento, Giovanni Maria Di Marco,
Emanuele Romeo, Maria Giovanna Russo, Berardo
Sarubbi, Anna Agnese Stanziola, Gabriele Valentini
della Sun, Andrea D’Armini dell’Università di Pavia
e Robert Naeije della Free University of Brussels.
Un organismo marino svela
i segreti dell’albinismo
Studio della Stazione Zoologica Anton Dohrn
di Alessandra Grassi
Filomena
Ristoratore
Laureata
in Scienze
biologiche,
dal 2000 è
ricercatrice
presso
la Stazione
Zoologica
Anton Dohrn
dove si occupa
di genetica.
In particolare si
è concentrata
sulla Ciona
intestinalis
È
un piccolo organismo
marino, ma con un sistema nervoso e genetico molto simile a quello
dell’uomo. Si chiama
Ciona intestinalis e le caratteristiche che presenta nello stato
embrionale hanno contribuito a
segnare un traguardo decisivo
per lo studio di molte alterazioni
genetiche. Prime tra tutte l’albinismo, malattia rara dovuta a un
difetto nei geni che comporta carenza nella pigmentazione della
pelle, dell’iride e dei capelli. I ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli hanno
recentemente scoperto che il
piccolissimo organismo ha al
suo interno una molecola che,
come un interruttore, stabilisce
il futuro delle cellule embrionali.
Determinando che tipo di cellule
dovranno diventare «da grandi»:
se andranno a comporre il sistema nervoso o si trasformeranno
in cellule pigmentate. E proprio
le cellule pigmentate nell’uomo
sono coinvolte nella colorazione
dell’iride e nei processi visivi. La
ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica internazionale
La Ciona intestinalis
Nature Communications. «Abbiamo scoperto cosa succede se
si spegne il meccanismo, l’interruttore, e identificato tutte le
molecole coinvolte nei processi
di pigmentazione nella Ciona intestinalis», spiega Filomena Ristoratore, coordinatrice dello
studio. «Il passo successivo —
prosegue — sarà studiare alcune
di queste sull’uomo per capire
meglio molte patologie quali l’albinismo di tipo 4 o la sindrome
di Hermansky-Pudlak, malattia
caratterizzata da albinismo oculocutaneo. In questo piccolo organismo abbiamo trovato tracce,
molecole, presenti nell’uomo e in
molti vertebrati. E soprattutto
molte molecole il cui ruolo nel-
l’uomo è ancora sconosciuto».
Del team di ricerca fanno parte
Remo Sanges, Diego Di Bernardo
del Tigem e Lionel Christiaen
della New York University. Oltre a
una giovane biologa, Claudia Racioppi che, forte di una borsa di
studio in America, ha portato la
sua esperienza a Napoli, per poi
rivolare negli Stati Uniti alla fine
del dottorato per un’esperienza
di perfezionamento.
Non è un caso che lo studio si
sia concentrato su quest’ animale marino. «La vita viene dal mare — continua la dottoressa Ristoratore — e l’evoluzione è avvenuta per step». I ricercatori sanno che tutti deriviamo da un
“unico progenitore” i cui mecca-
L’incontro, durante il quale gli specialisti hanno
potuto assistere in diretta streaming a procedure
diagnostiche e terapeutiche, è servito anche a far
luce sulla prevenzione e lo screening precoce.
Questa malattia rara può causare anche problemi
cardiaci: le alterazioni strutturali dei vasi sanguigni
creano infatti un’aumentata resistenza al flusso
del sangue pompato dal cuore. Ciò determina un
progressivo affaticamento per il ventricolo destro
che può culminare nello scompenso cardiaco.
L’allarme
nismi e caratteri basilari sono
rintracciabili negli organismi viventi, sebbene con forme e articolazioni più o meno complesse.
La Ciona intestinalis a prima vista non sembra avere nulla in comune con l’uomo. Eppure somiglianze funzionali e analogie nell’espressione di alcuni geni stabiliscono una similitudine. La
Ciona intestinalis, che fa parte
delle ascidie, ha forma cilindrica,
vive in molti mari dal clima temperato ed è spesso usata per studi genetici e per analizzare i processi che portano gli organismi a
crescere e svilupparsi. Allo stadio larvale ha un patrimonio genetico e un sistema nervoso di
dimensioni ridotte, ma paragonabili a quelli dell’uomo. I ricercatori hanno osservato che l’occhio primordiale del microrganismo, chiamato ocello (coinvolto
nella percezione degli stimoli luminosi) e l’occhio dei vertebrati
presentano somiglianze in alcuni geni. «In particolare — chiarisce Ristoratore — abbiamo osservato due organi pigmentati,
come perline nere. Nelle larve,
l’ocello ha proprio la funzione di
orientare la Ciona intestinalis
verso il buio o la luce. L’altro organo pigmentato invece serve
per spostarsi in alto o in basso
nel mare». Partendo dallo studio
dei meccanismi che regolano il
funzionamento dell’ascidia si è
osservato il comportamento di
molecole chiave per la definizione e il ruolo di alcune cellule.
Troppe informazioni sbagliate,
non fidatevi di internet
Per i vaccini rivolgetevi
soltanto al vostro pediatra
«D
ovremmo interrogarci sul
ruolo che la comunicazione
riveste nell’orientare le scelte
dei cittadini. Nel campo dei
vaccini questo sta diventando un problema
molto serio, perché informazioni scorrette o
allarmistiche stanno producendo una vera e
propria fuga di genitori». L’allarme arriva dal
pediatra Massimo Ummarino, a margine del
corso organizzato dal Dipartimento di Sanità
pubblica della Federico II, diretto da Maria
Triassi, che ha definito un percorso
formativo destinato a tutti gli operatori
sanitari delle Asl e delle Aziende ospedaliere
campane per rispondere alla necessità di un
costante monitoraggio sui possibili effetti
collaterali delle terapie vaccinali. Convinto
del pericolo di una scorretta informazione
anche Porfirio Toscano, vice segretario alle
attività scientifiche ed etiche della sezione di
Napoli della Federazione italiana medici
pediatri: «Ormai i sociali network sono
diventati una sorta di bibbia per tante
giovani mamme. È un serio problema,
perché le informazioni alle quali hanno
accesso i genitori sono spesso fuorvianti.
L’esempio che tutti conosciamo riguarda la
presunta connessione tra il vaccino MPR,
contro morbillo, parotite e rosolia, e
l’insorgere della sindrome autistica. Ma è
pura fantasia. L’unico modo per non mettere
a rischio la salute dei bambini — conclude
Toscano — è affidarsi ai consigli del pediatra
di famiglia. Solo così si potrà essere certi di
non commettere errori».
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8
Lunedì 27 Ottobre 2014 Corriere del Mezzogiorno
NA
La patologia
Maria Trojano
Direttore del
Dipartimento
di scienze
mediche
di base,
neuroscienze
e organi
di senso di Bari
Giovanni Bosco
Giovanni
Bosco
Zimatore
Direttore
dell’unità
operativa
di neurologia
dell’ospedale
Dimiccoli
di Barletta
Ardito
Bonaventura
Responsabile
del Centro
per la diagnosi
e la cura
della sclerosi
multipla
dell’ospedale
Miulli di Bari
Gianfranco
Costantino
Responsabile
del Centro
sclerosi
multipla
di Foggia
Gestione dei centri
La Federico II
ha un progetto
I
dentificare un modello organizzativo che possa
ottimizzare la gestione dei centri regionali di
sclerosi multipla, ma anche definire i livelli
essenziali di assistenza, sia in ambito riabilitativo
che domiciliare. Con questo intento il dipartimento
di Sanità pubblica della Federico II, diretto da Maria
Triassi, ha dato vita al progetto Araknos II con il
corso di formazione sugli strumenti di economia
sanitaria e management per la rete dei centri che
si dedicano alla diagnosi e alla cura della patologia.
Sclerosi multipla
La prima sfida si gioca
sulla qualità della vita
Maria Trojano: «L’andamento progressivamente invalidante
può incidere in modo significativo. I trattamenti vanno adeguati»
«S
pesso chi
sente parlare
per la prima
volta di sclerosi multipla
non sa bene cosa sia. La sclerosi multipla è una malattia autoimmune a decorso cronico,
caratterizzata dalla perdita di
mielina a livello di più aree del
sistema nervoso centrale. Le
zone colpite dalla cosiddetta
“demielinizzazione”, le “placche”, possono presentare dimensioni variabili, ma hanno
un elemento comune: appaiono indurite. Si tratta di vere e
proprie cicatrici che compaiono in tempi e zone differenti
dell’encefalo e del midollo spinale. Infatti, “sclerosi multipla”
significa proprio cicatrici multiple». A parlare è una delle
massime esperte di SM, la professoressa Maria Trojano, direttore del Dipartimento di
Scienze mediche di base, neuroscienze e organi di senso di
Bari. «Nonostante la malattia
non modifichi l’aspettativa di
vita — spiega — l’andamento
progressivamente invalidante
della malattia incide in modo
significativo sulla qualità di vita del paziente».
Professoressa Trojano,
quali sono i primi sintomi e
quante forme esistono?
«Nel 90 per cento dei casi la
malattia al suo esordio ha diversi sintomi, ad esempio problemi di vista o mancanza di
forza. Problemi di sensibilità,
formicolii, sensazioni di caldo
o freddo a un arto, perdita di
equilibrio nel camminare. Si
parla di sclerosi multipla recidivante-remittente quando il
paziente alterna periodi di benessere a ricadute cliniche che
insorgono in maniera acuta e
possono andare incontro a remissione parziale o completa.
