Nr 19/2014 - Gennaio - Febbraio

Pag. 7 • Protagonisti
SAPER ANTICIPARE I TEMPI – Intervista con
Romana Tamburini, presidente di Surgital
di Luigi Franchi
Pag. 53 • Private Label
IL PRODOTTO A MARCHIO DI
CATERINGROSS
di Guido Parri
Pag. 13 • Fuori casa
CATERINGROSS FOOD SUMMIT
di Luigi Franchi
Pag. 56 • Logistica
LOGISTICA COME CHIAVE STRATEGICA
di Eugenio Negri
Pag. 18 • Sala e cucina
KING OF CATERING
di Guido Parri
Pag. 61 • L’etichetta
CHIANTI CLASSICO DOCG GALLO NERO
di Mario Zuffada
Pag. 22 • Maestri
ALTA CUCINA E FORMAZIONE,
NIKO ROMITO E I SUOI RAGAZZI
di Luca Bonacini
Pag. 65 • Buon bere
È TEMPO DI TÈ!
di Alessandra Locatelli
È dal sapere che nascono le cose buone.
Pag. 68 • Case history
OFFICINE GASTRONOMICHE SPADONI
di Roberto Martinelli
I FUNGHI LIOFILIZZATI BRUSCHI
di Roberto Martinelli
PILSNER URQUELL
di Aldo Palaoro
IL PARMIGIANO REGGIANO E GLI CHEF
di Luigi Franchi
UNA STORIA DI VALORI
di Guido Parri
Pag. 26 • Peccati di gola
PANE PER LA RISTORAZIONE
di Valentino Serra
Pag. 28 • Cibo giusto
LE NUOVE FRONTIERE DEL
SENZA GLUTINE
di Marina Caccialanza
Pag. 30 • Opinioni a confronto
Claudio Cesena, chef Antica Osteria della Pesa
Claudio Mazzarini, presidente Italdietic
Furio Bragagnolo, presidente Pasta Zara
SOMMARIO
Pag. 34 • Meglio Prenotare
Ristorante A mangiare
Trattoria De Toni
Enoteca Osteria Boccondivino
Vecchia Hostaria da Pepè
28 posti
Pag. 38 • Rist’ho
LOCALI ECOLOGICI,
SCELTA SOSTENIBILE
di Lucilla Meneghelli
Pag. 40 • A proposito di…
PUBBLICO ESERCIZIO,
IL SALDO È NEGATIVO
di Eugenio Negri
I Grani De Cecco.
Fonte: Partner Research Test Qualitativo “Best in Class”,
campione rispondenti n° 50 chef su territorio italiano, Nov. 2012.
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Pag. 5 • EDITORIALE
di Roberto Martinelli
Pag. 11 • L’OPINIONE
di Mauro Entradi
Pag. 20 • PROFESSIONE CUOCO
di Roberto Carcangiu
RUBRICHE
“Scelgo Pfanni perché il suo purè è buono come il mio.”
Pag. 32 • Scuola di cucina
IL RAGÙ, PIATTO ITALIANO
di Luigi Franchi
Pag. 43 • MATITA ROSSA
di Giuseppe Schipano
Pag. 45 • ANALISI
di Mauro Lamparelli
Pag. 47 • CONSULENZA
di Alberto Fugagnoli
Pag. 50 • Distribuzione
LIVIGNO, IL REGNO DI ALPI
Pag. 59 • PERBACCO
di Alessandraper
Locatelli
Dalla passione
l’alta qualità, dall’amore per le ricette didella
tradizione
Giuseppe
Vaccarini e dalla sapiente
La nuova linea di prodotti da forno.
selezione delle migliori materie prime, nasce la nuova linea di prodotti da forno “I Grani De Cecco.”
Pag. 79 • LIBRI PER VOI
Gustosi snack e pani, fonti di fibre, rigorosamente impastatidisolo
con olio extravergine d’oliva,
Luca Galavotti
da assaporare a tavola e nel tempo libero. Perché la qualità è un elemento imprescindibile per
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ogni giorno l’attenzione
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duemila14
3 gennaio/febbraio
EDITORIALE
di Roberto Martinelli
direttore responsabile
DOPO TRE ANNI SI CAMBIA
Nuove rubriche per soddisfare le richieste dei lettori.
Una grafica rinnovata per guardare con fiducia al futuro.
V
e ne sarete accorti dalla copertina e, ancor di
più, lo scoprirete sfogliando queste pagine:
Ristorazione & Catering ha cambiato grafica.
Sono trascorsi tre anni dall’ultimo cambiamento. Un periodo importante che ci ha visto crescere,
nonostante la crisi che sta colpendo l’editoria in generale. Siamo diventati, poco alla volta, un punto di riferimento per un target professionale che spazia dalla piccola trattoria a conduzione familiare al ristorante gourmet,
passando per pizzerie e hotel.
A testimoniarlo sono i riscontri dei nostri lettori, il numero di richieste di abbonamenti, quelle di collaborazione, ma soprattutto il fatto che, in moltissimi locali italiani, Ristorazione & Catering è tenuto in bella evidenza.
In tre anni abbiamo aperto anche un giornale online,
supportato da una intensa attività social, che quotidianamente sfiora il tetto di 2.000 pagine lette.
L’estate scorsa abbiamo lanciato Italy to savour, la prima
rivista digitale che raggiunge i cuochi italiani nel mondo
e gli importatori del made in Italy. Un tassello di quella
straordinaria identità italiana, a cui guardano affascinate
milioni di persone in ogni parte del mondo.
Vogliamo stare sul pezzo, come si dice in gergo, vogliamo
dare valore al nostro patrimonio gastronomico, ai suoi
protagonisti, convinti che questo comparto può fare davvero molto per la nostra economia e per la cultura. Questa volontà ci ha portato ad introdurre nella rivista, oltre
al restyiling grafico, nuovi argomenti, un taglio più snello
degli articoli, un’interazione più forte con il sito internet
a cui sono rimandati alcuni approfondimenti.
Inoltre, come avrete intuito dalla copertina dedicata allo
chef tristellato Niko Romito, abbiamo scelto di dare una
maggior visibilità alle persone che, quotidianamente,
fanno grande la filiera dell’agroalimentare italiano. Un
settore che coniuga creatività e duttilità, sicurezza della
salute e benessere delle persone, con una capacità di
creazione di valore aggiunto che sfiora i duemila euro
per ettaro: il triplo dell’Inghilterra e il doppio di Francia,
Spagna e Germania. Nel mondo, come export agroalimentare siamo undicesimi, ma in 13 produzioni, sulle
70 monitorate, siamo i primi. Stiamo parlando di pasta,
aceti, vino, formaggi, solo per citarne alcune, che diventano cibo che fa sognare grazie ai nostri ristoratori.
Queste sono le storie che cerchiamo di raccontare con la
nostra rivista cercando di essere da trait d’union tra industria alimentare e chi manipola i prodotti, esaltandone
con le ricette le caratteristiche.
In entrambi i casi è la ricerca a rappresentare la voce più
importante: una ricerca che porta ad un maggior servizio
attraverso la qualità da parte dell’industria e una sperimentazione, da parte della ristorazione, utile a migliorare ulteriormente il prodotto.
In mezzo a questo ci stanno i distributori del foodservice, come Cateringross e i suoi 50 soci che servono circa
60.000 punti di consumo. Anche per loro è fatta Ristorazione & Catering, per affrontare le loro problematiche,
per aiutarli nel loro rapporto quotidiano con chef, baristi,
pizzaioli che forse non hanno mai molto tempo per leggere dopo giornate di 12 ore di lavoro ma che, una volta
aperta la nostra rivista, ci scrivono per dirci di andare
avanti così, con la serietà e concretezza dei nostri articoli. Un’iniezione di fiducia che vogliamo ripagare.
ristorazione&catering 5 gennaio/febbraio duemila14
protagonisti
Nuovi Ridotti di Brodo
Knorr.
Esaltano il sapore dei tuoi
piatti in ogni momento
della preparazione.
SAPER ANTICIPARE I TEMPI
Intervista con Romana Tamburini, presidente di Surgital
di Luigi Franchi
Knorr ti presenta una grande novità: i Ridotti di Brodo.
Così facili da usare grazie al loro formato liquido,
puoi aggiungerli ai tuoi piatti in ogni momento della preparazione,
sia a caldo sia a freddo, per esaltare i gusti senza coprirli.
A
gli inizi, nel 1980, Surgital (il cui nome, a quel tempo, era Laboratorio Artigianale Tortellini) stava in uno spazio di 45 metri quadrati. Oggi l’azienda è una SpA
che occupa oltre 200 dipendenti; i 45 metri del laboratorio sono diventati 60.000,
di cui 26.000 m2 di area produttiva e 22.000 m3 di magazzino, destinato a crescere ulteriormente; 135 tonnellate di pasta fresca, 60.000 piatti pronti monoporzione, 8
tonnellate di sughi, circa 300 referenze rappresentano la produzione quotidiana di Surgital
che viene distribuita in tutta Italia e in oltre 50 paesi del mondo. E al comando c’è sempre
lei, Romana Tamburini, una donna che ha saputo portare avanti, in questi 34 anni, il ruolo
di imprenditrice, moglie, madre di tre figli (oggi tutti presenti in azienda, con ruoli diversi),
facendo diventare Surgital un’azienda leader nel settore del surgelato.
Come ha vissuto e vive l’esperienza di donna al comando?
“Trent’anni fa era molto dura. Lo scenario era diverso, si trattava di dar vita ad un sogno, farlo crescere contemporaneamente
alla nascita e crescita di tre figli, assolvere a ruoli diversi in un
tempo che non si poteva dilatare a proprio piacimento. Soprattutto era difficile ottenere, in quanto giovane e donna, il rispetto dei ruoli in azienda. Oggi qualcosa è cambiato, ma non per
questo il compito è meno gravoso. Ottenere il riconoscimento
di autorevolezza impone competenza su tutte le fasi di sviluppo
dell’azienda, dalla produzione alla commercializzazione, sapendo però delegare”.
Lei è una self-made woman…
“Si, ma questo non basta più. Oggi ci vogliono gli strumenti per
affrontare il mercato e ostinarsi a restare avvolti nelle proprie
conoscenze non permette nessuna crescita. Per questo ho scelto
di frequentare corsi di management e abbiamo
deciso, pur non avendone la necessità finanziaria, di cedere un 15% di azioni del gruppo a figure manageriali che ci consentono una visione
globale del mercato”.
Un mercato, quello del surgelato, che sta crescendo costantemente ma che, nel canale della
ristorazione, fatica ancora ad essere riconosciuto per gli aspetti qualitativi e di servizio. Cosa si
deve fare per superare queste resistenze?
“È vero, nel mondo della ristorazione si avverte
una certa resistenza ma le cose stanno migliorando. Noi che abbiamo scelto, fin dall’inizio (e mi
creda, era una scommessa molto ardua e rischiosa), di servire esclusivamente il settore della ristorazione abbiamo il polso della situazione che
ci fa dire che l’approccio sta cambiando. Ma siamo ancora lontani dallo sdoganamento completo
dei prodotti surgelati”.
Quali sono gli elementi di valore degli alimenti surgelati che possono convincere uno
chef ad utilizzarli?
“Qualità certificata e prodotti di servizio. Il servizio significa: spreco zero, ricettazioni semplici
che consentono allo chef di completarle con la
sua creatività, piatti pronti rinvenibili rapidamente. La qualità risiede invece, nel nostro caso,
nell’utilizzo di materie prime eccellenti: ad esempio il Parmigiano Reggiano che utilizziamo va dai
28 ai 35 mesi di stagionatura, il Grana Padano
dai 16 ai 20 mesi. Il Prosciutto è quello San Daniele. Il guanciale che usiamo è una roba da giù
di testa. Prodotti che costano e devi avere fornitori consolidati che sanno come devono lavorare”.
De Gust, Ateneo della Pasta
ristorazione&catering 8 gennaio/febbraio duemila14
Romana Tamburini
presidente Surgital
Ma la qualità è un parametro generalizzato per il
mondo del surgelato?
“Lo diventa nel momento in cui si presta attenzione alle
caratteristiche stesse del surgelato: è indice di garanzia
assoluta di freschezza (basti pensare al pesce congelato
a bordo, appena pescato), di naturalità (lo dimostrano i
processi di surgelazione delle verdure, appena raccolte),
di conservazione (il gelo al pari della salagione o di altre
tecniche, è uno dei migliori conservanti). Ma attenzione, stiamo parlando di surgelato, non di congelato. La
differenza è radicale e va spiegata: il surgelato rispetta
completamente la catena del freddo e i prodotti vengono
portati a surgelazione in un lasso di tempo brevissimo,
consentendo di preservare tutte le caratteristiche organolettiche. Il congelato invece è un processo di natura,
direi, domestico che impiega diverse ore a compiersi,
con tutto quello che ne consegue”.
In azienda quali sono le strategie per fare corretta
informazione?
“Far vedere il processo produttivo, ma soprattutto far
provare le nostre paste! Abbiamo aperto De Gusto, l’Ateneo della Pasta, una sala degustazione dove ospitiamo,
ogni anno, tantissimi professionisti della ristorazione,
offrendo loro presentazioni, degustazioni e soprattutto
formazione. A questo vanno aggiunte le molteplici iniziative, racchiuse sotto l’egida ‘A proposito di pasta’.
Veri e propri corsi pratici di approfondimento che la
nostra forza vendita organizza in Italia e all’estero sulle
modalità di preparazione e sui contenuti di servizio delle
nostre paste”.
Come nasce una nuova pasta nei vostri laboratori?
“Dalle nostre intuizioni, dall’osservare le tendenze, dalla
lettura della tradizione. Poi passa al vaglio del reparto
ricerca e sviluppo. Ogni anno proviamo circa 120/130
ricettazioni e formati. Ovviamente sono molti meno quelli che poi vengono immessi sul mercato ma solitamente
di sicuro successo, come nel caso delle ultime referenze
della linea Laboratorio Tortellini Alta Tradizione: lo Spaghetto di pasta fresca trafilato al bronzo e la Tagliatella
rustica all’uovo, due paste madri della grande tradizione
italiana che abbiamo voluto reinterpretare e riproporre al
mondo della ristorazione. Infine ci sono momenti topici
in cui debbono essere presentate le nuove proposte: la
nostra convention annuale e le fiere internazionali a cui
partecipiamo”.
Lavorare a stretto contatto con la ristorazione vi
ha invogliato ad aprire un vostro locale a Bologna.
Come giudica l’esperienza?
“Ca’Pelletti, questo è il nome del locale, non è semplicemente la voglia di avere un ristorante ma è un progetto di
ampio respiro. La prima apertura a Bologna ci sta dando
grandi soddisfazioni: si tratta di un format multitasting,
aperto da colazione a cena, dove la rotazione dei tavoli
avviene fino a sei/sette volte al giorno. Il progetto prevede l’estensione del format ad una decina di città italiane
entro il 2016, con strutture di proprietà. In prospettiva
abbiamo aperture in franchising all’estero, dove ci sollecitano costantemente”.
Quanto vale l’export per la vostra azienda?
“Il primo ordine dall’estero arrivò quindici anni fa dalla
Francia. Oggi in Francia abbiamo aperto Surgital France, una filiale creata con la volontà di consolidare la
presenza storica di Surgital nel mercato francese Inoltre
siamo presenti in oltre 50 paesi, con una quota a valore
pari al 37% del fatturato”.
Progetti futuri?
“Ultimare entro il 2014 il magazzino di stoccaggio a
-24°C completamente automatizzato, in grado di ospitare fino a 14.000 posti pallet di merce. Successivamente
attivare nuove linee di produzione perché il mercato è in
crescita e noi vogliamo servirlo in modo adeguato, senza rinunciare alla qualità e al servizio. Bisogna essere
sempre in grado di anticipare i tempi. A questo occorre
unire la passione e la conoscenza del lavoro. Quando fai
un investimento devi crederci, devi essere convinto che
avrà dei risultati. Altrimenti è meglio non cominciare
nemmeno”.
*
scopri di più.....
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ristorazione&catering 9 gennaio/febbraio duemila14
OPINIONE
di Mauro Entradi
direttore generale Cateringross
È ORA DI CAMBIARE…
NON ABBIAMO PIÙ TEMPO!
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l 2013 sì è chiuso all’insegna della debolezza generale del mercato dei consumi fuori casa.
Il 2014, non può aprirsi all’insegna dell’ottimismo,
se si guarda la situazione generale, ma…
Ma non è così per tutti!
Non lo è per una serie di operatori nella filiera che ha
fatto e sta facendo le scelte giuste.
Scelte soprattutto riguardanti sviluppo di innovazione,
quando si tratta di comprendere le mutate esigenze dei
clienti, ma che esprimono sani valori tradizionali quando
si tratta di gestire economicamente e finanziariamente le
proprie imprese. L’impresa è un bene di altissimo peso
sociale, tale da porla come significato al di sopra dello
stesso imprenditore che la detiene, e per questo va rispettata e alimentata.
Per molte imprese la situazione è apparsa spesso problematica e, in certi casi, drammatica sul piano finanziario.
Gli effetti dell’introduzione dell’ art. 62, che regola i pagamenti, non hanno fatto che mettere in luce quanto sopra: ne hanno sofferto particolarmente quanti l’impresa
l’avevano abbastanza bistrattata.
Ora urge fare un passo indietro riguardo alle scelte: il
mercato non può più accettare aziende che siano soggetti inadeguati, poco sani. Troppi esercizi pubblici non
vanno bene. Troppi distributori non vanno bene. Troppi
piccoli produttori non vanno bene.
Ma non è da oggi!
È sempre stato naturale concedere dilazioni a seguito
di semplice richiesta del cliente o del venditore senza
accertare il reale stato di salute del cliente, se era un
cliente con un esercizio nuovo, le potenzialità reali dello
stesso. Oggi è difficile fare marcia indietro, pena la perdita di vendite e clientela.
Ma è un sacrificio necessario: si sacrifica chi non ha le
carte in regola!
Si lascino pure i clienti non validi ai concorrenti e a chi
se la sente di servirli. Con l’art. 62 è ormai chiaro che
non si avrà più a disposizione nel circolante, risorse per
finanziare clienti più di quanto i fornitori non finanzino
i distributori. Si torni a far di conto come ci hanno insegnato alle elementari: guadagno = ricavi – costi.
Le considerazioni conseguenti le lascio a tutti quanti!
E intanto, non crescendo la torta dei consumi, si spalma
il lavoro su una clientela frazionatissima, portando a soffrirne in parte anche quelli che hanno le carte in regola e
su questi credo sia giusto intervenire a tutti i livelli con
azioni di sostegno di tutto il sistema, compreso quello
finanziario e bancario.
Noi rappresentiamo un anello della filiera che non è stato ancora capace di produrre una razionalizzazione del
settore che portasse benefiche influenze anche all’anello
finale degli operatori del pubblico esercizio.
Come Cateringross siamo impegnati a indirizzare le imprese verso un corretto modo di operare nel mercato e
esprimiamo grandi moniti nei confronti di chi non ha
questa volontà, oppure possibilità. Come non è difendibile la nostra categoria di operatori intermedi nel suo
complesso, ugualmente si deve dire quando parliamo
di operatori dei pubblici esercizi: ristoranti, alberghi,
pizzerie, bar. Corretto chiedere e invocare politiche più
giuste, a partire da quelle fiscali, per chi si impegna,
produce risultati ed è adeguato, ma basta con la retorica
difesa di quanti hanno dimostrato di essere indifendibili
e basta con l’attribuire agli altri responsabilità di cui sì è
causa. Questo vale per i singoli operatori ma vale ancor
di più per chi li dovrebbe rappresentare!
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ristorazione&catering 11 gennaio/febbraio duemila14
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di Luigi Franchi
U
na grande festa ricca di contenuti. Si potrebbe
sintetizzare così la seconda edizione di Cateringross Food Summit che si è svolta a fine novembre al Palacongressi di Rimini.
La filosofia che ispira il summit biennale di Cateringross,
il gruppo leader nella distribuzione verso il canale ho.re.
ca., con i suoi 50 grossisti soci che servono circa 60.000
esercizi pubblici in Italia, è favorire l’incontro tra le
aziende del foodservice e la forza vendita dei distributori associati, con l’obiettivo di divulgare conoscenza dei
prodotti e dei servizi food&beverage, ma anche di non
food e logistica.
