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CAPITOLO 6
Trasformata di Fourier
Nel capitololo conclusivo di queste note, introduciamo uno strumento classico
dell’Analisi, noto come trasformata di Fourier. Per la sua versatilià, l’utilizzo
della trasformata di Fourier è comune in molte delle scienze applicate (Fisica, Ingegneria, ecc...). L’idea che spinse il matematico francese Joseph Fourier ad introdurre
la serie di Forier, prime e la trasformata poi nei suoi lavori sulla termodinamica
fra il 1807 ed il 1811, per poi formulare una teoria ampia1 nel 1822 è la seguente:
data una funzione (essenzialmente, arbitraria) f su un gruppo G, vogliamo rappresentarla come sovrapposizione (discreta o continua) di funzioni simmetriche sul
dominio (dette caratteri). Ai caratteri si richiede di comportarsi bene rispetto ad
un’opportuna famiglia di trasformazioni (le traslazioni, le rotazioni, i riscalamenti,
le derivazioni), in modo che si possano ottenere, usando questo punto di vista, opportune invarianze rispetto ad opportune simmetrie. Introdurremo la trasformata
di Fourier fb(⇠) di una funzione f (x), ovvero la versione continua di quanto appena
descritto e ne analizzeremo le proprietà elementari; passare in Fourier, ovvero passare dal dominio fisico, della variabile spaziale x al dominio delle frequenze, della
variabile-frequenza ⇠, ci permetterà di avere una nuovo e rilevante punto di vista
sullo studio delle proprietà analitiche d’una funzione f . Ci limiteremo qui a studiare
il caso in cui il dominio spaziale è euclideo, ovvero x 2 Rd .
1. Convoluzione
Cominciamo con una sezione introduttiva in cui presenteremo il prodotto di
convoluzione, un risultato di approssimazione e due disuguaglianze integrali (Young
e Hardy-Littlewood-Sobolev) che saranno utilizzate nel seguito.
Definizione 6.1 (Convoluzione). Siano f, g : Rd ! C due funzioni misurabili;
la convoluzione f ⇤ g fra f e g si definisce come segue:
Z
(6.1)
f ⇤ g(x) :=
f (x y)g(y) dy.
Rd
Esercizio 6.1 (Proprietà commutativa). Siano f, g : Rd ! C due funzioni
misurabili. Dimostrare che f ⇤ g = g ⇤ f .
Esercizio 6.2 (Proprietà distributiva). Siano f, g, h : Rd ! C tre funzioni
misurabili. Dimostrare che f ⇤ (g + h) = f ⇤ g + f ⇤ h.
Esercizio 6.3. Siano f, g : Rd ! C due funzioni misurabili, con supporto
compatto. Dimostrare che f ⇤ g ha supporto compatto. Dati R1 , R2 > 0 tali che
suppf ⇢ BR1 (0), suppg ⇢ BR2 (0), dare una stima per R3 > 0 tale che supp(f ⇤g) ⇢
BR3 (0).
La convoluzione di funzioni a supporto compatto è quindi una funzione con
supporto compatto. Tuttavia, ciò non è vero nel caso in cui una sola delle due
funzioni ha supporto compatto (proprietà non locale), come mostra il seguente
esercizio, anche se i supporti sono disgiunti.
1J. Fourier, Théorie Analytique de la chaleur, Parigi, Firmin-Didot 1822
113
114
6. TRASFORMATA DI FOURIER
Esercizio 6.4. Date f (x) = |x|
2
R\[ 1,1]
e g(x) =
[ 1,1] ,
calcolare f ⇤ g.
La misurabilità di f, g assicura che la definizione di convoluzione è ben posta;
ci chiediamo quali condizioni su f, g assicurino che la (6.1) definisca una funzione
misurabile. Il seguente esercizio è di facile soluzione e presenta un caso particolare
della disuguaglianza di Young, Esercizio 6.6.
Esercizio 6.5. Sia p 2 [1, 1], sia p0 il coniugato di p (ovvero 1/p + 1/p0 = 1)
0
e iano f 2 Lp (Rd ), g 2 Lp (Rd ). Allora f ⇤ g 2 L1 (Rd ) e vale la disuguaglianza
(6.2)
kf ⇤ gk1  kf kp kgkp0 .
Al fine di dimostrare la versione generale delle disuguaglianze (i) e (ii) sopra,
introduciamo un’importante disuguaglianza di convessità.
Teorema 6.1 (Disuguaglianza di Minkowski). Siano (X, B1 , µ), (Y, B2 , )
due spazi di misura, con µ, positive e -finite e sia f : X ⇥ Y ! [0, 1] una
funzione positiva, µ ⇥ -misurabile. Allora, per ogni p 2 [1, 1),
✓Z ✓Z
◆p
◆ p1
◆ p1
Z ✓Z
p
(6.3)
f (x, y) d (y)
dµ(x)

f (x, y) dµ(x)
d (y).
X
Y
Y
X
In altri termini,
kf (x, ·)kL1 (
) Lp (µ)
 kf (·, y)kLp (µ)
L1 ( )
(parafrasando: la norma dell’integrale è minore o uguale all’integrale della norma).
R
Dimostrazione. Denotiamo con H(x) := Y f (x, y) d (y) ed osserviamo che
H è una funzione B1 -misurabile, per quanto visto in precedenza nel capitolo sulle
misure prodotto. La tesi (6.3) può essere dunque riscritta come segue:
Z
(6.4)
kHkLp (µ) 
kf (·, y)kLp (µ) d (y).
Y
Dato che f è positiva, per il Teorema di Fubini possiamo scrivere
✓Z
◆
Z
Z
kHkpLp (µ) =
H(x)p dµ(x) =
H(x)p 1
f (x, y) d (y) dµ(x)
X
X
◆ Y
Z ✓Z
p 1
=
H(x) f (x, y) dµ(x) d (y).
Y
X
La disuguaglianza di Hölder ci permette dunque di stimare
Z
1
kHkpLp (µ)  kHkpLp (µ)
kf (·, y)kLp (µ) d (y),
Y
da cui segue la tesi (6.4).
⇤
Esercizio 6.6 (Disuguaglianza di Young). Siano f, g : Rd ! C due funzioni
misurabili e siano p, q, r 2 [1, 1] tali che p1 = 1q + 1r 1. Dimostrare che
(6.5)
kf ⇤ gkp  kf kq kgkr .
La disuguaglianza di Young nasconde in sé il carattere interpolante della disuguaglianza di Hölder e la convessità della norma Lp , per p 1, che dà luogo alla
disuguaglianza di Minkowski. Tuttavia, un’informazione aggiuntiva, nascosta dentro il prodotto di convoluzione, riguarda la sua natura regolarizzante, che a breve
utilizzeremo per approssimare funzioni in Lp con funzioni di classe C 1 . Il seguente
esercizio mostra un primo esempio di tale fenomeno.
Esercizio 6.7 (Effetto regolarizzante). Siano f 2 L1 (Rd ), g 2 L1 (Rd ).
Dimostrare che f ⇤ g 2 L1 (Rd ) \ C(Rd ).
1. CONVOLUZIONE
115
Come applicazione del risultato dell’esercizio precedente, si può dimostrare il
seguente interessante teorema.
