Gli allevatori olandesi – da sempre i pionieri in Europa

P
ROFESSIONE
www.pointvet.it
ALLEVATORE
Estratto da NUMERO 6 1/15 APRILE 2014 Anno 31
QUINDICINALE DELL’ALLEVATORE DI BOVINI
ALLA RICERCA DELLA REDDITIVITÀ
CROSSBREEDING
L’esperienza
olandese
Produrre latte al minimo costo
Il futuro è ibrido?
SERVIZIO AZIENDE IN PRIMA PAGINA
ALLA RICERCA DELLA REDDITIVITÀ
Produrre latte al minimo costo
Il futuro è ibrido?
di Luca Acerbis
Ci sono almeno due certezze sul prossimo futuro senza quote latte: la prima è che nel nord Europa
stanno attrezzandosi per partire di slancio e aumentare la produzione quando non ci saranno più
vincoli. La seconda è che la competizione imporrà alle stalle la massima efficienza per rimanere in
gioco. I numeri medi delle nostre stalle non sono incoraggianti, quando si parla di fertilità, interparto,
costi sanitari, durata in stalla. Un miglioramento immediato può arrivare dal passaggio al
crossbreeding? Qualcuno è convinto di sì, e ha numeri importanti che sostengono la sua scelta.
Anche in Olanda, che è stata la porta di ingresso della Holstein in Europa. Qui il 20% delle
inseminazioni totali sulle vacche Holstein oggi è fatto con tori di altre razze da latte
(cinque anni fa era meno dell’1%). E il trend è in crescita...
U
n recente viaggio in Olanda
organizzato da Geno Italy
ha permesso a un gruppo di
allevatori e tecnici di conoscere da
vicino un aspetto importante della
zootecnia da latte olandese, notoriamente la più pragmatica e la più
pronta a imboccare nuove strade
se queste offrono la possibilità di
migliorare il reddito. Ebbene, proprio nelle stalle dove per prima fu
Ampia, ariosa, luminosa, la stalla per le vacche in lattazione di Henk Schoonvelde a Koekange, in Olanda, è a misura di benessere. Ci sono 250 bovine in lattazione, tutte ibride, con lo schema di incrocio a tre vie Holstein x Ro
2
Estrao da Professione Allevatore - Numero 6 - 1/15 Aprile 2014
SERVIZIO AZIENDE IN PRIMA PAGINA
introdotta in Europa la razza Holstein dagli Usa, dove massimo è
stato il lavoro fatto negli anni successivi per selezionare soggetti in
purezza di altissimo valore genetico e altrettanto elevate produzioni, è in atto un processo che sta
assumendo proporzioni qualche
anno fa inimmaginabili: il passaggio al crossbreeding. La tecnica
dell’incrocio da latte qui interessa
ormai più del 20% delle inseminazioni totali sulle vacche Holstein,
ossia centinaia di migliaia di capi
che, con le loro caratteristiche di
robustezza, produttività, sanità e
fertilità, sono l’argomento più efficace nel conquistare altri allevatori
alla causa del crossbreeding.
Niente di emozionale o di affettivo, dunque: solo una mera questione di calcolo. La redditività di
una stalla da latte – spiegano qui,
dove la consuetudine all’analisi dei
Henk Schoonvelde.
© Elly Geverink
Le cuccette con materassino ad acqua. La pavimentazione è su grigliato coperto con gomma.
Cinque incroci Holstein x Rossa Norvegese x Fleckvieh.
ossa Norvegese x Fleckvieh. Ci sono già trenta F3 con Holstein di ritorno.
Estrao da Professione Allevatore - Numero 6 - 1/15 Aprile 2014
L’esterno della stalla.
3
SERVIZIO AZIENDE IN PRIMA PAGINA
La scheda - Una stalla da manuale
• Mandria: 250 capi in lattazione nella nuova stalla, asciutte nella vecchia stalla
(dal 2015 salirà a 300 vacche in lattazione) a Koekange, Olanda.