L’85 per cento dei casi rientra
in questa categoria nella fase
iniziale. La sclerosi multipla secondariamente progressiva
comporta invece una disabilità
permanente ed è caratterizzata
da una progressione graduale
anche in assenza di ricadute tipiche di questa patologia. Circa
il 30-50 per cento dei casi di
sclerosi multipla a decorso recidivante-remittente evolve poi
in sclerosi multipla secondariamente progressiva. Di solito
l’esordio di questa malattia si
ha tra i 20 e i 40 anni, ma sempre più spesso siamo in grado
di fare delle diagnosi tra i 10 e i
15 anni».
In occasione dell’ultimo
convegno internazionale sulla sclerosi multipla tenuto a
Boston, un sondaggio fra i
pazienti ha messo in luce il
fatto che 3 pazienti italiani su
5 sono ottimisti sul futuro
Ottimismo
Tra i pazienti 3 su 5
sono ottimisti, anche
perché le nuove terapie
frenano la malattia
della malattia. Che lavoro viene fatto nei centri di sclerosi
multipla pugliesi per aiutare i
pazienti?
«L’ottimismo è legato evidentemente al fatto che oggi
esistono varie terapie che permettono di trattare la malattia
e rallentarne il decorso. Mi occupo di questa patologia da circa 30 anni e il nostro centro è
oggi il più grande d’Italia, visto
che vi fanno ricorso circa 4.500
pazienti su 7.000 presenti sul
territorio pugliese. Quanto alla
presa in carico, oggi la risonanza magnetica ci consente una
diagnosi precoce; possiamo infatti individuare diversi segnali
precursori. Ogni centro nel
quale ci sia personale esperto è
in grado di valutare precocemente la situazione e agire di
conseguenza. Questo è molto
importante, perché i trattamenti sono più efficaci se avviati precocemente. È anche
cruciale seguire costantemente
il paziente così da modificare
eventualmente la terapia man
mano che la patologia progredisce».
La presa in carico è dunque
cruciale, come viene gestita
nel suo centro?
«Abbiamo un team multidisciplinare; con me lavorano sei
neurologi dedicati alla sclerosi
multipla. Gli psicologi seguono il paziente nella comunicazione della diagnosi e durante
le diverse fasi della malattia. Ci
sono sempre momenti delicati,
nei quali questo supporto è
Segnali
Lo scherma
a lato mostra
i più evidenti
sintomi o segni
premonitori
che si
manifestano
nei pazienti
di sclerosi
multipla
cruciale. Allo stesso modo abbiamo infermiere dedicate, e
questo aspetto è importante
poiché sono di grande aiuto
per i pazienti e possono spiegare loro molte cose pratiche.
Non si può sottovalutare neanche il fatto che il nostro centro
è all’interno del Policlinico e
dunque lavoriamo a stretto
contatto con molti specialisti;
urologi, ortopedici, psichiatri,
oculisti. In questo modo il paziente ha una facilitazione nel
riassetto delle funzioni che
possono essere colpite. Va detto che in Italia esiste una rete
consolidata tra i diversi centri.
Io ad esempio coordino il registro per la sclerosi multipla,
una risorsa importantissima».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«La risonanza magnetica «Ecco le terapie orali
ha un ruolo fondamentale» Una vera rivoluzione»
Ardito Bonaventura: nella diagnosi e nelle verifiche Gianfranco Costantino: sono anche ben tollerate
U
Francesca
De Robertis
Neurologa
dell’ospedale
Fazzi
di Lecce
Araknos II
no degli aspetti cruciali quando si parla di
sclerosi multipla è la diagnosi. È infatti opportuno indagare su quali siano gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione
per arrivare a una diagnosi la più accurata possibile e a una corretta valutazione dell’evoluzione
della malattia. Ne abbiamo parlato con il dottor
Ardito Bonaventura, responsabile del Centro per
la diagnosi e la cura della sclerosi multipla dell’ospedale Miulli di Bari. «La diagnosi — spiega
— si basa sulla dimostrazione, attraverso dati
anamnestici, manifestazioni cliniche e indagini
strumentali, della presenza di lesioni demielinizzanti del sistema nervoso centrale, disseminate
nello spazio (diverse sedi lesionali) e nel tempo
(due o più episodi di disturbi neurologici). Non
esiste un singolo test specifico che permetta di
definire con certezza la diagnosi, per cui si tratta
di un processo diagnostico complesso che può
richiedere la collaborazione di vari specialisti».
La risonanza magnetica è uno strumento
utile per valutare l’evoluzione della malattia?
«Certamente. La risonanza magnetica si è affermata nella pratica clinica come la tecnica stru-
mentale più sensibile sia in fase diagnostica che
come uno strumento di monitoraggio e di valore
prognostico. Se nella formulazione della diagnosi la risonanza magnetica è indispensabile per
confermare i criteri di disseminazione spaziale e
temporale della malattia, essa diventa fondamentale quando dobbiamo valutarne l’evoluzione. Le variabili che il neurologo esperto di SM ricerca, attraverso la lettura delle immagini di risonanza magnetica cerebrale e midollare, sono diverse come il numero, la sede e il volume delle
lesioni, la presenza o meno di potenziamento
dopo infusione di mezzo di contrasto delle stesse. La risonanza magnetica gioca, infine, un ruolo fondamentale anche nello studio della fase
neurodegenerativa della malattia, attraverso
l’evidenziazione della atrofia cerebrale. È evidente che la risonanza magnetica ha un ruolo fondamentale nella conferma diagnostica, nella definizione prognostica e soprattutto nella valutazione dell’andamento della malattia nei pazienti
trattati con farmaci che ne modificano la storia
naturale».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
P
er combattere una patologia complessa
come la sclerosi multipla le terapie innovative sono un’arma imprescindibile. La
speranza, sempre più concreta, è di riuscire a
bloccare il decorso della malattia o quantomeno a cronicizzarla, garantendo subito ai pazienti una buona qualità di vita. Ma quali sono i
farmaci di nuova generazione più promettenti?
Ne abbiamo parlato con il dottor Gianfranco
Costantino, responsabile del Centro sclerosi
multipla di Foggia. «In buona parte — spiega
Costantino — l’innovazione in campo farmacologico per la cura di questa malattia si basa
sul Dimetil fumarato, un nuovo farmaco orale
efficace per il trattamento dei pazienti con
sclerosi multipla recidivante-remittente, che
poi è la forma più comune di questa malattia
neurologica cronica, autoimmune e progressivamente invalidante. A breve sarà commercializzato anche alemtuzumab, un farmaco iniettabile per il trattamento di pazienti adulti con
sclerosi multipla recidivante-remittente. Imminente anche l’arrivo di un altro farmaco orale, la teriflunomide, che richiederà l’assunzio-
ne di una compressa al giorno. Insomma, possiamo affermare che il 2015 promette essere
l’anno della svolta nella lotta alla sclerosi multipla».
Può spiegare il meccanismo d’azione del
Dimetil fumarato?
«Diciamo prima di tutto che si tratta di un
farmaco efficace e sicuro. Il meccanismo
d’azione è diverso rispetto a quello degli attuali
farmaci per la sclerosi multipla. Si ritiene che
attivi la via di Nrf-2, potenziando i fisiologici
meccanismi di difesa contro lo stress ossidativo che contribuiscono fortemente alla demielinizzazione. È importante sottolineare che i trial
clinici di fase 3, che ne hanno portato alla registrazione, hanno mostrato una riduzione del
tasso di ricadute annualizzato del 50%».
Quali sono i benefici delle terapie orali?
«Sono terapie considerate rivoluzionarie e
generalmente ben tollerate. Alleviano molto
anche il peso sui care-giver e sulle famiglie dei
pazienti, che non sono più costretti a ricorrere
a continue iniezioni».
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9
Corriere del Mezzogiorno Lunedì 27 Ottobre 2014
NA
Indagine Fimmg
Medici di famiglia
pronti a collaborare
con gli specialisti
P
er i medici di medicina generale il
lavoro in squadra, la collaborazione
con gli specialisti e con altre figure
professionali sono irrinunciabili occasioni
di crescita professionale. Questi sono
solo alcuni degli aspetti che emergono
dall’indagine annuale del centro studi
della Federazione italiana medici di
medicina generale (Fimmg), presentata
in occasione del 70° congresso nazionale
a Santa Margherita di Pula. «Dall’indagine
— dice il responsabile del Centro studi,
Paolo Misericordia — emerge una forte
consapevolezza della categoria rispetto
all’opportunità offerta dai meccanismi di
integrazione professionale e
nell’individuare la condivisione telematica
della scheda sanitaria dell’assistito con gli
specialisti come la migliore potenzialità
comunicativa a nostra disposizione».
«Effetti collaterali dei farmaci?