Esercizio 6.8 (Teorema di Steinhaus). Sia E 2 L[Rd ] un Lebesgue-misurabile,
con misura |E| > 0. Dimostrare che l’insieme delle differenze
E
E := {x 2 Rd : 9y, z 2 E : x = y
contiene un intorno dell’origine.
z}
2
Passiamo ad introdurre uno degli utilizzi più comuni del prodotto di convoluzione e della sua proprietà regolarizzante, per approssimare funzioni in Lp con
funzioni di classe C 1 . Abbiamo già visto, in precedenza, come si possano approssimare funzioni in L1 tramite funzioni continue, usando funzioni semplici e Lemma di
Urysohn. Il risultato che segue, tuttavia, presenta un’utile e duttile argomento, che
funziona in casi molto generali e si basa su una costruzione esplicita e facilmente
quantificabile.
Definizione 6.2 (Approssimanti dell’identità). Sia j : Rd ! [0, +1] una
funzione
radiale (ovvero j = j(|x|)), radialmente decrescente, positiva, tale che
R
j = kjk1 = 1. Per ogni ✏ > 0, si definisca j✏ (x) := ✏ d j(x/✏). Diremo che
Rd
{j✏ }✏>0 è una famiglia di approssimanti dell’identità (o anche -sequence) e che j è
un buon nucleo.
Dato un multi-indice ↵ = (↵1 , . . . , ↵d ) 2 Nd , denoteremo con |↵| := ↵1 +· · ·+↵d ;
|↵|
l’operatore di derivazione D↵ := @x↵@1 ···@ ↵d agisce, quindi, su funzioni f : Rd ! C.
1
xd
Teorema 6.2 (Densità di C 1 in Lp ). Sia j un buon nucleo in Rd e j✏ (x) =
✏ d j(x/✏) una famiglia di approssimanti dell’identità. Sia f 2 Lp (Rd ), con p 2
[1, 1) e sia f✏ := j✏ ⇤ f . Allora,
(i) f✏ 2 Lp (Rd ), con kf✏ kp  kjk1 kf kp ;
(ii) f✏ ! f in Lp , per ✏ ! 0+ ;
(iii) se j 2 Cc1 (Rd ), allora f✏ 2 C 1 (Rd ) ed inoltre D↵ f✏ = (D↵ j✏ ) ⇤ f,.
Osservazione 6.1. Seguono alcune osservazioni sull’enunciato precedente:
• osserviamo che kj✏ k1 = kjk1 = 1;
• sebbene il teorema sia enunciato per funzioni definite su Rd , si può facilmente generalizzare a funzioni f 2 Lp (⌦), con ⌦ ⇢ Rd (basta estendere a
0 fuori da ⌦);
• la formula di derivazione in (iii) è la chiave per definire il concetto di
derivata distribuzionale di una funzione f ed afferma, in parole povere,
che in una convoluzione le derivate possono essere scaricate sempre sulla
funzione più regolare fra quelle che si convolvono. Ciò implica che la
convoluzione eredita la regolarità maggiore fra le due funzioni in oggetto;
Dimostrazione del Teorema 6.10. La dimostrazione di (i) segue immediatamente dalla disuguaglianza di Young e dal fatto che kj✏ k1 = kjk1 .
Dimostreremo (ii) per approssimazioni successive.
Caso 1: p = 1, j, f a supporto compatto ed f 2 L1 . Vogliamo dimostrare che lim!0+ kj✏ ⇤ f f k1 = 0. A tal fine, sia > 0 e sia g : Rd ! C una
funzione semplice, tale che kf gk1  . Dalla disuguaglianza di Young e dalla
disuguaglianza triangolare in L1 otteniamo dunque
kj✏ ⇤ f
j✏ ⇤ gk1 = kj✏ ⇤ (f
g)k1  .
2Suggerimento: ricondursi al caso in cui E è limitato ed applicare il risultato dell’esercizio
6.7 alla convoluzione E ⇤
E.
116
6. TRASFORMATA DI FOURIER
Sommando e sottraendo, stimiamo quindi
kj✏ ⇤ f
f k1  kj✏ ⇤ f
 kj✏ ⇤ g
j✏ ⇤ gk1 + kj✏ ⇤ g
gk1 + 2 .
gk1 + kg
f k1
La precedente disuguaglianza implica che è sufficiente provare la tesi nel caso in cui
f è una funzione semplice. Per linearità, è dunque sufficiente considerare il caso in
cui f = B , dove B ⇢ Rn è un box. Sia dunque f = B , > 0 ed R > 0 tale che
suppj ⇢ BR (0). Allora suppj✏ ⇢ BR✏ (0); definiamo
A := {x 2 B : dist(x, B c ) < R✏},
A+ := {x 2 B c : dist(x, B) < R✏}
ed osserviamo che la misura della cornice A [ A+ è |A [ A+ | = C✏d , con C =
C(R, |B|). Per ✏ > 0 sufficientemente piccolo, abbiamo dunque |A [ A+ |  .
Inoltre, j✏ ⇤ f ⌘ f su (A [ A+ )c , e dato che j✏ è uniformemente integrabile,
possiamo concludere che
Z
kj✏ ⇤ f f k1 
|j✏ |  ,
A+ [A
per ✏ sufficientemente piccolo. Da ciò segue la tesi.
Caso 1: p 6= 1, j, f a supporto compatto ed f 2 L1 . Basta osservare che,
dato che f 2 L1 , dalla disuguaglianza di Young otteniamo che j✏ ⇤ f 2 L1 , con
kj✏ ⇤ f k1  kf k1 e quindi, per la disuguaglianza di Hölder, possiamo stimare
kj✏ ⇤ f
f kp  (2kf k1 )1
1
p
1
kj✏ ⇤ f
f k1p .
La tesi, a questo punto, segue dal caso precedente.
Caso generale. Per rimuovere l’ipotesi di compattezza dei supporti e l’ipotesi
f 2 L1 sarà ora sufficiente usare le usuali proprietà di troncamento orizzontale
e verticale ed il Teorema della Convergenza Dominata. Lasciamo al lettore l’utile
esercizio di scrivere i dettagli della dimostrazione.
Infine, la dimostrazione di (iii) è lasciata al lettore come esercizio.
⇤
Esercizio 6.9. Sia j 2 Cc1 (Rd ) un buon nucleo in Rd e j✏ (x) = ✏ d j(x/✏)
una famiglia di approssimanti dell’identità. Sia f 2 Lp (Rd ), con p 2 [1, 1) e sia
f✏ := j✏ ⇤ f . Dimostrare che f✏ 2 C 1 (Rd ) e che vale l’identità3 D↵ f✏ = (D↵ j✏ ) ⇤ f .
Come corollario del teorema precedente, lasciamo al lettore dimostrare il seguente utilissimo risultato.
Esercizio 6.10 (Densità di Cc1 in Lp ). Sia f 2 Lp (Rd ), con p 2 [1, 1), e sia
✏ > 0. Dimostrare che esiste una funzione f✏ 2 Cc1 (Rd ) tale che kf f✏ kp  ✏.
Esercizio 6.11 (Nuclei di Poisson e del calore). Per ogni t > 0, definiamo
i nuclei di Poisson Pt ed i nuclei del calore Hpt , rispettivamente,
(6.6)
Pt (x) := cd
t
(t2 + |x|2 )
d+1
2
,
Hpt (x) :=
1
(4⇡t)
d
2
e
|x|2
4t
.
