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In edicola Fr. 2.– / € 1,35
Anno XVI • Numero 41
Il calcio
La Formula 1
Il wellness
Dietro le quinte
dei bianconeri
che si preparano
al grande salto
Ad Austin
la lotta infinita
tra Hamilton
e Rosberg
L’altro fitness
mette d’accordo
i più pigri
e gli iperattivi
RAVANI A PAGINA 14
A PAGINA 15
A PAGINA 21
Reuters
Ti-Press
9
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GAA 6600 LOCARNO –– N. 41
41
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Domenica
2 novembre 2014
L’insegnamento
L’università di Lugano
lancia i corsi on line
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
L’analisi/1
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PIANCA A PAGINA 43
Le mani sulla sanità
Se Blocher
teme il voto
di Ecopop
Così la politica si è spartita ospedali e cliniche
e per la Moncucco in gara il gruppo Humanitas
CATHERINE BELLINI
D
ifficile credere ancora ai
sondaggi. Stando all’Istituto Gfs che ha appena annunciato che solo il 35% degli svizzeri sosterrebbe l’iniziativa Ecopop
- Stop alla sovrappopolazione, il
sospetto resta. Le iniziative contro
i minareti e contro l’immigrazione
di massa erano pure queste annunciate perdenti. Scottati dal “sì”
del 9 febbraio scorso, coloro che
non si erano impegnati prima del
voto si danno ora da fare per un
“no” a Ecopop: accademici, artisti,
organizzazioni ecologiste, ex consiglieri federali, diplomatici, imprenditori e partiti. Verdi e Verdi liberali si danno particolarmente da
fare.
segue a pagina 9
D’AGOSTINO, GUENZI, MAZZETTA e PIANCA
ALLE PAGINE 2 e 3
L’analisi/2
Stretta alle banche
dal gendarme Bce
LORETTA NAPOLEONI
S
Il caso L’incredibile storia di un ticinese bloccato dalla burocrazia
Il mondo diventa
una forza di pace
C
segue a pagina 13
SCOPRIE
TUTTE LIONI
PROMOZSTRO
SUL NO LINO!
GIORNA
Regole più soft
contro la droga,
l’idea si fa strada
i timori restano
LUIGI BONANATE
i sono dei momenti in cui è
necessario fermarsi un attimo e fare i conti con la nostra storia, o meglio a riflettere
sul male che continua a scorrere
per il mondo. L’impiccagione della giovane iraniana Reyhaneh
Jabbari non riguarda soltanto il
diritto islamico ma chiama in causa la nostra incapacità nel far prevalere le ragioni del diritto su
quelle del castigo.
In discussione non è ora l’odiosità
di un sistema giudiziario che
commina pene estreme per reati
che sono piuttosto forme di autodifesa (come quella nei confronti
del tentativo di stupro subito da
Reyhaneh).
Il dibattito
In
evidenza
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Invece di 79.-
“Voglio ospitare famiglie siriane,
ma ormai aspetto da otto mesi”
GUENZI A PAGINA 6
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Keystone
Sanità
pubblica
smantellata
a Lotti
L’analisi/3
Ti-Press
Il pizzino
econdo la tabella di marcia
dell’integrazione monetaria,
dal 4 novembre la Banca
centrale europea (Bce) si occuperà
della supervisione di una rosa di
banche di Eurolandia composta da
alcuni degli istituti di credito più
grandi e più importanti del vecchio continente, in tutto si tratta di
120 banche. Una mossa questa
che mette in mano direttamente
alla Bce la gestione dell’85 per
cento del sistema bancario dell’Unione, e indirettamente le permette di controllare 3.400 istituti
di credito più piccoli.
segue a pagina 33
SPIGNESI A PAGINA 4
MANNO
BARBENGO
BARBENGO
BIASCA
CADENAZZO
LUGANO-PREGASSONA
LOSONE
MENDRISIO
MENDRISIO-EX FERRAZZINI
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
2 PRIMO PIANO
3
Sanità&politica
Quell’intreccio inestricabile tra Ppd, Plrt e la sanità
Il confronto
titi anche fuori dall’Eoc, sono i nomi che ricorrono nei consigli di amministrazione. A
dominare nei due grandi poli della sanità
privata sono ancora e sempre Plrt e Ppd. Come ai vecchi tempi. Alla presidenza dell’Ars
Medica, che con la clinica Sant’Anna fa parte del gruppo Genolier che era in corsa per
LIBERO D’AGOSTINO
LA CLINICA LUGANESE
Due isitituti, Moncucco
(qui accanto) e San
Rocco, per un totale
di 184 letti e circa 460
dipendenti
D
al pubblico al privato. Dall’Ente
ospedaliero cantonale (Eoc) alle
cliniche private, sulla sanità si
allungano le mani dei partiti.
Con un fitto intreccio di interessi e poltrone nei consigli di amministrazione, di politica e affari, di gestione aziendale e scambio clientelare. Anche la salute
dei cittadini lottizzata secondo le buone regole del manuale Cencelli. Molto si è detto e
scritto sul Cda dell’Eoc, dei conflitti d’interesse, reali e potenziali, con ripetuti appelli
alla politica per sgomberare il campo, poco
si dice e si scrive, invece, sui vertici della sanità privata che con la vendita della Clinica
Luganese (Moncucco e San Rocco) è rimbalzata al centro del dibattito politico.
In un cantone che vanta il doppio dei
letti privati rispetto alla media svizzera, a
tratteggiare la geografia del potere dei par-
Poltrone e affari, interessi
e clientele, dominano
anche nel settore privato
l’acquisto della Moncucco-San Rocco, c’è
l’ex presidente nazionale del Plrt Fulvio Pelli, affiancato dall’ex consigliere di Stato Ppd
Luigi Pedrazzini e da un ex deputato socialista, Erto Paglia, da tempo ormai fuori dalla
scena politica. Alla Sant’Anna la nuova pianificazione ospedaliera ha affidato un importante mandato per ginecologia, neonatologia, ostretricia e oncologia, mentre per la
clinica Ars Medica, con sede a Gravesano, si
punta sull’ortopedia elettiva. Che Pelli, oltre
ad essere un politico assai navigato, sia anche un valente manager lo dimostra il fatto
che presiede pure il Cda di BancaStato. Che
tra soldi e salute ci sia un nesso lo attestano
numerosi studi scientifici, che non spiegano
però quali polivalenti competenze abbia Pelli per dirigere allo stesso tempo l’istituto di
credito cantonale e un’ importante clinica
privata.
Nella Clinica Luganese, messa in vendita dalla Congregazione delle Suore infermiere dell’Addolorata, ha regnato finora il
Ppd. Nella persona dell’ex ministro Renzo
Respini, presidente del consiglio di amministrazione in compagnia degli amici di partito Mario Crivelli, il cui figlio Luca siede nel
cda dell’Eoc, e Fabio Bacchetta Cattori, deputato e attuale presidente della Commissione gestione del parlamento. Vale a dire
l’organo di controllo finanziario del Cantone
che vigila anche sui conti della spesa sanita-
ria, non solo pubblica, ma in parte pure di
quella privata, viste le nuove modalità di finanziamento. Alla Clinica Luganese la pianificazione ospedaliera ha attributo un sostanzioso mandato per urologia e geriatria
acuta. Sanità privata sì, ma in quest’ ultimo
caso sotto l’egida del no-profit di cui tanto si
parla in questi giorni, quel terzo settore che
non insegue il mero profitto. Spesso grazie
ai soldi pubblici.
Anche per la sanità privata, che sia a
scopo o no di lucro, non c’è in gioco solo il
vile denaro, ma il potere dei partiti che già
controllano saldamente l’Ente ospedaliero
cantonale. Come avverte nell’articolo in
basso l’ex ministro socialista Pietro Martinelli, che per anni ha retto le Opere sociali,
oggi dipartimento Sanità, pure il no-profit
può essere un ottimo affare. Perché in ballo
non c’è solo il profitto, ma il potere che si
esercita, ad esempio, con assunzioni, appalti, mandati, forniture e avanzamenti di carriera, che alla fine servono anche per conso-
Ordine dei medici
355
81%
19%
Il presidente, Franco Denti,
ha lanciato l’idea
dell’acquisto da parte dei
medici. Circa 100 mila
franchi a testa
Gruppo sanitario italiano
1.086
747 posti letto nella sede centrale a Milano
Medici
5 istituti
• Humanitas a Rozzano (Mi)
• Gavazzeni a Bergamo
• Centro oncologico a Catania
• Mater Domini
a Castellanza (Va)
• Cellini a Torino
491,1
Totale personale
3.591,6
Clinica Luganese
Posti
letto
Posti
letto
104
80
Medici
Medici
40,4
0,7
Totale
personale
Totale
personale
374,6
86,4
Risultato
d’esercizio
Risultato
d’esercizio
598’000
1’981,000
Fr.
Sonnenhof
Clinica bernese
del gruppo Lindenhof
Posti letto
143
1.520
74%
26%
BS
BL
294
90%
10%
1.425,5
56%
44%
6.325
87%
13%
498,5
43%
57%
45
60%
40%
PATRIZIA GUENZI
È
2.210,9
90%
10%
499,2
74%
26%
ZH
AG
JU
AR
SO
255,5
94%
6%
AI
ZG
NE
5.041,3
78%
22%
FR
VD
147,7
68%
32%
SZ
LU
GL
NW
OW
UR
GR
1.293,8
62%
38%
77
96%
4%
BE
Ti-Press
73
TI
Risultato d’esercizio
3’889,000 Fr.
GE
VS
100%
0%
1.409,3
94%
6%
76
Totale in Ticino
Gruppo sanitario
svizzero
1.567 posti letto
in 16 sedi in 11 cantoni
100%
1.868,9
58%
42%
Hirslanden
Fr.
0%
Totale in Svizzera
1’437 milioni di Fr.
cifra d’affari
Fonte dati nazionali: Ufficio federale della sanita pubblica, Cifre chiave ospedali svizzeri 2012
Ti-Press
LETTI IN TICINO, 2012
no-profit della Clinica Luganese? E quanto peserà il no-profitnelle trattative in corso? “Non
saprei dire - risponde Graziano
Pestoni, presidente dell’Unione
sindacale svizzera per il Ticino ritengo però che il vero no-profit
nella sanità sia rappresentato
dallo Stato che dovrebbe rafforzare il suo ruolo in questo settore anche per evitare le troppe
pressioni nel corso delle pianificazioni sanitarie”. Pianificazione
dove entrano in gioco interessi
divergenti, contrasti che rischiano di passare sulla testa dei pazienti. Se dunque qualcuno dovesse avere un diritto di prelazione su una struttura ospedaliera che per statuto non ricerca
profitti, questo dovrebbe essere
il Cantone, sostiene Pestoni, autore di un saggio critico sulle
privatizzazioni avvenute negli
anni scorsi. “Fra il no-profit e il
profit - aggiunge Pestoni -, considerato quello che c’è in gioco e
visto l’attuale squilibrio pubblico-privato, dovrebbe essere lo
Stato ad acquisire la Clinica Luganese.”.
Anche Diego Scacchi, presidente dell’Associazione servizio
pubblico, è del parere che - fatta
salva la libera professione medica - , tutto quanto attiene alla
sanità dovrebbe essere gestito
dall’Ente pubblico. “Non solo
perché lo Stato svolge una funzione no-profit per eccellenza –
spiega Scacchi –, ma perché la
sanità è un bene fondamenta-
le”. Detto altrimenti, la salute
oltre ad essere un diritto primario della persona è un interesse
della collettività. Ne consegue
che un discorso serio sulla sanità non può prescindere da un
ruolo primario dello Stato.
È per questo, secondo Scacchi, mentre è giusto lasciare ai
privati buona parte di quanto regolato dal mercato, seppure con
i giusti correttivi pubblici, in un
settore, invece, delicato come
quella della sanità, che è al di
sopra delle mera legge di mercato, l’intervento dello Stato è preferibile: “Preferibile di gran lunga e da ritenere consono ai suoi
principi - ribadisce Scacchi - soprattutto in Ticino, dove al confronto del resto della Svizzera
c’è un numero maggiore di
strutture private rispetto al pubblico”.
E bisognerebbe inoltre verificare il concetto secondo cui il
‘no-profit’ sia un settore che costa meno del pubblico, non dovendo sottostare alla pressione
degli azionisti. Secondo Ignazio
Cassis, presidente di Curafutura, associazione mantello di alcune grandi casse malati e deputato nazionale plrt, il fattore
“no-profit” riguarderebbe più
l’identità, la cultura aziendale
che la componente economica.
“Il privato ha minori costi perchè può selezionare i tipi d’inte-
vento e ha più flessibilità decisionale. Ma il suo statuto giuridico è ininfluente - afferma Cassis -, il sistema sanitario è regolamentato a tal punto che tutti
gli ospedali hanno lo stesso margine di manovra”. Non ci sarebbe un vantaggio di posizione per
il no-profit . “Va inoltre demistificato anche un certo alone attorno alle associazioni no-profit,
unanimemente considerate come dedite al bene sociale - aggiunge Pestoni -; in alcuni casi si
è assistito ad una distribuzione
di benefit, di favori al suo interno che stravolgono l’obiettivo
originario. Ovvero, il no-profit
quando non è gestito dallo Stato, è una via di mezzo fra il profit
e il no-profit”.
Pestoni pur riconoscendo i
meriti del terzo settore, la cui
storia è sostanzialmente di matrice cattolica, ritiene più necessario l’intervento pubblico. Anche per contrastare l’idea che il
privato sia di per sé un elemento
positivo perchè fa concorrenza:
“Quando è stato creato l’Eoc nel
1982, a parte l’ospedale civico di
Lugano, tutti gli altri istituti erano gestiti da ordini religiosi - ricorda -. Erano diretti in modo
semi-fallimentare e costringevano i ticinesi a recarsi oltralpe
per farsi curare. Con l’Eoc abbiamo avuto anche in Ticino una
medicina di qualità”. c.m / s.pi.
Istituto
I retroscena
Posti letto
Eoc Ente ospedaliero
cantonale, Bellinzona
946
Clinica psichiatrica
cantonale, Mendrisio
140
Clinica Luganese Sa
Sede Moncucco, Lugano
104
Clinica Luganese Sa
Sede San Rocco, Lugano
80
Salus Medica Clinic Sa (Genolier)
Clinica S.Anna, Sorengo
80
Clinica Ars Medica Sa
(Genolier), Gravesano
70
Cardiocentro Ticino
(Cct), Lugano
30
Clinica Santa Chiara,
Locarno
92,3
Osp. Malcantonese Fondaz.
G. Rossi, Castelrotto
Fonte: Ufficio federale della sanita pubblica, Cifre chiave ospedali svizzeri 2012
“Il settore pubblico
deve essere più forte,
il vero no-profit
è quello dello Stato”
M
38.271,8
80%
20%
Fonte: Ufficio federale della sanita pubblica, Cifre chiave ospedali svizzeri 2012
Le reazioni Pietro Martinelli, Graziano Pestoni e Diego Scacchi spiegano perchè l’Eoc dovrebbe rilevare la struttura luganese
oncucco resti no-profit?
L’ex consigliere di Stato
Pietro Martinelli non si
lascia incantare dai difensori del
terzo settore: “Il no-profit può
anche diventare un affare.
Quando si parla di no-profit nel
privato non c’è in gioco solo il
profitto, un altro obiettivo è il
potere che si concretizza, ad
esempio, nelle assunzioni, delibere e commesse”. Martinelli è
tra i sostenitori di una Clinica
Luganese in mano pubblica: “Mi
sembrerebbe un passo nella giusta direzione. Non dimentichiamo che il Ticino per la sua alta
percentuale di privato nella sanità rappresenta un’eccezione a
livello svizzero”. Ma quanto vale
sul “mercato” la connotazione
2.893
70%
30%
TG
2.626,1
80%
20%
Dati 2012
SAN ROCCO
1.252,4
86%
14%
La singolare anomalia sanitaria del Ticino
privato
SH
3.482,2
77%
23%
Dati 2013
MONCUCCO
2.180,8
95%
5%
pubblico
Il doppio di letti privati
rispetto alla media
di tutti gli altri cantoni
SG
Risultato d’esercizio
30 milioni di Fr.
15’439,000 Fr.
769,9
93%
7%
704,4
96%
4%
Dati 2012
Posti letto
Fondation Assistance
International
Fanno capo
all’avvocato luganese
Renzo Respini
Quanto prima si deciderà a chi sarà venduta la Clinica Luganese, intanto però in casa pipidina rullano i tamburi, con note
stampa, aperitivi promozionali e appelli
pressanti per ribadire la sua irrinunciabile
missione no-profit. Una pressione mediatica
che potrebbe arroventare il clima politico
attorno alle trattative, scoraggiando, magari, qualche possibile acquirente. La vocazio-
947,4
89%
11%
Istituto Clinico Humanitas
Dati 2012
Dati 2012
Ente ospedaliero (Eoc) 9 sedi
Fondazione
Pantaway
Le fondazioni che fanno capo a
Respini, Pantaway e Fondation
assistance international
ne no-profit della clinica, si insiste, sarebbe
salvaguardata solo dall’acquisto da parte
delle due fondazioni che fanno capo a Renzo
Respini, che oggi si trova nella duplice veste
di “venditore”, quale presidente della Clinica Luganese, ma allo stesso tempo di possibile “compratore” come referente delle due
fondazioni: la Pantaway che comprerebbe la
clinica vera e propria e la Fondation Assistance Internationale che acquisterebbe invece la parte immobiliare.
Ma a proposito di quest’ultima fondazione potrebbe sorgere anche qualche problema di compatibilità tra lo scopo statutario,
finalizzato alla promozione di progetti di
aiuto per i Paesi in via di sviluppo, con l’acquisto in Svizzera di una cospicua proprietà
immobiliare. Un’incompatibilità che potrebbe suscitare anche la curiosità dell’Autorita
federale di vigilanza sulle fondazioni che
operano a livello internazionale.
[email protected]
Q@LiberoDAgostino
LETTI “PUBBLICI” E “PRIVATI”, 2012 Numero totale per cantone e percentuale di letti nel “pubblico” e nel “privato”
I POSSIBILI ACQUIRENTI
Risultato d’esercizio
lidare e mantenere quello stesso potere.
Una logica di scambio in quel mercato dei
dividendi della politica a cui non sfugge
nemmeno la sanità. Anzi, tutt’altro. Vista
l’enorme disponibilità di risorse finanziarie
per alimentare fedeli clientele e rafforzare il
doveroso senso di appartenenza al partito.
Ti-Press
Le mani dei partiti sulla salute dei cittadini, dopo il caso Moncucco ecco come la politica gestisce gli ospedali e le cliniche
Clinica Fondaz. G. Varini,
Orselina
56
40,6
Clinica Santa Croce,
Orselina
80
Clinica Hildebrand, Centro
di riabilitazione, Brissago
90
Clinica Viarnetto,
Pregassona
45
Clinica Dr. Spinedi c/o
Clinica S. Croce, Orselina
15
Strutture pubbliche
Strutture private
Il gruppo italiano Humanitas
nelle trattative per l’acquisto
T
ra i possibili acquirenti della Clinica Luganese c’è anche il Centro clinico ospedaliero
Humanitas, con sede centrale a Milano e altri cinque istituti in Italia. Una presenza non da poco quella di Humanitas in una trattativa a cui partecipa anche qualche altra importante società italiana, e che vede sempre in corsa gli svizzeri Hirslanden e Sonnenhof. Persino il gruppo Genolier,
che ufficialmente ha rinunciato all’acquisto, pare
ancora molto interessato allo sviluppo del negoziato. Tirate le somme dovrebbero essere sei, sette i
gruppi che vorrebbero rilevare il complesso Moncucco-San Rocco. Senza contare l’interesse manifestato con un primo abboccamento dall’Ente
ospedaliero cantonale e la proposta, poi, di un possibile acquisto da parte dell’Ordine dei medici ticinesi, lanciata dal presidente Franco Denti. Dalle
due fondazioni, Pantaway e Fondation assistance
international, di cui si è tanto parlato in questi
giorni, che fanno capo a Respini, attuale presidente del cda della Clinica Luganese, non sarebbe ancora arrivata un’offerta formale e vincolante.
Venerdì scorso, intanto, si è riunito il consiglio
di amministrazione della Clinica Luganese, un incontro avvolto nel più stretto riserbo, ma da cui
pare non siano scaturite decisioni importanti per il
futuro della struttura. Le indiscrezioni filtrano, invece, da altre e qualificate fonti, con particolari che
rivelano nuovi retroscena. Respini già da un anno
circa sapeva che la Congregazione delle Suore in-
fermiere era decisa a vendere, su indicazione del
Vaticano, la clinica, così il cda all’inzio del 2014 ha
commissionato una perizia alla Pricewaterhouse
per stimare il valore della Moncucco-San Rocco.
Una stima che si aggirerebbe attorno ai 60 milioni
di franchi. Un valore utile forse a tirare giù il prezzo ma che, secondo gli esperti, sarebbe di molto
inferiore a quello reale e tanto più a quanto il Vaticano vorrebbe ricavare dalla vendita per potere
risanare i bilanci della Congregazione, dissestati
Per una perizia fatta ad inizio
anno il valore del complesso
sarebbe di 60 milioni di franchi
dai deficit dell’ospedale Valduce di Como. Domani,
lunedì, una delegazione dell’Ordine dei medici sarà proprio a Como anche se non si capisce ancora
bene perchè, visto che a decidere sulla vendita
non sarà la Congregazione, ma la Santa sede, attraverso la selezione della società di consulenze
che sta gestendo le trattative e soprattutto con le
valutazioni della procuratrice speciale Mariella
Enoc a cui è stato affidato il risanamento finanziario. In attesa di novità c’è pure l’Eoc che, dopo un
primo “contatto cartaceo”, ribadisce il suo interesse affinché la Clinica conservi le sue funzioni, in
particolare quelle della San Rocco per le convalescenze e le riabilitazioni.
l.d.a.
stata più volte e da più voci definita “un’anomalia sanitaria” quella della Svizzera italiana,
con il doppio di letti privati rispetto alla media
degli altri cantoni. In Ticino, infatti, i posti letto in
mano alle cliniche private sono il 42 per cento, contro il 58 del pubblico. Nel 2012 l’Ente ospedaliero
cantonale (Eoc) contava 1.086 letti (per un totale di
335.180 giorni di cura); le cliniche private 782
(238.492 giorni di cura). Ecco perché in molti sollecitano un passaggio della Clinica Luganese in mani
pubbliche: con i suoi 184 posti letto riequilibrierebbe il panorama dell’offerta sanitaria cantonale, riposizionando almeno in parte la forza del privato nella
media del Paese.
Un’ampia fotografia dell’intero settore ospedaliero nazionale - che nel 2012 ha contabilizzato
11.691.436 giorni di cura, per un totale di 1.283.779
pazienti - l’ha scattata l’Ufficio federale della sanità
pubblica. Una dettagliata panoramica su strutture,
pazienti, prestazioni, offerte, personale e situazione
finanziaria degli ospedali, nonché sulla gravità media delle patologie che hanno richiesto un ricovero
acuto. Solo qualche cifra:
in tutta la Svizzera
144.066 persone lavorano
nell’ambito ospedaliero,
tra medici, paramedici, infermieri e aiutanti di cura;
rispetto al 2011, un aumento di 2.755 unità. I letti
disponibili in tutto il settore sanitario elvetico sono
38.271; le strutture pubbliche 148 e quelle private
150; queste ultime si distinguono particolarmente
non tanto nell’offerta di
prestazioni acute, quanto
nell’ambito delle specializzazioni: riabilitazione, chirurgia, ginecologia/neonatalogia. Dalle tabelle è evidente l’aumento del
privato rispetto al pubblico. Infatti, nel 2006 in tutto il Paese si contavano 130 strutture private e 203
pubbliche.
Insomma, numeri da capogiro, che rivelano un
business, quello sanitario, economicamente molto
allettante e che non accenna a diminuire. Basti dire
che in Svizzera solo gli ospedali generano il 44 per
cento dei costi della sanità (68 miliardi di franchi
nel 2012). A contribuire alla spesa, la presenza nella Confederazione di tanti piccoli nosocomi, una
delle principali cause dei costi elevati secondo Stefan Felder, economista della sanità all’Università di
Basilea. Sempre secondo Felder, per poter risparmiare in modo conseguente, un ospedale deve avere una certa dimensione, da 300 a 400 letti. Facile a
dirsi, più difficile da mettere in pratica. Soprattutto
in Ticino, dove la popolazione è abituata ad avere a
quattro passi da casa un ospedale con tutte le cure
garantite. Ecco perché, la prossima pianificazione
ospedaliera cantonale 2015, che prevede la cancellazione di 250 posti letto acuti (nei prossimi cinque
anni il fabbisogno di posti letto negli ospedali ticinesi diminuirà del 15-18%), non ha ancora messo
d’accordo cittadini, politici e operatori sanitari e rischia di slittare anche per le forti perplessità sollevate nell’esame della commissione parlamentare.
Eppure, già l’ex ministro della sanità Pascal Couchepin, dopo il suo congedo dal Consiglio federale
nel 2009, aveva dichiarato che un terzo degli ospedali svizzeri dovrebbe essere chiuso per contenere i
costi e gli altri dovrebbero specializzarsi. Un’analisi
raramente fatta propria dal mondo politico, specialmente a livello cantonale, anche perché non suscita
molte simpatie tra gli elettori. Infatti, da un recente
sondaggio dell’istituto GfS.ch, è emerso che quattro
intervistati su cinque difendono la necessità che in
tutte le regioni siano garantiti tutti i trattamenti
specializzati.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
rosa
&
cactus
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
4
Attualità
OFFERTI DA
Piazza Muraccio, Locarno
Tel. 091 751 72 31
Fax 091 751 15 73
una rosa a...
un cactus a...
Rita
Bächtold-Bugari
Giorgio
Grandini
Ha deciso di importare dalla
Svizzera tedesca il primo
corso di formazione per cani
d’allerta per diabetici.
L’animale da compagnia,
dopo l’addestramento, saprà
riconoscere i primi sintomi
d’ipoglicemia.
Per l’ex presidente plrt di
Lugano pretendere che i
massoni candidati alle
elezioni dichiarino la loro
appartenenza all’Ordine è
“una provocazione che lede
la sfera privata”. Trasparenza
questa sconosciuta...
Il dibattito. “Legalizzare”affascina
ma non convince. E il proibizionismo
non ha eliminato le morti per overdose
Contro la droga avanza
la“regolarizzazione”
e gli esperti si dividono
I
Dati & proposte
1
2
3
4
5
L’ANTI PROIBIZIONISTA
L’ex consigliera federale Ruth
Dreifuss da anni è in prima fila
contro le politiche proibizioniste
che considera tanto inefficaci
quanto inutilmente costose.
GLI STRANIERI
Secondo le statistiche della Polizia
cantonale, l’89% degli arrestati
nello scorso anno per reati legati
alla legge federale sugli
stupefacenti erano stranieri.
LA CANNABIS
La cannabis resta la sostanza
illegale più consumata in Svizzera.
Nel 2013 il 5,7% della
popolazione sopra i 15 anni ne ha
fatto uso almeno una volta.
LE DENUNCE
Ogni anno in Svizzera circa 35mila
persone vengono denunciate per
consumo e possesso di piccole
quantità di cannabis. Il 10% è
composto da giovani.
LA COCAINA
Secondo l’Ufficio federale della
sanità pubblica, per il terzo anno
consecutivo anche nel 2013 circa
lo 0,5% della popolazione over 15
ha fatto uso di cocaina.
IL CONSUMO
IN TICINO
2010
2011
Morti per overdose
2012
2013
10
9
7
5
Arresti per reati alla legge sugli stupefacenti
104
73
110
85
Keystone
l lavoro fatto è stato importante. Ma la politica dei
quattro pilastri - prevenzione, riduzione dei danni,
terapia e repressione - ora
non basta più. Va attualizzata.
Perché contro la droga, contro le
morti per overdose, occorre un
salto di qualità. Quale? La regolamentazione. Un’idea lanciata a
più riprese, anche recentemente, dall’ex consigliere federale
Ruth Dreifuss e che sta incontrando sempre più sostenitori.
Da ultimo il responsabile dei
servizi sociali della città di Zurigo Michel Herziq, che sulla Nzz
ha spiegato che “la politica attuale è figlia dell’emergenza degli anni ‘90”. Cioè di quel periodo in cui le morti di overdose in
Svizzera erano oltre 200. Adesso, invece, bisogna voltare pagina, fissando nuove regole. Trattando in modo molto più soft la
cannabis, mentre eroina, cocaina e droghe sintetiche andrebbero utilizzate legalmente sotto
stretto controllo medico. Un
orientamento che non tutti gli
esperti condividono.
“Le idee di Dreifuss e di Herziq
vanno nella giusta direzione e ci
trovano d’accordo - dice Marina
Carobbio, deputato socialista e
presidente del Coordinamento
svizzero per le dipendenze - . È
un primo passo. Noi, anche recentemente, in un documento
abbiamo ribadito che accanto alla prevenzione e alla riduzione
del rischio, occorre avviare un
dibattito sulla regolamentazione
del mercato delle sostanze stupefacenti. Si potrebbe partire
dalla canapa e poi valutare i risultati di questa sorta di esperimento. Un po’ come è si è fatto
per l’alcol, ad esempio, per cui la
legge impone un rigido divieto
per i minorenni”. Il dibattito sulla regolarizzazione riaffiora periodicamente, ma per molti
esperti la proposta di allentare la
morsa della legge non scioglie
alcuni dubbi di fondo. Alimentati anche dalle morti per overdose che negli ultimi anni sono aumentate. In Ticino, ad esempio,
in quattro anni sono raddoppiate, dalle 5 del 2010 si è passati
alle 10 del 2014. Un segnale inquietante.
“Onestamente noi operatori siamo molto curiosi di capire se
davvero la regolarizzazione porterebbe risultati concreti”, spiega Marcello Cartolaro, responsabile settore sostanze illegali di
Ingrado, che sui decessi per
overdose avverte: “Oggi i consumatori assomigliano sempre più
a piccoli chimici. Mettono insieme sostanze diverse, azzardano
mix di droghe, modulano il consumo secondo l’effetto desiderato. Questo provoca grossi scompensi nell’organismo”. Scompensi che possono costare la vita. L’ultimo caso la settimana
scorsa a Locarno, con la morte di
un tossicodipendente.
Dalle colonne della Nzz Herziq
ha lanciato l’allarme: “L’uso di
droghe è diventato quasi una
epidemia che si sta diffondendo
sempre più per effetto dei divieti. L’apparato repressivo ha finito solo per criminalizzare i piccoli consumatori”. L’unica strada sarebbe, quindi, la regolarizzazione. E ci si chiede se servi-
Fonte: Polizia cantonale
rebbe ad arginare i pericoli delle
overdose? “Questo non lo sappiamo - risponde Cartolaro quello che sappiamo è che oggi
chi fa uso di droghe usa un po’ di
tutto. Aumentando il rischio. Ma
la regolamentazione nasconde
una insidia, quella di banalizza-
re, soprattutto fra i giovani,
l’uso delle droghe. Serve molto
tatto se si decide di percorrere
questa strada”. La banalizzazione è un pericolo avvertito pure
da Guido De Angeli di Radix:
“Regolarizzazione non vuol dire
liberalizzazione. Anzi, l’opposto.
L’intervista Allarme del direttore di Villa Argentina
“Con l’uso combinato
di sostanze diverse
i rischi si moltiplicano”
“L’
Il cocktail
Si comincia la serata
con l’alcol per passare
alla coca, poi si usa il
Viagra, e alla fine si
chiude con l’eroina
Le soluzioni
In questo campo non
esistono ricette facili,
non ci sono soluzioni
miracolose. Serve
costanza e tanto lavoro
avevamo detto anni fa, attenzione al
consumo combinato di sostanze. Allora era solo una tendenza, oggi è una
realtà. Una realtà drammatica”. Mirko Steiner,
psicologo e psicoterapeuta, è stato per molti anni
a capo della Commissione di esperti in materia di
droga del Cantone. Oggi da direttore di Villa Argentina, la struttura specializzata nell’assistenza
e recupero dei tossicodipendenti che nel 2014
compie trent’anni, rilancia il suo allarme.
Da più parti si sostiene l’idea che a questo
punto occorre sottrarre chi usa queste sostanze al mercato illegale. Si parla di regolarizzazione. È d’accordo con questa ipotesi?
“Mi pare una risposta forse poco articolata rispetto a un problema invece complesso, e che
come tale ha bisogno di una risposta complessa
e a più livelli. Mi spiego: la regolamentazione sicuramente dal punto di vista della prevenzione
della criminalità ha i suoi effetti. Ma, mi domando, li ha davvero anche dal punto di vista terapeutico, medico e del recupero?”.
Lei ha dubbi?
“Io dico che come il proibizionismo non porta
a diminuire il consumo di sostanze illegali anche
la regolamentazione non porta automaticamente
a risolvere il problema della droga. In questo
campo non esistono ricette facili, non ci sono soluzioni miracolose. Bisogna andare avanti giorno
per giorno, puntando molto sulla cultura della
prevenzione, spiegando bene quali sono i rischi
che si corrono drogandosi, e impegnandosi sui
percorsi di recupero dei tossicodipendenti”.
Ma perché nonostante i programmi di pre-
Significa dare regole a un mercato in cui le regole ora le fanno
gli spacciatori che conoscono la
domanda, l’offerta e la qualità.
Se si riuscisse a interferire in
questo processo sarebbe già un
passo avanti”.
m.sp.
AL PARCO DELL’EROINA
PER IL BUCO COLLETTIVO
Nella foto sopra il
Platzspitz di Zurigo,
ribattezzato “Needle
Park”, parco delle
siringhe, e frequentato
tra il 1987 e il 1992, da
migliaia di tossicomani
venzione, di riduzione del rischio e le strutture di assistenza di droga si continua a morire?
“Intanto diciamo che alcuni risultati importanti sono stati raggiunti. Non si muore più come
un tempo. Ma il problema delle overdose evidentemente resta. E resta perché è nuovamente mutato a livello internazionale, e dunque anche da
noi, il mercato degli stupefacenti”.
In che modo?
“In questi ultimi anni il consumo di cocaina è
cresciuto enormemente. Poi, grazie anche al fatto
che non serve più la siringa, dunque è caduta la
paura dell’Aids, l’eroina è rientrata dalla finestra
come sostanza per stemperare gli effetti della cocaina”.
Questo ha moltiplicato i rischi?
“Certamente. Chi sniffa tanto non riesce neppure a dormire. Ha bisogno di qualcosa che abbassi gli effetti della coca. L’eroina costa relativamente poco e ha questa funzione. Questo processo mette a dura prova il cuore”.
C’è una stimolazione continua e pericolosa?
“Non c’è dubbio. Ma lo stesso effetto della coca lo si raggiunge usando psicofarmaci. Dal nostro osservatorio di Villa Argentina in questi anni
ci siamo resi conto della devastazione che sta
provocando l’uso combinato di sostanze”.
Che non sono solo cocaina ed eroina?
“No. Spesso, e succede nei fine settimana, si
comincia la serata con l’alcol per passare alla coca, poi si usa magari anche il Viagra che porta la
fase di euforia al massimo, alla fine si chiude con
l’eroina. Così una persona si ammala o muore”.
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IL CAFFÈ
2 novembre 2014
6 ATTUALITÀ
“Voglio offrire casa mia
ai profughi siriani
ma aspetto da 8 mesi”
Da Zurigo
un segnale forte
contro chi abusa
dei sostegni
sociali pubblici
PATRIZIA GUENZI
La storia
La scorsa domenica il
Caffè ha pubblicato la
storia di Sabine Cimasoni,
pensionata di Onex, che
presto ospiterà dei
profughi siriani a casa sua
“Assurdi e vergognosi ostacoli che la burocrazia oppone a
nobili progetti”. Così Marco
Trevisani, di Lugano, ha reagito
alla storia di Sabine Cimasoni pubblicata domenica scorsa dal
Caffè -, la pensionata di Onex
che ospiterà una famiglia di
profughi siriani con cui condividerà la sua casa. “ Io, invece,
sono otto mesi che aspetto, ho
subito risposto all’appello
dell’Osar,
l’Organizzazione
svizzera di aiuto ai rifugiati, e
messo a disposizione un alloggio, gratuitamente. Mi sono rivolto a diverse associazioni, ma
mi rendo conto che, forse, le
buone intenzioni non sono sufficienti”, afferma Trevisani.
“La procedura non è così rapida, dobbiamo avere il tempo
per visitare l’alloggio e fare tutte le verifiche del caso - replica-
Ti-Press
Troppa burocrazia per aiutare i rifugiati,
un luganese protesta contro le autorità
mandato in un altro cantone.
Ora c’è un’altra persona che potrebbe andare bene, per cui abbiamo già avviato la procedura.
Una richiesta che dobbiamo fare per iscritto e quindi, ripeto, ci
vorrà qualche settimana prima
di avere una risposta”.
Settimane e mesi preziosi,
tempo in cui almeno un profugo
siriano avrebbe già potuto trovare un tetto, osserva Trevisani: “Peccato. Forse nel canton
Ginevra, dove abita la signora
Cimasoni, le procedure burocratiche sono più snelle e veloci
che in Ticino. In otto mesi sono
sicuro che qualcosa di più si poteva fare. Non credo che siano
così numerosi i cittadini che
mettono a disposizione gratuitamente un alloggio. Ecco perché andrebbero colte al volto
occasioni di questo tipo”.
In Ticino sono una cinquantina i profughi siriani già allog-
no da Bellinzona i responsabili
dell’Ufficio sostegno sociale -.
Ma molto probabilmente, già
settimana prossima andremo a
visitare l’appartamento e a conoscere questa persona”.
Si sa, i tempi della burocrazia sono lunghi, ma controlli e
verifiche sono indispensabili.
Eppure, da tempo Soccorso
operaio Ticino (Sos) è al corrente della proposta. “Ha anche già
visitato l’appartamento - sottolinea Trevisani -. mi hanno detto che va bene”. In realtà anche
per il Sos non è così semplice.
“Dobbiamo chiarire ogni minimo dettaglio - spiega Valeria
Canova, di Sos Ticino -. E, nel
caso specifico, trattandosi di un
bell’appartamento, arredato
molto bene, occorre scegliere
attentamente la persona adatta. Avevamo individuato un signore del Tibet che poi ha cambiato idea e ha chiesto di essere
La denuncia
Metto a disposizione
gratuitamente un
appartamento...
Ma, forse, le buone
intenzioni da sole
non sono sufficienti”
giati in diversi appartamenti
messi a disposizione da privati,
ovviamente dietro compenso.
Mentre sono una decina i ticinesi che hanno risposto positivamente all’appello dell’Osar
(circa duecento in tutta la Svizzera). Anche l’Associazione Hayat di Bedigiora, da tempo si occupa di sei famiglie siriane che
abitano in appartamenti, distribuiti tra Bedigliora, Curio e
Caslano, garantendo loro aiuto
e sostegno.
Certo, l’offerta di Trevisani
è ancora più generosa. Proprio
come la signora ginevrina, ha
messo a disposizione un appartamento senza chiedere niente
in cambio. L’unico in Ticino, per
ora, dicono a Bellinzona. “Una
bella esperienza umana che potrebbero fare molti proprietari
di appartamenti - sottolinea
Trevisani -, invece di reagire
con egoismo e mancanza di so-
lidarietà appena vengono a sapere che i potenziali inquilini
sarebbero dei rifugiati siriani. E
malgrado il pagamento dell’affitto sia loro garantito da associazioni affidabili e addirittura
dal Cantone”.
Comunque sia, entro breve
la situazione di Trevisani dovrebbe sbloccarsi positivamente. L’Ufficio del sostegno sociale ribadisce: “Settimana prossima andremo a vedere la situazione nel dettaglio, per trovare
la soluzione più adatta e valutare che vi siano tutti i presupposti indispensabili. Ci sono poi
tutta una serie di procedure indispensabili, come, ad esempio,
assicurare i profughi presso una
cassa malati e definire il pagamento di eventuali spese accessorie. Ma nel giro di neanche un
mese dovremmo concludere”.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
Le norme
I BENEFICIARI
Se ricevi soldi dall’assistenza
non puoi acquistare un’auto
FRANCO ZANTONELLI
Da Zurigo arriva un segnale forte
contro gli abusi nell’ assistenza sociale. Lunedì scorso il Gran Consiglio ha,
infatti, accolto di misura, con 87 voti
contro 84, un’iniziativa parlamentare
di Udc e Plr, con cui viene ristretto di
molto il diritto di possedere un’automobile per i beneficiari di un sussidio.
In effetti, in base al testo approvato dal legislativo zurighese, l’acquisto
di un veicolo non può più essere a carico dell’assistenza. O, se vogliamo,
non lo si può comprare con quei circa
2’000 franchi mensili che vengono
corrisposti dallo Stato, a chi è in condizioni di indigenza. Delle eccezioni
sono previste, comunque, per i portatori di handicap e per quanti riescono
a dimostrare che un veicolo è per loro
indispensabile.
Contrario alla misura restrittiva il
governo zurighese. “Si tratta, in realtà
- ha dichiarato il consigliere di Stato
socialista Mario Fehr - di una vera e
La proposta arriva da Udc
e Plr. E riguarda chi è
in condizioni di indigenza
“Durante una manifestazione
distrutta una grossa Bmw, la
proprietaria era sussidiata”
una maggioranza dei verdi liberali.
Tutti questi partiti sono convinti che,
nel canton Zurigo, esistano già dei paletti, per contrastare gli abusi che
hanno innescato l’iniziativa dei democentristi e dei liberali. In particolare le
autorità hanno il diritto di confiscare
le targhe di un’auto, qualora il suo acquisto pregiudichi bisogni elementari
quali il cibo, l’abbigliamento o l’igiene
personale.
