Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46/art. 1, comma 1, DCB Roma - Prezzo copia euro 0,20 MENSILE DIRCREDITO ncontri I idee&fatti novembre 2014 anno IV 26 UN MONDO DEL LAVORO CHE SI TRASFORMA... www.dircredito.info informati con DirCredito www.dircreditoincontri.it il nuovo sito “esclusivo” del periodico Incontri idee&fatti Incontri idee&fatti Anno IV - numero 26 - novembre 2014 Editore: DirCredito Direttore responsabile: Franz Foti Vice Direttore: Cristina Attuati Comitato di direzione: Maurizio Arena, Silvana Paganessi, Franz Foti, Cristina Attuati Hanno collaborato a questo numero Luciano Arciello, Maurizio Arena, Cristina Attuati, Paolo Baldasserini, Silvio Brocchieri, Dante Columbro, Franz Foti, Elisabetta Giustiniani, Livio Iacovella, Claudio Minolfi, Agnese Ninci, Giulio Pomar, Dante Sbarbati, Vittorio Verdenelli, Dip. legale, sindacale, contrattuale. Progetto grafico: Claudia Spoletini Stampa: Orfeo Planet s.r.l. - Roma Redazione: Via Principe Amedeo 23 - 00185 Roma Periodico telematico: Reg. Trib. Roma n. 118/2014 Perriodico cartaceo: Reg. Trib. Roma n. 441/2005 Iscrizione al ROC n. 13755 chiuso in tipografia il 12 novembre 2014 SOMMARIO IL PUNTO BASF, multinazionale d’eccellenza. Attrae i migliori talenti, trattiene... L’EDITORIALE Un mondo del lavoro che si trasforma... INTERNAZIONALE Brevi dal mondo POLITICA Jobs Act, l’inquietante incognita del demansionamento professionale Renzi e l’employability, sassata nell’acqua o realtà imminente GIOVANI Obiettivo Giovani: autonomia e indipendenza LEGALE Osservatorio sulla giustizia Il filo d’Arianna BANCHE I miracoli delle banche. Entra nel futuro, c’è un mondo possibile SINDACATO Stress Test: positivi o meno, le soluzioni sono le stesse LAVORO Fuga dall’Italia, quasi 100.000 persone nel 2013, un terzo sono giovani ESODATI Banche: 6 le differenze fra un esodato e un pensionato Esodati esercito senza difese ECONOMIA Liberalizzazioni e globalizzazioni azzerano la civiltà democratica... SOCIETÀ Negli USA si combatte per affermare i diritti primari dei lavoratori Cucinelli SpA: il lavoro al centro del valore umano PENSIONATI Carissimo Pensionato... CURIOS@NDO Banksters, l’Economist bolla così i misfatti della City Un’Officina per due: salotto di meccanica solo per donne Donatella Visconti, prima e unica donna presidente di una banca SpA Finiscono nella riconversione 35milioni di Pneumatici Fuori Uso Partono i preparativi per fine anno 4 5 6 7 8 10 12 15 13 14 16 18 19 20 22 23 UN MONDO DEL LAVORO CHE SI TRASFORMA... 24 26 27 28 30 31 SPECIALE INSERTO I Procedimenti Disciplinari, per vederci più chiaro I ncontri augur i! 2015 - novembre 2 014 n 3 n I L P U N TO Il fatto del mese BASF MULTINAZIONALE D’ECCELLENZA ATTRAE I MIGLIORI TALENTI, TRATTIENE I MIGLIORI DIPENDENTI Una multinazionale della chimica con sede in Germania, la Basf, ha deciso di esportare in Italia e pre- cisamente a Pontecchio Marconi il modello di relazioni industriali tedesche. Un accordo firmato da azienda e sindacati garantisce, ai 286 dipendenti dello stabilimento, un contributo significativo per co- prire i costi dei libri scolastici dei figli, un sostanzioso premio di risultato e dei permessi retribuiti per visite mediche e diritto alla studio. La Basf è solo l’ultima tra le aziende tedesche ad aver applicato modelli di welfare aziendale in Emilia Romagna. I contributi erogati dall’azienda non verranno equiparati alla retribuzione ordinaria e quindi non avranno effetto su altre incidenze come, per esempio, il trattamento di fine rapporto. Anche i lavoratori studenti potranno contare su 180 ore triennali di permessi retribuiti, il 20% in più ri- spetto a quanto previsto dal contratto nazionale dei chimici. Nell’accordo inoltre viene evidenziato che il contratto di riferimento è quello a tempo indeterminato, che l’uso della flessibilità è controllato. Nel caso di nuove assunzioni con il posto fisso, l’azienda assicurerà una corsia preferenziale ai lavoratori che hanno già operato a Pontecchio Marconi con contratti atipici. Infine, l’accordo prevede un rimborso chilometrico per il tragitto casa-lavoro e la possibilità di accedere all’aspettativa in caso di malattie gravi di figli o congiunti o, nel caso migliore, del festeggiamento di diploma o laurea. Il premio di risultato verrà calcolato, invece, sulla base di 4 fattori: sviluppo sostenibile, remunerazione del capitale, produ- zione e soddisfazione dei clienti. La corretta applicazione di tali parametri verrà monitorata da una commissione paritetica, nominata dall’azienda e dai sindacati. L’obiettivo dichiarato dell’azienda è quello di rendersi appetibile come luogo di lavoro, per poter attrarre i migliori talenti e trattenere i migliori dipendenti. 4 n novemb re 2014 - In cont ri DirCredito Comunicazione L’ E D I TO R I A L E n UN MONDO DEL LAVORO CHE SI TRASFORMA... Fondamentale un punto di partenza comune per garantire a tutti i lavoratori i diritti minimi di Maurizio Arena peraltro già pesantemente falcidiate dagli esodi massicci, ma di fatto cancellerebbe ogni prospettiva di crescita professionale anche tra coloro che si affacciano oggi nel mondo del lavoro, trasformando definitivamente i bancari in meri esecutori di ordini, spesso formulati da chi una banca non sa nemmeno come è fatta. La banca non è e non deve diventare un supermercato: ai bancari spetta il delicato compito di intermediare fiducia e ciò richiede un elevato livello di preparazione e di competenze. Il nostro obiettivo è quello di lavorare per il riconoscimento e la certificazione delle specificità professionali. Depauperare il capitale umano come ha in animo di fare qualche banchiere che si sente “particolarmente illuminato” ci sembra un’operazione suicida, soprattutto rispetto alle sfide di rinnovamento che attendono il settore. Il cambiamento, tanto invocato, non va respinto a priori, ma non va nemmeno accettato supinamente, va governato ed indirizzato per far si che produca effetti positivi anche per chi ne viene investito. Non temiamo di misurarci con un mondo del lavoro che si trasforma con una velocità inimmaginabile, ma invitiamo le banche, che ancor oggi non brillano per lungimiranza, a coinvolgere i colleghi in questo ineluttabile processo di cambiamento che non deve essere colto strumentalmente per destrutturare il settore. “ La banca non è e non deve diventare un supermercato: ai bancari spetta il delicato compito di intermediare fiducia e ciò richiede un elevato livello di preparazione e di competenze I ncontri - novembre 2 014 n “ In queste ultime settimane è entrata finalmente nel vivo la trattativa sul rinnovo del contratto di lavoro per più di 300.000 bancari. La strada si è presentata da subito in salita, visto che i banchieri, manco a dirlo, sembrano ancora una volta più interessati a tagliare il costo del lavoro, piuttosto che a mettere in campo progetti innovativi per rilanciare le banche e allentare la stretta creditizia nei confronti di imprese e famiglie per cercare di dare slancio all’economia del Paese. DirCredito è più che mai determinato a non mollare e a non accontentarsi di un contratto a tutti i costi. Non accetteremo gli ennesimi sacrifici per il lavoratori. Riteniamo infatti che, contrariamente a quanto stia tentando di fare ABI che vorrebbe depotenziare la contrattazione nazionale, demandando a livello aziendale temi importanti come il salario e gli inquadramenti, si debba avere un punto di partenza comune per garantire a tutti i lavoratori, a prescindere dal livello di sindacalizzazione delle loro aziende, dei diritti minimi. Ciò non significa indebolire il potere contrattuale di quelle aziende che vantano buoni risultati e dalle quali ci aspettiamo dei riconoscimenti concreti all’apporto dato dai lavoratori. Come sindacato che rappresenta le alte professionalità intendiamo inoltre batterci contro il tentativo di appiattire ulteriormente la categoria, prevedendo una riduzione dei livelli e una fungibilità piena nell’area dei Quadri direttivi. Siamo convinti che ciò non solo pregiudicherebbe le professionalità esistenti in azienda, 5 n INTERNAZIONALE BREVI DAL MONDO Notizie, fatti e curiosità oltre i confini PAKISTAN ALLO STUDIO LA FEDERAZIONE DEI SINDACATI DELLA FINANZA I sindacati del settore finanziario pakistano sono sempre più convinti che riunirsi sotto un'unica federazione potrebbe portare vantaggi e maggiore forza all'attività sindacale. Recentemente UNI Apro (UNI ASIA & Pacific - parte di Uni Global Union) ha organizzato un incontro a Islamabad per facilitare la discussione e il processo aggregativo. Sono stati toccati aspetti quali la necessità di uniformarsi agli standard internazionali per quanto riguarda la qualità delle condizioni di lavoro e sono stati presi impegni finalizzati a facilitare l'organizzazione e il consolidamento delle strutture sindacali nelle banche del settore privato. BRASILE I BANCARI APPROVANO LA PROPOSTA CONTRATTUALE DEI BANCHIERI Un'ampia maggioranza di lavoratori bancari brasiliani, riuniti in assemblea, hanno recentemente approvato la proposta di rinnovo contrattuale formulata dall'Associazione locale dei banchieri. Ne è conseguita l'interruzione dello sciopero nazionale che durava ormai da vari giorni. Positivo il risultato della negoziazione per quanto attiene la parte 6 economica: lo stipendio base dei bancari è ora pari a 1796 Real, contro una media degli altri settori pari a 879 Real. In termini reali, dal 2004 l'incremento è stato superiore al 20%. I bancari brasiliani hanno ottenuto migliori condizioni anche per quanto attiene la qualità delle condizioni di lavoro, in particolare con riferimento alle pressioni commerciali anomale. USA - CHICAGO L’EX GOVERNATORE DELLA FED, BEN BERNAKE, NON RIESCE A FARSI RIFINANZIARE IL MUTUO La questione, commenta il N.Y. Times, è la carenza di flessibilità. Più i mutui sono diventati un processo automatico - basato su formule legate alla storia occupazionale di un individuo e il suo "credit score", il punteggio che misura la presunta capacità di pagare in tempo affitti, rate e bollette - meno spazio c'è per un addetto di una banca nel decidere con il buon senso che Bernanke avrà flussi sufficienti per pagare il suo mutuo. Giova ricordare che l’ex governatore ha un contratto quasi milionario. E se ciò non bastasse, va ricordato che il suo patrimonio netto spazia da 1,1 milioni a 2,3 milioni di dollari. Nel caso specifico, la spiegazione del rifiuto è probabilmente che l'ex governatore avendo cambiato lavoro (da stipendiato FED a conferenziere n novemb re 2014 - da 250.000 dollari a intervento) non ha più entrate fisse e costanti, cosa che nel mondo dei mutui “governato” dagli algoritmi computerizzati, lo rende un individuo (in teoria) finanziariamente più rischioso. GERMANIA IL SINDACATO TEDESCO TEME IL CONTAGIO DEL JOBS ACT Hartwing Erb, segretario Provinciale dell'Ig Metal di Wolfsburg, il corrispettivo tedesco della Fiom, ha siglato un accordo con le tute blu dell'Emilia Romagna, affermando “nel modello tedesco il licenziamento senza giusta causa non esiste. Se l'Italia abolisce le tutele ai lavoratori, rischiamo un effetto domino in Europa”. L'accordo raggiunto, non solo per elaborare politiche comuni che tutelino i lavoratori nelle fabbriche italiane e tedesche del gruppo Wolkswagen, proprietaria di Lamborghini e Ducati, ma anche per rivolgere uno sguardo all'Europa, perchè ciò che avviene in Europa influenza l'Italia e viceversa. CINA ADERISCE ALL’ACCORDO OCSE SUL SEGRETO BANCARIO Insieme ad altri 80 paesi la Cina è in procinto di firmare un accordo per la fine del segreto bancario. 