(i) Dimostrare che le famiglie {Pt }t>0 , {Hpt }t>0 sono approssimanti dell’identità (con una scelta opportuna della costante cd ).
(ii) Dato un buon nucleo P , dimostrare che esistono due costanti cd , Cd > 0,
dipendenti solo dalla dimensione d, tali che4
1
X
cd <
2nd P (2n )  Cd .
n= 1
3Suggerimento: è sufficiente dimostrare che f 2 C 1 ; a tal fine, sarà sufficiente scrivere la
definizione di derivata ed invocare il Teorema della Convergenza Dominata
4Suggerimento: confrontare P con la funzione torta nuziale P1
n= 1
2n 1 <|x|2n P (2
n)
1. CONVOLUZIONE
117
(iii) Data una famiglia di approssimanti dell’identità Pt , dimostrare che esiste
una costante Cd0 > 0, dipendente solo dalla dimensione d, tale che, per
ogni f 2 L1 (Rd ) e per ogni t > 0
kPt ⇤ f k1  Cd0 Mf (x),
dove Mf è la funzione massimale di Hardy-Littlewood5.
(iv) Dimostrare che, per ogni f 2 L1 (Rd ) e per quasi ogni x 2 Rd ,
lim Hpt ⇤ f (x) = f (x),
lim Pt ⇤ f (x) = f (x),
t!0+
t!0+
dove Pt e Hpt sono i nuclei di Poisson e del calore, rispettivamente.6
Concludiamo questo paragrafo con un’ultima importante disuguaglianza riguardante il prodotto di convoluzione. Come vedremo nei paragrafi a seguire, convoluzioni della forma f ⇤ |x| , con > 0, assumono il significato di integrazione
frazionaria; tali operazioni sono molto ricorrenti in vari rami dell’Analisi e della
Fisica Matematica. La funzione |x|
non è in Lp (Rd ), come noto, per nessuna
d
scelta di p; tuttavia, abbiamo osservato che |x| 2 L ,1 (Rd ), per 0 <  d. È
dunque ragionevole domandarsi sulla validità della seguente generalizzazione della
disuguaglianza di Young:
1
1
kf ⇤ |x| kp  kf kq k|x| k d ,1 ,
0 <  d,
= +
1.
p
q
d
La disuguaglianza precedente è vera, tranne nel caso
disuguaglianza di Hardy-Littlewood-Sobolev.
= d e prende il nome di
Teorema 6.3 (Disuguaglianza di Hardy-Littlewood-Sobolev). Sia f 2
Lq (Rd ) e siano
(6.7)
0<
< d,
1
1
= +
p
q
d
1 < q < p < 1,
1.
Allora, esiste una costante C = C(q, , d) > 0 tale che
(6.8)
kf ⇤ |x|
kp  C(q, , d)kf kq .
Dimostrazione. Seguiremo un approccio diretto. Scriviamo
Z
Z
(6.9) f ⇤ |x| =
f (y)|x y| dy +
f (y)|x y| dy =: A + B,
|y|<R
|y| R
con R > 0 da scegliere nel seguito. Dato che la funzione |x|
è radialmente
decrescente ed è in L1 (BR (0)), visto che < d, ragionando come nel punto (iii)
dell’esercizio 6.11 possiamo stimare
Z
(6.10)
|A|  Mf (x) ·
|y| dy = cRd Mf (x),
|y|<R
dove Mf è la funzione massimale di Hardy-Littlewood. Per stimare il termine B
in (6.9), usiamo la disuguaglianza di Hölder ed otteniamo
(6.11)
|B|  kf kq k|x|
BR (0)c kq 0 .
0
q
0
Osserviamo che |x|
BR (0)c 2 L , per q > d: questa condizione è verificata nel
0
range dettato dalla (6.7), 1/q = /d 1/p < /d; inoltre,
k|x|
BR (0)c kq 0
1
= cR q0
(d
q0 )
= cR
d
p
,
5Suggerimento: usare il punto (ii)
6Suggerimento: usare il punto (iii) e mimare il Teorema di Derivazione di Lebesgue
118
6. TRASFORMATA DI FOURIER
per un’opportuna c > 0, dove abbiamo ancora utilizzato la condizione (6.7); di
conseguenza, la (6.11) si riscrive
(6.12)
|B|  ckf kq R
d
p
Da (6.9), (6.10) e (6.12) otteniamo
⇣
(6.13)
|f ⇤ |x| |  C Mf (x)Rd
.
+ kf kq R
d
p
⌘
.
Per rendere ottimale la stima precedente, scegliamo R in modo che i due termini a
destra della disuguaglianza siano uguali, ovvero
d
d
Mf (x)
= R d p = R q;
kf kq
sostituendo in (6.13) ricaviamo
(6.14)
|f ⇤ |x|
q
1
|  CMf (x) p kf kq
q
p
.
Dato che p > 1 (domanda per il lettore: perché?), la tesi è ora un’immediata
conseguenza del Teorema Massimale di Hardy-Littlewood 5.12.
⇤
Osservazione 6.2. La condizione
< d è stata usata in due punti. Per
provare la (6.10), abbiamo usato il fatto che la funzione |x|
è in L1 (BR (0)), il
che è falso se = d. Il secondo punto in cui abbiamo usato la condizione < d è a
fine dimostrazione: tale condizione implica che p 6= 1 e di conseguenza la funzione
massimale è di tipo (p, p)-forte. Come visto in precedenza, tale proprietà è falsa nel
caso p = 1.
2. Trasformata di Fourier in L1 (Rd )
Passiamo ad introdurre l’oggetto di studio di questo capitolo.
Definizione 6.3 (Trasformata di Fourier). Sia f 2 L1 (Rd ); la trasformata
di Fourier di f è la funzione fb : Rd ! C definita come segue:
Z
(6.15)
fb(⇠) =
e 2⇡ix·⇠ f (x) dx.
R
Rd
Osserviamo che fb(0) = Rd f (x) dx, che è finito in quanto f 2 L1 . Evidentemente, (6.15) definisce una funzione misurabile; inoltre, usando la disuguaglianza
di Hölder si risolve facilmente il seguente esercizio.
Esercizio 6.12. Dimostrare che l’operatore F che ad f 2 L1 associa la sua
trasformata di Fourier, ovvero Ff := fb, è lineare. Inoltre, per ogni f 2 L1 , si ha
kfbk1  kf k1 . In altri termini, F : L1 ! L1 è un operatore lineare e limitato.
Dimostrare, inoltre, che, se f > 0, allora kfbk1 = fb(0) = kf k1 .
Esercizio 6.13. Siano fn , f 2 L1 (Rd ), per n 2 N, tali che fn ! f in L1 ,
1
b
quando n ! 1. Dimostrare che fc
n ! f in L , per n ! 1.
In realtà, come già visto per il prodotto di convoluzione, l’operazione descritta
sopra ha in sè un intrinseco effetto regolarizzante sulle funzioni su cui agisce, come
dimostra il seguente esercizio.
Esercizio 6.14. Dimostrare che se f 2 L1 (Rd ), allora fb 2 C(Rd ).
Inoltre, il carattere oscillante della funzione e 2⇡ix·⇠ fa sì che, per valori molto grandi del parametro di oscillazione ⇠, le aree delle regioni in cui la funzione
integranda e 2⇡ix·⇠ f (x) ha segno opposto tendono ad avvicinarsi, producendo un
effetto di decadimento dell’integrale. Tale affermazione è resa precisa nel seguente
esercizio.