In questa edizione il risultato è stato pienamente raggiunto se si pensa che, per l’intero summit, 80 aziende,
“
Saper selezionare come clienti quei ristoratori che hanno dimostrato nel tempo di saper innovare,
apportando cambiamenti non improvvisati. E con loro instaurare un
confronto continuativo
”
tra le più qualificate del settore, hanno dialogato con oltre 600 agenti di vendita, facendo scoprire, anche attraverso presentazioni e degustazioni, le ultime novità per
il mercato.
Accanto al workshop si sono vissuti anche altri due
momenti. Il primo riguarda una mattinata di convegni
e case history sostanzialmente incentrate sul futuro di
Cateringross e delle sue aziende, dove la parola d’ordine
che faceva da fil rouge è stata: cambiamento.
A fornire gli strumenti per crescere e cambiare sono
stati: Mauro Entradi, direttore generale di Cateringross,
che ha vissuto e fatto vivere l’incontro con un entusiasmo
straordinario e coinvolgente; Giuliano Lanzetti, titolare
del Bounty di Rimini, che ha raccontato la sua case history di successo; Paolo Ruggeri, consulente di management, che ha spiegato come salire la scala del valore
aggiunto e diventare esperti di cambiamento.
“Ci sono gruppi che fanno la storia dei consumi fuori
casa e Cateringross è uno di questi!” ha esordito Mauro
Entradi, dopo una presentazione del Food Summit fatta da un inedito Alessandro Piazza, vicepresidente del
gruppo nelle vesti di anchor-man. Lo scenario che Entradi ha delineato per il futuro del settore ha offerto molti
spunti di riflessione per le aziende associate che stanno
affrontando il cambiamento in atto.
“La società italiana è sottoposta ad una trasformazione
demografica ed economica destinata a cambiare le modalità del consumo fuori casa. – ha spiegato il direttore generale di Cateringross – Si allarga la forbice tra
ricchezza e povertà, aumenta la fascia di persone che,
con meno reddito, non rinuncia al consumo. Si assisterà dunque alla crescita di fenomeni come lo street food,
una riduzione dei piatti nelle carte dei ristoranti, tesa
ad ottimizzare l’uso delle materie prime, l’aumento dei
ristoranti di catena”.
In questo scenario il ruolo del grossista diventa ancor più
strategico, per la sua capacità di presidiare il territorio,
ma ad una condizione, sostiene Entradi: “Saper selezio-
ristorazione&catering 14 gennaio/febbraio duemila14
nare come clienti quei ristoratori che hanno dimostrato
nel tempo di saper innovare, apportando cambiamenti
non improvvisati. E con loro instaurare un dialogo e un
confronto continuativo”.
Gli esempi non mancano e proprio Giuliano Lanzetti,
raccontando la case history del Bounty di Rimini, ne
rappresenta un esempio.
“Negli ultimi due anni, nel cuore della crisi, abbiamo
fatto i migliori incassi di sempre raggiungendo, nel 2013,
oltre 200.000 presenze nel locale. Il segreto? Un cambio
di paradigma: proiettarsi maggiormente sul cliente anziché sul prodotto, vendendo emozioni ed esperienze”
racconta Lanzetti.
Paolo Ruggeri, di Open Source Management, si è invece
concentrato sulle quattro ricette per l’agente di vendita,
sostenendo come sia cambiato il concetto di lavoro duro:
da fatica fisica a fatica intellettuale.
“Bisogna accettare le responsabilità, guardare a sé come
causa: se qualcosa non va, pensa per primo a cosa puoi
fare per migliorarla, senza scaricare colpe. – ha suggerito Ruggeri – E salite sempre la scala del valore aggiunto,
trovando le soluzioni per il cliente, offrendo unicità”.
I protagonisti della storia di Cateringross
Il secondo e più importante momento del summit si è
vissuto con la celebrazione dei primi 30 anni di Cateringross. Una cena di gala ha visto situazioni da standing ovation con cui sono stati accolti i soci fondatori,
i componenti del consiglio d’amministrazione, la direzione e lo staff di Cateringross. Le quasi 1.000 persone
che, ognuno per la propria competenza, lavorano nelle
50 aziende che compongono Cateringross.
“Voglio dire a loro, ai nostri soci, ai dipendenti del gruppo, ai nostri oltre trecento fornitori che Cateringross è
solo ai suoi primi trent’anni, ancora una creatura giovane
ma seria e matura che sa stare sul mercato e vuole rimanerci ancora a lungo. - ha sostenuto il presidente di Cateringross, Umberto De Marinis - La strada verso il futuro
ristorazione&catering 15 gennaio/febbraio duemila14
passa attraverso la capacità di capire che ogni cambiamento è
una nuova opportunità. Per questo diventa indispensabile affermare il ruolo di presidio del territorio, ampliando assortimento
e offerta di servizi, adottando un nuovo orientamento verso il
cliente. Ma soprattutto definire le priorità. Le prime delle quali
sono: una corretta gestione finanziaria, una logistica funzionale,
un’abile strategia di marketing”.
Il passaggio verso il futuro è stato celebrato festeggiando chi
lo ha delineato negli anni alla guida di Cateringross, dai soci
fondatori ai past-president Alfredo Cavallini e Franco Gialdini,
al precedente direttore, Alido Lusetti.
Le loro storie sono raccontate nel libro celebrativo dei 30 anni
di Cateringross, presentato dal presidente di Edizioni Catering,
Sergio Esposito, con queste parole: “Sono storie
belle che, nella quasi totalità dei casi, vantano
un valore straordinario e non comune alle piccole
e medie aziende italiane: la capacità di gestire i
passaggi generazionali, una, due, tre volte. Questo è uno degli elementi di orgoglio delle nostre
storie: aver saputo coniugare lavoro e famiglia,
ricevendo e poi lasciando un patrimonio, spesso accresciuto, di conoscenze, di esperienza, di
futuro”.
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sala e cucina
King of
Catering
Anche i top chef guardano al
banqueting come diversificazione
della propria attività
di Guido Parri
A marzo la prestigiosa giuria deciderà i vincitori di King
of Catering 2014. L’unico premio dedicato alle società di
catering e banqueting giunge alla sua quarta edizione e si
rivela un prezioso momento di confronto e approfondimento di un settore destinato a ripensare continuamente questa professione. King of Catering, sempre più identificato
come marchio di qualità, contribuisce a divulgare e creare
valore per questa categoria. Delle oltre 2.000 aziende che
offrono servizi di catering in Italia, le più rappresentative
si iscrivono al premio e partecipano alla creazione di una
élite riconosciuta come il top dell’offerta in Italia. Si tratta
di aziende innovative e con una capacità straordinaria di
interpretare le mutazioni socio-culturali del mercato.
La Fenice Catering, esempio di efficienza
“Siamo nati esattamente vent’anni fa e il nostro primo
servizio di catering lo facemmo per la sede Enimont di
Imola. - ricordano i titolari de La Fenice, vincitori di King
of Catering 2013 - Venivamo da un mondo agricolo che si
affacciava alla ristorazione, ma senza esperienza nel settore del banqueting. E partire da Faenza alla conquista dei
mercati era forse una scelta dettata dall’incoscienza. Ma
non ci siamo tirati indietro”. Vent’anni dopo, la società è
arrivata a gestire fino a 52 catering di oltre 500 persone in
contemporanea nelle 20 regioni italiane. Ma questa è l’I-
talia operosa, che lavora e dà lavoro: “Possiamo contare su
oltre 140 persone che lavorano per noi, tutte regolarmente
assunte. - racconta la nuova generazione dell’azienda, Enrico Caldesi - Personale che condivide con noi da almeno
una decina d‘anni ogni straordinaria avventura. Inoltre ci
avvaliamo di nuove figure grazie ai rapporti molto solidi
che abbiamo con gli istituti alberghieri in ogni parte d’Italia”. Ma il fascino di questo lavoro sta anche nella creatività che, se non si esplica più di tanto nel cibo - “Facciamo da mangiare per persone che non ordinano e quindi
non possiamo sbilanciarci troppo con la fantasia” - bensì
diventa metro di misura e motore economico per tutta una
serie di artigiani che lavorano per la creazione di un banchetto: artigiani del gusto, ma anche del design applicato
agli oggetti che compongono l’evento.
Tondini, ovvero Le Gourmet
Quarant’anni, tanti ne sono passati da quando la famiglia
Tondini decise di dar vita, in quel di Sumirago (VA), ad
una società di catering. Le trasformazioni nel settore sono
state enormi ma alla base della crescita rimane il concetto
di eleganza e qualità. “Questi sono solo alcuni dei criteri
con cui si sceglie un servizio di catering. – spiega Angelo
Tondini – Gli altri sono: qualità dei prodotti alimentari,
loro conservazione e lavorazione; personale impiegato
ristorazione&catering 18 gennaio/febbraio duemila14
durante il ricevimento; anzianità dell’azienda, importante
perché l’esperienza permette la gestione dell’imprevisto;
miglior rapporto qualità/prezzo a parità di condizioni, richieste e servizi resi. Bisogna poi accertarsi che la società
di catering abbia un laboratorio ben strutturato e completo; una grande creatività negli allestimenti; la disponibilità a personalizzare i menù dal tradizionale a fusion
a etnico. Rispondere a questi requisiti significa avere un
posizionamento solido sul mercato”,
Ma gli chef fanno la differenza?
La risposta al quesito è si. La scelta dello chef fa la differenza almeno nella percezione che si ha di quel determinato banchetto. Anche l’alta ristorazione ha capito che fuori
ci sono più opportunità che dentro le mura del ristorante.
Tanti chef di ristoranti importanti hanno creato piccole
società di catering o si sono uniti commercialmente ad attività di alto livello già esistenti. Questo per aumentare il
proprio business e per dare notorietà ai loro nomi. Un caso
su tutti è Enoteca Pinchiorri che, con Galateo Ricevimenti
(vincitore di King Of Catering nel 2012) ha costituito da
poco più di un anno, una società per catering d’autore.
Se pensiamo ad un altro 3 stelle Michelin italiano, anche
lui vincitore di King Of Catering (nel 2011), Da Vittorio,
capiamo come un ristorante, seppure di successo, abbia la
voglia e la necessità di aprirsi al banqueting per sfruttare
tutte le forme possibili di ospitalità e convivio. Direi che i
top chef vedono in maniera positiva tutto ciò che è ‘eventistica’ percependolo non solo come opportunità concreta
di fare business (laddove nei ristoranti, soprattutto negli
ultimi anni, c’è una grossa crisi) ma anche di veicolare la
propria immagine e il proprio stile.
Cosa succede a King of Catering 2014
“Quest’anno sarà ampliato lo spazio all’interno della manifestazione Taste e sono previste nuove attività dedicate
al premio -spiega Riccardo Cioni di La Buccia SpA, ideatore di King of Catering- che consentiranno di celebrare al
meglio questo settore e le aziende che rappresentano l’alto
di gamma del catering e del banquetting. Oltre al tradizionale momento dedicato alla premiazione dei migliori catering dell’anno, che avrà luogo sul ring di Taste l’8 marzo
alla Stazione Leopolda a Firenze, King of Catering sarà
protagonista, durante l’intera manifestazione, di una serie
di incontri di approfondimento tra prestigiosi esponenti
del mondo della ristorazione e dell’enogastronomia, brand
e prodotti d’eccellenza del panorama eno-gastronomico
italiano, insieme ai ristoratori, agli addetti ai lavori e ad
un pubblico selezionato. Un evento in continua crescita
dove non mancheranno le contaminazioni dall’estero”.
ristorazione&catering 19 gennaio/febbraio duemila14
professione cuoco
di Roberto Carcangiu
presidente Associazione
Professionale Cuochi Italiani
QUANDO UN PREZZO È GIUSTO
Non è solo il cibo a determinare il costo del piatto.
Il ristoratore deve imparare bene le tecniche di gestione di un locale
FRITTO
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ristorazione&catering 20 gennaio/febbraio duemila14
OC
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INFORMAZIONI NUTRIZIONALI
Valori Medi
TE
GreenPalm
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L’olio di palma è una materia prima
molto importante per l’industria
alimentare mondiale.
TURE
OLIO DI PALMA SOSTENIBILE
ENTE
AL
se in maniera marginale (ricordiamo sempre: le persone che non praticano la nostra professione non hanno
percezione dei tecnicismi o della quantità di lavoro che
comporta eseguire una determinata ricetta) e del personale di sala (percepito molto di più dei cuochi).
Il valore legato al costo della materie prime è facilmente
calcolabile, imputando ad esso una percentuale che è
data dalla tipologia di locale/clientela che si vuole servire. Possiamo imputare ad esso un valore a preventivo
che allo stato attuale va dal 20 al 25% se parliamo di
ristorazione commerciale.
Il fattore che deve invece essere analizzato con moltissima attenzione in cucina è l’indice di produttività. Ovvero
il numero di piatti che l’operatore riesce a produrre in
quindici minuti di operatività circa, per la ristorazione
commerciale. Legato a questo dato, infatti ci sono la
maggior parte dei problemi legati ai costi di una cucina.
Il dato va estrapolato in prima istanza a preventivo.
Durante la compilazione della ricetta si valuterà il tempo
uomo, tenendo separato il momento della mise en place
dalla parte finale di costruzione legata al momento del
servizio. Durante i tempi per la mise en place andranno misurati i tempi macchina per l’energia consumata.
I dati estrapolati andranno poi confrontati a consuntivo
facendo: numero piatti esplosi diviso operatori/monte ore
lavoro e anche in questo caso tenendo separato il tempo
di mese en place da quello di servizio.
In sintesi, avere il sistema produttivo della cucina assolutamente sotto controllo ci aiuta a fare la cosa giusta. Anche a capire che se lo stipendio medio nel nostro
Paese è intorno ai 1.400 euro mensili, sarà difficile che
uno spenda cinquanta euro due/tre volte a settimana per
mangiare fuori.
RES
I
D
a chef devo fare un po’ a pugni con il mio ego
nel trattare quest’argomento, non foss’altro
perché tendo a pensare sempre agli ingredienti e alla loro ricettazione come elemento
assoluto di valutazione nella ristorazione commerciale e
non solo.
Esperienze personali nelle diverse tipologie di ristorazione nel mondo e molteplici studi di ricerca dimostrano
purtroppo che non è cosi.
O meglio, il cibo non è che uno degli innumerevoli fattori che determinano la soddisfazione nel rapporto qualità
prezzo o giusto prezzo per la maggior parte dei commensali. Abbiamo due casi di “giusto” prezzo. Il primo è
determinato dalla percezione del cliente, questo è dato
non solo dal cibo ma da tutte le esperienze sensoriali
che il suo essere registra all’interno della nostra azienda,
ambiente, correttezza del servizio, piacevolezza del cameriere, qualità e abbinamento delle bevande, ambientazione, profumi, luci, empatia dei commensali che lo
accompagnano. Tutto questo farà da filtro nella percezione del cibo e nella determinazione del giusto prezzo.
È ovvio che, pur facendo molto, il mio spazio d’azione
come chef in questo caso è limitato, esso dipende da
fattori non direttamente riconducibili alla cucina, ma
soprattutto la parte soggettiva legata all’emozionalità
dell’ospite ha un valore troppo alto perché sia relegata
tecnicamente al solo cibo in quanto tale.
Nel secondo caso, la questione di giusto prezzo del cibo
può però essere analizzata con occhio scevro da filtri, se
vista come mera questione tecnica da parte del professionista. Per quanto riguarda i costi della cucina come
percezione da parte del cliente essi sono determinati dal
costo del cibo o food cost, dal costo dei cuochi, anche
TEMP
Un marchio che garantisce un approccio integrato ad un
sistema di produzione sostenibile dell’olio di palma sotto
ogni punto di vista: economico, sociale ed ambiententale.
E
per 100 ml
di prodotto
Valore
energetico
Proteine
Carboidrati
di cui: zuccheri
Grassi
di cui:
saturi
monoinsaturi
polinsaturi
Colesterolo
Fibre Alimentari
Sodio
per cucchiaio
(15 ml)
kJ
Kcal
g
g
g
g
3367
819
0
0
0
91
kJ
Kcal
g
g
g
g
518
126
0
0
0
14
g
g
g
mg
g
g
25
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10
0
0
0
g
g
g
mg
g
g
4
8
2
0
0
0
Un cucchiaio (15 ml) contiene:
Kcal 126
g0
CALORIE ZUCCHERI
6% GDA
0%
g 14
g4
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GRASSI
GRASSI
SODIO
20%
20%
0%
SATURI
% delle quantità giornaliere indicative di un adulto,calcolate
sulla base di un fabbisogno giornaliero di 2000 Kcal; il
fabbisogno può essere diverso a seconda del sesso, dell’età
e dell’attività fisica svolta.
Fridòr è stato selezionato
dall’Associazione Professionale
Cuochi Italiani come
ingrediente professionale
per fritture a 5 stelle
MAESTRI
ALTA CUCINA
E FORMAZIONE
Niko Romito
e i suoi ragazzi,
alla ricerca di una
risposta alle
proprie aspirazioni
di Luca Bonacini
L
a carriera autodidatta di Niko Romito, da zero a
tre stelle Michelin in soli 13 anni, la dice lunga
sulla sua determinazione e sulle sue capacità di
tradurre un sogno in realtà. Un ristorante dove
trionfa una cucina semplice, pulita, riconoscibile, ed essenziale, e dove si va, sapendo già di ritornare. Dopo il
passo di trasferire il ristorante Reale, da Rivisondoli nel
cuore dell’Abruzzo a un ex convento del XVI secolo a
Castel di Sangro, si è fatta strada l’esigenza di puntare
sulla formazione, dando vita a un moderno centro dove si
organizzano stabilmente corsi per giovani chef e educational per appassionati gourmet. Chi non vorrebbe partecipare a un corso nel quale si è presi per mano da uno
chef tristellato, esperto, capace e con una tale personalità ed entusiasmo, guidati in un percorso di conoscenza
attraverso tutti gli ambiti che un addetto alla ristorazione
deve padroneggiare, dalla storia della cucina italiana,
agli strumenti, anche i più tecnologici, dalla gestione
aziendale della ristorazione, all’igiene e alla sicurezza, dalle tecniche di
cucina, al servizio in sala, compresi utili elementi di enologia per saper acquistare il vino, servirlo, spiegarlo, immagazzinarlo e conservarlo
nel modo migliore. Lezioni frontali che alternano il proprio svolgersi con
un’intensa pratica di laboratorio, demo in aula, visite esterne di approfondimento, incontri con produttori, lezioni tenute da esperti e chef di fama
nazionale e internazionale, una professione affrontata a tutto tondo, con
utili elementi di comunicazione, perché oggi lo chef deve saper essere
a suo agio in cucina, ma non solo, deve saper raccontarsi, e spiegare il
proprio progetto a giornalisti e food blogger, deve conoscere il web e i
social network. È un vero e proprio travaso di esperienze quello che avviene nella Scuola di Niko Romito, dove il prestigioso corpo docente, in
collaborazione con Carlin Petrini, Slow Food e l’Università Gastronomica
di Pollenzo, che supporta integralmente il collegamento con il territorio e
i produttori sono a fianco degli allievi per sostenerli e stimolarli nell’apprendere quelle basi che faranno di
loro i professionisti del domani, un
progetto nel quale si percepisce una
naturale propensione verso l’uomo, e
la realizzazione dei suoi desideri e
necessità, dove attraverso la formazione di una professionalità si può
dare una risposta alle proprie attese
e alla propria vita. “Ci sono vite e
storie che attendono la loro occasione, il loro ingrediente segreto. Salvo
scoprire di essere loro stessi l’ingrediente segreto, e trovare nella cucina ciò che manca alla loro vita”, è il
manifesto della scuola di Niko Romito, dove l’etica e l’individuo sono
come non mai al primo posto.
Come nasce l’idea del Progetto
formazione?
“È stata la risposta a molti ragazzi
che mi chiedevano di poter frequentare un corso, quando non ero ancora
molto famoso, era il 2007/2008. Creare un percorso dove trasmettere gli
elementi fondamentali della cucina
italiana, l’importanza che hanno
avuto i grandi chef nell’evoluzione
di un’identità nazionale e nella nostra storia. Manca in Italia qualcuno
che faccia veramente formazione,
abbiamo voluto dare risposta a questa necessità, raccontando tradizione, evoluzione, materie prime, storia,
la chimica, la fisica, la parte legislativa, e abbiamo coinvolto Carlin Petrini e l’Università di Pollenzo. Un numero di allievi che non deve superare
i 15 per classe. Non perché non ci sia richiesta, anzi sono decuplicate le
domande, ma per riuscire a fare un percorso veramente efficace con i ragazzi, a cui seguiranno stage in grandi ristoranti italiani, e nel laboratorio
di Rivisondoli, dove è nato tutto, un progetto che diverrà itinerante, per
cimentarsi oggi con il nostro territorio e la cucina delle regioni circostanti, ma in seguito facendo proprie le cucine del nord, del sud, del mondo.