Tocca al medico vigilare»
Giovanni Bosco Zimatore: «Molto dipende dall’esperienza
Ma sono importanti anche gli esami clinici periodici di verifica»
Q
Nel solo territorio pugliese
ci sono circa 7.000 pazienti
Di solito l’esordio si registra
tra i 20 e i 40 anni, ma sempre
più spesso tra i 10 e i 15
uando si parla di trattamento della sclerosi
multipla, sono numerosi i fattori che bisogna tenere in considerazione. «Classifichiamo i farmaci tra prima, seconda e terza
linea», spiega il dottor Giovanni Bosco Zimatore, direttore
dell’unità operativa di Neurologia dell’ospedale Dimiccoli di
Barletta. «Quelli di prima linea
sono farmaci da usare quando
la patologia è agli esordi o comunque non si manifesta in
forma aggressiva. Nel caso in
cui questi farmaci non offrano
la risposta attesa, oppure in
presenza di una forma aggressiva — dice Bosco Zimatore —
si fa ricorso ai farmaci di seconda linea. In casi estremamente rari, quando la malattia
risulta incontenibile, si passa
poi a trattamenti di terza linea.
Della prima linea fanno parte
farmaci che contengono Interferoni o glatiramer acetato, che
sono poi quelli che hanno dato
avvio al trattamento della sclerosi multipla. Sempre per la
prima linea stanno arrivando
sul mercato nuovi farmaci di
uso orale, che garantiscono
una maggior aderenza alla terapia. Attendiamo il dimetil fumarato e la teriflunomide.
Quanto ai farmaci di seconda
linea, occorre parlare soprattutto di fingolimod e natalizumab. Quest’ultimo in particolare garantisce un’azione molto
importante sul decorso della
malattia. Un altro farmaco di
seconda linea che avremo a disposizione è alentuzumab».
Può spiegare quali sono i
benefici che questi farmaci
garantiscono ai pazienti?
«Abbiamo un corredo di far-
maci ampio e dunque possiamo calibrare le terapie con trattamenti che seguono le specificità della persona malata. È
chiaro che più i farmaci sono
potenti, più aumenta l’esposizione agli effetti collaterali. Ciò
nonostante, oggi il paziente
Esposizione
Più i medicinali sono
potenti, più il paziente
che li assume può
avere anche fastidi
A lato,
la differenza
tra la guaina
mielinica
integra
e quella
danneggiata
tipica
dei pazienti
di sclerosi
multipla
può contare su una qualità di
vita migliore a confronto con il
passato».
Esiste un modo per mitigare gli effetti collaterali dei farmaci?
«Molto è affidato all’esperienza del medico e alla sua ca-
Nella
illustrazione
a lato,
la guaina
che racchiude
i nervi,
cioè la mielina,
danneggiata
per effetto
della sclerosi
multipla
pacità di fare un uso appropriato del farmaco. Bisogna distinguere tra effetti collaterali legati alla modalità di assunzione
ed effetti collaterali legati al
meccanismo d’azione del farmaco. Per questo la sorveglianza è molto importante, sono
necessari controlli periodici
con esami specifici come transaminasi o funzionalità tiroidea. Oggi, comunque, possiamo dire di aver modificato la
storia naturale della malattia. E
questo è già un grande risultato».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«Sempre attenti al rapporto
tra rischio e beneficio»
Supplemento della testata
Distribuito con il Corriere della Sera non vendibile
separatamente
a cura di Angelo Lomonaco
Antonio Polito direttore responsabile
Maddalena Tulanti vicedirettore
Carmine Festa redattore capo centrale
Francesca De Robertis: sempre terapie calibrate
N
Editoriale del Mezzogiorno s.r.l.
con socio unico, soggetta a direzione e coordinamento da
parte della società RCS Mediagroup S.p.A.
Alessandro Bompieri presidente
Domenico Errico amministratore delegato
Redazione, produzione, amministrazione e sede legale:
Vico II S. Nicola alla Dogana, 9 - 80133 Napoli - Tel:
081.760.20.01 Fax: 081.58.02.779
Lunedì 24 marzo
2014
Reg.
Trib. Napoli n. 4881 del 17/6/1997
www.corrieredelmezzogiorno.it
© Copyright Editoriale del Mezzogiorno s.r.l.
in collaborazione con
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo
quotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici,
meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà
perseguita a norma di legge.
ella lotta alla sclerosi multipla disponiamo
Come valuta la sua esperienza con il Nataoggi di farmaci adatti alle diverse fasi di lizumab?
malattia. Terapie calibrate sui singoli pa«Estremamente positiva, si tratta di un farmazienti che possono offrire individualmente la co molto efficace. Va detto che richiede una certa
miglior risposta terapeutica possibile. Ma quali esperienza nel suo utilizzo, perché può avere
efLunedì 27 Ottobre 2014
sono i risultati che si possono ottenere con i far- fetti collaterali di tipo infettivo, in pazienti con
maci attualmente in commercio? Ecco cosa ne altri fattori di rischio, anche gravi se non gestiti
pensa la dottoressa Francesca De Robertis, neu- tempestivamente. È fondamentale dunque serologa dell’Ospedale Fazzi di Lecce. «Sono diver- guire il paziente e dosare gli anticorpi, ad esemLunedì 2 giugno 2014
E PREVENZIONE
si anni — spiega la De Robertis — che usiamo pio contro il virus JC, per una corretta stratificafarmaci capaci di modificare il decorso della ma- zione del rischio clinico. Va anche detto che i paStampa: Sedit Servizi Editoriali srl
in collaborazione con
Via delle Orchidee, 1 - 70026 Z. I. Modugno Bari
lattia, come gli Interferoni e il glatiramer aceta- zienti negativi per gli anticorpi diretti contro
Coordinatore tecnico-scientifico Ancmzxzx
zxzxzzxTel. 080.585.74.39
to. Solo da qualche anno si sono aggiunti due questo virus hanno una scarsa possibilità di sviMarco Trabucco Aurilio
zxzxzxzx
Sped. in A.P. - 45% - Art.2 comma 20/B Legge 662/96 farmaci di seconda linea, da utilizzare in caso di luppare una leucoencefalopatia multifocale proFiliale di Napoli
Doping
palestra
risposta insoddisfacente al trattamento con i gressiva (Pml). Particolare attenzione va riservaIn questoda
numero
hanno
Bosco Zimatore, Raffaele
Diffusione: m-dis Distribuzione Media Spa
Consapevole
farmaci di prima linea. Il Natalizumab è stato ta ai pazienti che risultano positivi al test, per i
scritto: Giorgio Caviglia,
Canonico, Gianfranco
Via Cazzaniga, 19 - 20132 Milano - Tel. 02.25821
eGiuseppe
inconsapevole
messo in commercio nel 2008 ed è un immuno- quali si raccomanda un’attenta valutazione del
Cenname, Sara
Costantino, Francesca De
Pubblicità:
di
DANIELA
RITA
VANTAGGIATO
soppressore selettivo in grado di ridurre la fre- rapporto rischio-beneficio legato al trattamenCostanzo, Alessandra Grassi,
Robertis, Vincenzo Di Marzo,
Rcs MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità,
Il cliniche
sole, la sabbia,
anche
quenza delle esacerbazioni
e ritardare
la l’acqua
to: l’accurata anamnesi del paziente, la valutazioEttore Mautone, Raffaele
Marco Ferrara, Sandra Frojo,
Vico II San Nicola alla Dogana, 9
80133 Napoli - Tel. 081.497.77.11 - Fax 081. 497.77.12
possono
celare
minacce ne di precedenti trattamenti immunosoppresSe
l’inquinamento
progressione della disabilità
fisica
nei pazienti
Nespoli,
Raimondo Nesti.
Roberto Grella, Filomena
Proprietà del Marchio:
rende
difficile
con forme recidivanti di sclerosi
multipla.
Il Fin- sori e il test che dosa gli anticorpi antivirus (viSono stati
intervistati: Paolo
Ristoratore, Bruno Ronga,
Ecco come
affrontarle
RCS MediaGroup S.p.A. - Divisione Quotidiani
di RAFFAELE NESPOLI
ilAscierto,
concepimento
golimod, commercializzato
nel 2011, è stato il rus JCV) sono indici utili nella stima del rischioAndrea Ballabio,
Luigi Schiavo, Anna Agnese
diArdito
NICOLA COLACURCI
primo farmaco orale per il trattamento della beneficio».
Bonaventura, Giovanni
Stanziola, Maria Trojano
Distribuito con il
Direttore responsabile: Ferruccio de Bortoli
sclerosi multipla».
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Tunnel carpale,
quando
la mano duole
Salute e prevenzione
Salute
Salute e prevenzione
Tutti al mare, ma...
A PAGINA 5
ALLE PAGINE 2 e 3
A PAGINA 7
di UMBERTO PASSERETTI
A PAGINA 8
10
Lunedì 27 Ottobre 2014 Corriere del Mezzogiorno
NA
Salute mentale
Il congresso
Intervento precoce
nei disturbi gravi
dei più giovani
D
al 29 al 31 ottobre il Centro congressi
internazionale Salerno Incontra ospita la tre
giorni dedicata al tema dell’«Intervento precoce
nei disturbi mentali gravi dei giovani e Servizi di
salute mentale. Le strade percorse e gli obiettivi da
raggiungere».
L’appuntamento di Salerno è di fatto ricompreso
nell’ambito del quinto congresso nazionale
dell’Associazione interventi precoci nelle psicosi
(Aipp) e l’obiettivo è di dare voce alle esperienze e
alle riflessioni di soci e non su un tema che,
malgrado le inerzie e opposizioni, sarà anche in
Italia sempre più centrale per lo sviluppo dei servizi
di salute mentale. Sia sotto il versante dottrinale
che della pratica clinica. Tra le relazioni in
programma, quella di Merete Nordentoft,
psichiatra sociale inglese presidente di “Iepa” e
“Swaran Singh”, attualmente impegnato sul tema
dei rapporti tra psichiatria degli adulti e
dell’infanzia e adolescenza.