2. TRASFORMATA DI FOURIER IN L1 (Rd )
119
Esercizio 6.15 (Lemma di Riemann-Lebesgue). Sia f 2 L1 (Rd ); dimostrare che7 fb 2 C0 (Rd ).
Esercizio 6.16. Se f 2 L1 (Rd ), allora fb è uniformemente continua su Rd .
Come annunciato nell’introduzione, la trasformata di Fourier si comporta in
modo interessante, rispetto all’azione di opportuni gruppi di trasformazioni. A
partire da ora, useremo le seguenti notazioni:
⌧h f (x) := f (x
mh f (x) := e2⇡ix·h f (x),
h),
f (x) := f (x/ ),
per h 2 R ,
> 0, e chiameremo gli operatori ⌧h operatori di traslazione, gli
operatori mh modulazioni di frequenza e gli operatori
operatori di scaling.
d
Esercizio 6.17. Siano f, g 2 L1 (Rd ), h 2 Rd ,
le seguenti proprietà:
2⇡i⇠·h b
(i) ⌧d
f (⇠) = m h f (x)
h f (⇠) = e
d
b
(ii) mh f (⇠) = f (⇠ h) = ⌧h (fb)(⇠)
(iii) d
f (⇠) = d fb( ⇠) = d 1 fb(⇠)
(iv)
(v)
(vi)
> 0. Dimostrare che valgono
fb(⇠) = fb( ⇠)
\
(f
⇤ g)(⇠) = fb(⇠)b
g (⇠)
R
R
b(⇠)g(⇠) d⇠ = d f (⇠)b
f
g (⇠) d⇠.
d
R
R
Esercizio 6.18. Sia f 2 L1 (Rd ) una funzione radiale, ovvero f = f (|x|).
Dimostrare che anche la sua trasformata di Fourier fb è una funzione radiale.8
Esercizio 6.19. Siano a < b 2 R, ⇢ > 0; dimostrare che
i
sin(2⇡⇢⇠)
[
e 2⇡ib⇠ e 2⇡ia⇠ ,
\
[a,b] (⇠) =
[ ⇢,⇢] (⇠) =
2⇡⇠
⇡⇠
Dimostrare, infine, che b[
⇢,⇢]
2
/ L1 (Rd ).
Esercizio 6.20. Data la funzione gk
8
>
>k + 1 + x,
>
<2,
gk (x) =
>k + 1 x,
>
>
:
0,
con k 2 N, dimostrare che
gbk (⇠) =
: R ! R, definita da
x 2 ( k 1, k + 1]
x 2 [ k + 1, k 1)
x 2 [k 1, k + 1)
x2
/ ( k 1, k + 1),
sin(2⇡⇠) sin(2⇡k⇠)
.
(⇡⇠)2
La trasformata di Fourier di una funzione in L1 , dunque, non è necessariamente
in L e ciò rappresenta un ostacolo alla teoria: infatti, è desiderabile poter invertire
la trasformata per ottenere informazioni sugli oggetti di studio e, come vedremo nel
seguito, ciò non è possibile in L1 . Avremo bisogno di estendere la definizione (6.15)
allo spazio L2 , dove è possibile provare una formula di inversione. Passiamo ora a
studiare il comportamento della trasformata di Fourier rispetto alle operazioni di
derivazione.
1
Proposizione 6.4. Sia f 2 Cc1 (Rd ). Per ogni j = 1, . . . , d, vale l’identità
(6.16)
d
@f
(⇠) = 2⇡i⇠ j fb(⇠).
@xj
7Suggerimento: risolvere prima nel caso in cui f 2 C 1 e ragionare per densità.
c
8Suggerimento: dimostrare che fb è inveriante per rotazioni
120
6. TRASFORMATA DI FOURIER
|↵|
Più in generale, sia ↵ = (↵1 , . . . , ↵d ) 2 Nd un multi-indice e sia f 2 Cc (Rd ).
Allora,
↵ f (⇠) = (2⇡i⇠)|↵| fb(⇠),
d
(6.17)
D
dove |↵| := ↵1 + · · · + ↵d , D↵ :=
@ |↵|
↵
↵
@x11 ···@xdd
, ⇠ |↵| := ⇠1↵1 · · · ⇠d↵d .
Dimostrazione. È sufficiente provare la (6.16), dato che la (6.17) segue ragionando per induzione. Calcoliamo esplicitamente, integrando per parti,
Z
Z
d
@f
2⇡ix·⇠ @f
j
(⇠) =
e
(x) dx = 2⇡i⇠
e 2⇡ix·⇠ f (x) dx = 2⇡i⇠ j fb(⇠),
@xj
@xj
Rd
Rd
dato che f ha supporto compatto e ciò completa la dimostrazione.
⇤
Rileggiamo il precedente enunciato. Se f 2 Cck (Rd ), con k 2 N; in particolare, ogni derivata di ordine minore o uguale a k di f è in L1 , quindi Fouriertrasformabile, con trasformata in L1 . La formula (6.17) afferma, quindi, che la
trasformata fb sopporta la moltiplicazione per un polinomio di ordine minore o
uguale a k, rimanendo in L1 . Il seguente esercizio mostra che vale il viceversa
della precedente affermazione.
Esercizio 6.21. Sia k 2 N e sia f 2 L1 (Rd ) una funzione tale che (1 + |x|)k f 2
L (Rd ). Dimostrare che fb 2 C k (Rd ) e che valgono le formule
@ fb
(6.18)
(⇠) = ( 2⇡ixj f )^ (⇠),
D↵ fb(⇠) = (( 2⇡ix)↵ f )^ (⇠),
@ xj
1
per ogni j = 1, . . . , d, ↵ 2 Nd .
Possiamo riformulare le precedenti proprietà in termini di operatori differenziali
generici, come segue. Un polinomio di ordine m 2 N in Rd , a coefficienti in C, è
una funzione della forma
X
p(⇠) :=
a↵ ⇠ ↵ ,
↵2Nd
0|↵|k
con a↵ 2 C.
differenziale:
Ad ogni polinomio è associato in modo standard un operatore
X
P (D) :=
a↵ D ↵
↵2Nd
0|↵|k
Dalle formule (6.17), (6.18), otteniamo dunque che
Ad esempio,
(6.19)
\ (⇠) = p(2⇡i⇠)fb(⇠)
p(D)f
p(D)fb(⇠) = (p( 2⇡ix)f )b(⇠).
cf (⇠) =
4⇡ 2 |⇠|2 ,
=
d
X
@2
.
@2
j=1 xj
Diremo che p(⇠) è il simbolo dell’operatore p(D). Lo studio di simboli non polinomiali porta ad una generalizzazione delle operazioni differenziali ed alla nascita
del calcolo pseudodifferenziale, il cui punto di partenza sono le due formula
precedenti.
Facciamo un quadro riassuntivo di quanto visto finora. Ciò che è riferito alla variabile x sarà denominato spaziale e ciò che è riferito a ⇠ sarà in frequenza.