Una scuola che nasce dalla mia esperienza di vita, molti che vengono a
iscriversi non hanno fatto la scuola alberghiera, hanno fatto altre scuole,
e vogliono completare un percorso formativo che non hanno avuto, come
accadde a me”.
Come ci si sente fra i migliori otto ristoranti d’Italia?
“Il 2013 è stato un anno incredibile, tutti i progetti che
avevamo in cantiere sono stati chiusi bene: la vigna, il
progetto integrato sulla formazione, la scuola, il laboratorio a Rivisondoli per i nostri allievi, il conseguimento
della terza stella Michelin. Non ci credo che li abbiamo
portati a termine tutti con successo, un grande impegno
finanziario, in una realtà come Rivisondoli di 500 abitanti”.
Come descriverebbe la sua cucina?
“È cambiata tantissimo con la mia maturità, con il crescere della mia esperienza, se guardiamo i miei piatti di
quattro o cinque anni fa, vediamo una marcata evoluzione, allora era territoriale, oggi è una cucina italiana,
moderna, dove le materie prime hanno un ruolo fondamentale, è riconoscibile, fatta con ingredienti semplici
che nascondono un lavoro accurato per valorizzarne le
consistenze, il tessuto, le temperature. Come ‘L’assolu-
to di cipolle, zafferano e parmigiano’, tre materie prime
classiche italiane, un piatto vero, totalmente senza grassi, che non può bleffare, che preparavo in tempi nei quali
non si parlava ancora di leggerezza in cucina”.
Cosa ricorda di bello e di brutto, dei suoi primi passi
nella ristorazione?
“I primi tempi, non sapevo nulla, non conoscevo neppure l’esistenza delle guide gastronomiche, ero giovane
e inesperto, e vivevo un emozione dietro l’altra nello
scoprire un piatto, uno chef, una preparazione, un ingrediente. Ricordo l’entusiasmo e la gioia di conoscere,
guidato da uno dei miei primi maestri, Valeria Piccini
del ristorante Caino a Montemerano, un incontro determinante, fu lei a farmi conoscere i più importanti chef
stellati, momenti indimenticabili, che mi hanno aperto
la mente. Tra i momenti più brutti ricordo, il locale vuo-
to dei primi tempi, e le difficoltà economiche, quando
la nuova filosofia che proponevo non era ancora capita,
avevamo fatto investimenti importanti, ma non c’erano
i clienti, un posto di montagna, dove il classico cliente
- turista di passaggio non si sentiva più a suo agio, perché si aspettava le tagliatelle e le bruschette. Poi i primi
riconoscimenti, dai più autorevoli critici la menzione di
giovane chef dell’anno, la prima stella Michelin…”
L’incontro con un grande cliente?
“Un evento importante, che ancora rivivo con la mente,
dove mi trovai osservato dal mondo intero, quando cucinai per il G8, ventuno First Ladies sedute a pranzo allo
stesso tavolo, da accontentare. Un evento a cui mi preparai accuratamente pensando a un menù che fosse adatto
a personalità con abitudini, tradizioni, e religioni differenti. Ero obbligato a usare certi ingredienti, limitandomi nella scelta, per non disturbare nessuno degli ospiti. Creai un menù semplice ma
ricercato che ebbe grande eco
internazionale: Entrée: gelato di
Revejè (un legume abruzzese,
molto antico), baccalà, peperoni, patate; Primo: tortelli ripieni
di piselli liquidi con pomodoro
e pecorino di Campo Imperatore; Secondo: vitello glassato
con orapi (un particolare tipo di
spinaci), e macedonia tiepida di
patate; Dessert: caldo-freddo di
cioccolato e finocchio”.
Cosa non va? Cosa possono
fare le istituzioni di concreto
per la ristorazione?
“Le istituzioni dovrebbero conoscere meglio il mondo della
ristorazione, capita che confondano una fiera con un grande
evento gastronomico, non c’è
una vera e propria cultura gastronomica, e neanche la volontà
di saperne di più, spesso siamo
lasciati soli. Capita di frequente
che ci siamo noi a rappresentare
l’Italia in grandi contesti internazionali con il nostro lavoro, c’è grande attenzione sulla
cucina italiana, andrebbe cavalcato il momento anche
dalle istituzioni”.
Qual è il piatto della memoria, quello della festa, e
quello della seduzione, per Niko Romito?
“Gli spaghetti con acciughe e pan grattato, preparati da
mia madre quando rientravo a casa, un piatto povero della tradizione, con tre ingredienti che in casa non mancavano mai, tanta semplicità, aromi forti e quel delizioso
retrogusto abbrustolito del pane. I ravioli con ricotta di
pecora e uvetta, lasciata ad ammorbidire nel vino, conditi con salsa di pomodoro e pecorino, che si fa nelle case
anche oggi, nei giorni di festa. Il piatto della seduzione,
invece non c’è, ammetto in quelle occasioni di essermi
affidato prevalentemente a grandi bollicine e a qualche
ottimo stuzzichino…”
ristorazione&catering 24 gennaio/febbraio duemila14
peccati di gola
PANE
PER LA RISTORAZIONE
La pratica diffusa di farsi il proprio pane e,
di pari passo, una richiesta in crescita di servizio
per ridurre sprechi, garantendo qualità
di Valentino Serra
L
’Atlante dei prodotti tipici redatto dall’Insor
(Istituto Nazionale di Sociologia Rurale) fissa a
200, come ordine di grandezza, le tipologie di
pani tradizionali italiani. Ma questa non è da
considerarsi come una precisa misura perché, con nomi
e forme diverse, possono esserci varianti affini a quelle
tipologie. Del resto questa è l’Italia gastronomica, dove
ogni località ha una propria interpretazione delle tipicità.
A maggior ragione oggi che è in atto la tendenza, da parte
di un numero crescente di ristoratori, a produrre direttamente il pane per il consumo giornaliero.
Romeo, chef e baker
Uno degli esempi più recenti è, a Roma, l’apertura di Romeo, la nuova avventura di Cristina Bowerman, chef di
Glass Hostaria. Un locale polifunzionale, aperto insieme
ai fratelli Roscioli, proprietari del forno più famoso di
Roma, dove il pane gioca un ruolo essenziale nella linea
di panini d’autore studiati dalla chef e premiati dalla guida Street Food del Gambero Rosso.
“Un panino d’autore nasce dalla volontà di fare un panino
che osa, prendendo di mira un ingrediente o una tecnica.
Un panino d’autore è un panino che vuole coinvolgere
tutti i sensi, dalla vista all’olfatto prima ancora di arrivare alla bocca. Si cura tutto dal pane, per iniziare, alla
temperatura e al ripieno. I sapori decisi son quelli che mi
piacciono, quindi alici, peperoni, caciocavallo e manzo
marinato con curry e finocchietto, sono i componenti di
un ottimo panino” spiega Cristina Bowerman.
Il concetto di pane di Fabio Silva
Fabio Silva è, da 17 anni, chef al Ristorante Derby Grill
ristorazione&catering 26 gennaio/febbraio duemila14
Nardell’Hotel De Ville di Monza, dei fratelli Tani e Gigi Nar
di. Uno chef cresciuto nella cucina di casa di questo affascinante complesso alberghiero che ha saputo innovare,
senza per questo togliere quella solidità che la ristorazione del grande albergo riesce a garantire. Un percorso
anticipatore di una tendenza in atto che vede numerosi
chef guardare all’hotel come futuro per la propria cucina.
Silva ha un’idea molto precisa del pane.
“Deve essere prima di tutto di qualità, utilizzando ottime farine e rigorosamente al lievito madre per aiutare la
digestione. In albergo viene impiegato in vari ambiti, cominciando dalle colazioni dove occupa una parte da protagonista e quindi bisogna offrire una gamma maggiore di
tipologie; all’uvetta, noci, integrale, pane di grano duro,
pan brioche, senza dimenticare gli intolleranti e celiaci.
Mentre per il ristorante il discorso cambia, perché in questo caso preferisco essere più minimalista servendo solo
una o al massimo due tipologie di pane, abbinate a cracker al grano saraceno e grissini, perché lo vedo solo da
accompagnamento ai piatti che verranno poi serviti .Per
finire rimane la parte che preferisco: il riutilizzo del pane
raffermo in zuppe, creme di pane, dolci come la ricetta
monzese della torta Paesana a base di pane, cacao, pinoli
e uvetta”.
L’evoluzione dell’industria
Ormai consolidato nel settore dei bar e delle paninoteche,
il settore del pane surgelato sta penetrando nella ristorazione dove esistono margini di crescita ancora molto
elevati. Come per tutti i prodotti surgelati, anche il pane
soffre di un preconcetto tipicamente italiano verso il sur
surgelato: che non sia di qualità.
“Non è esattamente così, tutt’altro!” commenta Gino
Giannotti, direttore commerciale di LagFood, azienda
nata dalla fusione di Agritech, leader nella produzione di
pane surgelato, e Lanterna Alimentari Genova, marchio
storico ligure.
“Le garanzie di sicurezza alimentare, controllo rigoroso
del processo produttivo, qualità delle materie prime stanno alla base delle nostre referenze interamente certificate
– continua Giannotti – A questo si devono aggiungere i
plus che il pane surgelato offre: risparmio di tempo, spreco zero e disponibilità costante, in pochi minuti si può
mettere in tavola un pane caldo e fragrante anche a cena.
Da quest’anno abbiamo approntato un catalogo Agritech
di pani dedicato esclusivamente alla ristorazione da cui
lo chef può attingere in una gamma molto ampia di referenze”.
La crescita del mercato è testimoniata anche da Angelo
Raimondi di Erredi Distribuzione: “A giocare un ruolo
fondamentale è proprio il servizio. Il ristoratore vede con
favore questo tipo di offerta che si sta sempre più affinando ai suoi bisogni. Oggi, ad esempio, noi siamo in grado
di fare consegne nel quantitativo commisurato al reale
fabbisogno, con cartoncini misti di diverse tipologie che
vanno a comporre un cestino di pane molto ricco: sesamo,
miglio, naturale, integrale, biologico e quant’altro”.
L’importante rimane la garanzia di qualità, sia essa artigianale che certificata nel suo processo produttivo.
Questa è la richiesta del consumatore attento e moderno.
cibo giusto
Le nuove
frontiere del
senza glutine
Il settore del senza glutine deve costantemente
confrontarsi con aspetti sensoriali e qualitativi
uniti a requisiti di sicurezza inderogabili.
di Marina Caccialanza
L
’1% degli italiani è affetto da celiachia, ma si
stima che 5 celiaci su 6 rimangano non conosciuti a causa delle difficoltà di diagnosi. Oggi in
Italia sarebbero 600.000, a fronte di poco più di
135.000 diagnosticati. I dati coincidono in tutta Europa e
negli Stati Uniti, e l’incidenza nel resto del mondo sembrerebbe interessare tutte le popolazioni che utilizzano
frumento nella loro dieta. L’unica terapia possibile è la
dieta priva di glutine. Grazie all’opera dell’Associazione Italiana Celiachia, il celiaco in Italia può contare su
alcuni vantaggi tra i quali il prontuario AIC, uno strumento indispensabile per essere sempre al corrente sugli
alimenti permessi e la loro reperibilità sul mercato e il
marchio Spiga Barrata che certifica il prodotto e lo rende
immediatamente riconoscibile.
Il giusto cibo per tutti
Il segmento dei pasti fuori casa è sempre più coinvolto
nella tematica: oggi il celiaco rivendica il diritto al pasto
senza glutine, alla “demedicalizzazione” della sua vita.
Gli stili di vita moderni esigono una formazione adeguata degli operatori affinché la dieta senza glutine possa
estendersi in considerazione del fatto che nessuna controindicazione esiste sull’assunzione di alimenti senza
glutine da parte di chiunque: non si tratta di medicinali ma di alimenti con caratteristiche specifiche. La sfida
per l’industria alimentare e per il settore ho.re.ca diventa
dunque realizzare cibi gluten free buoni e appetitosi, in
grado di soddisfare anche il palato più raffinato.
La pasta all’italiana
Barilla ha recentemente presentato la sua nuova linea di
pasta Senza Glutine, il risultato di un intenso processo
di ricerca e sviluppo articolato sulla scelta degli ingredienti, la loro giusta combinazione in una ricetta e l’assetto tecnologico-produttivo dando origine a un prodotto
con caratteristiche simili alla pasta di semola per gusto e
palatabilità. La ricetta elaborata da Barilla, un esclusivo
mix di mais bianco, mais giallo e riso, senza aggiunta di
amidi, dal sapore delicato e bilanciato, colore naturale e
ottima tenuta in cottura, già disponibile in Canada e USA
dallo scorso settembre e in Italia da novembre, sarà presto diffusa in diversi Paesi europei. La linea è composta
da 4 referenze che rispondono ai formati della tradizione
ristorazione&catering 28 gennaio/febbraio duemila14
italiana, in confezioni dal design coerente con la Pasta
Barilla Blu Box ma con un codice colore verde chiaro per
renderla distintiva e garantirne la differenziazione sugli
scaffali dei punti vendita.
L’importanza della ricerca
Il settore del senza glutine deve costantemente confrontarsi con aspetti sensoriali e qualitativi uniti a requisiti di
sicurezza inderogabili. Dr Shär ha recentemente festeggiato i dieci anni dalla fondazione del Dr Shär R&D Centre nell’Area Science Park di Trieste. Nel corso del Simposio Internazionale l’azienda ha ribadito la sua strategia
tesa ad assicurare un flusso continuo di idee e soluzioni
innovative, in collaborazione con vari istituti universitari
e di ricerca, allo scopo di migliorare il dialogo tra mondo scientifico, associazioni e consumatori per giungere a
soluzioni di prodotti e servizi innovativi e di alta qualità.
Il Dr Shär R&D Centre, un team di 12 esperti, è specializzato nello studio di nuovi ingredienti alternativi e nella
formulazione di tecnologie innovative. Hannes Berger,
amministratore delegato di Dr Shär ha spiegato in questa
occasione le dinamiche di mercato alle quali il settore
deve far fronte: crescita continua in maniera organica ma
anche sostanziale cambiamento nei canali distributivi.
Infatti, dai negozi specializzati tipo farmacia o health food
stores, il mercato si sta rapidamente spostando verso la
Grande Distribuzione Moderna, rendendo indispensabile
l’incremento di programmi di comunicazione tra azienda,
retail e consumatore allo scopo di valorizzare il prodotto
gluten free. Anche il settore della ristorazione è in forte
crescita; per questo segmento Dr Shär ha istituito una divisione Foodservice che risponde alle diverse esigenze
dell’ho.re.ca., con due marchi: Schär e DS-gluten free e
con il progetto DS Pizza Point. Nel servizio di fornitura
proposto dall’azienda rientra la formazione degli operatori, con regole e consigli sulla preparazione dei piatti.
*
scopri di più.....
Le ricette senza glutine e altre notizie sul sito
www.ristorazionecatering.it
ristorazione&catering 29 gennaio/febbraio duemila14
PA ST I F I C I O
opinioni a confronto
B O LO G N A
La pasta al vertice della Qualità
Claudio Cesena
chef Antica Osteria della Pesa
H
o iniziato a interessarmi
di celiachia una decina di anni fa, quando fu
diagnosticata a mia moglie. L’esperienza personale si è fusa
così alla professione di cuoco e, tra
i primi a Piacenza, ho introdotto nel
menu piatti senza glutine. All’inizio
è stato un modo per aprirmi a questo
speciale tipo di clientela, per mettere a disposizione le mie capacità
e offrire la possibilità di fruire del
mio menu come tutti gli altri. Offrire
un menu senza glutine può essere
un modo per ampliare la clientela
da non sottovalutare. Materie prime
come farine o pane grattugiato gluten free sono facilmente reperibili
e i prezzi si sono stabilizzati anche
se non ho mai considerato il fattore
prezzo influente e non ho mai praticato aumenti di costo al menu. Non è
stato difficile organizzare il lavoro in
cucina; l’applicazione delle normali pratiche igieniche è lo strumento
più efficace per evitare il rischio di
contaminazioni: ogni sera i locali e
le apparecchiature vengono sottoposti di prassi a pulizia e sanificazione. La mattina si procede per prima
cosa alla preparazione dei piatti gluten free che vengono poi conservati
in appositi contenitori in abbattitore
per essere finiti al momento della
cottura finale. Poi si procede con le
altre lavorazioni. Il menu è comune;
sarebbe discriminante presentare
due menu separati e urterebbe la
sensibilità del cliente. Ogni piatto
nella carta è indicato anche per i
celiaci, ma presentato nello stesso
modo e allo stesso modo gustoso.
Claudio Mazzarini
presidente Italdietic
I
l Consorzio Italdietic, oltre ad
essere specializzato nella distribuzione di prodotti alimentari senza glutine, è impegnato
nella diffusione di informazioni utili
al celiaco. Il tema della sicurezza,
particolarmente sentito in questo
settore, è stato recentemente al centro dell’attività del consorzio che ha
presentato due prodotti innovativi.
Il primo è la nuova App “Italdietic”
per servizi di telefonia mobile. Nata
come supporto a consumatori e negozianti è stata ampliata a ristoranti,
bar e tutti i locali che propongono
menu senza glutine, contiene anche le schede tecniche dei prodotti
distribuiti con i punti vendita più
vicini e consente di individuare gli
indirizzi utili. Dalla sua comparsa in
ottobre è già stata scaricata da oltre
1000 utenti e si prevede che avrà un
ulteriore sviluppo. La seconda novità abbraccia la sfera della sicurezza.
Si tratta di un kit di autocontrollo
per alimenti, Gluten Tox, per la rilevazione della presenza di glutine in
qualunque cibo. In soli 20 minuti e
in maniera molto semplice il rischio
di contaminazione senza ricorrere
a costosi e lunghi esami di laboratorio. È molto utile sia per gli operatori dell’horeca, che possono così
verificare in tempo reale l’efficacia e
la correttezza delle loro pratiche di
sanificazione, sia per i consumatori che possono utilizzarlo a casa. Il
kit consente di effettuare i controlli
sull’ambiente di lavoro, sui prodotti
finiti e sulle materie prime, scongiurando ogni eventuale dubbio di contaminazione della filiera.
Furio Bragagnolo
presidente di Pasta Zara
Pasta all’Uovo
d’altissima
Qualità
L
a nostra idea di creare una
linea di pasta senza glutine
nasce dalla constatazione
che le intolleranze alimentari sono una realtà con la quale convivono ormai in parecchi.
Di conseguenza, le diete senza glutine sono sempre più diffuse.
Nasce così la nostra linea Armonie, presente nel Prontuario degli
alimenti dell’Aic. Comprende tre
formati: spaghetti, penne rigate e
sedani rigati in confezioni da 500
grammi. È una pasta che contiene
solo mais (70%) e riso (29,5%), il
resto (0,5%) è emulsione.
Così facendo, proponiamo un prodotto adatto ai celiaci, ma con delle
caratteristiche che non sviliscono le
prerogative di gusto, bontà e pienezza della pasta tradizionale.
Perché il problema che caratterizza i
prodotti senza glutine è il gusto dolciastro e gommoso che non è di certo
piacevole.
I nostri prodotti, invece, non dico
che hanno lo stesso sapore della pasta tradizionale, ma ci vanno molto,
molto vicini. Invogliando al consumo, perché anche il celiaco a tavola
deve trovare soddisfazione in ciò che
mangia. Noi pensiamo di aver centrato questo risultato, tanto che il nostro chef Marco Valletta si è dilettato
a creare alcune ricette particolari
che hanno ulteriormente valorizzato
l’aspetto gustativo della nostra pasta
senza glutine.
Commercialmente, resta un prodotto di nicchia, ma la diffusione della
nostra linea Armonie cresce in Italia
anno dopo anno.
Possiamo definirci a buon titolo
gli specialisti della pasta
all’uovo della tradizione
Emiliana. Il pastificio
Granarolo, nato
nel paese omonimo antico
granaio di Bologna,
in questo prodotto unisce la
modernissima tecnologia
alla sapiente tradizione
delle nostre terre.