• Produzione: 100 quintali (3.6% proteine, 4.2% grasso;
160mila cellule somatiche)
• Genetica: Holstein x Rossa Norvegese x Fleckvieh
• Razione lattazione: insilato d’erba, insilato di mais, paglia, soia,
barbabietola, mangime concentrato al robot. Ingestione media: 25-26 kg di ss
• Sau: 240 ettari (45 ha mais, il rimanente prato, tutto insilato)
• Lavori in campagna: 90% terzisti
• Tori più usati negli ultimi 12 mesi: Braut e Prestangen
• Interparto medio 380 giorni (media olandese 429 giorni;
qui era di 430 giorni con le Holstein in purezza)
• Lattazioni per vacca: 4.5
• Interventi per fecondazione: 1.6
• Vacche gravide alla prima inseminazione 72%
• Tasso di rimonta: 20% (media in Olanda 35%)
• Età della manze al primo parto: 24 mesi (e obiettivo di portarla a breve a 23)
• Produzione 100 quintali (con l’obiettivo di arrivare a 120 con la fine delle quote)
• Unità lavorative: titolare e un dipendente 4 giorni alla settimana
• Stabulazione: cuccette con materassino a acqua
• Mungitura: quattro robot
• Rilevazione calori: visiva
dati e alla loro valutazione in
chiave economica è uno dei punti
di forza del sistema – è una questione di prezzo di vendita del
latte, ma soprattutto di riduzione
drastica dei costi di produzione. E
in una stalla di vacche da latte lo
sappiamo tutti quali sono le voci
più critiche: sono i problemi riproduttivi, sanitari, l’elevato tasso di
rimonta involontaria e la bassa
longevità produttiva. Problemi che
hanno varie cause, ma hanno un
comune denominatore: l’elevata
consanguineità raggiunta dalle
mandrie Holstein e la selezione fo-
calizzata soprattutto sulla produzione di latte. Ridurre la consanguineità, dunque, senza disperdere
il patrimonio di produttività in
latte fissato in anni di selezione in
purezza, è la scommessa di chi propone il crossbreeding. Il dato olandese, con la crescita esponenziale
del numero di incroci nelle stalle,
dimostra che si tratta di una scommessa vincente e non un azzardo.
Dalla Holstein in purezza
al crossbreeding
Henk Schoonvelde è sicuramente
tra gli allevatori più conosciuti in
Olanda. Probabilmente anche un
po’ invidiato, perché i numeri delle
sua stalla sono tali da garantirgli
una redditività che ha pochi eguali.
Membro dell’Edf (European dairy
farmers, un’associazione volontaria che riunisce i migliori allevatori
europei che periodicamente si confrontano analizzando i costi di
produzione) è tra i primi tre in
Olanda per redditività. Il margine
per litro di latte venduto che riesce
a ottenere lui, ben pochi riescono
a eguagliare. Famiglia di allevatori
di vacche quella di Henk, e non
allevatori qualunque: suo padre fu
tra coloro che quarant’anni fa portarono in Olanda le Holstein dagli
Usa, antesignani di un movimento
che avrebbe poi coinvolto la zootecnica da latte di ogni Paese europeo, Italia compresa, soppiantando o quasi ogni altra razza.
Nella sua bellissima stalla di Koekange, nel centro dell’Olanda,
adesso però non ci sono più Holstein in purezza, bensì solo incroci:
250 capi, pronti a diventare 300
con la fine delle quote. Questo perché Henk è stato tra i primi allevatori in Olanda a pensare che i
costi di gestione della Holstein in
purezza in stalle di grandi dimensioni erano eccessivi e bisognava
cambiare rotta. Ed è passato al
crossbreeding.
Vale la pena sottolinearlo: qui non
c’era altro amore che per la Holstein, la selezione di capi sempre più
produttivi in purezza era una sorta
di religione. Ma si sa, gli olandesi
fanno i conti e, se serve, non si
fanno molti problemi nel cambiare
la religione. E, quando Henk spiega
i numeri della sua stalla, si capisce
perchè la conversione all’ibrido non
gli ha tolto serenità, anzi. Lui garantisce che gli ha rimpinguato in
conto in banca: lo scorso anno il
suo guadagno netto è stato di 700
euro per vacca, con un prezzo al
litro di latte di 43 centesimi.
Numeri da capogiro
Il tipico certificato di una vacca ibrida in Olanda, dove c’è già il cosiddetto Libro genealogico aperto. Qui le vacche pure e ibride sono sullo stesso piano. La
vacca in questione è 50% Rossa Norvegese (NRB) 25% Fleckvieh (FLV) e 25% Holstein (HF).