E non è assolutamente necessaria per
i casi sociali”.
Però gli oppositori all’iniziativa,
sostenuta con convizione in Gran Consiglio dal partito di Fehr e dai liberali,
affermano che esistono già gli strumenti per combattere gli abusi. “Ma
questo non cambia i termini della questione- ribatte il deputato-. La realtà è
che il contribuente deve pagare i vizi
di chi non lavora”.
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I cittadini che si
trovano in difficoltà,
documentando il
proprio stato di
bisogno, possono
ottenere degli aiuti
sociali stabiliti dalla
legislazione federale e
cantonale.
“Io, invece, sono totalmente d’accordo sul principio secondo cui chi riceve un sostegno sociale non può, al
contempo, essere proprietario di una
macchina - dice senza mezzi termini il
consigliere nazionale zurighese udc
Hans Fehr -. Vede, un’auto è troppo
cara per chi è a carico dell’assistenza.
2 , -)’
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551/6 $%)!! $ ("&#*
1
propria proibizione a possedere un’auto”. Di fronte al Tribunale amministrativo cantonale, ha aggiunto, “questa misura verrà, sicuramente, bocciata”.
In Gran Consiglio, al momento del
voto, si sono opposti i socialisti, gli
evangelici, i borghesi democratici e
560 ,.’ $$# +.,) )+) &( )($1 ! 41
ÃʾÑ!&7-1é!-
7
LE PRESTAZIONI
2
Le prestazioni sociali
si dividono fra
ordinarie e speciali.
Le ordinarie coprono
la differenza fra il
reddito disponibile e
le necessità effettive
della famiglia o del
singolo cittadino.
IN TICINO
3
In Ticino nei primi sei
mesi di quest’anno le
persone in assistenza
erano 8.258 con una
crescita netta rispetto
agli anni precedenti. A
livello nazionale sono
oltre 250 mila le
persone in assistenza.
Dunque, se vuoi la macchina hai
l’obbligo di trovarti un lavoro, sostiene Fehr. E i casi di abusi sarebbero
tanti secondo il deputato democenrista, che cita un episodio che ha lasciato il segno, a Zurigo: “Qualche tempo
fa - racconta - durante una manifestazione violenta dei ‘chaoten’, i gruppi
anarchici, venne distrutta una lussuosa Bmw. Ebbene, la polizia scoprì che
proprietaria di quell’auto era una signora che riceveva un sussidio dell’assistenza sociale”.
Scuote il capo, di fronte a queste
argomentazioni, Martine Kurth, segretaria generale dell’Artias, l’Associazione romanda e ticinese delle istituzioni di aiuto sociale. “Iniziative come
quella di Zurigo tendono a convincere
che l’assegno di assistenza serva, solo,
ad acquistare beni di lusso - si è sfogata con il quotidiano 24 heures -.È un
atteggiamento inaccettabile che indebolisce un’istituzione di cui un domani
tutti potrebbero aver bisogno”.
[email protected]
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
8 ATTUALITÀ
Lastoria
Maria Duborkina.
Era appena ventenne e studiava in
Russia.Aveva letto che c’era un concorso
per una borsa di studio all’Accademia di
architettura in Ticino .L’ha vinta.
Si è laureata.Sei anni dopo il suo arrivo
ha aperto uno studio a Lugano.
La giovane professionista ha ora una clientela internazionale.
E un popolare blog che registra 15 mila visitatori al mese
H
Ti-Press
LA RETE DIVENTA IMPORTANTE
PER CLIENTI E NUOVI PROGETTI
Interni, cantine, banche (come
quella con un progetto verde
nella foto), campus universitari.
Un’ attività interdisciplinare.
Maria Duborkina riesce a far
conoscere la sua attività
professionale in tutto il mondo
sfruttando il suo blog
(architetturadesign.ch). Oggi
lavora in diversi Paesi europei
MAURO SPIGNESI
La vita
a cominciato da zero. Zero conoscenze. Zero italiano. Zero
clienti. Eppure il Ticino è diventato il suo sogno “americano”,
che le ha consentito di spingersi
oltre la frontiera e riuscire a
sfondare
professionalmente,
grazie all’impegno e la tenacia.
Maria Duborkina in Svizzera è
capitata quasi per caso, sei anni
fa. “Studiavo all’università, ho
letto che c’era un concorso per
una borsa di studio all’Accademia di Mendrisio. Mi ha incuriosito: ho partecipato e l’ho vinta”. Allora immaginava appena
come fosse la Svizzera, distante
più di 3.500 chilometri da casa
sua, a Kazan, città russa di oltre
un milione di abitanti, dove ha
vissuto sino a quando aveva 21
anni. Ma Maria Duborkina non
ha avuto paura, ha fatto la valigia e s’è affidata a una delle sue
qualità personali, la determinazione. “I primi tempi che ero
qui - racconta - ho solo studiato,
studiato, studiato. Conoscevo
l’inglese, che avevo imparato a
scuola, ma non sapevo una parola d’italiano. Mi è bastato un
anno e ho cominciato a parlarlo discretamente”. Oggi parlando usa anche il
gergo tecnico con
disinvoltura. E arriva in tutto il mondo,
trovando clienti e
colleghi con cui confrontarsi, sfruttando
gli infiniti orizzonti,
le possibilità offerte
dai social media. Ha
lavori in Ticino, a
Zurigo e a Mosca.
“Ho un micro blog e
un sito che alimento
con costanza mettendo in rete conoscenze, gusti, novità, stili d’arredamento e progetti che
mi piacciono”. Le sue pagine
web vengono visitate da 15 mila internauti ogni mese.
Maria Duborkina dopo la
laurea a Mendrisio, che le ha
consentito di svolgere uno stage
con ricerche nel campo della
cultura del territorio, e qualche
anno di lavoro in studi di progettazione a Lugano e Locarno,
oggi lavora in proprio. E ha
clienti di diverse nazionalità.
L’IMPEGNO
Maria Duborkina ha
studiato musica e
danza. Prima della
maturità ha seguito
un corso serale di
tre ore di disegno
per poter entrare
all’Università.
L’OCCASIONE
Appena iscritta in
architettura nella
sua città, Kazan,
oltre un milione di
abitanti, ha letto di
un concorso per
una borsa di studio
a Mendrisio.
“Gli ultimi una coppia di brasiliani - precisa – che mi hanno
chiesto di progettare la camera
di letto per il bambino che attendevano. Il fatto divertente, e
qui stava la sfida professionale,
era che non sapevano ancora il
sesso del nascituro”. A Dietikon, invece, è stato più complicato. “Mi ha contattato una signora che aveva acquistato un
attico. Io ero l’ultima spiaggia,
nel senso che stava per vendere
tutto. Aveva difficoltà anche solo a immaginare l’arredamento,
la sistemazione interna era
complicata per via delle falde
del tetto, molto ripide. Ho stu-
L’ARRIVO
È arrivata in Ticino
quando aveva 21
anni. E inizialmente
ha dovuto studiare
l’italiano, lingua che
non conosceva. A
lei è bastato un
solo anno.
Ti-Press
“Dalla Russia a Mendrisio
ho realizzato il sogno
di progettare nel mondo”
SCOMMESSA VINCENTE
Maria Duborkina, 27 anni,
di origine russa, ha oggi uno
studio a Lugano dove progetta
abitazioni e realizza architetture
d’interni dalla Svizzera
sino a Mosca
LO STAGE
Durante il corso a
Mendrisio ha fatto
uno stage di ricerca
sulla cultura del
territorio e la
progettazione di
spazi all’aperto.
Poi si è laureata.
diato bene la situazione e sono
riuscita a risolvere il problema
degli spazi con mobili su misura
e scegliendo con la cliente i materiali”. Il primo progetto in assoluto da sola però lo ha realizzato per una abitazione di Cademario. “Era il 2012, mi ero appena iscritta all’albo, e avevo
aperto lo studio. I clienti mi
hanno dato fiducia e questo mi
è servito a dissolvere i timori
iniziali. Alla fine siamo diventati
amici”. Poi sono seguiti altri lavori, a Paradiso, Vico Morcote,
Cadro, Lugano. E poi Italia, Portogallo.
Il fatto d’essere di madrelin-
LA RETE
Oltre la sua attività
di architetto cura
un blog molto
popolare con
visitatori in tutto
il mondo con cui
fa conoscere
i suoi lavori.
gua russa permette a Maria Duborkina di lavorare bene con la
comunità dell’ex repubblica sovietica. “È molto vasta, non
sembra perché è composta da
famiglie molto discrete, stanno
un po’ nell’ombra, sono persone
un po’ introverse, hanno bisogno di tempo prima di dare confidenza. Ma in Ticino ci sono
tantissimi russi, più di quanto ci
si possa immaginare”. Questo
rapporto con la gente della sua
terra le consente di non tagliare
le radici. “Che sono importanti,
e anche se ormai la mia casa è il
Ticino, rientro sempre con piacere a Kazan. È una bella città,
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341/BIS
Anonymous
IL RACCONTO
DELLA
REALTÀ
Anonymous
COME FU CHE UN
TUNISINO SPOSÒ
UNA TICINESE
Andrea Vitali
LE PAROLE
DEL 2013
Autori
vari
SAPORI
E MITI
Cenni
Moro
ricca di cultura, di arte, teatri”.
Ma la sua vita è andata da
un’altra parte. “Qui mi trovo
bene, amo la Svizzera perché è
terra di contrasti, di differenze,
di equilibri difficili ma necessari. Qui trovi il gusto mediterraneo e la cultura nordica, hai
l’idea di stare al centro dell’Europa. E al tempo stesso c’è un
ambiente familiare. Io l’ho scoperto con le imprese che lavorano con me quando realizzo i
progetti. Ho trovato artigiani,
piccole aziende, professionisti
preparati. Ti ascoltano, si impegnano a portare a termine quello che chiedi, quando li chiami
al telefono sono sempre disponibili”. Delle città svizzere le
piace soprattutto Losanna, “per
l’architettura, ma anche Zurigo
è molto bella”.
Oltre la progettazione, Maria Duborkina si occupa anche
di interior design. “Stiamo terminando la ristrutturazione di
un’abitazione a Mosca, dove oltre la redistribuzione degli spazi
ho curato gli interni con mobili
realizzati tutti su misura, artigianalmente”. Al rigore dello
stile moderno, lei ama aggiungere motivi classici, cercando di
far coesistere, con uno spirito
multidisciplinare nella preparazione del progetto, diverse anime. “L’obiettivo è sempre quello di rendere accogliente la casa. Oggi c’è una tendenza minimalista diffusa, ma come in tutti i periodi di stagnazione economica l’abitazione è ancor di
più un rifugio. È dunque necessario giocare sulla semplicità,
unire funzionalità e bellezza,
sobrietà e ricercatezza. Non
vorrei mai tradire queste mie
scelte di fondo, neanche in futuro”.
Il passato invece resta un
bel ricordo. “Quando ho finito il
liceo mio padre, che è economista come mia madre, mi ha fatto salire in auto per visitare le
diverse facoltà universitarie di
Kazan. E mi ha detto di scegliere. Non mi ha condizionato e io
ho scelto l’architettura. Una decisione dettata dalla passione.
Ma in Russia ho finito la scuola
di musica, suono il pianoforte.
Mi sono sempre lasciata una
porta aperta, un posto al conservatorio. Non si sa mai”.
[email protected]
Q@maurospignesi
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
Politica
9
Le cinque mosse
dei liberali radicali
per due poltrone
IL
PUNTO
CATHERINE
BELLINI
A Blocher
fa paura
l’iniziativa
di Ecopop
Lavoro,sicurezza,città,valli e scuola
ecco la strategia elettorale del Plrt
Cinque mosse per risalire la china,
per battere la Lega, per riconquistare
non solo il seggio perso nel 2011, ma
anche la fiducia dei ticinesi. Non sembra un programma di routine quello del
Plrt. Con proposte, come il divieto della
pubblicità di annunci erotici che ha come bersaglio la Lega. Inoltre non si
parla di polizia unica, ma di “consolidamento delle polizie comunali”. Mentre
l’idea di una riduzione fiscale per tutti
del 3%, al centro di un’iniziativa del
partito, entrerà sicuramente in collisione con il Ps. Un programma che cerca anche di rubare spazio al Ppd nelle
valli con una serie di proposte mirate.
Ti-Press
CLEMENTE MAZZETTA
Sintetico, semplice quanto
basta, un pizzico di liberismo,
molta tecnologia, una gran bella manciata di sicurezza, una
spolverata di sgravi fiscali... et
voilà, condito con uno filo
d’utopia (“un partito attento alle finanze non è un partito senza sogni”) ecco il nuovo programma elettorale “lib-rad”.
Solo 13 pagine per raccontare 5
progetti: come rafforzare la
scuola, come sviluppare i centri
urbani, come rilanciare le valli,
come garantire più sicurezza e,
infine, come stimolare nuovo
lavoro e occupazione. Cinque
progetti come i cinque candidati, che presumibilmente si
divideranno i temi nella campagna elettorale a seconda della loro predisposizione: chi la
sicurezza, chi il lavoro e l’economia, chi la scuola...
Ma cosa vuole fare di nuovo
il Plrt? Come pensa di risalire la
china dopo che nel 2011 ha
perso un seggio in governo e 5
in gran Consiglio? L’impostazione ideologica del programma “della riscossa” punta su
tre concetti: la coesione del
Paese, innanzitutto. Ovvero la
messa in campo di una politica
interclassista come risposta ad
una società sempre più egoista.
Secondo, si scommette su una
più ampia valorizzazione del
territorio: un richiamo all’identità territoriale da coniugare
con una politica rispettosa
dell’ambiente e delle persone.
Terzo, si crede ancora allo sviluppo: “Una società funziona
quando crea lavoro, innovazione, ricerca”.
Non parrebbe niente di
nuovo per un Plrt che ribadisce
il dogma fondamentale della
sua politica: “I conti in pareggio nel medio termine sono una
garanzia per tutti i cittadini”.
Ma in questo quadro si articolano una serie di proposte concrete - che saranno discusse e
votate nel congresso di domenica prossima a Lugano - che
apriranno la stagione della battaglia elettorale.
Nel progetto “Sicurezza” si
prospetta, ad esempio, una
maggior presenza della polizia
sul territorio, e una miglior coordinamento fra le varie polizie. Niente polizia unica, ma
“consolidamento delle polizie
regionali”. Il divieto in luoghi
sensibili della prostituzione così come quello per gli annunci
erotici, metterà il Plrt sulla rotta di collisione con la Lega del
ministro Norman Gobbi. Nel
progetto “Lavoro” la politica di
sgravi fiscali, un meno 3 % per
tutti (vedi intervista a Christian
Vitta in basso) si scontrerà non
solo con la sinistra ma anche
con la difficoltà del pareggio di
bilancio. In compenso gli aiuti
pubblici alle aziende che favoriscono l’innovazione e l’occupa-
Il presidente
zione dei residenti avranno il
sostegno dei sindacati. Invece,
il progetto “Centri urbani”, con
l’idea di aumentare gli indici
costruttivi fino ad un massimo
del 20% e di semplificare la procedura delle domande di costruzione, godrà del favore degli impresari edili. Mentre la
politica di incentivi per la costruzione di edifici a pigione
moderata a favore dei giovani e
degli anziani, l’aumento del trasporto pubblico, l’estensione
delle piste ciclabili hanno
l’obiettivo di occupare spazi
elettorali propri di altri partiti.
Tentativo massiccio attuato nei
confronti del Ppd con il progetto
“Valli”, dove oltre alla fibra ottica a domicilio, si parla di sblocco ragionevole dei rustici, differenziazione di norme edilizie,
semplificazione, allentamento
di vincoli, ma anche di nuove
entrate per i Comuni grazie alle
risorse energetiche. E in più un
“progetto per un arco di collegamento fra le valli”. Forse una
ripresa del tunnel per collegare
l’alta Vallemaggia alla Leventina, quel traforo del “Sassello”
già pensato 60 anni fa? In fondo
si tratta solo di 4 chilometri.
[email protected]
Q@clem_mazzetta
Il capogruppo
“Ridare fiducia al Ticino “Sgravi fiscali graduali
è la priorità del partito” e col consenso di tutti”
“È una nuova base di partenza. Una nuova
piattaforma di lavoro nata dal cuore del partito e
necessaria indipendentemente dalle elezioni” sottolinea il presidente plrt Rocco Cattaneo, che aggiunge: ”Da maggio-giugno su questo programma
hanno lavorato in circa duecento, persone competenti, generose e di tutte le generazioni”.
Lavoro di squadra dunque. Ma poi saranno i
solisti a dover suonare lo spartito dei cinque punti, tra cui il lavoro. È questa la Ti-Press
priorità in Ticino?
“La priorità è ridare fiducia ai
cittadini che oggi hanno paura del
futuro. Dobbiamo far capire che il
nostro Ticino ha delle opportunità
di sviluppo. Essere una regione di
confine non comporta solo degli
inconvenienti, ma anche delle
chance. Dal resto il passato è lì a
dimostrarlo”.
Da dove far partire il rilancio?
“Secondo me bisogna ripartire dalla formazione, a tutti i livelli, da quella obbligatoria all’università. Noi, faccio l’esempio della scuola media, abbiamo delle idee per migliorarla”.
Primi sia a presentare i candidati, sia il programma. È una la volata lunga la sua...
“Per elaborare un programma così ci vuole
tempo ed è stato bello poter scegliere prima i candidati così da poterli coinvolgere nel lavoro”. s.pi.
“In Ticino abbiamo una scala di aliquote molto
sociale. Il carico fiscale è moderato sul ceto medio,
ma poi la curva s’impenna per gli alti redditi”, parola del capogruppo plrt Christian Vitta.
Da qui la vostra iniziativa, ripresa nel programma elettorale, per un’aliquota massima del
13,5% per le persone fisiche. Un regalo ai ricchi?
“Bisogna considerare tutte le categorie di reddito. Anche le fasce che pagano cifre importanti
devono sentirsi considerate. PeralTi-Press
tro la riforma proposta prevederebbe anche una riduzione delle
imposte del 3% per tutti”.
Per le persone giuridiche proponete invece una diminuzione
dell’aliquota sull’utile 9 al 7.5%.
“Con la riforma III delle imprese, nell’ambito delle negoziazioni
tra Svizzera e Ue, alcune aziende
(pari al 12% degli introiti fiscali
delle persone giuridiche) si vedranno aumentare gli oneri. Bisogna però rifletteIL PRESIDENTE
E IL CAPOGRUPPO re se la Confederazione, coi suoi importanti utili,
non debba partecipare al costo della riforma III”.
A sinistra,
E il costo invece della vostra riforma fiscale?
Rocco
“Poco più di 90 milioni. Ma abbiamo previsto
Cattaneo,
un’attuazione a tappe, compatibili col programma
56 anni e, a
di rientro finanziario del Cantone. Inoltre col godestra,
Christian Vitta, verno e in commissione è in discussione la ricerca
di una formula consensuale”.
s.pi.
41 anni
Difficile credere ancora ai sondaggi. Stando
all’Istituto Gfs che ha appena annunciato che solo
il 35% degli svizzeri sosterrebbe l’iniziativa Ecopop - Stop alla sovrappopolazione, il dubbio resta.
Le iniziative contro i minareti e contro l’immigrazione di massa erano pure
state annunciate come
perdenti. Scottati dal “sì”
del 9 febbraio, coloro che
allora non si erano impegnati prima del voto, ora
si danno da fare per un
“no” a Ecopop: accademici, artisti, ecologisti, ex
consiglieri federali e diplomatici, responsabili
economici, partiti.
Verdi e Verdi liberali si
danno particolarmente da
fare. Sanno bene che la
cementificazione del paesaggio e la lotta contro la
crescita sono temi cari ai
loro simpatizzanti, Quanto ai consiglieri federali,
contrariamente al solito,
si spingono sino a definire
l’iniziativa xenofoba.
Ma c’è un partito che
sino a pochi giorni fa è rimasto nel proprio angolino: l’Udc. Eppure
è proprio il partito che più ha
giocato a fare
il piromane,
accendendo
quel fuoco
che potrebbe infiammare il “sì”
per Ecopop.
A forza di esacerbare le
paure, quelle di perdere il
proprio impiego, di farsi
aggredire, derubare o violentare. A forza di indicare sempre i soliti colpevoli: gli stranieri e Bruxelles. Il partito di Christoph
Blocher è riuscito a far
credere che l’immigrazione danneggi il Paese e che
basterebbe stroncarla per
ritrovare i bei vecchi tempi del pieno impiego.
L’Udc tra le proprie fila
conta impresari e contadini e sa bene che un’immigrazione netta di 16mila
persone l’anno non sarà
sufficiente per fare girare
l’economia, che mancherà
la mano d’opera agricola
e il personale negli ospedali. Ma sino ad oggi non
lo ha detto.
Perché, come ha dimostrato il sondaggio GfS, i
simpatizzanti del partito
di Christoph Blocher sono, per la maggior parte,
favorevoli a questo nuovo
giro di vite contro l’immigrazione. Nei cantoni di
Vaud e Zurigo la base s’è
rivelata divisa, la raccomandazione di votare
“no” non ha ottenuto che
una minima maggioranza
nelle assemblee. Anche a
Basilea Campagna, e in
settimana ad Argovia,
l’Udc s’è pronunciata a favore di Ecopop.
Così il partito ha avuto
paura di essere ritenuto
responsabile di un possibile fiasco. Ecco quindi
che Blocher ha deciso di
esprimersi contro Ecopop.
Ma riuscirà a spegnere il
fuoco che alimenta da oltre vent’anni? Lo vedremo il prossimo 30 novembre.
BordeaŽx Ÿ01Ÿ
*˘Óܢıoܢ¬ıu
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R£˘ıé˘ÓÓ£Ï
ChâteaŽ Phélan SégŽr Saint-Estèphe AOC Ÿ01Ÿ, 75 cl
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3Ÿ.50
ChâteaŽ Le Boscq Saint-Estèphe AOC CrŽ BoŽrgeois Ÿ01Ÿ, 75 cl
¼¤ŠŽï ¾áıܢ R£˘ıé˘ÓÓ£Ï
Ÿ6.95
ChâteaŽ Pibran PaŽillac AOC Ÿ01Ÿ, 75 cl
¼ÒŠŽï ¾áıܢ R£˘ıé˘ÓÓ£Ï
Ÿ8.50
ChâteaŽ HaŽt-Bages Libéral PaŽillac AOC 5ème CrŽ Classé Ÿ01Ÿ, 75 cl
¼ÒŠŽï ¾áıܢ R£˘ıé˘ÓÓ£Ï
36.50
ChâteaŽ Talbot Saint-JŽlien AOC 4ème CrŽ Classé Ÿ01Ÿ, 75 cl
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4Ÿ.50
ChâteaŽ Chasse-Spleen MoŽlis-en-Médoc AOC Ÿ01Ÿ, 75 cl
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Ÿ7.50
ChâteaŽ PoŽjeaŽx MoŽlis-en-Médoc AOC Ÿ01Ÿ, 75 cl
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Ÿ6.95
ChâteaŽx GiscoŽrs MargaŽx AOC Ÿ01Ÿ, 75 cl
¼ÒŠŽï ¾áıܢ R£˘ıé˘ÓÓ£Ï
4Ÿ.50
ChâteaŽ Mongravey MargaŽx AOC CrŽ BoŽrgeois Ÿ01Ÿ, 75 cl
¼ÕŠŽï ¾áıܢ R£˘ıé˘ÓÓ£Ï
Ÿ4.95
ChâteaŽ La GŽrgŽe MargaŽx AOC Ÿ01Ÿ, 75 cl
¼ÕŠŽï ¾áıܢ R£˘ıé˘ÓÓ£Ï
19.95
ChâteaŽ Cambon La PeloŽse HaŽt-Médoc AOC CrŽ BoŽrgeois Ÿ01Ÿ, 75 cl
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14.95
ChâteaŽ Belgrave HaŽt-Médoc AOC 5ème CrŽ Classé Ÿ01Ÿ, 75 cl
¼ÒŠŽï ¾áıܢ R£˘ıé˘ÓÓ£Ï
Ÿ7.50
ChâteaŽ Mazeyres Pomerol AOC Ÿ01Ÿ, 75 cl
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Ÿ3.95
ChâteaŽ BeaŽregard Pomerol AOC Ÿ01Ÿ, 75 cl
¤Ò«øï ¾áıܢ GWÏ˛£Ï
36.50
ChâteaŽ La Croix Figeac Saint-Emilion AOC Grand CrŽ Ÿ01Ÿ, 75 cl
¼ÕŠŽï ¾áıܢ R£˘ıé˘ÓÓ£Ï
19.95
ChâteaŽ d’AigŽilhe Côtes de Castillon AOC Ÿ01Ÿ, 75 cl
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19.95
ChâteaŽ dŽ Tertre MargaŽx AOC
5ème CrŽ Classé Ÿ01Ÿ, 75 cl
3Ÿ.50
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Per BordeaŽx dal gŽsto aŽtentico.
Jo¬¾Ï˘Ü£ ¬ÏW ˘ˇ ı¬ÓÜϬ çWÓܬ WÓÓ¬ÏܢŁ£ıܬ x˘ ’¬Ïx£Wáêv x˘Ó¾¬ı˘e˘ˇ£ ı£˘ ŁW‚‚˘¬Ï˘
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§ x˘Ó¾¬ı˘e˘ˇ£ Wˇ Ӣܬu www.mondovino.ch/bordeaŽx
Per ogni occasione il vino adatto.
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
Economia
11
DOVE ABITANO I PIÙ RICCHI
I
NUMERI
LORETTA
NAPOLEONI
Patrimonio in milioni di franchi
150 milioni - 990 milioni
990 milioni - 40 miliardi
Un fiume
di denaro
che sfugge
alle leggi
In Svizzera
vivono
86 miliardari
Fonte: Capgernini Financial Services, Wealth-X, Srf, Bilanz, Cs Global Wealth Report
I milionari svizzeri
salgono a 663mila
e 86 sono miliardari
In netta crescita i patrimoni a“sei zeri”
e anche in Ticino ridono i“Paperoni”
MASSIMO SCHIRA
I ricchi sono sempre più ricchi. E nel
mondo il numero di milionari sta letteralmente esplodendo. Parallelamente al
loro incredibile patrimonio. Lo studio
“World Wealth Report” della parigina
Capgemini segnala che lo scorso anno il
conto in banca dei milionari è cresciuto
di oltre il 14%, toccando quota 52.620
miliardi di dollari. E la Svizzera non fa
eccezione. Basta dare una rapida scorsa
ai dati del Credit Suisse “Global Wealth
Report” per scoprire come il numero di
milionari nel Paese sia aumentato di
47mila unità, raggiungendo quindi il decimo posto nella classifica mondiale con
663.000 persone dal portafogli a sei zeri.
A livello di distribuzione geografica
dei “Paperoni” rossocrociati, la sede più
privilegiata sono l’agglomerato di Zurigo
e le rive del Lemano. Del resto Ginevra e
Zurigo da anni sono ai vertici della classifica internazionale delle città con la
maggior densità di milionari. La città di
Calvino con un interessante 5,7%, che
lievita sulle rive della Limmat addirittura fino al 18%. Nella sola Zurigo, insomma, abitano oltre 20.000 milionari. A titolo di paragone, nel Principato di Monaco, una delle regioni a più elevata presenza di ricchi residenti, la quota dei milionari supera il 30% degli abitanti.
Tornando in Svizzera, il segreto di
questa ricchezza risiede soprattutto nel
fatto di aver ereditato i capitali, mentre
un terzo dei milionari ha dichiarato in
uno studio mirato di aver fatto fortuna
con la propria attività.
Tracciato l’identikit dei ricchi, si passa facilmente ad analizzare la situazione
dei super-ricchi. Ossia le persone che dichiarano patrimoni superiori ai 50 milioni, ma che possono toccare anche i 40
miliardi. Il loro numero lo scorso anno è
salito fino a toccare le 128.000 unità in
Svizzera, con una crescita del 16% rispetto al precedente anno. Il numero dei
miliardari che risiedono nel Paese è altrettanto impressionante: sono 86, su un
totale mondiale di 2.325!
È interessante notare come anche il
Ticino giochi un ruolo nella classifica nazionale dei super ricchi. Secondo lo studio Capgemini, infatti, nel cantone risiedono quattro persone il cui patrimonio è
compreso tra 150 e 990 milioni, ma - dato ancora più stuzzicante - ben sette sono i miliardari, con un patrimonio compreso tra 990 milioni e 40 miliardi. Con
una concentrazione nella regione di Lugano che non ha pari a livello nazionale.
Mentre nel Sopraceneri è Ascona il “centro” della ricchezza privata.
Allargando l’orizzonte alla classifica
LE DIVERSE DECISIONI SUL FORFAIT FISCALE NEI CANTONI
SH
0
Confermato da una decisione popolare
con soglie fiscali più elevate
Confermato
dal parlamento cantonale
JU
22
Nessuna decisione
In sospeso
NE
39
Soppresso
Numero di forfait fiscali
per cantone nel 2012
VD
1396
FR
80
BS
16** BL
10*
SO
5
BE
211
AG
16
ZG
110 SZ
92
NW
OW 84
UR
38
9
LU
130
VS
1300
GE
710
* abolito nel 2013; ** abolito nel 2014
Il dibattito
ZH
0
TG
104
AR AI
SG 19*21
73
GL
4
GR
268
TI
877
internazionale, la crescita della Svizzera
va di pari passo con quella dei principali
Paesi in cui abitano i milionari. La graduatoria è sempre guidata dagli Stati
Uniti, con oltre 14 milioni di persone dal
portafogli almeno a sei zeri, ma è pure
interessante notare che Cina per la prima volta stato ha abbattuto il muro di un
milione di milionari. A conferma della
crescita esponenziale del gigante asiatico anche sotto il profilo della ricchezza
privata. E il tutto inserito in un contesto
mondiale che, rispetto al 2007 - considerato a lungo come anno eccezionale - ha
visto crescere gli alti patrimoni di un ulteriore 30%.
Sempre rimanendo alla classifica
mondiale, si nota, e in parte a sorpresa,
come davanti alla Germania a livello europeo si piazzino Paesi quali Francia e
Gran Bretagna, entrambi con un numero
di milionari superiore ai 2 milioni, mentre tra i tedeschi questa quota non è ancora stata superata, malgrado i 1.964
milioni di ricchi e super-ricchi. Si conferma, invece secondo classificato il
Giappone, dove la crisi sembra
superata e il numero dei multimilionari, si avvia verso quota tre
milioni. Globalmente, lo studio
di Credit Suisse indica che nel
mondo sono quasi 35 milioni le
persone con un patrimonio totale di
almeno un milione.
[email protected]
Q@MassimoSchira
Fonte: Conferenza
dei direttori cantonali
delle finanze
La maggioranza dei Cantoni
si tiene le imposte su misura
Dalle tasse ai globalisti un gettito di 700 milioni
La maggioranza dei Cantoni
svizzeri conferma la possibilità
di ritagliare su misura le imposte per gli stranieri più ricchi, in
attesa del voto del prossimo 30
novembre sull’iniziativa della
sinistra “Basta ai privilegi fiscali
dei milionari”. La cosiddetta imposizione dei globalisti, riservata ai cittadini stranieri che risiedono in Svizzera, senza però
svolgere un’attività lucrativa,
per ora è stata soppressa soltanto a Zurigo, Basilea (Campagna
e Città), Sciaffusa ed Appenzello
(Interno ed Esterno), mentre nel
resto della Confederazione rimane una realtà, anche se Ginevra, Neuchâtel, Giura, Obwaldo
e Nidwaldo stanno valutando il
futuro di un principio che, ogni
anno, porta nelle casse pubbliche elvetiche oltre 700 milioni
di franchi. Che, per gli oppositori a questa possibilità, potrebbero essere molti di più applicando
le normali aliquote fiscali. Entrate che invece, secondo chi difende il sistema attuale, potrebbero anche crollare in caso
d’abolizione, visto che i globalisti dispongono di grandi patrimoni e quindi sono potenzialmente molto mobili anche nella
ricerca delle migliori condizioni
fiscali.
Un confronto che ha toccato
anche il Ticino, che negli ultimi
anni ha aumentato la pressione
fiscale sui 955 contribuenti globalisti (garantiscono un gettito
di 109 milioni di franchi) ma ha
mantenuto il principio delle imposizione sul dispendio, respin-
Per il voto di fine
novembre si accende
la discussione attorno
ai forfait fiscali
per i ricchi stranieri
gendo in parlamento un’iniziativa che ne chiedeva l’abolizione.
Una scelta, ma ad un prezzo un
po’ più alto, condivisa anche da
altri Cantoni. Sono infatti una
decina quelli che hanno seguito
la medesima strada, come Berna, che ha visto aumentare le
entrate fiscali generate dai ricchi stranieri da 23,9 a 27,2 milioni in un solo anno.
L’esperienza di Zurigo mostra anche l’altra faccia della
medaglia. Dopo l’abolizione dell’imposizione forfettaria nel
2010, infatti, il numero dei globalisti nel cantone si è dimezzato, confermando la mobilità di
questi di contribuenti. L’influsso
sul gettito fiscale è invece stato
praticamente neutro, visto che i
super-ricchi rimasti assicurano
sempre entrate per una trentina
di milioni. Milione più, milione
meno, esattamente la stessa cifra di quando i forfait erano in
vigore. La tendenza è infatti
quella di veder sostituiti i globalisti con altri buoni contribuenti,
che vanno ad acquistare gli immobili pregiati prima occupati
dai beneficiari dell’imposizione
forfettaria.
C’è, insomma, parecchia
carne al fuoco dal profilo fiscale
dietro la votazione del 30 novembre, che interessa i circa
5.500 globalisti attualmente
sulla lista dei contribuenti in
Svizzera. Pro e contro un sistema che ha sollevato da sempre
accese discussioni.
m.s.
Mentre il sistema bancario tradizionale è soggetto a nuove regole e leggi
che ne controllano il funzionamento, quello informale
cresce nell’assenza di regolamentazione. Secondo i
dati pubblicati dal Financial
Stability Board di Basilea,
nel 2013 il volume di denaro gestito dal sistema bancario informale è cresciuto
di 5 mila miliardi di dollari
ed oggi sorpassa i 75 mila
miliardi di dollari nelle 20
nazioni censite, inclusa Eurolandia. Ciò equivale al
120 per cento del Pil complessivo di questi Paesi, un
valore molto vicino a quello
pre-crisi, nel 2007, infatti,
questo era pari al 123,4 per
cento del Pil.
Il Paese con il tasso di
crescita maggiore è la Cina,
dal 2012 al 2013 questo è
salito del 38 per cento, tanto da far temere l’avvento
di bolle finanziarie o immobiliari. Con un volume totale di 2,7 mila miliardi di
dollari, la Cina è ormai al
terzo posto dopo gli Stati
Uniti (14 mila miliardi di
dollari) ed il Regno Unito
(4,7 mila miliardi di dollari)
nella hit parade dei
prestiti informali.
Particolarmente
attivo in Cina è il
settore del credito
online, dove è
possibile ottenere finanziamenti a tassi
che oscillano tra il 10 ed il 12 per
cento annuo.
Popolarissimi sono i
prestiti Peer to Peer, e cioè
tra singoli individui, un settore che fino a poco tempo
fa era considerato pericoloso a causa della presenza
massiccia degli speculatori.
Ultimamente però è usato
sempre di più nel settore
degli immobili, per contrarre mutui. Spesso il Peer to
Peer viene utilizzato per
mettere insieme il capitale
necessario per accedere al
credito bancario, che richiede per i mutui un deposito
del 30 per cento in contanti. Questa regola imposta
dalla Banca centrale cinese
non viene applicata al Peer
to Peer perché non rientra
tra le istituzioni finanziarie.
Fanno parte del sistema
bancario informale anche
alcuni portali web, come Sina, che gestisce anche
l’equivalente cinese di
Twitter, Weibo. Sina offre
prestiti garantiti da compagnie di assicurazioni, società di micro credito ed imprese immobiliari. I tassi
d’interesse offerti sono simili a quelli del Peer to
Peer.
Un’altra piattaforma
online Sohu, permette di
rivendere i crediti ad altri
investitori prima che essi
raggiungano la maturità,
aumentandone così la liquidità.
Non solo, dunque, il sistema bancario informale
cresce più rapidamente di
quello tradizionale strangolato dalle troppe legislazioni
e dalla crisi economica, ma
diventa sempre più sofisticato offrendo agli investitori molti dei vantaggi della
finanza tradizionale.
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
12 ECONOMIA
L’intervista
Ti-Press
L’appello di Francesco Quattrini,
delegato del Cantone per i rapporti
transfrontalieri e internazionali
LIBERO D’AGOSTINO
“I
“Collaborare di più con l’Italia,
il Ticino non ha un’altra scelta”
risiedono nella fascia dei 20 chilometri e gli
altri lavoratori”.
Lei insiste sulla necessità di collaborare,
ma in Ticino oggi si avverte un forte risentimento antitaliano.
“Non si può prescindere da questa collaborazione. Più si sviluppano i problemi a cavallo della frontiera tanto più bisogna investire nelle buone relazioni. Non è facile, ma
non c’è altra possibilità. Prima si cambia approccio e più rapidamente si uscirà da questa
impasse”.
Ma i problemi odierni sembrano però in-
nescare nuove tensioni più che incoraggiare la cooperazione.
“Le questioni che stanno a cuore al cantone sono la pressione sul mercato del lavoro e
la mobilità limitata dalle code di auto. Problemi che si possono risolvere solo cooperando
con l’Italia. Pensare che il Ticino si possa sviluppare da solo è un falso argomento. Appena
l’Italia si riprenderà dalla crisi, penso in particolare alla Lombardia, le cose si evolveranno
positivamente anche per noi”.
La piattaforma ideale per la cooperazione
transfrontaliera potrebbe essere la Regio
Insubrica, istituzione però oggi in profonda crisi.
“La crisi della Regio Insubrica, che ha promosso interessanti progetti, è soprattutto riconducibile al fatto che non ha saputo evitare
il degrado delle relazioni transfrontaliere. Oggi questa istituzione festeggia i 20 anni di attività, è l’occasione giusta per ripensare una
politica transfrontaliera più performante. È
inimmaginabile che Ticino e Italia non abbiano più una piattaforma di dialogo e promozione di progetti comuni”. [email protected]
Q@LiberoDAgostino
FRANCESCO
QUATTRINI
Il consigliere
diplomatico,
43 anni,
gestirà
le relazioni
con l’estero
del Cantone
l Ticino non può fare a meno di
collaborare con l’Italia”. Per il
consigliere diplomatico Franceso Quattrini non ci sono altre
scelte. Nonostante gli attriti con
Roma su fisco e frontalieri, il delegato del
Cantone ai rapporti transfrontalieri e internazionali è chiaro: “La necessità di questa collaborazione non è una semplice opzione, ma
una strada obbligata. Il nostro sviluppo economico, culturale e sociale è legato a quello
dell’Italia”.
Eppure tensioni e timori si avvertono su
entrambi i lati della frontiera. I Comuni
di confine temono che il nuovo accordo
sull’imposizione dei frontalieri, con la tassazione dei salari divisa tra Svizzera e Italia, li penalizzi. Che Roma trattenga una
quota maggiore delle imposte, per cui
mancherebbero loro i fondi per servizi e
infrastrutture di cui si avvantaggia, alla
fine, pure il Ticino.
“Va precisato che al momento per l’accordo sull’imposizione non c’è una soluzione privilegiata. Ci sono, invece, diversi scenari in
discussione. Al di là della soluzione tecnica
che sarà adottata, va ricordato che il Ticino ha
tutto l’interesse affinché questi Comuni abbiano le risorse necessarie per gestire non solo servizi e infrastrutture, ma anche per sviluppare dei progetti di portata transfrontaliera, utili pure al nostro cantone”.
Un interesse che pare ben lontano dai Palazzi della politica romana, non crede?
“Credo che anche l’Italia, come il Ticino,
abbia comunque l’interesse a rimuovere con
un nuovo accordo quella disparità nel trattamento fiscale che c’è oggi tra i frontalieri che
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Mondo
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
13
Gli Stati Uniti. Alla scadenza elettorale
del 4 novembre del Midterm,il presidente Usa
si presenta in difficoltà col suo stesso elettorato
LE
MAPPE
LUIGI
BONANATE
L’opinione
pubblica
è una forza
per la pace
VERSO IL VOTO
Il presidente Obama
durante un discorso;
sotto, la campagna
elettorale del Midterm
Reuters
Ci sono dei momenti in cui
è necessario fermarsi un attimo
a fare i conti con la nostra storia, o meglio a riflettere sul male che continua a scorrere per il
mondo. L’impiccagione della
giovane iraniana Reyhaneh Jabbari non riguarda soltanto il diritto islamico, ma chiama in
causa la nostra incapacità nel
far prevalere le ragioni del diritto su quelle del castigo. In discussione non è ora l’odiosità di
un sistema giudiziario che commina pene estreme per reati
che sono piuttosto forme di autodifesa (come quella nei confronti del tentativo di stupro
subito da Reyhaneh). E poiché
anche in Occidente assistiamo a
miriadi di atti inutilmente violenti, chi ci imita impara a ricorrere agli strumenti che abbiamo saputo costruirci per rivolgerli contro di noi.