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Le famose
Tagliatelle di Bologna
La pasta per eccellenza simbolo della ricca gastronomia Bolognese,
di sfoglia lavorata con trafile di bronzo impastata con sole uova e
senza aggiunta di acqua come vuole la tradizione.
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Le Specialità
Regionali
Orecchiette Baresi,
gnocchetti sardi,
gramigna di Bologna,
fusilli calabresi e tanti altri
formati tipici della
ricchissima tradizione
della pasta di semola di
grano duro italiana.
Selezione Granarolo Gourmet
Pasta di semola
per la ristorazione
Selezione Gourmet,
la pasta di Semola di Grano Duro
ad ALTISSIMA QUALITÀ
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adatte alla ristorazione,
idonea per la doppia cottura.
La Qualità non teme confronti
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ristorazione&catering 30 gennaio/febbraio duemila14
Certificazione BRC-IFS
Via Artigianato, 12 - 40057 Granarolo Emilia (Bologna) ITALIA Tel. (0039) 051 761 888 - Fax (0039) 051 760 660
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scuola di cucina
*
IL RAGÙ
PIATTO ITALIANO
di Luigi Franchi
I
l termine è di derivazione francese – ragoût – ma il sugo è italiano, nella sua tradizione più classica. Non
c’è regione che non ne abbia uno, classificarli tutti è impresa complessa anche perché, di ricette per fare
il ragù, esistono varianti in ogni cucina italiana, di casa come di ristorante, come testimonia Adriano For
Formichi, di Sapori di Toscana, azienda di distribuzione del foodservice che serve oltre 3.000 ristoranti della
provincia di Siena: “Noi il ragù lo prepariamo in tutti i modi previsti dalla tradizione toscana, per fornire un
servizio ai nostri clienti ristoratori. Ma non esiste la perfetta ricetta. Per taluni è una cosa, per altri è diversa,
con infinite microscopiche varianti. Il ragù è cultura gastronomica di ogni casa e anche i nostri nascono dalle
ricette di famiglia”.
Le cose indispensabili per fare un buon ragù
Resta uno tra i condimenti più apprezzati della cucina italiana, nonostante l’evoluzione della stessa verso ricette più leggere. Adriano Formichi sostiene che gli ingredienti fondamentali devono essere due: un buon taglio di
scopri di più.....
Le ricette al ragù sul sito
www.ristorazionecatering.it
carne bovina, non di pancia ma di coscia, una macinatura media
e una cottura prolungata nel secondo ingrediente basilare, un
ottimo olio extravergine d’oliva. Un’ulteriore regola, descritta da
Luigi Veronelli nel suo Il libro della pasta e propugnata per anni
(oggi purtroppo solo in rari casi) nei ristoranti, prevede che “i
ragù vadano preparati in quantità abbondante: con una parte si
condisce la pasta e il resto si serve in salsiera”.
La qualità della produzione artigianale
Sono numerosissime le proposte di ragù confezionati, utili per
agevolare il lavoro degli chef, oppure quello della cucina di
casa a cui si dedica purtroppo sempre meno tempo. Ma come si
riconosce un buon ragù? Il primo elemento deve essere la lettura dell’etichetta dove si
può vedere la percentuale
dell’ingrediente principale.
Massimo Spinelli, direttore commerciale di “Le
Bontà”, un marchio storico
acquisito nel 2011 da un
altrettanta storica azienda, la toscana Drogheria &
Alimentare della famiglia
Barbagli, ci spiega come
vengono prodotti i loro ragù
firmati Toscanacci: “I giudizi degli operatori catering
e degli chef verso i nostri
ragù sono pienamente positivi; la ricetta della linea
ragù confezionata nel formato da g. 500 è composta
dal 35% di selvaggina, più
20% circa di carne di bovino adulto. Questa composizione rende il prodotto,
rispetto ad altri, “ricco di carne” per cui si ha l’impressione di
un ragù fatto in casa. Ricordiamo inoltre che il prodotto è privo
di conservanti. Le materie prime vengono selezionate scegliendo
parti magre e questo permette, grazie anche alla cottura a brasiera aperta, di avere un ragù a basso tenore di grasso e con un alto
valore proteico. Il prodotto una volta confezionato viene sterilizzato per allungarne la shelf life a 36 mesi. In particolare per la
carne bovina abbiamo un rapporto diretto con gli allevatori del
Consorzio del Vitellone Bianco IGP”.
Le mitiche tagliatelle al ragù della Gigina
A Bologna, una delle patrie del ragù, apriva nel lontano 1956
una trattoria che prendeva il nome dalla proprietaria: la signora Gigina. Gli avventori, a quel
tempo operai e muratori, si portavano il tegamino
da casa e la Gigina lo riscaldava, facendo pagare pochi spiccioli per il servizio. Un giorno, solo
per sentirsi più brava, la signora si mise a tirar di
sfoglia per preparare le tagliatelle da condire con
un ragù che, per lei, doveva essere diverso dagli
altri: di prima qualità e solo con carne di manzo.
Il successo fu immediato e duraturo. A raccontarci
questa bella storia è Carlo Cortesi, a capo della
Trattoria Gigina da 13 anni, dopo aver maturato
diverse esperienze. In carta ci sono ancora quelle
tagliatelle e quella ricetta di
ragù, sotto il nome di “Mitiche tagliatelle al ragù della
Gigina. “Non ho scelto io
quel nome così ambizioso,
ma dopo che, per diverse
volte, l’ho visto scritto sui
giudizi dei clienti, ho deciso di adottarlo” confessa
Carlo Cortesi. La differenza, scopriamo curiosando in
cucina, è che il ragù viene
preparato fresco al momento del servizio, aggiungendo
il pomodoro solo all’ordine,
per mantenere intatte le caratteristiche organolettiche.
E quando è finito, per quella sera, è finito. Si ricomincia il giorno successivo.
Ma il ragù è una ricetta
da ristorante gourmet?
Non ha dubbi Stefano Pinciaroli, chef patron di
PS-Ristorante a Cerreto Guidi, in provincia di
Firenze: “Il ragù ha ancora un senso che ci sia,
anche nelle carte dei ristoranti gourmet. Stiamo
parlando di un sugo che si può evolvere costantemente. Le interpretazioni possono arrivare ad
alto livello, a patto che si parta da una materia
prima di qualità eccellente. Io ho messo in carta un Cappelletto ripieno di patate con ragù al
suino grigio del Casentino, presidio Slow Food,
dove utilizzo lombo e arista, parti magre che ne
esaltano la salubrità”.
ristorazione&catering 33 gennaio/febbraio duemila14
meglio prenotare
Testi di:
Alessandra Locatelli, Antonio Longo,
Roberto Martinelli, Lucilla Meneghelli
la chef, avverti che ha una sete infinita di imparare e un
desiderio viscerale di sperimentare e provare piatti nuovi con i prodotti della tradizione reggiana. Donatella è
invece la regina della sala, la sua ospitalità tutta emiliana la sa trasmettere con semplicità anche quando deve
suggerire un buon vino.
Vale la pena fare un’esperienza in questo ristorante situato tra l’Emilia e la Provincia Basca…
Trattoria
De
Toni
Grado (GO)
Piazza Duca D’Aosta - Tel. 0431 80104
www.trattoriadetoni.it
Ristorante
A
mangiare
Reggio Emilia
Si deve attraversare il ponte Belvedere, lasciandosi alle
spalle i resti romani di Aquileia, per giungere nel cuore
di Grado, città di mare e di laguna tra Trieste e Venezia,
isola punteggiata di calli e campielli, centro turistico e
termale rinomato da oltre due secoli. Nel centro storico, sulla piazza Duca D’Aosta recentemente rinnovata,
nell’immediato secondo dopoguerra sorge la trattoria De
Toni, chiamata come il nome del primo proprietario, che
in brevissimo tempo diventa un punto di riferimento non
solo per i gradesi, che avevano ripreso a uscire la dome-
Via Monte Grappa, 3 - Tel. 0522 433600
www.ristoranteamangiare.it
Nel 1990 la famiglia Donati apre il ristorante “A mangiare” alle porte della centralissima via Emilia San Pietro in
una laterale alberata e accessibile alle auto. La figlia Donatella in quegli anni era vagamente interessata all’attività dei genitori e non pensava proprio di diventare
ristoratrice. Ma nella vita, hanno sempre detto “mai dire
mai”. E infatti dopo pochi anni Donatella inizia a proseguire l’attività dei genitori e da allora non ha mai smesso
di appassionarsi e amare il suo lavoro. Da sette anni Donatella condivide questo impegno con una socia, Olatz
Agous, una brillante chef basca già allieva del grande
Juan Maria Arzak, tra i primi dieci ristoratori al mondo e
primo chef basco a ricevere le tre stelle Michelin. Olatz
è arrivata a Reggio Emilia con la curiosità d’ imparare a
fare la pasta, i tortellini e le tagliatelle “tirate” col matterello. La cucina italiana l’ha sempre attratta anche se
lei porta nel cuore e nella cultura la sua di cucina, quella
basca, fatta di baccalà, pesce fresco, pincios e animali
allevati allo stato brado. La preparazione professionale
di Olatz nel curare l’estetica dei piatti e l’eleganza della
cucina basca che le appartengono, le esprime ampiamente nell’ interpretare i sapori del territorio emiliano.
L’intercalare della cultura gastronomica basca con i prodotti più genuini della tradizione, sono una costante nel
menù. Molti dei piatti proposti relativamente semplici
come le tagliatelle e julienne di culatello o lo sfilaccio
di manzo, sono una rivisitazione impersonata da Olatz
con colori e profumi di particolare fascino. Parlando con
essere ricco di realtà vitivinicole di cui il nostro Paese
può andar fiero” afferma Massimo Gaddi, elencandoci
cosa intende per “cose normali per noi, che facciamo
tutti i giorni da una vita”: seppioline con polenta bianca,
sardelle in saor, cicale di mare al vapore, cozze a scotadeo, spaghetti con scampi alla busara, gnocchetti fatti in
casa con i fasolari, branzino, rombo, boreto alla gradese
di pescato del giorno con polenta. “La pasticcera è mia
moglie: la torta di fichi, la piccola pasticceria e la zuppa
inglese sono le sue specialità, a sentire i clienti. E devo
dire che hanno ragione!”
Osteria
Boccondivino
Labro (RI)
Via Garibaldi, 9 - Tel. 0746 636086
www.boccondivino.biz
Una dolce e romantica storia d’amore nata proprio tra
i tavoli di quello che diventerà il Boccondivino. Mauro
Moroni scopre Labro grazie ad una passeggiata domenicale, il suo sogno nel cassetto è quello di aprire un’enoteca; Valeria Parisi arriva dalla Sardegna per effettuare
una collaborazione teatrale con il regista ed attore Carlo
Quartucci. L’incontro si rivela presto “fatale” anche in
termini culinari: l’esperienza di Mauro, sommelier dai
modi cortesi ed eleganti, si unisce con la creatività di
Valeria, attrice e cuoca. Un mix vincente che accetta una
sfida difficile, assecondando una scelta di vita coraggiosa, ossia quella di avviare un’attività ristorativa proprio
nel centro storico di Labro. “Abbiamo cominciato con il
piatto del giorno, poi con iniziative di piatti regionali e
tradizionali, per finire con una cantina di 400 etichette, una carta con tre primi e tre secondi sempre diversi,
sempre in armonia con le stagioni” ricordano con grande
emozione Mauro e Valeria. E mentre Mauro stagiona formaggi e salumi nella sua piccola grotta, Valeria studia
per riscoprire le antiche ricette. Non mancano mai la pasta fresca fatta in casa, le zuppe con i prodotti dell’orto
e le carni acquistate direttamente dall’allevatore e i dolci preparati in casa. “Ho avuto quattro grandi maestre:
mia zia Zezi, Giuseppina cuoca di una famiglia di conti
Un brand per ogni tua esigenza.
nica per pranzare in famiglia, magari seduti all’aperto a
godersi il microclima dell’Isola del Sole, ma anche per
i turisti italiani e stranieri che si moltiplicavano a ogni
stagione, ricordando ai più anziani i tempi felici a cavallo tra Ottocento e Novecento, quando Grado era una stazione balneare frequentata da personalità illustri come
Luigi Pirandello e Sigmund Freud. Nel 1954 il locale
viene acquistato da Gianni Gaddi e oggi c’è Massimo, il
figlio, a proseguirne l’attività, insieme alla moglie Annalara: con loro in cucina Giuliano Camuffo e Claudio
Facchinetti, mentre la sala e la cantina sono affidate a
Ernesto Cozzolino. Il menu è tipicamente di pesce, variabile a seconda del pescato dell’Adriatico: “Non ricerchiamo stranezze e non ci interessa stupire. Presentiamo
in tavola la cucina gradese tradizionale, resa un po’ più
attuale, e solo i vini del territorio, che ha la fortuna di
ristorazione&catering 34 gennaio/febbraio duemila14
CATERING - RISTORAZIONE - HOME
HOTELLERIE - BAR
che approdò a casa nostra trent’anni fa, Matilde la madre di Mauro, infine il “Talismano della Felicità”, il libro
di Ada Boni“ ci confida Valeria. Un piccolo angolo di
mondo in cui riscoprire profumi e sapori perduti, in una
suggestiva location impreziosita dai souvenirs raccolti
in giro per il mondo da Mauro e Valeria durante i loro
lunghi viaggi con lo zaino in spalla. Quando accoglienza,
semplicità, buon bere non rappresentano solo degli slogan ma concreta e tangibile realtà.
liano a dare una mano nella conduzione del locale, con
un arredamento che richiama il passato e diversi cimeli
sparsi nelle sale, è ancora possibile gustare le ricette di
un tempo.
28POSTI
MILANO
Via Corsico, 1 - Tel. 02 8392377
www.28posti.org
Vecchia Hostaria
da
Pepè
Catanzaro
A Milano, zona Navigli, food e social si incontrano. Il
28 POSTI è un locale intimo e accogliente, con giusto
28 coperti, creato dalle mani dei detenuti dell’ Istituto
Penitenziario di Bollate, che hanno potuto beneficiare
dell’Art. 21 prendendo parte al cantiere dei lavori ristrutturazione. Il progetto architettonico ha riportato il locale
allo stato originario, lasciando a nudo il tessuto portante
dell’edificio. Non solo, i nuovi elementi di arredo inseriti, prodotti interamente con materiali di recupero, sono
stati realizzati all’interno del carcere, attraverso un laboratorio di falegnameria a cui hanno partecipato i detenuti impossibilitati ad uscire. All’interno del laboratorio
sono stati costruiti tavoli, porte e armadiature, disegnati
Vico I Piazza Roma, 6 - Tel. 0961 726254
Un piccolo angolo del buon mangiare nel cuore del centro storico di Catanzaro. Dopo diverse esperienze maturare lontano dalla sua terra, Massimiliano Cartaginese è
tornato in Calabria e da tre anni gestisce il locale, divenuto in breve tempo uno dei punti di riferimento per tutti
gli amanti della cucina, quella gustosa, sana e custode
dei sapori e dei profumi di una volta. Oggi l’osteria si sviluppa su due piani, un tempo, invece, era ubicata al piano terra mentre al piano superiore vi era un’abitazione.
Un progetto che incarna perfettamente lo stile e lo spirito
della putia di un tempo. “Da noi l’accoglienza e l’ospitalità rappresentano il biglietto da visita per presentarci al
cliente, - afferma Massimiliano – il nostro obiettivo principale è quello di proporre sempre cibi genuini in grado di riportare in vita le ricette dei nostri nonni”. Sono,
pertanto, i piatti della cucina calabrese, qui e lì appena
“contaminati” da influenze nazionali ed internazionali, i
protagonisti dell’arte di Massimiliano. “È sua maestà il
Morzello il piatto tipico catanzarese, spezzatino di trippa
ed interiora di vitello cucinato per quasi sei ore in una
salsa delicatamente piccante e ricca di profumi mediterranei” spiega lo chef. Tra i piatti preferiti dai clienti,
che hanno a disposizione una ricca scelta di vini, ci sono
anche la pasta piena, zitoni preparati al forno con ripieno
di polpettine fritte e uova sode, e la famosa soppressata
calabrese. In un’atmosfera prettamente familiare, in cui
spesso ci sono la madre, la sorella e la zia di Massimi-
da Francesco Faccin e realizzati con il contributo del
maestro ebanista Giuseppe Filippini. Il ristorante vuole
diventare anche vetrina di questi arredi e creare una rete
di vendita a filo diretto con il carcere di Bollate perché
la falegnameria è ancora attiva all’interno ed è possibile
commissionare nuovi arredi, oltre che quelli esposti in
sala. Il locale ha attualmente cominciato un percorso di
formazione con una brigata di cucina composta da un
gruppo di detenuti che hanno preso parte al progetto con
proposte rivolte ad una cucina mediterranea di impronta
creativa, con un menù a base di pesce e verdure, in cui
viene privilegiato l’utilizzo di prodotti agricoli e caseari
biologici e a chilometro zero. Tutti i piatti sono realizzati al momento con prodotti freschi e stagionali. Lo chef
Raffaele Mancini, che dirige la brigata, è uno studioso e
cultore di cibi e ricette del Mediterraneo, pratica una cucina innovativa e leggera, utilizzando e rivisitando prodotti e materie prime della tradizione, a volte sconosciuti
o dimenticati.
ristorazione&catering 36 gennaio/febbraio duemila14
rist’ho
Locali ecologici,
scelta sostenibile
di Lucilla Meneghelli
architetto e designer
I
temi legati alla sostenibilità, all’ecologia, al turismo
responsabile sono ormai conosciuti e trattati anche
nel nostro Paese.
Di origine d’oltralpe dove il rispetto dell’ambiente è
diventato abbastanza diffusamente uno stile di vita condiviso dalla maggioranza dei cittadini, arrivato sul suolo
italiano fatica a superare il passaggio che va dalla teoria
alla pratica.
A parità di costi siamo tutti d’accordo che è meglio scegliere locali “sostenibili”, dove il rispetto dell’ambiente
e il benessere del consumatore vengono prima di tutto.
Ma quando questa scelta comporta un sovrapprezzo allora lo scoglio da superare diventa a volte insormontabile.
Lo scoglio che la diffusione della bioarchitettura deve
superare è ancora legato ai suoi effetti benefici sulla salute dell’uomo e dell’ambiente.
I risultati non sono riscontrabili e tangibili in tempi brevi, ma sono legati a situazioni di benessere psicofisico
riservati a turisti e clienti consapevoli.
I turisti che scelgono un albergo ecologico per la loro
vacanza italiana sono, ad oggi, per lo più stranieri. Stessa
cosa per i ristoranti, dove le scelte di menù biologici o,
quantomeno naturali, sono limitate a pochi locali, per lo
più in grandi città, dove la varietà della clientela permette di accogliere anche quella straniera.
Come si riconosce un locale ecologico
Come si può definire un locale ecologico, attento all’ambiente, e sostenibile? Intanto è la gestione stessa del
locale che ne determina questa caratteristica, e poi ci
sono aspetti legati alla componenti fisiche degli spazi,
ai materiali usati per la costruzione o la ristrutturazione
e per gli allestimenti e gli arredi. Il consumo di energia
rappresenta una delle criticità principali per quanto riguarda la gestione ambientale di un ristorante. Ridurre
i consumi legati all’uso di forni, congelatori, stanze del
freddo, lavastoviglie, ecc... significa ridurre costi fissi di
gestione e indirettamente aumentare la competitività legata all’ottimizzazione del servizio. Inoltre è sempre più
indispensabile il ricorso a fonti energetiche rinnovabili.
I consumi idrici sono tra i principali aspetti da prendere
in considerazione per ridurre i carichi ambientali connessi alla ristorazione e alle strutture alberghiere. Come
per il consumo di energia, ci sono diverse tecnologie o
semplici scelte per ridurre l’ammontare di acqua consumata. Una struttura ricettiva, un ristorante in particolare,
produce grandi quantità di rifiuti, soprattutto imballaggi
e i rifiuti organici. In proporzione i più impattanti sono
gli scarti organici, costituiti dai cospicui avanzi di cibo.