Passando in Fourier si trasformano:
• traslazioni spaziali in modulazioni di frequenza e viceversa
2. TRASFORMATA DI FOURIER IN L1 (Rd )
•
•
•
•
121
dilatazioni in concentrazioni e viceversa
coniugazioni in sé (a meno di simmetrie rispetto all’asse delle ordinate)
prodotti di convoluzione in prodotti
operatori differenziali in moltiplicazioni per polinomi.
È dunque chiara l’importanza d’una funzione che rimanga inalterata dopo l’azione
della trasformata di Fourier. Chiudiamo il paragrafo introducendo tali funzioni: la
gaussiana ed i pacchetti d’onde.
Definizione 6.4 (gaussiane e pacchetti d’onde). Una gaussiana (o onda
elementare) è una funzione della forma
fa (x) = e
⇡a|x|2
,
x 2 Rd .
a > 0,
Un pacchetto d’onde è una funzione della forma
fa,k (x) = e
e
⇡a|x|2 +ik·x
,
k 2 Rd ,
a > 0,
x 2 Rd .
Proposizione 6.5 (trasformata della gaussiana). Sia a > 0 ed fa (x) =
2 L1 (Rd ). Allora,
⇡a|x|2
fba (⇠) = a
(6.20)
d
2
f a1 (⇠) = a
d
2
e
⇡
|⇠|2
a
.
In particolare, fb1 (⇠) = f1 (⇠), ovvero f1 è un punto fisso per la trasformata di
Fourier.
Dimostrazione. Osserviamo che, per il Teorema di Fubini,
✓Z
◆
✓Z
◆
2⇡x1 ⇠ 1
⇡a(x1 )2
1
2⇡xd ⇠ d
⇡a(xd )2
d
b
fa (⇠) =
e
e
dx · · ·
e
e
dx .
R
R
È dunque sufficiente
provare la (6.20) in dimensione d = 1. Inoltre, dato che
p
fa (x) = f1 ( ax), per la formula (iii) dell’esercizio 6.17, abbiamo
✓
◆
1
⇠
fba (⇠) = a 2 fb1 p
,
d = 1.
a
Passiamo quindi a calcolare fb1 in dimensione d = 1. Completando un quadrato,
possiamo scrivere
Z
Z
2
2
(6.21)
fb1 (⇠) =
e 2⇡ix⇠ e ⇡x dx = f1 (⇠) e ⇡(x+i⇠) dx =: f1 (⇠)g(⇠).
R
R
Derivando sotto il segno d’integrale, cosa resa possibile dal Teorema della Convergenza Dominata (domanda: perché?), otteniamo
Z
Z
d ⇡(x+i⇠)2
0
2
⇡(x+i⇠)2
g (⇠) =
2i⇡(x + i⇠) e
dx = i
e
dx = 0,
R
R dx
per il Teorema Fondamentale del Calcolo. Di conseguenza g è costante e
Z
2
g(⇠) = g(0) =
e ⇡x dx = 1,
R
il che prova la tesi, grazie a (6.21).
Esercizio 6.22 (Dispersione). Sia fa,k (x) = e
dimostrare che
✓
◆
d
d
k
d
2
fa,k (⇠) = a f a1 ⇠
= a 2e
2⇡
⇡a|x|2 +ik·x
⇡
a
(⇠
k
2⇡
2
⇤
, a > 0, k, x 2 Rd ;
) .
122
6. TRASFORMATA DI FOURIER
L’esercizio precedente mostra che un pacchetto d’onde che oscillano con frequenza k non cambia aspetto, in trasformata di Fourier, ma il centro si sposta
in k/2⇡. Se immaginiamo un’evoluzione temporale dietro tale fenomeno, stiamo
dicendo che onde che oscillano alla frequenza k viaggiano, con una velocità direttamente proporzionale alla frequenza d’oscillazione: tale fenomeno è descritto dalla
parola dispersione.
3. Trasformata di Fourier in L2
Come detto in precedenza, lo spazio L1 (Rd ), pur essendo l’ambiente naturale
in cui definire la trasformata di Fourier, ha un difetto esiziale: se f 2 L1 , fb 2
/ L1 ,
in generale e ciò implica che una formula di inversione della trasformata non è
b
valida su tutto L1 . Infatti, un semplice conto formale mostra che fb(⇠) = f ( ⇠)
e dunque la necessità di ri-trasformare una trasformata. Una possibile direzione
è quella di restringere lo studio alle funzioni in L1 con la proprietà che fb 2 L1 ,
che formano la cosiddetta algebra di Wiener. Seguiremo la strada, più analitica, di
estendere la nozione di trasformata di Fourier allo spazio L2 , dove dimostreremo
che tali proprietà sono soddisfatte e si può così ottenere una formula di inversione.
Dimostriamo il risultato fondamentale, come punto di partenza dello studio.
Teorema 6.6 (Teorema di Plancherel). Sia f 2 L1 (Rd ) \ L2 (Rd ). Allora
b
f 2 L2 (Rd ) e vale l’identità di Plancherel
(6.22)
kf k2 = kfbk2 .
Inoltre, la mappa f 7! fb ha un’unica estensione lineare, continua ed isometrica allo
spazio L2 (Rd )), che continueremo a denotare fb. Infine, per ogni f, g 2 L2 (Rd ),
vale l’identità di Parseval
Z
b
(6.23)
(f, g) = (f , gb),
(f, g) :=
f (x)g(x) dx.
Rd
Dimostrazione. Sia f 2 L1 (Rd ) \ L2 (Rd ) e sia ✏ > 0. Dato che fb 2 L1 (Rd ),
il seguente integrale è finito:
(6.24)
◆ ✓Z
◆
Z
Z ✓Z
2
2
✏⇡|⇠|2
2⇡ix·⇠
2⇡iy·⇠
b
|f (⇠)| e
d⇠ =
e
f (x) dx
e
f (y) dy e ✏⇡|⇠| d⇠.
Rd
Rd
Rd
Rd
La funzione delle tre variabili x, y, ⇠ nel precedente integrale è in L1 , ovvero
f (x)f (y)e
2⇡i(x y)·⇠
e
✏⇡|⇠|2
d⇠ 2 L1 (R3d ),
dato che f 2 L1 (Rd ); conseguentemente, grazie al Teorema di Fubini possiamo
integrare prima rispetto a ⇠ e dalla formula (6.20) otteniamo
Z
Z
2
2
|fb(⇠)|2 e ✏⇡|⇠| d⇠ =
f (x)f (y)e 2⇡i(x y)·⇠ e ✏⇡|⇠| d⇠ dx dy
3d
Rd
ZR
⇣ d ⇡
⌘
2
d
⇡
=
✏ 2 e ✏ |x y| f (y)f (x) dx dy = ✏ 2 e ✏ |x|2 ⇤ f, f .
R2d
d
2
⇡
Per il Teorema 6.10, ✏ e ✏ |x|2 ⇤ f ! f in L2 , quando ✏ ! 0: la precedente
identità ed un’immediata applicazione della disuguaglianza di Cauchy-Schwartz ci
permettono di concludere che
Z
2
lim
|fb(⇠)|2 e ✏⇡|⇠| d⇠ = kf k22 .
✏!0
Rd
Ma allora il termine a sinistra dell’ultima identità è uniformemente limitato in ✏
e passando al limite sotto il segno di integrale otteniamo che kfbk2 = kf k2 , il che
prova la (6.22).