51 finora sono le nazioni che hanno sottoscritto il Multilateral Competent Authority Agreement. In base al nuovo accordo la Cina aderirà pienamente nel 2018 e lo farà perchè la natura della sua economia si è ribaltata. All'inizio delle riforme lo scopo era attirare capitali per avviare il gigantesco motore della futura “fabbrica del mondo”, oggi la priorità è invece arrestare l'emorragia di liquidità che i nuovi cinesi ricchi portano all'estero. L'enorme campagna anticorruzione non ha arrestato la fuga di capitali all'estero e la ratifica dell'accordo con l'Ocse dovrebbe ridurre i posti dove gli evasori possono nascondere i propri soldi. In cont ri POLITICA n JOBS ACT, L’ INQUIETANTE INCOGNITA DEL DEMANSIONAMENTO PROFESSIONALE Troppe cose non dette sulla riforma alimentano dubbi e perplessità tra i lavoratori Nelle ultime settimane la battaglia sul Jobs Act, che è culminata con la mobilitazione della CGIL in Piazza San Giovanni dello scorso 25 ottobre, si è incentrata prevalentemente sull’articolo 18 e sulla sua prevista cancellazione per i neo-assunti. Da un lato il Presidente del Consiglio ha platealmente dato dei dinosauri, con il siparietto del gettone telefonico da inserire nell’iphone a chi si attacca alla norma che regolamenta i licenziamenti discriminatori nelle aziende con più di 15 dipendenti, in un contesto di sistema-paese in cui, lo dicono le statistiche, il lavoro a tempo indeterminato sembra essere diventato una chimera. Dall’altro una parte del sindacato e le forze di opposizione hanno minacciato lotta dura se anche una virgola verrà toccata di quello che a torto o a ragione viene comunemente inteso, da chi ce l’ha, e forse anche da chi vorrebbe averlo l’ultimo baluardo inviolabile dei diritti di chi lavora. Per chiarezza va ricordato che la bagarre che al Senato ha preceduto l’approvazione del testo, licenziato dal Consiglio dei Ministri, che non cita mai esplicitamente, e forse non a caso, l’oggetto della discordia, è solo il primo passo di una riforma del Lavoro voluta dal Premier e dai Mercati, ma ancora tutta da scrivere. Tuttavia uno degli aspetti contenuti nel Jobs Act che almeno fino ad ora è rimasto sottotraccia in una discussione che, come spesso accade nel nostro Paese, ha abbandonato il merito, per avvitarsi sul metodo e soprattutto sui distinguo ideologici, è quello del demansionamento. Si tratta di un fattore chiave soprattutto per quei soggetti, già occupati, che rischierebbero di veder modificate le loro mansioni, evenienza a oggi vietata dal Codice Civile. Pensiamo per esempio ad un settore come quello bancario in cui le ristrutturazioni si susseguono a ritmo incessante, spesso senza avere un disegno e quindi prospettive organiche. Cosa accadrebbe se, come si legge nella prima stesura del testo, fosse possibile prevedere una “revisione della disciplina delle mansioni, contemperando l'interesse dell'impresa all'utile impiego del personale in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale con l'interesse del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita, prevedendo limiti alla modifica dell'inquadramento”? In soldoni la Legge consentirà veramente al datore di lavoro di rivedere le mansioni del lavoratore, fino a modificarne al ribasso l’inquadramento? Quando si parla di “parametri oggettivi” per giustificare tutto ciò, chi sarà a I ncontri - novembre 2 014 n verificare e a certificare l’oggettività di tali criteri, un giudice o l’imprenditore stesso? E ancora quando si fa riferimento alla“tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita ed economiche” del dipendente che cosa si intende? Si tratta di domande non solo legittime ma doverose e dirimenti. Domande a cui il Governo ha il dovere di dare risposte univoche e precise per consentire a chi potrà essere soggetto alle nuove regole di giudicarle con serenità, senza venir inghiottito dal confronto ideologico e spesso strumentale, ma soprattutto senza venir, come spesso accade, ingannato da quello Stato che in molti casi invece di tutelare i propri cittadini più onesti e rispettosi delle regole li vessa rendendo le loro esistenze impossibili. Cristina Attuati 7 n POLITICA RENZI E L’EMPLOYABILITY, SASSATA NELL’ACQUA O REALTÀ IMMINENTE Ultimo mantra del premier, niente posto fisso, competenze e conoscenze per cambiare lavoro Posto fisso addio, cultura del cambiamento, innovazione tecnologica, formazione continua e il gioco è fatto. Detta così sembra di facilità disarmante. La nuova cultura del lavoro dovrebbe ispirarsi a questi nuovi principi abbandonando l’idea del posto fisso, scartando l’idea della permanenza a vita nella stessa azienda, disponendosi all’innovazione tecnologica. In sostanza la parola magica “employability” si riduce a questo. Nei primi anni ’80, nel mercato del lavoro milanese, fu condotta un’indagine sulle dinamiche del lavoro da cui risultava che i tempi medi di avviamento al lavoro erano di 3,5 mesi per i maschi e di 5,5 per le donne. Ma la cosa più interessante scaturita da quell’indagine fu che già da allora i quadri e i tecnici si spostavano da una azienda all’altra “ Muoversi rapidamente con taglio innovativo ed efficacemente nel mercato del lavoro è opportuno. E su questo penso abbia ragione Renzi. aspetti soggettivi e aspetti di sistema 8 n novemb re 2014 - “ Ma serve tenere in considerazione nel volgere di poco tempo e attraverso passaggi diretti, senza mediazione di uffici del lavoro. Questo processo interessava circa il 40% di quelle categorie professionali. Erano tempi in cui c’era un’economia in crescita, un tasso di disoccupazione “frizionale” del 3,5%, cioè quasi piena occupazione. La situazione attuale è un po’ diversa e il contesto, dentro cui si propone l’employability, dovrebbe tenere conto di nuovi fattori per non correre rischi di fughe precipitose e fuorvianti. Muoversi rapidamente con taglio innovativo ed efficacemente nel mercato del lavoro è opportuno. E su questo penso abbia ragione Renzi. Ma serve tenere in considerazione aspetti soggettivi e aspetti di sistema. Un lavoratore si sposta da un posto all’altro se mantiene almeno pari retribuzione o poco meno rispetto a prima. Uno spostamento in altra azienda, o nella stessa, con demansionamento o retribuzione ridotta suona, socialmente, come una sconfitta professionale. E tale viene considerata soprattutto dai manager aziendali. Se un dipendente si sottopone a colloqui per cambiare lavoro o azienda la prima cosa che gli si chiede è come mai ha maturato tale decisione e, se non risponde secondo le aspettative dei manager, è destinato all’insuccesso. Se poi si volesse cambiare settore di attività apriti cielo. Il dipendente, in questi casi viene sottoposto a “inquisizione” e non all’accertamento della sola vocazione e del livello delle sue abilità e competenze. Un dipendente si sposta da un posto all’altro se ha un minimo di garanzia che quel posto regga sul mercato almeno per un buon periodo di tempo vista la situazione disastrosa delle nostre aziende. In regime di disoccupa- In cont ri zione crescente la mobilità professionale deve essere sostenuta da una certezza di reddito. La cultura manageriale attuale non contempla nemmeno la mobilità interna, se non demansionata, figuriamoci se possa concepire una cultura del lavoro e dell’organizzazione fondata sull’employability. E ancor meno sopporterebbe la formazione permanente condotta sia all’interno sia all’esterno delle aziende medesime. Poi, di formazione per cambiare settore produttivo non se ne parla nemmeno. Ci sono anche aspetti di sistema. Una predisposizione al cambiamento deve presupporre che il sistema scolastico e universitario facciano educazione culturale alla flessibilità e all’adattamento soggettivo, adottando anche criteri didattici adeguati, corsi di studio che contengano elementi di specializzazione all’interno dei cicli di studio senza dover aspettare cinque anni dopo per conseguire le abilità professionali richieste dal mercato. La formazione deve avvenire all’interno delle stesse aziende o al di fuori di esse, prevedendo facilitazioni e non ostacoli. Il criterio dell’employability deve interessare sia l’ambito privato sia quello pubblico per non avere una forza lavoro e un’organizzazione sociale divisa in due. I lavoratori che vogliono intraprendere un percorso di mobilità volontaria dovrebbero usufruire di un riconoscimento aziendale aggiuntivo rispetto alle assunzioni normali perché liberano posti altrove e sono por tatori di nuove stimoli professionali. La formazione potrebbe essere anche affidata gratuitamente alla scuola della pubblica amministrazione con il taglio francese: alta qualità e diretta agli ambiti pubblici e privati, indistintamente. Il sistema delle imprese e le organizzazioni sindacali e professionali dovrebbero realmente considerare la valutazione del merito professionale come un baglio sociale ancorchè professionale perché garanzia effettiva di valore aggiunto, molto utile per la mobilità professionale. E sarebbe auspicabile che piani gratuiti di formazione per i vari livelli, inclusi quelli operai, venissero promossi proprio per facilitare anche la riconversione professionale evitando così costi inaccessibili ai più. La formazione dunque deve essere intesa come valore aggiunto permanente e non come zona a rischio dove parcheggiano i diseredati del posto di lavoro. Infine si dovrebbe considerare l’inno- I ncontri - novembre 2 014 n POLITICA n vazione senza farne un mito. L’innovazione tecnologica non sopperisce alle riduzioni di posti di lavoro falcidiati dalla crisi. Non c’è compensazione, né nuova occupazione tale da assorbire quella espulsa dalle aziende. Affidarsi all’innovazione tecnologica è ormai un tracciato obbligatorio per chiunque, ma non bisogna mai dimenticare che le risorse umane si muovono con l’intelligenza, la creatività e il rispetto della loro dignità. La cultura del posto fisso, nell’immaginario nostrano, è già una realtà in via di superamento e la crisi ha accelerato questa concezione della prestazione di lavoro. E non credo che le resistenze a questa nuova dimensione esistenziale siano da attribuire al fatto “che siamo stati progettati per il posto fisso” e che gli impedimenti al cambiamento derivino esclusivamente da questo fattore soggettivo. Da più parti, e non da ora, si continua a dire che il problema, invece, risiede nella stabilità del reddito, che è fonte d’equilibrio, serenità soggettiva e collettiva. I tempi sono ormai maturi per affrontare anche questo decisivo argomento e Renzi lo sa molto bene. Si attendono soluzioni a breve. Franz Foti 9 n G I O VA N I OBIETTIVO GIOVANI: AUTONOMIA E INDIPENDENZA Poche prospettive di lavoro, ma piena disponibilità, anche a trasferirsi all’estero LAUREARSI PER NIENTE Dalla ricerca "Formazione tecnicoscientifica e lavoro: l'esperienza dei giovani", condotta nel mese di settembre da Fondazione Sodalitas e Randstad Italia – su un campione di 1460 studenti, tra i 15 e i 29 anni – è emerso come quasi uno studente su due non prosegua gli studi dopo il diploma. Questo avviene principalmente per mancanza di risorse economiche, ma anche perché, fattore non di secondaria importanza, il campione preso in esame non ritiene che essere laureati aiuti realmente nella ricerca del lavoro. Infatti, sia alla scuola che all’università in genere, è sì riconosciuto un ruolo informativo, ma non quello di orientamento effettivo; motivo per cui, a dimostrazione del forte gap scuola-impresa-lavoro, 9 giovani su 10 chiedono n 10 n novemb re 2014 - di intensificare le esperienze in azienda durante il percorso scolastico. n LA FORMAZIONE NON BASTA In questo contesto, i dati 2013-2014 dell’Osservatorio “Giovani e Lavoro” di Fondazione ISTUD, rilevati in otto Paesi (Italia, Gran Bretagna, Germania, Polonia, USA, Brasile, Cina e India) e indirizzati a comparare gli orientamenti professionali dei giovani, dimostrano che i nostri studenti – uno su due – non riscontrano alcuna prospettiva professionale in Italia e non ritengono che investire il proprio tempo nella formazione possa fare la differenza. Altro dato rilevante è quello relativo alla “ricerca del posto di lavoro”: il 41,6% dei giovani italiani – contro, il 23,3% di Brasile, India e Cina – ritiene preferibile cercare lavoro all’estero. In cont ri G I O VA N I n LE COMPETENZE PERDUTE Il perdurare della crisi, accompagnato da scelte politiche poco o per nulla lungimiranti, non agevola certo la creazione di occupazione. Questo comporta il rischio di demotivare e deteriorare le competenze acquisite, comprimendo di fatto le possibilità per i giovani di entrare a far parte del mondo del lavoro. L’Istituto Toniolo, attraverso l’indagine “Rapporto Giovani” del luglio 2012, effettuata su un campione rappresentativo di 4.500 giovani, tra i 18 e i 29 anni, analizza i desideri e le prospettive di questo particolare “segmento” della società italiana. I grafici 1 e 2 evidenziano la capacità di adattamento dei giovani a una occupazione che non appaga, sia sotto il profilo del ritorno economico, sia per la mancata coerenza tra il lavoro svolto e il percorso di studi seguito. Nel grafico 3 si evidenzia come meno del 15% del campione ha lasciato il lavoro perché insoddisfatto, senza avere alternative concrete, ovvero i giovani occupati, o in cerca di occupazione, fanno della concretezza e della cautela alcune delle loro caratteristiche principali. Alla luce di questi dati, l’affermazione che i giovani non siano interessati a cercarsi un lavoro appare quantomeno poco aderente alla realtà dei fatti. La disponibilità a svolgere un lavoro anche sottopagato e non in linea con le proprie esperienze scolastiche sembra non “spaventare” la maggior parte di questi ragazzi che dimostrano, nel contempo, una propensione a trasferirsi all’estero notevolmente superiore a quella dei loro pari età stranieri. n IL NOSTRO COMPITO Il loro obiettivo è piuttosto quello di raggiungere una propria autonomia e indipendenza. Disperdere questa volontà, vanificando le competenze acquisite lungo il percorso scolastico, a volte poco agevole e soddisfacente dal punto di vista dell’insegnamento, sarebbe una colpa grave. Un grande er- n 1. IN GENERALE QUANTO È SODDISFATTO DEL SUO LAVORO? per nulla poco 4,4% abbastanza 20,9% molto 19,9% 54,8% 2. PERCENTUALE DI INSODDISFATTI PER VARI ASPETTI CONNESSI ALL’ATTUALE ATTIVITÀ LAVORATIVA Guadagno 50,2% Coerenza tra il suo lavoro e il percorso di studio 47,4% Stabilità del lavoro 36,7% Flessibilità di orario 34,0% Rapporto con i superiori 20,2% Rapporto con i colleghi 10,1% 10 0 20 30 40 50 3. PRINCIPALI MOTIVAZIONI PER CUI È TERMINATA LA PRIMA ATTIVITÀ LAVORATIVA DEI GIOVANI ITALIANI (PER ATTUALE STATO OCCUPAZIONALE) 50 45 46,1% n n 40 35,8% 35 27,8% 30 25 20 13,3% 15 10 4,6% 5 0 Non occupati Occupati Scadenza contratto 3,6% Licenziato/a 7% 12,6% 14,2% 14% 6,2% Chiusura o trasferimento attività rore e una mancanza di rispetto nei confronti di coloro che si impegnano realmente e di tutte quelle famiglie che affrontano notevoli sacrifici economici pur di “far studiare” i propri figli. La nostra è già la generazione che lascerà alle successive meno di quanto abbia trovato. Dobbiamo fare in modo, no- I ncontri 14,7% - novembre 2 014 n Nuovo lavoro Si è licenziato senza nuovo lavoro Altro nostante una congiuntura economica così difficile, che i giovani possano usufruire di tutte le opportunità possibili e che da parte nostra sia compiuto ogni sforzo per salvaguardare la loro dignità e le loro aspettative. E questo è un nostro dovere. Silvio Brocchieri 11 n LEGALE OSSERVATORIO SULLA GIUSTIZIA a cura di Claudio Minolfi n Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro Sentenza n° 18678 del 