Nella maggior parte dei casi i rifiuti organici sono assimilati all’indifferenziato, causando l’incremento del-
ristorazione&catering 38 gennaio/febbraio duemila14
le emissioni in discarica per fermentazione anaerobica
metano-genica, causa di aumento dell’ effetto serra. Agli
ospiti dell’albergo è bene offrire e sostenere la raccolta
differenziata dei rifiuti.
Infine il menu
La scelta degli alimenti offerti al cliente può contribuire
notevolmente alla sostenibilità di questo comparto. Gli alimenti stagionali e a “km zero” garantiscono una riduzione
dei consumi di energia altrimenti associati al trasporto e
alla conservazione degli alimenti. Inoltre sono ampiamente dimostrati gli effetti benefici sulla salute in quanto verdura e frutta di stagione hanno concentrazioni maggiori di
vitamine ed elementi nutritivi rispetto agli stessi alimenti
che subiscono processi di trasporto e conservazione. Un
menù certificato secondo lo standard da agricoltura biologica, oltre ad offrire prodotti senza residui di fitofarmaci
o concimi chimici di sintesi, si fonda su di una volontà di
non determinare impatti negativi sull’ambiente a livello di
inquinamento di acque, terreni e aria.
I servizi e gli allestimenti
La struttura può offrire vacanze ecologiche, ad esempio
promuovendo gli spostamenti in bicicletta, e informando
e sostenendo tutte quelle iniziative e attività di caratte-
re ambientale e naturalistico. Infine il modo migliore di
presentarsi al turista ecologico è quello dell’abito, anche
la “pelle” di una struttura ricettiva deve essere in armonia con l’ambiente così come le sue componenti di
arredo. Quindi l’utilizzo di materiali edili ecocompatibili
per la costruzione, come gli intonaci altamente traspiranti e le pitture murali a base di calce, o altri materiali
naturali per i pavimenti ed i rivestimenti, contribuiscono
al benessere degli utenti, sia per le qualità intrinseche ai
materiali stessi sia per la piacevolezza legata alla naturalità che trasmettono. Anche gli arredi potranno essere
di recupero o comunque il più naturale possibile, e con
una produzione a basso impatto ambientale. Un ottima
risposta al tema della ristorazione naturale e nel rispetto
ambientale è data dal Genuino di Trieste, primo fastfood
naturale nel panorama italiano. Altro caso è rappresentato da La Selva, hotel ecologico di Firenze.
*
scopri di più.....
Leggi gli approfondimenti dei due locali sul sito
www.ristorazionecatering.it
ristorazione&catering 39 gennaio/febbraio duemila14
a proposito di
Pubblico esercizio:
il saldo è negativo
di Eugenio Negri
U
na sola cosa buona potrà generare la Tares, la
nuova tassa sui rifiuti che sta mettendo in ginocchio molti ristoratori: imparare a sprecare
meno. La riflessione viene in mente ascoltando le parole di Andrea Marchi, dell’azienda di distribuzione Marchi spa di Romano d’Ezzelino, che racconta
di come “sia importante mettere lo chef e la sua brigata
in condizione di conoscere, ad esempio, i tagli di carne,
saperli gestire negli ordini e nella preparazione, evitando un fenomeno – quello dello spreco – che incide sui
costi di gestione di un ristorante in maniera consistente”.
A questo proposito, Andrea Marchi ha deciso di organizzare dei corsi formativi per i suoi clienti ristoratori,
fornendo il know-how per migliorare il corretto utilizzo
delle materie prime. Ma, ripetiamo, è l’unica nota positiva in uno scenario complicato e preoccupante dove la
pressione fiscale arriva, in alcuni casi, a toccare punte
del 70%: la strada per l’esasperazione di chi non ce la
fa più, dove prendono forma episodi eclatanti come il
recente sciopero dei ristoratori di Bologna.
Lo sciopero dei ristoranti
“Siamo ristoratori, amici, appassionati, tutti con gli stessi problemi legati ai costi di gestione, uguali a ogni livello. Ci siamo chiesti com’è fatta una azienda sana… 20
anni fa un’azienda era sana se lavorava, pagava, faceva
economia e le cose funzionavano. Poi è arrivata la crisi
e i primi a chiudere sono stati quelli che avevano una
gestione, come dire, allegra, poi quelli che avevano alte
spese di rappresentanza, e ora? Ora tocca alle aziende
sane. È normale? È sostenibile?” si chiede Massimiliano
Poggi, del Ristorante Al Cambio di Bologna, tra gli autori
della protesta. “È stato tutto vano, ho tagliato e mi ritrovo
con più costi e meno forza lavoro. Vicolo Colombina è
aperto 365 giorni l’anno, è sempre pieno, fattura come
Al Cambio: eppure ad agosto non ho pagato gli F24, rimandandoli a settembre. Questo è lavorare con dignità?
È normale che a novembre abbia chiesto un prestito in
banca per pagare le tasse? Dovrei chiederlo per comprare un forno o ristrutturare il locale. È possibile che un
dipendente che guadagna 1.100 euro netti al mese costi
all’azienda 34.000 euro? Che l’Irap al 4% sul lordo com-
plessivo non sia detraibile? Questa è la realtà, eppure da
quando abbiamo scioperato il 9 dicembre siamo tacciati
da molti come evasori, ladri, criminali”. Invece Poggi e
tutti gli altri sono persone per bene, che amano il loro
lavoro, che sono consapevoli del valore che il cibo made
in Italy ha sul piano economico e culturale. Come loro è
Luisa Pandolfi, titolare del Vitel Etonné, delizioso locale
nel centro di Torino che però, nei giorni delle festività
natalizie, ha scelto di tener chiuso perché, ci confida,
“quest’anno se avessimo tenuto aperto per pagare gli
straordinari in busta avremmo dovuto fare un menu esosissimo, nei festivi ci conviene tenere chiuso visto che
abbiamo tutti i ragazzi assunti! Non male vero?” Sono
solo due tra i tanti episodi che potremmo raccontare per
dimostrare come il turismo, risorsa distintiva del made
in Italy che ha nella ristorazione uno dei punti di eccellenza, non sa tenuto in gran conto da chi governa questo
Paese, al netto delle dichiarazioni d’intento.
I danni dell’abusivismo
Del resto, sottolinea la FIPE, basti pensare al fenomeno
dell’abusivismo che, nel turismo (bar e ristorazione) co-
ristorazione&catering 40 gennaio/febbraio duemila14
sta invece 5,2 miliardi nel 2013, poco più del 10% del
volume d’affari del settore. Il valore maggiore del mercato abusivo della ristorazione viene realizzato dai bar
e ristoranti dei 25 mila circoli sportivi e culturali per
2,7 miliardi di euro. Seguono a ruota i falsi agriturismi
per un valore di 1,6 miliardi di euro. A queste cifre va
aggiunto il mezzo miliardo di euro generato dalla ristorazione delle oltre 27 mila false sagre che ogni anno si
svolgono nel nostro Paese.
Tutto questo, unito ad una pesante situazione di crisi, ha
prodotto negli ultimi mesi un saldo negativo tra aperture
e chiusure pari a 9.345 esercizi pubblici. In questo scenario si infiltra il fenomeno della risto-mafia che coinvolge, secondo un articolo pubblicato dal giornale online
ArticoloTre, circa 5.000 esercizi pubblici che generano
un fatturato di oltre un miliardo di euro, ma che soprattutto riciclano fiumi di denaro sporco e fanno transitare
fatture false e acquisti inesistenti.
Soluzioni, oltre alle serrate o alle chiusure, per un settore
come la ristorazione che coinvolge oltre 300.000 imprese, 960.000 addetti di cui 680.000 dipendenti, con un
valore aggiunto di 41 miliardi di euro?
Lino Stoppani, presidente Fipe in un’intervista pubblicata sul nostro sito www.ristorazionecatering.it, è tranchant: “Far crescere senso e dovere civico dando esempi
di corretta gestione del gettito fiscale, combattendo gli
sprechi che offendono il contribuente e vanificano gli
sforzi per crescere la diligenza fiscale. Ridare capacità
di spesa agli italiani intervenendo sulle aliquote IRPEF,
in particolare sui redditi più bassi. Rilanciare la competitività turistica del Paese con una riduzione dell’IVA del
settore”. Mentre Destinazione Italia, l’intrigante nome
che il governo Letta ha dato al rilancio del Paese, tiene
conto della ristorazione italiana all’estero (2 milioni di
euro a loro sostegno che transitano per Isnart), ma non
c’è una parola dedicata alla ristorazione in Italia!
*
scopri di più.....
Leggi l’intervista a Lino Stoppani, presidente FIPE
www.ristorazionecatering.it
ristorazione&catering 41 gennaio/febbraio duemila14
MATITA ROSSA
di Giuseppe Schipano
direttore scuola alberghiera e
di ristorazione di Serramazzoni
ACQUA LISCIA O GASSATA?
P
roprio pochi giorni fa si sono concluse, allo IAL
Scuola Alberghiera di Serramazzoni, le finali del
concorso indetto dal Consorzio di tutela dell’Aceto Balsamico di Modena IGP, riservato agli
allievi della specializzazione e finalizzato alla creazione
di nuove ricette. I vincitori sono stati decretati per profilo professionale tra sala, cucina e pasticceria e ciò mi
ha fornito, ancora una volta, lo spunto per una riflessione
più generale. Una riflessione nata dal confronto tra questi futuri professionisti “in erba” e dalle motivazioni con
le quali, durante la presentazione degli elaborati, hanno
supportato le proprie scelte. Siamo ormai giunti all’ottava
edizione del fortunato concorso, eppure, ogni anno vi è
un’evoluzione evidente in termini di tecniche e competenze. Tutto questo fervore non sarebbe possibile senza
un progressivo e costante aggiornamento su tecniche e
prodotti, tra i docenti in primis e, di riflesso, tra gli studenti. I giovani, oggi, sono ciò che noi siamo in grado di
insegnare loro. Sono come fogli di carta bianca sui quali
poter scrivere, ma non sono materia inerte, la loro unicità
è data dalla passione, dagli interessi personali e dai mille
stimoli che sono in grado di percepire. In queste giornate
di competizione ci siamo ritrovati ad essere stupiti della
fantasia e delle ricerca sottese alle ricette, forse in virtù
di quella sana “incoscienza” che spinge i ragazzi a tentare strade o procedimenti che gli adulti escluderebbero a
priori. Ne siamo, inutile dirlo, usciti più arricchiti. Ancora una volta, nei miei ragionamenti, è emerso il confronto
tra il comparto di sala e quello di cucina; in un contest
dove ad ognuno era richiesto di dare il meglio di sé in
termini di tecniche ed inventiva, nessun gap ha differenziato un allievo dall’altro, se non quello dato dalle individualità. Riportando lo stesso ragionamento al più ampio
settore della ristorazione ne consegue che il problema
non sia nella figura dello chef o del maître di sala in sè,
ma in come ci si ostina a concepirlo. Si ha la sensazione
che lo chef di cucina cavalchi costantemente l’onda della
ribalta, che si faccia portavoce di una cucina sempre innovativa ed aggiornata mentre, in disparte, viene rilegata
la figura del maître di sala, ancorata ad un retaggio antico
e superato che fatica a stare al passo con i tempi. Poco
fa ho letto un articolo provocatorio il cui incipit era più o
meno così: “Gradisce dell’acqua liscia o gassata? Tra un
attimo verrà il nostro chef a prendere la comanda”; ho
sorriso non senza amarezza, perché credo descriva alla
perfezione la situazione odierna. Ho come la sensazione
che l’ambiente di sala sia più restio di altri ad accogliere
le novità, quasi faticasse ad abbandonare quella ritualità di gesti e consuetudini da tempo codificati e avversi
alle nuove competenze richieste. Una realtà dissonante
da quella che cerchiamo di realizzare a scuola, potenziando i programmi formativi con l’inserimento di materie
interdisciplinari e l’insegnamento di nuove competenze
provenienti dal campo della comunicazione. Se davvero,
come ho letto, la ristorazione ha spostato l’attenzione dalla ricetta alla sua esecuzione, dove l’importanza assoluta
è del piatto e di come viene eseguito, non vuol dire che
la formazione debba necessariamente arrendersi al fluire
degli eventi. Questo a partire dalla “formazione dei formatori”, degli stessi docenti che sono, a loro volta, professionisti del settore e vivono le stesse difficoltà. Sono
infatti convinto che il vantaggio della formazione professionale risieda in quello che noi definiamo “esperienza”,
ovvero nella possibilità di far sì che ad insegnare siano
persone che abbiano “sperimentato” ciò che insegnano e
non che conoscano il settore soltanto in via teorica.
ristorazione&catering 43 gennaio/febbraio duemila14
analisi
di Mauro Lamparelli
direttore di TradeLab
www.tradelab.it
LA FORZA VENDITA
SARÀ L’ELEMENTO CHIAVE!
I
n diversi mercati ormai si assiste al tentativo spesso
congiunto di produttori e distributori di trovare degli
elementi di valore per il cliente finale che evitino la
spirale senza fine degli sconti prezzo.
La realizzazione di un simile cambiamento si concretizza se gli attori coinvolti condividono una visione che
sposti l’attenzione dal sell in al sell out. O, se preferite,
il passaggio da un’attività finalizzata al puro stoccaggio
del cliente basata su abitudini di acquisto pregresse a
una che garantisca al cliente i prodotti e i servizi per un
adeguato posizionamento competitivo, il giusto livello di
innovazione nell’offerta e lo portino quindi a considerare il proprio fornitore come un vero e proprio partner di
business.
Nel largo consumo classico ciò accade da diversi anni: la
vendita di un prodotto non termina ma di fatto inizia nel
momento in cui una catena sigla un determinato contratto
di acquisto. Subito dopo infatti partono tutte le attività
(comunicazione in store, presenza di hostess per la presentazione dei prodotti, esposizioni fuori scaffale, misurazione reiterata dei risultati nel tempo…) finalizzate a
sensibilizzare e informare il consumatore sulla presenza
del prodotto e sui benefici da esso portati e stimolare il
successivo acquisto.
Se ci focalizziamo sul mercato away from home, essere
in grado di generare il valore giusto verso il cliente giusto presuppone una adeguata conoscenza dei bisogni dei
propri clienti e il loro dinamismo nel tempo. Un processo
finalizzato a tale obiettivo non può prescindere da un supporto decisivo della forza vendita dei grossisti, elemento
di raccordo tra i punti di consumo e la sede.
I venditori dovranno uscire rapidamente da una logica di
passivi raccoglitori di ordini per entrare nella parte proattiva di partner dei propri clienti capaci di suggerire i
prodotti e i servizi adeguati per supportare il posizionamento competitivo dei punti di consumo o, addirittura,
contribuire a crearlo. Avendo ben chiaro che il successo
dei propri clienti sarà il loro successo in termini di incremento delle vendite e aumento del cross selling.
Per contribuire a rendere più orientata ai bisogni del
cliente (e dei clienti dei proprio cliente) l’attività dei
venditori, sarà fondamentale il supporto informativo e
formativo sia del grossista che delle aziende industriali
partner. Un cambiamento così delicato deve infatti essere
guidato, sostenuto e monitorato nel tempo con la massima
attenzione.
Di questa esigenza si sente parlare da tempo ma pochi
imprenditori hanno realmente attivato il processo di cambiamento necessario per mutare il proprio approccio di
vendita. Molti si lamentano dei propri venditori o della
scarsa professionalità dei gestori dei punti di consumo.
Troppo pochi però sono passati dalle parole ai fatti. intanto i consumatori sono cambiati, i punti di consumo
sono sempre più diversi uno dall’altro e la concorrenza
orizzontale aumenta a tutti i livelli della filiera: signori,
il tempo stringe…
ristorazione&catering 45 gennaio/febbraio duemila14
consulenza
di Alberto Fugagnoli
avvocato dello studio legale
Avv. Gaetano Forte
LE CONDIZIONI GENERALI DI
CONTRATTO NELL’E-COMMERCE
L
e condizioni generali di contratto pubblicate
all’interno di un sito di commercio elettronico
mirano a disciplinare in maniera uniforme una
serie imprecisata di rapporti contrattuali di fornitura tra operatori professionali o tra l’impresa ed il consumatore. Con tale standardizzazione dettata dal soggetto
forte del rapporto, si realizza una sostanziale adesione
dell’interlocutore-acquirente di prodotti on line.
Il controllo e l’equilibrio degli interessi contrapposti è garantito dall’applicazione, anche a questa fattispecie, della
disciplina prevista dall’art. 1341 del codice civile, secondo cui le condizioni generali di contratto predisposte da
uno dei contraenti, sono efficaci nei confronti dell’aderente se questi le conosceva o avrebbe dovuto conoscerle
usando l’ordinaria diligenza.
Nelle condizioni generali di vendita - normalmente contenute in pagine di secondo livello richiamabili in apposti link, oppure riprodotte nel modulo d’ordine elettronico
predisposto dal merchant - devono essere fornite in modo
chiaro informazioni e regole concernenti, ad esempio, gli
obblighi dell’acquirente; le varie fasi tecniche da seguire
per la conclusione del contratto; i mezzi tecnici messi a
disposizione del destinatario per individuare e correggere
gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l’ordine; la garanzia per il diritto di recesso da parte del consumatore ai sensi del D.lgs. 206/2005 (codice del consumo); gli eventuali codici di condotta cui il destinatario
aderisce ex art. 18 D.lgs. 70/32003; i reclami; i prezzi; le
modalità di pagamento; le modalità di spedizione; le limitazioni di responsabilità del merchant (forza maggiore ed
altri casi di non addebitabilità della mancata esecuzione
del contratto); il foro competente per le controversie. Potrà inoltre essere inserita una clausola informativa sulla
riservatezza dei dati in riferimento a quanto già richiamato nel suddetto documento (o in sua sostituzione).
Dall’applicazione anche al commercio on line della disciplina dettata dall’art. 1341 del codice civile, deriva
anche l’obbligo per il venditore di rispettare quanto previsto dal secondo comma di tale norma al fine di garantire
l’effettiva formazione del consenso su alcune condizioni
generali che la legge e la giurisprudenza considerano
come “vessatorie”, in quanto esonerano da responsabilità colui che le ha predisposte o aggravano la posizione
della parte aderente (ad es. le clausole che prevedono
decadenze o deroghe alla giurisdizione o alla competenza territoriale). Il legislatore condiziona l’efficacia delle
suddette clausole vessatorie alla specifica sottoscrizione
dell’aderente. Di qui sorge il problema della sottoscrizione di tali clausole nel mondo on-line. La giurisprudenza
ha provato a dare risposta a tale problematica affermando che il venditore deve ottenere quantomeno un doppio
assenso premendo sull’apposito tasto: uno per l’adesione
alle condizioni generali di contratto nel loro complesso e
l’altro per l’approvazione delle specifiche clausole cosiddette vessatorie.
Emerge quindi che la conclusione di un contratto di vendita stipulato on line con il metodo “point and click” non
solo non comporta l’accettazione incondizionata delle
clausole contenute nelle condizioni generali pubblicizzate sul web, ma non comporta neanche deroghe alla disciplina delle clausole vessatorie di cui all’art. 1341, co. 2
del codice civile.
ristorazione&catering 47 gennaio/febbraio duemila14
distribuzione
Livigno,
il regno di Alpi
di Alessandra Locatelli
A
lpi srl è un’azienda familiare che da più di
trent’anni si occupa del servizio alla ristorazione e della produzione di bresaola nel comprensorio di Livigno. Fin da quando, nel 1980,
Sergio Cantoni apre la Alpi Carni, un piccolo salumificio
per rifornire gli allora 20 alberghi della zona, le idee erano chiare: conoscere i prodotti, condividere le nozioni e
le informazioni con i clienti, ascoltare le loro esigenze e
i loro suggerimenti, creare un circolo virtuoso di fiducia
e fidelizzazione. Oggi Livigno conta oltre 120 hotel e l’azienda, con gli anni, l’ingresso nel gruppo Cateringross,
l’aggiunta di prodotti – oggi
oltre 3.000 – e l’inserimento dei figli del signor Sergio,
Thommy e Nikolas, non ha
modificato la propria mission,
anzi, ne ha rafforzato i valori.
“Quando mio padre ha aperto
la Alpi Carni era l’unico fornitore di Livigno, un punto di
riferimento per ogni albergo.