Nelle settimane scorse abbiamo visto sgozzare degli esseri umani in Siria e trasformati
in veri e propri messaggi per
affermare la superiorità di un
certo credo religioso ed elevarlo
a regime politico: ma nessuna
religione al mondo tollera comportamenti del genere né un
regime che li giustifichi. La forza mediatica sprigionata dall’uso aggressivo della telecamera è tale che tanti giovani in diverse parti del mondo se ne sentano
attratti, andando a
combattere per un
califfato che
non sanno
neppure che
cosa significhi. I jihadisti
sono dunque tutt’altro che
sprovveduti e utilizzano i loro
prigionieri come bombe mediatiche. Non lasciamoci ingannare, ci copiano - non negli atti,
ma nei metodi.
Questi due esempi significano che non basta l’esecrazione,
è invece necessario rifiutarsi di
aver a che fare con chi non rispetta la vita. In altri termini,
non si discute sul nucleare con
chi viola i diritti umani. Agli
iraniani e ai siriani dobbiamo
far capire che nel mondo esiste
un soggetto di dimensioni internazionali, con potenzialità
immense: l’opinione pubblica.
Più che continuare a ideare immagini di violenza, dovremmo
chiederci come si possa aiutare
la democrazia. Non con le armi
ma con il rifiuto della violenza,
da cui noi stessi non abbiamo
ancora imparato a rifuggire. La
società internazionale può
esprimere la sua straordinaria
forza, che è pacifica per natura.
Sempre più lontano
dagli americani,
Obama è travolto
dalla politica estera
ALESSANDRA BALDINI
da Washington
Countdown alle elezioni di
midterm e per Barack Obama in
questi giorni la politica estera
prevale su quella interna. Giù
nei sondaggi di opinione - uno
degli ultimi rilevamenti ha scoperto che appena il 9% dell’elettorato è “entusiasta” della sua
performance - il presidente Usa
si consola con i voti altrui.
Domenica scorsa, a urne ancora aperte, la Casa Bianca si è
congratulata con la Tunisia per
“le elezioni democratiche” svoltesi in quel Paese, il cui esito non
dispiace a Washington, con la
vittoria dei laici di Nida Tunis e
l’emarginazione degli islamisti.
Obama s’è poi rallegrato con
Dilma Rousseff, presidente brasiliana, che, nel ballottaggio, ha
sconfitto il candidato conservatore Aecio Neves. Infine, la Casa
Bianca ha giudicato “una pietra
miliare per la democrazia” le
elezioni in Ucraina, nonostante
il voto sia stato regolare solo
nell’Ovest del Paese.
Ma in patria è un susseguirsi
di allarmi che hanno riportato la
politica estera “front and center” nel rush finale della campagna per il 4 novembre. Da Isis a
Ebola, dalla nuova guerra fredda
sull’Ucraina con la Russia di Vladimir Putin al solito intrattabile
Medio Oriente con la gaffe dell’alto funzionario anonimo che
sull’Atlantic ha dato del “chickenshit” (in sostanza vigliacco,
ma più volgare) a Benjamin Netanyahu. Facendo crollare a picco i rapporti con il tradizionale
alleato Israele che pesano sul
voto di Stati come New York e
Florida. Una serie di crisi internazionali, e di critiche su come
vengono gestite, hanno costret-
La crescita non rilancia la Casa Bianca
LA
SETTIM
ANA
Rassicurare. Ecco la parola d’ordine di Barack Obama, negli ultimi
giorni. Cerca di tranquillizzare il Paese coi dati economici annunciati in
settimana: disoccupazione in calo al
5,9% e il Pil del terzo trimestre in
ascesa del 3,5% rispetto allo stesso
periodo di un anno fa. Ma non basta.
Il presidente Usa tenta il rilancio,
prova a stemperare le polemiche re-
to candidati di entrambi i partiti
a spostare il confronto dai temi
dell’ordinaria amministrazione
locale a quelli della sicurezza
globale.
“Il presidente Obama e la senatrice democratica Jeane Shaheen sembrano confusi sulla natura della minaccia per il Paese.
Io no”, ha proclamato in uno
spot in onda in Massachusetts
Scott Brown, che aveva ereditato e poi perso il seggio di Ted
Kennedy al Senato, e ora torna
alla carica per i repubblicani.
centi, come lo scontro con Israele
sull’Iran. Dalla Casa Bianca ha raccontato pure di un altro Paese, di un
incontro con i medici impegnati nella
lotta all’Ebola e rientrati dall’Africa.
definendoli “eroi americani”. Obama, nel suo abituale discorso del sabato, ha cercato ieri di strizzare l’occhio all’elettorato femminile: “Basta
donne pagate meno degli uomini”.
Mentre tra i democratici c’è chi
si chiede perchè debbano fare le
spese, giocandosi il posto, delle
inerzie - o dell’incompetenza di una amministrazione da cui
disperatamente cercano di
prendere le distanze. “Molti la
considerano il frutto della perenne riluttanza del partito a impegnarsi a fondo in politica estera: è una malattia cronica, il risultato di 40 anni di dopo Vietnam”, ha commentato l’editorialista del Wall Street Journal
Dan Henninger, un conservato-
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re. Fatto sta che dopo le decapitazioni di giornalisti americani e
britannici in Iraq per mano dei
“foreign fighters” dell’Isis, i raid
in Siria hanno riportato di attualità le missioni all’estero. Anche
se la promessa della Casa Bianca
di “no boots on the ground” rende le operazioni dei caccia Usa
più distanti per la maggior parte
degli elettori di quanto non fossero le operazioni di guerra in
Iraq e Afghanistan negli anni di
George W. Bush. E c’è chi sottolinea la difficoltà dei Paesi occi-
dentali di adeguarsi alla nuova
realtà, quella in cui la guerra
contro il terrorismo islamico è
radicalmente cambiata dai tempi delle Torri Gemelle: la minaccia principale è adesso quella del
‘lupo solitario’ imprevedibile come a Ottawa, o alla maratona di
Boston, o all’“uomo con l’accetta” di Queens, piuttosto che gli
attacchi spettacolari versione al
Qaida 11 settembre. Ma c’è una
percezione da cui non si può
scappare e che l’arrivo di Ebola
in terra americana ha contribuito a rafforzare: di un presidente
sopraffatto dall’incalzare delle
crisi, incapace di anticipare gli
eventi.
Alla luce di questo scenario
le elezioni di Midterm potrebbero preludere a un rimpasto della
squadra. Obama ha già “reclutato” nuovi collaborati in settori
chiave - Ron Klein per Ebola, il
generale John Allen alla guida
della coalizione contro il Califfato - ma potrebbe andare anche
oltre mandando a casa collaboratori spompati da anni di lavoro
e altri membri dell’esecutivo
considerati meno coesi del “team of rivals” che avevano affiancato il presidente nel suo
primo mandato. Un presidente
che fa spesso riferimento alla
sua più ristretta cerchia di collaboratori, con cui ha forgiato un
solido rapporto durante la campagna presidenziale del 2008 e
che ha guadagnato ancora più
potere dopo il cambio della
guardia al Dipartimento di Stato
e al Dipartimento della Difesa,
dove Hillary Clinton è stata rimpiazzata da John Kerry e Robert
Gates da Chuck Hage: due statisti di prima grandezza che però,
ha osservato il New York Times,
fanno sempre più fatica ad essere “in sincronia” con Obama.
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Sport
14
FUORI
CAMPO
PIERLUIGI
TAMI
L’hockey
È lo Zurigo
l’autentico
antagonista
del Basilea
mercoledì 5 novembre
20.20 LA2
Calcio: Bayern Monaco-Roma
domenica 2 novembre
20.20 LA2
F1: Gp Stati Uniti
giovedì 6 novembre
21.00 LA2
Calcio: Napoli-Young Boys
martedì 4 novembre
20.20 LA2
Calcio: Basilea-Ludogorets
sabato 8 novembre
16.55 LA2
F1: Gp Brasile. Prove ufficiali
15
Ai rigori i leventinesi hanno ragione di uno scorbutico Friborgo
Ti-Press
BIANCOBLÙ
GENEROSI
Paolo Duca,
33 anni,
insidia la
porta dell
Friborgo
Gottéron
L’Ambrì ha spezzato l’incantesimo
Dietro
le quinte
bianconere
0
0
Punto conquistato
malgrado la fatica
Impegnato ieri, sabato, sul
campo di una delle sue
avversarie dirette, il Lugano
avrebbe voluto dimostrare di
avere eliminato le scorie,
soprattutto fisiche, della partita
di coppa giocata solo 3 giorni
fa contro il Gc. Ad inizio
incontro però è il Winterthur a
farsi preferire, sfiorando tra
l’altro il vantaggio con Krasniqi
al 14’. Poi la partita si accende
e il Lugano guadagna metri,
anche se sono sempre gli
zurighesi a rendersi più
pericolosi. Si arriva così alla
pausa a reti inviolate. Ad inizio
ripresa i padroni di casa
aumentano la loro pressione,
ciò che induce mister Bordoli a
inserire Cortelezzi, inizialmente
sacrificato per fare spazio a
Dubajic, dopo che Tosetti ha
sostituito Guarino.
Con il passare dei minuti la
partita si equilibria e il Lugano
può avanzare il suo baricentro.
Allo scadere ha anche la
possibilità di ottenere la posta
piena, ma Tosetti (foto in alto)
non riesce a trasformare in oro
l’occasione capitatagli. La
partita si conclude con un
pareggio prezioso per i ticinesi,
che si possono accontentare,
vista la stanchezza dimostrata.
OMAR RAVANI
Fotoservizio Ti-Press
Una posizione di vertice in
Challenge League, una qualificazione per i quarti di finale di
Coppa sfiorata dopo avere messo alle corde il Grasshopper, un prezioso pareggio ieri,
sabato, contro il
Winterthur,
un
buon impianto di
gioco e una struttura invidiabile. Il
Lugano attuale è
una nave che sembra viaggiare spedita, dopo qualche
difficoltà iniziale
dovuta più alla rosa
limitata che a fattori tecnici. Trovata l’amalgama i
bianconeri stanno mantenendo
un’invidiabile velocità di crociera, a barra dritta verso quello
che più di una volta è parso un
miraggio:la Super League.
E la battuta d’arresto contro
le “cavallette”, giunta in maniera rocambolesca a supplementare inoltrato, dice solo che gli uomini di Livio Bordoli possono già
da ora tenere testa, in un incontro secco, ad una compagine
della massima serie. “Ma non
parliamo ancora di promozione
– dice il mister verzaschese -,
quello è un discorso che andrà
affrontato più in là. Per ora pensiamo a mettere la pulce nell’orecchio alle autorità cittadine,
che però mi sembra si stiano già
muovendo”. Tra il serio e il faceto, la piccola provocazione ci sta
tutta. Nello spogliatoio della prima squadra, sotto la vecchia tribuna di Cornaredo, ci si rende
conto che la “location” non è
propriamente degna di una
compagine dalle legittime ambizioni. Pavimenti in rifacimento,
spazi angusti, docce dal sapore
retrò e scale molto ripide che
portano alla lavanderia, anch’essa demodè. È questo lo scenario in cui il team attualmente
più in forma della cadetteria de-
Il Lugano si prepara al grande salto
e con un pari tiene il secondo posto
ve muoversi. E nel quale si sta
costruendo un piccolo gioiello,
cesellato dalla mani preziose di
un tecnico che la sa lunga. “Sono arrivato nell’autunno del
2013, quando la squadra era in
crisi di risultati – ricorda Bordoli
-. Mi sono subito reso conto, però, che lo spogliatoio era sano,
ed ho deciso di costruire su
quelle basi. Mi hanno aiutato
molto i giocatori della vecchia
guardia, che hanno dapprima tirato il gruppo fuori dai guai e poi
hanno creato le condizioni per
integrare i rinforzi arrivati nel
frattempo”. E fra questi uno che
si sta facendo sempre più largo è
Leonardo Melazzi, che ha grinta
da vendere. “Certo, se mi chiamano ‘el loco’ una ragione ci sarà – scherza l’uruguaiano-. Sono
uno che ci mette il cuore, in ogni
cosa che faccio. Ma mi piace anche scherzare e sono sempre di
buon umore. A volte anche troppo, tanto che il mister mi richiama all’ordine abbastanza spesso. Qui sto benissimo, il Ticino è
un posto ideale per vivere. A
Genova, dov’ero prima, non riuscivo nemmeno a scendere al
bar senza essere riconosciuto.
Per non parlare dell’Uruguay,
Paese meraviglioso ma anche
molto caotico. Qui ho trovato
una seconda casa e questo grazie soprattutto a miei compagni
che mi hanno subito accolto a
braccia aperte”. Una famiglia
dunque, prima ancora di una
squadra di calcio, dove il lavoro
del singolo è messo a disposizione del bene comune. “Siamo
davvero una gran bella compagnia – conferma Matteo Tosetti,
che malgrado i suoi 22 anni è già
tra i leader dello spogliatoio -.
Essere cresciuto in una società
multiculturale mi ha aiutato
molto ad accettare le varie mentalità che compongono un gruppo eterogeneo come il nostro”.
Albanesi, sudamericani, ticinesi, francofoni, balcanici, tutti accomunati nella passione per il
proprio lavoro. “In fondo quan-
Sugli spalti
OMAR RAVANI
COME TI SNOBBO UNA COPPA
S
ono serviti i due primi turni per farsi un’opinione sulla nuova
Coppa svizzera di hockey, visto che in occasione dei primi “collaudi” di qualche settimana fa i club si erano avvicinati alla
nuova avventura con curiosità, e magari anche con qualche interesse. In quell’occasione le squadre si erano presentate con formazioni
degne, onorando i loro impegni nelle piste gremite di lega inferiore
e rispettando lo spirito della competizione. Già nel secondo turno il
Re, o meglio la Regina, intesa come competizione, si è mostrata clamorosamente nuda. Alla St. Léonard per Friborgo-Ambrì 1.800
spettatori, altrettanti a Winterthur, dove lo Zurigo ha affrontato e
battuto lo Zugo, poco più di tremila a Lugano e Bienne, malgrado i
prezzi d’entrata di favore. Per non parlare delle assenze pesanti, che
tutti i club hanno praticamente messo in atto per risparmiare i loro
pezzi migliori. Emblematica, ad esempio, Friborgo-Ambrì, con una
dozzina abbondante di assenti nelle due formazioni.
La competizione ad eliminazione diretta, nata grazie alle buone
donazioni di una compagnia assicurativa, in definitiva ha quindi per
le società lo stesso valore di un torneo estivo. E ben lo ha dimostrato il Davos di Arno Del Curto, l’unica squadra di Nl A eliminata da
una di Nl B. I grigionesi, così, non dovranno giocare altre partite oltre a regular season, play off e Spengler. E ben felici di non sprecare
forze, per quella che è l’ennesima idea strampalata di una federazione non nuova a trovate del genere.
LA SE
RATA
do si dice che il calcio è una lingua internazionale è la verità –
continua Tosetti -. Avere un pallone tra i piedi è la cosa più bella, e lo pensiamo tutti nello spogliatoio di Cornaredo”. Mentre il
fotografo scatta le ultime istantanee, il mister si è
isolato, alle prese con
il suo smartphone.
Magari sta riguardando le immagini della
partita della sera prima, per trovare così le
giuste parole per risollevare il morale ai
ragazzi, insolitamente
silenziosi in attesa
dell’inizio della leggera sgambata. Ma non
sembra che ve ne sia
bisogno. Accanto a noi
un collega sta intervistando un
giocatore bianconero. Uno dei
suoi compagni gli abbassa i pantaloncini, lasciandolo in mutande. “El loco” sogghigna, che sia
lui il mandante?
“Sono ragazzi favolosi, uno
dei migliori gruppi che io abbia
mai allenato – dice fiero Bordoli
–. E molti di loro non hanno dimostrato ancora quanto valgono”. Se tanto ci dà tanto, i grattacapi del municipio rischiano di
aumentare a dismisura. Perché
un Lugano così potrebbe anche
fare il grande salto e diventare a
tutti gli effetti la squadra faro
del calcio ticinese. “Non è ancora il momento di trarre conclusioni – conclude Bordoli-. Però a
Cornaredo ho visto molte facce
soddisfatte fra il pubblico. E non
tutti erano luganesi. Segno che
stiamo facendo breccia. Si lavora duro anche per raccogliere
soddisfazioni impagabili come
queste”. Il sole è già alto quando
tutti escono sul terreno da gioco
per la sgambata mattutina. E i
sorrisi sono già stampati sui visi
dei bianconeri. Sanno di avere
perso una battaglia, ma la guerra non è terminata. Finirà a
maggio. Allora si tireranno le
somme.
[email protected]
Q@OmarRavani
larsi alle sue spalle. I biancoblù sprecano però molto, all’immagine di Giroux, che in almeno due occasioni si
divora il possibile punto del doppio
vantaggio. Sotto la spinta di un Bouillon finalmente convincente e sempre
piu a suo agio nel dispositivo approntato da Serge Pellettier, i leventinesi
passano molti minuti nel terzo di dife-
Reduce dalla sconfitta nel derby, la
settima consecutiva, l’Ambrì ospita alla Valascia il Friborgo rinvigorito dall’arrivo alla transenna di Gerd Zenhäusern. Ed è proprio contro il nuovo
Gottéron dell’ex allenatore di Bienne e
Losanna, che i leventinesi tornano alla
vittoria per 4-3 dopo una serie interminabile di tiri di rigore.
I primi minuti della sfida sono
scoppiettanti e vedono cadere tre reti
prima del 10’. Dapprima sono i leventinesi a passare con Stucki, che al 3’
trafigge Nyffeler con un tiro fortissimo
all’incrocio dei pali. Nemmeno un minuto dopo però, sono i romandi a segnare con Kwiatkowski, anche lui bravo a battere Zurkirchen con un preciso
fendente. Dopo un paio di penalità non
sfruttate per parte, l’Ambrì torna in
vantaggio grazie a Steiner, abile nel
deviare sottoporta un tiro partito dal
bastone di Gautschi. La seconda parte
del primo periodo è meno spumeggiante, ma i biancoblù si fanno preferire, tanto da sfiorare a più riprese il 31. La prima sirena suggella 20’ di buon
hockey.
Il periodo centrale scorre via velocemente, con l’Ambrì sempre propositivo e capace di mettere più di una volta in ambasce il dispositivo difensivo
friborghese, tanto che in un paio di occasioni Nyffeler deve ringraziare la
buona sorte se il disco non va ad infi-
Alla vigilia di Coppa
il Real Madrid
umilia il Granada
Il derby
“Contro i vandali in pista
il Ticino deve fare di più”
L’ultimo derby tra Lugano e Ambrì
ha lasciato una coda polemica.
Tutta colpa dei teppisti che hanno
divelto alcuni pannelli di plexiglas
nel settore ospiti della Resega. E
mentre Michele Bertini,
responsabile del Dicastero sport,
ha ribadito che chi rompe paga, e
non ha escluso la presentazione
di una denuncia, Christoph
Vögeli, capo sicurezza della Lega
hockey, intervistato dalla Rsi, ha
avvertito: “Conosciamo il 90 per
cento della gente che crea
problemi nelle piste ma,
soprattutto da parte dei club
ticinesi, viene fatto ancora poco”.
Secondo Vögeli bisogna fare di
più per allontanare i colpevoli. E
l’Ambrì può essere multato per il
comportamento dei suoi tifosi.
sa burgundo, ma sia l’estremo difensore del Gottéron, sia l’imperizia mista
alla sfortuna impediscono ai ticinesi di
mettere fra loro e l’avversario un Ti-Press
cuscinetto rassicurante. Alla seconda
pausa si va con i leventinesi in vantaggio, ma con la consapevolezza di finalmente vedere un Ambrì in netta ripresa, anche se mal ripagato rispetto ai
grossi sforzi profusi.
Anche nel terzo tempo il canovaccio dell’incontro non cambia, con
l’Ambrì che inizialmente spinge con
convinzione. Complice anche una penalità ad inizio periodo comminata ai
danni del nervosissimo Mottet, i boiancoblù sfiorano ancora in parecchie
circostanze l’agognata terza segnatura. Dopo tanto sprecare, i ticinesi vengono purtroppo puniti. Sprunger soffia
il disco a Bouillon a pochi metri da Zurkirchen e infila.
Sembra una beffa, ma l’Ambrì non
ci sta e con il motivatissimo ex Birbaum torna in vantaggio. I ticinesi
sembrano resistere,ma a 27” dalla fine
arriva la beffa con il goal di Kamerzin.
Il supplementare non sortisce effetti e
i rigori dicono Ambrì. Eroe di serata
Giroux, che segna i tre rigori e consegna ai suoi la meritatissima vittoria,
giunta dopo 7 rigori per parte.
o.r.
Il tennis Il serbo batte Nishikori, mentre il canadese supera Berdych
Novak Djokovic difende il titolo
dal“bombardiere”Milos Raonic
Al Masters 1000 di Parigi Bercy la finale vedrà di fronte il detentore del titolo
Novak Djokovic contro il canadese Milos
Raonic. Nella prima semifinale andata in
scena, ieri, sabato, Raonic ha avuto la
meglio sul ceco Thomas Berdych per 6-3,
3-6, 7-5 in poco più di due ore di gioco.
Una vera battaglia, come largamente previsto, che ha visto prevalere il canadese.
Nel secondo match il serbo non ha avuto
grossi problemi a sbarazzarsi del giapponese, sconfitto per 6-2 6-3.
La rincorsa al numero uno è ora, dopo
la sconfitta con Raonic, a dir poco difficile
per Federer. “Non è che cambia molto -
Reuters
WINTERTHUR
LUGANO
Ti-Press
LA PAR
TITA
Ti-Press
Nel campionato di Super
League di quest’anno ci sono delle interessanti novità,
soprattutto per quel che riguarda la parte alta della
classifica. Certo, lo strapotere della rosa ed economico
dei renani è intatto, ma
quest’anno c’è almeno una
squadra che può insidiare il
loro dominio. Questa squadra è lo Zurigo, che può diventare il vero anti-Basilea,
con San Gallo e Thun che
potranno invece ambire ad
un posto Uefa. Svizzero
orientali e bernesi giocano
un bel calcio, basato su
un’organizzazione molto curata. Ciò dimostra come anche senza avere grossi nomi
si possano fare cose egregie.
Un discorso a parte lo
merita però lo Zurigo. A mio
parere i successi che stanno
raccogliendo i tigurini hanno due nomi e due cognomi:
Urs Meier e Ancillo Canepa.
L’allenatore è riuscito a trovare la quadratura del cerchio quando ha deciso di
cambiare il modulo, introducendo ad inizio 2014 il 35-2. Questa nuova formula ha
messo i giocatori nelle
migliori condizioni possibili per rendere al
massimo delle
loro potenzialità. Il presidente è invece stato bravissimo a ritornare
sulla decisione di allontanare Chikaoui. L’attaccante tunisino, punta di diamante di
un settore offensivo di qualità assoluta, è secondo me
in questo momento il migliore straniero del nostro
campionato. Non solo ha finalmente raggiunto la costanza che cercava da tempo, ma ha anche dimostrato
di essere maturato. E a
questi suoi progressi non è
sicuramente estranea la
decisione di nominarlo capitano. Una scelta davvero
lungimirante.
Scorrendo la classifica
arriviamo allo Young Boys. I
gialloneri ancora una volta
stanno deludendo e rischiano di disputare un’altra annata da comparsa. Per giustificare la loro situazione i
bernesi invocano la giovane
età di molti dei loro elementi. Questa però è una scusa
che regge solo in parte. Gli
uomini a disposizione di mister Uli Forte sono tutt’altro
che inesperti, sebbene
l’anagrafe parrebbe dire il
contrario. Il problema va ricercato nella discontinuità
delle prestazioni, vero tallone d’Achille dei gialloneri.
Discontinuità che è un
vero problema per Gc e Lucerna, ancorati sul fondo
della graduatoria. Soprattutto gli svizzeri centrali sono entrati in una spirale negativa preoccupante. L’arrivo di Babbel potrà aiutare
sul piano tecnico, ma il male è più profondo. I collaboratori del mister tedesco dovranno aiutarlo a conoscere
il prima possibile il calcio
svizzero e i suoi meccanismi, a lui sconosciuti. Ci
vorrà del tempo. Le “cavallette” invece sono vittime di
problemi interni, di cui il
caso Salatic è specchio fedele. Così è difficile ritrovare
la necessaria serenità.
INSTANTANEE
DA UN ALLENAMENTO
L’allenatore Livio
Bordoli, 51 anni,
negli spogliatoi
sotto lo stadio di
Cornaredo. Sopra
il 22enne difensore
Orlando Urbano
mentre si rade, il
centrocampista
Jonathan Barboza,
24 anni, e il
defaticamento
domenica 2 novembre
15.55 LA
Calcio: San Gallo-Thun
In ossequio alle coppe
continentali, che si
giocheranno da martedì a
giovedì prossimo, molte delle
big d’Europa sono scese in
campo ieri, sabato. In
Inghilterra il Chelsea capolista
vincendo 2-1 sul Qpr, ha
mantenuto i quattro punti di
vantaggio sul suo principale
inseguitore, il Southampton,
che ha battuto 1-0 l’Hull City.
In Italia la Roma è inciampata a
Napoli. I partenopei si sono
imposti 2-0, lasciando in
panchina Inler fino all’80’. Ne
ha approfittato la Juventus,
vittoriosa a Empoli pure per 20, per riportarsi al comando.
Nella Liga il Real Madrid (nella
foto), si è sbarazzato
facilmente del Granada per 40, mentre il Barcellona ha
perso 0-1 in casa contro il
Celta Vigo. In Germania il
Bayern Monaco continua il suo
dominio. I bavaresi hanno
infatti battuto 2-1 il Dortmund,
sempre più in crisi. Fra gli
inseguitori continua la marcia
convinta del Wolfsburg,
impostosi a Stoccarda per 4-0.
Nella Ligue 1 il Psg ha vinto a
Lorient 2-1, portandosi a una
sola lunghezza dal Marsiglia,
impegnato oggi a Lens.
ha detto il basilese - devo assolutamente vincere a Londra. Ho sempre
pensato che la lotta per il numero uno
si deciderà al Master. Adesso mi devo
preparare al meglio per gli ultimi due
obiettivi di stagione, il Master e la finale di Coppa Davis”. Intanto, si conoscono i magnifici otto che parteciperanno al World Tour Finals di Londra
in programma dal 9 al 16 novembre.
Con Federer e Stan Wawrinka ci saranno il serbo Djokovic, il ceco Berdych, il canadese Raonic, il giapponese Nishikori, il croato Marin Cilic
e lo scozzese Andy Murray.
m.m.
KEI
NISHIKORI
Il giapponese
25anni, il
primo
giocatore
asiatico
ad accedere
ai Masters
Reuters
La formula 1 La Mercedes piazza le due vetture in prima fila
I DUE
DOMINATORI
Nico
Rosberg, 29
anni, e il suo
coetaneo
Lewis
Hamilton
Continua sulla pista di Austin
la sfida tra Hamilton e Rosberg
Reuters
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
IN
TELE
VISIONE
Continua sulla pista di Austin la
lotta infinita che vede protagonisti i piloti della Mercedes. Ad avere la meglio
nelle qualifiche che si sono disputate
ieri, sabato, è stato Nico Rosberg. Una
pole position molto importante quella
ottenuta dal tedesco, soprattutto in ottica della classifica del Mondiale, visto
che ha così la grande possibilità di ridurre il gap di diciassette punti che lo
separa dall’inglese. Rosberg ha dimostrato di non aver certamente ancora
alzato bandiera bianca. “Il mio obiettivo è di fare 100 punti nelle restanti tre
gare e fare tutto il possibile per ottenere il massimo”. Al suo fianco si è inse-
rito il compagno di squadra Lewis Hamilton che, dopo aver dominato le prove libere, si è dovuto accontentare del
secondo posto.“Sia Rosberg, sia l’affidabilità sono due minacce consistenti ha detto Hamilton -, ma la squadra ha
fatto un gran lavoro per risolvere tutti
i problemi tecnici e non sono preoccupato. Non mi sento diversamente dalla
gare precedenti, io continuo a combattere per il mio obiettivo più grande, visto che qui non si deciderà il Mondiale”. A completare il dominio Mercedes
ci hanno pensato le Williams di Vallteri
Bottas e Felipe Massa, terzo e quarto.
m.m.
Il wellness
La salute
Se il fitness
cambia verso
si trasforma
e piace a tutti
Tra le mura
di casa nostra
respiriamo
mille veleni
A PAGINA 21
A PAGINA 23
traparentesi
2 novembre 2014
ilcaffè
PASSIONI | BENESSERE | SPORT
Sesso e amore
L’ho scoperta
in una chat osé
e adesso
non mi fido più
ROSSI A PAGINA 20
Animali
Cane e gatto
in disaccordo
anche sul cibo
BOLTRI A PAGINA 20
Quattro itinerari
lungo mezzo
millennio
di espressioni
artistiche.
Da Locarno
a Milano,
passando
per Rancate
e Lugano
NOSTRO SERVIZIO
È
tutta un’altra cosa quando ci si
imbatte in un’opera d’arte, l’originale, che pure abbiamo ben impresso nella memoria per averla
vista e rivista nelle illustrazioni,
cataloghi, eccettera. In questo
caso il senso di déjà-vu non esiste, sappiamo bene di che si tratta, conosciamo l’autore e la fama
dell’opera.
segue a pagina 18
PER COMINCIARE
CONSIGLI PER STAR MALE
N
ell’infinita scelta di riviste che parlano di salute e danno
consigli su come star bene, mangiar bene, vivere bene,
ce n’è una che va in controtendenza, proponendo l’esatto
opposto. Starmale, mensile online la cui copertina (in realtà c’è
solo quella) presenta esclusivamente cose brutte, malesseri,
guai e disagi. Ecco qualche chicca: come combattere lo stress
tramite l’auto-compatimento; come fingersi ambiti a Capodanno
grazie a un simulatore di sms; i passi indispensabili per rendersi
ridicoli durante un funerale; tediare il partner con schiocche e
inutili paranoie. Ma anche fare dell’autoerotismo uno stile di vita; come alimentare la stipsi e moltiplicarne gli effetti. Con tanto di approfondimenti, tipo: ecco come precludersi una sana
sessualità sviluppando disturbi ossessivi-compulsivi internazionali; lasciarsi ogni aspettativa alle spalle. Insomma, tutte cose
fondamentali da sapere.
L’idea folle è di Emanuele Martorelli, 38 anni, psico antropologo di formazione diventato realizzatore di video e allenatore di
calcio. In un anno di “pubblicazioni” migliaia i fans che lo seguono. Tant’è che Martorelli ha promesso ai suoi ammiratori la
prossima uscita in libreria della raccolta delle mitiche copertine.
Bè, alla fine un giornale che va bene c’è.
C
CLAUDIO GUARDA
PATRIZIA GUENZI
La comedy noir del Caffè
Malafinanza, malapolitica
e torbide passioni
in un racconto
di ventitré puntate
di Anonymous
Con una graphic novel
di Marco Scuto
A PAGINA 48
hi vuol conoscere un maestro
della scultura novecentesca non
si perda la bella mostra che la Pinacoteca Casa Rusca di Locarno
dedica a Jacques Lipchtiz. Nato
nel 1891 in Lituania e morto a
Capri nel 1973 (ma sepolto poi a
Gerusalemme, che considerava
la sua patria spirituale), era il figlio maggiore di un impresario
edile di origine ebrea che lo mandò presto in Russia a studiare ingegneria.
segue a pagina 18
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
18
ilcaffètraparentesi 19
L’arte. Quattro itinerari che
attraversano mezzo millennio
in diverse espressioni artistiche
PALAZZO REALE, MILANO
Segantini.
Il ritorno a Milano
FINO AL 18 GENNAIO 2015
Un simbolismo
intriso di luce
e lunghi filamenti
dei vari colori
4
B
PINACOTECA
CASA RUSCA, LOCARNO
Jacques Lipchitz.
Retrospettiva
FINO AL 6 GENNAIO 2015
1
HAGAR
In alto,
gruppo
scultoreo
in pietra,
1949-57,
larghezza
92 cm.
Il linguaggio
diventa plastico
nel cubismo
della scultura
C
hi vuol conoscere un
maestro della scultura
novecentesca non si perda la bella mostra che la Pinacoteca Casa Rusca di Locarno
dedica a Jacques Lipchtiz. Nato nel 1891 in Lituania e morto
a Capri nel 1973 (ma sepolto
poi a Gerusalemme, che considerava la sua patria spirituale), era il figlio maggiore di un
impresario edile di origine
ebrea che lo mandò presto in
Russia a studiare ingegneria.
Nel 1909 Lipchtiz, senza il benestare del padre, ma con il
sostegno della madre, interrompe gli studi e si reca a Parigi per iscriversi all’Académie
Julian. Ed è lì, poco più che
ventenne, che entra in contatto con le avanguardie parigine,
frequenta poeti, scrittori ed artisti tra cui Modigliani (che lo
ritrae), Brancusi e Picasso,
scopre il fascino dell’arte preistorica o dei popoli primitivi
(la sua collezione è oggi al Metropolitan di New York). Soprattutto mette a fuoco quel
suo linguaggio plastico che, fin
dagli esordi, appare come molto solido e sicuro. Su queste
basi maturerà poi il suo incontro con il Cubismo, che porterà
avanti fin dentro ai primi anni
Venti con opere notevoli; al
punto da essere considerato
tra i fondatori del cubismo in
scultura.
A partire da quelle opere
(la prima in mostra è del
1911) Lipchtiz ha poi sviluppato, nei decenni a seguire, un
suo discorso assai unitario e
personale caratterizzato dalla
varietà (di temi, soggetti e forme) nella continuità. Lungo le
sale di Casa Rusca si dipana,
infatti, un filo di coerenza che
ben si coglie nonostante la
mostra non sia rigorosamente
improntata a un criterio cronologico delle opere ed alterni
sale incentrate sul linguaggio
(per esempio quello cubista)
ad altre imperniate su un tema o soggetto (per esempio
“L’albero della vita”) letto attraverso una sequenza di studi
e varianti, sia disegnate che
scolpite.
La linearità del percorso si
articola comunque in tappe: da
quella più figurativa degli
esordi all’incontro con il cubismo. Incontro caratterizzato
da una solida compattezza di
volumi fatti di linee rette e di
piani geometrizzati, che si impongono sullo spazio circostante, fino al momento in cui
quei volumi si aprono e lo spazio attorno entra nella scultura
facendola dialogare con il vuoto. Dominerà allora la linea
curva, tra pieni e vuoti che daranno vita a una mobilità trascorrente. Proprio questo principio vitale porterà Lipchtiz a
costruire sculture come concrezioni organiche, che si amplificano a partire dal suolo secondo un doppio principio di
crescita, sia verso l’alto, sia
nello spazio. Anche quando
più tardi ingloberà oggetti ritrovati o precostituiti nel corpo della sua scultura, terrà
sempre in mano il filo della
scultura, senza perdersi mai
per strada.
Ne esce l’immagine di un
artista altamente padrone dei
suoi mezzi, sorretto da un
grande senso della scultura (e
delle patine) come monumentalità e sviluppo plastico nello
spazio, da intendersi non già
come rappresentazione delle
cose del mondo, ma come invenzione e sorpresa. Muovendo dal naturalismo alla quasi
astrazione, dalla statica al movimento, dal geometrico ed
inorganico all’organico e vitale. Con memorie che vanno dal
paleolitico e primitivo al Barocco e Moderno, dal bassorilievo all’opera monumentale
tutta basata sull’interazione
dei volumi e dei corpi.
Guarda
che si vede!
È
a cura di
CLAUDIO
GUARDA
tutta un’altra cosa quando ci si imbatte in un’opera d’arte, l’originale,
che pure abbiamo ben impresso
nella memoria per averla vista e rivista nelle illustrazioni, cataloghi,
eccetera. In questo caso il senso di
déjà-vu non esiste, sappiamo bene
di che si tratta, conosciamo l’autore
e la fama dell’opera. L’incontro ravvicinato col capolavoro, però, ha
qualcosa di familiare, una sorta di
“guarda chi si vede!” che capita
quando si ritrova un amico. È la
sensazione che proviamo, ad esempio, davanti al famoso olio su tela di
Giovanni Segantini, “Raffigurazione
della primavera” che, non a caso, la
mostra milanese di Palazzo Reale ha
scelto come manifesto e l’editore
Skira come cover del catalogo dedicato. Lo stesso atteggiamento che
assumiamo davanti alle opere “rinascimentali” del Guercino, ospitate
dal Museo cantonale di Lugano.
E tra Ticino e Italia non mancano
le esposizioni che ci permettono di
MUSEO CANTONALE, LUGANO
Bramantino.
L’arte nuova del Rinascimento lombardo.
FINO ALL’11 GENNAIO 2015
2
Il Rinascimento
segue gli itinerari
del Settentrione
B
ramantino è l’autore della misteriosa “Fuga
in Egitto”, recentemente restaurata, che si
trova al Santuario della Madonna del Sasso.
Ma dal momento che molte cose su di lui devono
ancora essere messe a fuoco, la mostra al Museo
Cantonale (con relativo convegno internazionale)
è stata promossa come occasione di studio per situare la figura e l’opera dell’artista (documentato
a Milano dal 1480 al 1530) nello sviluppo delle arti in Lombardia tra ‘400 e ‘500.
Va detto che per il Ducato di Milano quegli
anni coincisero con un periodo politicamente assai travagliato – concluso con la sconfitta di Lu-
ADORAZIONE
DEI MAGI
A destra, l’olio
su tavola del
Guercino
56,8 × 55 cm
dovico il Moro nel 1499 e la conseguente occupazione da parte dei francesi – ma ricco di fermenti e di stimoli innovatori. Quanto all’arte, ciò
era dovuto soprattutto alla presenza quasi ventennale di due eminenti personalità, Leonardo e
Bramante, che però si allontanò da Milano non
appena caduti gli Sforza. Bramantino – per lunghi anni stretto collaboratore di Bramante, tanto
da ricavarne il soprannome – diventa allora il referente artistico dei nuovi dominatori francesi e,
contemporaneamente, si distingue come una
delle personalità più autorevoli del primo Cinquecento lombardo, tanto sul piano dell’arte pit-
Quadri, sculture,
gioielli... andar
per mostre
tra Ticino e Italia
ritrovarci a tu per tu con l’arte. In
questa breve carrellata proposta dal
critico Claudio Guarda, poi, non necessariamente l’arte dev’essere con
la A maiuscola. Ma il senso di stupore rimane intatto davanti alla serie di raffinatissimi oggetti esposti
alla Pinacoteca Züst di Rancate, con
quel pizzico di morboso voyerismo
d’antan che sollecitano doni e gioie
riservati alle promesse spose di alto
rango tra il XV e il XVI secolo. Tra
l’altro fornendo, involontariamente,
lo stesso habitat, le stesse corti in
cui s’aggirava Guercino.
Un “guarda chi si vede” che può
anche avere il sapore della scoperta,
la capacità di intuire un genere pittorico, come il Cubismo, anche se
affidato alla plasticità della scultura.
È il caso della retrospettiva dedicata
da Casa Rusca a Jacques Lipchtiz,
artista certo universalmente meno
noto del Segantini e, ovviamente,
pure del Guercino, ma in grado di
trasmettere inedite emozioni. e.r.b.
torica e architettonica, quanto su quello
della storia culturale e religiosa.
Proprio a Milano, infatti, verso il
1510, si tiene un Concilio di prelati e funzionari dissidenti che vorrebbero deporre il papa di Roma (Giulio II, occupato a
far affrescare la Sistina e le sue Stanze o
a progettare il suo monumento funebre)
per inaugurare una
nuova stagione di riforme e rigore della
Chiesa. Bramantino
consuona con quelle
aspirazioni, tanto
che anche la sua pittura comprime la vena narrativa, abbandona le preziosità
raffinate delle pitture quattrocentesche
per farsi via via più
astrattiva e filtrata,
visionaria e mentale.
Tra architetture sospese e panneggi
ampi, dalle cadenze
lente, con personaggi monumentali che sembrano smaterializzarsi avvolti come sono dentro una luminosità diffusa e ovattata.
L’esposizione ripercorre tutto l’itinerario culturale ed espressivo vissuto dall’artista, a partire dai suoi primi dipinti,
in cui si legge ancora un naturalismo basato su schemi quattrocenteschi, fino alle sue ultime opere. Tra queste, appun-
to, quella considerata “tra le più importanti testimonianze di epoca rinascimentale sul territorio ticinese”. Opera in
cui la rappresentazione della fuga si fa
silente e meditativa, l’incedere solenne
e pausato, mentre i colori si abbassano o
si tagliano tra loro, creando un tono più
intimo e serale. Simultaneamente, nel
corso della mostra,
l’opera del nostro
pittore è messa accanto a dipinti, disegni, miniature, sculture e oreficerie del
tempo. Abbinamento che da una parte
favorisce il confronto con altri artisti e
ne misura l’eventuale
distanza,
dall’altra evoca alcuni aspetti del ricco contesto culturale artistico e manifatturiero della civiltà lombarda ad
inizio Cinquecento.
Un grande studio e una mostra importante, che fanno di Bramantino una
delle personalità artistiche più emblematiche del Rinascimento settentrionale. Un protagonista che ha svolto un
grande ruolo nella cultura figurativa
lombarda tra Quattrocento e Cinquecento, lasciando influssi soprattutto sul Ferrari e sul Luini.