Malattie croniche, doppio problema
L’assistenza psicologica è molto difficile da modulare, a dispetto da quanto si possa immaginare
E oltre all’assistenza al paziente sarebbe necessaria anche l’assistenza alla sua famiglia
di Sara Costanzo
Sara Costanzo
Psicologa e
psicoterapeuta a
indirizzo
sistemico
relazionale.
Collabora con Iter,
Istituto di terapia
relazionale di
Napoli e Caserta
E
ssere affetti da una
malattia cronica vuol
dire confrontarsi con
un’idea, conoscere
una paura, immaginare un futuro. Vuol dire testare
la solidità dei legami, accettare
la delusione, accogliere l’inaspettato, lasciare fuori qualcuno e dare più spazio ad altri.
Una malattia cronica ti costringe a stare in un mondo dentro
un altro mondo. E la prima
grande battaglia è cercare di vivere al meglio in entrambi.
Non è facile parlare di sostegno
psicologico in un momento in
cui, complice la spending review, spesso è difficile garantire al malato anche l’assistenza
medica. Eppure ogni malattia,
specie se cronica, comporta la
necessità, soprattutto quando
intervengono cambiamenti legati al «ciclo di vita» o al decorso della malattia, di adattarsi a
un nuovo stato che è sia fisico
che psicologico. E questo sia
perché chi sta male deve poter
convivere con il proprio disagio e mettere in campo tutte le
risorse disponibili, sia perché
la «psiche» gioca un ruolo determinante nella genesi e nel
decorso della malattia. Ma l’assistenza psicologica al malato
non è la sola che dovrebbe essere garantita. Una malattia
cronica comporta inevitabili
cambiamenti anche nella vita
delle persone che si prendono
cura del paziente influenzando, spesso profondamente, le
relazioni esistenti. L’assistenza
al malato cronico è dunque necessariamente anche assistenza alla sua famiglia. Se queste
sono le ragioni di un diritto, resta da chiedersi come può articolarsi nella pratica clinica
questo tipo di assistenza.
A dispetto di quanto si pensa, il sostegno psicologico a un
malato cronico è un intervento
molto difficile da modulare. In
questi casi, a mio avviso, risulta
utile ipotizzare un continuum
Spending review
Non è facile parlare
di sostegno psicologico
se è difficile garantire
l’assistenza diretta
assistenziale che si articola in
più livelli.
Il primo livello assistenziale
riguarda quei pazienti che hanno risorse sufficienti ad affrontare nel miglior modo possibile la malattia e l’iter di cura.
L’eventuale richiesta di aiuto riguarda pertanto aspetti che
hanno a che fare con la necessità di accogliere e contenere
particolari emozioni, di facilitare la comunicazione all’inter-
Una malattia
cronica
può cambiare
completamente
il modo di
pensare
no della famiglia e con il personale sanitario, di prendere decisioni relative alla gestione
della cura. A questo livello si situa anche quella forma di sostegno psicologico che è effettuata in modo implicito dagli
operatori sanitari non psicologi: medici, infermieri, tecnici
della riabilitazione e perfino il
personale amministrativo di
una struttura. Un secondo livello assistenziale riguarda quei
pazienti e quelle famiglie in cui
la condizione psichica e relazionale appare poco funzionale
a una buona gestione della malattia. Tali aspetti non appaiono però né gravi né cronici: si
può cioè legittimamente supporre che l’ impasse potrà essere affrontata con un intervento
che, pur intervenendo sugli
aspetti disfunzionali, rimanga
all’interno del «problema malattia».
Un ultimo livello assistenziale riguarda invece tutti quei casi in cui la condizione psichica
del paziente e della famiglia
non solo interferisce con la gestione della malattia in modo
grave ma la disfunzionalità è
essa stessa «cronica». È pertanto lecito supporre che l’intervento possa essere effettuato
solo all’interno di un focus più
ampio e dopo una ricontrattazione della domanda terapeutica. È solo all’interno di quest’ultimo livello che parliamo
di psicoterapia vera e propria,
potendo riservare agli altri casi
interventi (psicologia di sostegno o counseling) di tipo diverso.
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Psicodiagnostica,
tante novità in libreria
Periodo di grande fermento editoriale
In uscita o già sugli scaffali molti manuali
di Giorgio Caviglia
È
Giorgio Caviglia
Ordinario
di psicologia
clinica
e dinamica
e presidente del
corso di laurea
magistrale
in Psicologia
clinica della Sun
un periodo di grande fervore editoriale per i manuali di classificazione psicodiagnostica della personalità,
in particolare, e dei disturbi
mentali, in generale. A marzo di
quest’anno Raffaello Cortina ha
pubblicato l’edizione italiana
(curata da Massimo Biondi, con
l’introduzione di Mario Maj) del
quinto Manuale Diagnostico
Statistico dei Disturbi Mentali
dell’American Psychiatric Association (DSM-5), una delle bibbie, insieme all’ICD-10 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, della nosografia psicopatologica mondiale.
Lo stesso editore pubblicherà
la nuova edizione del Manuale
Psicodiagnostico Psicodinamico (PDM-2), curata da Robert
Wallerstein (Honorary Chair),
Vittorio Lingiardi e Nancy
McWilliams, la cui uscita è pre-
vista per la fine del 2015. Per il
2018 è prevista invece l’undicesima edizione del succitato ICD
(International Classification of
Diseases, che comunque classifica tutte le malattie, non solo
quelle psichiatriche).
Fresco di stampa è anche La
personalità e i suoi disturbi
(Raffaello Cortina, 884 pagine ,
58 euro) scritto da Vittorio Lingiardi, docente di Psicopatologia, valutazione clinica e diagnosi alla facoltà di Medicina e
Psicologia della Sapienza di Roma, e dal suo collaboratore
Francesco Gazzillo.
Tutta questa produzione di
letteratura scientifica nosografi-
Programma
L’editore Cortina
ha già un programma
di uscite interessanti
fino al 2018
ca, frutto dell’impegno di psicologi, psichiatri e psicopatologi
di fama, vuole forse dire che il
«modello medico» e l’inquadramento in sindromi — sulla base
dei sintomi — della variegatissima e spesso personalissima sofferenza mentale degli individui,
hanno vinto la sfida contro
l’umanesimo idiografico della
psicoanalisi e della fenomenologia? No. Intanto, i manuali più
psichiatrici, come il DSM-5, avvertono che il loro uso è — come dice il nome — statistico,
cioè tentano di raggruppare le
malattie come queste si presentano, per individuare fattori
eziopatogenetici comuni e trattamenti terapeutici empirici ed
efficaci. Dunque non è un’ottica
psicopatologica quella prospettata, ma piuttosto la ricerca di
un’utilità descrittiva e di un’affidabilità diagnostica. E poi, i manuali «psicodinamici» (come il
PDM e il volume di Lingiardi) illustrano e valutano anche i fat-
Sono in via di
pubblicazione
anche
le versioni
italiane
di aluni
manuali
stranieri
di grande
interesse
tori interni, psicologici e interpersonali dei disturbi mentali,
come i vissuti dei pazienti, il loro transfert, i meccanismi di difesa, il controtransfert che suscitano nei terapeuti, l’importanza delle rotture e riparazioni
dell’alleanza terapeutica, e così
via. Inoltre — come dice il sottotitolo del volume: Valutazione
clinica e diagnosi al servizio del
trattamento — si servono dell’aspetto psicodiagnostico-valutativo per impostare, in maniera
empiricamente fondata, psico-
terapie più mirate e più efficaci.
È sicuramente questo, a mio avviso, il libro più completo per
approcciare in maniera competentemente riassuntiva — nella
sua ricchezza e complessità —
la psicodiagnostica moderna.
Per tornare, infine, al titolo
iniziale, direi: ritorno a un futuro che cerca di curare efficacemente persone uniche, che hanno malattie che, quando si manifestano, costringono tutti ad
assomigliarsi.
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11
Corriere del Mezzogiorno Lunedì 27 Ottobre 2014
NA
Professione
Troppo fai da te
Metà degli italiani
prende antidolorifici
senza consulto
I
l fai da te si applica anche alla salute e
l’automedicazione è una pratica che gli italiani
conoscono bene, forse anche troppo: secondo i
risultati dell’ultima indagine di Dottori.it realizzata
da Demoskopea, il 23,4% degli italiani assume
farmaci con obbligo di prescrizione senza
consultare il medico. Quali sono i farmaci più usati
in autonomia dagli italiani? La risposta ricorrente
riguarda agli antidolorifici, usati senza consulto
medico dal 55,1% degli intervistati. Non mancano,
però, gli antibiotici, farmaci utilissimi ma che, come
ribadisce l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco),
vanno tassativamente utilizzati dietro consulto
medico, perché un uso improprio (non solo in
termini di dosaggio, ma anche di orari di utilizzo e
durata della terapia) può rivelarsi inutile, se non
persino dannoso. Eppure, il 37% del campione
ammette di averli usati di spontanea volontà:
addirittura, questo dato sale al 42,9% nella fascia
di età compresa tra i 45 e i 54 anni.