– ci spiega Thommy Cantoni
- Con la crescita dell’attenzione su questo comprensorio da
parte dei turisti, che ne hanno
fatto con gli anni un polo d’elite come Cortina e Madonna
di Campiglio, l’esigenza di
incrementare, adeguandosi
alle richieste, è divenuto un
bisogno: abbiamo così ampliato la gamma dei servizi e
dei prodotti, ad esempio inserendo la linea gelo e i detersivi, diventando infine Alpi
srl”. Livigno è zona franca, in
posizione strategica ma disagiata, relativamente vicina a
Milano ma irraggiungibile con meno di cinque ore di automobile: Alpi è totalmente inserita nel proprio territorio e
attenta al rispetto ambientale, infatti il cuore dell’azienda
su trova sottoterra, in superficie si vede solo la “casetta” in
legno che ospita gli uffici. Nel 2003 Sergio Cantoni entra a
far parte del circuito Cateringross e la decisione comporta
l’introduzione di grandi differenze, frutto della possibilità di ottenere contratti a prezzi competitivi per marchi
“impossibili da avvicinare per noi in altre condizioni”,
ristorazione&catering 50 gennaio/febbraio duemila14
Alpi srl
Via Florin, 526
23030 Livigno (SO)
Tel. 0342 996640
www.alpicarni.it
sottolinea Thommy Cantoni, che hanno anticipato le domande dei clienti
contribuendo a sviluppare relazioni
virtuose anche tra colleghi, “i quali
ci vedono come una importante realtà, simbolo nella nostra zona di innovazione e di spirito di appartenenza”.
Oggi Alpi importa anche carni dalle
Americhe e dall’Irlanda, oltre a rappresentare
la produzione di carne
locale grazie ad accordi
con contadini e macellai che collaborano con
l’azienda; inoltre è produttrice di “Brisaola”,
una bresaola particolare possibile grazie ad
alcune imprescindibili
condizioni, come racconta Thommy: “Non
facciamo insaccamento,
ma si tratta solo di carne
salata essiccata all’aria
aperta, a 1.900 metri
di altezza, stagionando
come una volta, senza
conservanti, ma utilizzando solo sale e spezie
secondo la nostra ricetta
tipica, che comprende
pepe, cannella, alloro,
chiodi di garofano e vino
rosso autoctono, nel
quale si lascia la carne
in salamoia”. Dal 2012
Alpi è entrato con la sua
brisaola nel prontuario
degli alimenti dell’ AIC,
Associazione Italiana Celiachia, e da
quest’anno è in corso un accordo doganale per esportare questo prodotto
nel resto d’Italia e all’estero. Inoltre
da cinque anni ha aperto le porte al
surgelato, è concessionario Parmalat,
è stagionatore riconosciuto dal con-
sorzio di Bitto e Casera, produce una
linea di cacciatorini nostrani di capriolo e di cervo, tutte attenzioni che
convincono dalla malga all’agriturismo, dalla pensione all’hotel 5 stelle lusso. Altro dictat aziendale, oltre
all’innovare nel nome della tradizione, è il fare squadra: un modo origi-
nale è costituito dai tour “A spasso
con Alpi”, viaggi di formazione tra
colleghi e clienti che “ci consente
di arricchire le nostre competenze,
di incontrare realtà diverse e quindi di migliorare nel nostro lavoro; il
primo anno abbiamo visitato l’Antica
ristorazione&catering 51 gennaio/febbraio duemila14
Corte Pallavicina dei fratelli Spigaroli, il gotha del Culatello, abbiamo
imparato tutto sulla stagionatura dei
prosciutti di Fontana Ermes, per concludere in Surgital con un workshop
sulla lavorazione della pasta fresca
surgelata. L’anno successivo lo abbiamo dedicato invece alla scoperta
dei tartufi in Umbria,
presso l’azienda Urbani Tartufi. Il terzo tour
è invece dedicato alla
Pasticceria d’hotel, abbiamo accompagnato i
nostri clienti in Nestlè
Italia a Milano dove un
gruppo di esperti aziendali ha fornito nozioni e
indicazioni pratiche per
ottimizzare l’accoglienza e abbiamo seguito un
vero e proprio corso di
pasticceria professionale condotto dai pasticceri Nestlè”. Momenti
aggregativi e formativi
che convincono sempre
di più il parco clienti di
Alpi: “Vogliamo essere
per loro un punto di riferimento, per aiutarli a
migliorarsi sempre così
da poter offrire, a loro
volta, qualcosa di nuovo
ai loro clienti, locali e
turisti che siano. – conclude Thommy Cantoni – Il rapporto non si
esaurisce a consegna
ultimata, ma prosegue nel confronto
e, appunto, in quel fare squadra coinvolgendo soprattutto le nuove generazioni, sollecitando i giovani a vedere,
ad essere curiosi, a imparare e a proporre a loro volta”.
Conoscere, condividere, fidelizzare.
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Il prodotto a marchio di
Cateringross
Q
uante abitudini sono cambiate, tra gli italiani, da
quando è iniziata la crisi? Basta pescare tra le decine di indagini e ricerche che disegnano le nuove
modalità di consumo per scoprire che il consumatore
italiano spende meno, è più attento ai bisogni primari
e si trova sempre più spesso a fare i conti con spese non volute.
Il consumo fuori casa è in calo, per la prima volta dopo 40 anni,
la spesa alimentare ha subito una diminuzione di circa il 14%
dall’inizio della crisi ad oggi. Assistiamo all’invecchiamento della società tradizionale, mentre emerge una società multietnica e
crescono i single che oggi rappresentano il 26,4% delle famiglie.
Tutto questo però non distoglie il consumatore dal ricercare i modi per preservare il benessere raggiunto negli anni
precedenti, pur in presenza di un reddito inferiore. Questa sorta di resistenza lo porta a programmare meglio le spese, ad acquisire maggior competenza. Un metodo che si
esplica in maniera molto precisa nella crescita esponenziale, per quanto riguarda l’alimentare, delle private label.
Le vendite di questi prodotti, secondo il Rapporto Annuale di
Marca by BolognaFiere, sono infatti cresciute nell’ultimo decennio, arrivando a rappresentare il 18,9% della quota del
trade market. Ma il dato più interessante è il cambio di paradigma delle private label: non più prodotti da prezzo, ma un
di Guido Parri
Una vasta gamma di
prodotti che conferiscono
unicità all’offerta dei
grossisti e alle proposte dei
ristoratori
ristorazione&catering 53 gennaio/febbraio duemila14
ottimo rapporto qualità-prezzo. Questo è ancor più vero nel settore
della ristorazione, dove la scelta verso il prodotto a marchio del distributore premia le intuizioni che il gruppo dirigente di Cateringross ebbe in concomitanza con l’inizio della crisi economica globale.
“Fin dall’inizio la scelta fu quella di selezionare prodotti di qualità,
che potessero fornire ai nostri soci un elemento di distinzione e unicità rispetto al mercato. Con un occhio attento al giusto prezzo” racconta il presidente di Cateringross, Umberto De Marinis, che all’inizio era a capo della commissione per la selezione delle referenze.
Forklift truck of
the year 2013
Il valore dei prodotti a marchio
I prodotti a marchio di Cateringross rappresentano una quota a valore attualmente pari al 6%, destinata a crescere.
“I clienti dei nostri soci sono in prevalenza ristoranti e pizzerie di fascia media che devono ogni giorno fare i conti con la gestione del loro
locale. La scelta di una gamma di prodotti a marchio che ormai conta
circa 370 referenze in tutti i settori, dal secco al surgelato, permette
loro di poter gestire correttamente il food cost, evitare sprechi, contare su un’offerta che li distingue. Altrettanto importante è che, con i
nostri prodotti a marchio, gli chef possono contare sulla stessa qualità
ad un prezzo mediamente inferiore del 20% rispetto alla marca leader” spiega Fabio Molinari, responsabile commerciale di Cateringross.
I marchi del gruppo sono sette: Big Chef, Salumi Reali, Delizie di Latte, MenoVentuno, Easy Professional, Accademia della Tavola, Amerio.
All’interno di ognuno di questi marchi trovano spazio referenze e formati in grado di supportare ogni esigenza. La selezione avviene partendo da prerequisiti che si basano sulla notorietà e serietà del produttore,
sulla costanza qualitativa, sugli acquisti in partita di salumi e formaggi
che consentono a Cateringross di controllarne tutto il percorso di filiera.
“Stiamo riuscendo ad offrire un’articolazione dinamica della nostra offerta che spazia dalle fasce di maggior convenienza a prodotti premium. Il punto di forza sta proprio nel consolidato rapporto
con i fornitori che si basa su contratti di lunga durata e su una capacità di penetrazione, nel canale foodservice, che solo il nostro
modello organizzativo riesce ad avere” puntualizza Fabio Molinari.
Un settore, quello del prodotto a marchio, che Cateringross considera strategico per i prossimi anni, forte dei cambiamenti sociali
che il direttore generale del gruppo, Mauro Entradi, ha puntigliosamente illustrato al recente Cateringross Food Summit. Un dato tra i
tanti: secondo l’indice di Gini nel 1988 la percentuale delle persone
che detenevano la ricchezza era il 20%, nel 2013 è sceso al 10%, nel
2038 è stimato al 7%. Una forbice che si allarga andando ad incidere su molti fattori, non ultimo quella capacità di spesa sempre più
contenuta che però non vuole, o non vorrebbe rinunciare alla qualità. Cateringross intende continuare a fornirla andando incontro ai
bisogni di chi consuma fuori casa, sia per necessità sia per piacere.
Vincitore nella categoria
‘Warehouse Trucks‘.
Carrello elevatore retrattile ETV/ETM 216.
ristorazione&catering 54 gennaio/febbraio duemila14
logistica
Logistica
come chiave
strategica
Il servizio, unito alla completezza d’assortimento,
è il motivo di scelta verso il distributore
di Eugenio Negri
Q
uali sono i motivi per cui un’azienda del canale ho.re.ca. dovrebbe scegliere un distributore piuttosto che un altro? In questo periodo
di crisi verrebbe da dire il miglior prezzo e le
più
lunghe dilazioni di pagamento.
Invece non è così, e proprio la crisi che sta vivendo questo Paese ha contribuito ad un cambiamento di visione
dove il valore più importante è attribuito al servizio.
“Le aziende del settore distribuzione Ho.Re.Ca. sono
organizzazioni commerciali e di servizi, che acquistano dall’industria prodotti finiti per poi rivenderli ai loro
clienti. I prodotti commercializzati sono solo in pochi
casi esclusivi, e pertanto facilmente reperibili dai clienti sul mercato. Nelle aziende è dunque importante dare
quel valore aggiunto al prodotto, che si chiama servizio,
che contribuisce alla creazione del carattere distintivo
dell’azienda, riconosciuto dai clienti. Oltre ai servizi commerciali ed amministrativi, quelli logistici sono
percepiti dalla clientela come valore tangibile determinante” ha spiegato al Cateringross Food Summit Alessio
Bonacina, responsabile logistica di Progettica.
Introducendo un’indagine, da loro effettuata su un cam-
pione di 20 distributori e circa 10.000 punti di consumo,
relativa agli indicatori e ai processi nel settore della logistica emerge con evidenza che, ai primi posti dell’indice di soddisfazione dei gestori di esercizi pubblici verso
la distribuzione, vengono indicati: i tempi di consegna
(33,4%) e la completezza dell’assortimento (23,8%).
Le modalità di pagamento e le promozioni raccolgono rispettivamente un modesto 12,6% e 8,1%.
Dietro ad una perfetta efficienza nelle consegne ci sta un
altrettanto funzionale processo logistico che si dipana in
una serie di azioni: ricevimento merce, stoccaggio merce, abbassamenti merce (refilling), preparazione merce
(picking), controllo picking, carico automezzi di distribuzione, inventari e rettifiche.
Infine le consegne.
In questo processo, sottolinea Progettica nella sua indagine, uno degli elementi di maggior incidenza lo svolge
il layout di magazzino.
“Nel definire un corretto layout – ha spiegato Alessio
Bonacina di Progettica – i fattori principali di cui tener
conto sono: unità di carico e di movimentazione; spazi e
strutture; mezzi di movimentazione; criteri gestionali”.
ristorazione&catering 56 gennaio/febbraio duemila14
Tecniche di magazzino
Analisi che trova d’accordo Luca Nazzari, key account
Italia di Jungheinrich, azienda tedesca leader nei mezzi
di movimentazione e logistica di magazzino, a cui abbiamo chiesto quale consulenza forniscono al distributore in
merito alle tecniche di immagazzinaggio?
“Jungheinrich offre ai propri clienti una consulenza a
360° in ambito logistico, fornendo prodotti e soluzioni complete e su misura. Sulla base delle esigenze di
movimentazione e stoccaggio delle merce, vengono
identificati i carrelli elevatori più idonei, la tipologia di
scaffalatura che ottimizza al meglio l’ occupazione degli
spazi, i supporti informatici (software gestionali e radiofrequenza) che consentano la massima produttività durante le operazioni. Vista l’ estrema difficoltà di accesso
al credito per le aziende, oggi Jungheinrich è in grado
di proporre per tutte le proprie soluzioni, in alternativa
all’ acquisto tradizionale, formule di noleggio operativo
personalizzate”. Non da meno sono i servizi post-vendita
che, afferma Luca Nazzari “sono legati anche al D.Lgs
81/2008 quali contratti di manutenzione e verifiche di
sicurezza sui carrelli elevatori, ispezione sulle scaffala-
ture e corsi di abilitazione per carrellisti”.
Come si è visto dall’indagine Progettica, le aziende oggi
sono sempre più orientate a cercare un fornitore che
possa proporre delle soluzioni logistiche integrate personalizzate che hanno l’obiettivo di ottimizzare i flussi
logistici e di ridurre i costi ad essi legati.
“Questa tendenza, già presente nelle grandi realtà, è diventata necessità anche nelle piccole e medie imprese
dove la logistica di magazzino risulta essere non adeguata al mercato attuale e poco informatizzata. – ribadisce il
key account di Jungheinrich - Sono aumentate infatti le
richieste di ottimizzazione delle flotte carrelli di progetti
di saving in ambito logistico e di implementazione di software per la gestione dei magazzini, a cui diamo risposta
guadagnandoci sul campo il ruolo di partner ideale per
chi ha la necessità di rivedere o di progettare la propria
logistica di magazzino”.
Un dato finale: l’indagine di Progettica conferma il ruolo strategico del distributore per il pubblico esercizio (il
77,5% lo predilige come canale d’acquisto).
Una ragione in più per garantire che tutto funzioni alla
perfezione.
ristorazione&catering 57 gennaio/febbraio duemila14
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LA QUALITÀ DELLA PROPOSTA
RISTORATIVA ITALIANA
A
nno nuovo e come d’obbligo è momento di ripensamenti e di auspici.
Tante cose sarebbero da cambiare e da migliorare, ma, per ciò che riguarda il settore italiano
dell’accoglienza e della ristorazione noto, nella media degli esercizi, il diffondersi di una mentalità che purtroppo
non può dare buoni frutti. Complici la crisi e il senso di
sfiducia generalizzato, ma un certo lavorare sotto tono direi che è percepibile.Siamo sempre stati un paese che si
distingueva per la qualità della sua accoglienza e dei suoi
servizi turistici, famoso per la gentilezza e la disponibilità
del personale, per l’attenzione al dettaglio e la personalità
e singolarità delle proposte, ma questa buona stella oggi
offuscata credo che ci stia lentamente abbandonando.
C’è un diffuso atteggiamento che non ritiene importante
investire sulla qualità, quanto sopravvivere di giorno in
giorno facendo cassetta, pensando all’oggi e mai al domani. Escludendo le eccezioni oggi si va al ristorante, se ci
si va, con l’idea che chissà cosa ci verrà propinato, se si
tratterà di piatti freschi, espressi, cucinati con ingredienti
in ottimo stato oppure di avanzi, ingredienti conservati
in qualche modo, magari camuffati sotto qualche salsina d’ordinanza (tanto non esiste nessuna normativa che a
parte le norme l’HACCP imponga al settore trasparenza
sulle materia prime) e se invece la ricerca della qualità
c’è veramente, sono poi i prezzi che non sono all’altezza
della stessa, e così si allontana la clientela, compromettendo il futuro dell’esercizio. Noto, ad esempio, che negli
esercizi dell’accoglienza il personale lavora più spesso
male che bene, chi viene dagli istituti alberghieri facilmente non ha l’umiltà di capire come si deve fare, tanto
che per assurdo sono più gentili, disponibili ed umili i
ragazzi che non arrivano dal settore, magari addirittura
dai licei, perché hanno più cultura e credono di dovere
ancora imparare qualcosa. Si perde allora il senso e l’importanza della qualità del servizio, manca la sensibilità
di capire che a fronte di un determinato prezzo occorre
offrire un servizio che ne sia all’altezza, rendendo percepibile e non invisibile la professionalità che si sarebbe
dovuta acquisire nelle scuole. Un bello specchio di questo stato di cose sono i siti di recensione degli esercizi
dell’accoglienza dove gli avventori che hanno frequentato
quel posto sono invitati a lasciare un parere, a pare la dovuta taratura che si deve alla proverbiale incontentabilità
dei più, spesso è proprio la scortesia del personale che la
fa da protagonista, se non addirittura quella del proprietario e in secondo luogo un rapporto qualità/prezzo non
adeguato. E allora perché spendere? E allora poi perché
spendere in un paese dove la qualità, se c’è, si paga cara,
e non invece rivolgersi a quei paesi, magari emergenti dal
punto di vista del turismo, ma proprio per questo forse
con più capacità di mettersi di gioco tanto da strappare la
palla alla concorrenza?
A fronte di un panorama così desolante vorrei invece continuare a sperare che ci sia qualcuno che sappia puntare
sulla qualità sia della proposta sia del personale, capace
di creare un circolo di soddisfazione che parte dall’interno e va verso l’esterno, qualità che non sia come panna montata, ma costruita su solide fondamenta. Alcuni
esempi già ci sono, penso ad alcuni imprenditori italiani
creativi e lungimiranti che stanno portando la nostra qualità enogastronomica nel mondo, ecco spero che questi
imprenditori sappiano contagiarne anche altri, comprendendo che la qualità del prodotto è molto, ma è soprattutto sulla qualità delle relazioni che è possibile costruire
qualche cosa di veramente importante.
ristorazione&catering 59 gennaio/febbraio duemila14
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on oltre 600 soci iscritti, di cui circa 350 imbottigliatori, il Consorzio Vino Chianti Classico rappresenta oggi il
95% dell’intera denominazione. Un’organizzazione moderna, con un compito ben preciso, tutelare e valorizzare il
vino Chianti Classico e il suo marchio. La macchina consortile, per tutelare al meglio prodotto e marchio, si avvale di un attento laboratorio e un prestigioso studio legale, mentre la valorizzazione è affidata all’ufficio marketing e
comunicazione. Con il restyling dello storico marchio Chianti Classico, il gallo nero si presenta più elegante, più fiero e più
grintoso che mai, alza la testa, apre il becco e pare non voglia più smettere di cantare. Simbolo della Chianti Revolution,
conosciuto nell’intero globo, è uno dei vini italiani più famosi e purtroppo più imitati del pianeta. Tornando alla tutela del
marchio, pochi mesi fa il consorzio ha vinto il primo incontro con i francesi, andando in meta, nonostante la partita si sia
disputata contro la forte Federazione Francese di Rugby, accusata giustamente d’aver registrato il proprio marchio, il gallo
appunto, per la produzione e distribuzione di bevande alcoliche.
L’intervento dell’UAMI Uffici Marchi Comunitario ha così decretato ufficialmente la notorietà del Gallo Nero come logo
enologico collegato al vino Chianti Classico. Innumerevoli poi sono le altre novità presentate dal Consorzio, a partire
dall’introduzione della tanto discussa versione “Gran Selezione”, vino con un minimo d’invecchiamento di 30 mesi, con
almeno 3 in affinamento in vetro “bottiglia”per poter essere messa sul mercato. La prima vendemmia che potrà fregiarsi
della dizione Gran Selezione, sarà quella del 2010, produzione certificata come top. Con un incremento sull’export del
10/12% negli ultimi due anni il Chianti rimane uno dei vini trainanti del nostro mercato mondiale.
ristorazione&catering 61 gennaio/febbraio duemila14
Fattoria
Casaloste
L
’Azienda Vitivinicola Casaloste, situata a Panzano in Chianti, esattamente a 30Km. da Siena e 30Km. da Firenze, punto strategico dove
in antichità si pagavano le gabelle, tasse sulle
merci che transitavano tra la città Stato di Siena e il Gran
Ducato di Firenze. Il patron Giovanni Battista d’Orsi
(Marchesi d’Orsi di Villanova), proprietario, agronomo
ed enologo segue personalmente tutte le fasi di produzione del vino, mentre alla moglie Emilia compete la parte
commerciale/amministrativa, il marketing e la conduzione dell’agriturismo, con l’aiuto dei loro tre figli Maria
Giovanna, Vincenzo e Federico. Estremamente convinto
sulla politica inerente alla coltivazione biologica certificata, Giovanni ha fatto di questo lavoro una vera ragione
di vita, trasferendo nei suoi vini il suo carattere e la sua
esperienza, per arrivare a produrre, annata dopo annata,
un eccelso Chianti che rispecchiasse il territorio. Sono
18 gli ettari di proprietà, di cui 11 ettari vitati, mentre
il restante coltivato ad uliveto giardino naturale che fa
da cornice a questo stupendo casale interamente in pietra. Questo Chianti Classico 2010 con 85% Sangiovese
dal colore rosso rubino brillante, emana profumi floreali,
fruttati, delicati, puliti, perfetti per chi fa vino biologico.