4
Raccontare la stalla di Henk
Schoonvelde (250 capi in mungitura, quattro robot, un solo dipendente quattro giorni la
settimana) presenta una difficoltà:
destreggiarsi nella mole di dati e
input positivi che arrivano da
ogni dove. Cominciamo allora dai
numeri, in certi casi assai più eloquenti delle parole.
Eccone alcuni: interparto medio
380 giorni (qui era di 430 giorni
con le Holstein in purezza); 4.5 la
media di lattazioni per vacca; 1.6
fiale per gravidanza; 72% di vacche
gravide alla prima inseminazione;
tasso di rimonta 20% (media in
Olanda 35%); età della manze al
primo parto 24 mesi (e obiettivo di
portarla a breve a 23). Già qualcosa si capisce: qui, di sicuro, non
ci sono problemi di fertilità. E nemmeno di quantità di latte: la media
è di 100 quintali (con il 3.6% di
proteine e il 4.2% di grasso; cellule
somatiche 160mila) con l’obiettivo
di arrivare a 120 quintali con la
fine delle quote, spingendo di più
sull’alimentazione che ora è deliberatamente tenuta a freno come
Estrao da Professione Allevatore - Numero 6 - 1/15 Aprile 2014
SERVIZIO AZIENDE IN PRIMA PAGINA
spinta energetica per non sforare la
quota produttiva. Ma non è tutto,
anzi. In questa stalla c’è un consumo di farmaci bassissimo: 30
euro/vacca/anno. Nettamente più
basso rispetto alla media olandese
e italiana. In Olanda è molto forte
la pressione per ridurre al minimo
l’uso di antibiotici, che, ad esempio,
non sono consentiti all’asciutta. Del
resto la quantità di farmaci utilizzata in stalla diventerà sempre di
più un elemento discriminante in
materia di classificazione dell’azienda in termini di benessere
animale e non c’è dubbio che la
strada da seguire anche da noi – per
amore o per forza – sarà quella di
avere mandrie sane nelle quali il
trattamento sarà l’eccezione individuale e non la regola di massa. Tornando a Henk, lui ha fatto molto di
più che quasi azzerare i farmaci: ha
quasi azzerato anche la presenza
del veterinario nella sua stalla. La
rilevazione dei calori è visiva, lui fa
le FA e non utilizza nessun piano di
sincronizzazione. Non ne ha bisogno visto la fertilità della mandria;
i numeri visti prima (72% tasso di
non ritorno, 380 giorni di interparto) certificano che c’è un solido
supporto di fatti a questo approccio. Henk non usa antibiotici nella
messa in asciutta e intende in futuro non trattare le vacche con mastiti: la sua teoria è un distillato di
pragmatismo olandese. Sostiene
che il 33% delle mastiti guarisce
con il trattamento antibiotico; un
altro 33% non guarisce; un ultimo
33% guarisce anche senza trattamento. Dunque – è il succo del suo
ragionamento – spenderei soldi per
ottenere risultati solo su un terzo
della mandria.
Così – visto che, da un lato, ha un
numero estremamente ridotto di
mastiti (4-5 negli ultimi sei mesi) e,
dall’altro, una grande disponibilità
di rimonta, scarta direttamente le
vacche con problemi di mastite che
non si risolvano da soli. Stesso criterio per i capi che non restano gravidi dopo 3-4 inseminazioni: anche
questi riformati, indipendentemente dalle produzioni. E il veterinario? Viene in stalla una volta al
mese solo per decornificare i vitelli,
dato che in Olanda è obbligatorio
che questo sia fatto da un veterinario. E allorché si useranno a tappeto tori polled...
Il box parto su paglia. La posta sullo sfondo collega con la vecchia stalla, destinata alla asciutte e
alle manze.
L’estetica è una cosa,
i numeri un’altra
Certo, l’incrocio non è per chi alleva vacche da show. Le vacche che
si vedono da Henk potrebbero essere considerate da qualche esteta
come Frisone di cinquant’anni fa.
Visivamente, forse. Ma sono Frisone di cinquant’anni fa (con la
loro robustezza, struttura, muscolosità, robustezza di arti e zoccoli
e minore statura) con aggiunte
produzioni paragonabili a quelle
delle Frisone attuali. Infatti, anche
il dato produttivo sfata un po’ la
regola che passare all’ibrido significhi rinunciare al latte. Nella stalla
di Henk i numeri parlano chiaro, e
lo stesso si può vedere anche in
altre stalle dove non sono certo
una rarità ibridi da 110 quintali e
Robustezza, muscolosità, statura ridotta rispetto alla Holstein in purezza, arti e piedi vigorosi: sono
alcune delle caratteristiche di questi incroci che si notano immediatamente
Estrao da Professione Allevatore - Numero 6 - 1/15 Aprile 2014
La mungitura è tutta automatizzata con quattro robot.