4 settembre 2014 Le sistematiche assenze “a macchia di leopardo” per malattia del dipendente, tra l’altro comunicate all’ultimo momento, con conseguente mancanza di continuità e proficuità, anche se in misura non eccedente il periodo di comporto, possono determinare per l’azienda una prestazione non sufficientemente utilizzabile, tale da rendere legittimo un provvedimento espulsivo. Così confermando una precedente decisione della Corte d’Appello di L’ Aquila, ha sancito la Suprema Corte di Cassazione che, con provvedimento del 4 settembre 2014, ha respinto il ricorso presentato da un lavoratore licenziato per le numerose e prolungate assenze registrate, quasi sempre, in coincidenza con giornate di festività, determinando, per l’impossibilità della regolare prosecuzione, giusta causa per la rescissione del contratto di lavoro. Nel caso in esame, tra l’altro, si è considerato possibile anche convertire il licenziamento per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo (art. 3 della Legge 604 del 1966), potendosi individuare nel comportamento del lavoratore quel grave inadempimento dei suoi obblighi che legittima in ogni caso la cessazione del contratto. La malattia, pertanto, non viene di per sé messa in rilievo, poiché le prolungate e continue assenze, anche se incolpevoli, rispetto alla globale attività resa dal lavoratore, hanno evidenziato la violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente, dando luogo per scarso rendimento a una prestazione non più utile per la produzione aziendale. “ ... si è considerato possibile convertire il licenziamento per giusta causa in licenziamento “ LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL LAVORATORE ASSENTE PER MALATTIE STRATEGICAMENTE DISTRIBUITE, SIA PURE IN MISURA NON ECCEDENTE IL PERIODO DI COMPORTO, STANTE L’INADEGUATEZZA DELLA PRESTAZIONE SVOLTA per giustificato motivo... n Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro Sentenza n° 11832 del 27 maggio 2014 LEGITTIMA LA CESSIONE DI RAMO D’AZIENDA SOLO SE RELATIVA A UNITÀ PRODUTTIVA CHE ANCHE DOPO IL TRASFERIMENTO AD ALTRA AZIENDA MANTIENE LA PROPRIA IDENTITÀ ECONOMICA 12 n novemb re 2014 - “ In cont ri ...esigenza di tutelare i lavoratori, in virtù di un generale divieto di esternalizzazione, dall’incontrollata espulsione di reparti o uffici “ Confermando quanto già deciso in primo grado dal Tribunale di Roma, quindi in secondo grado dalla Corte d’Appello della stessa sede, la Corte di Cassazione ha ribadito sia da escludere la configurazione quale cessione di ramo d’azienda per l’operazione riguardante attività non caratterizzate da una preesistente autonomia organizzativa e funzionale, presupposto essenziale per l’identificazione del ramo d’azienda. Più di una volta è stata sottolineata dalla Suprema Corte l’esigenza di tutelare i lavoratori, in virtù di un generale divieto di esternalizzazione, dall’incontrollata espulsione di reparti o uffici non coordinati tra loro e per nulla dotati di una loro preesistente autonomia produttiva, articolazioni unificate allo scopo solo dalla volontà dell’imprenditore.Tutela mirata a verificare, di volta in volta, che non ci si trovi di fronte al trasferimento di una struttura produttiva creata “ad hoc” e che il mutamento di datore di lavoro non sia altro che una forma di elusione delle norme.Come quindi affermato dai Giudici di Legittimità, in sintonia con le più recenti direttive europee e in linea con l’ormai radicata giurisprudenza comunitaria, si può ricondurre alla cessione d’azienda il trasferimento di un ramo di essa, purché si tratti di un insieme di elementi produttivi che già si presentino come autonoma unitaria entità e che mantengano tale identità anche successivamente al trasferimento. non coordinati tra loro... BANCHE n I MIRACOLI DELLE BANCHE ENTRA NEL FUTURO, C’È UN MONDO POSSIBILE L’offerta: 50% di posti in stage, 30% a tempo determinato, 10% in tirocinio e 10% a tempo indeterminato Dagli spot pubblicitari dei due maggiori gruppi di credito italiani emergono gli skills delle nuove figure professionali nelle banche. Le storie impossibili si realizzano grazie ai servizi del “mondo possibile” di Intesa Sanpaolo, mentre Unicredit ti permette di entrare nel “futuro” (nella sua Banca Store), per acquistare facilmente un nuovo bellissimo Samsung. Flessibilità di orari, a partire dall'apertura prolungata delle filiali, versatilità nei servizi, anche non propriamente bancari, capacità comunicative, commerciali e giovane età degli addetti. Mentre scriviamo sono in corso le trattative per il rinnovo del CCNL, dove il “passato” si ripropone nelle lente liturgie delle relazioni industriali. Nessuna vera novità, i sindacalisti fermi nelle difesa dei livelli occupazionali, i banchieri fissati sul taglio del personale. Un taglio che ha portato in 10 anni ad allontanare le figure specialistiche più importanti, professionisti che spesso se ne sono andati nelle finanziarie con il proprio portafoglio clienti. Nonostante la modernizzazione esaltata dalla pubblicità, i ruoli più richiesti dalle aziende di credito appartengono al passato, rinnovati dalla terminologia anglosassone e da internet. I private banker, gli investment advisor, i risk manager, gli audit manager, i compliance officer, si chiamavano gestori della clientela, consulenti finanziari, responsabili controllo rischi operativi, di credito e di mercato, ispettori, promotori e analisti finanziari. Leggendo le offerte di lavoro delle banche, troviamo altre figure professionali: Business Service, Web and Mobile Designer, Process e Governance IT, ICT Audit specialist, Public Distribution, Mobile Banking, Junior Java developer, Quantitative Risk analyst e via sproloquiando. Più della metà di que- ste offerte di lavoro propone contratti di “stage” retribuito, il 30% contratti a tempo determinato e il restante 20% spartito equamente tra tempo indeterminato e internship (tirocini). Impressionanti le competenze richieste: per alcune figure (quelle a tempo indeterminato) è necessaria un'esperienza dai 3 ai 5 anni nel settore specialistico e titoli di studio adeguati, per gli stagisti lauree in informatica, Ingegneria gestionale, Economia, Giurisprudenza, con votazioni superiori ai 100/110, ottima conoscenza della lingua inglese e dei pacchetti informatici. Per i tirocinanti inglese fluente, ottima conoscenza di tutti i pacchetti informatici, l'aver conseguito con voti alti gli esami fondamentali del proprio corso di studi. Praticamente dei geni, non molto svegli, disposti a lavorare gratis. Affermare che internet e la tecnologia abbiano rivoluzionato l'organizzazione I ncontri - novembre 2 014 n del lavoro in banca, è una banalità piuttosto scontata. Ma se vogliamo “entrare nel futuro” per realizzare “un mondo possibile”, allora è necessario che le banche facciano correttamente il proprio mestiere, ricordando che il Paese esige che siano affidabili e solide e non ricorrano a ogni mezzo per ottenere risultati a breve. Hanno perciò bisogno di professionisti seri nella valutazione dei rischi e degli investimenti, professionisti da formarecoltivare al proprio interno, professionisti che devono essere gratificati e pagati (contratti seri con progressione di carriera) e le cui funzioni non possono essere fungibili con quelle di giovani appena reclutati attraverso stage e internship. Altrimenti, sulla modernità, basterebbe la battuta: “dottò, a me ieri sembra già il futuro!” Elisabetta Giustiniani 13 n S I N D A C AT O STRESS TEST: POSITIVI O MENO, LE SOLUZIONI SONO LE STESSE Banca Carige – Monte dei Paschi di Siena – Unione di Banche Italiane Si chiude una procedura e se ne aprono due. Ancora, al centro delle trattative, esuberi, esodi, prepensionamenti, giornate di solidarietà – alle aziende – orari di apertura sempre più ampi, richieste di deroghe al Contratto Nazionale e così via. Dopo una lunga ed estenuante maratona, durata alcuni mesi e che aveva portato anche alla rottura, in Gruppo Banca Carige è stato raggiunto e sottoscritto un Verbale di Accordo circa le ricadute sul personale, derivanti dall’applicazione del Piano Industriale 20142018. L’operazione andrà a coinvolgere circa 1.200 risorse, di cui circa 600 ritenuti in esubero. In questo ultimo caso, per tutti coloro che hanno maturato o matureranno i requisiti AGO nell’arco della durata del Piano, l’uscita dal circuito produttivo avverrà tramite un “esodo incentivato obbligatorio” in quanto, per coloro che non dovessero 14 aderire, verrebbe applicata la L. 223/91 sui licenziamenti collettivi. L’Azienda procederà alla risoluzione del rapporto di lavoro per quei lavoratori che matureranno i requisiti di legge per aver conseguito il diritto alla pensione anticipata o di vecchiaia entro il 31/12/2018. Verifica delle domande di adesione all’esodo, relativo all’Accordo dello scorso mese di agosto, anche in Monte dei Paschi di Siena dove, entro la fine dell’anno, lasceranno il lavoro oltre 1.300 colleghi. L’operazione, che rientra nel processo di razionalizzazione degli organici del Gruppo, è inserita nel Piano Industriale 2013-2017 che quantifica in 8.000 le risorse ritenute in esubero di cui, a oggi, circa la metà già “realizzati”. Il Gruppo Carige e il Gruppo MPS sono oggi al centro dell’attenzione per l’esito negativo prodotto dai recenti n novemb re 2014 - “stress test” che la Banca Centrale Europea (BCE) ha reso noto nello scorso fine mese di ottobre. La riflessione che ne potrebbe derivare è se le iniziative – plurale maiestatis – elaborate nel tempo, per risolvere i problemi di competitività reddituale, ovvero esclusivamente il ricorso alla riduzione del costo del personale, lasciando inalterato quasi tutto il resto, siano soluzioni ancora da perseguire. La preoccupazione e soprattutto l’impressione, è che, come al solito, saranno ancora i lavoratori e le loro famiglie a pagare il conto per tutti. Il Gruppo Unione di Banche Italiane (UBI) che, invece, ha superato gli esami della BCE, ha comunque intrapreso la stessa strada già tracciata nel tempo, aprendo una nuova procedura – Articoli 18, 20 e 21 CCNL 19/1/12 – Tensioni occupazionali e Assetto distributivo. L’operazione, che vede il coinvolgimento di 1.277 dipendenti dichiarati in eccedenza, prevedrebbe per 500 di costoro il ricorso alle prestazioni del D.M. 158/2000 e successive modifiche e integrazioni, cioè il ricorso al “Fondo esuberi” e al “Fondo di solidarietà per il sostegno al reddito” per quelle aziende del Gruppo che hanno ancora capienza presso il Fondo stesso. Per le ulteriori 777 unità, l’azienda intenderebbe attivare diverse leve, tra le quali la flessibilità dell’orario di lavoro e altre misure economico-normative al momento non meglio specificate. Il tutto accompagnato dalla chiusura di 116 tra sportelli e minisportelli. Ora, quali che siano gli accadimenti e le situazioni da affrontare, positive o negative, il sistema bancario italiano, con i suoi manager, insiste nel perseguire – quale unica via percorribile – il ridimensionamento dei costi a spese del personale dipendente. A quando il salto di qualità? S. B. In cont ri LEGALE n IL FILO D’ARIANNA Suggerimenti per districarsi nel labirinto della vita quotidiana @ P E C - POSTA ELETTRONICA CERTIFICATA. ISTRUZIONI PER L’USO Di cosa si tratta e come funziona, quando e per chi è obbligatoria, utilità e vantaggi, costi del servizio Sempre più spesso sentiamo parlare di PEC, Posta Elettronica Certificata, e con analoga frequenza veniamo sollecitati a farne uso in modo facoltativo in alcuni casi, obbligatorio in altri. Il ricorso all’uso della Posta Elettronica Certificata, affidata a gestori ufficialmente accreditati dal competente organismo pubblico (CNIPA), consente in modo rapido e sicuro lo scambio di comunicazioni tra soggetti diversi mediante l’invio di e-mail la cui avvenuta spedizione, presa in carico da parte del gestore e consegna al destinatario. vengono celermente confermate con attestazioni di pieno valore legale. A richiesta, digitando un’apposita opzione, è possibile anche ricevere conferma del testo inviato, ottenendo certificazione del contenuto della comunicazione, circostanza impossibile per altri tipi di spedizione. Sia le caratteristiche che le varie modalità di funzionamento della Posta Elettronica Certificata, sin dal 2005, sono state disciplinate da normative intervenute per ampliarne, nel tempo, portata ed utilizzo. All’esordio, rientrando l’istituzione della @Pec tra le norme finalizzate all’incremento dell’informatizzazione della Pubblica Amministrazione, onde rendere più efficace ed incisiva la sua attività, facilitandone il dialogo con i cittadini, venne inizialmente sancita l’obbligatorietà di munirsi di opportuno indirizzo di Posta Elettronica Certificata unicamente a carico degli Enti Pubblici. E’ stato in tal modo consentito ai cittadini di evitare scomodi spostamenti e lunghe attese, rendendo possibile chiedere informazioni, inviare istanze e documentazioni agli Uffici Pubblici, nonché ricevere documenti e risposte senza sottoporsi a disagi, ma soprattutto avendo certezza sugli scambi di comunicazioni e plichi, evitando estenuanti perdite di tempo. Nel corso degli anni, tale obbligatorietà è stata estesa a tutte le società, ponendo l’acquisizione dell’indirizzo di Posta Certificata quale requisito per l’iscrizione al Registro delle Imprese, quindi è stata la volta di tutti i professionisti per l’iscrizione ai rispettivi Albi Professionali, finendo, per il momento, ad imporre tale iniziativa anche alle ditte individuali. E’ chiaro come oggi possa essere vantaggioso scambiare corrispondenza in modo rapido e validamente certificato; ciò però