RAFFIGURAZIONE
DELLA
PRIMAVERA
Olio su tela,
116 × 227 cm
ella, molto bella!, la mostra coprodotta dal
Comune di Milano, da Skira Editore e Fondazione Mazzotta, per rendere omaggio a Giovanni Segantini. Artista celeberrimo per aver cantato la magnificenza delle Alpi, dai primi colli prealpini alle cime innevate ed inondate di luce dello
Schlafberg, percorrendo così - idealmente -, un
lungo viaggio di elevazione non solo fisica, ma anche pittorica e simbolica. Quel viaggio era però
partito ancor più in basso, dalle brume nebbiose di
Milano, sua patria d’adozione e spesso dimenticata
nelle rassegne sull’artista. Egli era infatti nato ad
Arco di Trento nel 1858, ma rimasto orfano sia di
madre che di padre a soli sette anni, verrà affidato a una
sorella maggiore residente a
Milano che se ne prenderà cura come potrà. Ci resterà fino
al 1881, quando lascerà la città e, passando per la Brianza,
arriverà in Svizzera. Quei sedici anni trascorsi a Milano,
però, sono fondamentali per
Segantini tanto come uomo
quanto come artista.
Ma anche lasciata l’Italia,
Milano rimarrà sempre al
centro dei suoi interessi. Non
solo perché lì operavano i suoi galleristi Grubicy,
ma anche perché, in quanto privo di passaporto,
Segantini non poteva viaggiare che in Italia. Milano era la sua finestra sul mondo, quello dell’arte
compreso. È lì, infatti, che apprende il suo primo
linguaggio di impronta ancora storico-naturalistico su cui si innestano gli stilemi della Scapigliatura, e poi ancora del Divisionismo, di cui sarà con-
siderato il grande maestro, ed infine del Simbolismo che rielaborerà in modo personalissimo e visionario. La capitale lombarda, insomma, fu per lui
una vera e propria patria dello spirito, la città di riferimento per tutta la sua breve vita.
Ecco allora che Milano oggi lo onora, ma vuol
anche rievocare i suoi anni milanesi e brianzoli
con opere mai viste prima o raramente esposte.
Da quelle degli esordi, con paesaggi, scene di interno, ritratti e nature morte dove naturalismo,
realismo e memorie scapigliate convivono ancora, fino al primo paesaggio monumentale, “Alla
stanga”, del 1886, il cui respiro già prelude alla
vastità delle prossime opere in territorio svizzero. A far da ponte, il famosissimo “Ave Maria a
trasbordo”, realizzato in Brianza, sul lago di Pusiano, ma qui esposto nella sua seconda versione; quella eseguita a Savognin, pure nel 1886,
che apre la stagione del divisionismo segantiniano, fatto di lunghi filamenti di diversificati colori
che irradiano una luce straordinaria.
Se inizialmente i paesaggi divisionisti di Savognin sono ancora naturalistici, poco alla volta, operando di sottili variazioni, lavorando sul disegno,
Segantini è abilissimo ad intensificare gli effetti
luministici, cromatici e spaziali del dipinto, così da
diffondere nell’opera il sentimento una grande pace e di un’armonia profonda, cosmica. Ed è quanto,
infine, conferisce al paesaggio alpino dell’Engadina la connotazione paradisiaca di un nuovo Eden,
luogo di ritrovata armonia tra uomo e natura.
E saranno proprio questi bellissimi dipinti a
scandire tutta la parte centrale e finale della mostra milanese, in una progressione che dalle prime
fasi divisioniste arriverà fino al trionfo di un simbolismo intriso di luce.
ANELLO
“MANIFEDE”
Anello con
pietra verde
cuoriforme,
fine XVI
secolo.
Manifattura
dell’Europa
centrale
PINACOTECA ZÜST, RANCATE
Doni d’amore. Donne e rituali
nel Rinascimento
FINO ALL’ 11 GENNAIO 2015
3
La delicatezza
pura ed eburnea
della femminilità
I
n un certo senso la rassegna
sui “doni d’amore” allestita
dalla Pinacoteca Züst di Rancate potrebbe venir letta come
un’amplificazione particolare
della rassegna che il Cantonale
dedica a Bramantino. Per quanto non incentrata sulla pittura e
territori lombardi, dà uno spaccato notevole della civiltà rinascimentale a livello di classi nobiliari o alto borghesi tra il XV e
il XVI secolo. Una rassegna non
priva di un pizzico di voyeurismo, che ci fa entrare fin nelle
stanze da letto di quei tempi,
svelandocene usi e costumi (anche intimi).
Articolata in tre sezioni, la
mostra permette al pubblico di
visionare una serie di raffinatissimi oggetti che venivano offerti alle donne delle classi più elevate per celebrare il fidanzamento, poi il matrimonio ed infine la nascita dell’erede. Un
susseguirsi di scoperte: dal cofanetto con piccoli rilievi in avorio, che veniva inviato come pegno d’amore alla fidanzata, ai
dipinti che illustrano usi e costumi dell’epoca; dai gioielli offerti dal marito ai guanti da cerimonia o ai cassoni dai frontoni
istoriati in cui riporre il corredo
nuziale. Corredo che include sempre esposte - mutande nuziali, pianelle rialzate e camicia
da notte. C’è anche un eccezionale desco da parto con stoviglie in maiolica che, secondo i
rituali dell’epoca, veniva utilizzato per servire alla puerpera il
primo pasto rinvigorente dopo il
parto.
Ma le scoperte vanno oltre,
perché quei doni contenevano
tutto un repertorio di messaggi
ed allusioni sessuali ed erotiche,
che andavano oltre la loro bellezza e rarità. Se, a un primo
sguardo, preziosità di materiali
e raffinatezza della lavorazione
ne segnalavano l’elevato valore,
la scelta di materiali o forme
sottintendevano spesso significati più intimi. Dal simbolo alla
richiesta, fino all’esplicito richiamo erotico. Se gli anelli detti “maninfede”, raffiguranti due
mani intrecciate, rinnovavano
la promessa di matrimonio, il
cofanetto coi suoi tesori alludeva alle gioie del grembo femminile, mentre il candore dei suoi
avori rinviava, per tradizione
letteraria, alla delicatezza
“eburnea” della femminilità.
Utilissimi sussidi didattici
guidano il visitatore attraverso
una mostra che non può esser
letta unicamente da un’angolatura estetica, ma anche sotto gli
aspetti socio-economici, gli usi
e costumi delle classi più ricche,
anche per acquisire potere politico grazie alle alleanze matrimoniali, fino al ruolo delegato
alla figura femminile in epoca
rinascimentale, da fanciulla posta sotto la tutela del padre a
sposa assoggettata al marito.
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
20 LE RUBRICHE
ilcaffètraparentesi
Animali.
BenEssere. I chili di troppo in giovane età
modificherebbero forma e funzionalità cardiaca
Al cane
due pasti al dì
al gatto...
più libertà
Il sovrappeso infantile
mette a rischio il cuore
CRISTINA GAVIRAGHI
I
chili di troppo non sono solo una questione estetica, anche per i bambini,
ma influenzano negativamente la loro
salute. E non c’è solo il rischio di diventare adulti ipertesi, cardiopatici e diabetici.
Analizzando il cuore di un ragazzino in
sovrappeso si capirebbe già che qualcosa
non va. Uno studio dell’Università di
Leipzig, pubblicato sul Journal of the
American College of Cardiology, ha considerato cento bambini di età compresa tra
i nove e i 16 anni, alcuni in sovrappeso e
altri no. “Grazie all’ecocardiografia bidimensionale abbiamo rilevato che il cuore
di chi era in sovrappeso aveva forma e
funzionalità diverse da quello di chi era
più magro - dichiara Morgan Mangner,
cardiologo dell’ateneo tedesco -. In parti-
colare i bambini con un girovita più abbondante presentavano camere cardiache più grandi e la parete del ventricolo
sinistro ispessita, sintomi di un cuore che
lavora più del dovuto. Non solo; anche altre analisi affettuate sui ragazzi indicavano delle anomalie: pressione arteriosa e
colesterolo “cattivo” Ldl più alti e livelli di
colesterolo “buono” Hdl inferiori rispetto
agli stessi parametri misurati nei bambini normopeso.
C’è ancora molto da studiare sull’argomento, ma per i ricercatori sembra
chiaro che i chili di troppo, anche in giovane età, influiscano negativamente sul
cuore. “Anche i piccoli cambiamenti di
pressione arteriosa riscontrati, sebbene
restino nei limiti della norma, contribuiscono a modificare forma e dimensioni
del muscolo cardiaco con dannosi effetti
sulla sua funzionalità”, dice ancora Mangner. A questo si aggiunge quanto mostrato in altri studi, dove un alto indice di
massa corporea da bimbi è stato correlato
con un’ipertrofia del ventricolo sinistro da
adulti, condizione che porta a una cattiva
efficienza cardiaca. Tutti motivi che spingono ancor più a intervenire per arginare
il dilagare dell’obesità tra i più piccoli, fenomeno dalle proporzioni epidemiche se
si pensa che nel mondo un bambino su
dieci, in età scolare, è obeso o in sovrappeso, numero ancor più elevato nei Paesi
sviluppati. Ma come frenare la diffusione
dei chili di troppo tra i più giovani?
La risposta degli esperti è unanime:
promuovere il più possibile i sani stili di
vita ovvero spingere i ragazzi verso diete
più salutari, con meno grassi e zuccheri e
più frutta e verdura, e a praticare attività
fisica. La cosa non sarebbe poi tanto difficile, almeno secondo uno studio Usa
pubblicato sul Journal of Pediatrics. Basterebbe cominciare a mangiare un po’ di
più in famiglia.
Da una ricerca decennale, condotta
su 2300 ragazzi, è emerso che il 60% degli adolescenti che non mangiava abitualmente a casa era in sovrappeso, mentre il
29% era un vero e proprio obeso. Secondo la ricerca, consumare settimanalmente uno o due pasti con mamma, papà e
fratelli diminuirebbe sensibilmente il rischio obesità. Tale abitudine aumenterebbe la probabilità di mangiare cibo più
sano e di adottare comportamenti più salutari prendendo esempio dai genitori, oltre a favorire un maggior benessere psicologico nei bambini tenendoli lontano
da comportamenti alimentari scorretti.
L
“L’ho scoperta
in chat osè”
Si allontani
e vedrà che...
S
iamo insieme da vari anni
e abbiamo una figlia. Per
un periodo la mia donna
passava il tempo sui social network. Una sera ho scoperto che
chattava in modo molto osé. È
scoppiata la bomba. Dopo varie
spiegazioni e il mio perdono,
abbiamo provato a ripartire. Lei
mi ha chiesto fiducia, io ho continuato a indagare. Nel suo telefonino ho trovato uomini che
la cercavano. Sono seguite lotte
e tentativi di dire basta. Credo
in lei anche se ha dato troppa
confidenza a gente, per lei amici ma per me “scopamici”. Giura che la chat era un gioco e
che non mi ha mai tradito fisicamente. Vivo la giornata con
l’ansia pensando che ogni volta
che tocca il telefonino ci sia un
sms di un uomo pronto a darle
quello che magari io non le do.
Facciamo di nuovo spesso
l’amore, ma i miei dubbi restano. La notte non dormo. Mi
manca la passione e vorrei che
appena la bimba dorme lei si
appiccichi a me. Sto male perché lei non ha questo bisogno e
ancor di più perché non sente il
mio. Vorrei morire. Vorrei qualcuno che si dedichi a me fino a
nausearmi. Devo farmi desiderare? No, ci sono troppi mosconi che non vedono l’ora di una
moglie trascurata. Farmi
l’amante? No, sarebbe per cattiveria. Sono talmente triste
che ho voglia di spararmi. Dovrei dormire, magari per sempre... Non si preoccupi che non
mi sparo.
La risposta
di Linda Rossi
C
apisco la sua sofferenza
constatando che la sua
amata Venere gioca, con
chat e telefonino, con altri uo-
mini in modo osé. Capisco che
questo possa riempirla d’ansia
e la faccia sentire inutile. Lei
vorrebbe che la sua donna, coricata la piccola, le si appiccichi
La moda.
LINDA D’ADDIO
I
E
gregio dottore, sono un
felice proprietario di un
cane e due gatti che vivono in appartamento; arrivo
a lei con un quesito che penso interessi tutti i proprietari
di animali. Non voglio parlare
delle tante malattie che affliggono i nostri amici, vorrei
invece chiederle quali sono
gli accorgimenti per una corretta somministrazione del cibo, in particolare dei pasti.
Sia per il cane che per il gatto, diversi anche in questo
ambito. Attendo i suoi preziosi ed apprezzati consigli e la
saluto cordialmente.
La risposta
di Stefano Boltri
Sesso e amore.
La lettera
La lettera
contro come a confermare lo
stesso bisogno che lei prova nei
suoi confronti. Da come si
esprime ho l’impressione che la
gelosia, dovuta a quanto ha
scoperto, l’ha portata a sviluppare una forma di dipendenza
nei confronti della sua donna.
Dipendenza che vorrebbe riscontrare anche in lei.
Eterno protagonista
lo stivale invernale
ncontrastati protagonisti delle passerelle invernali, non conoscono rivali per praticità e
comfort. Certo non tutti i modelli sono così
semplici e comodi da portare, ma rispetto alle
altre scarpe con tacchi e zeppe fasciano la gamba e la riparano dal freddo consentendo di non
abbandonare il fascino glam e femminile di
gonne e abiti anche nelle giornate più fredde.
Anche quest’anno i modelli che
hanno sfilato sui “carpet” delle maggiori griffe si sono sprecati: dalle varianti fascianti alle proposte a gamba
larga, dalle declinazioni più corte ai
cuissards che arrivano ben sopra al
ginocchio, dal genere amazzone ed
equitazione, per chi ama lo sport, alle
varianti più modaiole e femminili con
tacco e punta. I modelli più nuovi
“fanno il verso” a mocassini, anfibi,
sneakers. Ripropone addirittura la
staffa, simbolo della maison, lo stivale di Gucci in pelle, pitone, anche colorato. È uguale al mocassino, ma in
versione stivale, lucido, il modello di
Vuitton. Sul piede sono uguali alle
sneakers più tecniche, quelle amate
dalle “runner”, in pratica si spingono
su, su, fino ad arrivare appena sotto
il ginocchio con le stringhe, è questa
l’interpretazione sport dello stivale
di Chanel.
Ci sono anche i modelli che guardano agli
anni ’60, gli anni dei Beatles. Quando gli stivali
si portavano attillati sulla gamba. Così li fa sfilare Gucci. Sempre attillati il modello marrone
di Ariat e quello total black di Stuart Weitzman.
Tacchi spessi e alti, che ricordano invece gli an-
ni 70, per Valentino, a gamba alta e larga. Comunque non mancano i modelli base, da quelli
sportivi, stile equitazione o amazzone, a quelli
grintosi, rock, al genere camperos fino alle versioni più eleganti con tacco a spillo. Insomma,
che siano fascianti sulla gamba, diritti a cilindro, in pelle, vernice, addirittura in tweed. Bassi, alti, con rialzi o con para. C’è un modello per
ogni stile ed occasione. Da infilare
nei pantaloni o da portare anche con
gli abiti, di giorno e di sera.
Modello camperos con appeal da
vecchio West, con tacco quadrato, in
pelle invecchiata e anelli sui lati, li ha
proposti anche rossi stampa pitone e
neri in raso Tom Ford. Assolutamente
eleganti i modelli di Versace, traforati
con punta a spillo e lacci, rossi, neri,
colorati, al polpaccio o sopra al ginocchio, si portano tranquillamente con
gli abiti e di sera. Super-rialzati i modelli di Vivienne Westwood, stile anfibi o larghi al polpaccio, la stilista li
abbina a qualsiasi look, elegante e
sportivo, gonna corta e lunga, o dentro i pantaloni.
Larghi sulla gamba, gli stivali
mono o bicolori di Sportmax e Sacai.
Lucidi o borchiati i modelli di Saint
Laurent. Con para in gomma bianca il
modello di Alexander Wang nero con fascia alta
marrone. Grigi con zeppa gli stivali di Prada.
Patch multicolor per Valentino. Over-knee (sopra il ginocchio), di pelle con fibbia leone cognac quelli di Valentino Garavani, chevalier tubolare di pelle effetto used per Janet&Janet, in
suede con tacco gold per Loriblu.
Mi permetta però di dirle
che quanto ha fatto finora non
va nel senso vincente per far rinascere il desiderio nei suoi
confronti da parte della sua fidanzata. Come può un uomo
che si sente inutile essere desiderabile agli occhi della sua
donna? Malgrado l’apparente
contraddizione sarà proprio la
sua capacità di porsi a distanza,
fisica e psicologica, nei confronti della sua bella, che rintrodurrà un po’ di mistero, mistero dal
quale può nascere il sogno, sogno dal quale nasce, appunto, il
desiderio.
Se non ci crede, temendo
esattamente l’inverso, e cioè
che la sua donna
verrà
presa d’assalto dai cosiddetti mosconi soccombendo loro evidentemente, non
ha che da provare e
sarà molto sorpreso
del risultato. Non
sarebbe il primo e
nemmeno l’ultimo
a fare questa grande e positiva scoperta. Per riuscirci deve però riacquistare fiducia in se stesso. Usi
piuttosto quanto è successo per
far fare un passo avanti alla vostra coppia.
Sappia quindi che non saranno i controlli, le scenate e le
minacce che l’aiuteranno a
uscire da questa situazione,
portando la sua donna a rinunciare agli sms osé poiché scropre che il suo uomo ha già tutto
per farsi desiderare.
a natura di cani e gatti che
vivono allo stato selvatico
è quella di essere entrambi predatori; hanno infatti una
dentatura adatta a incidere,
strappare e masticare. Rispettto al gatto, il cane si può definire onnivoro, cacciatore in branco come il lupo, il gatto invece
è decisamente un carnivoro,
cacciatore solitario che mangia
piccole prede, cibandosi dei loro muscoli.
Detto questo si deve sfatare
una volta per tutte il mito del
pasto unico! Il cane deve mangiare, per mantenere il buono
stato l’apparato gastroenterico,
almeno due pasti al giorno. La
razione deve essere calcolata in
base al peso, all’attività fisica e
all’età. Un pasto unico, mangiato con foga viste le 24 ore di
digiuno, rischia di sovraccaricare lo stomaco e predispone
ad una serie di problemi digestivi, malassorbimento oltre
che alla temutissima torsione
gastrica. Il gatto invece, che
abbiamo visto essere cacciatore di piccole prede, dovrebbe
avere croccantini disponibili
per l’intero arco della giornata
e cibo umido una/due volte al
giorno. Per quanto riguarda
l’acqua, il cane ha un fabbisogno decisamente superiore a
quello del gatto, anche se nemmeno a quest’ultimo deve mai
mancare la ciotola con l’aqua
fresca a disposizione. Per il gatto vale sempre il consiglio di
disporre, come per il cibo, più
ciotole sparse per la casa.
Come è possibile acccorgersi che qualcosa, a livello di apparato gastroenterico, non
funziona? Ci sono in
effetti vari campanelli di allarme
rappresentati
da un calo di
peso in un
soggetto
che si alimenta normalmente;
c’è, ovviamente, il sintomo più fastidioso
della diarrea, soprattutto quando è maleodorante o con colorazioni decisamente anomale
che può essere associata a vomito e dolori addominali.
Senza entrare nel merito di
tutte le possibili cause di vomito, diarrea, perdita di peso, mi
limito a dire che spesso tutti
questi sintomi sono provocati
proprio da una alimentazione
scorretta.
Scrivi a LINDA ROSSI
psicoterapeuta e sessuologa
Scrivi a STEFANO BOLTRI
veterinario del Caffè
Posta: Linda Rossi – Il Caffè
Via Luini 19 - 6600 Locarno
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IL CAFFÈ
2 novembre 2014
21
Il wellness.
Non solo sforzo e fatica.
Ora in palestra entrano
dispositivi tecnologici
e singolari discipline
Le tecniche
1
2
3
4
5
6
L’EFFICACIA
DEL PILOXING
Una fusione tra la
potenza, la velocità
e l’agilità della boxe
con la flessibilità del
Pilates.
LO STRIDING
SOSTITUISCE LA BIKE
L’ultima evoluzione
dello spinning.
Si tratta di simulare
un percorso di
fatica, ma il tutto
si svolge su un
tapis roulant.
COL “NIA”
BRUCI CALORIE
Col Neuromuscolar
integrative action si
bruciano 1.300
calorie l’ora,
tra danza aerobica,
arti marziali e yoga.
COL WATSU
CI SI RILASSA
È un “bodywork”
e si pratica in acqua
a temperatura
isotermica, 35°
circa, in piscine alte
circa 110 cm.
E l’altro fitness
mette d’accordo
pigri e iperattivi
L’
aerobica è diventata
zumba, l’istruttore
di bodywork in acqua è un must. Susie
Ellis, pioniera delle
tendenze ci aggiorna costantemente. Su spafinder.com che
riunisce più di ventimila centri
benessere sparsi nel mondo, c’è
tutto, per i fondamentalisti
dell’ozio come per gli iperattivi.
E l’autunno è pieno di novità. Si
parte dal “wired wellness”. Entro il 2017 saranno venduti 252
milioni di dispositivi elettronici
per l’allenamento (le app sono
più di centomila), avremo magliette con elettrodi che misurano i parametri dell’organismo e
li spediscono al personal trainer,
e bracciali (Jawbone Up) per registrare l’attività fisica della
giornata. È il momento di provare il Piloxing, che mixa danza,
boxe e pilates. Ma cos’è?
Portato in Italia un anno fa
dalla ballerina svedese Viveca
Jensen, il Piloxing è piaciuto
molto a Rimini Wellness. Unisce
la potenza della boxe, l’elasticità
dello standing pilates e la grazia
della danza. Si fa a piedi nudi o
con calze antiscivolo per aumentare la resistenza. L’uso di guanti
con pesi incorporati da 250
grammi ciascuno permette di
tonificare le braccia. In un’ora si
vaporizzano anche 900 calorie e,
grazie alla struttura degli esercizi (interval training), si continua
a bruciare fino a 12 ore dopo l'allenamento. Però c’è chi preferisce lo Striding, tapis roulant a
ritmo di musica, in modalità assembleare. Tutti insieme appassionatamente in un salone di
striding-addict. O da soli, spe-
ciali tapis-roulant chiusi in sacchi pressurizzati per correre, basati sulla tecnologia della Nasa.
I pigri troveranno intrigante
il wellness sospeso, effetto as-
senza di gravità. Fasce, fili e nastri e agganciati al soffitto o a
supporti di metallo, permettono
di abbandonarsi e dondolare a
testa in giù in una forma di yoga
LE MANI
COME NUVOLE
Ruotare braccia,
polsi e mani con
movimenti a spirale
avvicinando
ripetutamente
la gamba destra
alla sinistra.
BOKWA FA RIMA
CON LIBERTÀ
Esercizi muscolari,
mosse di wrestling,
passi della danza
africana... un mix
stimolante e
divertente.
aereo. L’ispirazione arriva dagli
artisti del Cirque du Soleil, ma è
meglio evitare i confronti. Se il
problema è la rabbia repressa, e
avete bisogno di scaricarla senza
far male a nessuno, ecco la soluzione: percorsi di guerra, boxing, corse nel fango, training
ad alta intensità. Le Tough Mudder, tra le competizioni più dure
La novità
L’esperto
L’ultimo trend ginnico con gli antichi strumenti di divertimento
Danilo Vaudagna, personal trainer riabilitativo
I vecchi giochi rivisitati
da Dodgeball a Hula-Fit
S
tufi di pesi e tapis roulant?
In palestra vi annoiate nonostante i mille attrezzi?
Non siete tipi da wellness-relax?
L’ultima moda è recuperare i
vecchi giochi anche importandoli da altre culture, e usarli in
stile fitness. Con un pizzico di divertimento. Ecco le dritte.
“Dodgeball”, molto simile
a palla prigioniera, classico passatempo da bambini. Per praticarlo non è necessario essere in
dodici, divisi in due squadre, basta essere la metà e non badare
al punteggio. “Peteca”, invece,
arriva dal Brasile e risale a prima
della dominazione portoghese.
Si tratta di lanciarsi un volano in
gomma e piume al di là di
una rete come quella della pallavolo. Si gioca uno contro uno
(singolo) o due contro due (doppio). Va bene a qualsiasi età, tonifica le braccia, raddrizza la
schiena. Bocce, rilanciate dai vip
a Saint Tropez dove è un classico
giocare a “petanque” d’estate
sotto i platani della grande piazza rettangolare. Le partite con le
classiche bocce migliorano il coordinamento braccia-gambe, al
punto che la bella attrice Diane
Kruger ne è diventata una fan
scatenata. “Slackline” (letteralmente: filo molle), si pratica
camminando in equilibrio su
una corda piatta, che vibra e richiede concentrazione. Piace
molto ai giovanissimi. I veri atleti si esibiscono su corde tese in
linea retta fra tronchi e rami di
alti alberi, ma in realtà si pratica
tranquillamente anche a pochi
centimetri da terra. Lo “slacklining” mette in moto l’intera muscolatura, perfeziona l’equilibrio
e rafforza il corpo.
E ancora, l’Hula Hoop, divertente e vintage. Arriva direttamente dagli anni ‘50, ma a Seattle l’hanno riadottato nel 2012,
ribattezzandolo “Hula-Fit”. Far
ruotare i fianchi per non far scivolare il cerchio regala scioltezza e flessibilità rinforzando addominali, dorsali e glutei.
Insomma, snellisce
e tonifica proprio i
punti critici di molte
donne. Basta un
quarto d’ora al giorno per bruciare cento calorie. Infine
“Molky”, un gioco
finlandese molto popolare. Si
tratta di abbattere dodici birilli
di legno lanciando un cilindro da
tre-quattro metri di distanza (il
set si può comprare su Amazon).
Allunga i muscoli delle braccia,
rafforza le spalle. E se andate in
Finlandia, socializzate subito.
“Anaerobica e aerobica
un mix di facili esercizi”
N
el mondo del fitness non c’è più tanto da scoprire, le tecniche sono praticamente tutte conosciute - dice Danilo Vaudagna, personale
trainer specializzato nella riabilitazione -. Quello che
si può fare è un mix di esercizi”. Parola di esperto, visto che Vaudagna si occupa per lo più della riabilitazione di persone che hanno alle spalle un passato pesante, come tumori e chemioterapie o incidenti gravi.
“Il meglio della cura si ha con le applicazioni combinate - insiste -. Come l’allenamento a circuito, l’alternanza tra esercizi aerobici ed anaerobici. Ovvero, abbinare alla perdita di grasso il potenziamento muscolare. Solo così un corpo debilitato si rafforza”.
Comunque sia, per mantenerci in salute, il segreto è adottare uno stile di vita salutare. “Ottimi gli
esercizi di gruppo - sottolinea Jürg Heim, del Centro
Benessere Gimnasium di Castione -. Molti clienti sono
persone già un po’ anziane che hanno capito l’importanza degli esercizi che fanno lavorare i
muscoli”. Quindi basta pensare che servano solo a chi vuol pompare bicipiti e
quadricipiti. “Gli esercizi per rafforzare
la muscolatura non sono riservati ai bodybuilder - continua Heim -, anzi sono
fondamentali a tutte le età”.
Già, infatti, dai trent’anni in su la nostra muscolatura perde di tonicità e questo può anche essere causa di lievi infortuni, solo all’appararenza banali. “Esercitare la massa muscolare non serve solo ai più giovani”, avverte Heim che si compiace a vedere anche
over 70 alle prese con pesi, dischi e bilancieri. Non dei
novelli Schwarzenegger, ma delle persone attente alla loro salute. A qualsiasi età.
“Ma soprattutto coscienti - conclude Heim -, di
compiere così un importante lavoro di prevenzione
contro malattie come l’osteoporosi”.
o.r.
al mondo, contano una community con oltre 460mila partecipanti entusiasti. Divertenti le
Groov3 (Los Angeles), maratone
di danza con dj e musica dal vivo
che si concludono quando arriva
il limite fisico. C’è anche Nia
(acronimo di “Neuromuscular
integrative action”), una danza
aerobica di basso impatto tra arti marziali e yoga che fa fuori
1300 calorie in un’ora.
All’opposto, per chi cerca
equilibrio e relax senza troppa
fatica c’è l’astuta fusione tra yoga e shiatzu che ha generato vari tipi di watsu in acqua calda.
Un’immersione nella vasca hollywoodiana, 35/37° (l’altezza deve superare il metro e venti) e la
pressione delle dita cancella lo
stress. Divismi? Potrebbe essere, visto che, il Worldwide Aquatic Bodywork Association, si trova ad Harbin Hot Spring, proprio in California, a portata di
star. Ma in realtà fare watsu,
woga (water più yoga) e Ai Chi
(Tai Chi in acqua) è una tendenza wellness molto forte. Promette il rilassamento profondo, l’efficienza, il controllo. E si scopre
che, spruzzare l’acqua in cerchio
allunga la muscolatura laterale
del tronco e rafforza tutto il corpo. Che il Movimento Mani come Nuvole, aiuta golfisti e tennisti a giocare meglio. Che il
Movimento Luna Piena permette a una donna incinta di ascoltare il nuovo respiro dentro si
sé. E che l’Ai Chi Ni (Ai Chi di
coppia) può alleviare lo stress
del matrimonio, creando una comunicazione che permette di
ascoltare i desideri dell’altro.
Che aspettate a provare?
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La presente offerta
viene formulata
a nome e per conto
di Mondial Tours MT SA,
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PROGRAMMA DI VIAGGIO
28/12-03/01
1. Giorno: Viaggio di andata per Malta
2. Giorno: «L’interessante cuore di Malta»
3. Giorno: «Gozo – la pittoresca isola sorella» (facoltativo)
4. Giorno: «Il sorprendente sud dell’isola (facoltativo) e festone di capodanno (incluso)
5. Giorno: Gita «Tre città e viaggio panoramico» (facoltativa)
6. Giorno: Visita di Valletta e la «Malta Experience Multivisionsshow»
7. Giorno: Viaggio di ritorno
Prenotabili a parte:
1’295.-
- «Gozo – la pittoresca isola sorella» (incl. Traghetto): Fr. 85.- «Il sorprendente sud dell’isola»: Fr. 75.- «Tre città e viaggio panoramico»: Fr. 50.Inclusa cena di gala di Capodanno
Prezzo speciale per tutte le escursioni: Fr. 190.Supplemento per camera singola: Fr. 150.-
prezzo per persona
in camera matrimoniale
Foto: con la gentile concessione dell’ufficio turistico di Malta
Per informazioni e prenotazioni contattare:
Mondial Tours - Via Vallemaggia 73, 6600 Locarno-Solduno; Tel. 091 752 35 20; Fax 091 752 35 18; e-mail: [email protected]
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
ilcaffètraparentesi 23
La salute.
Materiali inquinanti,
sostanze acide,
prodotti tossici...
Li inaliamo tutti i giorni
1
IL FORNO A MICROONDE
È comodo, ma bisogna fare
molta attenzione al tipo di
materiale utilizzato: mai in
plastica e derivati
Tra le mu
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mille vele
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l’aria è tut li ambienti chiusi
t’altro che
salubre
LINDA D’ADDIO
C
asa, dolce casa. Mica tanto,
visti i recenti studi sull’inquinamento indoor. Se è vero che
trascorriamo circa l’80% del
nostro tempo dentro le mura
domestiche, o perlomeno in ambienti
chiusi, abitazioni private, scuole, uffici,
spazi pubblici e privati dovremmo iniziare a preoccuparci seriamente. I dati sulla
purezza dell’aria che respiriamo non sono per niente rassicuranti. A sottolinearlo è pure l’Acsi, Associazione consumatrici della Svizzera italiana, che evidenzia
la bassa qualità dell’aria che respiriamo
giornalmente negli ambienti chiusi. Le
conseguenze? Rischi maggiori di irritazioni, infezioni respiratorie, sensibilizzazioni allergiche ed effetti sul sistema riproduttivo, ormonale o immunitario
Tanto per cominciare, rispetto all’aria
esterna, costantemente monitorata dalle
centraline di misurazione sparse sul territorio cantonale, dentro gli edifici non vi
sono controlli. Oltre alla presenza di gas
radon nelle abitazioni, problema di cui si
è più volte parlato anche in Ticino, gli
ambienti chiusi possono contenere altre
sostanze inquinanti, incolori e inodori,
dannose per la nostra salute. Sostanze
chimiche e biologiche provenienti dai
materiali di costruzione, ma pure dagli
arredi e dalle nostre attività casalinghe
quotidiane: lavori di bricolage, sigarette,
fumo, pulizie domestiche. E proprio i
prodotti usati per queste ultime, possono
contenere percentuali pericolosamente
alte di metalli pesanti, sostanze acide o
alcaline che nel tempo potrebbero causare fastidiose irritazioni.
Non solo. L’esposizione a più fattori
inquinanti contemporaneamente e la
temperatura interna unitamente ai tassi
di umidità elevati, aumentano la proliferazione e la diffusione di microorganismi
come muffe e acari. Ovviamente, le conseguenze per la salute dipendono molto
dalla durata di esposizione. Ma spesso
quando i segnali d’allarme si palesano il
danno è fatto. “Irritazioni agli occhi, alle
mucose e aumento dei problemi respiratori - spiega Jean Pierre Lantin, specialista in allergologia e immunologia clinica
-. Un fenomeno in aumento da quando
negli anni ’70 con la crisi petrolifera si è
cercato di ridurre al minimo gli spifferi e
le dispersioni di calore nelle abitazioni.
Sembrerebbe un controsenso, ma quanto più gli ambienti risultano isolati tanto
più gli acari proliferano. Le conseguenze? Congiuntiviti croniche e asma”.
Ma non è finita qui. Non solo materiali inquinanti e irritanti, detersivi troppo
aggressivi. Un’altra fonte di malessere
tra le mura domestiche sono i peli di animali e visto che nelle case elvetiche, tanto per fare un esempio, vivono 500mila
cani, oltre il doppio di gatti, ci possiamo
immaginare quanto il problema sia vasto. Anche le muffe proliferano proprio
grazie all’isolamento termico e causano
fastidiose asme. Problemi più transitori,
invece, in termini di irritazioni ed allergie possono essere causati dalla formaldeide rilevata nei mobili e nelle pitture. E
per concludere in aumento anche la “sindrome dello stabile malato”, altrimenti
conosciuta come “Sick Building Syndrome”, la quale può innescare tutta una serie di meccanismi irritativi, mal di testa,
pruriti, fastidio agli occhi, fotofobie… la
conseguenza di materiali tossici e sostanze chimiche contenute nelle vernici
e nelle lacche dei mobili e del parquet.
[email protected]
2
3
LE CANDELE
Da abolire quelle composte
da paraffina che emettono
sostanze tossiche come ad
esempio la fuliggine
GLI ANTIPARASSITARI
Contro pulci, zecche o
pidocchi non utilizzare
pesticidi a base di lindano.
Esistono sistemi naturali
4
I DETERSIVI
Sostanze cancerogene si
trovano spesso anche nei
detersivi e nei deodoranti
per l'ambiente
I vestiti
Il pediatra
Anche gli abiti
possono
nascondere
seri pericoli
“Attenti a fumo
e cloro,
minacciano
i più piccoli”
U
S
n nuovo rapporto di Greenpeace International ha
rivelato la presenza di sostanze chimiche pericolose negli abiti, soprattutto in quelli dei
bambini, di alcuni dei più famosi marchi dell’alta moda: da
Versace a Dolce&Gabbana. Greenpeace ha testato una trentina
di prodotti di otto aziende, tutte
italiane. La metà dei campioni
sono risultati positivi per una o
più delle seguenti sostanze chimiche: nonilfenoli etossilati,
ftalati, composti perflorurati e
polifluorurati e antimonio.
Fortunatamente alcuni marchi, come Valentino e Burberry,
stanno correndo ai ripari, assumendo l’impegno Detox per le
loro filiere, dimostrando così
che si possono produrre capi di
prestigio senza danneggiare
l’ambiente. A tutt’oggi sono
una ventina le aziende produttrici di moda che hanno sottoscritto l’impegno Detox di Greenpeace. L’obiettivo è di assicurare la trasparenza, richiedendo
ai propri fornitori di pubblicare i
dati sugli scarichi delle sostanze
chimiche pericolose, ma soprattutto si punta ad azzerare tali
elementi dannosi per la salute entro il
2020. L’ha fatto anche uno
dei colossi della moda low
cost, Zara. In
sostanza,
Greepeace ha
spiegato che i
nonifenoli,
usati come detergenti nell’industria tessile rappresentano, anche a
bassi livelli,
una grave minaccia per l’ambiente e per la
salute umana, in grado di alterare lo sviluppo sessuale e avere
effetti sul sistema riproduttivo.
Tornando all’abbigliamento
per i più piccoli, lo studio “Piccoli mostri nell’armadio”, di
Greepeace Asia, ha testato 82
articoli di marchi sportivi e di
lusso, acquistati in 25 Paesi diversi. Risultato? In almeno un
prodotto per marchio sono state
rilevate sostanze chimiche nocive per l’uomo.
e i risultati degli studi effettuati dall’Organizzazione Mondiale della Salute
sull’inquinamento
“indoor”
hanno acceso un campanello di
allarme, che dire dei pericoli per
la salute dei nostri figli? Sono
proprio loro i soggetti più a rischio in quanto trascorrono
l’80-90% del tempo in ambienti
chiusi. Nei mobili, nei detersivi,
nei giocattoli, negli abiti, i pericoli si possono nascondere
ovunque. Il rischio più insidioso
per i piccoli rimane, comunque,
il fumo passivo. “È il maggiore
responsabile, il colpevole numero uno del cosiddetto inquinamento indoor - precisa il pediatra Giovanni Rossetti -. Le conseguenze possono anche essere
molto gravi come la morte bianca, ovvero il decesso nel sonno
al di sotto di un anno di età.
Inoltre il fumo passivo provoca
infezioni delle vie respiratorie
superiori e l’aumento del rischio
di asma in età adulta”.
In questo caso i responsabili
sono i genitori, troppo spesso
sottovalutano il problema e si
giustificano dicendo di fumare
solo in assenza del figlio. Ma non
cambia nulla. “Pareti, stoffe,
tappeti e i mobili negli ambienti
chiusi trattengono le sostanze
dannose”, sottolinea il pediatra.
Fortunatamente, altre fonti
potenzialmente pericolose alla
prova dei fatti si rivelano più
neutre. “Dai cosmetici ai detergenti per la casa, solitamente
utilizzati lontano dai bambini,
raramente provocano casi di
asma infantile”, tranquillizza
Rossetti. C’è però un elemento
di rischio da non sottovalutare,
che rientra nei numerosi sistemi
di disinfezione: il cloro, presente
nell’acqua delle piscine. “I vapori emanati dal cloro - spiega il
medico - sono molto tossici per i
polmoni dei bambini al di sotto
dei 3 anni, ancora peggio del fumo passivo. È dunque meglio
evitare le piscine con i bimbi
troppo piccoli”.
Infine, un accenno ai giocattoli. Quelli in vendita in Ticino
sottostanno a normative e controlli molto rigorosi. Vanno invece evitati quelli provenienti da
Paesi in cui la legge è meno severa. Meglio un balocco in meno, ma che non metta a rischio
la salute dei nostri figli.
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
24
Le auto.
La nuova Lexus
Nx Hybrid
è studiata
per ritmi
da città,ma
anche per chi
cerca dinamismo
Tutta la comodità a bordo
viaggia su un Suv di lusso
STEFANO PESCIA
D
opo il lancio della versione 400h nel
2005 Lexus aveva veramente bisogno di proporre un nuovo veicolo con
il Dna di un Suv. Con l’Nx Hybrid (lunga
4,63 m e con un passo di 2,66 m), ha affermato Takeaki Kato, ingegnere responsabile
del progetto del compatto Suv, è stato studiato un prodotto per adattarsi alle esigenze
di tutti i giorni così come ad uno stile di vita
più dinamico, durante il tempo libero. In effetti il “Premium Urban Sports Gear” come
viene definito da Lexus, è accattivante per il
design ma anche per le numerose dotazioni
tecnologiche e la qualità di cui dispone.
A livello di linea il cliente ha la possibilità di scegliere una versione più dinamica
nell’allestimento F Sport, che si caratterizza
per l’ampia griglia nel frontale, interni più
sportivi e un sistema di ammortizzatori sviluppato espressamente per questo modello.
Inoltre, il prezzo di vendita, da 52’800 franchi,
rispetta
l’equilibrato
rapporto
prezzo/prestazioni. Un aspetto che permetterà al costruttore di acquisire una nuova
clientela grazie anche all’andamento globale
del mercato. Infatti, la domanda per i Suv
compatti è cresciuta 7 volte negli ultimi 7 an-
ni, e sembra destinata a raggiungere il milione di unità l’anno entro il 2015. L’Nx Hybrid,
disponibile sia con la trazione anteriore, sia
integrale e delle versatili soluzioni in termini
di abitabilità e capacità di carico. Il veicolo si
presenta con un’anteprima nel segmento,
con una configurazione dei sedili posteriori
40:60 che si possono ripiegare elettricamente mediante i controlli presenti sul pannello
strumenti, nel bagagliaio e sui due lati dei
sedili posteriori. Il bagagliaio si dimostra a
sua volta pratico e spazioso. La massima larghezza di carico è pari a 1.347 mm, con un
altro vano di carico disponibile sotto il pianale, per un totale di 1.600 litri. Tra gli elementi invidiabili vi sono sicuramente i sedili, super comodi come quelli del vostro divano.
Nx Hybrid con motore quattro cilindri
benzina 2.5 litri e due motori elettrici, ottiene una potenza combinata totale di 197 cavalli, con dei consumi pari a 5.1 l/100 km.