5
AZIENDE
desi che praticano il crossbreeding,
con le manze ibride che sono pagate più delle Holstein in purezza,
è innegabile che Hans abbia saputo vedere oltre il luogo comune.
Il reddito deriva
dall’aumento dell’efficienza
Hans Kerkhof, fondatore di Xsires.
oltre. Ma sono proprio le altre caratteristiche che permettono una
produzione di latte con costi così
bassi, come avviene da Henk. Sono
animali – spiega l’olandese – che
segnano il calore molto di più e più
a lungo, per cui è facile vederli (infatti nella sua stalla la rilevazione
è visiva), sono più fertili, sono un
po’ più piccole, è vero, ma non è
l’altezza di una vacca che le fa fare
il latte. E poi hanno arti forti e zoccoli duri che ne fanno animali capaci
di
sopportare
anche
condizioni di stalla non ottimali,
come lo stress da caldo e pavimenti
non ottimali, senza conseguenze.
Hanno grande muscolosità e forza;
la giusta inclinazione della groppa
è garanzia di conformazione regolare del canale di parto. La grande
differenza rispetto alla Holstein in
purezza è che l’incrocio non mette
su grasso a fine lattazione. La rotondità che mostrano è data dalla
muscolosità. Questo è positivo per
vari aspetti. Non ci sono praticamente problemi di chetosi nel post
parto a seguito della mobilizzazione del grasso depositato e anche
in situazioni critiche questa robustezza maggiore della bovina unitamente al suo vigore fa sì che il
tutto si risolva senza bisogno di intervenire.
C’è poi un vantaggio anche in termini di prezzo di vendita del vitello, che proprio per la sua
muscolosità viene acquistato dagli
ingrassatori a un prezzo maggiore.
Lo stesso vale per le vacche vendute a fine carriera. Tutte voci che
aggiungono reddito.
6
Uno dei tre nuovi impianti per la lavorazione del latte in costruzione in Olanda (questo è della
neozelandese Fonterra). Aumenteranno del 28% la quantità di latte lavorabile prodotta nei Paesi
Bassi. In vista della fine del regime delle quote latte, l’Olanda sta vivendo un momento di frenetica
preparazione (le stalle esistenti vogliono crescere e chi ha abbandonato negli anni passati è pronto
a rientrare) per spingere al massimo la propria produzione di latte al più basso costo di produzione
possibile.
Holstein x Rossa Norvegese x
Fleckvieh: alchimia perfetta
Abbiamo citato più volte il crossbreeding senza mai entrare nello
specifico delle razze utilizzate qui.
Nella stalla di Henk è applicato lo
schema di incrocio a tre vie Holstein x Rossa Norvegese x Fleckvieh. Nella mandria è già possibile
vedere una trentina di F3 in lattazione su cui si è tornati a dare di
nuovo la Rossa Norvegese, per ricominciare il giro. Di fatto delle
Holstein di ritorno, ma ad alta
produzione, fertilità e longevità.
Questa combinazione è quella che
consente di massimizzare l’eterosi
nel tempo con tutti i suoi vantaggi,
ma anche di fondere le migliori caratteristiche di ogni razza. Semplificando: la Holstein porta la sua
grande produttività, la Rossa Norvegese la fertilità e la salute, la
Fleckvieh la robustezza e la muscolosità. Il risultato è quella che
Henk definisce la Frisona del futuro: produttiva, fertile, robusta,
sana, longeva, capace di adattarsi
anche a condizioni di stalla e di gestione non perfette, con una capacità elevata di trasformazione
dell’alimento, con minimi costi. La
Holstein attuale, sostiene, è troppo
delicata per allevamenti di grandi
dimensioni, con poco personale e
necessità di avere meno complicazioni possibili. Perfetta per mandrie di 40-50 capi, ma per mandrie
più numerose richiede troppo lavoro per essere ancora redditizia.