potrà avvenire esclusivamente tra mittenti e destinatari muniti di indirizzi @Pec acquisibili, a seconda dei casi e delle funzionalità concesse, gratuitamente o a pagamento presso i gestori legalmente autorizzati. Il più diffuso, gratuitamente fruibile per i Servizi Base, dei canali di Posta Elettronica Certificata è senza dubbio quello messo a disposizione dal Governo sul sito “www.postacertificata.gov.it” su cui è altresì possibile reperire tutte le necessarie informazioni per la registrazione e l’attribuzione di una casella personalizzata. Il descritto canale governativo è però utilizzabile solo per comunicazioni tra cittadini e Pubblica Amministrazione, e non quindi tra cittadini e altri soggetti privati. Gratuitamente vengono offerti, sui rispettivi siti web, analoghi servizi anche di altri enti autorizzati quali Poste Italiane, Libero.it, Wind o Aruba.it, ma il beneficio della gratuità è generalmente limitato solo ad alcuni mesi, intervenendo successivamente richiesta del pagamento di un canone, inizialmente modesto, che si spera resti tale anche in futuro. Claudio Minolfi I ncontri - novembre 2 014 n 15 n L AV O RO FUGA DALL’ITALIA, QUASI 100.000 PERSONE NEL 2013, UN TERZO SONO GIOVANI Occupazione negata, agenzie per l’impiego fallimentari e rifiuto della “panchina” La disoccupazione giovanile si è momentaneamente fermata, ma nulla lascia presagire un suo prosciugamento, nemmeno temporaneo. La crisi non tende a invertire la rotta e proposte di risveglio produttivo non sembrano pervenirne sui tavoli degli Istituti di rilevazione. I Centri per l’impiego e le Agenzie per il Lavoro segnano un fallimento esemplare! Solo il 5% dei giovani trova occupazione attraverso loro. Queste strutture per l’impiego sembra che occupino circa diecimila persone per un costo complessivo di 800 milioni di euro, pari a uno stipendio annuo per addetto di ben 80mila euro. “ Dire che siamo di fronte al disastro non ci distanziamo molto dalla cruda realtà. È evidente che il fenomeno della fuga dall’Italia per cercare lavoro diventa l’unica disperata “chance” per le nuove generazioni 16 n novemb re 2014 - “ da utilizzare, soprattutto In testa per numero di addetti c’è la Sicilia che registra la follia di 1.900 impiegati, seguita dalla Campania con 1.200 addetti e poi dalla Lombardia e dalla Calabria, rispettivamente con 1.000 e 800 addetti. L’inutilità di queste strutture è segnata anche dallo scarso interesse manifestato dal sistema delle imprese italiane. Solo il 2,2% di esse passa attraverso i centri per l’impiego per reclutare forza lavoro. I canali più utilizzati a questo scopo sono quelli che fanno capo a conoscenti e fornitori (63,9%). Seguono le banche dati (24,4%) e le società di lavoro interinale e internet (5,2). Al Sud solamente l’1,1% delle imprese si rivolge alle strutture pubbliche per l’impiego. La Calabria è addirittura attestata sull’1%. Dunque, ci troviamo di fronte a: sistema produttivo in recessione; investimenti ridotti a poca cosa; credito bancario che è quello che conosciamo e strutture di collocamento al lavoro ridotte come le abbiamo appena descritte. Dire che siamo di fronte al disastro non ci distanziamo molto dalla cruda realtà. È evidente che il fenomeno della fuga dall’Italia per cercare lavoro diventa l’unica disperata “chance” da utilizzare, soprattutto per le nuove generazioni. Fenomeno che non sembra destinato a fermarsi, ma che appare addirittura sottodimensionato in termini quantitativi. I dati della disperazione li fornisce la Fondazione Migrantes che ogni anno redige il Rapporto “Italiani nel mondo”. Secondo questo rapporto, nel 2013, si sono trasferiti all’estero 94.126 persone, con un incremento del 16%, pari a 15mila trasferiti in più rispetto al 2012. Si tratta di espatriati di sesso maschile nella misura del 56%, prevalentemente non coniugati, mentre il 34% In cont ri ncontri I idee&fatti novembre 2014 anno IV I PROCEDIMENTI DISCIPLINARI per vederci più chiaro n S P E C I A L E I N S E RTO 26 n S P E C I A L E I N S E RTO I PROCEDIMENTI DISCIPLINARI per vederci più chiaro 3 4 PREMESSA 5 NECESSITÀ DI UNA PREVENTIVA CONTESTAZIONE TEMPESTIVITÀ DELLA CONTESTAZIONE SPECIFICITÀ DELLA CONTESTAZIONE IMMODIFICABILITÀ DEL CONTENUTO DELLA CONTESTAZIONE 6 7 8 II FONTI NORMATIVE COSA FARE - TEMPI A CHI RIVOLGERSI DOCUMENTI NECESSARI OBBLIGO DI PUBBLICITÀ DELLA NORMATIVA DISCIPLINARE NECESSITÀ DELLA FORMA SCRITTA DELLA CONTESTAZIONE INDAGINI PRELIMINARI DEGLI ORGANI DI CONTROLLO RISPETTO DI UN CRITERIO DI PROPORZIONALITÀ DELLA SANZIONE ADOTTATA INDICAZIONE DEI TERMINI E DELLE MODALITÀ DI DIFESA DIVIETO DI MUTAMENTI DEFINITIVI DEL RAPPORTO DI LAVORO TERMINI PER LA COMMINAZIONE DEL PROVVEDIMENTO RECIDIVA SOSPENSIONE CAUTELATIVA IMPUGNAZIONE DELLE SANZIONI DISCIPLINARI E RELATIVE PROCEDURE IRROGAZIONE DELLA SANZIONE Testi a cura di DirCredito Comunicazione n n ove mbre 20 14 - I n con t ri I PROCEDIMENTI DISCIPLINARI per vederci più chiaro I PROCEDIMENTI DISCIPLINARI per vederci più chiaro n PREMESSA L’attività bancaria, in particolare quella dei Quadri direttivi, preposti alla gestione dei rapporti con la clientela ovvero, per la loro particolare mansione, tenuti all’osservanza di disposizioni di legge specifiche (trasparenza, riciclaggio, usura, privacy), comporta rischi operativi che, da tempo, determinano un aumento dei procedimenti disciplinari legati anche alla presunta inosservanza di normative interne, tutte volte alla tutela dell’azienda. Questo fenomeno deve indurre gli operatori a comportamenti attenti e rigorosamente rispettosi della normativa aziendale. Infatti, come previsto dal Codice Civile, è contemplato il diritto del datore di lavoro di esercitare un potere disciplinare, di natura sanzionatoria, a fronte di comportamenti del lavoratore che costituiscano inosservanza degli obblighi contrattuali e di quelli generali previsti dalla legge, indipendentemente dall’esistenza di un danno. Il potere disciplinare del datore di lavoro, che ha lo scopo di tutelare l'organizzazione aziendale e garantire il rispetto degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore, si fonda sul principio di subordinazione del prestatore di lavoro e si traduce nella possibile comminazione di sanzioni disciplinari nei confronti del lavoratore inadempiente. La sanzione disciplinare non è che l’ultimo atto di una procedura complessa (procedimento disciplinare), articolata in più fasi, i cui termini sono disciplinati dalla Legge e dai contratti collettivi di lavoro. È importante considerare che, in gran parte dei casi, il mancato rispetto della procedura sopra citata può comportare la nullità della sanzione. In sintesi, l’intero iter disciplinare si articola nelle seguenti fasi: 1. contestazione dell’addebito e contestuale assegnazione del termine per la risposta, che non può essere inferiore a cinque giorni 2. formulazione delle giustificazioni 3. comminazione della sanzione disciplinare o archiviazione del procedimento 4. impugnazione della sanzione da parte del lavoratore: In cont r i - - mediante ricorso all’Autorità Giudiziaria - mediante ricorso ad un Collegio di conciliazione e arbitrato – che preclude il ricorso di cui sopra – da azionare entro 20 giorni dall’applicazione della sanzione. In questa ipotesi, se il datore di lavoro non nomina il proprio arbitro nei termini di legge, la sanzione non avrà alcun effetto, ovvero la stessa resterà sospesa in ipotesi di ricorso all’Autorità Giudiziaria. Per quanto riguarda il piano legislativo, il codice civile interviene per regolare il potere disciplinare del datore di lavoro con alcuni articoli. Art. 2104 – prevede l'obbligo del lavoratore di usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta e l'obbligo di osservare le disposizioni impartite dall'imprenditore e dai suoi collaboratori, sia riguardo all'esecuzione della prestazione sia riguardo alla disciplina aziendale. novembre 20 14 n III n S P E C I A L E I N S E RTO la necessità della forma scritta della contestazione il rispetto di un criterio di proporzionalità della sanzione adottata n l’indicazione di termini e modalità di difesa n il divieto di mutamenti definitivi del rapporto di lavoro n la recidiva n la sospensione cautelare n le sedi e le modalità di impugnazione della sanzione disciplinare Particolare evidenza riveste la sanzione maggiormente rilevante comminabile al lavoratore: il licenziamento disciplinare. n n FONTI NORMATIVE Artt. 2014, 2105, 2106 codice civile Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro n COSA FARE – TEMPI In caso di ricevimento da parte del lavoratore di contestazione disciplinare è necessario agire con la massima tempestività. In particolare, è opportuno inoltrare richiesta per fornire le giustificazioni (controdeduzioni), meglio se accompagnati da un rappresentante sindacale .Tale richiesta deve pervenire al datore di lavoro tempestivamente e, comunque, entro 5 giorni solari (compresi i festivi) dal ricevimento della contestazione. n Art. 2105 – vieta al prestatore di lavoro di trattare affari in conto proprio o di terzi in concorrenza con l'imprenditore e di divulgare notizie riguardo all’organizzazione e i metodi di produzione dell'impresa, che possano arrecarle pregiudizio. Art. 2106 – introduce il principio della proporzionalità tra infrazione e sanzione. Successivamente la Legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori) ha profondamente innovato la normativa del codice civile. In particolare, l’art. 7 introduce una serie di limitazioni sostanziali e formali riguardanti l’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro, al quale viene comunque riconosciuto il diritto di esercitare un potere disciplinare. Potere che deve tuttavia essere attuato nel rispetto di precise norme anche di tipo procedurale. Le innovazioni introdotte dall'art. 7 Legge 300/1970 e dalle successive elaborazioni giurisprudenziali e dottrinali, nonché dalla contrattazione collettiva, riguardano: n l’obbligo di pubblicità del codice disciplinare n la necessità di una preventiva contestazione e suoi requisiti n la tempestività della contestazione n la specificità della contestazione n l’mmodificabilità del contenuto della contestazione IV n A CHI RIVOLGERSI n n Al sindacato (ufficio preposto) Studio legale specializzato in diritto del lavoro DOCUMENTI NECESSARI n lettera di contestazione disciplinare n eventuale precedente documentazione relativa ad altre contestazioni n documentazione relativa ai fatti oggetto della contestazione del datore di lavoro n normativa aziendale regolante la materia n n OBBLIGO DI PUBBLICITÀ DELLA NORMATIVA DISCIPLINARE Il comma primo dell’articolo n. 7 Legge 300/1970 prevede l'obbligo di affiggere in luogo accessibile a tutti i lavoratori il codice contenente le norme disciplinari, le infrazioni in relazione alle quali le norme disciplinari pos- n n ove mbre 20 14 - I n con t ri I PROCEDIMENTI DISCIPLINARI sono essere applicate e le procedure di contestazione. La normativa del codice disciplinare deve ricondursi a quella dei CCNL eventualmente applicati nella singola unità produttiva. La mancata affissione del codice disciplinare comporta, secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, la nullità del provvedimento adottato. Il codice deve essere affisso in un luogo accessibile a tutti i lavoratori e, nel caso di aziende con più sedi, in ogni singola unità aziendale. Inoltre, deve essere affisso in maniera permanente e deve sussistere al momento dell’infrazione commessa dal lavoratore e successivamente oggetto di contestazione. Il codice disciplinare deve contenere le sanzioni irrogabili a fronte di ogni singola infrazione e anche le clausole procedurali; in caso contrario è prevista la nullità dei provvedimenti disciplinari adottati per parziale incompletezza dell’avviso. Tuttavia, è ormai diffusa l’interpretazione secondo la quale, l’obbligo di affissione del codice disciplinare si considera assolto qualora il datore di lavoro abbia affisso la parte del CCNL riguardante le norme disciplinari, osservando i requisiti sopra detti. Va ulteriormente precisato che le sanzioni comminate per violazioni di principi deontologici appartenenti a qualunque persona sono ritenute valide anche in assenza di affissione del codice disciplinare. per vederci più chiaro NECESSITÀ DI UNA PREVENTIVA CONTESTAZIONE Il datore di lavoro non può procedere alla comminazione di sanzioni in assenza di preventiva contestazione al lavoratore dell'addebito e senza averlo sentito a sua difesa (se ciò viene esplicitamente richiesto). Ne consegue la nullità di sanzioni disciplinari comminate, come a volte succede, contestualmente alla contestazione degli addebiti di minor rilevanza. n n TEMPESTIVITÀ DELLA CONTESTAZIONE È stato ribadita dalla giurisprudenza la necessità che, ai fini della validità del successivo provvedimento disciplinare, la contestazione dei fatti avvenga tempestivamente, sia per consentire al lavoratore di esercitare in modo efficace il proprio diritto alla difesa, sia perché da parte del datore di lavoro deve essere applicato un criterio di correttezza e buona fede nell'esercizio del potere disciplinare che comunque gli deriva per legge. Pur non essendo previsto un termine rigido entro il quale la contestazione debba essere mossa, la giurisprudenza ha sottolineato la necessità della attivazione della procedura con “sollecitudine”, condizione ineliminabile per garantire al dipendente una effettiva possibilità di esercitare in modo adeguato ed efficace il proprio diritto di difesa. SPECIFICITÀ DELLA CONTESTAZIONE Il terzo principio introdotto dall’articolo 7 della Legge 300/1970, riguarda