Per le donne fare il medico è più difficile
Uno studio dell’Ordine di Napoli rivela che per le professioniste è tutto più complicato
Il periodo di precariato è più lungo e sono maggiori le difficoltà a trovare un impiego stabile
P
Sandra Frojo
Responsabile
del settore
prevenzione
della
Associazione
nazionale
dentisti italiani,
è anche la
coordinatrice
del Comitato
unico
di garanzia
dell’Ordine
dei Medici
di Napoli
er tutte le donne che
hanno deciso di ind o s s a re i l ca m i ce
bianco il sogno di una
brillante carriera è destinato a restare tale, o quantomeno la strada per il successo è
piena di ostacoli e soste forzate
ai box. È un quadro sconcertante quello che emerge da uno
studio realizzato dal Comitato
unico di garanzia dell’Ordine
dei Medici di Napoli e provincia per «testare» il benessere
lavorativo dei medici. Il dato,
che riguarda l’intera Campania, disegna infatti una regione
ancora legata agli schemi del
passato. Tanto che, per le donne, non solo si registra un periodo di precariato più lungo dei
colleghi maschi; ma anche una
maggiore difficoltà a trovare
un lavoro stabile e diversi ostacoli nel fare carriera.
Ma cosa ne pensano le donne della sanità campana che invece sono riuscite ad arrivare ai
vertici?
Per Celeste Condorelli (amministratore delegato della Clinica Mediterranea) «questi dati rispecchiano una realtà che si
estende ben oltre il comparto
della sanità. Ai “gradini più
bassi” si nota sempre una preponderanza di donne — dice
— anche se poi sono spesso le
donne ad avere le migliori performance lavorative. Ma più si
sale verso posizioni apicali, più
le cose cambiano. Le donne
sembrano essere in qualche
modo marginalizzate. Fortunatamente negli ultimi 20 anni
passi in avanti ce ne sono stati,
questo resta un tema da affron-
tare e da comprendere, ed è
chiaro che ad incidere c’è una
forte componente sociale e culturale».
Una realtà che viene fuori
con chiarezza da alcuni dei dati
pubblicati: il 2,1% delle donne è
dirigente di struttura complessa contro il 4,2 degli uomini;
meno del 12% è responsabile di
struttura semplice contro il 14%
degli uomini. Invece le donne
sono il doppio degli uomini sia
tra i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta
sia tra gli specialisti ambulatoriali.
Sulla stessa linea di Celeste
Condorelli anche la professoressa Carolina Ciacci, dell’Università di Salerno. «Non si tratta di discriminazione nell’attività lavorativa in genere ma nei
ruoli apicali». Un altro aspetto
almeno «inquietante» che
emerge dallo studio riguarda la
condizione delle giovani dottoresse che, a quanto pare, rinunciano ad avere figli. Al di sotto
dei 40 anni la maternità è quasi
del tutto esclusa, e capire il perché non è difficile. Le donne
sono costrette a rinunciare all’idea di una gravidanza per inseguire il tanto agognato posto
di lavoro stabile, spesso una vera e propria chimera. Lo studio
del Comitato unico di garanzia
lascia però spazio ad una flebile ma importante speranza. Tra
i medici il desiderio di un cambiamento c’è. Da cosa lo si capisce? Un quinto di coloro che
hanno preso parte al test ha
sentito la necessità di riempire
Telefilm
Una foto
di gruppo
dei protagonisti
di «Grey’s
Anatomy»
In tv le donne
medico
non mancano
lo spazio dedicato alla cosiddetta «risposta libera».
Per la professoressa Carolina
Ciacci «questo vuol dire che c’è
molta voglia di proporre e si ha
fiducia nel fatto che il sistema
possa cambiare. Nonostante
tutto quello che leggiamo ogni
giorno sui giornali, moltissimi
medici hanno sottolineato di
avere un buon rapporto con i
propri pazienti». Tante ombre
ma anche qualche luce, dunque. Del resto, almeno per il
momento, «questa è la foto di
quella che, con un gioco di parole, può essere definita la salute della medicina campana».
Lo dice senza mezzi termini la
dottoressa Sandra Frojo, coordinatrice del Comitato unico di
garanzia dell’Ordine dei Medici
di Napoli. «La questione delle
donne, della discriminazione
reale o percepita — aggiunge
— è solo una delle tante prese
in considerazione».
Lo sa bene il presidente dell’Ordine dei Medici, Bruno
Zuccarelli per il quale «il benessere lavorativo non riguarda solo la qualità della vita, ma
anche la performance lavorativa e la qualità stessa del lavoro.
È evidente che puntando al benessere lavorativo potremo ottenere ricadute fondamentali
non solo sul singolo e sull’azienda sanitaria, ma probabilmente anche sulla società
intera». La speranza è che, almeno in medicina, non si debbano prevedere le «quote rosa»
e che invece a prevalere sia unicamente il merito.
Raffaele Nespoli
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Un fumetto per spiegare
le insidie del melanoma
Iniziativa della Fondazione insieme con Comix
«Neo2» distribuito ai ragazzi delle scuole
P
Paolo Ascierto
Primario
dell’unità
di oncologia
medica
e terapie
innovative del
Pascale,
è anche
direttore
e coordinatore
della
Fondazione
Melanoma
erché un messaggio possa arrivare ai suoi destinatari è cruciale il linguaggio che si sceglie. Ecco
perché la Fondazione Melanoma, della quale Paolo Ascierto
è direttore e Nicola Mozzillo
presidente, ha deciso di realizzare, con la Scuola Comix di
Napoli, un fumetto che possa
fornire importanti indicazioni
sui rischi legati al tumore della
pelle. Ed è così che sono nate le
avventure di Neo2, spunto per
parlare in modo leggero del
melanoma, che colpisce sempre più persone e in genere gli
under 40, che sottovalutano i
rischi dell’esposizione ai raggi
Uv sul proprio corpo. In dieci
anni, infatti, i casi di melanoma sono raddoppiati, passando da meno di 6 mila nel 2004
agli 11 mila previsti per il 2014.
Per sensibilizzare i ragazzi, ma
non soltanto loro, sull’importanza della prevenzione in
campo medico, che aiuta in 7
casi su 10 a individuare la malattia allo stadio iniziale e consente la guarigione nel 90% dei
casi, questo fumetto è stato distribuito fra settembre e ottobre nelle scuole superiori del
Mezzogiorno, anche se la striscia può essere scaricata anche
dal sito della Fondazione. Nella
sua seconda edizione questo
fumetto narra la storia di Giacomo, un ragazzo al quale è
stato diagnosticato il melanoma, e parallelamente alterna
nell’immaginaria Derma City
all’interno del corpo dello stesso giovane le avventure di Neo,
Melanì e dell’investigatore T,
che cercano di sconfiggere i
colpevoli della sua malattia (i
geni Braf e Mek) per tentare di
salvarlo. Nelle «Avventure di
Neo2» si dà spazio, oltre ai
consigli per la prevenzione, anche per illustrare i nuovi trattamenti in campo medico, che
nel 2011 ha visto una svolta nella lotta al melanoma metastati-
Qui sopra
e a sinistra,
alcuni «frame»
del volumetto
«Neo2»
distribuito
per la
prevenzione
del malanoma
co, dopo un trentennio che
non aveva registrato novità sostanziali in questo campo. Nella vita reale, infatti, sono attualmente disponibili in medicina diverse molecole rivoluzionarie, in grado di cambiare
la storia della malattia e di ridare speranza a quanti stanno lottando o dovranno lottare contro questo pericoloso tumore.
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Lunedì 27 Ottobre 2014 Corriere del Mezzogiorno
NA
Diritto e sanità
Bra Day
La ricostruzione
ormai fa parte
della terapia
M
oltissime donne sono state aiutate nel difficile
percorso per ritrovare la femminilità perduta,
altre hanno potuto sottoporsi a visita mammaria
gratuita. Sono solo alcuni dei risultati raggiunti con
il Bra Day, iniziativa dedicata alla ricostruzione
mammaria tenuta a Napoli nelle prime settimane
di ottobre. L’evento ha costituito anche l’occasione
per un dibattito a Palazzo Zapata con pazienti che
hanno raccontato la propria storia. Come ogni
anno, l’evento ha puntato a offrire un’adeguata
informazione alle donne sulle possibilità
ricostruttive per consentire il recupero
dell’armonia del corpo alterata dopo un intervento
oncologico. «La ricostruzione è entrata a far parte
a pieno titolo della cura del cancro al seno», dice
Francesco D’Andrea, docente di chirurgia plastica
ricostruttiva ed estetica della Sun. «La donna oltre
che guarire può riprendere una vita normale,
praticare sport, mostrarsi in costume da bagno,
sentendosi a proprio agio in ogni situazione».
Responsabilità, medico contro paziente
La sentenza del Tribunale di Milano che inverte l’onere della prova ha generato euforia tra i sanitari
Ma sarebbe meglio focalizzare l’attenzione su come evitare il contenzioso con la buona pratica clinica
di Giuseppe Cenname
Giuseppe
Cenname
Formatosi
all’Accademia
di Sanità
Militare e alla
Scuola Ufficiali
Carabinieri in
Roma, è
specialista e
dottore di
ricerca in
Medicina legale
presso la Sun
e consulente
medico-legale
di numerose
Procure
della
Repubblica
È
noto ai più che una
sentenza del Tribunale
di Milano in tema di responsabilità professionale medica, datata 17
luglio 2014 ma solo recentemente resa nota, ha stabilito
che non ricadrebbe sul medico
l’onere di provare la correttezza
del proprio operato, bensì sia il
paziente a dover dimostrare la
colpa del professionista. La pronuncia ha invero generato grande euforia nel personale sanitario che, di fatto, ha visto in questo sostanziale sovvertimento di
alcuni decenni di giurisprudenza un momento di «svolta» nell’approccio alla valutazione della colpa medica: Roberto Carlo
Rossi, presidente dell’Ordine
dei Medici di Milano, Roberto
Lala, presidente dei camici
bianchi della capitale, e lo stesso ex ministro della Salute Renato Balduzzi, attuale componente del Csm, hanno letto questa sentenza «come una sollecitazione a riconsiderare la
giurisprudenza in materia»,
una «sollecitazione» che la Cassazione già non aveva colto in
una precedente pronuncia consimile di altro Tribunale.