3. TRASFORMATA DI FOURIER IN L2
123
Per provare il resto dell’enunciato, lavoriamo per densità come segue. Per troncamento orizzontale, data f 2 L2 (Rd ), osserviamo che fn := f |x|n 2 L1 (Rd ) \
L2 (Rd ) e che fn ! f in L2 , quando n ! 1. Inoltre, per quanto appena dimostra2
to, kfc
fc
fm k2 , quindi {fc
m k2 = kfn
n }n2N è una successione di Cauchy in L .
n
2
d
2
Di conseguenza, esiste g 2 L (R ) tale che g = limn!1 fc
n in L . Denotiamo con
b
b
f := g; ovviamente, f non dipende dalla scelta iniziale dell’approssimazione di f
ed inoltre
kfbk2 = lim kfc
n k2 = lim kfn k2 = kf k2 .
n!1
n!1
La continuità e la linearità della mappa f 7! fb sono di facile dimostrazione. Infine,
l’identità di Parseval segue immediatamente dall’identità di polarizzazione (6.25).
⇤
Esercizio 6.23. In L2 (Rd ), dimostrare l’identità di polarizzazione
(6.25)
(f, g) =
1
kf + gk22
2
ikf + igk22
(1
i)kf k22
(1
i)kgk22 .
Osservazione 6.3. La funzione fb definita nel Teorema di Plancherel come
limite delle trasformate di Fourier dei troncamenti orizzontali fn è detta trasformata
di Fourier della funzione f 2 L2 . È un fatto notevole che tale definizione non
dipenda dall’approssimazione scelta e ciò dipende dall’identità di Plancherel in L1 \
L2 e dal Teorema della convergenza dominata. Passiamo ora a dimostrare che in
L2 vale un teorema di inversione della trasformata di Fourier.
Definizione 6.5 (Anti-trasformata di Fourier). Sia f 2 L2 (Rd ); definiamo
l’anti-trasformata di Fourier di f come segue:
Z
_
b
(6.26)
f (x) := f ( x) =
e2⇡ix·⇠ f (⇠) d⇠.
Rd
Teorema 6.7 (Formula di inversione). Sia f 2 L2 (Rd ). Allora, f = (fb)_ .
Dimostrazione. Se f 2 L1 (Rd ) \ L2 (Rd ) e g 2 L1 (Rd ), dal Teorema di
Fubini segue la seguente formula:
Z
Z
(6.27)
g (⇠)fb(⇠)e2⇡i⇠·x d⇠ =
gc(y x) f (y) dy.
Rd
Rd
2
In particolare, la formula vale con la scelta g (⇠) = e ⇡ |⇠| , per cui gc(y y) =
d
⇡
|x y|2
2e
. Se f 2 L2 (Rd ) ed fn = f |x|n , allora la (6.27) per ogni funzione
b
fn e, dato che g 2 L2 (Rd ), e che fc
n ! f , per il Teorema di Plancherel, allora
la formula (6.27) vale per f . Riassumendo, (6.27) vale per ogni f 2 L2 (Rd ), con
2
g (⇠) = e ⇡ |⇠| . A questo punto la tesi segue passando al limite, per ! 0, in
(6.27) e ragionando come nella dimostrazione del Teorema di Plancherel.
⇤
Riassumendo, la trasformata di Fourier F := f 7! fb è un operatore unitario su
L (Rd ) (ovvero è un’isometria suriettiva). Mettendo insieme le operazioni ottenute
finora, abbiamo che
2
F : L1 ! L1 ,
F : L2 ! L2 ,
kfbk1  kf k1
kfbk2 = kf k2 .
È ragionevole aspettarsi che queste due informazioni forniscano una famiglia di
informazioni interpolate della forma
0
1
1
F : Lp ! Lp ,
kfbkp0  kf kp ,
+ 0 = 1,
p 2 [1, 2].
p p
124
6. TRASFORMATA DI FOURIER
La precedente disuguaglianza è detta disuguaglianza di Hausdorff-Young ed
è vera. Può essere ottenuta direttamente o mediante un teorema di interpolazione
Riesz-Thorin, usando le due disuguaglianze di sopra (casi p = 1, 2). La disuguaglianza di Hausdorff-Young può essere utilizzata per costruire la trasformata
di Fourier in Lp , con p 2 [1, 2], imitando la costruzione fatta in L2 , ma non ci
occuperemo di ciò in questo corso.
3.1. Equazioni del calore e di Schrödinger. Supponiamo di voler risolvere
il seguente problema differenziale: trovare una funzione u = u(t, x) : R+ ⇥ Rd ! R,
con opportune proprietà di regolarità, tale che, data f : Rd ! R,
(
@t u(t, x) = x u(t, x)
(6.28)
u(0, x) = f (x).
Il problema (6.28) è detto problema di Cauchy per l’equazione del calore, che
modellizza il fenomeno della diffusione del calore in un mezzo omogeneo. L’approccio solutivo basato sull’utilizzo della trasformata di Fourier segue la seguente
strategia:
(i) scegliere il setting funzionale in cui ambientare il problema, ovvero in che
spazi funzionali vivono le funzioni considerate
(ii) trasformare il problema in termini della trasformata di Fourier spaziale
della soluzione e risolverlo
(iii) invertire la trasformata di Fourier per rappresentare la soluzione al problema originale
La speranza, quando si studiano problemi del tipo (6.28), è quella di ottenere esistenza ed unicità di soluzioni, Supponiamo che f 2 L1 (Rd ) e che u 2 C 1 (R+ ; C 2 (Rd ))
sia una soluzione buona, per cui ha senso calcolare la trasformata di Fourier e la
trasformata del suo laplaciano. Allora, detta
Z
u
b(t, ⇠) :=
e 2⇡x·⇠ u(t, x) dx,
la funzione u
b deve risolvere
(
(6.29)
Rd
@t u
b(t, ⇠) = 4⇡ 2 |⇠|2 u
b(t, ⇠)
u
b(0, x) = fb(x).
Si tratta d’un problema differenziale ordinario, la cui unica soluzione è data da
(6.30)
u
b(t, ⇠) = e
4⇡ 2 t|⇠|2
fb(⇠).
Osserviamo che, per tempi positivi t > 0, f 2 L1 (Rd ) ) u
b 2 L2 (Rd ). Di con2
2
2
2
seguenza, la funzione u(t, x) := (e 4⇡ t|⇠| fb(⇠))_ (x) = (e 4⇡ t|⇠| )_ ⇤ f (x) 2 L2 è
soluzione di (6.28). Richiamiamo i nuclei del calore introdotti in precedenza
Hpt (x) = (4⇡t)
d
2
e
|x|2
4t
2 L1 (Rd )
ed osserviamo che, grazie alla formula (6.20) (con a = (4⇡t)
p (⇠) = e
d
H
t
4⇡ 2 t|⇠|2
1
), abbiamo
.
Abbiamo tutti gli strumenti per dimostrare il seguente risultato.
Esercizio 6.24 (Teoria di Cauchy in L1 per l’equazione del calore). Sia
f 2 L1 (Rd ) e, per ogni t > 0, x 2 Rd , sia
Z
|x y|2
d
4t
(6.31)
u(t, x) := Hpt ⇤ f (x) = (4⇡t) 2
e
f (y) dy.