la specificità della contestazione. Una contestazione generica, non riconducibile a fatti concreti, circostanziati e circoscritti nel tempo, viola infatti il diritto alla difesa del lavoratore, in quanto gli impedisce una conoscenza adeguata dell'addebito mosso e può comportare la nullità della sanzione disciplinare adottata successivamente. n n IMMODIFICABILITÀ DEL CONTENUTO DELLA CONTESTAZIONE Altro requisito necessario per la validità del provvedimento disciplinare è l’immodificabilità del contenuto della contestazione rivolta al lavoratore. È pertanto illegittima la sanzione disciplinare adottata con motivazioni differenti da quelle contenute nella lettera di contestazione, o addirittura, come spesso si constata, sulla base di fatti e circostanze ulteriori di cui il lavoratore viene a conoscenza solo in occasione della emanazione della sanzione. In cont r i - novembre 20 14 n V n S P E C I A L E I N S E RTO n NECESSITÀ DELLA FORMA SCRITTA DELLA CONTESTAZIONE Affinché sia valida la procedura disciplinare occorre che la contestazione sia formulata per iscritto indicando in maniera precisa i fatti contestati, essendo radicalmente esclusa la possibilità di una contestazione in forma orale; in difetto nessuna sanzione adottata è legittima. n INDAGINI PRELIMINARI DEGLI ORGANI DI CONTROLLO Il datore di lavoro non può procedere a indagini preliminari prima che venga formalmente contestato l’addebito al lavoratore. Sul punto occorre tuttavia una precisazione: sono infatti state ritenute legittime brevi indagini preliminari volte all’esclusivo fine di consentire al datore di lavoro di acquisire gli elementi necessari per assumere la decisione di attivare la procedura, e ciò purché dette indagini preliminari non si trasformino in una anticipata procedura sommaria. Giova ricordare che talvolta il lavoratore viene chiamato dall’azienda a rendere conto delle proprie azioni e attività e fornire giustificazioni e motivazioni in relazione al suo operato. Questi “interrogatori” si traducono in un verbale scritto che, firmato dal lavoratore, costituisce confessione stragiudiziale. Occorre, pertanto, prestare la massima attenzione al contenuto delle dichiarazioni “spontaneamente” fornite. n RISPETTO DI UN CRITERIO DI PROPORZIONALITÀ DELLA SANZIONE ADOTTATA Il datore di lavoro, nel procedere alla comminazione della sanzione disciplinare, deve adottare un criterio di proporzionalità tra infrazione e gravità della sanzione. Questo principio è stato affermato dalla Giurisprudenza. Il giudice può sindacare il provvedimento disciplinare comminato dal datore di lavoro nel caso in cui non venga rispettato il criterio di proporzionalità, modificando la sanzione adottata dal datore di lavoro e applicando la sanzione corrispondente all’infrazione, in base a quanto previsto dal CCNL o dal regolamento disciplinare aziendale. La contrattazione collettiva e il CCNL del credito ha, di norma, individuato al proprio interno una gradualità di sanzioni riferite alle infrazioni: n il rimprovero verbale n il richiamo scritto n la sospensione (sospensione dal servizio e dal trattamento economico per un periodo non superiore a 10 giorni) n il licenziamento per “giustificato motivo” (per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore VI di lavoro) o “giusta causa” (per una mancanza così grave da non consentire la prosecuzione del rapporto) Il criterio di proporzionalità tra la mancanza e la sanzione comminata non comporta ovviamente il diritto del dipendente a vedersi progressivamente comminare tutte le sanzioni, a partire da quella più lieve; a fronte di fatti gravi e tali da interrompere il rapporto di fiducia potrà, infatti, legittimamente essere irrogata una sanzione “pesante”, anche nella ipotesi in cui il dipendente non abbia avuto precedenti disciplinari. n INDICAZIONE DEI TERMINI E DELLE MODALITÀ DI DIFESA Il comma quinto dell’art. 7 stabilisce che i provvedimenti disciplinari, salvo il rimprovero verbale, non possono essere adottati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione scritta dell’addebito, ovvero decorso il più lungo termine eventualmente indicato dal contratto collettivo di lavoro (10 giorni nelle Banche di Credito Cooperativo). Entro tale termine il lavoratore ha facoltà di presentare proprie dettagliate giustificazioni avvalendosi, se lo ritiene opportuno, dell’assistenza tecnica e specifica di un rappresentante sindacale. Non vi è obbligo per il lavoratore di presentare giustificazioni scritte. Il lavoratore ha il pieno diritto di scegliere se esporre le proprie controdeduzioni in forma orale, ovvero in forma scritta. Illegittima e, come tale, causa di radicale illegittimità della sanzione poi comminata, risulta la pretesa del datore di lavoro di avere controdeduzioni scritte, rifiutandosi di convocare un apposito incontro per le richieste difese, in forma orale. A tale proposito, appare utile sottolineare la delicatezza di quanto si indica nelle controdeduzioni scritte e, quindi, n n ove mbre 20 14 - I n con t ri I PROCEDIMENTI D ISCIPLINARI l’assoluta opportunità che il dipendente non produca difese “di getto”, ma si faccia sempre assistere dal rappresentante sindacale aziendale. Nel termine dei cinque giorni sono possibili eventuali integrazioni alle giustificazioni. Il dipendente, una volta ricevuta la lettera di contestazione, ha la possibilità di richiedere in visione la documentazione attinente quanto contestato. Tale richiesta non comporta un obbligo per il datore di lavoro di uniformarsi, ma generalmente il mancato accoglimento viene considerato come violazione del diritto di difesa. n DIVIETO DI MUTAMENTI DEFINITIVI DEL RAPPORTO DI LAVORO Fatto salvo quanto previsto dall’art. 3 Legge 604/66 in materia di giustificato motivo di licenziamento e dall’art. 2119 del codice civile in materia di giusta causa, i provvedimenti disciplinari non possono comportare mutamenti definitivi del rapporto di lavoro, vale a dire mutamenti di mansioni e/o trasferimenti. Inoltre, per quanto riguarda il provvedimento della sospensione, l’art. 7 della Legge 300/1970 stabilisce i limiti massimi di onerosità del provvedimento, limiti ripresi dalla contrattazione collettiva, con esclusione della multa, non prevista dal CCNL. n TERMINI PER LA COMMINAZIONE DEL PROVVEDIMENTO L’art. 7 Legge 300/1970 non indica un termine per l’irrogazione della sanzione disciplinare. Si intende in ogni caso che la comunicazione del provvedimento debba avvenire rispettando un criterio di tempestività. Talvolta la contrattazione collettiva è intervenuta, prevedendo un termine massimo entro il quale il datore di lavoro deve comunicare l’irrogazione della sanzione o l’archiviazione del procedimento. Il mancato rispetto dei termini stabiliti dalla contrattazione comporta la nullità della sanzione disciplinare. Ricorrenti problemi e discordanti interpretazioni hanno accompagnato il problema del conteggio dei giorni della procedura, in particolare con riferimento ai tempi di trasmissione degli atti per il tramite del servizio postale. per vederci più chiaro ferimento alla recidiva, affinché sia possibile la graduazione delle sanzioni. Ricordiamo, tuttavia, che la recidiva disciplinare, anche specifica, cioè relativa ai medesimi fatti, non può dar luogo automaticamente al licenziamento disciplinare per giusta causa, potendo il giudice comunque valutare nel merito la concreta gravità dei fatti oggetto dell’ultima contestazione presa in considerazione e di quelli già sanzionati. SOSPENSIONE CAUTELATIVA Il datore di lavoro può, per gravi motivi, sospendere il lavoratore dal servizio, corrispondendogli però l’intera retribuzione per il periodo strettamente necessario all’accertamento di sue eventuali responsabilità disciplinari. Rispetto alla sanzione disciplinare della sospensione della retribuzione, la sospensione cautelare, che non costituisce sanzione disciplinare, si caratterizza per il fatto che essa deve essere retribuita e può essere disposta unilateralmente dal datore di lavoro senza la specificazione del termine finale. n n IMPUGNAZIONE DELLE SANZIONI DISCIPLINARI E RELATIVE PROCEDURE Il lavoratore può impugnare il provvedimento davanti al giudice nel termine previsto di cinque anni oppure proporre ricorso al Collegio di conciliazione e arbitrato. In questa ipotesi il lavoratore, al quale sia stata applicata RECIDIVA L’art. 7, ultimo comma, della Legge 300/1970, stabilisce che “non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari, decorsi due anni dalla loro applicazione”. La lettera di contestazione, deve contenere esplicito rin In cont r i - novembre 20 14 n VII n S P E C I A L E I N S E RTO una sanzione disciplinare, può promuovere, nei venti giorni successivi all’applicazione, anche per mezzo dell’associazione alla quale sia iscritto, ovvero conferisca mandato, la costituzione tramite Direzione Territoriale del lavoro di un collegio di conciliazione e arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell’Ufficio del lavoro. Il lodo emesso dal Collegio non è impugnabile tranne nei casi di violazione della legge e di vizio della volontà. Va sottolineato che l’iniziativa di adire il Collegio di conciliazione e arbitrato è riservata al lavoratore, ma deve essere ricevuta dal datore di lavoro. Quest’ultimo, infatti, potrebbe non aderire alla richiesta di costituzione del Collegio; in tal caso è suo onere ricorrere al Tribunale. Qualora il datore non provveda, entro dieci giorni dall’invito rivoltogli dalla Direzione provinciale del Lavoro, a nominare il proprio arbitro in seno al collegio, il provvedimento disciplinare non ha effetto. Qualora, invece, il datore di lavoro si rivolga al giudice, la sanzione disciplinare rimane sospesa fino alla definizione del giudizio. Nel caso in cui sia il lavoratore a promuovere l’azione giudiziaria l’applicazione della sanzione non è sospesa. VIII n IRROGAZIONE DELLA SANZIONE L’azienda convoca il lavoratore per chiedergli di firmare per “ricevuta” la decisione con il provvedimento disciplinare: n in caso di “richiamo” apporre di proprio pugno la dicitura per “ricevuta”, la data e la firma, da cui decorrono 20 giorni per la eventuale impugnazione del provvedimento; n se la sanzione consiste in una “sospensione”, che le aziende cercano sempre di rendere efficace dal giorno della notifica, in caso di volontà di impugnazione è essenziale ricevere il documento chiedendo la contestuale sospensione del provvedimento disciplinare, spedendo contestualmente richiesta in tal senso alla DTL. n qualora si tratti di licenziamento, il provvedimento deve essere impugnato entro 60 giorni dalla sua comunicazione, mentre il diritto all’azione legale decade se non viene esercitato entro i successivi 180 giorni. n n ove mbre 20 14 - I n con t ri L AV O RO risulta essere coniugato. Le età dei nostri migranti sono concentrate prevalentemente nella fascia compresa fra i 18/34 anni, nella misura del 36%, e in quella di età 35/49 anni che raggiunge la cifra del 27% del totale. Quasi il 19% è rappresentato da minori e di cui il 10% ha meno di 10 anni. Le destinazioni sembrano collocarsi in ambito europeo e in primo luogo verso il Regno Unito che registra una crescita poderosa (71%) rispetto al 2013. I nuovi migranti italiani che si sono recati in quest’area geografica, all’inizio del 2014, sono 12.933. Evidentemente le modalità e la facilità di accesso al lavoro sono tali da incentivare questo flusso importante di persone giovani e meno giovani in cerca di reddito e di affermazione professionale. Al secondo posto per scelta geografica i nostri connazionali hanno preferito per l’espatrio le terre della Germania. Costoro sono 11.731 e segnano un incremento, rispetto all’anno presedente, dell’11,5%. Ma non viene disdegnata nemmeno la vicina realtà elvetica che con i suoi 10.300 emigrati italiani piazza un aumento del 15,7%. Il terzo posto, per flusso migratorio dal nostro Paese, viene riservato alla Francia con 8.402 unità e un incremento del 19,0%. Naturalmente la nostra migrazione non si è limitata al territorio europeo. Il Canada è sempre in testa con incrementi del 25%, mentre valori negativi si riscontrano verso Paesi come l’Uruguay che registra una diminuzione di nostri connazionali del 32%. Qualche discreta diminuzione del fenomeno migratorio lo si è registrato anche in Europa come nel caso dell’Austria che perde più del 4%. C’è anche una linea in controtendenza rispetto alle consuetudini migratorie. Un tempo il migrante proveniva dalle terre del nostro Sud, mentre gli attuali flussi provengono prevalentemente da regioni del nord Italia. In primo luogo la Lombardia che segna il primato con i suoi 16.400 emigrati, seguita da un’altra regione settentrionale, il Veneto, abbandonata da 8.750 persone. E al terzo posto, in termini migratori, si colloca una regione del Centro, il Lazio, che perde 8.200 abitanti. E c’è da sottolineare che ormai da anni la maggior parte dei nostri giovani migranti si colloca nella fascia dei creativi. Così facendo stiamo perdendo linfa vitale di ricambio generazionale nell’area I ncontri - novembre 2 014 n n della ricerca, dell’innovazione e della progettazione. “Nel 2001, l’allora Ministro dell’Università varò un programma per il rientro dei cervelli fuggiti dall’Italia, che si è rivelato scarsamente efficace, mancando le condizioni per il reinserimento. Dei 460 ricercatori, faticosamente riportati in Patria, infatti, solo 50 sono stati richiesti ufficialmente dagli atenei italiani e di essi solo un quinto avrebbe superato le forche caudine del Consiglio Universitario Nazionale. Bisogna anche ricordare che in Italia, dal 1985, le posizioni accademiche sono sostanzialmente bloccate per quanto riguarda il personale di ruolo. L’emorragia dei cervelli è, quindi, destinata a continuare, specialmente dal Sud: se si prende l’esempio della Puglia, si constata che annualmente il 45% dei 23.500 nuovi laureati lascia la regione, per lo più definitivamente”. Queste erano amare conclusioni del Rapporto “Italiani nel mondo” redatto nel 2010. Sono trascorsi quattro anni da allora, ma all’orizzonte niente, proprio niente di nuovo! In Italia si diventa professori associati, se tutto fila liscio, intorno ai cinquant’anni. Franz Foti 17 n E S O D AT I BANCHE: LE 6 DIFFERENZE FRA UN ESODATO E UN PENSIONATO Al termine dell’attività lavorativa si accede, normalmente, alla pensione. Per il settore del credito (e non solo) tuttavia, da qualche anno c’è un’alternativa: il cosiddetto “esodo”. Con questo termine, nel suo accesso più ampio, si intende un sistema di agevolazioni volto a incentivare i dipendenti che aderiscono – su base volontaria – a un piano di riduzione del personale conseguente alla dichiarazione di uno stato di crisi dell’azienda. Restando nell’ambito del settore del credito, ci limitiamo al significato, più ristretto, di personale in servizio non attivo, che riceve dal Fondo di settore un assegno mensile fino alla prima erogazione della pensione AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria). In sintesi si tratta di un pre-pensionamento, una condizione che può generare un po’ di confusione. Infatti capita spesso che un esodato si senta dire: “Beato lei che è in pensione!”