In bocca i frutti di bosco ci sono tutti, dal lampone alla
mora ai mirtilli, tannini decisi quasi domati emergono
per rilasciare un equilibrato sentore legnoso vanigliato,
buono il finale, lungo e non aggressivo.
Chianti Classico DOCG
Panzano in Chianti (FI)
www.casaloste.com
Prezzo di vendita in Enoteca euro 13,00
Castello
di Bossi
N
el comune di Castelnuovo Berardenga (SI),
nella parte meridionale del Chianti Classico
a 350slm, troviamo l’Azienda Vinicola Castello di Bossi. La proprietà si estende su cir
circa 650ha. di terreno di cui 124ha. coltivati a vigneto.
Questo terroir è composto in prevalenza da tufo, argille
gialle, sabbie limose e sasso spezzato, habitat ideale per
queste viti piantate ormai da più di 40 anni, capaci ancora oggi di trasmettere all’uva caratteristiche uniche.
Per fare un esempio paragonerei questo Sangiovese al
Sangiovese grosso coltivato a Montalcino per il Brunello. Il Castello di Bossi sorge al centro dell’azienda, dove
spicca imponente la prima torre, costruita intorno all’anno 1099. Visto il posto e la posizione della cantina, anche qui non poteva mancare l’agriturismo, chi apprezza
la natura, la storia e la bellezza del paesaggio, amerà e
resterà folgorato dal Castello di Bossi. La vendita diretta
dei vini e dell’olio extra vergine di oliva avviene tutti i
giorni esclusa la domenica, con una degustazione guidata sui prodotti esposti nel punto vendita. Esuberante
questo chianti Classico 2010 al 100% Sangiovese, dal
colore rosso rubino intenso, naso pulito dove spicca il rovere tostato. La ciliegia prevale sui frutti rossi, in bocca è
ricco, di buona struttura,vinoso e tannico al punto giusto,
la sua densità lo rende ancora più piacevole dandogli un
finale gustoso, cremoso, lungo e persistente.
Chianti Classico DOCG
Castelnuovo Berardenga (SI)
www.castellodibossi.it
Prezzo di vendita in Enoteca euro 13,00
Castello
Monterinaldi
I
n prossimità di un antico tracciato etrusco è insediato a Radda in Chianti il Castello di Monterinaldi.
Da un documento scritto nel dicembre anno 1010,
si fa riferimento al Conte Gottifredo Gottizio di
stirpe longobarda e Signore di Monterinaldi. Molti anni
fa i Senesi nella battaglia di Montaperti distrussero le
mura di cinta, il cassero e tre abitazioni, il colpo finale
lo diede poi la Seconda Guerra Mondiale, con diverse
demolizioni della struttura del castello. Oggi resta parte
di esso, circondato da alcune antiche case, protette dalla chiesetta al centro dell’azienda agricola, la cui sede
operativa è la Fattoria Pesanella, dal 1961 proprietà
della Famiglia Ciampi. Castello Monterinaldi è un carapace di 18 vigneti, sessantadue ettari piantumati a :
Sangiovese di vari cloni, Canaiolo, Colorino, Malvasia
nera, Petit Verdot, Refosco dal Peduncolo Rosso, Syrah,
Gamay, Merlot, Cabernet Sauvignon e Franc, Malvasia
bianca, Trebbiano e Chardonnay. Potendo avere a disposizione tutte queste uve, sono diverse le tipologie di vino
prodotte, in quasi tutte le etichette sulle bottiglie compare la Tartaruga, simbolo indiscusso e marchio Monterinaldi, quasi a voler dire: bevete lentamente, ascoltate
il vino, lui non vi metterà fretta e fino all’ultima goccia
si farà bere per donarvi allegria e gioia. Questo 2010 è
un Chianti Classico piacevole, grintoso dal tipico rosso
rubino, acceso e limpido, con sfumature a tratti violacee,
profumi di prugna e amarena si mischiano a note floreali
di iris e viola. Elegante in bocca, quasi vellutato, tannini
perfettamente integrati alla componente alcolica, lento e
persistente sul finale.
Chianti Classico DOCG
Radda in Chianti (FI)
www.monterinaldi.it
Prezzo di vendita in Enoteca euro 12,50
Rocca di
Castagnoli
S
u un colle in località Castagnoli a Gaiole in
Chianti, immersa in un intero borgo medioevale
nel cuore del Chianti Storico circondata da boschi, olivi e filari di cipressi, sorge Rocca di Castagnoli. Sono 850 gli ettari di proprietà, di cui 100 vitati
a prevalenza Sangiovese, mentre 15 ettari sono coltivati
a olivo. Questi cloni di Sangiovese sono stati oggetto di
accurate ricerche condotte in collaborazione con Istituti
Universitari che ne hanno analizzato ben 134, poi ridotti
a 19, e infine a quattro cloni, tra questi uno è stato riconosciuto ufficialmente come Sangiovese atto a produrre
Chianti Classico, pertanto Castagnoli produce Sangiovese e Chianti Classico con cloni propri. Nella Rocca di
Castagnoli non potete perdervi l’occasione di visitare il
Wine Shop, firmato dall’architetto Ivan Borlenghi, capace di riassumere in un contesto elegante l’intero iter del
vino dalla vigna alla bottiglia, un’esperienza sensoriale
seducente, ricreata in un ambiente magico con storici
muri a scarpa in pietra a vista, ingresso con porta in cristallo e ferro, suggestivo il bancone in legno dotato di un
piano ancora in ferro anticato, scenografica è la parete
in pietra completamente rivestita da doghe di barrique,
tutti elementi unici che conciliano antico e moderno,
bellezza e funzionalità. Questo Chianti Classico 2010 è
composto al 90% da Sangiovese con il restante 10% diviso tra Canaiolo e Colorino, il colore è un rubino acceso,
al naso profumi fruttati ancora freschissimi di ciliegia
e mora richiamano sentori speziati di cannella e noce
moscata. In bocca è morbido ma allo stesso modo consistente, i tannini fanno il resto perfettamente amalgamati
alla parte alcolica, emerge sul finale ancora la vaniglia.
Chianti Classico DOCG
Gaiole in Chianti (FI)
www.roccadicastagnoli.it
Prezzo di vendita in Enoteca euro 11,00
Le valutazioni sono rappresentate dal bicchiere. Se il bicchiere è vuoto il vino è piaciuto ed è stato bevuto tutto.
Il restante vino nel bicchiere indica la misura di gradimento dello stesso.
Le valutazioni sono rappresentate dal bicchiere. Se il bicchiere è vuoto il vino è piaciuto ed è stato bevuto tutto.
Il restante vino nel bicchiere indica la misura di gradimento dello stesso.
ristorazione&catering 62 gennaio/febbraio duemila14
ristorazione&catering 63 gennaio/febbraio duemila14
Bontà e fragranza
per tutti i gusti.
È TEMPO DI TÈ!
BUON BERE
di Alessandra Locatelli
I
l consumo di tè in Italia sta registrando segnali di crescita dovuti a un maggiore interesse che i canali
retail e ho.re.ca. stanno traducendo in ricerca, qualità e nuovi segmenti di mercato.
Sta prendendo corpo dunque la cultura del tè, proposto nella sua veste più classica, ovvero in tazza, ma
anche come ingrediente da ricettare, ed è sempre meno raro imbattersi in un Tea Sommelier.
La figura del Tea Sommelier
Francesca Natali, tea stylist autrice di “Il Gusto del Tè” (Trenta Editore, 2013), ci racconta che in fatto di
tendenze oggi sono i tè rossi Rooibos a suscitare maggior successo, noto anche come tè rosso africano, dalle
molteplici proprietà curative contro lo stress da superlavoro e l’esaurimento in quanto, a differenza del tè nero
e del tè verde, è naturalmente privo di caffeina.
Per una perfetta tazza di tè, si deve usare acqua alla giusta temperatura per esaltarne l’aroma, 90° per i tè neri,
70° per i verdi, rispettivamente infusi per 4 e 3 minuti.
Stuzzica l’appetito e la fantasia.
www.grissinbon.it
Lipton Food Solutions
Alberto Petriola, responsabile Unilever beverage Italia, ci spiega che “le dinamiche del mondo ho.re.ca. riflettono in modo
importante anche l’evoluzione della categoria: in primo luogo,
i flussi turistici internazionali, con viaggiatori provenienti da
paesi molto più evoluti del nostro in termini di tè. Culture che
creano una domanda che, se pur marginale, ci stimola a crescere ed evolvere. A seguire, l’interesse del pubblico femminile
per le proprietà benefiche. Distonico rispetto alla congiuntura
economica, è la tendenza registrata negli ultimi anni alla ricer-
ECO
IONI
POReZcopack
a
PACK
RESA
80
La carta dei tè al ristorante
Da qualche anno a questa
parte hotel di prestigio e chef
stellati del calibro di Alajmo,
Leemann, Berton, Cogo, Oldani e Scabin hanno inserito una vera e propria carta
dei tè da proporre ai propri
ospiti. Come si presenta una
carta dei tè a regola d’arte?
“Deve contenere almeno 12
referenze suddivise tra tè
verdi, bianchi, oolong, pu erh
e tisane. – continua Francesca Natali – Il ristoratore ha
l’opportunità di vendere sul
dopo cena anche a donne e a
chi non beve caffè, quindi è
economicamente interessante, oltre a essere cool; alcuni
hanno viaggiato/lavorato in Oriente o amano semplicemente il tè, hanno un locale con una cucina
leggera ma raffinata e clientela internazionale e
attenta al proprio benessere”.
I luoghi del tea
A Roma si va da Babington’s, sala da tè con vista
su Piazza di Spagna, a Milano da Cova, al Park
Hyatt, al Salotto dell’Hotel Principe di Savoia,
solo per citarne alcuni.
A Lonato del Garda da 5 anni c’è Voglia di Tè,
elegante shop con sala degustazione che Francesca dei Giudici apre realizzando il proprio sogno:
“Organizziamo cerimonie del tè con maestri cinesi e giapponesi, happy hour e consulenze; offriamo oltre 180 referenze tra tè di tutto il mondo, infusi alla frutta, tisane alle erbe, infusi wellness”;
da qualche mese Voglia di Tè è anche a Brescia.
ristorazione&catering 66 gennaio/febbraio duemila14
1
2
3
ECO
FILL&GO
per l’Italia di Clipper Teas. Secondo i dati Nielsen Scantrack e
Homescan di febbraio 2013, Clipper è il tè nero da tutti i giorni con il maggior incremento a volume (+16% MAT*), è il te
verde in assoluto con il maggior incremento a volume ( +17,5%
MAT*), il marchio Fairtrade ha la maggior quota di mercato,
escludendo la Private Labels, coprendo il 76% (* MAT –moving
annual total).
Il parere del distributore
Il distributore altoatesino, Foppa srl, conferma la
tendenza: “Nonostante i gusti stiano cambiando,
vediamo che i sapori più classici sono quelli preferiti. – commenta Peter Foppa – Tè neri e verdi,
infusi e tisane sono i prodotti che vanno per la
maggiore tra i nostri clienti – alberghi, ristoranti
e locali pubblici – a cui proponiamo una gamma
di 13 referenze. Il consumo è stabile, e per noi
il dato è positivo, segno che
non di tendenza parliamo,
ma di una abitudine”.
FILL&GO
Il tè inglese
Clipper Teas, leader indiscusso in Gran Bretagna nel comparto
Tè e Infusi Biologici, è sbarcato di recente in Italia.
“La linea destinata all’ho.re.ca. comprende una gamma che va
dal Tè Verde, sempre più apprezzato per le sue qualità salutistiche oltre che per il gusto gradevole, al Tè Nero deteinato
certificato Bio e Faitrade” racconta Milena Vicario, distributrice
ca del premium e dell’esclusivo: infusi organici,
tisane con proprietà terapeutiche, coltivazioni
biologiche… sintomo di una cultura del tè che
cresce, e trova proseliti esigenti. Da un punto di
vista aziendale, le referenze più apprezzate sono
i classici tè neri Lipton Yellow Label, English
Breakfast ed Earl Gray, le varianti aromatizzate,
anche dei tè verdi, i frutti rossi e gli agrumati”.
t
“Il tè deve essere di qualità e conservato in luoghi asciutti e
bui. – ci spiega la Natali - È raccomandabile un’acqua minerale normale o ancora meglio, come suggeriscono i monaci, acqua di montagna. Le teiere di porcellana sono più diffuse in
occidente e sono molto adatte a rispettare l’aroma dell’infuso, le
teiere in vetro sono le più adatte per i tè profumati e aromatizzati perché non conservano l’aroma e possono essere utilizzate
con diverse tipologie di tè, le teiere in ghisa sono le più nobili e consentono di mantenere a lungo il calore. L’ultima regola è quella del tempo: chiudete gli occhi e liberate la mente”.
PACK
General Fruit S.r.l. - Via Torquato Tasso, 8/10 - 24060 Credaro (BG)
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case history
Una nuova apertura per
Officine Gastronomiche Spadoni
di Roberto Martinelli
officine gastronomiche spadoni
Via Ravegnana, 746
Coccolia (RA)
Tel. 0544 569056
www.casaspadoni.it
“
Tutto ha avuto inizio con l’assaggio di una fetta
di salame fatto con carni di Mora Romagnola ...”
esordisce con queste parole Leonardo Spadoni per
presentare il suo ultimo gioiello imprenditoriale: il
laboratorio gastronomico dedicato alla trasformazione e
lavorazione di carni della pregiata razza suina romagnola.
Un ardito progetto di filiera voluto dall’infaticabile imprenditore e patron del Gruppo Alimentare che porta il suo
nome, che va ad arricchire uno dei modelli imprenditoriali di eccellenza in Italia. Spadoni è riuscito a condividere
con l’amministrazione comunale di Brisighella, più
una decina di allevatori
locali, oltre alla Regione
Emilia Romagna che ne
ha tutelato il progetto, un
modello di filiera che va
dall’allevamento fino alla
lavorazione delle carni.
Un patrimonio, quello
della Mora Romagnola,
che ha rischiato l’estinzione fino a pochi anni
fa, ma grazie anche a
questa iniziativa la razza
autoctona che nei secoli
scorsi era presente in ogni
casolare della zona che
va da Faenza a Forlì, si
apriranno opportunità di
commercializzazione per
insaccati e ragù di alto
pregio qualitativo.
“Officine Gastronomiche
Spadoni”, il brand che
punta alla valorizzazione
delle eccellenze gastronomiche romagnole pensata dal
dottor Spadoni, mira alla valorizzazione dei prodotti tipici. La famiglia, nota per le sue farine, ha da pochi anni
avviato con la stessa filosofia di tutela e salvaguardia delle
eccellenze, un caseificio modello nei pressi di Imola in
cui si produce un altro prodotto tipico: lo Squacquerone
di Romagna Dop. Il progetto “Officine Gastronomiche
Spadoni” si potenzia ora con questo ulteriore laboratorio
per la trasformazione della Mora Romagnola. Le carni
lavorate sono tutte rigorosamente di razza autoctona e
ristorazione&catering 68 gennaio/febbraio duemila14
provengono da allevatori della zona
ma principalmente dall’allevamento che la famiglia Spadoni conduce
assieme ad Emilio Antonellini, uno
dei pochi grandi esperti di Mora Romagnola. Nell’azienda agricola, che
porta il nome di “Fattoria Palazzo
di Zattaglia”, sono stati fatti investimenti per circa 4 milioni di euro,
i fabbricati sono stati totalmente ristrutturati e costruite delle moderne
stalle, recuperato a vigneto e a piante
boschive circa 90 ettari complessivi,
e sono stati destinati 15 ettari per il
pascolo allo stato semibrado di circa 600 maiali. Immessi nella filiera
aziendale, gli animali sono controllati e alimentati con i frutti naturali
della terra, senza agenti patogeni
come invece spesso accade negli
allevamenti intensivi, questi capi si
distinguono per le carni di altissimo
valore qualitativo. Allevati secondo
un disciplinare frutto di antiche modalità e tradizioni, agli animali viene
garantito un completo benessere che
si traduce per l’appunto in un elevato
profilo qualitativo delle carni risultando sode, naturali e saporite. Oltre
agli animali il progetto di filiera ha
voluto pensare anche agli allevatori,
ai quali per statuto viene riconosciuto un prezzo di vendita dei capi che
loro stessi stabiliscono. Potrà sorprendere ma per garantire la qualità
questo criterio è stato da tutti ritenuto
corretto ed equo. Situato a Pontenono di Brisighella, lo stabilimento di
lavorazione delle carni ha una superficie coperta di 1500 mq. modulabile fino ad essere triplicato in caso
di crescita produttiva, è costato alla
famiglia Spadoni 4 milioni di euro ed
è un vero modello di tecnologia. Tuttavia è stato progettato per tenere alto
il valore della tradizione artigianale,
è stato dotato per questo motivo degli ultimi ritrovati della più moderna
tecnologia. Basti pensare alle celle
di stagionatura totalmente computerizzate e in grado di riprodurre le
condizioni climatiche ed ambientali
che si trovavano nelle antiche sale di
stagionatura delle case di campagna.
ristorazione&catering 69 gennaio/febbraio duemila14
I prodotti vengono lavorati completamente a mano esattamente come si
faceva un tempo e confezionati nel
più alto rispetto igienico sanitario. Le
etichette dei prodotti riportano codici particolari dai quali si può risalire
all’animale e sapere in quale periodo
è stato allevato oltre ad ogni altra fase
di lavorazione. “Sono davvero orgoglioso di questo laboratorio – dice
Leonardo Spadoni – perché oltre a
dare un futuro alla razza di Mora Romagnola, la struttura è stata pensata
per dare opportunità anche a chi crede nella tutela e nella diffusione delle carni autoctone di altre zone e territori dell’Italia”. “Si tratta di vedere
– precisa non senza speranze – se il
mercato, consumatori e ristoratori in
primis, riusciranno a comprendere
queste differenze qualitative dei nostri prodotti”. Un progetto ambizioso
certamente ma ricco di valori e, per
dirla alla Carlin Petrini, un modello
dove finalmente il cibo che arriva in
tavola può essere ritenuto “buono,
pulito e giusto”.
case history
I funghi liofilizzati
Bruschi
di Roberto Martinelli
I
funghi nella cucina italiana sono proposti in diversi
modi, secondo i piatti della tradizione, oppure con
fantasia e personalità come piace fare a Marcello
Leoni, chef dell’omonimo ristorante bolognese, che
invita a tener sempre presente una regola importante:
qualità e freschezza del fungo sono fondamentali in ogni
ricetta se si vuole dare esaltazione e profumo ai piatti. Interpretare il fungo con fantasia e personalità vuol
anche dire utilizzarlo tutto l’anno, non relegandolo a
momenti ben precisi concomitanti con la raccolta. Per
la riuscita di un piatto è fondamentale la qualità delle
materie prime, il rispetto di questa regola è da sempre
di casa nell’azienda Bruschi di Borgotaro, un’azienda
storica nel panorama agroalimentare italiano, nata nel
lontano 1890, famosa per la qualità di funghi porcini,
finferli e altre varietà. Non a caso nasce ed è radicata in
Borgotaro, patria del fungo porcino IGP, unico prodotto di specie riconosciuto a livello mondiale. Per i suoi
funghi, la Bruschi parte da un’attenta selezione della
materia prima. I funghi sono selezionati a mano uno ad
bruschi borgotaro srl
Via Caduti del Lavoro, 5
Borgo Val di Taro (PR)
Tel. 0525 96430
www.bruschiborgotaro.com
uno da personale esperto. Successivamente, prima della
lavorazione, vengono accuratamente conservati a temperatura e umidità controllate. Con la selezione del fungo
all’origine, si garantisce non soltanto l’aspetto esteriore e
il colore, ma anche le caratteristiche organolettiche del
prodotto. Inoltre, con la sua ampia gamma Bruschi permette agli chef di cucinare funghi porcini, finferli o altre
varietà nobili in ogni momento dell’anno. Da tempo la
Bruschi ricerca il modo per poter dare un prodotto tal
quale al fresco ma tutto l’anno non solo al momento della
raccolta. Ora questo prodotto esiste: il fungo liofilizzato,
che mantiene la freschezza e la naturalità che ha il fungo
fresco. Un prodotto nuovo, completamente diverso dal
surgelato e dal secco, infatti il fungo liofilizzato mantiene le stesse caratteristiche del prodotto appena raccolto.