Rd
Dimostrare che u soddisfa le seguenti proprietà:
(i) per ogni t > 0, x 2 Rd , u(t, ·) 2 C 1 (Rd ) \ L1 (Rd ) e u(·, x) 2 C 1 ((0, +1));
3. TRASFORMATA DI FOURIER IN L2
(ii)
(iii)
(iv)
(v)
125
u risolve l’equazione @t u = u;
se v è un’altra funzione con le proprietà (i)-(ii), allora v ⌘ u;
limt!0+ ku(t, ·) f (·)k1 = 0;
se x 2 Rd è un punto di Lebesgue di f , allora limt!0+ u(t, x) = f (x).
La strategia è del tutto analoga se si vuole risolvere l’equazione di Schrödinger
(
i@t u(t, x) = x u(t, x)
(6.32)
u(0, x) = f (x).
Il problema (6.32) è detto problema di Cauchy per l’equazione di Schrödinger,
che modellizza che l’evoluzione (non-relativistica) della funzione d’onda in Meccanica Quantistica. La letteratura fisica richiederebbe l’uso della lettera invece di u
per l’incognita, i fisici non ce ne vorranno. Inoltre, il segno davanti all’operatore di
Laplace dovrebbe essere positivo, ma ciò non è rilevante ai fini dello studio matematico, come vedremo a breve. Infine, abbiamo normalizzato ad 1 tutte le costanti
fisiche. Se passiamo in Fourier (rispetto alla variabile spaziale) in (6.32), otteniamo
(
i@t u
b(t, ⇠) = 4⇡ 2 |⇠|2 u
b(t, ⇠)
(6.33)
u
b(0, x) = fb(x).
Ancora una volta, l’unica soluzione è data da
(6.34)
2
2
4⇡ 2 it|⇠|2
u
b(t, ⇠) = e
fb(⇠).
2
2
La funzione e4⇡ it|⇠| , a differenza della funzione e 4⇡ t|⇠| , non decade all’infinito,
ma vive sulla sfera unitaria di C, quindi è in L1 ma in nessun altro spazio Lp .
Lo spazio naturale per invertire la formula (6.34) è dunque lo spazio L2 ; antitrasformando, possiamo definire la funzione
(6.35)
u(t, x) := (e4⇡
2
it|⇠|2
fb(⇠))_ (x).
Evidentemente, la funzione u appena definita è in L2 e, formalmente, risolve (6.32).
Tuttavia, non è chiaro per quale motivo essa debba essere derivabile; nel contesto
del calore, tale proprietà era assicurata dalla rappresentazione (6.31), dato che
2
2
i nuclei Hpt sono approssimanti dell’identità. Dato che e4⇡ it|⇠| 2
/ L2 (Rd ), il
problema di trovare nuclei di convoluzione per rappresentare (6.35) è più complicato
e non abbiamo qui gli strumenti per risolverlo. Tuttavia, si può immaginare che,
cambiando t per it nella definizione di Hpt le cose debbano funzionare bene e, di
fatto, è così.
Definizione 6.6 (Nuclei di Schrödinger). Le funzioni
(6.36)
St (x) = (4⇡it)
d
2
ei
|x|2
4t
t 2 R \ {0}
,
sono dette nuclei di Schrödinger.
Osserviamo che questa definizione è valida anche per tempi negativi t < 0, a
differenza di quella di Hpt , in cui per tempi negativi si perdeva il decadimento
gaussiano del nucleo. Non discuteremo qui la teoria di Cauchy per l’equazione di
Schrödinger, ma ci limiteremo a risolvere il seguente esercizio.
Esercizio 6.25. Sia f 2 Cc1 (Rd ) ed
(6.37)
u(t, x) := St ⇤ f (x) = (4⇡it)
d
2
e
i
|x|2
4t
Z
Rd
e
i x·y
i
2t
Dimostrare che u risolve l’equazione di Schrödinger (6.32).
e
|y|2
4t
f (y) dy.
126
6. TRASFORMATA DI FOURIER
Osservazione 6.4. Osserviamo che (6.37) può essere riscritta, in termini della
trasformata di Fourier dalla variabile y alla variabile x, come segue:
✓
◆^ ⇣
|x|2
|y|2
d
x ⌘
i 4t
i 4t
2
u(t, x) = St ⇤ f (x) = (4⇡it) e
e
f (y)
.
4⇡t
A meno di modulazioni di frequenza e riscalamenti della variabile, quindi, risolvere
l’equazione di Schrödinger è equivalente al calcolo della trasformata di Fourier del
dato iniziale e ciò fa di questa equazione il modello principe in Analisi di Fourier.
Concludiamo il paragrafo con un utile esercizio che mostra come evolvono
gaussiane e pacchetti d’onde lungo i flussi del calore e di Schrödinger.
Esercizio 6.26. Sia f (x) = e
|x|2
, con x 2 Rd . Dimostrare che
Hpt ⇤ f (x) = (1 + 4t)
St ⇤ f (x) = (1 + 4it)
d
2
e
d
2
e
|x|2
1+4t
|x|2
1+4it
.
Calcolare inoltre Hpt ⇤ f ed St ⇤ f nel caso del pacchetto d’onde f (x) = e
|x|2 ik·x
.
4. Integrazione e derivazione frazionaria
Torniamo a studiare una famiglia di funzioni ricorrenti durante tutto il corso: le funzioni della forma |x| , con > 0. In alcuni ambiti, esse sono dette
potenziali di Riesz. Osserviamo che |x|
2
/ Lp (Rd ), per nessuna scelta di e p.
d
Tuttavia, |x|
2 L ,1 (Rd ), per 0 <  d, come abbiamo visto in precedenza.
Inoltre, troncando orizzontalmente, la condizione 0 < < d fornisce integrabilità,
ovvero |x|
2 L1loc (Rd ), per 0 < < d. È dunque ragionevole chiedersi se sia
possibile costruire una trasformata di Fourier imitando il processo usato per definire la trasformata su L2 , ovvero troncando e passando al limite. Osserviamo che
f (x) = |x|
è una funzione radiale; di conseguenza, una trasformata di Fourier
ottenute passando al limite opportunamente nella formula (6.15) deve definire una
funzione radiale, come visto nell’esercizio 6.18. Inoltre, f è omogenea di grado
,
ovvero f ( x) =
f (x). Inserendo tale informazione, euristicamente, in (6.15),
otteniemo
Z
Z
db
fb( ⇠) =
e 2⇡i x·⇠ f (x) dx =
e 2⇡i x·⇠ f ( x) dx =
f (⇠).
Rd
Rd
Dalle precedenti considerazioni, intuiamo che la trasformata di Fourier di f (x) =
|x| debba essere una funzione radiale, omogenea di grado
d: in conclusione,
d
[
deve esistere una costante c 2 R \ {0} tale che |x| = c|⇠|
. Tale affermazione
è resa precisa nel seguente enunciato.
Teorema 6.8. Sia f 2 Cc1 (Rd ) e sia 0 < < d. Allora,
Z
⇣
⌘_
(6.38) c |⇠| fb(⇠) (x) = cd
|x y| d f (y) dy,
c =⇡
Rd
Dimostrazione. Richiamiamo la formula elementare
Z 1
2
1
2
(6.39)
c |⇠| =
e ⇡ |⇠| d .
2
⇣ ⌘
2
.