. La situazione dell’esodato in effetti appare, a un osservatore esterno, simile a quella del pensionato: come quest’ultimo non si reca più al lavoro e riceve dall’INPS un assegno mensile. Ma le differenze con i pensionati ci sono, e sono rilevanti. Vediamole. 1) Il pensionato del settore credito ri- 18 ceve la pensione dall’INPS, con oneri a carico dello Stato. L’esodato riceve, per il tramite dell’INPS, un assegno mensile, detto assegno di sostegno al reddito, dal Fondo di Solidarietà del Credito (denominazione ufficiale: "Fondo di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale, per il sostegno dell’occupazione e del reddito del personale del credito”). Il relativo onere finanziario, trattandosi di attività straordinaria del Fondo, è interamente a carico della banca esodante. Non vi è pertanto utilizzo di denaro pubblico. 2) Il pensionato può liberamente svolgere un’attività lavorativa. Per l’esodato esistono invece diversi limiti se desiderasse lavorare durante il periodo di esodo. Addirittura, qualora lavorasse per un’azienda concorrente della banca esodante (quindi per un’altra banca, una società di gestione risparmi, una finanziaria, ecc.) tutte le prestazioni del Fondo di Solidarietà verrebbero sospese per il periodo di tale collaborazione. In ogni caso, qualsiasi attività lavorativa svolta durante il periodo di esodo deve essere comunicata (formalmente!) sia alla banca esodante che al Fondo di Solidarietà, pena la perdita di tutti i diritti di esodato. n novemb re 2014 - 3) L’entità della pensione è calcolata dall’INPS sulla base dei redditi percepiti negli ultimi 10 anni di attività lavorativa (sistema retributivo), o sui contributi pensionistici versati (sistema contributivo) oppure su una combinazione dei due (sistema misto). L’entità dell’assegno che riceve l’esodato è calcolata dall’INPS, con sistemi analoghi a quelli utilizzati per il calcolo della pensione, ma includendo nel computo anche i contributi figurativi che verranno versati all’INPS dalla banca esodante durante il periodo di esodo. Quindi sulla base dell’intera serie dei contributi, già versati e da versare, l’INPS esegue il calcolo con la stessa metodologia prevista per il pensionato in analoga situazione, applicando quindi gli stessi criteri di rivalutazione dei contributi, gli stessi coefficienti basati sull’età di pensionamento e lo stesso sistema (retributivo, contributivo o misto) previsto per un pensionato con le medesime caratteristiche. Pertanto l’importo dell’assegno dell’esodato dovrebbe coincidere con quello della pensione: tuttavia l’applicazione di correttivi, dipendenti dai termini peculiari dell’accordo di esodo sottoscritto con la singola azienda di credito, rendono l’assegno diverso (di norma inferiore) dalla futura pensione. 4) Il pensionato non contribuisce più al fondo pensione integrativo aziendale (se presente) ma anzi, ne riceve la prestazione, cioè un assegno mensile che integra la pensione AGO. L’esodato invece continua a contribuire al fondo pensione integrativo aziendale come un lavoratore in servizio attivo. 5) Di norma il pensionato può beneficiare della copertura assicurativa sanitaria integrativa (se presente in azienda), ma su base volontaria e a fronte del pagamento di un premio, correlato alle caratteristiche della relativa polizza. L’esodato beneficia invece della copertura assicurativa con oneri a carico della banca esodante, a seconda del proprio inquadramento, negli stessi termini di un lavoratore in servizio attivo. In cont ri 6) La pensione costituisce un normale reddito e come tale soggetto alla tassazione IRPEF. Il cedolino della pensione indicherà quindi l’importo lordo, la trattenuta IRPEF, e il netto erogato. L’assegno che riceve l’esodato invece è trattato fiscalmente a “tassazione separata”, come accade ad esempio per il TFR, e viene erogato già al netto dell’IRPEF (l’importo del TFR non viene infatti riportato in dichiarazione IRPEF). L’INPS rilascia all’esodato un CUD con indicazione di reddito soggetto a IRPEF pari a zero. L’esodato pertanto, se non dispone di altri redditi imponibili (come i proventi di una propria abitazione locata) non presenterà il Mod. 730 per la denuncia dei redditi. Altra conseguenza è che in assenza di dichiarazione IRPEF, eventuali benefici fiscali previsti dalla legge per detrazioni (vedi spese sanitarie) e deduzioni (vedi i contributi versati al fondo pensione integrativo aziendale) andranno persi. A meno che... l’esodato privo di reddito imponibile, oppure il cui reddito non superi nell’anno di imposta € 2.840,51, possa porsi a carico di un familiare che disponga invece di un reddito soggetto ad IRPEF. Quest’ultimo pertanto beneficerà delle detrazioni previste (come per coniuge a carico) e potrà scaricare dal proprio reddito imponibile alcuni degli oneri sostenuti dall’esodato, quali spese mediche, premi assicurativi sulla vita, contributi al fondo pensione integrativo (non sono deducibili altri oneri, quali ad esempio oneri di ristrutturazione edilizia). Questo sistema fiscale, adottato per l’erogazione dell’assegno all’esodato, trova origine nel 1996, quando la legge n. 662, prendendo atto dello stato di crisi di alcune aziende di credito, con conseguente rischio di licenziamenti, previde la costituzione di un Fondo di Solidarietà di settore anche nei servizi, dove mancava quel “paracadute sociale” che è la CIG (Cassa Integrazione Guadagni). Per il settore del credito il Fondo fu costituito nell’aprile del 2000, con apposito Decreto Ministeriale (n. 158 del 28.04.2000). Era stabilito che le sue erogazioni non sarebbero dovute gravare sulle finanze pubbliche: il Fondo si alimentava quindi con contribuzioni a carico sia dei lavoratori che delle aziende (in misura diversa a seconda del tipo di attività del Fondo stesso). Lo Stato partecipava tuttavia indirettamente, nel caso delle erogazioni agli esodati, concedendo un vantaggio fiscale consistente nell’applicazione di un’aliquota IRPEF ridotta rispetto alle aliquote ordinarie vigenti. Ne conseguiva il regime di “tassazione separata” per le erogazioni straordinarie del Fondo: è per questa ragione che l’assegno agli esodati è erogato al netto dell’IRPEF, per poter concedere questo vantaggio alle banche esodanti, sulle quali grava l’onere dell’assegno. Aggiungiamo che successivamente, nel corso degli anni, tale vantaggio fiscale E S O D AT I n è stato progressivamente ridotto fino a indurre le banche a valutare come troppo oneroso il sistema di accompagno degli esodati fino alla pensione: più recentemente si è fatto quindi ricorso a sistemi alternativi, con erogazioni ordinarie del Fondo, minori importi erogati e per periodi più brevi. Data la complessità e la frequente variabilità della normativa fiscale, riteniamo comunque opportuno sottoporre la propria situazione a un CAF, per una consulenza professionale aggiornata. Vittorio Verdenelli ESODATI ESERCITO SENZA DIFESE in 200mila ancora nel limbo Mentre i 32.100 esodati rientranti nelle previsioni della sesta salvaguardia si accingono a presentare le proprie istanze di tutela (la scadenza è fissata per il prossimo 5 gennaio), migliaia di altri “malcapitati” (tra 150 e 200 mila) continuano a vagare nel limbo, profondamente delusi dall’ultima legge di stabilità in cui non si spende per loro nemmeno una parola. In totale contrasto con quanto più volte anticipato dallo stesso Ministro del Lavoro sino ai giorni immediatamente precedenti alla presentazione del testo governativo, il provvedimento in questione non li cita neppure, quasi se ne negasse l’esistenza. Il Governo, infatti, ha preferito puntare sul “bonus maternità” sicuramente più gratificante da un punto di vista mediatico. Agli esodati senza paracadute non resta invece che continuare a soffrire, nella speranza di intaccare – persino attraverso la loro partecipazione ai tavoli della Leopolda – quel muro di gomma edificato contro di loro dalla riforma Fornero, che continua inesorabilmente a respingerli. Qualche dato più certo, ciononostante, viene comunque alla luce grazie alle istanze continuamente reiterate: l’ultimo, in ordine di apparizione, è quello fornito dall’Inps sulla consistenza degli esodati ricadenti nelle stesse tipologie delle ultime due salvaguardie, ma con maturazione del loro trattamento pensionistico secondo le vecchie regole entro il 2018. Si tratta di 21.000 persone nel 2016, 11.400 nel 2017, 13.800 nel 2018, per un impegno di spesa aggiuntivo stimabile in non più di 1 miliardo di euro in 6 anni. Si tratta di un impegno così limitato in quanto troverebbe parte della copertura, come avvenuto per la sesta salvaguardia, nelle economie sulle somme già stanziate – ma non utilizzate – per le prime sei salvaguardie. Perché mai precludere loro la possibilità di salvezza, magari da verificare anno dopo anno? E perché alcuni dei nostri parlamentari intenderebbero chiudere in modo così vergognoso una vicenda già di per sé indegna in uno Stato di diritto? Sinceramente non possiamo che continuare – come peraltro stanno facendo, sia pure con grande difficoltà, anche alcuni tra i nostri rappresentanti nelle sedi istituzionali – nel nostro impegno di costante denuncia sino a quando non si troverà una valida soluzione per migliaia di lavoratori senza difese. Giulio Pomar I ncontri - novembre 2 014 n 19 n ECONOMIA LIBERALIZZAZIONI E GLOBALIZZAZIONI AZZERANO LA CIVILTÀ DEMOCRATICA DELL’OCCIDENTE Uniche vie d’uscita centralità e dignità del lavoro, sviluppo, equità fiscale e solidarietà Durante quasi tutto il secolo scorso, l’espansione economica determinata dall’industrializzazione nei paesi democratici entrati nella sfera d’influenza americana, ma sollecitati a migliori principi di eguaglianza sociale sotto la forte spinta politica esercitata dai paesi a regime socialista, ha consentito il raggiungimento di sostanziali conquiste sociali che hanno prodotto, a fianco della crescita economica, un migliore equilibrio nella redistribuzione dei redditi prodotti. Lo sviluppo economico, caratterizzato dalle “lotte sindacali“, dagli scioperi e dalle proteste dei lavoratori che chiedevano e ottenevano, in qualche misura, di migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro, ha quindi prodotto in questi paesi condizioni di vita per tutti, in linea generale, assolutamente migliori di quelle vissute dagli stessi popoli nei secoli precedenti. “ Ciò che è successo negli ultimi vent’anni, con l’avvio delle liberalizzazioni e della globalizzazione, fa ritornare la civiltà democratica indietro di quasi cento anni, nonostante le mirabolanti invenzioni il ventesimo secolo 20 n novemb re 2014 - “ che hanno caratterizzato Il progresso è stato riscontrabile quindi, non solo sul piano dell’economia, ma anche sul piano delle libertà democratiche e delle conquiste sociali. Nei posti di lavoro non si parlava solo di incrementi salariali, ma anche di “qualità della vita”. La tutela della salute, il diritto dei lavoratori, il tempo libero, sono stati percepiti ovunque, in questi paesi regolati da norme dello Stato che li ha fatti sembrare “diritti inalienabili”. Ciò che è successo negli ultimi vent’anni, con l’avvio delle liberalizzazioni e della globalizzazione, fa ritornare la civiltà democratica indietro di quasi cento anni, nonostante le mirabolanti invenzioni che hanno caratterizzato il ventesimo secolo. Il risultato degli eccessi prodotti dalle liberalizzazioni è stata la recessione del 2007, poi sfociata nel 2011 anche in Europa. Benché sconsigliati dai migliori economisti a livello mondiale, la Bce e i commissari europei hanno voluto imporre una politica di severo rigore economico assolutamente fuori tempo e hanno così provocato una crisi gravissima in tutto il continente che ora è compito dei nuovi governi cercare di risolvere. Non si può quindi dare colpa alla generazione, arrivata dopo, di quelle scelte, tuttavia è loro compito e dovere farsene carico ora per correggere gli errori e riavviare l’economia italiana in grave stato di sofferenza. Invece, assistiamo con poche differenze alla solita sequela di promesse politiche