L’efficiente trasmissione ibrida del nuovo
Nx Hybrid assicura emissioni pari a 117 g di
Co2. Il cambio è elettronico a variazione
continua. Come altri veicoli simili si tratta di
una soluzione di motorizzazione che permette un marcato risparmio di carburante
nella circolazione cittadina. La trazione integrale del nuovo Nx Hybrid è garantita dal
sistema E-Four di Lexus, che impiega un
motore elettrico aggiuntivo per offrire trazione sull’asse posteriore in caso di necessità. L’aderenza, il controllo e l’agilità della
vettura sono stati incrementati grazie a diverse innovazioni, tra cui un raffinato differenziale anteriore e il controllo dei livelli di
imbardata, disponibile su tutti i modelli a
trazione integrale.
Nell’abitacolo il conducente ha la possibilità di beneficiare di un’ampia dotazione
dei dispositivi dal contenuto altamente tecnologico e pratico. Tra questi il Lexus Wireless Charger, posizionato sulla console centrale, che consente la ricarica wireless del
proprio Smartphone semplicemente appoggiandolo sopra l’area dedicata, senza necessità di alcun cavo. Inoltre dispone della telecamera Panoramic View Monitor che consente una visuale a 360°, di un nuovo display
multifunzione che include il primo G-Sensor
e l’Head-Up Display da 6,2 pollici. Se volete
la versione tradizionale con il motore benzina quattro cilindri turbo di 2 litri da 238 cavalli, la trazione integrale e il cambio automatuico a 6 rapporti con modalità sequenziale, il prezzo di listino parte da 59’700
franchi.
[email protected]
LE CARATTERISTICHE
TECNICHE E I CONSUMI
Nx Hybrid con un
motore quattro cilindri
benzina 2.5 litri e due
motori elettrici, ottiene
una potenza combinata
totale di 197 cavalli,
con dei consumi pari a
5.1 l/100 km. Il cambio
è elettronico a
variazione continua e le
emissioni di Co2 sono
molto limitate: 117 g
al chilometro
Ti-Press
LA SUZUKI
Dovrebbe arrivare a primavera
2015 la nuova Vitara. Costruita
sulla piattaforma della Swift sarà
disponibile con motori benzina,
diesel e 4x4
La scheda
Fiat 500 Cult
Sulle strade del Mendrisiotto
LA KIA
entro fine anno sarà pronta
la versione elettrica della Soul con
un’autonomia di ca. 200 km.
Sarà l’unica vettura a emissioni
zero con una garanzia di 7 anni
o 150.000 km
LA TOYOTA Mobilità economica? La i-Road,
potrebbe essere un’alternativa,
a tre ruote e due motori elettrici,
è un misto scooter/auto,
con un’autonomia di circa 50 km
Tra curve e salite
caccia ai fossili
sul San Giorgio
L
a rinascita della 500 ha permesso a
Fiat di presentare una gamma di
versioni in chiave moderna. Il suo
essere una vettura piccola, a tre porte, 4
posti con una lunghezza di 355 cm, un
bagagliaio da 185 a 530 litri non la penalizza. Chi desidera un veicolo per muoversi comodamente può approfittare anche dello sterzo che si può alleggerire
premendo il tasto City. Per permettere alla clientela di avere a disposizione un
modello, dove consumo e potenza si ritrovano a braccetto, Fiat propone questa
versione Cult con un motore benzina dalla cilindrata inferiore a un litro, con la
tecnologia bicilindrica e turbocompressore in grado di erogare una potenza di
ben 105 cavalli, con sistema start/stop.
Nella versione Cult è il modello meglio
equipaggiato, con di serie anche l’allestimento degli interni in pelle Poltrone
Frau, tetto e spoiler posteriore in colore
nero.
Ci aspetta una sfida interessante soprattutto per valutare come l’auto si
comporta sui percorsi in salita. Per l’occasione decidiamo quindi di abbinare la
storia del nostro territorio a un’automobile innovativa, dal nuovo colore verde
pastello (500 franchi aggiuntivi), andando a visitare il Museo dei fossili del Monte San Giorgio a Meride. Se qualcuno non
sapesse come arrivarci è sufficiente digitare la destinazione nel navigatore. Una
pratica soluzione disponibile anche sulla
nostra 500, con il sistema di navigazione
integrato Blu&Me TomTom Live 2. Avviando la vettura il conducente ha un’ot-
Motore
bicilindrico
Cilindrata (ccm)
857 cc
Cambio
manuale a 6 marce
CV
105
Coppia max. 145 Nm a 2000 g/min
0-100 km/h (s)
10
Velocità massima (km/h) 188
Consumi (l/100 km)
ca.6
Prezzo (base)
tima visuale sul quadro dei principali
strumenti, raggruppati in un chiaro display da 7 pollici.
Il percorso più interessante è quello
che ci porta da Mendrisio ad Arzo, lungo
le numerose curve e la pendenza della
strada. Su questo tracciato la limitata cilindrata del motore richiede un piccolo
aiuto. È sufficiente premere il tasto sport
e il motore diventa più aggressivo facilitando il compito dell’auto, senza dover
utilizzare eccesivamente il cambio manuale a sei marce. Per facilitare la trasferta e ottimizzare i consumi cerchiamo
di adottare uno stile di guida parsimonioso, evitando di cambiare le marce sopra i
2.500 giri al minuto. Arrivati a Meride
entriamo nel Museo progettato dall’architetto Mario Botta e patrimonio mon-
25’490.- Chf
diale dell’Unesco. Un’affascinante visita
grazie anche all’eccellente qualità di conservazione dei reperti e alla loro varietà.
I fossili del Monte San Giorgio sono stati
portati alla luce e analizzati a partire dal
1850, ma datano dai 243 ai 239 milioni
di anni fa. A far la parte del leone sono i
fossili di animali e di piante, arricchiti da
brevi spiegazioni e da alcuni modelli tridimensionali degli stessi come pure la ricostruzione grafica dell’ambiente marino
dell’epoca. Interessante è pure la sezione
che presenta la storia degli scavi palentologici del San Giorgio. Rientrati a casa
è il momento di un piccolo bilancio. Il
consumo medio è stato di circa 6 litri e
lodevole ci è sembrato il comportamento
del propulsore che non fa assolutamente
rimpiangere il precedente 1,4 litri.
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
sposa che la ruva ”
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la sosra morta
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“Di notte ogni donna è una luna”
Leventina
25
Tunisia
La curiosità
Nozze,bellezza,
amori e sesso
in un libro che
esplora un universo
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ice il saggio: “Una donna con i piedi
grandi finisce per dormire da sola”.
Nessuno infatti sposerà una donna
così perché, stando al detto popolare,
se ha i piedi grandi è pure intelligente e quindi destinata a restare sola. Fa sorridere,
certo. Eppure questo proverbio, in forme diverse
ma con un comune senso, spazia dalla Cina all’India. Ma ne esistono milioni di adagi popolari sulle
donne. Mineke Schipper, antropologa olandese
che ha insegnato in mezzo mondo, da Berkeley a
Pechino, per oltre 15 anni si è divertita a catalogare migliaia di modi di dire sul pianeta femminile. Ne ha selezionati 14mila di ben 150 Paesi differenti e li ha pubblicati in un libro di successo,
oggi tradotto in oltre 10 lingue e che a metà novembre uscirà anche in italiano con il titolo “Meglio zitella che mal maritata” (edizione Ponte delle
grazie).
È un percorso spassoso attraverso secoli e continenti, fra pregiudizi, battute al curaro, musicali,
schiette, da leggere con leggerezza e complicità,
con il senso che l’autrice ha voluto dare a questa
ricerca. E cioè che si pensa sempre alle civiltà co-
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State attenti alle donne
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Il giro del mondo tra i“detti”popolari
struite sulle differenze culturali, mentre invece ci
sono fortissime somiglianze nei modi di pensare e
di agire, come nelle tradizioni. Anche a migliaia di
chilometri di distanza. Spiega Mineke Schipper: “I
proverbi sulle donne forniscono uno specchio affascinante alla visione essenzialmente maschile
di ciò che dovrebbe essere la femminilità ideale”.
Basta, allora, aprire il libro. E far scorrere le pagine come se si facesse ruotare un mappamondo. Il
valore della donna? “Se si ha una buona moglie, a
che serve il paradiso?”, recitano in Bulgaria. La
bellezza? “Al buio, da lontano e sotto un ombrello
ogni donna sembra bella”, ricordano i giapponesi,
mentre gli arabi declinano così lo stesso concetto:
Þ‹‹®flÒاϧ
“La bellezza non riempie la pancia”. In Giamaica
dicono “donna bella, grossi guai”. I russi sono i
più concreti: “Bellezza, mezza ricchezza”. Brucianti pure le battute sulle nubili. “Una zitella non
sarà mai vedova”, si ironizz sia in ladino che in
ebraico. Un po’ come si dice in Leventina e come
riporta una ricerca di Alina Borioli: “Per quietar la
donna datele marito”. E sul matrimonio si ricorda:
“Dopo la luna det mer u vegn chela det fér (dopo
la luna di miele viene quella di fiele)”.
In Ghana, invece, si avverte: “Una moglie è come
una coperta, se ti copre ti irrita, se ti scopre hai
freddo”. In Russia: “L’amore mette le ali, il matrimonio le stampelle”. Sarcastici in Leventina, sulle
parentele: “Fürtüneda chela sposa che la ruva sula porta e la trova la sosra morta” (fortunata quella sposa che arriva sulla porta e trova la suocera
morta). E ancora: “Un bravo cane - si ripetono i cinesi - non ammazza i polli, un bravo marito non
picchia la moglie”. E sempre in Leventina usano
dire: “Arogi, feman e fer da tai, le brut a indùvinai
(orologi, donne e ferri da taglio è difficile indovinarli)”. Già, tutto il mondo è paese.
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LEGUIDE
Pagina a cura di
Ferrovie Federali Svizzere
GLIITINERARI
Maggiori informazioni
ffs.ch/avvento
La promozione Offerte combinate di RailAway Ffs
con speciali tariffe di trasporto e acquisto dei souvenir
Mercatini di Natale,
la festa può iniziare
Tanta voglia di Natale, cosa c’è di meglio di un
giro ai mercatini? Tra le molte proposte che
caratterizzano il periodo dell’Avvento ecco le
offerte combinate di RailAway Ffs che uniscono lo sconto sul viaggio ai prezzi speciali su
souvenir e prodotti promozionali, un modo per
accoppiare lo shopping al turismo partendo da
una delle più rinomate città dove il periodo
pre-natalizio si trasforma in una grande festa
per tutti.
Benvenuti a Costanza, allora, sulle sponde dell’omonimo lago. Ed è proprio tra la maestosa
cattedrale Münster e il Reno che si sviluppa il
cuore del centro storico dove viene organizzato uno dei mercatini più belli della Germania
con le bancherelle di 130 artigiani e commercianti locali che arrivano fino al porto tra decorazioni, oggetti in legno, leccornie e dolciu-
mi. Non solo. Nel porto è ormeggiata una nave
che ospita altri stand con prodotti di ogni tipo.
È così possibile conoscere da vicino l’anima di
questa città che affonda le sue profonde radici nella storia ma sa guardare con vitalità ed
entusiasmo al futuro. Il mercatino ne è la perfetta testimonianza. Per l’occasione, allora,
l’offerta combinata Mercatino di Natale: viaggio in treno (50%) per Costanza e ritorno, una
tazza Souvenir con vin brulé o punsch (50%)
e una bottiglia di vin brulé o punsch in una
borsa regalo (50%). La proposta è valida dal
27 novembre al 22 dicembre.
Costanza è un gioiello, non da meno è Lucerna. Nella città del Kapellbrücke si snoda un
mercatino che non ha nulla da invidiare a quelli più famosi del nord e centro Europa in un
contesto che vede la città attorniata dalle Alpi
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e affacciata sul Lago dei Quattro Cantoni trasformarsi in paradiso del Natale. È qui, infatti,
che si può trovare davvero di tutto e trascorrere il proprio tempo immersi nella tipica atmosfera di festa con canti, musiche e ogni tipo di
dono. L’offerta combinata Mercatino di Natale
Lucerna: viaggio in treno (30%) per Lucerna e
ritorno, una tazza della Torre dell'acqua contenente 150 grammi di mandorle tostate (30%).
La proposta è valida dal 4 al 21 dicembre.
A Zurigo l’atmosfera è altrettanto incantevole
con un mercatino che prevede anche concerti
ed eventi come il tradizionale Lichterschwimmen, cioè le luci galleggianti sul fiume Limmat. Offerta combinata Mercatino di Natale
Zurigo: viaggio in treno (30%, in Zvv 10%) per
Zurigo e ritorno, 2 bottiglie di vin brulé (30%),
una porzione di raclette con pane dalla Raclet-
testube (30%), un sacco sportivo di Zurigo
(30%). Offerta valida dal 20 novembre al 24
dicembre.
A Basilea, invece, c’è uno dei più grandi e suggestivi mercatini della Svizzera visto che si
estende nella Barfüsserplatz e nella Münsterplatz dove viene collocato lo splendido albero
di Natale decorato in modo così raffinato da
trasformarlo in un’opera d’arte. Offerta combinata Natale a Basilea: viaggio in treno (30%)
per Basilea Ffs e ritorno, trasferimento (30%)
per Barfusserplatz e ritorno, una tazza di vin
brulé/té (incl. depot) (30%), una porzione di raclette (30%) e un condimento alle erbe per raclette (30%). La proposta è valida dal 27 novembre al 23 dicembre.
Nello stupendo mondo dei mercatini non può
mancare il Ticino con Lugano e Locarno in pri-
mo piano. A Lugano la zona pedonale si trasforma in un fantastico villaggio di Natale dove
piccoli chalet gastronomici delizieranno il palato dei visitatori. Offerta combinata Natale in
piazza: viaggio in treno (30%) per Lugano e ritorno, buono consumazione del valore di 10
franchi (30%). La proposta è valida dall'1 al 24
dicembre. A Locarno il fascino del lago si unisce a quello del mercatino con la piazza Grande che si trasforma in un fantastico palcoscenico per il pattinaggio sul ghiaccio. Offerta
combinata Locarno, la città del Natale: viaggio
in treno (30%) per Locarno e ritorno, buono
consumazione del valore di 10 franchi (30%)
da riscuotere presso gli igloo o al bar esterno
di “Locarno on Ice”. La proposta è valida dal
27 novembre 2014 al 6 gennaio 2015.
Non resta che prenotarsi, il Natale si avvicina!
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IL CAFFÈ
2 novembre 2014
27
La ricerca. Le verdure
e i legumi sono buoni.Ma
come convincere i bambini?
alimentare è prioritaria - osserva la dietista Natasha Russo -. Si
inizia ancora prima della nascita. Quando una madre è incinta,
se mangia verdure in buona
quantità, aiuterà il figlio ad apprezzarle”. Già, eppure per quasi tutti i genitori è una lotta quotidiana. “Ci sono anche ragioni
genetiche - spiega la dietista -.
Fino all’adolescenza c’è qualcosa di innato in noi che ci mette in
allarme contro ciò che è amaro.
Il segnale che arriva al cervello
è: attento potrebbe essere veleno”. Ecco spiegato l’arduo compito di mamma e papà, che devono convincere del contrario i
figli.
“Sono due i consigli che propongo - continua Russo -. Il primo è di mischiare la verdura con
altri alimenti per toglierle il gusto amaro. Oppure scegliere una
cottura al vapore. Il secondo è di
far partecipare i piccoli alla preparazione dei cibi. Un minestrone che hanno aiutato a fare è
sempre più gustoso”. Infine, importante il buon esempio. Mangiare cibi fast food ogni giorno
non è un bell’insegnamento.
Davanti ai bambini è sempre
meglio addentare una mela che
aprire un pacchetto di chips”.
o.r.
“I cavoli li mangio,
ma solo se posso
cucinarli anch’io”
Q
uella a favore di verdura e legumi a tavola è una lotta persa in partenza, secondo molti genitori. I bambini sembrano già nascere con un’istintiva insofferenza a carote, finocchi, cavolfiori, ceci e piselli. Ortaggi e legumi tanto odiati! Chissà cosa
ha in più il giallo incerto delle
patatine fritte rispetto all’invi-
tante arancione delle carote o al
rosso intenso di pomodori e peperoni.
Per risolvere il problema si è
addirittura scomodata l’Unione
europea, in collaborazione con
l’Istituto francese per le ricerche
agricole, sviluppando un progetto chiamato “HabEat”, una contrazione dall’inglese “abituati a
mangiare”. Dopo aver interpellato 18mila famiglie con figli, ha
elaborato un decalogo (vedi sotto)
che aiuta i genitori a
far accettare le verdure ai pargoli recalcitranti. E che consiglia
cosa evitare per non
peggiorare la situazione.
I suggerimenti chiave sono l’esempio e il coinvolgimento nella preparazione
dei piatti. “L’educazione
Il decalogo
ESSERE
TENACI
Può andare
male alla prima
occasione con
le verdure.
Ritentare più
volte alla
settimana è una
buona cosa
PUNTARE
DARE SEMPRE
ALLA VARIETÀ
IL BUON ESEMPIO
Variate le ricette
Mangiate sano
per dare ai
davanti ai vostri
legumi gusti
figli. Per i golosi
nuovi. E
del fast food
soprattutto
sarà infatti
alternateli. Una
difficile
volta ceci, l’altra
convincerli a far
fave e piselli
meglio di voi
AÈ]
] (42
NIENTE TERRORISMO COINVOLGETE
PSICOLOGICO
I FIGLI IN CUCINA
I ricatti non
Fatevi aiutare in
servono a nulla.
cucina e magari
Anzi, si rischia
preparate un
di ottenere il
piccolo orto sul
risultato
balcone. Le
opposto, con un
cose fatte con
rifiuto totale di
le proprie mani
frutta e verdura
sono preziose
DI TUTTO, SÌ
MA A PICCOLE DOSI
No ai piatti
stracolmi. Le
novità sono
meglio
accettate se
proposte in
piccole e
dosate quantità
Ÿøø®flÒاϧ
PRESENTAZIONI
ESCOGITATE
FANTASIOSE
QUALCHE TRUCCO
Mettete l’allegria
La verdura nei
nei piatti in
ravioli o nelle
tavola. Delle
omelette, le
presentazioni
polpette a
allettanti aiutano
forma di pesce
i più piccoli ad
o fette di frutta
accettare i gusti
a forma di
“strani”
stella. Infallibili!
NO AL CIBO
COME PREMIO
Premiare con
un dolce a fine
pasto lo sforzo
fatto nel
mangiare la
verdura può
compromettere
tutto. Evitare!
ALMENO UN JOLLY
SETTIMANALE
Un gioco. Si
può rifiutare un
solo cibo a
pasto. Purché
non sia sempre
lo stesso. Tutto
il resto va
assaggiato
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IL CAFFÈ
2 novembre 2014
29
L’eros
Secondo la sessuologa l’inventiva a letto
è fondamentale per il piacere della coppia
L
a vita è tutta un lavoro di squadra. Ogni
momento della nostra
esistenza è legato ad
interazioni fra individui. E un team funziona in maniera ottimale se comprende
diversi tipi di personalità.
Estro, genialità, ma anche rigore e metodo. Un mix vincente.
Le caratteristiche più richieste
un po’ in tutte le professioni
sono creatività, flessibilità e
passione. Anche se la tipologia
davvero indispensabile in ogni
ambito della società è quella
degli ordinati, dei precisini insomma, detti anche “pesa fumo” tanto sono pignoli. Categoria rivalutata da un recente
studio di prossima pubblicazione sulla rivista Psychological
Science.
Sì perché ci vuole anche chi
lavora nell’ombra con metodo e
prepara il campo ai soggetti più
fantasiosi, visto che senza
un’accurata pianificazione anche l’estro non avrebbe vita facile. E questo vale pure nella
vita di coppia. Sebbene il partner preciso e pedante spesso a
letto funzioni poco e si riveli
molto noioso.
Tuttavia, un compagno coscienzioso, affidabile, che si occupa di tutte le incombenze casalinghe è un grande aiuto. Figuriamoci in un gruppo. “In un
team numeroso la presenza di
qualcuno che sappia programmare a dovere, concentrarsi e
portare avanti compiti precisi è
fondamentale - conferma Nicolas Realini, psicologo del lavoro
-. Ma ciò non significa che sia la
figura predominante. Spesso
queste persone lavorano dietro
le quinte, lasciando ai più
estrosi le luci della ribalta”.
Infatti, una squadra composta da soli creativi sarebbe un
disastro organizzativo, ma una
con solo coscienziosi pignoli risulterebbe troppo ingessata.
“Ci vuole un buon equilibrio osserva lo psicologo Ivan Battista -, a insegnarcelo è la stessa
storia dell’evoluzione umana.
Se da un lato è necessario chi
programmi le cose e tenga delle precise tabelle di marcia,
dall’altro bisogna ricordare che
le grosse scoperte scientifiche
sono avvenute grazie a chi ha
osato”. E chi osa sa che ha bisogno di parecchio intuito. Ciò
che serve a chi deve costruire
un team di lavoro. “Il compito
di un responsabile del persona-
“Sotto le lenzuola
va bene un po’di caos,
i precisini annoiano”
T
I comportamenti.
Saranno noiosi, però ai coscienziosi è difficile
rinunciare. Anche se nell’alcova, a volte,
servirebbe più fantasia. Ma il mix ideale è...
L’estro e la genialità
senza rigore e metodo
non valgono granché
le è proprio quello di scegliere
il profilo più adatto, la tessera
mancante del mosaico aziendale”, nota Realini. Proprio come
capita nella vita di tutti i giorni.
La classica altra metà della mela. “In buona parte dei casi è
così - continua Battista -, in ossequio alla teoria dell’attrazione degli opposti. Però la vita di
coppia non è una scienza esatta
e quindi entrano in linea di
conto anche altri parametri.
Come la condivisione degli in-
teressi”. In realtà però la scelta
si farebbe in base a criteri inconsci. “Sembrerebbe che a decretare il successo di un rapporto, professionale o amoroso,
sia la capacità di incastrare le
reciproche piccole manie - pre-
roppa precisione sotto le lenzuola è controproducente. Parola di esperta. “La sessualità si nutre di istintività, impulsività – spiega la sessuologa Rosamaria
Spina -. Il sesso è la parte più basica di ciascuno di noi,
quella per così dire più animalesca, ma che permette in sostanza alla coppia di essere anche amanti”.
Insomma, a letto le esigenze cambiano. “Nella vita di
tutti i giorni è meglio un partner preciso e affidabile, ma
a letto è fondamentale un po’ di caos, di istinto”, sottolinea Spina. Lasciarsi andare, dunque, essere centrati e
concentrati. “Ricordo una coppia in cui lui durante i preliminari, sul più bello si fermava per svestirsi perché doveva assolutamente mettere a posto gli abiti in un certo
ordine. La partner per un po’ ha resistito, c’era ancora la
fase dell’innamoramento, poi non ce l’ha fatta più. Perdeva completamente l’eccitazione e l’interesse ad andare
avanti”. Eppure, le dicerie popolari sostengono che siano
le donne quelle che non si concentrano a sufficienza, che
a volte pensano alla lista della spesa o all’aspirapolvere
ancora da passare invece di dedicarsi esclusivamente
all’amato. Non è sempre così. Come non sempre chi è pignolo e ordinato nella quotidianità o nel lavoro lo è automaticamente anche a letto. “Per fortuna no – nota Spina
-, alcuni diventano l’opposto sotto le lenzuola, trasgressivi, pieni di fantasia, passionali, riescono a lasciarsi andare senza più alcun freno inibitore. Diciamo che sono le
persone più sane, sono le due facce della stessa medaglia
ma nella stessa persona”. L’ideale insomma.
p.g.
cisa lo psicologo -. Caratteristiche che si scoprono solo dopo
qualche tempo di frequentazione”. L’ideale sarebbe poter riunire in una sola persona sia la
precisione che un po’ di estro.
“Già, ma purtroppo questi ele-
menti sono merce rara - nota
Battista -. Lasciamo che l’intuito umano continui a cercare di
unire tutte le caratteristiche,
per avere un risultato d’insieme che sia il più soddisfacente
possibile”.
o.r.
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IL CAFFÈ
2 novembre 2014
30
I CASI SEGNALATI
Il fenomeno. In tre anni
le segnalazioni in Ticino per violenze
sono salite da quattro a trentasei
1.226
Molta più sensibilità
per gli amici animali
e crescono le denunce
C
ani tenuti alla catena,
imprigionati in gabbia, sbattuti contro
un muro, uccisi a fucilate o a bastonate.
Gatti fatti morire di stenti, impiccati, mutilati. E poi bovini,
suini e persino porcellini d’India
allevati in condizioni igieniche
disperate. È una fiera delle crudeltà quella che affiora leggendo
le sentenze pronunciate dai giudici svizzeri e conservate in una
vasta raccolta (di oltre 10mila
procedimenti penali) della Fondazione per i diritti degli animali
(Tir). Una raccolta che di anno in
anno cresce. Perché le norme di
protezione dettate dal diritto federale diventano sempre più severe (oggi si può arrivare sino a
tre anni di carcere) e progressivamente anche la maggiore sensibilità porta a denunciare i maltrattamenti.
In Ticino, ad esempio, nel
2010 c’erano state appena 4 denunce e altrettante condanne.
L’anno scorso si è arrivati a 36
esposti e 31 condanne. A livello
nazionale negli ultimi tre anni i
procedimenti penali sono passati da 1.226 a 1.522. Cifre record
se si pensa che soltanto nel
1990 erano state aperte appena
116 inchieste, tutte finite davanti al giudice. Ma quello che
manca, secondo i giuristi della
Fondazione per i diritti degli animali, è l’effetto deterrente. Perché è pur vero che oggi rispetto
al passato chi commette un reato viene segnalato, denunciato e
perseguito, ma le pene tutto
sommato sono ancora lievi.
L’anno scorso sono state affibbiate 1.249 multe, di queste 75
superiori ai mille franchi, mentre sono state sei le pene detentive senza condizionale e 121
quelle pecuniarie. Gli indagati
sono in gran parte uomini, mentre le vittime sono in particolare
cani e gatti.
“Il problema oggi - spiega
Pierre Rusconi, presidente della
Protezione animali di Lugano -
non sta solo nell’entità delle
condanne. Ma nella crescita di
una sensibilità diffusa verso il rispetto degli animali. Questo
nuovo sentimento porta la popolazione ad esprimere un differente giudizio sociale: la condanna di chi commette questi
reati non viene valutata soltanto
rispetto alle aliquote giornaliere
o alle multe inflitte dai giudici,
ma scatta una sorta di riprovazione morale. Poi, chi commette
violenza adesso sa che non resterà impunito”.
Anche Emanuele Besomi,
presidente della Protezione animali di Bellinzona,è d’accordo
sul fatto che “il nodo da sciogliere non è la portata delle condanne. Perché i casi più eclatanti
1.522
1.381
2011
2012
2013
Il numero dei procedimenti
penali segnalati nel 2013
rispetto all’anno
precedente è aumentato
di 141 unità, pari al 12%
+10.2
%
poggiano su situazioni sociali lacerate. Quando c’è un maltrattamento violento, ad esempio,
spesso vi è una concausa legata
a un disagio sociale diffuso. E i
protagonisti sono spesso persone in assistenza o nullatenenti
che dunque non si impressionano se gli viene affibbiata una
multa da tremila franchi”. Per
Besomi un innalzamento delle
multe potrebbe magari funzionare contro il traffico di animali:
“Per esempio, quello dei cani
che arrivano dall’est europeo”.
Un altro freno potrebbe arrivare dagli strumenti amministrativi messi a disposizione dalla legge, dalla sottrazione dell’animale, al divieto di detenzio-
Fonte: Usav
ne, che andrebbero ad accompagnare una condanna penale.
“Questa procedura - hanno fatto
notare Gieri Boliger e Andreas
Ruttimann, giuristi di Tir - non
serve solo ad attirare l’attenzione della società sul rispettoso
trattamento degli animali, ma
ha un forte effetto preventivo
per impedire infrazioni contro il
diritto degli animali”.
“Giusto. Però bisognerebbe
velocizzare le procedure. Perché
- osserva Besomi - tra un ricorso
al Consiglio di Stato e un altro al
Tribunale amministrativo passano anni prima che un procedimento si chiuda. Nel frattempo
noi siamo costretti a tenere
l’animale nel rifugio”.
m.sp.
L’intervista Corinne Vago, legale da tempo impegnata sul fronte dei diritti dei“quattrozampe”, spiega il disagio sociale che c’è dietro molti casi
“Chi maltratta ha problemi di alcol,di droga o psichici”
“L
L’avvocato
“Le nuove norme
sono abbastanza
avanzate, ma non
sempre sono attuate.
Qui sta il nocciolo
del problema”
a legge c’è, il problema è che non
funziona esattamente come dovrebbe”, osserva l’avvocato Corinne Vago, da sempre in prima linea per
tutelare i diritti degli animali. Dal suo studio legale di Bellinzona sono passate decine
e decine di denunce, in molti casi poi sfociate in processi.
Avvocato, gli esposti per le violenze sugli animali sono in aumento, anche in
Ticino. Ma si dice che servono poco,
perché le condanne non avrebbero un
reale effetto deterrente. È d’accordo?
“Solo in parte. Le nuove norme sono abbastanza avanzate e prevedono una serie di
misure, insieme alle pene, che non sempre
vengono attuate. Il nocciolo della questione
è qui”.
Perché non si riesce a ridimensionare
questo fenomeno?
“Non è semplice, perché bisogna fare i
conti con risvolti sociali che la legge, da sola, non può andare ad intaccare. La realtà
che sta dietro chi maltratta gli animali è
spesso dettata dal disagio, da dipendenze
da alcol, droghe o da problemi psichici.
Queste persone usano violenza su tutti e,
dice la legge, non possono dunque tenere
animali, che hanno una loro dignità e va rispettata”.
Non succede?
“Gli uffici preposti non hanno abbastanza personale per fare controlli a tappeto. Poi
ci sono da tenere in considerazione altri fattori. Ad esempio in prima battuta dovrebbero intervenire i Comuni. Non sempre lo
fanno, qualche volta dicono che le poche risorse vanno impiegate per chi ha bisogno e
dopo, semmai, per gli interventi di salvaguardia degli animali. Di buono, c’è il fatto
che ultimamente le segnalazioni arrivano
anche da privati”.
Dunque la sensibilità sta crescendo?
“Sì, soprattutto tra i giovani. Ma io credo sia aumentata anche in seguito ad alcuni
casi eclatanti. Penso, ad esempio, all’intervento della Protezione animali di Bellinzona
in una zona sopra Biasca, quando vennero
recuperate delle capre in condizioni disperate. Un episodio di cui si è parlato molto su
giornali e in tv e che ha indotto tanta gente
in particolare della Svizzera interna a invia-
re aiuti finanziari per mandare avanti la
causa in pretura e dal giudice di pace”.
In Ticino si è passati da 4 a 31 condanne per maltrattamenti. Chi presenta le
denunce?
“Ancora soprattutto le associazioni. I
privati non sempre si espongono direttamente, magari segnalano agli enti di protezione. E questo perché spesso hanno paura”.
Cosa li frena esattamente?
“Per spiegarlo ricorro al caso di una
donna. Voleva segnalare maltrattamenti sul
cane da parte del suo vicino, che aveva problemi di alcol e l’aveva minacciata. Le aveva detto che le avrebbe bruciato la casa se
solo avesse fatto una telefonata. Era terrorizzata”.
E voi cosa avete fatto?
“Siamo andati avanti. Il problema è però che i pochi enti di protezione sul territorio cantonale non bastano. Ci sono pochi
strumenti d’intervento. Anche se alcune
realtà funzionano molto bene, penso alla
buona collaborazione tra l’associazione di
Locarno e quella di Bellinzona”.
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IL CAFFÈ
2 novembre 2014
ilcaffètraparentesi 31
La novità.
Il grande mercato
delle esequie entra
in una nuova era.
Via la patina
di dolorosa
solennità.
E si dà spazio
alla creatività
Le curiosità
Proliferano le nuove offerte
e i servizi più stravaganti
Nel catalogo
cofani hi-tech,
calessi d’antan
e diamanti
N
R
Il business
Un settore che non
conosce crisi. A Carasso
nascerà la Casa
funeraria bellinzonese,
un progetto avveniristico
endere il momento della
separazione meno penoso.
O, comunque, meno opprimente. E, perché no?, anche meno lugubre. La Svizzera prova a “deformalizzare” il rito
del caro estinto. “Non si tratta di mancanza di rispetto – precisa Emiliano
Delmenico, del Centro funerario di
Lugano -, semplicemente desideriamo assecondare il più possibile le esigenze dei parenti. Come professionisti del settore dobbiamo chiederci in
ogni occasione cosa possiamo fare per
rendere meno penoso il momento del
distacco, dalla scelta della bara al
pranzo per i parenti”. Motivazione più
che nobile, che fa però a pugni con
una situazione in cui il pesante senso
formale della sacralità sembra prevalere. “Il funerale, fra i momenti sociali
di dolore, è quello con i canoni più rigidi - aggiunge Delmenico -. Nell’immaginario collettivo è visto come un
qualcosa di cupo e triste. E allora, abbiamo pensato, perché non dargli
un’impronta particolare, cercando di
assecondare maggiormente i desideri
dei parenti?”.
Proprio in queste circostanze spetta ai professionisti del settore suggerire soluzioni. Un settore in fermento.
Infatti, a Carasso la prossima estate
sarà pronta la Casa funeraria bellinzonese, un progetto avveniristico, il più
grande della Svizzera, promosso dagli
impresari funebri Andreetta e Pescial-
lo. Includerà tutti i servizi per dare
l’ultimo saluto al defunto. Un investimento di parecchi milioni di franchi,
per 10mila metri cubi di volume distribuiti su quattro piani.Strutture a
parte, il momento del distacco rimane
difficile da gestire per i familiari.
“Spesso dobbiamo indovinare le loro
esigenze - nota Delmenico -. Cerchiamo di offrire pacchetti vari, con diversi tariffari”. Si parte da una spesa di
2’400 franchi. “Ci vantiamo di offrire
la massima trasparenza” sottolinea.
Le imprese di pompe funebri sono coscienti che per tante famiglie il funerale è una spesa ingente, come nota
Daniele Nicora, titolare del Centro funerario e crematorio del Locarnese :
“Perciò cerchiamo sempre di trovare
una soluzione. Offriamo pure la possibilità di pagare a rate. A incidere
maggiormente sono i costi variabili,
mentre le spese fisse, dalla cremazione all’affitto delle camere ardenti, raramente superano i 1’500 franchi”.
Il settore non sembra conoscere
crisi, anche se ultimamente si spende
con maggiore oculatezza. “Rinunciare
al superfluo è la parola d’ordine - riprende Nicora -. La tendenza, soprattutto da parte della clientela svizzero
tedesca, è quella di risparmiare il più
possibile. E proprio da ciò è partito il
trend delle cremazioni. Al nord già da
diverse decine di anni le tumulazioni
con la bara sono un’eccezione”. In Ticino, da una quindicina di anni, tre
quarti delle cerimonie si concludono
con il passaggio al crematorio.
Negli ultimi anni, la clientela utilizza vieppiù la tecnologia per chiedere informazioni. “Succede spesso che
riceviamo email con domande precise. E questo ancora prima di un decesso - spiega Delmenico -, in questi
casi rispondiamo con precisione e
chiarezza assoluta. Quando è il momento, tutto è pronto e i parenti non
devono più pensarci”. Tante, anche, le
richieste particolari. Come il “green
funeral”, le esequie ecologicamente
compatibili. Bare biodegradabili, in
vimini o altro materiale che scompare
completamente e più rapidamente nel
terreno. “Anche sugli involucri le richieste a volte sono stravaganti - nota
Delmenico -. La vecchia urna viene
sostituita da contenitori più colorati,
raffiguranti le immagini più disparate. Nell’offerta entrano poi altri parametri, come la scelta di una musica
adatta o del ristorante nel quale i parenti si ritroveranno dopo la cerimonia”.
Insomma, la cupa sacralità del funerale sta subendo una vera e propria
rivoluzione. “Direi che si tratta piuttosto di un adattamento ai tempi conclude Delmenico -. Un approccio
più pragmatico verso la morte. In fondo non sta scritto da nessuna parte
che un funerale deve essere solo e per
forza un momento di tristezza”.
o.r.
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Ti-Press
Dalle bare fantasiose
al pranzo per i parenti,
così cambia il funerale
L’ADDIO
Tumulazioni
sempre più
rare, in Ticino
tre quarti delle
salme vanno al
crematorio
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el settore funerario
ci sono imprese che
invitano il cliente a
trasformare l’esequia in
un avvenimento molto
particolare. La palma del
più fantasioso va sicuramente al vallesano Gilbert
Roduit, manager dell’omonima ditta di pompe
funebri, che non esita a
definire la bara personalizzata come la maggiore
novità nel settore dopo
l’introduzione della cremazione. Addio alla vecchia cassa in legno massiccio e spazio ai colori e
alla fantasia. Ecco le bare
a tema, con disegnate sopra scene di caccia, corse
automobilistiche,
prati
fioriti o paesaggi alpini.
Unico neo, i tempi di fornitura, che oscillano dai tre
ai cinque giorni.
Di segno opposto la
proposta del giurassiano
David Comte, che ha rinvenuto in una
cantina di Glovelier un vecchio calesse
destinato alle
cerimonie funebri in voga
nel 1800. L’ha
ripristinato ed
è una manna
per gli amanti
di un vintage
che si scontra però con i
ritmi dettati dalla modernità. Gli spostamenti dalle
chiese ai cimiteri diventano molto lunghi ed è praticamente impossibile raggiungere i crematori più
vicini, che si trovano a La
Chaux-de-Fonds e a Bienne, a parecchie... ore di cavallo dal Giura.
Per coloro che vogliono
avere sempre con sé il caro estinto invece, la soluzione arriva da Coira, dove
opera la “Algordanza”, che
in romancio significa memoria: trasforma le ceneri
del defunto in diamanti
con tanto di certificato. I
più inconsolabili potranno
così sempre portarsi al dito il parente che non c’è
più. Un ricordo brillante,
insomma.....
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eccessivo del consumatore. Valevole per clienti privati fi no al 31.12.2014 o fi no a revoca.
La ricorrenza
La memoria
L’incontro
Quei “muri”
che continuano
a dividere
Paesi e culture
La Grande Guerra
riemerge
dai vecchi ricordi
di famiglia
Asia Argento:
“Sono da sempre
una donna
incompresa”
ALLE PAGINE 34 e 35
ALLE PAGINE 38 e 39
SALEMI A PAGINA 46
travirgolette
ilcaffè
2 novembre 2014
SOCIETÀ | TENDENZE | PROTAGONISTI
Una settimana
una parola.
Oltre il cibo
La sfida dell’uovo
si sta giocando
tra bianco e rosso
MORO A PAGINA 36
Banche
L’Istituto centrale
europeo diventa
una sorta di
supergendarme.
E condzionerà
anche la politica
monetaria
svizzera
LORETTA NAPOLEONI
S
econdo la tabella di marcia dell’integrazione monetaria, dal 4 novembre la
Banca centrale europea (Bce) si occuperà della supervisione di una rosa di
banche di Eurolandia composta da alcuni degli istituti di credito più grandi e più importanti del vecchio continente, in tutto si tratta
di 120 banche. Una mossa questa che mette in
mano direttamente alla Bce la gestione dell’85
per cento del sistema bancario dell’Unione, e indirettamente le permette di controllare 3.400
istituti di credito più piccoli .
Ciò significa che per le 120 banche maggiori
le autorità monetarie di riferimento tradizionali,
e cioè le banche centrali dei loro Paesi, cesseranno di esercitare le funzioni fino ad ora svolte:
dalla politica monetaria fino alla supervisone
della gestione dei flussi di cassa. Dal 4 novembre
le banche centrali nazionali si occuperanno solo
delle banche più piccole e di quelle locali. L’idea,
naturalmente, non è di abolirle - dal momento
che molte di loro sono azioniste della Bce - ma di
trasformarle in una sorta di succursali della Banca centrale europea seguendo uno schema molto
simile a quello americano della Riserva Federale.
Dal 2012, il processo di integrazione monetaria è avvenuto a tappe sostenute, in parte a
causa della crisi del debito sovrano che ha costretto la Bce ad intervenire, spesso pesantemente con stratagemmi vari, per immettere liquidità sui mercati.
In un certo senso la crisi è diventata uno
strumento per superare gli ostacoli frapposti dagli Stati membri alla creazione di un’aerea monetaria integrata, non solo da una moneta unica,
ma anche e soprattutto da una legislazione bancaria omogenea. Ed è proprio a questo fine che
negli ultimi 12 mesi la Bce, con l’ausilio degli
istituti centrali nazionali, ha condotto una serie
di test per verificare la solidità delle banche eu-
ropee di fronte a crisi future della portata di
quella del 2010. I risultati sono stati abbastanza
soddisfacenti, almeno questo è quello che è stato
detto dalla Bce, che sulla base di quanto fatto si
appresta ad assumere il suo nuovo ruolo di supervisore. Diverso il giudizio dei mercati che all’indomani della pubblicazione dei risultati dei
test hanno venduto pesantemente i titoli del settore bancario. Lo scorso lunedì l’indice Stoxx Europe 600 è sceso del ben 2 per cento.
Il motivo è lo scetticismo dei mercati riguardo all’accelerazione del processo di integrazione
monetaria quale strumento migliore per riportare la fiducia degli investitori nel settore bancario
europeo. Anche tra gli Stati membri c’è chi è po-
Anche se fuori di Eurolandia
la strategia bancaria elvetica
ne risentirà e dovrà adeguarsi
co favorevole a questo passo importante in questo momento, una decisione che delega troppo in
fretta un’altra fetta di potere monetario nazionale ad un organo europeo. La Polonia, ad esempio,
ha espresso le sue paure sul pericolo di bolle finanziarie ed immobiliari legate all’allineamento
dei tassi d’interesse delle varie nazioni, un fenomeno probabile dal momento che il funzionamento delle banche sarà standardizzato e quindi
si verificherà una convergenza dei costi. In altre
parole quelli più elevati applicati nelle nazioni
con economie meno sviluppate dovranno necessariamente scendere, il che equivale a nuove opportunità speculative.