Orbene, posso in parte comprendere l’euforia. Tuttavia,
partendo dalla constatazione
che una sana e onesta azione di
tutela di una categoria che si
sente sotto assedio (giudiziario
e mediatico) è pienamente
condivisibile, non posso tuttavia esimermi dal considerare
che per un medico focalizzare
l’attenzione su una problematica di natura squisitamente giuridica quale il rapporto «contrattuale» o «extra-contrattuale» che lo lega al paziente significa operare unicamente
una politica di «protezione»,
rischiando di tralasciare
l’aspetto che invece più dovrebbe coinvolgerlo nella propria
quotidiana attività: quello di
mettere in atto tutti quei comportamenti idonei a evitare che
l’evento avverso (nella sua accezione più ampia) si verifichi,
ovvero l’attuazione di una politica di «prevenzione» del contenzioso attraverso la «buona
pratica clinica».
Ricordando il titolo della
prima ricerca nazionale sulla
medicina difensiva (realizzato
qualche anno fa dall’Ordine dei
Medici di Roma), «Chi si difende da chi? E perché?», ho riflettuto che proprio i momenti in
«Troppa enfasi, la sentenza
non ha cambiato la legge»
L’avvocato Ferrara: «È una pronuncia isolata
Non possiamo far vincere la cultura del sospetto»
«S
Marco Ferrara
Membro della
commissione
Diritto sanitario
e alla salute
dell’Ordine
degli avvocati
di Napoli
e coordinatore
giustizia
per i diritti di
Cittadinanza
attiva in
Campania,
Ferrara fa parte
dei Giuristi
Democratici
icuramente è stata
usata troppa enfasi,
ma è innegabile che
la decisione in esame ha messo
in discussione un orientamento granitico della Suprema Corte che riconduceva la responsabilità, sia della struttura sanitaria, sia del medico dipend e n te a l l ’a m b i to d e l l a
responsabilità contrattuale».
L’avvocato Marco Ferrara,
membro della commissione
Diritto sanitario e alla salute
del Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati di Napoli e coordinatore regionale Giustizia per i diritti di Cittadinanzattiva Campania, è prudente sulla sentenza del Tribunale di Milano.
Avvocato, però da qualche
giorno si parla molto della
Sentenza della prima sezione
civile del Tribunale Milano
descritta come «salva medici» e «ammazza pazienti». Ma
cosa dice esattamente questa
pronuncia?
«Nel merito, la pronuncia lascia immutato il regime della
responsabilità della struttura
sanitaria pubblica o privata,
nonché di quella in capo al medico libero professionista al
quale il paziente si è rivolto, che
risponderanno ex articolo 1218
del Codice civile, nel primo caso, sulla base del contratto atipico di spedalità, nella seconda
ipotesi in virtù di contratto di
opera professionale. Il giudice
milanese rivede, invece, la posizione del medico dipendente
della struttura e dei suoi collaboratori esterni, argomentando sulla scorta della legge 189
del 2012, la cosiddetta legge
Balduzzi, statuendo che per
queste figure non si può più ragionare in termini di responsabilità da “contatto sociale”, scaturente dal solo contatto con il
paziente, bensì esclusivamente
di responsabilità extracontrattuale ex articolo 2043».
Praticamente cosa cambia
ai fini della la tutela del danneggiato?
«Si deve premettere che
quella in oggetto è per ora una
sentenza isolata o quasi (vedi
Tribunale di Torino del 26 febbraio 2013) e a ogni modo la Suprema Corte con sentenza 8940
del 17 aprile 2014 ha stabilito
l’irrilevanza della norma della
Balduzzi, confermando l’orientamento tradizionale sulla responsabilità medica come
espressione della responsabilità da contatto sociale. Comunque se l’orientamento preso dal
Tribunale di Milano dovesse diventare maggioritario, si assisterebbe a un mutamento del
regime dell’onere della prova,
ciò vuol dire che la tutela risarcitoria si configurerebbe solo
in presenza di tutti gli elementi
costitutivi dell’illecito aquiliano il cui onere della prova è a
carico del danneggiato. Diversamente nel regime attuale, ai
fini del riparto dell’onere pro-
I camici
bianchi
si sentono
sotto
assedio
cui la pressione esercitata dalle
pronunce dei Tribunali sembra
diminuire rappresentano l’opportunità di rivedere le misure
di policy per contenere il livello
dei danni causati dalla malpractice. La suddetta ricerca,
infatti, sottolineava come la
possibilità di incorrere in errori era riconosciuta dal 36% del
campione esaminato (rappresentativo di tutti i medici italiani fino a 70 anni), che ammetteva — con estrema onestà intellettuale — che gli errori potenzialmente dannosi
compiuti dai medici sono abbastanza o molto diffusi. Pertanto, qualora si voglia rimanere in un sistema basato sulla responsabilità, escludendo pertanto l’opzione esercitata in
alcuni paesi di adottare un sistema «no-fault», la prima misura di policy non può che consistere nel rafforzamento delle
attività di prevenzione nelle
strutture sanitarie (pubbliche e
private) attraverso un risk management concretamente partecipato. Solo attraverso la crescita di un atteggiamento
proattivo da parte dei professionisti e delle strutture sanitarie si può quindi minare davvero alla base l’edificio del contenzioso pretestuoso e infondato: in tal senso, proprio i
medici specialisti in Medicina
legale, che sono tradizionalmente chiamati a intervenire
«dopo» l’insorgenza del presunto «evento avverso» — e,
pertanto, in una sola fase di
«protezione» dal rischio — potrebbero fornire un contributo
significativo nella fase di «pre-
venzione» e «gestione» del rischio stesso, promuovendo, a
livello delle strutture sanitarie,
la definizione di misure organizzative per la riduzione degli
errori evitabili, ovviamente in
strettissima sinergia con gli
specialisti delle differenti
branche, che soli sono portatori dell’esperienza di applicazione quotidiana della buona pratica clinica.
In sintesi, l’entusiasmo alla
pubblicazione di una sentenza
in tema di inversione dell’onere probatorio resta senz’altro
comprensibile, ma l’unico
mezzo efficace per la «difesa»
di coloro che quotidianamente
si impegnano a tutelare la salute dei cittadini consiste nella
capacità degli stessi di interrogarsi altrettanto quotidianamente sulla qualità assistenziale erogata. Altrimenti, si potrebbe facilmente cadere nell’errore di favorire più che la
«medicina difensiva» una tendenza altrettanto criticabile,
che un autorevole «utore, il
professore Angelo Fiori, definì
«medicina dell’obbedienza
giurisprudenziale», ovvero «la
progressiva accettazione e cristallizzazione di precetti di
condotta medica di provenienza giurisprudenziale che spesso non hanno reale fondamento nella scienza e nella prassi»
e che «non tenendo conto delle
esigenze mutevoli dei singoli
casi clinici, si rivelano, in ultima analisi, irrealistici e, per tale motivo, non applicabili validamente alle fattispecie concrete».
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batorio, il danneggiato deve
provare l’esistenza del contratto-contatto sociale, l’insorgenza della patologia e allegare
l’inadempimento del debitore
(medico-struttura), rimanendo
a carico di questo dimostrare la
propria diligenza. Inoltre il termine di prescrizione da decennale diverrebbe quinquennale.
Senza dubbio, limitatamente ai
casi che abbiamo visto il danneggiato avrebbe qualche difficoltà in più a far valere il suo diritto».
Quindi lei che da anni è impegnato nell‘affermazione e
nella tutela dei diritti del malato condivide la preoccupazione dei cittadini e cosa pensa dell’euforia proveniente dal
mondo dei medici?
«Ripeto c’è stata un’eccessiva attenzione su questa sentenza. Tuttavia sono consapevole che ciò è frutto del clima
estremamente teso che sussiste tra i soggetti interessati:
medici, pazienti, avvocati, associazioni di categoria, Ordini
professionali, alcune associazioni di tutela, dove ognuno
vede nell’altro il proprio nemico. Quindi ogni piccolo spostamento dell’assetto vigente è visto rispettivamente come una
catastrofe o un trionfo. Ciò è
sbagliato e pericoloso, la sanità e la salute sono beni comuni
e non possiamo far vincere la
cultura della contrapposizione
e del sospetto».
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 27 Ottobre 2014
NA
Prevenzione
Droga da infarto
La Siprec: a causa
della cocaina, più
vittime tra i giovani
S
e da un lato la mortalità per infarto è diminuita,
dall’altro ne è aumentata la frequenza tra i
giovani. L’allarme arriva dalla Società italiana di
prevenzione cardiovascolare (Siprec) che, per voce
del presidente Bruno Trimarco, mette in guardia
dai rischi legati all’uso di sostanze stupefacenti.