Sono gli stessi concetti che ripete
Hans Kerkhof, fondatore di Xsi-
res, azienda genetica specializzata
nel crossbreeding, compartecipata
al 50% da Geno. Certo, lui (ma
anche Henk, essendo socio e fondatore di Xsires) potrebbe essere
accusato di parlare per interesse di
parte. Tuttavia la credibilità di
Hans è sostenuta dal fatto che
fondò Xsires in Olanda anni fa, lasciando Alta Genetics di cui era responsabile vendite per Benelux e
Nord Europa. Uno, insomma, che
della Holstein sapeva tutto e sapeva bene cosa è una bella vacca.
Eppure - racconta - si convinse che
la Holstein in purezza non poteva
avere un futuro per i sui limiti crescenti legati alla consanguineità,
che avrebbero reso la sua presenza
in stalle numerose, sempre più automatizzate, con poco personale,
talmente impegnativa e onerosa da
renderla antieconomica.
Così lasciò la via maestra e iniziò
il sentiero stretto dell’incrocio.
Tutto il mondo è paese, e anche in
Olanda pochi capivano la sua
scelta, che fossero venditori di genetica o allevatori. L’abbandono
della Holstein in purezza era visto
come un azzardo o un’eresia, comunque niente di cui fidarsi. Tuttavia, quando nelle prime stalle
degli allevatori-pionieri hanno cominciato ad essere munte le vacche
ibride, lo scenario e l’atteggiamento è cambiato. Racconta Hans
Kerkohf che, quanto più entravano in produzione vacche frutto
di incrocio, tanto più cresceva la richiesta di seme di Rossa norvegese
e Fleckvieh. Passata una decina
d’anni, con il 20% di stalle olan-
Il reddito si fa con tanto latte e il
latte si fa con tante vacche fresche
in stalla, quelle capaci di trasformare l’alimento in latte con la maggiore efficienza. Ma per avere tante
vacche fresche in stalla bisogna riuscire a ingravidarle prima possibile.
Non solo. Bisogna fare anche in
modo che durino in stalla, che si
ammalino poco e non richiedano
costi di gestione troppo elevati.
Questo dovrebbe essere il paradigma per le stalle che vogliono
crescere e stare sul mercato. Ogni
sforzo va pertanto orientato verso
tutto ciò che può portare a un miglioramento nelle voci descritte. La
forza dell’incrocio – fatto come si
deve, però, spiega Hans Kerkhof:
cioè su tutta la mandria, con uno
schema di incrocio valido, seguito
con metodicità e senza cambi in
corso d’opera, utilizzando i migliori tori per ciascuna razza utilizzata – è che, “senza richiedere un
investimento aggiuntivo (il costo
del seme è praticamente lo stesso)
si possono ottenere vantaggi notevoli e immediati. Se lo stanno facendo gli olandesi con questi
numeri, se lo stanno facendo gli
americani, dove si stima che nei
prossimi anni il 20% delle vacche
da latte presenti nelle stalle saranno
ibride non c’è motivo per cui non
si possa fare altrettanto, con gli
stessi vantaggi, anche in Italia”.
Certo, anche Diego Galli, direttore
di Geno Italy, dicendo questo può
essere accusato di tirare l’acqua al
suo mulino. E sono in molti a opporsi all’incrocio e difendono a
spada tratta il dogma della purezza
di razza. Ma con i numeri di fertilità, di presenza media in stalla
delle bovine, di costi sanitari, di
problemi gestionali che ci sono mediamente in Italia nessuno può
pensare che non sia necessario e urgente fare qualche cosa per abbassare i costi di produzione e
migliorare la redditività della stalla.
Il mondo del latte va di fretta: nel
nord Europa non aspettano altro
che la fine delle quote per spingere
al massimo la loro produzione. È
una sfida a cui si deve rispondere
con vigore. Magari ibrido. •
Estrao da Professione Allevatore - Numero 6 - 1/15 Aprile 2014
10177 Braut
“Toro dell’anno per il
crossbreeding 2013!”
Braut è il toro Rosso Norvegese più
esportato di tutti i tempi ed ha già
figlie in oltre 22 paesi del mondo.
Braut è stato per gran parte degli
ultimi dieci anni saldo ai vertici
della classifica TMI ed ha ancora
oggi una prova molto forte. Il blog
internazionale “The Dairy Crossbred
Blog;” lo ha votato come miglior toro
del 2013! In Italia ha già venduto oltre
30,000 dosi mentre in Olanda oltre
50,000 fecondazioni fatte negli ultimi
cinque anni.