Particolarmente esposta è l’economia della
Svizzera dal momento che non fa parte dell’Unione Europea e le cui banche non sono, quindi, soggette alle regole imposte dalla Bce. E qui
è bene aprire una brevissima parentesi sulla diversa filosofia manageriale della banca centrale
svizzera rispetto alla Bce, un problema che potrebbe verificarsi anche con altri Stati dell’Unione, come la Polonia. La Svizzera preferisce un sistema di regole dure e ben definite per proteggere l’economia da bolle finanziarie ed immobiliari,
piuttosto che la manovra dell’aumento dei tassi
d’interesse. Ma con la formazione di un blocco
monetario omogeneo sotto la giurisdizione della
Bce sarà sempre più difficile non allinearsi alle
manovre e alle politiche monetarie europee, tra
le quali la manovra dei tassi d’interesse.
Dall’inizio degli anni Novanta fino al 2012,
gli strumenti utilizzati per contenere l’esborso
del credito da parte delle banche svizzere, ad
esempio, l’imposizione di una percentuale massima, un tetto, al valore dei muti rispetto a quello delle abitazioni, hanno evitato che il mercato
immobiliare salisse eccessivamente. Ma dal
2012 è diventato quasi impossibile contrastare
la pressione verso l’alto dei beni immobili esercitata dai tassi d’interesse che si trovano praticamente a zero.
A gennaio, appena un anno dopo la sua introduzione, la Svizzera ha annunciato che raddoppierà il cosiddetto capitale anti-ciclico che le
banche devono avere, ma questa manovra non
ha bloccato l’ascesa di prezzi. Un aumento dei
tassi d’interesse non è possibile perché de facto
la Banca nazionale svizzera garantisce quello del
cambio del franco svizzero con l’euro, se non lo
facesse l’apprezzamento del franco strangolerebbe l’esportazione e l’industria del turismo ne
risentirebbe negativamente.
L’esistenza di un gigante monetario quale vicino di casa condiziona dunque la politica nazionale elvetica. Anche se fuori di Eurolandia e non
sotto la giurisdizione della Bce, il sistema bancario svizzero ne risentirà e dovrà adeguarsi.
DOMENICA
LIBERO D’AGOSTINO
L’ITALIA SI AFFIDA
AI DUE MATTEI
L
a nuova Lega di Matteo Salvini e il nuovo Partito democratico del premier Matteo Renzi. La svolta della politica
italiana è affidata alla rottamazione avviata dai due Mattei. Che
stanno andando avanti a colpi di
maglio. Salvini ha del tutto dismesso Umberto Bossi e il suo
malefico cerchio magico, ma soprattutto ha mandato in soffitta il
vecchio armamentario ideologico
del rivendicazionismo indipendentista del Nord. Il suo nuovo
orizzonte politico è il Fronte nazionale di Marine Le Pen: no all’euro, no al fisco vorace e no all’immigrazione. Renzi ha liquidato il vecchio apparato comunista
che controllava ancora il Pd e ha
mostrato agli italiani che un certo sindacalismo è una zavorra
per le riforme e la crescita dell’Italia. I due Mattei aspirano, da
sponde opposte, a costruire un
loro Partito della Nazione. Inquietante definizione che rievoca
trascorsi poco rassicuranti e che
apre scenari del tutto inediti per
un Paese ormai disaffezionato alla rappresentatività democratica.
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
34
ilcaffètravirgolette 35
Tutte le barriere che continuano a dividere l’umanità
Dalla caduta del Muro di Berlino tanti confini artificiali spuntati in ogni parte del mondo
CLEMENTE MAZZETTA
La ricorrenza.
Il 9 novembre del 1989,
ha segnato la fine
della“Cortina di ferro”
in Germania e in Europa
L
a caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre 1989, festeggiata come uno dei momenti più importanti per la
conquista della pace, non
ha abbattuto tutte le divisioni. Anzi.
L’umanità ha continuato a progettare
e a costruire muri, per separare, segregare, dividere, rinchiudere, impedire l’afflusso di migranti. L’esempio
di Berlino non è stato seguito, e si sono costruiti altri ottomila chilometri
di barriere. È rimasto intatto pure il
muro più vecchio, quello fra le due
Coree, lungo il 38mo parallelo.
Un’ampia fascia smilitarizzata realizzata nel 1953 in piena Guerra fredda.
Lunghi filari di filospinato che circon-
dano una terra di nessuno, larga 4 e
lunga 248 chilometri, strettamente
sorvegliata da tutte e due le parti.
Un’area che al suo interno in questi
sessant’anni è stata riconquistata da
una natura selvaggia. Quasi una zo-
Nella zona smilitarizzata
fra le due Coree la natura
ha preso il sopravvento
na “protetta” ritornata allo stato primitivo.
Sono ancora in piedi decine di
muri in Irlanda, a Belfast, costruiti
nel 1970 per separare i protestanti
dai cattolici. Una novantina di barriere di metallo e cemento, di cancelli,
sormontati da reticolati chiamate
“Peace Lines”, linee della pace. Il governo si è impegnato a demolirle entro il 2023. Come per altri muri, per
lunghi tratti anche le barriere di Belfast sono colorate da murales.
Resta in piedi anche il muro divisorio a Cipro, seppur con numerosi
passaggi: 180 km che dividono i turchi dai ciprioti, e che tagliano in due
la capitale Nicosia. Anche qui strade
sbarrate con bidoni accatastati, reticolati, vagonate di cemento. Costruito sulla linea verde tracciata dall’Onu
nel 1974, da anni sembra una questione dimenticata, rimossa, mentre
Cipro è approdata nell’Unione europea. In Turchia, prima la guerra civile in Siria e ora la minaccia dell’Isis,
ha spinto Ankara a realizzare una
La difesa
sul Sahara
Rio de Janeiro
e le favelas
Ceuta e Melilla
Spagna
Greci e turchi
L’ Iran protetto
separati a Cipro dal Pakistan
Corea divisa
tra Nord-Sud
Da Israele
all’ Egitto
Separa i territori occupati
dal Marocco da quelli sotto
il controllo della Repubblica
araba dei Sahrawi (Rasd)
Saranno tredici le favelas
recintate. Lo scopo ufficiale
è proteggere l’ambiente
dalla deforestazione
Recinzioni costruite dalla
Spagna nelle enclavi
marocchine per evitare i
clandestini dell’Africa
Trecento km per separare i
ciprioti turchi da quelli greci.
La comunicazione è stata
riaperta nel 2003
Risalgono al 1953 i 4 km
di filo spinato che sono solo
una delle linee di divisione
della Guerra Fredda
Circonda completamente la
Striscia di Gaza: recinzioni
di filo spinato con pali,
sensori e zone cuscinetto
In costruzione dal 2007 per
proteggere l’Iran da traffico
di droga, immigrati
clandestini e mercato nero
Berlino
1961-1989
barriera sul confine. Arriverà a 900
km e ha l’obiettivo di ostacolare gli
sconfinamenti di gruppi armati, trafficanti e contrabbandieri. I Curdi lo
hanno battezzato “Il muro della vergogna”.
È lungo più di 700 chilometri il
muro che circonda i villaggi e le campagne della Cisgiordania, Gaza in
particolare. È stato costruito da
Israele dopo la seconda Intifada nel
2002 per contrastare gli attacchi suicidi: un sistema di barriere elettrificate, torri di controllo, muri e telecamere, profondo anche 50 metri.
Israele lo ha chiamato “Fade”, recinto, i palestinesi “muro della separazione razzista”. Più che separare rinchiude milioni di persone in una immensa prigione a cielo aperto.
“Un Paese confederato
e non solo riunificato
sarebbe stato migliore”
STEFANO VASTANO da Berlino
T
utti i suoi racconti - Bolero berlinese, Semplici storie o Arance e angeli - sono tradotti in italiano. Anche
il suo romanzo più denso - Vite nuove dedicato ai problemi sorti nella Germania
est dopo il crollo del Muro. Ingo Schulze,
nato a Dresda nel 1962, ci ha passato i
suoi primi 27 anni all’ombra del Muro. E
spiega al “Caffè” cosa sono stati questi ultimi 25 senza la cicatarice di cemento che
sfregiava il suo Paese.
Ricorda la notte del 9 novembre
1989?
“Certo, mi ricordo che fu una delle
mie rarissime notti in cui andai a dormire
molto presto. E la mattina, svegliandomi,
il Muro non c’era più!”
Persino una certa Angela Merkel
quella sera era in una sauna: il crollo
del Muro era del tutto imprevedibile?
“Oggi non dovremmo tanto chiederci
del 9 novembre quanto del 9 ottobre: il
Muro cadde dopo le dimostrazioni pacifi-
che a Lipsia. Dopo queste proteste popolari, il sistema dell’ex-Rdt e il suo Muro si
rivelarono all’improvviso traballanti”.
Il suo ricordo più drammatico all’ombra del Muro?
“Ci ho trascorso un’infanzia e un’adolescenza non infelici in
quel sistema. Certo, era
repressivo, senza libertà,
ma ricordo le vacanze sul
Mar Nero, i viaggi in Uzbekistan, una gita a Leningrado. Esistevano spiragli nella dittatura”.
Ha una qualche nostalgia della Rdt?
“Ma no, nessuno rivuole la Rdt, ma
era una società in cui il denaro non era il
fattore decisivo. La tua professione la sceglievi non per lo stipendio. L’appartamento non dipendeva dall’affitto e così il sistema sanitario. Bisognerebbe essere più
attenti con il giudizio storico”.
In che senso?
INGO SCHULZE
Lo scrittore
tedesco, è
nato a Dresda,
nella Germania
dell’est nel
1962
Keystone
Ancora in piedi
le divisioni a Belfast fra
cattolici e protestanti
Gli Stati Uniti nel 1994 ne hanno innalzato uno al confine con il Messico
per contrastare l’immigrazione, oltre
mille km di lamiera sagomata. Anche
la Spagna nel 1999 ha costruito la
sua barriera elettrificata nelle enclave in Marocco attorno alle città di
Ceuta e Melilla per fermare l’ingresso clandestino delle migliaia di persone provenienti dal Marocco e
dall’Africa sub-sahariana. Sempre in
Marocco si estende verso il deserto
del Sahara una barriera lunga più di
2500 km. Alta circa 10 metri, è stata
costruita a partire dal 1981 per proteggere le popolazioni dai vicini ostili. La barriera è provvista di un sistema d’allarme elettronico che fa scattare automaticamente lo sbarramento di fuoco e l’intervento dei militari.
Pure l’India ha recintato i confini da
una parte e dall’altra, verso il Kashmir con un cortina di 3000 km
chiamata “Linea di Controllo”, elettrificata, con sensori di movimento. E
verso il Bangladesh con la costruzione di una barriera di 4000 km, per
fermare il flusso di immigrati irregolari e lottare contro traffici illegali di
ogni tipo. Nel Medio-Oriente gli Emirati Arabi hanno realizzato una frontiera cementificata verso l’Oman.
Tra Kuwait e Iraq si è edificata una
barriera lunga 215 km. A Baghdad,
capitale irachena, nel 2012 sono stati
costruiti 700 km di muri per proteggere i quartieri della città. In Oriente
nel 2006 s’è innalzato un muro tra la
Malaysia e la Thailandia, lungo 27 km
per contrastare l’arrivo di armi destinate alla guerriglia musulmana e per
frenare l’influenza dei fondamentalisti malesi. E questo è solo un elenco
incompleto dei mille muri sorti dopo
il crollo di quello di Berlino.
[email protected]
Q@clem_mazzetta
Il reticola to
nel Botswana
Pace divisa
in Irlanda
I blocchi
al Cairo
Sui confini
dello Yemen
Tijuana separa
Usa e Messico
West Bank
per le colonie
Barriera elettrificata alta tre
metri, ufficialmente costruita
dal Botswana per evitare la
diffusione di Afta epizootica
A 16 anni dall’accordo tra
cattolici e protestanti sono
ancora 99 i muri che
dividono le due comunità
Blocchi di cemento e
acciaio a protezione del
palazzo presidenziale dopo
gli assalti del 2010
Alla fine sarà lunga 1800 km
la barriera che i sauditi
stanno costruendo al
confine con lo Yemen
Definito il “Muro della
vergogna” ha lo scopo di
impedire agli immigranti
illegali l’ingresso negli Usa
Lunga 730 km, la barriera
ingloba la maggior parte
delle colonie israeliane in
Palestina e i pozzi d'acqua
L’intervista Lo scrittore Ingo Schulze racconta i cambiamenti dopo il 1989 e il senso di libertà provato dal popolo
“Negli anni ‘50 e ‘60 la Repubblica
democratica tedesca era diversa dalla
società della mia adolescenza. Negli anni ‘80 nutrivamo l’impressione che, con
ogni nuovo libro o film, il sistema s’andasse aprendo di più”.
Sono passati 25 anni dal crollo del
Muro: i tedeschi, adesso, sono davvero una nazione unita?
“Sì e no. Il Paese sarebbe oggi più solidale se nel ‘90 si fosse passati a una
confederazione delle due Germanie, e
non alla riunificazione come l’hanno imposta Kohl e la Germania ovest”.
È la stessa critica che lo scrittore
Günter Grass ha sempre rinfacciato
alla riunificazione...
“Grass non aveva tutti i torti con le
sue osservazioni. Anche dal punto di vista economico fu un errore il passaggio
istantaneo dalla valuta della Germaniaest, con un’economia allo sfacelo, al
marco tedesco”.
Ma oggi la Germania è
la locomotiva d’Europa,
con una disoccupazione
ferma al 6 per cento...
“Sì, ma la locomotiva tedesca è al centro
d’Europa e la Germania
non è immune dalle crisi
che sconvolgono il Continente. Negli ultimi due anni i salari sono aumentati, ma il prezzo della competitività del made in Germany sono stati i
lavoratori, e non solo tedeschi, a pagarlo”.
È il lato negativo delle riforme delmercato del lavoro introdotte da
Gerhard Schröder?
“Non vedo come si possano chiama-
La caduta del Muro di Berlino ha
segnato la fine della “cortina di ferro”, che divideva tra Russia e Occidente l’Europa in due zone d’influenza politica-ideologica, non ha impedito la costruzione di tanti altri muri.
La storia
re riforme quelle di Schröder: nessun
governo di destra si sarebbe mai sognato quei tagli inferti da un cancelliere socialdemocratico al lavoro. Da allora la
Spd è precipitata nelle simpatie dei tedeschi, lavoratori o disoccupati.“
Merkel domina da circa 10 anni la
scena politica, e non solo tedesca. È
orgoglioso della Kanzlerin dell’Est?
“Non saprei in che modo la Kanzlerin
rappresenti i tedeschi dell’est. E la politica esercitata dalla Merkel o dal presidente Gauck non mi riempiono certo
di gioia”.
Quale romanzo consiglierebbe ai
lettori sugli eventi dell’89?
“Il romanzo sul crollo del Muro
ancora non è stato scritto. Nella
mia opera ho cercato di descrivere i cambiamenti che la libertà,
dopo l’89, ha provocato nei tedeschi dell’est. Forse occorre ora
raccontare quelli che il post-Muro ha causato all’ovest”.
Nel frattempo Berlino è diventata una delle metropoli più attraenti d'Europa. Perché?
“Per il suo spazio. Berlino è
una città enorme che offre, e a poco prezzo, tanti spazi diversi ai più
giovani. Sono loro a creare l’atmosfera effervescente di una città così camaleontica e internazionale“.
Per loro, per i più giovani tedeschi,
il Muro è ancora una realtà sociale
o solo evento storico?
“Conosco giovani per i quali il
Muro è ancora una realtà, ma per la
maggior parte ormai è una figura
storica, come per noi lo era la seconda guerra mondiale”.
1
LA COSTRUZIONE
Inaugurato il 13 agosto del 1961,
il Muro ha diviso in due Berlino per
28 anni. Una “Cortina di ferro”
diventata simbolo della Guerra
fredda tra Usa e Unione sovietica
2
3
4
LA LUNGHEZZA
Il Muro era una lunga sequenza
parallela di complessivi 106
chilometri in calcestruzzo. Ed era
alto 3 metri e 60 centimetri. In
mezzo la “striscia della morte”.
LE VITTIME
Negli anni sono state uccise dalla
polizia di frontiera della Germania
est, i “vopos”, almeno 133
persone mentre cercavano di
raggiungere Berlino ovest.
LA CADUTA
Il 9 novembre 1989, dopo diverse
manifestazioni, il governo dell’est
annunciò l’apertura dei confini. E
migliaia di persone scavalcarono il
muro, distruggendolo lentamente.
Il ricordo
Una cicatrice di cemento
guarita dalla riunificazione
I
l Muro era alto 3 metri e 60 centimetri. All’interno di Berlino
si snodava per 43 chilometri. Una cicatrice di cemento che
spaccava in due la Germania. Simbolo della Guerra Fredda tra
i due Blocchi che, sino al 9 novembre 1989, divise l’Europa e il
mondo. Sono passati 25 anni da quella notte, e Klaus Wowereit,
sindaco di Berlino, sa che “non è possibile rappresentare gli orrori
perpetrati all’ombra del Muro“. Dal 13 agosto 1961 “die Mauer”
rinchiuse 16 milioni di tedeschi nell’ex-Rdt. Almeno 133 i morti
nel tentativo di scavalcarlo. È in loro memoria che, dal 7 al 9 novembre, 8mila palloncini luminosi, piantati su steli di 3,4 metri,
segneranno 15 chilometri dei luoghi dove passava il Muro. Poi, la
sera del 9, quel “Confine luminoso“ - è il titolo dell’installazione volerà libero per il cielo sopra Berlino. La mattina del fatidico giorno sarà la Kanzlerin ad inaugurare sulla Bernauer Strasse - dove
è stato eretto il Monumento al Muro - una mostra permanente:
“1961-1989. Die Berliner Mauer“. Per la cancelliera non ci sono
dubbi: “Oggi - ha detto Angela Merkel il 3 ottobre scorso, festa
dell’unità nazionale - possiamo dire che le nostre speranze di allora si sono realizzate”. La lezione che la Merkel rinvendica dai
giorni “in cui cittadini coraggiosi protestarono con la loro pacifica
rivoluzione contro il sistema della ex-Rdt”, è molto semplice, ed
efficace. “Tutto è possibile”, ha sintetizzato Merkel. In effetti, oggi
è la Germania la locomotiva d’Europa. Ed ora sono più i tedeschi
dell’ovest a cercare opportunità nei 5 Länder all’est che al contrario. Nei supermarket vanno alla grande i prodotti locali della Germania est. Il trend è chiarissimo: il 53 per cento dei tedeschi afferma che la riunificazione ha portato vantaggi. In Germania est è
il 74 per cento a vederla così. E la stragrande maggioranza dei giovani: all’est del Paese, il 96 per cento al di sotto dei 30 anni ne è
soddisfatto. Dati che spiegano come mai, da 10 anni, il cancelliere
della Repubblica federale sia una donna che ha passato i primi 34
anni della sua vita all’ombra del Muro, ma nell’est del Paese.
s.v.
L’analisi
La storia tedesca
sembra non aver
insegnato nulla
SANDRO CATTACIN
Professore di sociologia
all’Università di Ginevra
Q
uando si è cominciato ad
erigere delle mura, è
stato sempre per difendersi, non solo dai venti o dagli
animali, ma dagli invasori. Le
mura delle città medievali furono erette per difendere le libertà assicurate nelle città dal feudo. E anche la muraglia costruita dall’impero cinese più di
2700 anni fa, lunga più di 8000
chilometri, fu costruita per impedire ai popoli nomadi di invadere il civilizzato Impero. La
più grande costruzione umana
è un muro.
Queste costruzioni di difesa
non hanno retto a lungo. I cavalli sono diventati cannoni e
aerei e si è presto capito che le
mura non rappresentavano più
un sistema di protezione adeguato, che si dimostravano più
utili la diplomazia e il dialogo,
l’equilibrio delle forze, ma anche lo scambio economico e i
legami fra i popoli e i Paesi.
Questa nuova strategia di pacificazione senza mura, di cui
l’Europa contemporanea della
libera circolazione delle merci e
delle persone è stata l’esempio,
sembra essere caduta in una
specie di amnesia.
Da alcuni decenni, nonostante i processi storici, si è ripreso a costruire ad un ritmo
forsennato. Non più mura di
fortificazione ma muri di netta
separazione. Il Marocco ha eretto nel Sahara occidentale una barriera,
fatta di campi minati, fossati e filo spinato, lunga più di
2500 chilometri.
Negli Stati Uniti non si scherza con i 3000 chilometri di frontiera – costituita da muri e recinzioni – che separano il Paese
dal Messico. Oppure, Israele ha
semplicemente circondato la Cisgiordania (quando la densità
abitativa era alta) e usato recinzioni (quando la frontiera era facile da controllare). E anche
quella che è stata la culla della
civilizzazione, l’Europa, si è rimessa a fare il “muratore”, nonostante il trauma subito nel
suo cuore, quando la Repubblica
democratica tedesca costruì nel
1961 il suo Muro attorno all’altra Berlino democratica per impedire al nemico fascista di entrare. I nuovi muri eretti con
soldi europei si trovano sulla
frontiera terrestre tra Grecia e
Turchia o tra Ceuta e Melilla,
città autonome spagnole sulla
costa nordafricana, e fanno parte di quella che chiamiamo ormai la Fortezza Europa.
Muri e fortezza sono termini
e simboli che ci riportano al
Medioevo e nonostante non
servano a fermare cavalli e cannoni ma individui, appaiono
tanto imponenti quanto inutili.
Sono certamente opere che nell’immediato hanno avuto lo
scopo di monitorare l’ingresso,
non più di invasori, ma di flussi
di persone. Nonostante tutti i
controlli, la frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti è una delle
più permeabili: bastano soldi,
contrabbandieri e un po’ di fortuna. Lo stesso discorso vale
per Israele, dove dopo i muri
sono stati costruiti i tunnel e
dopo i tunnel ci sono stati gli
attacchi aerei. E la Fortezza Europa? È stata edificata in Grecia e in Spagna, con conseguenti drammi insopportabili in
tutto il Mediterraneo, indegni
per la nostra civilizzazione. Perciò il ritorno dei muratori di
Stato non ci convince. La storia
tedesca, che ricordiamo proprio
in questi giorni con la caduta
del Muro di Berlino, sembra
non averci insegnato nulla.
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
ilcaffètravirgolette
36
Oltre il cibo.
Celebrava
la forma perfetta.
Era il simbolo
universale
della vita. Ma oggi
i salutisti lo hanno
dimezzato
ELISABETTA MORO
L’
uovo ha una forma perfetta nonostante sia
fatto col culo. Il paradosso del grande designer Bruno Munari dice tutto sulla fortuna universale dell’alimento più simbolico che esista. Dall’uovo
cosmico a quello alla coque. Da quello artistico di Fabergé a quello
proverbiale di Colombo. Perché niente riesce a sintetizzare meglio la
ciclicità della vita. Fine e inizio. Morte e rinascita in una sola linea,
senza soluzione di continuità. È come se la natura si fosse fatta designer di se stessa. Ecco perché non ha senso chiedersi se sia nato
prima l’uovo o la gallina. Visto che una gallina è solo il modo che ha
Uova
La sfida tra bianco e rosso...
è di quelle all’ultimo tuorlo
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Da sapere
EQUILIBRIO ALIMENTARE
Ad esclusione della vitamina C,
l’uovo contiene parecchie
sostanze necessarie all’equilibrio
alimentare. Oltre le proteine, sali
minerali, come ferro e calcio.
un uovo di fare un altro uovo.
Come diceva il grande scrittore
vittoriano Samuel Butler.
Ma oggi il cibo che per millenni è stato simbolo universale della
vita viene messo sotto accusa. E proprio a
causa del suo iperpotere nutritivo. Nonché del
suo carico di colesterolo. La colpa è tutta del tuorlo, la parte più saporita e fino ad ora considerata pregiata. Quello che le nostre nonne
sbattevano con lo zucchero fino a farlo diventare una marea montante di dolcezza cremosa. Una riserva di piacere a rilascio lento,
perché non solo ci ha reso felici al momento del consumo, ma ci allarga il cuore ogni volta che ricordiamo i sapori d’antan. Mentre
adesso i nutrizionisti denuncerebbero la nonna per aggressione colposa al sistema cardiovascolare dei nipotini.
Così finisce che il pallido e anemico albume si prende la rivincita
e i suoi prezzi schizzano alle stelle. Negli Usa nell’ultimo anno il costo del bianco è salito dell’80% superando in tromba il valore del rosso. Le holding alimentari infatti hanno fiutato il business e puntano
sull’industria della penitenza. E tra gli investitori nel settore del cosiddetto oro bianco c’è anche Goldman Sachs.
Con tempismo perfetto, il colosso statunitense McDonalds propone l’Egg White Delight, un muffin dove del tuorlo non c’è nemmeno l’ombra. Mentre la catena di fast food Jack in the Box ha inventato il sandwich al bianco d’uovo. In un Paese come gli Stati Uniti,
dove il consumo pro capite è di 250 uova l’anno - in Svizzera quasi
200 - era pressoché inevitabile che la nuova vulgata salutista mandasse tutti in bianco.
LA PRODUZIONE
Nella Confederazione la
produzione di uova è governata
da norme e divieti particolarmente
rigidi. Gli allevamenti devono
rispettare precise regole anche
sull’igiene contraddistinte da sigle.
LA STORIA
Le uova sono un cibo sfruttato sin
dai tempi dell’antico Egitto.
Ancora oggi molte etnie in Africa
riescono a vivere grazie solo alle
uova di gallina.
IL CONSUMO
In Svizzera il consumo pro capite
è di circa 200 uova l’anno.
La Cina è prima al mondo con
300 uova annue consumate
pro-capite.
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
L’ambiente. Risorse
azzerate,Rifiuti che s’accumulano
e specie che scompaiono.
E il Wwf ora lancia l’allarme
In un solo anno
ci siamo mangiati
l’intero pianeta
Superata 5 volte la bio-capacità svizzera
EZIO ROCCHI BALBI
ed Emirati Arabi Uniti. A meno
di considerare risorsa naturale il
petrolio, però, questi Paesi non
brillano certo per bio-capacità.
Cosa che non si può dire per Danimarca e Belgio, che seguono
in classifica e men che meno per
gli Stati Uniti che, da soli, vedono consumati da ogni loro singolo cittadino l’equivalente di
quanto prodotto in 9,57 ettari di
terra! Vale a dire venti volte della ecoimpronta degli abitanti del
Bangladesh, in fondo al ranking
con 0,5 ettari a testa. In questa
non gratificante graduatoria la
Svizzera è quindicesima, affiancata da Austria e Francia.
“Eppure diversi governi
hanno tentato di adottare misure di ecocompatibilità - ricorda
Torricelli -, ma a contestarle o a
bocciarle sono stati gli stessi cit-
P
tadini, svizzeri inclusi”. Meno
aggressiva è l’impronta elvetica
nell’infierire sulla biodiversità.
In questo indice - che registra
un dimezzamento della fauna
selvatica negli ultimi 40 anni - è il Sud America ad accusare le maggiori perdite: una riduzione dell’83% a colpi di deforestazione, urbanizzazione e agricoltura. Pure l’inquinamento ha lasciato il segno: il
consumo eccessivo rappresenta
la metà delle emissioni di CO2.
Insomma, è bastato calcolare le
superfici terrestri e marittime
per scoprire che, per produrre
quanto consumiamo (e assorbirne i relativi rifiuti), servirebbero
ogni anno 18,1 miliardi di ettari.
Peccato che il pianeta Terra ne
abbia solo 12. [email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
RIPARTIZIONE GLOBALE DELL’IMPRONTA ECOLOGICA
Impronta ecologica1 in rapporto alla biocapacità2 media mondiale disponibile pro capite, in %
“Il nostro Paese
è proprio l’esempio
da non seguire”
È
Ettari globali (Hag) procapite
Cuba
Egitto
Romania
Media mondiale
Brasile
Giapone
Russia
Grecia
Italia
Germania
Francia
Svizzera
Austria
Australia
Stati Uniti
Belgio
Danimarca
er soddisfare i nostri
≥300
200-299
100-199
75-99
<75
dati non disponibili
bisogni ogni anno non
bastano le risorse naturali dell’intero pianeta. Anzi, secondo
l’ultimo rapporto “Living Planet” del Wwf la pressione sugli
ecosistemi è tale che servirebbe
l’equivalente di una Terra e
mezzo insomma. Quello del
Wwf non vuole essere un allarme terrorizzante, ma un appello
per un pianeta decisamente
“malato”, con segni di ripresa
sempre più incerti. E la Svizzera
dà il suo bel contributo, visto
che negli ultimi cinquant’anni
1 Impronta ecologica
2 Biocapacità
ha oltrepassato la sua bio-capaL’impronta ecologica misura il nostro
La biocapacità e il rendimento
consumo di risorse naturali e lo converte in
biologico di una superficie produttiva.
cità di oltre cinque volte.
unità
di
superficie
produttiva
(ettari
globali)
Viene misurata in ettari globali (gha)
“Purtroppo, è l’inevitabile
Fonte: Global Footprint Network 2011
rapporto tra l’esigenza di un modello di vita ecocompatibile e il
IMPRONTA ECOLOGICA E BIOCAPACITÀ IN SVIZZERA
paradigma eco- IMPRONTA ECOLOGICA PER PAESE, PER ABITANTE
nomico che ab- In ettari globali (Hag) per persona
Impronta ecologica
Biocapacità
Costruzioni
Pesca
Prodotti forestieri
Allevamento
Raccolto
Carbone
biamo adottato
- commenta il 106geografo Gianpaolo Torricelli,
5docente all’Usi 8-. Certo il nostro
stile di vita, sen- 64za correttivi,
non può che la- 43sciare ‘segni’ indelebili”. I segni
profondi della 22famosa
“impronta” ecologi- 01ca, l’indice che
misura il pesante consumo di
0
risorse naturali.
1961
1968
1975
1982
1989
1996
2003 2010
Il rapporto Wwf,
Fonte: Global Footprint Network 2011
Fonte: Global Footprint Network 2011
realizzato in collaborazione con
la Zoological Society di Londra, il
L’intervista L’appello di Rudy Bächtold, responsabile comunicazione del Wwf per il Ticino
Global Footprint Network ed il
Water Footprint Network gestito
dalle organizzazioni internazioti proprio dagli Usa. In Califor- copiassero il nostro stile di vita i
nali non governative, si basa su
nia, un territorio che si presta risultati sarebbero catastrofici”.
tre indicatori: le variazioni delle
molto a questo genere di esperiChe ruolo giocano in Svizzebiodiversità, quanto e come venmenti, si sta sviluppando un inra i nuovi insediamenti e
gono “consumate” la terra e l’acteressante programma d’incenl’urbanizzazione?
qua dolce a disposizione. Natu“Ogni giorno in Svizzera
tivi legato allo sviluppo delle
ralmente il tutto parametrato ai
energie rinnovabili. Come pure spariscono migliaia di metri
nostri stili di vita. E con la consaquadrati di territorio, sacrificati
in Cina”.
pevolezza che la tendenza è deNonostante il mostruoso sull’altare dell’edilizia. Cosa che
stinata a peggiorare, non fosse
tasso di crescita cinese?
sicuramente contribuisce a pegaltro per l’aumento della popola“La Cina non è ancora tra i giorare le cose sul fronte dello
zione, che è quasi triplicata
Paesi più spreconi, ma solo per- spreco di risorse”.
nell’ultimo mezzo secolo, mentre
In che misura?
ché è una nazione molto estesa.
si prevede che raggiungerà i noNon dimentichiamo che un abi“L’equazione dice che meno
ve miliardi di persone entro il
vero, molti Paesi hanno troneggiano nei primi posti della tante della Terra su cinque è ci- territorio agricolo abbiamo,
2050.
un’impronta
ecologica classifica dei consumatori. Entra nese e quindi ci troviamo di maggiore è il nostro bisogno
Basta osservare le tabelle
peggiore di quella della in gioco la cultura ‘usa e getta’, fronte ad una bomba ad orologe- d’importare. La Svizzera è camdel rapporto per capire che il
Confederazione, ma Rudy Bä- ma anche uno stile di vita che è ria. Per questo è necessario in- biata molto, basta osservare coclassico “bicchiere mezzo pieno”
chtold, responsabile della comu- comune a praticamente tutti i culcare alle giovani generazioni me si sono sviluppate le costrunon esiste. C’è chi lo ha strabocnicazione del Wwf Svizzera ita- Paesi cosiddetti evoluti. Non a l’idea di un consumo sostenibile. zioni negli ultimi decenni”.
cante e chi vuoto del tutto. Non
liana, non fa sconti:“Non possia- caso i primi ranghi sono tutti oc- Ed è proprio questo che il Wwf
Non bastano piani regolatori
sorprende, infatti, che siano i Un mondo sprecone
mo certo esserne orgogliosi, sia- cupati da nazioni europee,nor- sta facendo, con buoni risultati”
adeguati?
Paesi con il reddito più elevato “Sotto accusa non c’è
mo un esempio da non seguire, damericane e dal Golfo Persico”.
“Non direi. Ad una prima ocQuindi basta trasmettere ai
ad avere la maggiore invadenza
anche se ci sono Paesi che sono
Le condizioni generali, però,
Paesi in via di sviluppo tutte chiata il nostro Paese sembra
sugli ecosistemi. Il record nega- solo lo stile usa e getta,
addirittura meno virtuosi del
non aiutano, e le energie
le informazioni e istruzioni ancora essere molto verde, ma
tivo dell’impronta ecologica anche la pianificazione
nostro”.
molte di quelle aree sono in efrinnovabili fanno fatica ad
necessarie?
spetta al Kuwait, che è sei volte sbagliata che ruba
Si riferisce a quelli nordaimporsi.
“No, occorre anche esortarli fetti edificabili. E se non si ponquella prodotta procapite sulla
mericani?
“È così, anche se ci sono dei a non comportarsi come faccia- gono seri vincoli, presto tutto il
Terra, seguito a ruota da Qatar spazio all’agricoltura”
“Infatti. Canada e Stati Uniti segnali incoraggianti provenien- mo noi. Se quelle popolazioni territorio sarà occupato”
o.r.
IL CAFFÈ
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4
ilcaffètravirgolette 39
ARNALDO ALBERTI
70
La guerra mobilitò
gli eserciti di quasi
tutto il mondo
mandando
in battaglia 70
milioni di soldati.
Di questi 60
milioni soltanto in
Europa.
I
n situazioni d’estrema sofferenza la mente elabora, riducendoli a simboli, elementi importanti dell’ambiente in cui la guerra si combatte. Abbiamo avuto, in questi
mesi, l’occasione di seguire per ore in tv
programmi rievocativi nei quali ogni aspetto e
ogni particolare della tragedia della Grande
guerra del 1914-18 è stato, si può dire, ossessivamente mostrato sul piccolo schermo. La
prima entità evocata, a mio parere la più importante, è la trincea. Si scavava nella terra, e
spesso questa grande madre è chiamata in causa, per trovare rifugio e protezione. E sotto ci
s’infangava in una melma viscida, trascorrendo
il tempo nell’ozio e aspettando. Si fumava, si
mangiava, si dormiva, sempre aspettando.
Aspettando cosa? La morte. Così un luogo di
protezione, paradossalmente, si trasformava in
qualcosa di simile ad una fossa in cui i cadaveri
erano provvisoriamente seppelliti prima dell’inumazione rituale. Allora non c’erano le scavatrici. Migliaia di chilometri di trincee erano
sterrate a mano da centinaia di migliaia di uomini, alcuni coscienti, alcuni inconsapevoli, che
quelle non erano trincee, ma
fosse che avrebbero protetto
solo cadaveri. I vivi uscivano
per ricadervi dentro e morire.
Le classi sociali e i vagoni
9
Le vittime
militari registrate
furono 9 milioni.
Ma la guerra
causò la morte
anche di 7
milioni di civili.
Esclusi quanti
perirono di fame
o malattie.
I milioni di soldati erano
braccianti, contadini, manovali o operai. Gli ufficiali che
scendevano nelle trincee appartenevano a quel ceto medio che era appena
uscito dalla povertà. Le armate, su entrambi i
fronti, erano strutturate in gerarchie verticali.
La loro organizzazione rispettava rigorosamente i privilegi di classe. Più si era ricchi, più ci si
allontanava dal fronte e dalla trincea. Abbiamo
visto in tv le masse dei coscritti italiani nelle
stazioni ferroviarie. Partivano, verso i luoghi
dei massacri, entusiasti, cantando e ridendo.
Sembrava che avessero letto Marinetti e inteso
il senso profondo del futurismo, che definiva la
guerra “igiene dei popoli”. I treni erano formati
da vagoni con tre classi. Nella prima classe
viaggiavano quelli che non sarebbero morti: uf-
La memoria. Esattamente cent’anni fa
divampava il conflitto in cui morirono nove milioni
di soldati e sette milioni di civili.E che segnò
profondamente anche la vita della Confederazione
I ricordi di famiglia
che fanno rivivere
la Grande Guerra
ficiali superiori che servivano nelle retrovie o
seduti comodamente in uffici. Erano certi di
tornare. In seconda classe viaggiavano gli ufficiali del ceto medio emergente. Speravano che
il loro eroismo sarebbe stato ricompensato con
il libero accesso alla classe dei più ricchi (oggi
diremmo a quella dei manager). In terza classe
viaggiavano i milioni di poveracci; quelli che
avrebbero sostituito l’inferno e la schiavitù del
lavoro con la dannazione nelle trincee. Chi era
condannato all’inferno della trincea e veniva
dai campi, dai cantieri e dalle fabbriche, cantava anche lui: era felice che ogni giorno, con
puntualità e disciplina militare, gli servivano la
“galba” (il rancio), era soddisfatto dell’ozio o
del riposo che gli era concesso fra un attacco e
l’altro. Stare in trincea, dapprima poteva forse
sembrare persino più comodo che non subire
l’oppressione del lavoro sfiancante sui cantieri,
nelle fabbriche, nelle miniere e nei campi.
Mio zio Andrea
Il generale Ulrich Wille
Ma chi erano davvero questi signori che sui
treni viaggiavano in prima classe? Uno di essi
era senza dubbio il generale Ulrich Wille, eletto l’8 agosto 1914 dall’Assemblea federale comandante dell’esercito svizzero. Il generale, si
ricorda anche su Wikipedia, nel 1912 era stato
ricevuto personalmente dall’imperatore Guglielmo II e pochi anni prima aveva sposato
Clara von Bismark, parente dell’ex cancelliere
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Il secondo protagonista della Grande
Guerra, in ordine d’importanza, già per il suo
carattere mitico che ha assunto nella memoria, è mio zio Andrea. Fratello di mio nonno,
gli si contrapponeva per il suo carattere ribelle. Mio nonno paterno era guardia di confine:
uomo ligio al dovere, integrato e tanto patriota da chiamare un figlio Ulrico, lo stesso nome
del generale, un altro Gottardo, non in ricordo
del santo ma del massiccio delle Alpi, fortificato e sicuro già nella prima guerra e mio padre
Reno, il nome del fiume che segnava il confine
settentrionale della Svizzera, che lui credeva
invalicabile, ma che il generale Wille aveva
tramato affinché fosse, con la neutralità del
Paese, violato. Lo zio Andrea, di cui nessuno
della famiglia sapeva cosa facesse e di cosa vivesse, fu mobilitato. Da Taverne, col treno e a
titolo gratuito, andò a Bellinzona, luogo in cui
gli arruolati si organizzavano per partire a di-
fendere le frontiere. Il generale Wille, in un
momento di lucidità, aveva ordinato che le
truppe ticinesi fossero dislocate proprio sul
Reno, di fronte alle sperimentate truppe prussiane. È chiaro e scontato che i ticinesi son
bravi “soldà” e c’è persino una canzone che lo
conferma. Tuttavia, e non è per cattiveria che
lo affermo, per combattere una guerra ci vogliono tutt’altro che
bravi soldati. Ad esempio ci vogliono combattenti come mio zio Andrea, che marciava in
buon ordine da Bellinzona in direzione di Basilea. Arrivato ad Arbedo
s’accorse che gli si era
slacciato uno scarpone.
Uscì dalla colonna e si
chinò per riallacciare la
stringa. Il capitano, che
a cavallo seguiva la compagnia, gli si avvicinò
e gli diede un calcio sulla schiena. Mio zio si
rialzò, rincorse e agguantò il capitano, lo
strappò giù dalla sella e gli assestò un paio di
pugni. La colonna evidentemente s’era fermata, l’ufficiale s’era rialzato. Rimontò a cavallo
e mio zio fu riaccompagnato, con grande rispetto, a Bellinzona. Lì lo misero su un treno,
in una cella per il trasporto di detenuti. Fu il
solo ticinese ad andare a Basilea col treno e ciò
non è male se si pensa a quelli che la trasferta
l’hanno fatta tutta a piedi. Fu processato ed
espulso dall’esercito perché elemento pericoloso sebbene, e il suo gesto lo prova, sarebbe
stato uno dei pochi ticinesi coraggiosi e atti al
combattimento.