0
Dato che f 2 Cc1 , la funzione fb decade più velocemente d’ogni polinomio ed è
limitata, per cui |⇠| fb(⇠) 2 L1 (Rd ). Di conseguenza, usando il Teorema di Fubini
4. INTEGRAZIONE E DERIVAZIONE FRAZIONARIA
otteniamo
Z
⇣
⌘_
⇣
⌘
2
1
2
c |⇠| fb(⇠) (x) = =
e2⇡ix·⇠
e ⇡ |⇠| d fb(⇠) d⇠
Rd
◆
Z +1 ✓Z
2
1
2
=
e2⇡ix·⇠ e ⇡ |⇠| fb(⇠) d⇠
d
d
0
R
◆
Z +1 ✓Z
⇣ \
⌘
|x y|2
d
2⇡ix·⇠
⇡
b
2
=
e
e
f (⇠) d⇠
0
Rd
✓Z
◆
Z +1
|x y|2
d
1
⇡
2
=
e
f (y) dy d
0
Rd
✓Z
◆
Z
+1
|x y|2
d
1
⇡
2
=
f (y)
e
d
dy
Rd
0
✓Z +1
◆
Z
d
2
1
2
=
f (y)
e ⇡ |x y| d
dy
Rd
0
Z
= cd
|x y| d f (y) dy
Rd
e ciò completa la dimostrazione.
127
2
1
d
⇤
Abbiamo visto che derivare -volte, in Fourier, vuol dire moltiplicare per un
polinomio di grado k. Il precedente risultato mostra che, in Fourier, la convoluzione
con funzioni del tipo |x| d equivale alla moltiplicazione per funzioni del tipo |⇠| ,
il che è moralmente l’operazione reciproca di quella ottenuta derivando. Ciò motiva
la terminologia della seguente definizione.
Definizione 6.7 (Integrale frazionario). Sia f : Rd ! C una funzione
misurabile e sia 0 < < d. L’integrale frazionario di ordine di f è definito come
segue:
Z
f (y)
(6.40)
I f (x) := |x| d ⇤ f =
dy.
|x
y|d
d
R
Di particolare interesse è l’operatore I2 . Infatti, supponiamo di voler risolvere
in Rd l’equazione di Laplace
u(x) = f (x).
Formalmente, la trasformata di Fourier di u risolve
u
b(⇠) =
per cui anti-trasformando otteniamo
(6.41)
u(x) = 4⇡
cd 2
c2
Z
fb(⇠)
,
4⇡|⇠|2
Rd
|x
f (y)
y|d
2
dy.
Tutto ciò può essere reso preciso nel seguente esercizio.
Esercizio 6.27 (Equazione di Laplace). Sia f 2 Cc1 (Rd ), con d
3. Dimostrare che la funzione u(x) := 4⇡ cdcd 2 |x|2 d ⇤ f 2 C 1 è soluzione dell’equazione
di Laplace
u(x) = f (x)
in Rd
e che vale la stima
kukq  Ckf kp ,
con C > 0 che non dipende da f .
1p
d
,
2
q=
dp
d
p
,
128
6. TRASFORMATA DI FOURIER
Ci occupiamo infine di studiare la possibilità di estendere il concetto classico
di derivata, con il nuovo punto di vista della variabile di frequenza. Le formule
di commutazione fra operatori differenziali e trasformata di Fourier e la formula
di inversione suggeriscono la seguente definizione: sia s
0. La derivata frazios
s
s f (⇠) = |⇠|s fb(⇠).
\
naria di ordine s è l’operatore |D| con simbolo |⇠| , ovvero |D|
s
Formalmente, la definizione di |D| è incompleta e pone due questioni:
(1) qual è lo spazio di funzioni ottimale in cui è possibile definire il termine a
destra |⇠|s fb(⇠)?
(2) quando è possibile invertire la trasformata e definire l’operatore |D|s ?
La risposta alla seconda domanda è evidente: se |⇠|s fb(⇠) 2 L2 (Rd ), allora si può ap⇣
⌘_
plicare la formula di inversione ed ottenere la definizione |D|s f (x) := |⇠|s fb (x).
Tuttavia, la risposta alla prima domanda è più complicata. Evidentemente, se f 2
L2 (Rd ), la definizione ha senso. Tuttavia, esistono funzioni misurabili f : Rd ! C
tali che |⇠|s f (⇠) 2 L2 (Rd ), f 2
/ L2 (Rd ) (esercizio 6.29). La precedente osservazione suggerisce dunque che la maniera migliore di lavorare è quella di pensare in
anti-trasformata. Segue un’analisi rigorosa di quanto descritto finora.
Definizione 6.8 (Spazi L2 pesati). Sia s
pesati
0. Si definiscono gli spazi L2 -
L2s (Rd ) := {f : Rd ! C misurabili : |x|s f 2 L2 (Rd )}
s
L2s (Rd ) := {f : Rd ! C misurabili : (1 + |x|2 ) 2 f 2 L2 (Rd )}.
Si definiscono inoltre le norme
kf kL2s := k|x|s f k2 ,
s
kf kL2s := k(1 + |x|2 ) 2 f k2 .
Esercizio 6.28. Dimostrare che gli spazi L2s , L2s sono spazi di Hilbert.
Esercizio 6.29. Sia s > 0. Trovare una funzione misurabile f : Rd ! C tale
che f 2
/ L2 (Rd ) e |⇠|s f (⇠) 2 L2 (Rd ).
Esercizio 6.30. Dimostrare che, se 0  s1  s2 , allora L2s2 ⇢ L2s1 . Trovare
inoltre due funzioni f, g tali che f 2 L21 \ L22 , g 2 L22 \ L21 .
Definizione 6.9 (Spazi di Sobolev H s (Rd ), H˙ s (Rd )). Sia s > 0 e si definiscano gli insiemi
H˙ s (Rd ) := {f :2 C 1 (Rd ) : fb 2 L2 },
kf k ˙ s := k|⇠|s fbk2
c
s
d
H (R ) := {f :2
Cc1 (Rd )
s
: fb 2 L2s },
H
s
kf kH s := k(1 + |⇠|2 ) 2 fbk2 .
Gli spazi H˙ s (Rd ), Hs (Rd ) sono incompleti rispetto alle norme definite. Lo spazio di
Sobolev omogeneo H˙ s (Rd ) si definisce come il completamento di H˙ s (Rd ) rispetto
alla norma k · kH˙ s . Analogamente, lo spazio di Sobolev H s (Rd ) si definisce come
il completamento di Hs (Rd ) rispetto alla norma k · kH s .
L’operatore di derivata frazionaria |D|s è quindi ben definito sullo spazio H˙ s ,
s
mentre la derivata non omogenea hDis = (1 + |D|2 ) 2 agisce in modo naturale sullo
s f (⇠) = h⇠is fb(⇠) = (1 + |⇠|2 ) 2s fb(⇠).
\
spazio H s , per estensione della definizione hDi
Esercizio 6.31 (Principio di indeterminazione di Heisenberg). Sia f 2
tale che kf k2 = kfbk2 = 1. Dimostrare che9
✓Z
◆ ✓Z
◆
1
|x|2 |f (x)|2 dx ·
|⇠|2 |f (⇠)|2 d⇠
.
2
(4⇡)
R
R
L21 (R),
9Suggerimento:
supporre che f 2 Cc1 ed usare l’identità
l’identità di Plancherel e la disuguaglianza di Cauchy-Schwartz
R
R
xf (x)f 0 (x) =
1
kf ks2 ,
2