«La cocaina è un potente vasocostrittore
coronarico e per questo può causare infarto del
miocardio e gravi aritmie, come ad esempio la
fibrillazione ventricolare». Tra le cause di infarto
Pericolo asma allergico
In Campania in 29 mila soffrono della forma bronchiale grave
Anna Agnese Stanziola: fondamentale una diagnosi tempestiva
di Raimondo Nesti
I
Anna Agnese
Stanziola
Docente
aggregata
di malattie
respiratorie
all’Università
Federico II
e responsabile
del Centro di
malattie
respiratorie
rare
dell’ospedale
Monaldi
n Campania ne soffrono 29 mila
persone, solo a Napoli 4.800.
L’asma bronchiale allergico grave è una patologia in continuo
aumento, caratterizzata dal mancato controllo dei sintomi dell’asma
nonostante il trattamento farmacologico previsto e l’attenzione del paziente a evitare il contatto con l’allergene, ossia la sostanza per la quale si
è rilevata una sensibilità. L’asma allergico grave può colpire sia adulti
che bambini con ripercussioni rilevanti sulla qualità della vita. Attività
semplici come giocare, fare la spesa,
organizzare una gita possono essere
compromesse dalla malattia con un
impatto negativo a livello psicologico che può portare fino all’isolamento del paziente. Abbiamo chiesto alla
professoressa Anna Agnese Stanziola, docente di malattie respiratorie
alla Federico II, di aiutarci a capire
meglio le caratteristiche della patologia e illustrarci quali sono le novità
in campo terapeutico.
Professoressa Stanziola, chi sono le persone esposte al rischio
dell’asma allergico grave?
«L’asma allergico grave non deve
essere vista solo come una potenziale evoluzione dell’asma allergica. Può
comparire anche in età adulta come
in età pediatrica, in soggetti sani,
senza nessuna manifestazione pregressa legata ad allergie o a fenomeni asmatici. Proprio in questi soggetti spesso la patologia si dimostra più
refrattaria ai trattamenti e di più difficile controllo. Una diagnosi tempestiva è il primo passo per una gestione efficace».
Quali sono i sintomi?
«La difficoltà a respirare (dispnea), avvertita costantemente per
tutto il giorno è sicuramente il sintomo più invalidante. La fatica a svolgere normali attività durante il giorno, svegliarsi più volte durante la
notte per tosse o sensazione di costrizione toracica sono indice della
presenza della patologia».
Quali sono le terapie più utilizzate per il trattamento dell’asma
allergico grave?
«Le terapie cardini per la gestione
dell’asma allergico grave sono quella
steroidea per via inalatoria, prescritta per periodi lunghi, e il ricorso al
bisogno, in caso di episodi acuti, ai
broncodilatatori. Purtroppo la terapia steroidea prolungata nel tempo,
sebbene necessaria per tenere sottocontrollo l’infiammazione cronica
legata alla patologia, si scontra spesso con una scarsa aderenza da parte
del paziente dovuta a molteplici fattori come ad esempio gli effetti collaterali che questa comporta. Anche
quando siamo in presenza di una
buona aderenza da parte dell’asmati-
co allergico grave, a volte non si riesce a ottenere un buon controllo della malattia, in questi casi è fondamentale individuare insieme con lo
specialista un nuovo piano terapeutico studiato sulle specifiche caratteristiche del soggetto».
Ci sono delle novità a livello terapeutico che possono offrire un’alternativa alle terapie attuali?
«Una nuova frontiera terapeutica è
rappresentata dai farmaci biologici.
Per il trattamento dell’asma allergico
grave oggi è disponibile la terapia
con omalizumab, anticorpo monoclonale il cui impiego ha dato risultati ottimali. Il ricorso a questa terapia
ha permesso di ridurre il numero
delle riacutizzazioni e delle ospedalizzazioni che spesso si rendono necessarie. Un altro fattore importante
riguarda la possibilità di ridurre il
trattamento steroideo per via orale,
che si traduce in un minor numero di
effetti collaterali legati a questa terapia come ad esempio l’obesità, il diabete o una particolare distribuzione
del grasso corporeo».
Per chi è indicata la terapia con
omalizumab?
«Questa nuova terapia può essere
somministrata ai pazienti con una
diagnosi di asma allergico grave. Anche i pazienti pediatrici a partire dai
6 anni possono beneficiare di questa
opzione farmacologica».
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nei giovanissimi ci sono poi i fenomeni
infiammatori delle coronarie. «In realtà —
prosegue Trimarco — questo discorso va collegato
a quello del vaccino, verso il quale negli anni si è
sviluppata una certa diffidenza. Questo ha inciso
sul numero di soggetti che ne fanno uso. Di
conseguenza sono aumentati gli adolescenti
soggetti ad influenze e complicanze gravi come
l’infarto». Dunque, come prevenire l’infarto? La
chiave è nell’adozione di stili di vita corretti e sani.
La vitaa cuore
nellela tue
«Abbiate
vostramani
salute»
come affrontare un arresto cardiaco
Se trovi una
persona priva
di sensi, chiamala
e scuotila
leggermente
1
Aiuto!!
Mi senti?
2
Se non
risponde,
chiedi aiuto
Piega la testa
all’indietro e solleva
il mento.
Guarda
il torace
3
5
4
e controlla
se respira
6
Sovrapponi
le mani
al centro
del torace
Se non respira
normalmente fai
chiamare il 118
Manda
qualcuno a
prendere un
defibrillatore
7
8
A braccia tese
comprimi
profondamente
2 volte al secondo
(100-120 al minuto)
Se hai un defibrillatore,
accendilo e ti dirà cosa fare
La campagna «Viva»
«A
bbiate a cuore la vostra salute». È un po’ questo lo slogan
lanciato nel corso della settimana di sensibilizzazione sulla salute del cuore «Viva 2014» tenutasi a Napoli dal 13 al 19 ottobre
in concomitanza con il congresso nazionale dell’Italian Resuscitation Council. A Napoli è stata anche presentata una grande novità:
la creazione del primo registro italiano sull’arresto cardiaco, nel
quale confluiranno i dati relativi ai casi di tutto il Paese.
14
Lunedì 27 Ottobre 2014 Corriere del Mezzogiorno
NA
Neuroscienze
Arte e prevenzione
Una mostra fotografica di Alleanza contro il tumore ovarico
S
ubdolo e poco conosciuto. Il tumore all’ovaio è un nemico
silenzioso e impalcabile. Per promuovere l’informazione
che potrebbe dare un’opportunità di vita in più a migliaia di
donne, Acto (Alleanza contro il tumore ovarico) Onlus ha dato
vita a «Scatti d’energia. Insieme contro il tumore ovarico».
La campagna nazionale itinerante d’informazione e
sensibilizzazione è approdata a Napoli con una mostra
all’aperto, in piazza Carità. Dieci ritratti di personaggi famosi
che hanno accettato di farsi immortalare dal fotografo delle
star Dirk Vogel mostrando un messaggio di sensibilizzazione.
Ma sono invitati a partecipare tutti i cittadini che attraverso la
pagina Facebook dell’iniziativa potranno caricare un selfie
accompagnato da un messaggio. Nella foto, una di quelle in
esposizione, la schermitrice Elisa Di Francisca.
Cyber Brain, un centro a Caserta
Nasce un polo di tecnologie super innovative al servizio della medicina
Nel progetto il Dipartimento di Ingegneria elettrica della Federico II
Guglielmo
Tamburrini
È docente
di logica
e filosofia
della scienza
al Dipartimento
di Ingegneria
elettrica
e di tecnologie
dell’informazione
dell’Università
Federico II
nominato Polo di Innovazione
Cyber Brain, nato dalla collaborazione tra Fondazione Neurone onlus, Fondazione Neuromed e l’Albany medical center
di New York.
Entro il 31 dicembre saranno
realizzati tre laboratori utilizzando i fondi previsti dal Programma operativo nazionale
Ricerca e competitività 20072013. Tra questi laboratori uno
è destinato allo sviluppo di sistemi per l’acquisizione e l’analisi di dati elettrofisiologici su
uomo per il Brain-Computer
Fondi Pon
Tre i laboratori
da realizzare entro fine
anno con fondi del Pon
Ricerca e competitività
Fanta-scienza
Nel centro Neuromed
già sperimentata la
tecnica di «interfaccia
cervello-computer»
Interface. Sarà frutto di una
collaborazione con il laboratorio di Imaging neuroelettrico e
Brain-Computer Interface dell’Irccs Fondazione Santa Lucia
di Roma e con il Dipartimento
di Ingegneria elettrica e di tecnologie dell’informazione dell’Università Federico II di Napoli, in particolare con la cattedra
di Logica e filosofia della scienza di Guglielmo Tamburrini.
Altro laboratorio sarà quello
dedicato alla neuroprotesica.
Gli esperimenti condotti in
questa struttura utilizzano un
dispositivo impiantabile per la
registrazione dell’attività cerebrale a trasmissione del segnale senza filo, che sarà consegnato a fine 2014 ed è sviluppato dall’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova.
Infine il laboratorio di robotica riabilitativa, di assistenza e
protesica, finalizzato all’acquisizione di tecnologie robotiche
da impiegare per la riabilitazione di pazienti colpiti da ictus e
lesioni del midollo spinale.