Mia madre e mio nonno minatore
Un altro personaggio di notevole statura,
sebbene a quel tempo era esile e minuta, è
mia madre. Una bambina di due anni che alla
fine della Grande Guerra contrasse l’influenza
spagnola. Fu una pandemia che in Europa provocò milioni di morti. Una prozia, sorella di
sua madre, mi raccontò che nel delirio di una
febbre altissima chiedeva insistentemente un
“bencoin de ris”: una briciola di riso da mangiare. La febbre le dava appetito. Invece al
protagonista di un altro racconto, fattomi da
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un anziano amico di montagna, un comunista
che ogni anno andava a Mosca in pellegrinaggio e che morì proprio per una polmonite che
s’era beccato là.La febbre gli dava sete. Fiore,
così si chiamava il mio amico, mi raccontò che
il giovane ammalato di spagnola, per placare
la sete, di notte s’era alzato dal letto ed era andato a bere l’acqua di un ruscello vicino a casa
sua. Lo trovarono il giorno dopo. Morto.
Al fianco di mia madre bambina vi è una
grande figura mitica che forse la sovrasta:
quella di suo padre. Un nonno che io non ho
conosciuto. Era minatore, con la funzione di
“capovolata”. Era un immigrato bergamasco e
probabilmente aveva una sua squadra di minatori italiani itineranti. Da bambino ricordo
che mi avevano regalato, come giocattolo, la
sua lampada a carburo, e vedo ancora sulla
parete del salotto buono di mia nonna un medagliere con i distintivi del Lötschberg, del
Sempione, dell’Auenstein. Terminato il lavoro
in galleria andava in Belgio e scendeva per
centinaia di metri sottoterra a cavare carbone:
il combustibile che muoveva i treni sotto le
sue gallerie. Un giorno lo riportarono a casa.
Era paralizzato a metà. La silicosi l’aveva ridotto così. All’epoca non c’era la cassa malati,
né l’assicurazione invalidità. Mia madre gli
voleva bene. Fu lei a dirmi che non le piacevano i giacinti. Da bambina ne aveva avuto uno
sulla credenza. Fiorì proprio il giorno che suo
padre morì.
Mia nonna sigaraia
Ma torniamo a mia madre, che andava a
scuola nelle prime classi elementari. Mia nonna era sigaraia alla Fabbrica tabacchi di Brissago. Guadagnava, negli anni immediatamente dopo la Prima Guerra, 2,50 franchi al giorno: il salario per 12 ore di lavoro, a cottimo,
senza interruzione per il pranzo. Mia madre,
bambina, uscita dalla scuola per la pausa di
mezzogiorno, andava in fabbrica. Era uno
stanzone infinito, con decine di sigaraie. Mia
madre si sedeva a terra, come decine di altri
bambini, più cuccioli di cani accucciati che esseri umani, e sua madre le dava giù pane, formaggio e una mela, se c’era. Rievocando queste scene ogni parola di commento è inutile e
disturba.
2
Nei quattro anni e
tre mesi di ostilità
persero la vita
circa 2 milioni di
soldati tedeschi
insieme a un
milione e 100 mila
militari austro
ungarici.
21
Durante il conflitto
vennero registrati
21 milioni di feriti,
molti dei quali
rimasero più o
meno gravemente
segnati o
menomati per
tutta la vita.
60
Per effetto della
guerra e delle
contrapposizioni
fra Stati, tra 60
mila e 200 mila
civili ebrei vennero
uccisi in quello
che era allora
l’impero russo.
6
Sei settimane, in
media. Questa,
durante la
Grande Guerra,
l’aspettativa di
vita in trincea.
Sottufficiali
e barellieri erano
tra i soggetti
più a rischio.
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fˆ¢¢Ł aë •F¥ øŁ++nFÝ݈ ÿŁ•ÝŁbbqˆ +ˆ• øÄFflqˆ øFÄflíÝŁ F øÄFflqˆ F¥F4
tedesco Otto von Bismark. Il 20 luglio 1915
scrisse una missiva al Consiglio federale in cui
preconizzava l’entrata in guerra della Svizzera
a fianco degli Imperi centrali. Niklaus Meienberg, giornalista e storico, morto suicida nel
1993, nel 1987 pubblicò un libro dal titolo
“Die Welt als Wille und Wahn” in cui porta le
prove della demenza senile del generale e dimostra il tramandarsi nella famiglia Wille,
quasi come un marchio genetico, l’amore per
.)() 9MMB7
Per 4 anni, fra
l’estate del 1914
e la fine del 1918,
si combattè il più
sanguinoso e
vasto, per numero
di Paesi coinvolti,
conflitto armato
della storia.
il popolo tedesco. L’ammirazione del figlio del
generale, anche lui un Ulrich, comandante di
corpo d’armata, sospetto informatore regolare
dello stato maggiore della Wehrmacht sulle
posizioni e la prontezza dell’esercito svizzero,
conferma questa tesi. Meienberg nel suo libro
ricorda i 17 soldati svizzeri fucilati per spionaggio nella seconda guerra mondiale. Tutti
poveracci, appartenenti
al Lumpenproletariat,
al proletariato degli
straccioni. Invece al figlio del generale, che
prima della guerra aveva raccolto fra gli accoliti e i simpatizzanti
svizzeri di Hitler una
somma enorme per aiutare i gerarchi del nazismo nelle loro poco
onorevoli opere, non
accadde niente. Anzi, liberato dal servizio dopo la guerra, Ulrich Wille junior fu nominato
presidente della Pro Juventute dove compì la
sua opera, sempre fedele allo spirito razzista e
nazifascista. Progettò e diresse infatti, con
questa associazione, la sottrazione dei figli dei
Rom e degli Jenisch svizzeri.
"
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FUORI MIRA
Alessio Boni, 44 anni,
con un’incomprensibile
parrucca bionda, nel film
di Bernasconi
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
ilcaffètravirgolette
40
Schermi.
Dopo il successo
di“Sinestesia”
Erik Bernasconi
cerca il bis con
un cast corale.
Tanti personaggi,
forse pure troppi
Libri.
Ossessioni erotiche
e visioni di morte
MARCO BAZZI
N
La commedia condominiale
Un quasi thriller dall’ambientazione ticinese
MARIAROSA MANCUSO
“T
i denuncio. Ti ho visto buttar via
la spazzatura nel sacco nero”. Il
sacco per rifiuti non ufficiale è
segno di comportamento incivile, se non di
devianza, soltanto in Svizzera. Già dalle
parti di Como fan fatica a capirlo, ai più
lontani dalla frontiera bisognerebbe chiarire il concetto di “sacco ufficiale”, prima di
informarli sul costo del medesimo. È il limite - e nello stesso tempo potrebbe rivelarsi la forza, parleranno gli incassi - di
“Fuori mira”, opera seconda di Erik Bernasconi girata 5 anni dopo il successo di “Sinestesia”.
L’ambientazione ticinese è ricercata e
insistita, anche se il film è stato girato a
Bolzano. Cast corale, come si usa dire. Unità di tempo e di luogo: il giorno più caldo
dell’anno, in un posto che non è centro, ma
neanche periferia, un po’ più multiculturale del necessario. Se vi viene in mente “Canicola”, il grottesco e crudele film dell’austriaco Ulrich Seidl, siete fuori strada. La
sceneggiatura, scritta dal regista con Daniel Bilenko e Mario Fabio - più l’anglolivornese Roan Johnson, regista che abbiamo ammirato per “I primi della lista”, oltre
che per l’ultimo film visto al Festival di Roma “Fino a qui tutto bene” - ha toni più comici e svagati, almeno all’inizio.
Ha purtroppo anche un debole per le situazioni esemplari e i messaggi sociali, cosa che in un film bisognerebbe evitare. Una
mattina qualcuno spara a un giovanotto
nero, che ha una fidanzata bianca e al momento prende il fresco sul balcone di casa.
Il vicinato spettegola; sarà stato un regolamento di conti tra immigrati. La poliziotta
indaga, due testimoni di Geova bussano di
porta in porta. I ragazzini cercano un modo
per passare il pomeriggio che non sia il solito videogioco. Il turco dà la ricetta del kebab con carne svizzera e spezie importate,
Alessio Boni (con una terrificante parrucca
bionda in testa, ma perché?) si fa le canne,
gioca a freccette e tiene un orso polare nel
freezer.
Tanti personaggi, forse troppi. Non tutti
infatti servono alla trama, quando dalla
commedia condominiale (sempre un genere divertente e che consente una certa elasticità) si passa al thriller, che invece ha regole più rigide. E mal sopporta una scena,
a un quarto d’ora dalla fine, dove tutti i
personaggi parlano e litigano tra loro, ma
in colonna sonora ascoltiamo solo musica
(come quando lui e lei si innamorano, camminano per strada e parte la sviolinata). La
recitazione non è sempre di prima classe,
ma i tre ragazzini annoiati si fanno notare
per la naturalezza e la disinvoltura.
L’AZZURRO
DEL CIELO
Georges
Bataille
(Einaudi)
ella sua prefazione a l’”Azzurro del cielo”
Georges Bataille scrive: “Come si può perdere tempo su libri alla cui creazione l’autore non sia stato manifestamente costretto?”. E il
suo è uno di quei libri. Lo afferma implicitamente
poche righe dopo: “Solo un tormento mio personale è all’origine delle mostruose anomalie del l’Azzurro del cielo”. Aggiunge di essersi quasi dimenticato di quel romanzo. Eppure è il suo capolavoro.
Narra l’amore di Henry e Dirty nell’Europa del
1934, l’anno dell’assassinio del cancelliere
austriaco Dollfuss, della guerra civile a Barcellona e dell’ascesa al potere di Hitler. La
storia diventa, di pagina in pagina, un’atroce
premonizione del male.
Le immagini finali ne sono una metafora. I
due amanti sulle tombe di un cimitero: “Il suo
ventre nudo fu per me come una tomba fresca.
Eravamo folgorati di stupore, amandoci sopra
quel cimitero stellato”. E nelle ultime due pagine la visione di una banda di ragazzini nazisti che
suonano invitando alla guerra. “Li vedevo, non
lontano da me, affascinati dal desiderio di andare
alla morte (…). A quella insorgente marea omicida, molto più aspra della vita stessa, sarebbe stato
impossibile opporre qualcosa di più di inezie, ridicole suppliche da vecchie signore”. L’opera di Bataille, intellettuale poliedrico, si inserisce in quel
filone che va dal Surrealismo all’Esistenzialismo,
da Artaud a Camus. Passando per l’esperienza di
Céline e del suo “Viaggio al termine della notte”,
che per certi tratti ricorda l’Azzurro del cielo.
Detto della fine, diciamo dell’inizio, ambientato “in una taverna dei bassifondi londinesi, uno
scantinato sordido: “Dirty era ubriaca. Lo era in
modo estremo”. Fino alla camera del Savoy dove,
“al limite del delirio”, si abbandona a quanto di più
disgustoso si può immaginare. È Bataille, con le
sue provocazioni e le sue ossessioni erotiche.
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IL CAFFÈ
2 novembre 2014
ilcaffètravirgolette 41
4
La polemica. Per molti settori sensibili
timori sull’eccessivo interventismo dello Stato
alla ricerca di informazioni personali da registrare
1
3
La nuova legge
sulla sorveglianza
delle comunicazioni
La cartella
medica
elettronica
L’introduzione in via
sperimentale e
volontaria del
sistema ha certo
dei vantaggi, ma la
tutela dei dati lascia
ancora perplessi
molti operatori,
soprattutto
nell’informatica
Il sistema nazionale
d’informazione
per lo sport
Una banca dati che fa discutere,
perché conterrà elementi sensibili
come il numero Avs, alcuni dati
penali e disciplinari (antidoping) di
molti protagonisti dello sport
Tre punti sono contestati: il
possibile utilizzo di “cavalli di
Troia” nei computer, dati sensibili
da conservare 12 mesi e più
“intrusività” sulle reti di telefonia
5
Passeggeri
che non
pagano
2
La lotta
al contrabbando
sulle frontiere
Dubbi sulla possibilità di inchieste
mascherate, di maggior uso di
video e intercettazioni ambientali
e l’utilizzo dei droni nelle zone di
confine
L’occhio invisibile
della Confederazione
sulla nostra privacy
MASSIMO SCHIRA
A
Telefonini
controllati
L’evoluzione
dei sistemi
di telefonia
mobile
spinge
Berna a
maggiori
controlli
nche in Svizzera lo Stato si sta avviando verso una maggiore intrusione nella sfera privata dei cittadini? Quello
della “presenza invisibile” delle istituzioni è un tema da sempre molto delicato, ma alcune tendenze mostrano che l’attuale
periodo storico è caratterizzato da un maggior
controllo statale sulla popolazione. I recenti scandali, ad esempio, negli Stati Uniti hanno portato
alla luce eccessi quasi incredibili, risollevando la
questione della tutela della privacy e della “lunga
mano” dello Stato sulla società. Ma anche nella
Confederazione - dove il sondaggio pubblicato nei
giorni scorsi da comparis.ch ha rivelato che che
quasi la metà degli svizzeri è fortemente contraria
alla conservazione di dati - i motivi di riflessione
non mancano. Soprattutto alla luce di alcune
“mosse” di Berna in questo settore particolare e
altamente sensibile.
Da una ricerca del settimanale “Schweiz am
Sonntag” sono emersi sei ambiti in cui modifiche
legislative, novità tecnologiche o
creazione di banche dati lasciano
intravvedere potenziali problemi
per la protezione della sfera privata. Si va dalle dogane allo sport, si
passa dai trasporti pubblici per arrivare alla sanità.
A scatenare gran parte del putiferio che si sta abbattendo su Palazzo federale in materia di privacy è innanzitutto
il rinnovo della legge federale sulla sorveglianza
della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni. Un nuovo testo che prevede tre
aspetti diventati rapidamente “caldissimi”: la possibilità di inserire dei “cavalli di Troia” (cimici o simili dispositivi) nei computer privati, la conservazione di tutti i dati di connessione (e-mail, dati di
telefonia mobile, indirizzi IP,…) per 12 mesi e misure più intrusive di controllo delle reti Gsm di telefonia mobile. Misure che hanno inescato molte
proteste e anche una raccolta di firme per fermare
la revisione della legge.
Per la lotta al contrabbando e il controllo alle
frontiere, invece, la Confederazione prevede una
prossima riforma della legge doganale, inserendo
articoli che potrebbero permettere alle guardie di
confine di svolgere inchieste mascherate, utilizzare maggiormente le tecnologie video o effettuare
intercettazioni ambientali. Anche con l’uso di dro-
L’intervista Francis Meier, Ufficio protezione dati
“Fatti e notizie sui cittadini
da usare con molto rigore”
F
rancis Meier è il portavoce dell’Ufficio federale per la protezione dei dati di Berna, dal
suo ufficio si “vigila” sulle informazioni confidenziali che riguardano la stretta sfera personale. Come, ad esempio, i numeri Avs o altri elementi considerati altamente sensibili. Informazioni
che, con la centralizzazione delle banche dati a livello federale, devono essere salvaguardate senza
ledere la privacy.
Quali garanzie ha oggi il cittadino?
“Prima di tutto, secondo la legge sulla protezione dei dati, ogni trattamento di informazioni
personali da parte delle autorità deve avere una
base legale”.
Come funziona questa garanzia, nel dettaglio?
“Per ottenerla c’è un iter che va seguito. Una
procedura durante cui viene interpellato anche
l’incaricato federale alla protezione dei dati. L’incaricato, però, può fare solo le sue osservazioni,
non ha nessuna voce in capitolo nella stesura finale delle varie leggi”.
Un pericolo per la sfera privata?
“Bisogna sapere distinguere. Non c’è una risposta unica che valga per ogni caso. Bisogna preliminarmente capire in quali casi è davvero necessario raccogliere informazioni strettamente personali sui cittadini”.
Il vero problema è l’uso che si fa delle informazioni personali. Come controllare che tutto
sia davvero corretto?
“Questo è il nodo principale di tutto il dibattito.
Occorre fare molta attenzione, essere rigorosi. I
fatti e le notizie private sulle persone debbono essere usati, ripeto, unicamente se esiste una stretta
necessità. L’importante è che questi dati non siano
sfruttati per obiettivi non istituzionali”.
o.r.
Per i trasporti
pubblici è in arrivo
un registro
nazionale in cui
verranno inseriti i
cosiddetti
“Schwarzfahrer”,
letteralmente i
viaggiatori in nero,
senza biglietto
6
La battaglia
contro
gli hooligan
Paradossalmente
anche chi frequenta
pacificamente gli
stadi potrebbe
veder finire alcuni
suoi dati nel
registro nazionale
contro gli hooligan,
una banca dati
sempre più vasta
ni, aspetto che inquieta non poco chi è chiamato a
difendere la privacy dei cittadini. E a far storcere il
naso c’è anche il nuovo sistema nazionale d’informazione per lo sport, sempre promosso da Berna.
Tra i vari dati raccolti, che saranno messi a disposizione di diversi attori, fanno discutere soprattutto il numero Avs, i dati penali che possono portare
a revoche dei riconoscimenti Gioventù e Sport ed
eventuali violazioni del regolamento antidoping.
Informazioni certamente importanti, ad esempio,
per la lotta alla pedofilia, ma pericolosamnte sensibili se troppo facilmente rintracciabili. Rimanendo nello sport è destinato a far discutere pure
l’ampliamento del registro nazionale degli hooligan, con dati, profili e informazioni sulle persone
coinvolte in eventi violenti in occasione di manifestazioni sportive. Non per nulla gli esperti sottolineano la necessità di porre dei limiti chiari alla
quantità di dati raccolti e alla loro accessibilità per
le diverse autorità.
Curioso è anche l’esempio dei trasporti pubblici, dove è alle porte un registro nazionale in cui
verranno inseriti i cosiddetti “Schwarzfahrer”, letteralmente i viaggiatori in nero,
ossia le persone sorprese ad utilizzare autobus, treni o altri mezzi di
trasporto senza pagare biglietto o
abbonamento. La messa a disposizione di questi dati è comunque
già sin d’ora destinata a sollevare
parecchie polemiche. Come già
successo per un altro ambito molto delicato, quello della salute. L’idea di introdurre
la cartella medica elettronica, in un primo tempo a
titolo volontario e sperimentale, ha acceso il dibattito. Sia sulla tutela dei dati personali, sia sulla capacità tecnica di mantenere riservate le informazioni (ad esempio dal tentativo di “saperne di più”
da parte delle casse malati). Tuttavia, un’ introduzione generalizzata del sistema permetterebbe ai
medici di avere un accesso più chiaro e organizzato alle informazioni di ogni paziente, evitando, così, anche doppioni nelle cure o possibili errori di
prescrizione.
[email protected]
Q@MassimoSchira
Liste
nere
Al via c’è
una banca
dati sui
clienti
dei trasporti
pubblici che
non pagano
il biglietto
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
ilcaffètravirgolette
42
L’età dell’oro del giornalismo ticinese
La stampa locale dalla sudditanza alla politica ai primi tentativi di emancipazione
L’analisi.
Enrico Morresi
ripercorre
la nascita
e lo sviluppo
della professione,
dal 1950
ai nostri giorni
R
accontare la storia del giornalismo ticinese per descrivere le dinamiche socioeconomiche del Paese. Della
sua crescita e del suo sviluppo nel secondo dopoguerra, con
l’obiettivo di evidenziare l’evolversi di
un “mestiere” verso una sua sempre
maggior autonomia. Un contropotere.
Un giornalismo che tiene sveglia la società “irritandola”, ma anche mettendosi al suo servizio. Fra esigenza “pedagogica” verso i lettori e ruolo critico
liberatorio.
Questo lo spazio entro cui si muove
Enrico Morresi nel suo primo volume
“Giornalismo nella Svizzera italiana,
1950-2000”, raccontando una stagione unica: quella del giornalismo in Ticino che cercò di emanciparsi sia dalle
pressioni della politica che dalle pretese del mercato. Gli anni che vanno dal
1950 al 1980 in particolare. Con il
grande ruolo giocato dalla Radiotelevi-
sione, passata da 233 dipendenti nel
1962 a 489 nel 1970. Quasi un’età dell’oro. Parallela allo sviluppo economico. Periodi ruggenti. Con una crescita
dapprima modesta della carta stampata. Il Corriere del Ticino tirava nel
1950 solo 9.484 copie. Meglio il Giornale del popolo con 10.160. Vent’anni
dopo i due erano appaiati a 17.800, davanti al Dovere, quotidiano del Plrt,
con 12.851. Dietro Popolo e Libertà,
Ppd, 7.143 e Libera Stampa, quotidiano socialista, con 5.583 copie.Una carovana già sgranata che faceva presagire quello che poi è avvenuto: la
scomparsa dei quotidiani politici, e la
supremazia del Corriere.
Forse per questo Morresi si dilunga
a raccontare l’avanzata e le innovazioni
tecniche del Gdp, i personaggi chiave,
Don Alfredo Leber, Giuseppe Biscossa,
Augusto De Maria. L’inaugurazione del
nuovo centro stampa, la prima nuova
rotativa in Ticino negli anni ‘60, e poi
un vero e proprio laboratorio fotografico. “Don Leber mi aveva offerto, mille
franchi al mese di stipendio, ed era il
1960 - racconta Morresi -. Io ne guadagnavo 800. Rimasi perplesso. Chiesi un
colloquio al mio direttore, Giovanni Regazzoni: ‘Se rimani al Corriere te ne do
900’”. Rimase e l’indovinò. Il Gdp
avanzò rapidamente, superò il Cdt nel
1970, ma poi fu surclassato. Nel frattempo, parallela allo sviluppo economico, era aumentata la pubblicità incoraggiando l’assunzione di nuovi redattori nelle varie testate. Si profilarono le
prime personalità, fra cui Silvano Toppi
nel Gdp: “Il mondo politico ticinese tardò a riconoscere la sua indipendenza di
giudizio”, nota Morresi, che iniziò al
Cdt la sua funzione di “resocontista”
dal Gran Consiglio.
Nello stesso periodo s’inaugurò a
Besso il nuovo centro della Rsi, diretta
da Stelio Moro “con stile autoritario,
ma aperto alle novità”. “La soggezione
della radio, rispetto alla politica (e presto anche della tv) era totale”, ricorda
Morresi, che cita ampiamente il “rapporto” di Roland Burkardt, un’analisi
del giornalismo ticinese,“dove è ancora
possibile riconoscervi una forte connotazione partitica. Tenue la tendenza a
liberarsi della prospettiva ticinocentrica per pensare la politica, l’economia, i
problemi di struttura in una dimensione sovracantonale”. Un’emancipazione
che nel Cdt cercò di attuare negli anni
Settanta Guido Locarnini, definito da
Morresi “un direttore culturalmente di
destra che dirige una redazione di sinistra”. Tanto che fu contestato da alcuni
suoi giornalisti.
Ma erano gli anni del ‘68, di Politica
nuova, il settimanale del Psa, dei fuoriusciti dal Pst. Gli anni dell’immagine
sulla copertina del volume di Morresi,
la foto dei manifestanti che sfilarono
davanti alla nuova sede del Cdt, rompendo qualche vetro.
c.m.
L’anniversario I 55 anni del giornale boulevard edito da Ringier
no dopo giorno, ma anche piacere – spiega René Lüchinger, attuale redattore capo –. E qualche volta provocare, spiegando la Svizzera al mondo. Per questo è il
quotidiano svizzero per eccellenza, politicamente né condizionabile, né collocabile”. Ma andando controvento, per
“épater le bourgeois”, sfidando le convenzioni della società è stato soggetto a
non poche critiche negli ambienti politici. Subendo un iniziale boicottaggio degli inserzionisti.
Eduard Wahl, anziano politico indipendente di Brissago, che fu uno dei primi
redattori del giornale, racconta dello
scompiglio creato inizialmente dal Blick.
“Scrissi un articolo fin dal secondo numero. Ero corrispondente da Basilea e
venivo additato come uomo del Blick. Fui
preso di mira durante il carnevale e venni effigiato su una delle tante lanterne
del corteo”. Per Wahl la ricetta del suc-
cesso fu proprio l’ostilità di determinate
cerchie sociali. “Anche per il gusto estremo della verità”, aggiunge Wahl, che ricorda la vicenda di un pedofilo suicida
per aver letto il proprio nome in un suo
articolo. Proprio la critica negativa stimolò l’interesse di larghe fasce di lettori. Rigore dell’informazione e provocazione,
gusto per lo scandalo - spogliando anche
in prima pagina la casalinga della porta
accanto -, uniti al formato tabloid: ecco la
formula di un successo.
In passato aveva superato le 300mila
copie, ma la concorrenza dei quotidiani
gratuiti non è stata indolore. Con una
storia lunga più di mezzo secolo e solo
qualche inciampo, come il caso a luci rosse, in cui fu ingiustamente coinvolto Thomas Borer, l’ex ambasciatore svizzero in
Germania, il Blick, con una tiratura di
167 mila copie, resta sempre il giornale
a pagamento più letto della Svizzera.
LE TESTATE
Numero di testate
in Svizzera dal 1939
400
1939
406
350
300
2013
184
250
200
39 43 50 55 60 65 71 75 79 83 87 91 95 99 01 03 05 07 09 11 13
Fonte: Schweizer Medien
René Lüchinger
Dobbiamo stupire,
ma anche piacere.
E qualche volta
provocare per spiegare
la Svizzera al mondo
Lo“sguardo”del Blick
quotidiano controvento
per ‘épater le bourgeois’
C
inquantacinque anni dopo. Lo
stesso “sguardo”, quel Blick divertito e irriverente sul mondo e sulla
società. Con un titolo cubitale “Il maggiordomo non è l’assassino” appare nelle
edicole il 14 ottobre 1959. Primo quoti-
diano boulevard, grandi titoli, articoli
brevi, scandali, sesso e sport, e pure una
lotteria; il Blick ha precorso i tempi coniugando l’informazione con intrattenimento, spettacolo, divertissement e la
provocazione.“Il Blick deve stupire, gior-
ilcaffètraparentesi 43
Il fenomeno. Il mondo
accademico si prepara
a sfruttare il web per l’insegnamento
a distanza, ma non è ancora
chiaro se sarà pure redditizio
L’esperto
“E ora i nuovi studenti
li cattureremo
con la grande Rete”
un fenomeno in crescita,
ma i corsi online, ossia i
Mooc, non finiranno col sostituire l’insegnamento in presenza. Sono approcci diversi” sostiene Stefano Tardini, direttore
dell’eLearning Lab presso l’Università della Svizzera italiana.
Non aspettatevi dunque tagli
netti col passato, la via privilegiata rimarrà quella dell’apprendimento diretto, al cospetto del
professore o del docente. Chiarito questo, anche in Ticino, come
nel resto della Svizzera, è in atto
un’esplorazione delle possibilità
offerte dalla didattica a distanza.
“Non penso che in Europa siamo
in ritardo rispetto agli Stati Uniti. All’Epfl di Losanna, per esempio, stanno investendo tantissimo e già adesso propongono una
ventina di corsi online. Ma ci si
sta muovendo anche in altre università, da Zurigo a Ginevra. E
da noi” spiega Tardini.
Se l’obiettivo non è voltare
completamente pagina, il motore dei corsi online sembra essere
anche legato a ragioni d’immagine: “Sono delle iniziative che
permettono all’ateneo di ampliare il proprio pubblico. Si avvicinano, in un certo senso, a degli
strumenti di marketing per far
conoscere il proprio brand all’estero” sottolinea l’esperto. Ma
vi sono anche intenti più nobili,
in senso stretto. È il caso dell’Epfl di Losanna che coi propri
moduli sul web mira a raggiungere gli studenti che vivono nelle parti francofone dell’Africa.
“In questo modo si può aggirare,
con offerte limitate ad alcuni
corsi, l’ostacolo dei costi e della
difficoltà di spostamento da zone
lontane” osserva Tardini. I Mooc,
a differenza dell’“Open University“, riguardano infatti singoli
corsi, indirizzati magari a persone che già lavorano, che vogliono aggiornarsi oppure approfondire alcune conoscenze.
Non tutti, però, nell’ambiente sembrano convinti che il trend
si reggerà dal profilo economico.
“È un punto molto critico - ammette l’esperto -. Si tratta di un
fenomeno nuovo, per cui andrà
sviluppato un modello di business riconosciuto. Lo stesso vale
per l’attestazione, in alcuni casi
il corso è gratuito, ma viene
chiesto il pagamento di una tassa per la certificazione da parte
dell’università”. A fornir la soluzione sarà il successo dell’idea.
Un milione di studenti all’Epfl, il Politecnico di Losanna? Dimenticate la
contrapposizione, ormai del secolo
scorso, tra università di élite o di massa. Oggi la differenza per gli atenei più
all’avanguardia, si gioca tra l’insegnamento tradizionale e i corsi online pensati, letteralmente, per il mondo... non
solo accademico. È sconfinato infatti il
bacino d’utenza, se si considera che
l’istruzione superiore nel 2025 interesserà 260 milioni di persone (nel 2012
Tardini, direttore dell’eLearning Lab
“Nuovi mezzi
per ampliare
il pubblico
dell’ateneo”
È
erano 150 milioni secondo l’Unesco). A
tirare la volata del cambiamento sono
le università americane come Harvard,
Stanford e il Mit, ma il Mooc (“Massive
open online courses) ha sedotto anche
gli europei. Tanto che il presidente del
Politecnico federale di Losanna, Patrick
Aebischer, si è dato l’obiettivo di un
milione di iscritti alle lezioni virtuali. E
pure il Ticino sarà della partita con due
corsi che l’eLearning Lab dell’Usi testerà in rete a fine 2015.
La novità
STEFANO PIANCA
L
a storia dell’insegnamento a distanza parte da
molto lontano. Addirittura, a ben considerare, i
primi docenti per interposta carta furono Pietro
e Paolo, che tempestavano di missive le comunità attorno al Mediterraneo. Ne hanno tratto
pure un libro, di un certo qual successo, le “Lettere degli
apostoli”. In tempi più recenti, alcuni ricorderanno i corsi universitari mandati in onda, ad ogni ora e fino a notte
fonda, su canali televisivi come Rai Nettuno. Utili anche
per chi non aveva dimestichezza con le materie insegnate, visto che le lezioni ex haethere conciliavano ottimamente il sonno. Insomma, non è da ieri che l’insegnamento ha scavalcato le sapienti mura degli atenei. Ora
però il fenomeno, declinato in chiave tecnologica, ha assunto un nome: Mooc, Massive open online courses. Così vengono definiti quei corsi online aperti e pensati per
una formazione a distanza che coinvolga un numero elevato di utenti. E la moda si sta diffondendo, dagli Usa ha
ormai contagiato le università europee. Addirittura si
stima che in tutto il mondo vi siano circa 3200 proposte
didattiche pensate per il web.
Anche in Ticino si è pronti a cogliere la novità. A Lugano, all’Università della Svizzera italiana il seme dei
corsi online è stato piantato dall’eLearning Lab. Scopo
dell’eLab è infatti, si legge sul loro sito, “di favorire l’integrazione delle tecnologie digitali nelle attività formative in modo fecondo ed efficace, tenendo sempre al cen-
tro dell’attenzione non le tecnologie ma l’apprendimento e le persone che apprendono”. L’approccio, qui all’Usi,
amalgama i contenuti, che devono essere validi, con una
forma innovativa di divulgazione. Non si cavalca dunque
una moda solo perché è di moda. Con questi presupposti, nell’ambito di un progetto pilota assegnato alla Facoltà di Scienze della comunicazione del professor Lorenzo Cantoni, sono in allestimento due corsi pensati per
l’utenza online: il primo verterà sul tema delle tecnologie digitali per il turismo, il secondo invece rivisiterà in
chiave multimediale le “Lecturae Dantis” proposte dall’Istituto di studi italiani diretto dal professor Carlo Ossola. L’impressione è che coi canti della Commedia non
si imboccherà nessuna selva oscura, anche perché l’italiano negli ultimi anni si sta diffondendo nel mondo come lingua di cultura e letteratura. Ma per il lancio online
occorrerà pazientare fino all’autunno del 2015.
I Mooc, sottolinea Stefano Tardini, responsabile
dell’eLearning Lab, “rappresentano l’ultimo step per
raggiungere molte più persone con costi che - pur essendo cospicui in fase di produzione - potranno venir assorbiti dalla grande massa di fruitori”(vedi articolo a fianco). Rispetto alla telecamera puntata sul docente che impartisce lezione in tv, i corsi in rete offriranno contenuti
in più: “I Mooc, per come sono strutturati adesso, si focalizzano ancora sui video dei professori che spiegano,
ricalcando in qualche modo ciò che si è fatto con la didattica universitaria in televisione”. Ma il valore aggiunto
non è costituito solo da quanto (documenti e file vari)
la tv non è in grado di offrire. Esiste anche questo
aspetto, tuttavia la vera novità riguarda l’interazione,
seppur in forme limitate. In verità già i primissimi Mooc erano nati con l’idea di far interagire gli studenti fra
loro, favorendo così il reciproco apprendimento. Ma il
grande successo del corso online prosposto ad Harvard,
coi suoi 150 mila iscritti, aveva mostrato l’impossibilità
di una discussione aperta. Oltre all’ostacolo posto dall’enorme numero di potenziali partecipanti, vi è pure il fatto che le
lezioni non sono concepite per
essere diffuse in diretta e in
tempo reale. Le puntate dei
corsi, di norma, restano a disposizione online per diverse
settimane. Dunque lo scambio
spesso è garantito dalla presenza regolare di un tutor che
risponde allo studente lontano.
Mooc dunque promossi a pieni voti? In realtà non
mancano le resistenze, anche da parte dello stesso ambiente accademico. “Se chiedete a rettori e professori
che cosa pensano di questi corsi, alcuni reagiscono come se fossero stati avvertiti di una macchia sulla cravatta” scrive con una certa ironia la Nzz, che all’argomento ha dedicato un approfondimento.
[email protected]
Q@StefanoPianca
Ti-Press
L’Usi manderà online i corsi di Dante e turismo 2.0
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Pagina a cura di
GastroSuisse
e GastroTicino
LARISTORAZIONE
L’ALBERGHERIA
Presentazione del software di GastroConsult
GastroTime per il controllo delle ore
Basta grattacapi con il controllo delle
ore lavorative dei dipendenti! Come? È
sufficiente partecipare alla presentazione del programma
“GastroTime” che avrà
luogo lunedì 10 novembre dalle 17.15 in
GastroTicino, a cura di
Gastroconsult. Con GastroTime risparmiate
tempo rispettando il
Ccnl. Oggi, infatti, tutti
gli esercizi pubblici sono sottoposti al
contratto collettivo nazionale di lavoro.
Nella maggioranza dei casi, il controllo
Rassegna nel Locarnese sino al 16 novembre
La capra protagonista a tavola
delle ore lavorative, come pure la pianificazione dei turni di lavoro, è fatto manualmente, con un importante dispendio di tempo e carico amministrativo.
Tutto ciò fa parte del passato; con GastroTime, infatti, non vi sfuggirà più nulla, nonostante la complessità della materia. Rimandando per maggiori informazioni alla rubrica GastroNews (a lato), ricordiamo che con GastroTime potete pianificare i turni di lavoro dei collaboratori in modo semplice ed efficace, registrare le ore di lavoro, gestire le
assenze, stampare i rapporti e utilizzare
un orologio marcatempo.
Chi cerca sapori autentici non perda l’ottava edizione della “Rassegna gastronomica sulla carne di capra” - organizzata dalla Fondazione centro capra - che proseguirà con successo sino al 16 novembre in diversi
ristoranti e grotti della Valmaggia, Golino e Gerra Verzasca. Una bella iniziativa che intende
valorizzare uno dei simboli della valle, la capra, e i ristoranti che offrono ai buongustai
piatti e menu che hanno quale filo conduttore la qualità. Ma ecco i ristoranti che partecipano a questa bella iniziativa: Ristorante Villa d’Epoca –
Ronchini di Aurigeno; Osteria Cramalina da Rinalda – Lodano; Eco-Hotel Cristallina – Coglio; Ristorante Turisti – Bignasco; Grotto Brunoni da Regis – Golino; Grotto Sassello –
Gerra Verzasca.
Settimana dopo settimana l’analisi
di tutti i temi, gli studi, gli argomenti,
i problemi e le norme dell’offerta
di ristoranti e alberghi. Una pagina
indispensabile per gli operatori del settore
&
Agenda
News
GastroLagoMaggiore e Valli:
iscrizioni alla cena annuale
In occasione delle imminenti Festività natalizie è con piacere
che GastroLagoMaggiore e Valli invita i soci a iscriversi alla
cena annuale che avrà luogo martedì 11 novembre al Ristorante Belvedere di Locarno a partire dalle ore 19.30; la serata
sarà allietata dal “Duo Billet” e dopo la cena avrà luogo
l’estrazione della tradizionale lotteria. Il ricco menu della serata avrà un costo per persona, compresi i vini, di 120 franchi. Informazioni e iscrizioni entro il 5 novembre al numero
091 759 60 80.
Ritorna la quindicina astigiana
GastroTicino spiega davanti ai media le proprie ragioni in merito alla vertenza con la Sezione locarnese all’hotel Unione di Bellinzona
Impegno
costante
CONDIVISIONE
I vertici della
federazione
confermano il
clima
costruttivo
all’interno del
CdA
verso i soci
GastroTicino ha incontrato di recente i media all’Albergo Ristorante Cereda di Sementina per fornire tutte le informazioni necessarie a chiarire la propria posizione in merito ad alcune indiscrezioni di stampa relative ai rapporti con GastroLagoMaggiore e Valli; sezione che contesta davanti alla Pretura la non elezione del proprio presidente da parte dell’organo supremo della federazione, l’assemblea dei delegati.
Alla conferenza stampa era presente l’avv. Marco Garbani,
responsabile dell’Ufficio giuridico di GastroTicino, che ha
proposto una cronistoria tecnico-giuridica della vicenda, tesa a dimostrare che tutto si è svolto secondo le regole. Il
presidente Massimo Suter si è invece soffermato sull’attività
federativa a favore dei soci e delle Sezioni (vedi articolo sotto), ricordando che il 12 maggio al Monte Verità, i delegati
hanno eletto il nuovo CdA composto dallo stesso Suter, da
Antonio Florini (vicepresidente), Danilo Gobbi (cassiere), dai
membri uscenti Daniele Meni, Nunzio Longhitano, Luca
Banfi e dai nuovi Ketrin Kanalga, Michael Lämmler e Fabio
De Robbio.
Dal 12 maggio, in un clima di collaborazione e impegno, la
federazione si è concentrata su nuove e decisive sfide per la
categoria. “Purtroppo - si legge nella nota stampa - queste
diatribe innescate da pochi “dissidenti”, distolgono forze ed
energie che si concentrano sull’imponente mole di lavoro
che GastroTicino sta portando avanti nell’esclusivo interesse dei soci”. GastroTicino cresce proprio grazie a un clima
di condivisione, unità d’intenti e collaborazione tra i soci, il
personale, il Consiglio d’amministrazione e le Sezioni, con le
quali la federazione collabora. Proprio per il fatto che i 1.600
soci testimoniano la loro vicinanza e la loro soddisfazione,
“GastroTicino è perplessa che l’incapacità di alcuni nell’accettare i verdetti della democrazia, distolgano preziose ener-
gie che sarebbero impiegate a favore dei soci. Soci che anche nel Locarnese sono schierati a fianco di chi, ogni giorno,
si batte per i loro diritti, nel loro esclusivo interesse e non per
personali giochi di potere. Per questa ragione GastroTicino
farà di tutto per difendere gli interessi di tutti gli associati in
questa diatriba che rischia di mettere in difficoltà soprattutto
i 450 soci di una Sezione, per il volere di pochi. E di questo,
siamo certi che i soci del Locarnese ne sono consapevoli”.
Sul congelamento della collaborazione al progetto Locarno
Città del Gusto 2015 “è oltremodo razionale che GastroTicino non possa sedere nello stesso gremio nel quale siede
una Sezione che per pretese inaccettabili l’ha trascinata in
Pretura. A malincuore, quindi, GastroTicino attende gli eventi e le decisioni di chi di dovere. A questo proposito sarà il
Comitato di GastroLagoMaggiore a dover trarre le dovute
conclusioni e ad assumersi le proprie responsabilità”.
Dinamismo Uno staff motivato e unito nel lavorare a favore dell’intero settore e del turismo
Servizi ed eventi apprezzati in ogni regione
Tra le attività a favore dei soci, come non ricordare il pressante coinvolgimento di GastroTicino e dei 1.600 soci che ha contribuito
alla netta bocciatura dell’iniziativa dell’Unione sindacale sui salari minimi, l’impegno nelle campagne sulle iniziative contro l’IVA ingiusta per la ristorazione (il Ticino ha ottenuto
consensi superiori alla media svizzera) e per
la partecipazione a Expo 2015. Senza dimenticare il successo del Centro di Competenza Agroalimentare e di Ticino a Tavola, e
l’impegno contro l’iniziativa Ecopop che sarebbe devastante per il nostro settore. Settore che gode, grazie al costante contatto con
i politici e il turismo, di ampia considerazione.
Prova ne sia la mozione di Marco Passalia
per una maggiore tutela dei clienti, collaboratori e gerenti nei locali pubblici.
Un impegno non solo a livello cantonale, ma
anche federale. Ha riempito d’orgoglio i soci
ticinesi l’elezione del presidente Massimo
Suter nel Consiglio di GastroSuisse (Vor-
stand). Una presenza che gode di alta considerazione e che pone il Ticino della ristorazione e dell’albergheria a livelli paritari con i
Cantoni di Oltre San Gottardo.
E poi gli eventi ideati da GastroTicino o ai
quali la federazione collabora, come il Festival del Risotto a Locarno (4.000 partecipanti), la partecipazione a Sapori e Saperi,
la collaborazione con Spazio Cinema durante il Festival del film di Locarno, con Cantine
Aperte, Caseifici Aperti, le rassegne regio-
nali e a quelle dedicate a prodotti tipici come la Capra nera di Verzasca, la cazzoeula,
i formaggi, la Settimana del Gusto. A questo
si aggiungano gli innumerevoli servizi ai soci, sempre più performanti e apprezzati.