Il processo di liofilizzazione è completamente naturale,
il più moderno e avanzato oggi conosciuto per la conservazione degli alimenti: il fungo viene disidratato a basse
temperature in sottovuoto per togliere la parte di acqua
contenuta nel prodotto. Quello utilizzato per la liofilizzazione è un fungo di altissima qualità.
Il grande vantaggio è che può essere conservato fino a
due anni in comode buste o barattoli a temperatura ambiente e pronto da usare come, quando e quanto si vuole.
Non ci sono sprechi di prodotto e tutto è molto pratico.
I vantaggi del prodotto liofilizzato non finiscono qui,
infatti essendo privo di acqua il fungo non ha sostanze
batteriche, per cui rimane sano per tutta la sua self life,
ha gli stessi valori nutrizionali e di qualità del prodotto
fresco, non contiene additivi o conservanti grazie al processo di liofilizzazione e non viene usata nessuna sostanza chimica che possa adulterare il prodotto. Può essere
consumato dai celiaci in quanto non viene a contatto
con nessun contaminante. La Bruschi oltre a garantire
un prodotto naturale, di qualità come se fosse appena
raccolto, ha pensato al suo utilizzo in cucina. Per questo
che ha lanciato la linea: “Idee per cucinare”.
Una linea di funghi liofilizzati pensati per la cucina, con
istantaneità di esecuzione e facilità di ricettazione, a cui
si aggiunge velocità d’impiego ed elevatissima resa. Una
gamma di prodotti con cui è possibile cucinare funghi
porcini, finferli o altre varietà nobili in ogni momento
dell’anno come se fossero sempre freschi. Il prodotto non
è surgelato quindi non c’è il problema di conservarlo in
frigorifero con i costi che tutti conosciamo; non è essiccato per cui non è impoverito delle sue caratteristiche
organolettiche tanto preziose per gli chef.
L’utilizzo è semplice e veloce, basta aggiungerlo direttamente nella preparazione che state creando, senza nessun altro accorgimento se non quello di un minimo di
umidità, per portare sulle tavole dei vostri ospiti tutti i
sapori e gli aromi del fungo fresco.
Per descrivere le qualità di “idee per cucinare”, l’azienda utilizza tre concetti base: bello, buono, facile.
Bello: nell’aspetto del prodotto in sè, esattamente com’è
da fresco.
Buono: nel profumo, nel sapore e nel gusto. Consistenza e
fragranza si sentono in bocca quando il fungo è cucinato.
Facile: il suo utilizzo è facile, immediato e la resa è elevatissima.
ristorazione&catering 70 gennaio/febbraio duemila14
case history
Pilsner
Urquell
Da una protesta la scintilla di
una birra unica
di Aldo Palaoro
L
a nostra visita alla Pilsner Urquell, il primo
stabilimento di produzione di birra in Repubblica Ceca, si conclude dove idealmente tutto
è cominciato, sulla smisurata, un po’ sproporzionata, piazza di Pilsen, tra la chiesa isolata sul grande
rettangolo e il palazzo del municipio.
Qui accadde qualcosa di molto importante, un evento
che ci permette di affermare che quella birra che oggi
conosciamo col nome di Pilsner Urquell nasce da una
protesta, una rivendicazione popolare. Dobbiamo arrivare alla metà del 1800, considerare come lo sviluppo demografico e sociologico di una località dedita fortemente
ad un’attività unica, parcellizzata in centinaia di piccole
produzioni casalinghe, anziché produrre una concorrenza virtuosa e, dunque, la ricerca spasmodica di una prodotto sempre più buono, aveva incredibilmente ottenuto
l’effetto contrario con una qualità sempre più scadente
della bevanda che tutti i giorni, uomini, donne, giovani e
meno giovani, consumavano più dell’acqua, cosa questa
che, in verità, pare continui ad avvenire ancora oggi un
po’ in tutta l’area mitteleuropea.
Pessima qualità, professionalità pressoché assente, noncuranza sempre più accentuata, una miscela esplosiva
ristorazione&catering 72 gennaio/febbraio duemila14
che portò all’esasperazione della clientela, così, un giorno, un gruppo di consumatori furibondi, prototipo di una
sorta di associazione di consumatori, decide di metter in
atto un’azione dimostrativa, portando le proprie botti di
birra davanti al Comune versandone l’intero contenuto,
allagando l’intera piazza di Pilsen. Una protesta in piena regola, i cittadini di Pilsen e dintorni non erano più
disposti a tollerare una situazione che nel tempo aveva
peggiorato sempre più la qualità di ciò che consumavano. Una protesta efficace, che oggi definiremmo quasi
un flash mob, che produsse un risultato positivo, infatti,
alcuni produttori decisero di consorziarsi e di studiare nuovi metodi e nuove ricette per ottenere una birra
che fosse gradita dai propri concittadini. Correva l’anno
1842.
Bisognava, innanzitutto, trovare un Mastro Birraio all’altezza e la scelta cadde su di un forestiero, un bavarese,
proveniente da Vilshofen, essendo nota peraltro la buona qualità delle birre prodotte in Baviera. Il mastro si
chiamava Josef Groll che già, nella Birreria del padre e
con condizioni climatiche simili a quelle della Boemia,
aveva già sperimentato una produzione di tutto rispetto.
La leggenda narra che costui custodisse gelosamente un
lievito segreto (quello usato ancora oggi e chiamato in
codice Pilsner H), sottratto da un monaco benedettino
per pagare un debito, erano, infatti, i monasteri i luoghi
per eccellenza dove, tra le altre produzioni, era in voga
realizzare birra.
La nuova produzione fissa una data, anzi un periodo,
quelle 5 settimane che intercorrono tra il 5 ottobre e l’11
novembre 1842, quindi, messa a punto la ricetta, Josef
Groll brindò con i suoi mecenati con la prima birra di
una produzione che ancora oggi possiamo assaggiare
ogni volta che stappiamo una Pilsner Urquell.
Questo momento rimane indelebile nella memoria e nella storia di una località che indissolubilmente lega il suo
nome al tipo di birra forse più diffuso al mondo.
Va sottolineato che fino a quel tempo la qualità delle birre era alquanto scadente, un liquido torbido e scuro, peraltro bevuto in calici e coppe di latta o di coccio che non
lasciavano intravvedere il prodotto, dalla nascita della
Pilsen, invece, cambiò anche il modo di consumare birra, con il vetro trasparente affinché già l’occhio potesse
godere della piacevole bevanda e di vetri in Boemia ne
potevano produrre in quantità.
Quanti anni son trascorsi da quella provvidenziale protesta, oggi Pilsner Urquell veleggia verso il suo 171° compleanno nelle mani sicuri di SABMiller secondo gruppo
mondiale con un giro d’affari intorno ai 18 mld di dollari,
che per l’Italia distribuisce attraverso la propria società
Peroni considerata nel nostro Paese un riferimento nel
panorama birrario.
*
scopri di più.....
Leggi l’intera storia di Pilsner Urquell sul sito
www.ristorazionecatering.it
ristorazione&catering 73 gennaio/febbraio duemila14
mente non viene comunicato che il
Parmigiano Reggiano è un prodotto
DOP, comunicato che il Parmigiano
Reggiano è un prodotto DOP, resta
comunicarinvece molto importante comunicar
ne l’utilizzo come ingrediente delle
pietanze, proprio per il grande valore
che i consumatori riconoscono a questo prodotto”.
Quali strategie adotta Parmareggio verso la ristorazione?
“Parmareggio ritiene il canale della
imporristorazione un canale molto impor
tante e per il quale, infatti, abbiamo
realizzato referenze dedicate, soprattutto in termini di funzionalità del
prodotto e di grammature particolari
pensate per un consumo differente e
più ampio rispetto a quello del nostro
responsabile d’acquisto nella GDO.
La nostra gamma per la ristorazione
include la linea premium con il nostro Parmigiano Reggiano stagionato
30 mesi nella grammatura da 2 kg,
nata dall’esigenza di combinare un
prodotto di qualità superiore come il
30 mesi, con il contenuto di servizio
per il mondo del foodservice. Alla
case history
Il Parmigiano Reggiano
e gli chef
di Luigi Franchi
Sede legale e stabilimento:
Via Polonia, 30-33
Modena
Tel. 059 414711
Stabilimento e uffici commerciali:
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Montecavolo di Quattrocastella (RE)
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ristorazione&catering 74 gennaio/febbraio duemila14
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parmareggio spa
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armareggio Spa, azienda del Gruppo Granterre,
con sede a Modena, è leader in Italia nella produzione e commercializzazione di Parmigiano
Reggiano DOP. Due sono gli stabilimenti produttivi: a Modena (dove è presente anche il Burrificio dell’azienda) e Montecavolo di Reggio Emilia dove vengono
confezionati il Parmigiano Reggiano in pezzi e il grattugiato. In queste sedi lavorano 288 dipendenti. Il Gruppo
associa oltre 500 aziende agricole con una produzione di
1.000.000 di quintali di latte che viene trasformato in cir
circa 200.000 forme di Parmigiano Reggiano. Il core business di Parmareggio è da sempre il Parmigiano Reggiano
e questo ha permesso all’azienda di essere estremamente
vicina al territorio in cui questa Dop viene prodotta. Par
Parmareggio è anche produttrice di Burro di elevata qualità,
in quanto proveniente dal latte selezionato e controllato
dei caseifici delle Province di Modena, Parma e Reggio
Emilia. Tutto questo in perfetta sintonia con la mission
aziendale di offrire un prodotto naturale, di elevata qualità, genuino e dagli alti valori nutrizionali, come il Parmigiano Reggiano. Abbiamo chiesto a Maurizio Moscatelli,
direttore commerciale e marketing, una riflessione sul
rapporto che gli chef hanno con il Parmigiano Reggiano.
Come è vissuto il Parmigiano Reggiano nella ristorazione attuale?
“Il Parmigiano Reggiano nella ristorazione viene vissuto
come un ingrediente importante che valorizza i menu proposti. Il re dei formaggi viene per la maggior parte utilizzato come condimento, che permette di donare un sapore
speciale e più ricercato ad ogni pietanza. Per questo Par
Parmareggio ha dedicato alla ristorazione una gamma ampia
di Parmigiano Reggiano in pezzi, grattugiato o a scaglie”.
La denominazione di origine protetta rappresenta
un elemento di differenziazione e valore nelle scelte
di uno chef?
“Il Parmigiano Reggiano ha già nel nome una differenziazione sostanziale che lo eleva rispetto agli altri formaggi.
La denominazione di origine protetta è sicuramente una
tutela maggiore, ma il consumatore in ogni caso riconosce nel Parmigiano un plus valore in termini di qualità,
grazie ai minuziosi e ben noti controlli che vengono fatti
lungo tutta la filiera produttiva, richiesti dal disciplinare di produzione. Salvo eccezioni particolari, soprattutto
per chi vuole proporre prodotti di nicchia, più ricercati
e dove c’è la necessità di comunicare tutto ciò che valorizza ulteriormente il prodotto, nella ristorazione solita-
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Parmareggio propone una
linea dedicata alla ristorazione
Parlinea premium affianchiamo il Par
migiano Reggiano con stagionature
inferiori, sia in pezzi che grattugiato.
Nel segmento dei pezzi abbiamo le
grammature dedicate da 2 Kg e da
4,5 Kg. Sempre per formati dedicati
al foodservice, anche nei grattugiati
abbiamo puntato a grammature più
elevate, con il Grattugiato Fresco da
500 g e da 1 Kg, oppure la bustina
sermonodose ad alto contenuto di ser
vizio, che contiene 5 g di prodotto,
la grammatura ideale per condire un
piatto di pasta. Per la ristorazione abbiamo anche una referenza di Parmigiano Reggiano a scaglie, i Petali di
Parmigiano Reggiano proposti in una
pratica vaschetta da 500 g, che unisce funzionalità del prodotto (Parmigiano già a scaglie pronto per essere
utilizzato su roastbeef o su insalate)
e grammatura più grande per un consumo più elevato. Parmareggio ha a
disposizione anche formati dedicati
per il segmento del Burro, con le due
grammature più elevate da 500g e da
1000 g che vengono dedicati esclusivamente al canale ho.re.ca.”
Una sinfonia di prelibatezze
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&catering 75 gennaio/febbraio duemila14
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Una storia
di valori
Valledoro compie 60 anni e ne fa
un ricco momento di riflessione
sull’economia di comunione
case history
di Guido Parri
S
essant’anni di attività per un’azienda sono una
tappa importante, a partire dalla forneria gestita
da Ferruccio e Rina Zubani in Corso Martiri della libertà, fino alla attuale sede in via Galvaligi.
Oggi l’azienda, guidata dalla seconda e terza generazione
con Giorgio e Giulio Zubani, vuole cogliere l’occasione
di questo anniversario per riflettere sui valori che sono
stati alla base della nascita e, fino ad ora, della vita di
Valledoro, azienda bresciana di produzione di grissini e
prodotti da forno. In primo piano la ricerca continua per
mettere la persona al centro dell’attività, sia considerata
in veste di cliente, fornitore, collaboratore o comunque
parte della piccola o grande comunità umana nella quale s’intrecciano le relazioni interpersonali, economiche
e sociali. Come coniugare allora lavoro, valori e fede?
La legalità? Nuovi stili di vita più responsabili e cognizione del proprio ruolo sociale? Come produrre in modo
rispettoso e sostenibile dal punto di vista ambientale?
Come usare la formazione continua per il raggiungimento di obiettivi condivisi tra le persone che lavorano nell’impresa e misurarsi con l’idea di una economia
di comunione? Infine, quali sono le problematiche e le
buone pratiche per consentire un rapporto tra lavoro e
le istituzioni, che sia promotore di maggiore efficienza
e “sana” occupazione? Questi sono i temi scelti per riflettere nel corso di tutto il 2014, attraverso una serie di
incontri programmati con l’intento di confrontarsi con alcune personalità significative per l’esperienza concreata
maturata direttamente sul campo, con cui il presidente
Giorgio Zubani intende riflettere insieme a dirigenti,
collaboratori, ma anche cittadini che vivono il contesto
territoriale e sociale in cui opera Valledoro.
È stata infatti la parola “speranza” quella che è riecheggiata con più frequenza nel primo dei sei incontri che
segnano il 60° di Valledoro, anche con alcune testimonianze non programmate ma toccanti, emerse da dipendenti di un tempo e di oggi. Numerose le persone tra
maestranze, clienti, altri imprenditori, amici ma anche
cittadini, che hanno preso parte a questa riflessione a
più voci in cui i contributi, molto personali, sono andati
intrecciandosi via via con quelli dei due relatori: Clem
Fritschi e Michele Michelotti, rispettivamente fondatore
e attuale amministratore delegato della Ridix, un’azienda piemontese leader nel settore del commercio di pro-
dotti altamente tecnologici. Attualmente l’impresa è guidata dalla seconda e terza generazione, Giorgio Zubani
e il figlio Giulio, che cercano di vivere con la fiducia e
la speranza, che emergono dalla storia di una esperienza
familiare che ha visto nei genitori Rina e Ferruccio Zubani, le solide radici valoriali.
Una storia di valori che è stata riproposta per grandi cenni - senza enfasi ma con umile e sano realismo - dalle figlie più grandi presenti all’incontro: Mariarosa, Giuliana
e Lidia. Non hanno nascosto le sofferenze e i fallimenti
che anche la famiglia Zubani e l’Azienda Valledoro hanno dovuto affrontare, colti però come segni provvidenziali di un disegno più grande di “Chi vede più in là e
più avanti di noi”. Il 15 marzo prossimo, sempre presso
i locali dell’azienda, si continuerà a riflettere sul grande tema centrale del lavoro: ma questa volta lo si farà
intrecciandolo col tema della legalità, del rispetto delle
regole, dell’onesta. A fare da stimolatore sarà presente
Giuseppe Giuffrida, responsabile bresciano dell’Associazione Libera.
ristorazione&catering 77 gennaio/febbraio duemila14
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adatti ad un pubblico di bambini ma non solo. Con questo libro
creerete magnifici dolci per ricevimenti , feste di compleanno e ricorrenze per bambini e adulti. I 10 personaggi della
Disney affiancano i 10 pasticceri e li accompagnano nella realizzazione delle loro ricette rendendo il libro divertente
anche per i più piccini che ancora non sanno leggere. Capitanati dall’indiscusso grande maestro della pasticceria italiana
Iginio Massari, fondatore dell’Accademia Maestri Pasticceri Italiani, questo volume è l’ennesima conferma che, quando
i progetti sono validi, l’unione e collaborazione tra i professionisti funziona! Le ricette sono spiegate in modo esemplare
con foto e cartoon coloratissimi e gli chef in pose simpatiche e divertenti mentre realizzano i dolci, elencando inoltre gli
attrezzi necessari, tempi di realizzazione e grado di difficoltà, includendo anche la resa di ogni ricetta. Ve lo consiglio
vivamente!
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molti colleghi sarà capitato nel proprio ristorante di sentirsi dire dal cliente: io non mangio
nessun cibo di provenienza animale, nel suo
menù c’è qualche piatto che io possa mangiare?
Benvenuti nel
mondo VEGANO, in fortissima
espansione negli
ultimi anni, la
conferma viene anche dalla
grande affluenza
che si è verificata all’ultimo
SANA a Bologna
dove gli spazi
dedicati all’alimentazione Vegana sono stati
presi d’assalto da
persone di tutte le fasce di età. Non è una moda ma un vero
e proprio stile di vita che rifiuta tutto quello che deriva dal
mondo animale per sposare solo cibi di provenienza vegetale. Anche l’industria alimentare si è accorta di questo cambiamento nello stile di vita di molti italiani e ci mette ora a
disposizione una miriade di prodotti. 125 ricette per aprir
aprirci un mondo nuovo alla scoperta di ricette che stuzzicheranno non solo la vostra fantasia ma anche il vostro palato!
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ttanta ricette completamente dedicate a questa
spezia esotica. La sua autrice ci accompagna
passo dopo passo alla realizzazione di ricette
in un percorso che vi lascerà senza parole per
la semplicità con cui le spiega e le prepara. Per molti ancora oggetto sconosciuto nelle cucine, il libro vi aiuterà
anche con l’ausilio delle foto ad innamorarvi di questa
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Foto di copertina: Francesco Fioramonti
N° 19 Gennaio-Febbraio 2014
Ristorazione & Catering - Poste Italiane Spa - Sped. AP.
DL 353/03 Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art. 1 comma
1 - CN/BO autorizz. del Tribunale di Bologna n. 6126 del
25/07/1992
EDITORE
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Presidente: Sergio Esposito
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CAPOREDATTORE
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REDAZIONE E COLLABORATORI
Luca Bonacini, Marina Caccialanza, Roberto Carcangiu,
Mauro Entradi, Alberto Fugagnoli, Luca Galavotti, Cristina
La Corte, Mauro Lamparelli, Alessandra Locatelli, Antonio
Longo, Lucilla Meneghelli, Eugenio Negri, Aldo Palaoro,
Guido Parri, Giuseppe Schipano, Valentino Serra, Giuseppe
Vaccarini, Mario Zuffada
FOTOGRAFIE
Archivio Alpi srl, Archivio Pilsner Urquell,
Archivio Surgital, Archivio Jungheinrich,
Francesco Fioramonti, Luigi Franchi, Le Gourmet,
Stefano Pinciaroli, Cinzia Pixi Corrado, Veronica Ulivieri
PUBBLICITà
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