Dal punto di vista operativo
l’obiettivo è creare nuovi dispositivi e canali che permettano
la comunicazione tra il sistema
nervoso centrale e sistemi
esperti (hardware e software),
in modo da ripristinare il più
possibile le funzioni vitali (tra
cui deambulazione, movimenti e vista) danneggiate a causa
di malattie e traumi.
E tutto questo è straordinario, visto che si gettano le basi
per una nuova era nella lotta a
malattie come Parkinson e la
Sla, ma anche per lesioni al midollo spinale e paralisi cerebrale. A dire il vero le applicazioni
teoriche sono pressoché illimitate, nel campo della salute e
non solo. Le tecniche di Bci
permettono infatti di azionare
dispositivi elettronici direttamente con il proprio cervello.
Non a caso strettamente connesso al progetto Cyber Brain è
un programma di alta formazione per esperti di sistemi
bionici.
Per Giulio Nicolò Meldolesi,
presidente della Fondazione
Neurone onlus «l’attività del
Polo di innovazione consentirà
di praticare attività di ricerca
clinica, elettrofisiologica, neuroradiologica, biotecnologica
di elevato livello scientifico e
ad alta trasferibilità, consentendo, cosa rarissima nel Sud,
di abbinare all’atto assistenziale lo studio del funzionamento
del cervello umano».
Raimondo Nesti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
OFFERTA VALIDA FINO AL 31 OTTOBRE 2014
C
aserta ospiterà un polo d’innovazione tecnologica d’avanguardia dedicato alle neuroscienze biomediche e cliniche. Un centro dove
la realtà si avvicinerà alla fantascienza. Un primo passo in
questo senso lo si è fatto con
un intervento chirurgico hi-tech realizzato, per la prima volta
in Italia, al centro per la chirurgia e l’epilessia Neuromed di
Pozzilli (Isernia). Un intervento
al cervello di una paziente affetta da epilessia focale farmacoresistente, reso straordinario
dalla tecnica utilizzata: Braincomputer interface, anche detta Bci, che tradotto letteralmente significa «Interfaccia
cervello-computer». Questa
tecnica si basta su tecnologie
avanzatissime e permette di
eseguire un intervento neurochirurgico in tutta sicurezza.
Senza il rischio di danneggiare
regioni della corteccia cerebrale deputate a funzioni importanti come, per esempio, il linguaggio. Qualcosa, insomma,
di assolutamente innovativo e
«straordinario», ben al di là
dell’ordinaria amministrazione. Come detto, l’intervento è
solo il primo passo di un progetto più ampio e articolato de-
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 27 Ottobre 2014
NA
Neuroscienze
Federico II e Sdn
Ischemia cerebrale
nuove speranze
da una proteina
N
uove speranze per la diagnosi e la terapia di
importanti malattie neurodegenerative come
l’ischemia cerebrale grazie alla proteina NCX. La
scoperta è scaturita dagli studi della divisione di
farmacologia del Dipartimento di Neuroscienze
della Federico II, finanziati dall’Istituto Sdn di
Napoli, che non a caso ha ospitato la
presentazione dei risultati del progetto nell’ambito
del ciclo di incontri «La ricerca per la salute del
paziente», ideato e coordinato da Marco Salvatore,
fondatore di Sdn. «L’intervento dell’Istituto —
spiega Lucio Annunziato, direttore del
Dipartimento di Neuroscienze — è stato
fondamentale per lo sviluppo della ricerca che
conduciamo da anni per l’identificazione di nuovi
farmaci e biomarcatori per l’ischemia cerebrale.
Per questa malattia purtroppo esistono pochi
presidi terapeutici e pochi medicinali e vi è quindi
la necessità sempre più impellente di mettere
appunto nuove strategie diagnostiche e cliniche».
Alzheimer, finalmente c’è un piano
In Campania i malati sono circa 60 mila, in Italia 800 mila
Si parte dalle Unità di valutazione, previste anche residenze
di Ettore Mautone
Bruno Ronga
È il direttore
della
Neurologia
del Cto
(Azienda dei
Colli).
Già primario
al San Gennaro
vanta una
lunga
esperienza
come dirigente
del Santobono,
poi al Cardarelli
e ha al suo
attivo
numerose
pubblicazioni
su lavori di
rilevanza
internazionale,
in particolare
sul morbo
di Alzheimer
M
orbo di Alzheimer,
demenza senile,
declino cognitivo
vascolare: nomi
diversi per definire un’unica tragica realtà, le
malattie neurologiche degenerative. Prive di cure efficaci ma
unite da un comune filo rosso
che, dai primi subdoli segni di
vaga smemoratezza, conduce
invariabilmente al completo
sfacelo dei malati in pochi anni.In Campania parliamo di un
esercito di circa 60 mila pazienti in cerca di assistenza. E che il
fenomeno sia destinato a crescere lo dicono le proiezioni
epidemiologiche: «Ogni dieci
minuti un italiano si ammala di
Alzheimer perdendo i ricordi
di una vita», avverte Bruno
Ronga, direttore della neurologia del Cto dove è inserito il primo ambulatorio dedicato all’Alzheimer della Campania curato da Sandro Iavarone. «Basterebbe questo dato —
continua Ronga — per comprendere la vastità e l’urgenza
del fenomeno che in Italia conta circa 800 mila casi. Secondo
uno studio dell’Adi (Alzheimer’s Disease International) ap-
parso sull’autorevole rivista
scientifica Lancet, sono 24,3
milioni le persone affette da
demenza oggi nel mondo, 4,6
milioni di nuovi malati l’anno,
un caso ogni 7 secondi. E il dato è destinato a raddoppiare
nei prossimi 20 anni con 42,3
milioni di malati nel 2020 e 81,1
milioni nel 2040. Nel giro di 30
anni in Italia saranno 3 milioni
le persone che avranno necessità di cura e assistenza continue, 300 mila solo in Campania».
L’àncora di salvezza è nel Piano nazionale demenze ormai ai
nastri di partenza. Dopo la presentazione, nei giorni scorsi, a
Roma, da parte dell’Associazione italiana malati d’Alzheimer
(Aima) e di Cittadinanza attiva,
sarà ufficializzato dal ministero
della Salute il 14 novembre in
una conferenza internazionale.
In scia a quello nazionale c’è il
Piano demenze campano. «Dopo un anno di lavoro — sottolinea Raffaele Calabrò, consigliere del governatore Stefano
Caldoro per la Sanità — siamo
pronti anche noi. Abbiamo lavorato a una rete integrata di
servizi che parte dai medici di
famiglia e si snoda in varie articolazioni territoriali».
Il nucleo centrale del Piano è
il ridisegno della rete integrata
Perdutamente
L’immagine
di copertina
del romanzo
di Flavio
Pagano
dedicato
al dramma
dell’Anzheimer
dei servizi socio-sanitari articolato attorno al nuovo ruolo
dei medici di famiglia. A cure
domiciliari, servizi semiresidenziali e residenziali si accede
attraverso la porta unica di accesso che si avvarrà dell’apporto anche delle associazioni di
pazienti. «Una modalità prevista in Campania sin dal 2013 —
spiega Gigi Sparano della Fimmg Napoli — ma ancora da rodare».
Intanto sempre il ministero
della Salute ha affidato all’Iss
(Istituto superiore di Sanità)
una ricognizione sui centri di
ricovero e di assistenza esistenti nelle varie regioni. «In Campania — aggiunge Nicola Vanacore, ricercatore dell’Iss di recente a Napoli ospite del convegno Aima — esistono 79
Unità di valutazione Alzheimer
e 24 tra Rsa (residenze sanitarie) e centri diurni, ma non tutti potranno essere certificati in
base ai requisiti di qualità e di
personale richiesti». Al palo
anche la programmazione dei
servizi in base ai percorsi diagnostico-territoriali-assistenziali. «Il nodo da sciogliere in
Campania — chiude Vanacore
— è la mancanza di indicatori
di processo, di esito e di struttura e la mancanza di un sistema informatico capace di incrociare e analizzare i dati».
Nel nuovo assetto il responsabile dell’Uvi (Unità di valutazione Alzheimer) allertato dal
medico di famiglia individua le
figure professionali che contatteranno la rete familiare. L’Uvi,
insieme alle famiglie, in cinque
giorni elabora e firma il Piano
assistenziale individuale (Pai)
da consegnare entro 15 giorni
dalla proposta di accesso. Viene quindi individuato il responsabile della presa in carico
(case manager) che avrà il
compito di seguire l’andamento del caso.
Il piano consegnato all’utente contiene l’elenco delle strutture (Centri diurni, Rsa e così
via) tra le quali scegliere in base al tipo di autorizzazione (Rsa
a medio carico, Rsa demenza).
Se è prevista l’assistenza domiciliare integrata il piano sarà
gestito dal medico di medicina
generale. In caso di necessità
l’Uvi dispone la visita domiciliare anche fuori distretto.
Il Piano infine interseca i
nuovi stanziamenti (8 milioni)
per le non autosufficienze annunciati al convegno Aima dall’assessore al ramo Bianca
D’Angelo che in questi giorni
hanno incassato il disco verde
della giunta regionale. «I piani
di zona a cui sono state affidate
le risorse e la gestione dell’istruttoria — spiega il presidente regionale dell’Aima Caterina Musella — devono individuare i criteri di assegnazione. Occorre lungimiranza e
buon senso per superare le
lungaggini burocratiche e puntare sull’assegno di cura».
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Lunedì 27 Ottobre 2014 Corriere del Mezzogiorno