Prova ne sia che entro poche settimane saranno in rete i nuovi siti di GastroTicino con
la novità di un portale dedicato alla formazione professionale. Solo per dire che GastroTicino è ogni giorno a disposizione dei
1600 associati.
GT24102014
Affittasi da subito, causa cessazione attività,
Ristorante a Contone con inventario da concordare
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NON SONO DATE INFORMAZIONI TELEFONICHE
Per la 38esima volta la capitale riscopre i profumi e i sapori
delle terre astigiane. La rassegna eno-gastronomica che vedrà come protagonista il tartufo, avrà luogo all’Hotel Unione
da mercoledì 5 a sabato 15 novembre. I menu - che saranno
serviti sia a pranzo che a cena - saranno preparati dalla cuoca Milena Cavagnero del Ristorante Antico Ricetto di Portocomaro, con i collaboratori di cucina sotto la guida di Marco Berini, chef di casa. Sono gradite le prenotazioni al numero 091
825 55 77.
Show cooking al Ristorante Fresco
con uno chef del Gambero Rosso
Appuntamento da non perdere il 5 novembre alle 19.00 al Ristorante Fresco di Lugano. I buongustai potranno assistere
allo show-cooking dello chef Marcello Ferrarini del Gambero
Rosso esperto in cucina Gluten Free; lo chef realizzerà dal vivo due portate del menu che sarà elaborato in collaborazione
con lo chef Emanuele Gastaldi e la brigata di cucina del Ristorante Fresco. Il costo della serata – organizzata in collaborazione con Vini Delea – è di 65 franchi, vini esclusi. Informazioni e prenotazioni al numero 091 910 31 26.
presenta:
SCEF 045
CORSO DI CUCINA
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per poter mettendo in pratica le tecniche apprese ed essere
in grado di riprodurre le ricette autonomamente, con creatività e buongusto.
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Costo CHF 1’000.00 soci / CHF 1’300.00 non soci
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TECNICHE DI COMUNICAZIONE EFFICACE NELL’OSPITALITÀ
Obiettivi sviluppare efficaci competenze comunicative nelle attività di accoglienza al front office, riconoscere diversi
meccanismi e approcci comunicativi nel rapporto con la
clientela, adottare tecniche di comunicazione adeguate, sviluppare strategie e abilità nella gestione di emergenze e difficoltà.
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Date e orario 5, 12, 19 e 26 novembre, 3, 10 e 17 dicembre 2014, 14.00-17.00
Costo CHF 520.00 soci / CHF 570.00 (il costo include l'elaborazione di contenuti e risorse ad hoc, il materiale didattico
utilizzato nelle lezioni: schede, griglie valutative, fogli di lavoro, presentazioni, supporti video e audio)
SERVIZIO IN SALA
Obiettivi acquisire le basi e le regole del servizio in sala,
saper operare in modo autonomo, con precisione e professionalità nell'ambito del servizio.
Programma generalità sulla professione, mansioni, gerarchie e organigramma, suddivisione dei reparti, tipologia dei
clienti, accoglienza e vendita, mise en place e accessori da
tavola, tecniche di servizio delle vivande e bevande, banchetti, fatturazioni, accomiato alla clientela, pratica del servizio. Il
pranzo è incluso.
Insegnante Flavio Riva, insegnante Scuola Esercenti e
membro Unione Svizzera Maître d'Hôtel e AMIRA
Date e orario 7 e 14 novembre 2014, 09.00-17.00
Costo CHF 300.00 soci / CHF 350.00 non soci
MARKETING: CONOSCERE IL TERRITORIO PER AVERE SUCCESSO
VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEL MARKETING TERRITORIALE
Obiettivi acquisire strumenti e metodologie per operare e
crescere in una logica di marketing, saper individuare la propria clientela e il proprio bacino territoriale, saper pianificare
come raggiungerla in modo efficace, essere in grado di realizzare il proprio piano di marketing.
Programma la comunicazione, l'ascolto e gli strumenti per
l'ascolto del territorio; significato di cosa vuol dire fare marketing; realizzare il proprio piano di marketing; come fare
l'analisi del mercato locale, come definire il proprio business
(visione ristretta e visione allargata); scoprire i propri punti di
forza e di debolezza; come definire gli obiettivi e la strategia;
come fare il piano di dettaglio delle attività; come e quando
controllare le attività per misurare successi e aree di miglioramento.
Insegnante
Ettore Lazzarini, consulente e formatore
SMSchool
Data e orario 10 novembre 2014,
08.30-12.00 e 13.30-17.30
Costo CHF 180.00 soci / CHF 230.00 non soci
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
ilcaffètravirgolette 45
L’analisi
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Ecco
Tra patriarcato
e corruzione
GIUSEPPE ZOIS
U
na giovane lapidata in Siria per adulterio, con il
padre tra i carnefici;
un’altra giovane impiccata a Teheran per aver ferito - questa la
sua versione - il suo stupratore,
poi ritrovato ucciso; donne iraniane sfregiate al volto. “Corruzione e patriarcato sono le cose
più brutali” ha scritto in un tweet una dimostrante contro i teocrati di Rohani.
Ci chiediamo “come è possibile?” davanti ai soprusi e agli
efferati omicidi compiuti da padri, madri, fratelli, giudici spietati, in Paesi del sempre più vicino mondo islamico. In Occidente
ancora non è terminato il percorso che pone in primo piano i
diritti di uomo, donna, bambini,
anziani, disabili, insomma dell’individuo. Da pochissimo tempo hanno - almeno in teoria - la
priorità i valori affettivi, la vita
personale. E ancora non è terminato il cammino verso la realizzazione delle pari opportunità.
Comunque, da noi, è da un
bel po’ di tempo che non sono
più proclamati il diritto di uccidere chiunque non sia ligio alle
regole religiose o laiche. Per
comprendere dobbiamo cambiare punto di vista. Se conta non la
persona, ma la legge coranica,
se la donna deve essere schiava,
stuprabile, deve tacere e subire
qualsiasi prevaricazione, compresa la “colpa” di ciò che ha subito, è ovvio che qualunque donna parli, denunci, viva i suoi
giorni come la ragione e il sentimento suggeriscono, ha l’impietoso destino segnato. Si afferma
la potenza assoluta di lui, il dominatore che deve rimanere incontrastato.
Smettiamola di fare gli ingenui: questa è una diffusa interpretazione di ordinaria quotidianità della legge coranica. E se
non ci piace, facciamo quello che
si può per contrastare l’invasione determinata, proclamata,
scritta. Al di là dei governi e delle loro alchimie, dei loro calcoli
politici, la gente potrebbe reagire, e forse qualche barriera in
più arriverebbe. Ha fatto scalpore in Francia la “cacciata” da un
teatro di una donna col burqa.
Anche da noi un massiccio pronunciamento popolare ha detto
no a burqa e visi celati. Manderemmo via una donna velata da
teatro? No? Allora il confine tra
tolleranza e complicità si fa molto stretto e si cede a “quella” visione. Se il burqa lo portassero
gli uomini sarebbe ugualmente
proclamata la volontà di “integrazione”?
IL MARTIRIO DI KHOBRA
E DI REYHANEH
Kobra Ravanpour,
nella casa di sua madre - il
padre è morto da poco - a
sud di Teheran. Lei si è
salvata dopo 12 anni e 8
mesi lasciata a marcire in
carcere. Lo stesso dove è
stata incarcerata e poi
impiccata Reyhaneh Jabbari,
26 anni (nella foto sotto)
LA PRIGIONE
Teheran
I
R
A
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Carcere di Varamin
a sud di Teheran
Le dolorose parole
di donne martoriate
dalla legge coranica
D
opo cinque anni nel braccio della morte di un carcere iraniano Reyhanen
Jabbari è stata giustiziata. Aveva ferito a morte un uomo che la stava stuprando. Non è riuscita la campagna
internazionale a suo favore che, invece, ha strappato dal patibolo Kobra Ravanpour, dopo 12 anni e
8 mesi lasciata a marcire nello stesso carcere. Il
Caffè ha potuto raccogliere, dalla sua viva voce, il
suo calvario. Di Reyhanen, invece, abbiamo potuto
solo leggere e riportare quanto scritto sul suo diario, affidato alla madre. È difficile capire, tanto meno accettare, i dettami della legge coranica - o meglio una sua interpretazione di ordinaria e agghiacciante quotidianità - che dà licenza d’uccidere chiunque non sia ligio alle regole religiose.
La testimonianza
“Aspetto di essere strangolata con una corda al collo”
ELEONORA VIO da Teheran
A
soli 19 anni sono state arrestate, condannate a
morte per omicidio, e il loro destino messo nelle
mani dei familiari delle loro stesse vittime. Una si
è salvata, l’altra ha pagato per entrambe.
“Mi chiamo Reyhaneh Jabbari. Ho 26 anni, sono iraniana e vivo in prigione da anni”, scriveva la giovane designer, giustiziata una settimana fa per omicidio in seguito a un tentato stupro, in una delle lettere dal carcere
girate dalla leader della Campagna contro le esecuzioni,
Mina Ahadi, al Caffè. “In ogni momento sogno di essere
uccisa. I giorni passano e la paura cresce mentre aspetto
di essere strangolata con una corda attorno al collo”.
Le sue parole riecheggiano quelle pronunciate da Kobra Rahmanpour, graziata dopo dodici anni e otto mesi
di carcere. “La cosa peggiore è non sapere quando ti ammazzeranno - ci racconta, seduta a terra con il fratello e
lo sguardo assente -. Passano i giorni, i mesi, gli anni, ma
non c’è notte che non sogni quando ti toglieranno la sedia da sotto i piedi”.
“Vorrei che quel dannato giorno non fosse esistito”,
scrive invece Reyhaneh riferendosi a quando fu avvicinata da Morteza Sarbandi - ex membro dell’intelligence
iraniana - con la proposta di ristrutturare un locale nella
capitale, e poi aggredita con un tentativo stupro da cui
riuscì a difendersi solo grazie a un coltello trovato per caso. Turbata dalla morte del suo assalitore, Reyhaneh era
però certa della sua innocenza. Quando gli ufficiali inca-
ricati di investigare sul caso le dissero: “Questa sarà la
prova che ti salverà la vita - riferendosi a preservativi e
pillole per il sonno trovati nel luogo dell’aggressione -.
Stando all’articolo 60 della legge islamica ti sei legittimamente difesa e non c’è alcun motivo di preoccuparsi”.
Reyhaneh si tranquillizzò.
Anche per Kobra la vita non era rose e fiori neppure
fuori dal carcere. Per anni si era adattata a un marito alcolizzato e violento, ma si era finalmente decisa a interrompere il lacerato rapporto. Si apprestava a incontrarlo
per chiedere il divorzio, quando s’imbatté nella suocera
che, dopo aver alzato più volte le mani, le puntò contro
un coltello. “Se non avessi opposto resistenza, mi avrebbe ammazzato”, ricorda sommessamente.
La polizia chiese a Kobra di ricostruire l’incidente.
“Ho solo aperto il cassetto da dove mia suocera ha
estratto il coltello, ma alla centrale mi hanno mostrato
un fascicolo e sulla foto, che mi mostra intenta a ricostruire l’accaduto, c’era scritto che avevo confessato
l’omicidio”. Nessuno si era preso la briga di verificare se
si fosse trattato di legittima difesa. Per due mesi, intanto,
Reyhaneh fu tenuta in isolamento e interrogata e torturata di continuo. Un giorno fu trascinata in una stanza,
dove una bambina era appesa per i polsi al soffitto: “L’interrogatore mi disse che ci avrebbe portato mia sorella scrive Reyhaneh - È molto magra, aggiunse, quanto
tempo credi che resisterà in quella posizione? Gli chiesi
cosa potevo fare per fermarlo. ‘Confessa di aver comprato il coltello prima dell’omicidio’”.
L’iniziale legittima difesa per Kobra e Reyhaneh si
trasforma in condanna a morte previa “qesas” (retribuzione in natura) per omicidio premeditato. “Entrambi i
casi mancarono di trasparenza e di un processo imparziale - ci spiega Mahmood Amiry Moghaddam, fondatore
dell’Ong Iran Human Rights -, poiché la corte ignorò le
prove presentate a loro difesa e fece dipendere la condanna dall’eventuale grazia consentita dalla famiglia
della vittima”. Grazie alle campagne internazionali e alle
centinaia di migliaia di firme, nonché le pressioni esercitata sulle autorità, le esecuzioni di Kobra e Reihaneh
furono posticipate a più riprese. Dopo anni d’incubi continui Kobra ricevette il perdono dalla famiglia dell’ex
marito e la libertà, mentre Reyhaneh si andava convincendo, come scrive in una sua lettera, che ne stessero facendo “un caso politico”. “In questi casi, purtroppo, conta lo status sociale della vittima - dice Ahadi -. Sarbandi
era un uomo potente, con contatti nei servizi segreti del
Paese, e le autorità non potevano permettersi di abbassare la pena per il suo assassino”.
Poco prima della preghiera di sabato scorso Reyhaneh è stata uccisa. Era lei a scrivere che “dopo l’esecuzione ci si dimentica tutto, come se nulla fosse successo
e la persona mai esistita”, ma si sbagliava. Il suo caso è
diventato già storia e il 5 novembre, per il suo 27esimo
compleanno, campagne mondiali, come We are Reyhaneh Jabbari, invitano ad accendere una candela a suo
nome, e a ricordare le vittime di stupro, esecuzioni e
“qesas” in Iran.
LUCERNE FESTIVAL AL PIANO
22 – 30 novembre 2014
Momenti musicali indimenticabili con i maestri del pianoforte
Pierre-Laurent Aimard | Benjamin Grosvenor | Marc-André Hamelin |
Martin Helmchen | Evgeny Kissin | Paul Lewis | Mahler Chamber Orchestra,
Leif Ove Andsnes | Sophie Pacini | Maurizio Pollini | Vestard Shimkus
... e lunghe notti jazz nei locali più belli di Lucerna
(Foto: Priska Ketterer/LUCERNE FESTIVAL)
Piano Of-Stage
25 – 30 novembre 2014
Biglietti d’ingresso e informazioni:
+41 (0)41 226 44 80 | www.lucernefestival.ch | Punti vendita
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squa 2015
Pa
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Fest
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disponibili
2013
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Sponsor principale
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
46
Chi è
La 39enne attrice,
sceneggiatrice
e regista italiana,
figlia di Dario,
autore dei famosi
thriller horror,
con il suo ultimo
film presentato
a Cannes
ha dato una svolta
alla sua carriera
artistica
Reuters
L’incontro.
“Ma io da sempre sono...
una donna incompresa”
ROSELINA SALEMI
A
Asia
sia è un continente. Pur essendo minuta, sottile - la immagini tranquillamente all’uscita di un concerto, tra
teenager appassionati di musica
rock-punk, invece ha 39 anni tra poco - è piena di segni e simboli, di dettagli da decrittare. Asia è una mappa. Il suo corpo racconta
una storia, dalla collana tribale tatuata sul décolleté, molto sexy, ai nomi dei suoi miti scritti sulle
mani: Joe, Syd, Moz e Bob, omaggio a Joe Coleman, Syd Barrett, Morrissey e Bob Dylan. “Ora è
come se avessi un legame indelebile con loro,
una specie di matrimonio mentale”, dice.
Seduta davanti a lei, resti affascinata dalla
cartografia umana, un po’ come con Angelina Jolie, che di tatuaggi ne ha trentatré. All’interno di
un dito c’è inciso “Asia”, sulla coscia un fiore color fucsia al centro di una spirale che si arrampica
sul fianco (l’ha postato su Instagram). Che cos’è?
Un invito a scoprire il continente e a decifrare la
mappa? Non pensate sia facile, perché lei è così,
punk forever con il giubbotto di pelle, i capelli neri, corti, il rossetto rosso-rosso sulla pelle diafana, l’anello a croce. E poi una sensibilità materna
che ti spiazza, un’empatia speciale con i bambini,
una soave indignazione per come attraversiamo
la loro vita senza capirla. La regista che ha scritto
“Incompresa” (a Cannes è stato presentato nella
sezione Un certain regard) non sembra la bad girl
inquieta che ha riempito i giornali con tempestosi amori (Marco Castoldi, in arte Morgan, l’ex marito Michele Civetta, il cantante Max Gazzè) e gesti trasgressivi, altamente provocatori, tipo baciare un rottweiler sul set di “Go Go Tales” senza
che fosse richiesto dal copione.
Al terzo film da regista, con la dolcezza di uno
sguardo senza filtro racconta Aria (che è anche il
suo secondo nome, seguito da Anna Maria Vittoria Rossa) nove anni, figlia di una pianista sensuale e svaporata (Charlotte Gainsbourg) e di un
attore egocentrico e superstizioso (Gabriel Garko). Palleggiata tra il padre e la madre sul punto
di separarsi, respinta a turno dall’uno e dall’altra,
vive la sua straziante incomprensione elemosinando briciole d’amore in una Roma anni Ottanta, fotografata con la luce delle Polaroid. La tentazione di chiederle se il film è autobiografico c’è,
e lei è bravissima a rispondere con intuito fulmineo prima che la domanda arrivi. “Non è un film
autobiografico, né terapeutico, altrimenti - dice avrei girato un documentario. Non sono la psicologa di me stessa. Volevo raccontare la famiglia
come in Italia non viene mai raccontata. C’è sempre questo mondo edulcorato da Mulino Bianco,
buoni sentimenti, tutti felici. Io non credo nelle
famiglie Mulino Bianco. E non credo a quelli che
dicono: ho avuto un’infanzia perfetta. Nessuno
l’ha avuta. Ricostruiamo i ricordi in maniera da
accettare la nostra vita di adulti. Li adattiamo,
come potremmo sennò, vivere? Volevo scrivere
un film simbolico, per ragazzi intelligenti, non
storditi dalla playstation, e per far venire fuori le
ingiustizie silenziose che subiscono i bambini. Un
po’ di verità. Mi è venuta in mente l’immagine di
una ragazzina buttata fuori da casa, e la sua
grande solitudine, in tempi in cui si vagabondava
per le strade, non esistevano i social network, e
non si stava inchiodati davanti al computer.
Quell’immagine non se n’è più andata…”
La famiglia di Asia, con il padre regista di
thriller-horror (Dario Argento) la madre attrice
(Daria Nicolodi) era sicuramente ingombrante
come quella della piccola Aria nel film, “ma tutti
i genitori a modo loro, sono ingombranti…e tutti
i ragazzi si sentono non capiti o rifiutati.” Fine del
parallelismo.
Se scava nei ricordi, Asia non è indulgente
con se stessa: “Ero una rompipalle. Ero di un’intelligenza fuori dalla norma, bruttina, rachitica,
ma con un cervello che andava ‘a palla de fuego’
e lo sfruttavo per avere attenzione. Volevo crescere perché non mi trovavo bene, i bambini mi
sembravano ridicoli, avevo amici adulti, volevo
lavorare. Volevo fare la scrittrice, a recitare non
pensavo. Non ho scelto, sono stata scelta, e sono
diventata attrice: ho cominciato a nove anni.
Questo mi ha isolato, se possibile, ancora di più.
Oggi, da donna alla soglia dei quaranta, mi trovo
meglio con i bambini, forse perché non ho vissuto
la mia infanzia, forse perché riesco a rubare la loro innocenza. Insegno recitazione, ed è bellissimo lavorare con loro. Gli adulti li devi decostruire, qui sei di fronte a una purezza che ti commuove.” Dal passato, sale il pianto per “Incompreso”,
il film di Luigi Comencini che, assicura, le ha rovinato l’infanzia. “Ancora adesso, se vedo una
scena, singhiozzo. Ma Andrea, il ragazzino, è un
rompipalle finché non cade dall’albero, mentre
Aria è solo difficile, ha bisogno di attenzioni, si
sente di serie B rispetto alle sorelle, il padre e la
madre hanno la loro preferita e lei ha soltanto
un gatto.”
Togliendo uno strato dopo l’altro, una nota
di regia dopo l’altra, arriviamo al cuore di Asia,
al suo racconto di un’infanzia indipendente e
persino randagia al suo essere diversa (“a
scuola quando tornavo da un set non ero certo più popolare, non mi trattavano meglio,
anzi…). E quando le chiedi se si è mai sentita incompresa la risposta è: “Sempre! Il problema è quando non sono stata incompresa.
Dovevo fare il film per esserlo un po’ meno“.
Non che mitizzi il mondo infantile, o si sia
preoccupata di un set esagerato dove tra
mamma Gainsbourg e papà Garko volano insulti
pesanti, allusioni alla droga, e amori non proprio
casti. “I bambini non vivono nel mondo di Candy
Candy…Dicono più parolacce di uno scaricatore
di porto, sono curiosi, ma la loro innocenza non è
sporcata da un vaffa. È sporcata da un sistema
Argento
che cerca di comprenderli per
mungerli, sfruttarli, spingerli a
consumare”. E con singolare
sintonia, la piccola Giulia Salerno (Aria) dodici anni, bisbiglia
coraggiosa: “Quando si è piccoli
si è come le molliche di pane, le
addenti subito. I bambini sono teneri…”.
Asia sembra contenta di sorprenderci con questa sua vita
popolata di creature che non
hanno ancora oltrepassato
la scuola media. Ma forse
la ragione è Anna Lou, figlia sua e di Morgan, 12
anni, che ha fatto amicizia
con le ragazzine-attrici del
film (passavano il weekend da loro durante le riprese) ed è entrata nel cast
“con una piccola parte, di
più non avrei voluto. È stata lei a chiedermelo, ed è
stato magico battezzarla.
Così la mia famiglia è nel
cinema da tre generazioni.”
In questo mood è difficile
riconoscere l’aura dark, con cui
Asia gioca, che un po’ la perseguita
e la infastidisce.
“In casa mia non aleggia niente di
maledetto, sono fantasmi che non esistono: se fosse così non potrei uscire.
È un problema vostro…” Forse ha ragione, siamo rimasti indietro e non
l’abbiamo seguita. Recita da trent’anni, ma stranamente vuole smettere. “Non mi sento particolarmente
dotata. Quello dell’attrice è un mestiere che mi ha insegnato molto, ma
non mi dà gioia e spero di non farlo
più“.
Preferisce raccontare storie, “che
non so da dove arrivano: sono un cancello aperto”. Preferisce dirigere gli
attori. Voleva Charlotte Gainsbourg e
l’ha avuta, trasgressiva e filiforme,
altera e in odore di scandalo dopo
“Nimphomaniac” di Lars von Trier.
Voleva Gabriel Garko, l’idolo delle
fiction tv, ha avuto anche lui. Ora
l’inquietudine se n’è andata, o
almeno è in pausa.
“Mi sento in pace. Questa
pace non me la può togliere
nessuno. Sono semplicemente felice.” Asia è un
continente che abbiamo appena incominciato a conoscere.
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
LE OPINIONI
Un caro amico mi ha invitato nel
suo ufficio per mostrarmi, orgoglioso,
come sia riuscito ad eliminare la carta
(salvo pochissimi documenti), scannerizzando tutto e trasferendo i contenuti
su web. Siccome è sempre in viaggio,
con smartphone, tablet o computer gli
basta una rete internet per consultare
nel suo ufficio virtuale ciò di cui ha bisogno per la sua attività.
Nell’appuntamento odierno con il
Ticino innovativo vorrei presentare
l’attività di Agora, un progetto nato
nel 2005 nel canton Zurigo e oggi trasferitosi a sud delle Alpi, che offre sofisticate applicazioni per permettere di
trasferire su web non l’attività di un
singolo ufficio, ma quella molto più
complessa di un’intera azienda, garantendo la massima privacy. “In pratica il
nostro software - spiega Gianluca Airaghi, amministratore della società
Agora SecureWare di Manno - riprodu-
ilcaffètravirgolette 47
FUORI
DAL
CORO
L’azienda è gestita sul web
grazie al software ticinese
ce su un sistema criptato e sfruttando
la rete web tutto quanto avviene in
un’attività aziendale”. Se, per esempio,
i membri di un consiglio di amministrazione si devono scambiare documenti e informazioni riservate, viene
data loro l’opportunità di entrare in un
“mondo” inaccessibile dall’esterno per
comunicare in tutta sicurezza. “Questo
modo di comunicare - spiega Airaghi ha certamente un futuro, in quanto
evita di affrontare lunghi spostamenti
e agevola la collaborazione tra persone
che si trovano in luoghi diversi”.
IL
DIARIO
Le società che decidono di collaborare con Agora devono avere una
grande fiducia in voi, dato che custodite i loro segreti aziendali… “No. Noi
non custodiamo, né abbiamo accesso a
nessuna informazione, ci limitiamo a
fornire il software necessario per gestire la collaborazione virtuale”. Il che
implica che i vostri clienti devono disporre di informatici interni, ciò non limita la vostra attività? “Ci rivolgiamo
a un mercato di nicchia composto da
Stati o importanti gruppi internazionali. Dopo esserci diffusi in un primo
tempo in Svizzera, stiamo proponendo
il nostro prodotto in altri Paesi. Il Medioriente si dimostra particolarmente
interessato”.
Spin off di Arpage, azienda svizzero-tedesca da lungo tempo specializzata in sicurezza informatica nel ramo
sanitario, il progetto Agora è nato nel
2005 a Küsnacht nel canton Zurigo e si
è trasferito in Ticino due anni fa. Come
mai questa scelta? “Perché alcune persone, come me, interessate a questa
società sono ticinesi. D’altra parte nel
nostro cantone possiamo accedere a riFOGLI
IN
LIBERTÀ
COLPI
DI
TESTA
GIUSEPPE
ZOIS
GIÒ
REZZONICO
LIDO CONTEMORI
Dio si sta eclissando
e si vede dalle chiese
RENATO
MARTINONI
Quelle zucche vuote
e la festa di Halloween
Da quando è fornito (si fa per dire) della ragione l’uomo ha
sempre dovuto fare i conti con la realtà. E col mistero. Cioè
con quello che vede e con quello che è costretto a immaginare: fra curiosità (poca) e angoscia (tanta). Inevitabile che il soprannaturale debba far parte dei suoi pensieri quotidiani. Non
a caso tutte le culture del mondo hanno i loro rituali che risalgono alla notte dei tempi e che ricordano, con la nascita delle
belle stagioni, e dell’uomo, insomma insieme alla vita, anche
la morte della natura e dei bipedi che ci vivono dentro. È bello
e giusto che sia così, e ogni civiltà ha le sue tradizioni che a
volte vivono e a volte, tartassate dagli urti della modernità,
sopravvivono a stento o crepano miseramente.
Paese che vai, si sa, usanze che trovi. Ci sono però usanze
più forti e potenti di altre. La globalizzazione dei mercati e
l’imperialismo anglosassone esportano nel mondo, da tempo,
culture e mode “esotiche” a cui ci abituiamo presto. Così, dopo il jazz, la gomma americana, i jeans, i berretti con la visiera e le felpe dotate di cappuccio, che fanno assomigliare i rapper ai monaci medievali, è arrivata, sempre annunciata per
tempo dalle vetrine dei negozi, la festa di Halloween. E se i
vecchi la vedono come un evento estraneo alle loro consuetudini, i bambini la vivono come qualcosa che fa parte da sempre del loro mondo. Attendono perciò eccitati che le loro
mamme appoggino sui davanzali le mostruose zucche-facceda-morto illuminate dalla candelina o che i loro papà gli comperino i costumi-horror visti alla televisione.
Non resta nessuna traccia però, se non nei suoi lati più
esterni e banali, del culto dei morti (cioè del vero significato
di Halloween), nessun brivido genuino, nessun tremore per
un dialogo imbarazzato e doloroso con l’aldilà. È solo l’occasione per maltrattare le zucche, se non sono di plastica, per
addobbare la casa di oggetti macabro-divertenti (un poco di
sangue finto e tanti dolciumi), per organizzare con gli amici
un fantasma-party in maschera, e per divertirsi con il gioco
del “dolcetto o scherzetto” che legittima il ricatto (o tu ci regali qualcosa o ti capiterà qualcosa di spiacevole).
È insomma un’altra occasione per fare casino senza che
nessuno possa lamentarsi. Così chi trova, il giorno dopo, un
vaso di fiori rovesciato o un cachi spiaccicato sul muro della
casa non ha motivo per protestare. Scherza pure coi santi. Ma
lascia stare Halloween.
Caro Diario,
si sentono spesso lamenti e toni allarmistici su minacce e
pericoli per la civiltà cristiana. L’esortazione esplicita o sottintesa è che bisogna salvaguardare la nostra identità dai rischi di contaminazione o di marginalità. Avanti così, chissà
“dove andremo a finire“. Parafrasando Ennio Flaiano, è il caso di dire che non bisogna chiederselo: ci siamo già. E non
per colpa dell’avanzata dell’islam, per l’Isis, per il proselitismo che porta diversi giovani occidentali ad arruolarsi con
mitra e Corano. Il pericolo non viene da fuori, ma dall’interno e il suo primo nome è indifferenza.
TERMOMETRI per rilevare questa temperatura febbrile
ce ne sono parecchi, basta guardare il deserto che s’è formato nelle chiese e sui sagrati. Prendiamo una giornata di festa,
una qualsiasi. Le celebrazioni sono ridotte alle messe, la parte formativa (quella che era chiamata “dottrina“) è ridotta ai
minimi termini o sparita. I banchi sono il più delle volte vuoti o occupati da una classe anagraficamente medio-alta, senza new entry. Folle a Natale e Pasqua e in qualche festa di
comunità, come le prime comunioni o la sagra patronale, per
il resto le campane suonano a vuoto. La frequenza festiva si
aggira attorno al 10%, nelle città anche meno.
IN UN PAESE del Luganese di 1700 abitanti, eterogeneo
come provenienze demografiche ma ancora coeso, hanno
dato le prime comunioni nello scorso ottobre a 19 bambini.
Quasi tutti quelli in età. In una comunità vicina, di alcune
migliaia di abitanti, alla preparazione per lo stesso rito, nella
primavera 2015, si sono iscritti in 15! Le cifre parlano da sole e sono un segno ben preciso dell’eclissi di Dio. Ci siamo
fatti altri idoli, più comodi. Se si parla di salvezza, molti ragazzi d’oggi pensano alle sorti delle loro squadre di calcio o
di hochey. Il cardinal Martini, in una delle ultime interviste,
disse che la Chiesa è in ritardo di almeno 200 anni.
SI SONO PERSI i contatti con intere fasce di generazioni
e il recupero del “gregge“ disperso, per usare un’immagine
evangelica, appare alquanto arduo. Il recente Sinodo sulle
famiglie, nonostante molte forze frenanti o ancora incerte, è
un tentativo coraggioso di andare incontro a uomini che
hanno bisogno di essere avvicinati con la forza dell’amore e
non allontanati con chiusure, intransigenze, dogmatismi vari. Forse ci vuole più Vangelo e meno teologia.
DOMENICA
PER
PENSARE
Sulla ruota della politica
tra dipartite e apparizioni
FRANCO
LAZZAROTTO
“Morire non mi piace, sarà l’ultima
cosa che farò”, disse il grande Woody
Allen. Affermazione che potrebbe
sembrare irriverente di fronte al mistero della nostra dipartita, soprattutto
in un momento come quello di inizio
novembre dove per tradizione - spesso
non rimante con convinzione - il calendario ufficiale segna un giorno dedicato al ricordo di chi non è più fra noi.
E al sostantivo “dipartita” avrei pure dovuto anteporre l’aggettivo “sicura”, ma guardando alcune apparizioni
televisive di nostri politici sono dubbioso poiché, udendo pure i loro progetti che spaziano in galattico spazio
temporale, mi sa esservene più d’uno
ilcaffè
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
sorse professionali che ci permettono
di contenere i costi rispetto a Zurigo.
Un ruolo importante l’ha giocato l’interesse per la nostra start up da parte di
Agire, l’Agenzia per l’innovazione del
Canton Ticino”. Per i finanziamenti che
vi ha concesso? “Non solo. Ad
un’azienda che intende stabilirsi nel
cantone, Agire fornisce una valida
consulenza da parte di persone che
sanno fare ‘giovane impresa’ e garantisce un’interessante rete di contatti
con il mondo universitario, con altri
imprenditori e con i servizi dello Stato”.
La scommessa di Agire su Agora
può considerarsi vincente dopo meno
di due anni dalla creazione della nuova
società, dato che la neonata azienda ticinese conta già una trentina di clienti;
ha iniziato con 3 dipendenti, mentre
ora ne conta 11 e sono previsti ulteriori sviluppi.
Direttore responsabile
Vicedirettore
Caporedattore
Caposervizio grafico
che sente profumo d’immortalità. Inizialmente pensavo fossero le giornate
di anomalo gran caldo ottobrino ad
aver lasciato segni più nelle cortecce
umano-cerebrali che su quelle vegetali.
Ma poi, fortunatamente per le prime citate, ci ha pensato l’uragano
Gonzalo a raffreddarle e a riportare alcuni nostri governanti in pectore fra i
“possibili partenti”. Ma la paura fa 90
e il già citato Gonzalo ha raggiunto
forza 5, due cifre non casuali sulla ruota della politica e dei seggi di aprile.
Meglio allora tenerseli buoni quelli già
lassù, soprattutto perché vicini al
Grande Capo che, fra qualche mese,
Lillo Alaimo
Libero D’Agostino
Stefano Pianca
Ricky Petrozzi
potrebbe appunto tornare di grande
utilità declinando - davanti a cadreghini traballanti - la frase tanto cara ai
nonni: “Signur, guarda giò!”
E pur di far sì che ciò accada, non
basta il primo novembre l’arrivo in cimitero con calcolato tempismo, leggi
quando inizia a suonare la filarmonica,
ma il listato fa la sua apparizione salendo addirittura sul familiare marmo
con volto color crisantemo, pronto a
farsi pure aspergere e a mostrarsi urbi
et orbi girando il capo da est a ovest
come solo l’ingegner Binaghi sa fare
accompagnando le sue minacciose nubi. E ho volutamente scritto “apparizione” poiché, svolgendosi di regola le
Società editrice
2R Media
Presidente consiglio d’amministrazione Marco Blaser
Direttore editoriale
Giò Rezzonico
DIREZIONE, REDAZIONE E IMPAGINAZIONE
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sacre funzioni il giorno dedicato ai
santi veri, alcuni aspiranti sediologi
(purtroppo solo la Chiesa ha la scomunica) sperano addirittura che qualche
potenziale e aprilico crocettante possa
pure intravvedere in loro bagliore aureolare! Mi pervade una doppia tristezza, mista anche - pur se il luogo dovrebbe impormi altro agire - ad una
contenuta rabbia, poiché si sa che per i
prossimi tre anni non vi saranno più
apparizioni di aspiranti fra spirati.
Certo, mi si potrà obiettare che per
“ricordare” una persona a noi cara non
è assolutamente necessario fisicamente muoversi. Concordo pienamente
purché non risulti evidente - e il con-
RESPONSABILE MARKETING
Maurizio Jolli
Tel. 091 756 24 00 – Fax 091 756 24 97
DISTRIBUZIONE
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diviso commento non è mio, ma del
celebrante - constatare come spesso il
mare di fiori che invade in questi giorni i nostri cimiteri contiene troppa acqua lava coscienze. Ma mentre ero assorto nei miei pensieri e ricordi, sento
qualcuno che mi prende delicatamente
per un braccio e mi accompagna senza
proferir parola attraverso un’intera,
lunga fila di lucide lapidi. Arrivato alla
fine si ferma, mi fissa con corrucciato
sotto parrucchino e mi dice: “hai notato qualcosa di strano?” No, rispondo
sorpreso. Avvicinatosi come per rivelarmi il più grande dei segreti, sussurra: “I’è tüta ‘na fila da liberai”! Ora capisco. Signur, guarda giò svèlt!
STAMPA
Ringier Print - Adligenswil AG - Druckzentrum Adligenswil
6043 Adligenswil - Tel. 041 375 11 11 - Fax 041 375 16 55
Tiratura (dati Remp ‘12)
56’545
Lettori (dati Mach ‘13-’14)
87’000
Abbonamento annuo Fr. 59.– (prezzo promozionale)
2 novembre 2014
ilcaffè
La finestra sul cortile
Gli eBook del Caffè
Il Paese tra cronaca e fantasia
341/bis
Racconto di ANONYMOUS, illustrazioni di Marco Scuto
Stiamo insieme da una vita
DICIANNOVESIMA PUNTATA
La comedy
noir del Caffè
Una serie di colpi di scena
settimana dopo settimana
La storia
“341bis” è un romanzo
breve cui non è facile
attribuire un genere.
Fosse un film potrebbe
essere definito una
“comedy noir”. Elementi di
giallo che si stemperano
nella commedia, o meglio
ancora, una commedia che
assume involontariamente
i contorni del giallo. Una
serie di fortuite
circostanze, che
Il riassunto
compongono un puzzle
dai contorni
inimmaginabili.
Riassunto delle puntate
L’insospettabile Franco
Remondini, 55enne
manager bancario
luganese, ha una doppia
esistenza. Convocato dai
Carabinieri di Intra per
un verbale notificato sulla
strada del Verbano, che
percorre spesso
all’insaputa della moglie
Iris, Remondini si ritrova
faccia a faccia con Agnese,
la madre dei suoi figli.
Figli che ha appena
dichiarato di non avere e
scoppia un putiferio.
caffe.ch/comedy
Tutte le puntate oline
Q
L’e-book
Tutte le puntate di
“341bis”, corredate dalle
illustazioni di Marco
Scuto, possono essere lette
online sul
sito caffè.ch nelle pagine
web dedicate alla serie.
Come tutti i racconti
pubblicati dal Caffè, anche
“341bis” alla fine della
serie diventerà un e-book
gratuito (il primo
pubblicato in Ticino con
testo scritto e graphic
novel d’autore).
uesto... SIGNORE è il mio compagno, convivente o come cazzo lo vuole chiamare...
non so nemmeno da quando! Pensi che
Gerry ha sette anni! E da Milano mi ha
convinta a trasferirmi qui, a Intra... saranno otto anni. ’Sto disgraziato. Abitiamo in
via Rosmini. Siamo insieme da una vita,
da quando ha iniziato a lavorare per mio
padre e a mettermi gli occhi addosso. O
forse addosso ai soldi di mio padre, questo
pezzo di merda”, si sfogò Agnese sempre
più agitata e ora con i capelli totalmente
sciolti. Aveva tolto l’elastico e, senza aver-
“Sul verbale devo scrivere
questo pezzo di merda o solo
di emme e tre puntini?”
ci badato le era caduto a terra. Se ne era
accorto solo Pingitore, ma era toppo preso
dal verbale (devo scrivere questo pezzo di
merda o solo di emme e tre puntini?) per
potersi fermare e fare un cenno cortese alla signora.
“Suo padre ha una banca in Svizzera
signora Agnese?”, chiese il maresciallo
Carletti mostrandosi molto interessato.
“Banca?! Ma nooo, abbiamo un’impresa, un’impresa generale di costruzioni e
poi... non in Svizzera, a Milano. In Svizzera abitavamo e questo disgraziato con mio
padre e il marito di mia sorella, un altro
bell’elemento, hanno messo in piedi una
struttura finanziaria per... Ma maresciallo,
a me di queste cose ora non interessa.
Non è di questo che voglio parlare. Finisca
come deve finire! Io voglio sapere chi è
questa Iris e perché va a raccontare in giro... - in giro non proprio, qui, a voi carabinieri -, di non avere figli da questo disgraziato...”.
Agnese aveva il viso paonazzo. Un vero contrasto rispetto al Remondini. Lui era
cadaverico.
Il maresciallo aveva compreso benissimo quale fosse in quel momento il dramma di Agnese. Aveva capito quale tarlo le
stesse martoriando il cervello. Fatto è che
lui aveva intuito..., subodorato - è forse
questo il termine più adatto - che dietro la
storia di amore e di corna (l’essenza della
cosa ormai pareva chiara al Carletti) fra
quei due c’era dell’altro. Molto altro che
avrebbe interessato lui, ma soprattutto
l’amico Schirru della Finanza di Omegna.
E se non proprio lui - si diceva mentre faceva finta di leggere il verbale di Ghiffa
ascoltando l’Agnese -, qualche pezzo grosso della Guardia di finanza e il procuratore
capo di Verbania, il dottor Rossetti. Quello
sì che era un cane da guardia quando si
trattava di soldi, evasione fiscale, corruzione...
Eh sì, questa volta ho messo le mani in
un bel vespaio!, rimuginava da qualche
minuto il Carletti-Maigret, mentre il brigadiere Lo Russo-Lucas (ma sì, Lucas, uno
degli ispettori più fedeli a Maigret) s’era
spostato dietro le spalle di Pingitore, intuendo che il verbale stava veramente per
entrare nel vivo. Ma così non fu. O meglio...
Una volta ammessa la sua doppia esistenza, una volta detto del matrimonio con
Iris, una volta raccontato dell’impossibilità
di questa di avere figli (“nuddu ammiscatu
Dopo tutto questo popó
di storie raccontate, le cose
presero tutt’altra piega
cu nenti”, gli ricordó provocatoriamente
Agnese, incuriosendo il Carletti che prese
diligentemente nota a mano della frase
dopo averla sillabata al Pingitore) e del suo
smisurato senso di paternità che lo portó a
convivere segretamente con Agnese... Insomma, una volta vuotato il sacco tra le
scene d’isterìa di Agnese, che tutto d’un
tratto sembrava aver scoperto la propria
sicilianità..., dopo tutto questo popó di storie raccontate, in quella stanza le cose presero tutt’altra piega.
19 - continua