largamente inattuabili. Soprattutto quelle sul lavoro e sulla ripresa economica. Come può l’Italia sperare di uscire stabilmente dalla crisi senza prima aver raggiunto la piena occupazione? Dove non c’è lavoro e adeguata distribuzione del reddito tutto entra in tensione e in competizione per accaparrarsi quel In cont ri ECONOMIA n poco reddito che la spirale negativa tende costantemente a ridurre. Questa è l’incognita del futuro e il problema contingente è quello della disoccupazione, che in Italia è persino in crescita. Dopo anni di finanziarizzazione dell’economia, con i risultati sotto gli occhi di tutti, c’è necessità di ritornare a una economia sociale, dove il lavoratore ridiventi parte essenziale, nel rispetto della carta costituzionale. I principi fondamentali che si possono enucleare sono equità e solidarietà, ovvero pagare le giuste tasse e pagarle in funzione della capacità di ricchezza. Per cominciare dai singoli aspetti della fiscalità bisognerebbe avere un approccio più radicale, non riformare ma rifondare il sistema, con un approccio sistemico partendo dai principi fondamentali. Ogni aspetto del sistema economico e fiscale non è a se stante ma segue il principio dei vasi comunicanti, pertanto bisogna partire dal rimettere al centro il lavoro come motore fondamentale dell’economia. Se si vuole reinnescare lo sviluppo economico non si può pre- scindere dal dare più soldi ai lavoratori e nel contempo incentivare le imprese a offrire un lavoro a tempo indeterminato. Sarebbe il caso di uscire una volta per tutte dall’antagonismo impresa-lavoratore e pensare che entrambi hanno un obiettivo comune, ovvero lo sviluppo di entrambi, fortemente interconnesso. Utilizzando la leva fiscale si possono recuperare le risorse sufficienti per dimezzare il cuneo fiscale. Parte di questa riduzione andrebbe al lavoratore, soprattutto nelle fasce più basse di reddito con il meccanismo della progressività delle aliquote, e parte alle imprese, incentivandole ad assumere in modo indeterminato e, alzando in contemporanea il costo del lavoro flessibile. In poche parole se si innesca un meccanismo virtuoso di crescita, per cui più soldi in tasca, più consumi, più lavoro, più produzione e così via, tutto questo andrebbe anche a recuperare la famosa produttività del sistema. Infatti la produttività altro non è che un equilibrio/squilibrio tra costo e produzione. Se i consumi sono bassi si produce I ncontri - novembre 2 014 n poco e a costo più alto (costi fissi poco comprimibili) e quindi la produttività decresce. Se si riduce la tassazione sul lavoro, si produce a costo totale più basso con aumento dei consumi e quindi della produzione, aumentando la produttività. In tal senso vuole operare l’attuale governo che ha introdotto nella Legge di Stabilità provvedimenti fiscali destinati a favorire l’occupazione introducendo la deducibilità dall’IRAP del costo del lavoro riferito ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato. L’intervento si traduce in una riduzione di 6,5 miliardi di prelievo sulla componente lavoro, con risparmi variabili in funzione della dimensione della realtà aziendale. Infine, è indubbio che la governance della politica economica nazionale passa sempre attraverso la manovra fiscale che nel nostro caso è diretta a inserirsi nelle dinamiche che vanno a regolare il mercato del lavoro dimostrando, se le altre variabili economiche saranno “virtuose”, quanto fisco e lavoro siano interdipendenti. Dante Sbarbati 21 n SOCIETÀ NEGLI USA SI COMBATTE PER AFFERMARE I DIRITTI PRIMARI DEI LAVORATORI In Mc Donald prende forma il sindacato, si estende la lotta per tutelare salario, orari e dignità personale Mentre in Italia ci si sta interrogando sull’attualità e sull’utilità di un movimento sindacale accusato da più parti di essere antico e non più in sintonia con i lavoratori che dice di voler rappresentare, negli Stati Uniti si sta combattendo una battaglia epocale per l’aumento del salario minimo e il diritto di formare un sindacato. Lo scontro si sta consumando proprio in quella Multinazionale, la Mc Donald che per decenni ha rappresentato il prototipo dell’azienda di successo le cui politiche di impiego sono assolutamente antitetiche ai valori e alla cultura dei diritti portata avanti dalle organizzazioni sindacali. Il tutto è avvenuto quasi in sordina, nell’indifferenza generale di clienti, gio- 22 vani e anziani che, per amore o per forza vedono nella catena di cibo low cost una risposta concreta ai loro bisogni alimentari o alle loro disponibilità economiche. Nulla infatti sembra essere cambiato nell’ordinata e quasi militaresca routine del fast food più popolare del mondo, tuttavia da un paio di anni a questa parte di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. Nonostante si pensi comunemente che un lavoro al Mc Donald sia un “posto di passaggio”, un parcheggio per studenti lavoratori che servono e friggono hamburger e patatine nell’attesa di affermarsi, molti sono, almeno negli Stati Uniti, i dipendenti che possono vantare un’anzianità di servizio decennale. n novemb re 2014 - È forse questo uno dei motivi principali che ha spinto i lavoratori assunti con le tutele minime previste per legge (salario minimo garantito, circa 6 euro all’ora, e straordinari per chi lavora più di 40 ore alla settimana), a organizzarsi per formare un sindacato. Certo l’azienda, che spesso si vanta dei suoi standard di qualità assolutamente omogenei, sembra non aver gradito molto l’iniziativa di chi vede in un’organizzazione del lavoro, che spesso raggiunge livelli maniacali, un problema più che un’opportunità per un’equa redistribuzione fra diritti e doveri riservati a ogni dipendente. Pensiamoci! Sono in molti a sostenere che la Mc Donald usi l’orario di lavoro come strumento di pressione sui dipendenti meno inclini a convertirsi alla filosofia aziendale riducendo, senza preavviso, le ore lavorate e quindi il salario di quei lavoratori che partecipano agli scioperi e solidarizzano con il sindacato. Tuttavia ciò non ha scoraggiato quegli uomini e quelle donne, spesso maturi e quindi nell’impossibilità di cercare un altro lavoro, che hanno deciso di respingere gli “avvertimenti” spesso striscianti di chi gli consigliava di fuggire alla sola vista dei tanti sindacalisti che tempo per tempo hanno tentato di dar voce ai diritti di chi lavora nei fast food. Il tempo è trascorso e quel manipolo di coraggiosi, soprattutto donne, che ha deciso di sfidare l’azienda nel nome di un salario più alto e di condizioni di lavoro più dignitose, è andato ad ingrossarsi. La protesta, partita da New York, ha finito per allargarsi a Chicago, St. Louis, Kansas City e Detroit coinvolgendo anche molti stati del sud, tradizionalmente ostili al sindacato. Il movimento di protesta e le sue ragioni sono diventati così visibili che anche la politica è In cont ri SOCIETÀ n CUCINELLI SPA: IL LAVORO AL CENTRO DEL VALORE UMANO Un modello etico-umanistico d’impresa che difende il rispetto della dignità del lavoratore “…una nuova dimensione imprenditoriale. Una realtà in cui l’uomo è al centro dell’impresa e il lavoro è inteso come espressione del valore umano, il profitto diviene un mezzo per conseguire il fine superiore del vero bene, per migliorare la vita di chi lavora, per valorizzare e recuperare le bellezze del mondo”. Non si tratta di filosofia pura, né di utopia, ma di una azienda reale. Recita così, infatti, la Premessa del Codice Etico della Brunello Cucinelli SpA. Un’azienda che, basandosi su un modello etico-umanistico e su valori, quali la dignità dell’uomo e del lavoro, coniuga efficienza aziendale con missione sociale, ovvero la redistribuzione del profitto – “conseguito cercando di non arrecare danno all’umanità” – con il fine di incentivare ogni tipo di iniziativa che possa, concretamente, migliorare la vita delle persone. Un’azienda il cui successo affonda le sue radici nella storia di attenzione e cura sempre riposta nel lavoro, nel favorire l’espressione della creatività dei singoli e nello sviluppo di un senso di partecipazione al successo stesso. Principi e valori come legalità, riservatezza, trasparenza, tutela della concorrenza, onestà e correttezza, qualità, tutela dell’ambiente e responsabilità verso la collettività sono le fondamenta. Un ruolo centrale è rivestito dal rispetto della dignità delle persona, sia in termini di integrità fisica, sia culturali, con l’obiettivo di valorizzare e accrescere le competenze di ciascuno. La filosofia aziendale “impone” la conoscenza e l’applicazione di questi principi ai quali tutti coloro che, direttamente o indirettamente, in Italia e all’estero, devono attenersi. Agli stessi tutti devono indistintamente ispirarsi facendosi altresì carico di diffonderli, nel rispetto delle proprie competenze, dal consiglio di amministrazione, ai dirigenti, ai semplici dipendenti e collaboratori. Brunello Cucinelli, perché tutto ciò potesse essere effettivamente applicato, ha ritenuto di rilevante importanza anche l’aspetto logistico. La riqualificazione del luogo in cui opera l’azienda e le attività culturali connesse, sono elementi fortemente distintivi del Gruppo e caratterizzanti della sua attività. I continui riconoscimenti nazionali e internazionali confermano le doti di questo “insolito” imprenditore, che ha saputo dimostrare come le “scelte giuste” paghino. La speranza che anche altri possano prendere spunto da questa realtà si traduce nell’auspicio di una società migliore, nel cui centro riposizionare l’Uomo, in quanto tale. S. B. stata costretta a tenerne conto. Da qui la promessa di Obama, peraltro impossibile da mantenere vista la posizione di totale chiusura del partito repubblicano, di elevare il salario minimo orario a circa 7,9 euro. Ma torniamo ai problemi e al dibattito di casa nostra. Siamo tutti consapevoli che gli Stati Uniti, almeno da un punto di vista economico, stanno circa 15 anni avanti a noi. Ciò dà loro non solo e non tanto il vantaggio di uscire prima e meglio dalle crisi, peraltro da loro stessi provocate, ma, almeno in teoria, dovrebbe fornire a noi la percezione se quel modello di mercato del lavoro tanto santificato dalla nostra imprenditoria sia poi sostenibile in termini sociali. E questo è proprio il punto e la domanda da porsi se i lavoratori Statunitensi, dopo anni di precariato selvaggio, I ncontri - novembre 2 014 n si ribellano e sentono la necessità di dare più forza alla loro voce attraverso la costituzione di sindacati non sarà quanto meno poco prudente archiviare con un tratto di penna un’istituzione che nel nostro paese nel bene e nel male ha comunque impedito, mediando gli interessi delle parti lo sfociare del disagio sociale in un vero e proprio conflitto? Pensiamoci! C. A. 23 n P E N S I O N AT I CARISSIMO PENSIONATO... Patrocinato da DirCredito il contenzioso contro gli insostenibili blocchi alle pensioni Iniziava proprio così, in tono amichevole e confidenziale, la lettera, reperibile su www.dircredito.info nella sezione pensionati, inviata dal Segretario Generale Maurizio Arena, lo scorso settembre, a tutti i nostri iscritti in quiescenza.La missiva confermava l'avvio di ben tre cause pilota, promosse da altrettanti nostri associati, ma patrocinate, sotto tutti gli aspetti, da DirCredito presso i tribunali di Roma, Brescia e Verona. L’intento è quello di far dichiarare incostituzionali i diversi blocchi perequativi che tanto hanno penalizzato le pensioni di fascia media. 24 L'obiettivo dei tre procedimenti in tre diversi tribunali non è quello di pervenire a sentenze di primo grado bensì quello di consentire al giudice ordinario, almeno per uno dei tre, di dichiarare la sua incompetenza girando il fascicolo alla Corte Costituzionale, l'unico organo preposto a valutare la legittimità o meno di un provvedimento legislativo n novemb re 2014 - “ “ Qualche giorno dopo, il medesimo argomento veniva rilanciato da DirCredito attraverso un comunicato stampa che ha suscitato grande interesse fra i media. Gli echi di queste iniziative sono andati oltre le previsioni: in tanti hanno scritto e telefonato a sostegno dell’iniziativa; si sono aperte nuove adesioni alla nostra sigla sindacale grazie alla mobilitazione dei soci pensionati che hanno utilizzato il passaparola presso i loro colleghi. L'obiettivo dei tre procedimenti in tre diversi tribunali non è quello di pervenire a sentenze di primo grado bensì quello di consentire al giudice ordinario, almeno per uno dei tre, di dichiarare la sua incompetenza girando il fascicolo alla Corte Costituzionale, l'unico organo preposto a valutare la legittimità o meno di un provvedimento legislativo. La Suprema Corte, infatti, in precedenti delibere, aveva invitato il parlamento a legiferare su questa materia e senza porre ulteriori blocchi alle indicizzazioni delle pensioni annualmente previste. Analoga posizione ha assunto la Corte nei confronti del contributo di solidarietà che, nonostante fosse stato dichiarato incostituzionale, colpendo solo alcune fasce di redditi e una sola categoria, quella dei pensionati, è stato ripristinato sotto false spoglie. L’altra novità di rilievo, in questo contenzioso, è costituita dal fatto che in tutte e tre le cause è previsto l'intervento dello stesso DirCredito a sostegno delle legittime rivendicazioni dei propri associati. E, come se non bastasse, si aggiunge il blocco delle perequazioni che ha tolto loro anche l'illusione di un seppur contenuto aumento annuale. Blocco che riguarda non solo il passato ma, purtroppo, anche i trattamenti futuri. Nel contesto delle cause in questione, DirCredito ha chiesto a un Attuario di In cont ri P E N S I O N AT I n effettuare il ricalcolo delle pensioni attribuite ai tre colleghi ricorrenti, utilizzando il sistema contributivo attuato con la riforma Fornero. Le risultanze finali di questa ricerca sono state favorevoli ai diretti interessati che, purtroppo solo sulla carta, dovrebbero percepire alcune centinaia di euro in più rispetto a quanto accreditato loro dall'Inps. Chissà quale sistema pensionistico ci sarebbe se analogo ricalcolo fosse effettuato e applicato per tutte le pensioni in vigore. PENSIONATI TARTASSATI Un recente studio della Confesercenti sul potere d'acquisto dei pensionati, ha confermato che i pensionati italiani sono i più tartassati d'Europa e, in proporzione, pagano più tasse di quando lavoravano. Si tratta di una conseguenza causata da un fisco che è, sia a livello nazionale sia locale, più vorace che mai e che, attraverso consolidati giochi di prestigio, da una parte offre l'illusione di diminuire o attenuare le tassazioni e dall'altra le ripropone con provvedimenti iniqui. Il potere d'acquisto di un pensionato medio, è stato stabilito che, a fine 2014, si ridurrà di circa 1.400 euro annui rispetto a quanto spendeva nel 2008. Nell'effettuare un raffronto con altri paesi europei, il pensionato nostrano soccombe sempre: i prelievi fiscali sono tre volte superiori a quelli di un pensionato inglese, quattro volte di un francese e più ancora se raffrontati con un pensionato tedesco. “MONTAGNE DI CONTRIBUTI” Questa è la definizione utilizzata da Maurizio Arena per quantificare i contributi versati durante la vita lavorativa dalla stragrande maggioranza dei pensionati che, anziché ricevere una rendita adeguata, continuano a essere tartassati. Per noi continuano a non poter essere considerati “pensionati d’oro” coloro che hanno redditi intorno ai 90 mila euro lordi, mentre lo sono coloro i cui nomi ricorrono comunemente sui mass media. Di questa pattuglia si potrebbe citare il primo della lista, un certo Mauro Sentinelli, ex manager Telecom che supera di poco il suddetto limite di 90 mila euro lordi di pensione, non annuale bensì mensile, equivalente a circa 3.000 euro al giorno. E poi che dire dei 31 mila euro lordi (di cui una parte destinata ad attività di beneficenza, come affermato dall'interessato) di Giuliano Amato, ex Presidente del Consiglio e più volte Ministro, mentre, ora, dismessa l'attività politica, a 76 anni, anziché godersi la pensione, è Giudice Costituzionale? I ncontri - novembre 2 014 n Se una delle nostre cause arriverà alla Suprema Corte, chissà come si comporterà Amato nella valutazione dei blocchi perequativi, dei quali, lui, probabilmente, da pensionato d'oro, forse, neppure si sarà accorto. Pensiamo a Lamberto Dini, noto per la sua riforma pensionistica del '95. Quale ex Bankitalia e politico, di pensione totale lorda ne intasca 40 mila euro al mese. Per restare in ambito bancario citiamo Cesare Geronzi, che percepisce 22 mila euro mensili lordi di pensione. Ne abbiamo citati solo alcuni e se non sono questi i privilegiati su cui orientare la scure i pensionati d'oro quali sarebbero? Di fronte a questa situazione pensionistica basata su iniquità insostenibili e perduranti, DirCredito non molla e, attraverso gli esiti delle cause avviate, non mancherà di continuare a difendere, in tutte le sedi e con le forme possibili, i diritti acquisiti dalla categoria. I pensionati non possono più scioperare. Possono però protestare e, come nel caso nostro, possono, soprattutto, affidare le proprie speranze alla Suprema Corte, l'unico organo rimasto in Italia per cancellare le brutture legislative che finiscono sempre per infierire sulle categorie più deboli. 25 Dante Columbro n CURIOS@NDO BANKSTERS, L’ECONOMIST BOLLA COSÌ I MISFATTI DELLA CITY Lotta alla corruzione e all’incompetenza, separazione fra banchieri e politica unici antidoti al declino bancario Banksters è stato coniato per la prima volta, qualche mese fa, dall'Economist, fondendo banker, banchiere, con gangster per descrivere un periodo di scandali, indagini, soprusi all'interno della City. Il neologismo in parte è fuorviante, perché si riferisce a persone fisiche, a banchieri che hanno adottato comportamenti perversi, agendo in modo talmente dissennato da provocare la più grande crisi economica dal 1929. Gli uomini, indubbiamente, hanno responsabilità rilevanti, ma in realtà sono il sistema finanziario globale e una politica arrendevole, se non complice, a costituire il vero problema. La saggistica in questi anni si è scatenata contro il potere finanziario. Un anno fa è uscito il libro di Luciano Gallino “Il colpo di stato di banche e governi”, micidiale atto d'accusa contro un “ambiente criminogeno che ha annientato l'economia reale cannibalizzando il lavoro, destrutturando le democrazie”. Federico Rampini ha scritto invece “Banchieri, storie del nuovo banditismo globale”, denunciando come le perdite dei banchieri siano state spalmate sui contribuenti, accentuando le diseguaglianze. Luca Ciarrocca ha pubblicato “I padroni del mondo”, ritenendo scandaloso non il fatto che alcuni banchieri siano finiti in prigione, quanto che tutti gli altri siano in libertà. Il vice presidente dell'Abi, Camillo Venesio, ha replicato a Ciarrocca e Rampini, al salone del libro a Torino, sostenendo che i due autori hanno confuso il sistema bancario anglosassone, responsabile di aver scatenato la lunga e terribile crisi, con quello italiano, in particolare, fatto di banche commerciali. Queste ultime, nonostante qualche errore, hanno fatto e fanno il loro mestiere, a “sostegno del- 26 l'economia dei territori, finanziando l'economia reale e quindi le famiglie”. Troppo facile ribattere, segnalando l’enorme difficoltà, statisticamente rappresentata da Banca d'Italia, che hanno le imprese, in particolare le più piccole, e le famiglie a ottenere credito in Italia. Contro i banchieri la critica è sana, ma la caccia alle streghe, ai banksters, non è producente. Ogni tanto qualcuno paga – in Vietnam addirittura li condannano a morte – ma niente sembra fermare la coazione a ripetere, perché “il sistema” riproduce automaticamente i suoi errori. Occorre una diversa e nuova impostazione dell'essere banca e di come sia investito il denaro. Quando è nato il Monte dei Paschi di Siena, nel 1472, lo Stato non interveniva per salvare una banca dal fallimento, per questo motivo i banchieri di allora, pur investendo e speculando, stavano molto attenti a non correre rischi eccessivi. n novemb re 2014 - Oggi le banche, svolgendo un ruolo sociale, sono garantite dalla protezione dello Stato, perché quello che fanno riguarda tutta la collettività. Non si tratta di tornare al “liberismo del passato”, improponibile per contesto storico, quanto di ripensare alle regole e impedire alle banche l'anomia di decidere e disporre, come purtroppo è accaduto con la crisi del 2008. I banksters, sono una anomalia creata da questo sistema, occorre quindi impedire che prolifichino e trovare immediatamente un antidoto. In Italia per esempio, basterebbe cominciare a eliminare la collusione della politica con le banche, che ha portato a selezionare la classe dirigente di queste ultime sulla base dell'appartenenza invece che della competenza. I mega compensi, inoltre, hanno dimostrato di non poter evitare madornali errori di gestione e, spesso, anche corruzione. Agnese Ninci In cont ri CURIOS@NDO n UN’OFFICINA PER DUE: SALOTTO DI MECCANICA SOLO PER DONNE Alla periferia di Parigi, riparazioni accompagnate da comfort di prima qualità “Donne e motori, gioie e dolori”. Secondo questo vecchio adagio, mai passato di moda, le donne non sembrano fare rima con motori. Eppure da moltissimi anni tante donne si sono affermate anche nel mestiere di meccanico, un mestiere considerato, a torto, completamente appannaggio della sfera maschile. In Italia non esistono statistiche aggiornate ma lo scorso anno uno studio della Camera di Commercio di Monza e Brianza ha rivelato che sono oltre settecento le donne iscritte al registro imprese in qualità di meccanico. Recentemente la Midas, azienda che opera nel settore dell'assistenza indipendente, ha annunciato che in Italia sono già otto le officine gestite al femminile, su 75 in totale della catena americana. Tutte spuntano ottimi punteggi sia per la qualità sia per la produttività. Nei mesi scorsi in Francia due donne hanno aperto un’officina riservata esclusivamente alle donne: Only Girls, alla periferia di Parigi. Il successo è stato enorme. Con questa loro iniziativa le due esperte meccaniche hanno dimostrato che il format di un'officina può essere rivoluzionato, adattandolo perfettamente alle attese delle automobiliste. In pochissimi mesi l’officina ha registrato un ottimo fatturato con più di due terzi di clienti del gentil sesso e una notorietà che ha varcato i confini d'Europa. Qual è il segreto di questo enorme successo? La formula adottata da Only Girls è piuttosto semplice: offrire la stessa qualità ma con un approccio più vicino alle esigenze del pubblico femminile riguardo l'accoglienza, l'attenzione al cliente e il coinvolgimento nella gestione dell'automobile. La sede di Only Girls è dipinta con colori tenui, ha comodi divani in velluto e tutto è strutturato per ribadire che si tratta di un’officina voluta dalle donne per le donne. A fianco dei 'ponti' per sollevare le auto e delle altre attrezzature per lavorare sulla meccanica e l'impianto elettrico, l'edificio di Only Girls offre un servizio accurato di ma- I ncontri nicure, una zona per massaggi e trattamenti estetici, un’area con i giochi per i bambini e un angolo bar per ingannare l'attesa. Le due donne proprietarie di Only Girls hanno organizzato anche un corso di meccanica di base per le automobiliste che hanno così imparato a sostituire una ruota in caso di foratura e a curare con la dovuta attenzione il proprio veicolo. Al momento in Italia non si registrano iniziative analoghe. Però c’è da scommettere che presto, sulla scia del successo francese, anche da noi prenda corpo un’officina di donne-meccaniche riservata alle automobiliste. Intanto, oltre a 700 meccanici donne, il pubblico registro delle imprese in Italia registra tante altre donne titolari di attività ritenute finora appannaggio solo degli uomini: 1.800 camioniste, 400 elettriciste, 1.100 tappezziere, 2.300 fabbri, 140 idraulici, 300 falegname e oltre 300 calzolaie. - novembre 2 014 n Livio Iacovella 27 n CURIOS@NDO DONATELLA VISCONTI, PRIMA E UNICA DONNA PRESIDENTE DI UNA BANCA SPA Dirige con sensibilità professionale e sociale, ora studia le nuove forme di rappresentanza Già docente a un master sui Processi Decisionali e Lobbying alla facoltà di Giurisprudenza all’Università Tor Vergata e presso la Business School Universitaria Stoà di Ercolano, Donatella Visconti è stata, durante il suo mandato, l'unica donna in Italia presidente di una banca spa: la Banca Impresa Lazio. Si tratta di un’impresa bancaria a capitale misto partecipata da Regione Lazio, BNL-Bnp Paribas, Banca Credito Cooperativo Roma, Intesa Sanpaolo e Unicredit. “ ...ho potuto testimoniare a tutte le donne che è possibile, anche per noi, raggiungere i traguardi più importanti. Quando si arriva così in alto, pur in una piccola realtà come Banca Impresa Lazio, si dà speranza anche 28 che “si può fare” n novemb re 2014 - “ alle altre persone del fatto “È stata un’esperienza davvero unica – ha esordito Donatella Visconti – una sfida impegnativa e stimolante nella non semplice "convivenza" tra pubblico e privato, specialmente in un momento di forte difficoltà delle imprese e di grandi cambiamenti nel mondo pubblico”. Altra caratteristica di unicità è stata la scelta lungimirante della Regione Lazio di dotarsi di un soggetto che sostenesse la piccola e media impresa attraverso fondi propri di garanzia che hanno consentito alle aziende di ottenere credito presso le banche convenzionate con Banca Impresa Lazio. “Nel triangolo con impresa e Banca erogante, la Banca Impresa Lazio ha offerto l’opportunità di accendere garanzie fino all’80% dell’importo richiesto”. Come è avvenuta la sua nomina a presidente? “La mia storia professionale mi ha consentito di maturare l'esperienza richiesta dalla Banca d'Italia per tale ruolo e per questo motivo la Regione Lazio nel 2011 mi candidò al ruolo di presidente. Questa opportunità mi ha consentito di vivere anche una grande emozione perché ho potuto testimoniare a tutte le donne che è possibile, anche per noi, raggiungere i traguardi più importanti. Quando si arriva così in alto, pur in una piccola realtà come Banca Impresa Lazio, si dà speranza anche alle altre persone del fatto che “si può fare”, così molte donne che hanno voluto ‘sapere’ della mia esperienza, mi hanno detto”. Come è stata accolta in ambiti prettamente maschili come l’ABI? “Ho ricevuto una buona accoglienza e sono stata anche invitata a parlare ad alcuni convegni. Mi è stata rivolta un’at- In cont ri tenzione particolare, certamente legata anche al fatto di essere l’unica donna”. Ora, in un’ottica di revisione di tutte le società partecipate, la Regione Lazio ha ritenuto di adottare un diverso modello organizzativo e ha pensato di acquisire il 100% di Banca Impresa Lazio e fonderla in Sviluppo Lazio, la società finanziaria della Regione, rinunciando alla licenza bancaria. “Ma tutti i dipendenti sono confluiti nella nuova realtà – precisa Donatella Visconti – continuando la propria attività professionale”. Che intervento globale ha effettuato Banca Impresa Lazio? “Abbiamo aiutato circa 1400 imprese offrendo garanzie per circa 500 milioni di euro di erogato effettivo con un impegno di denaro pubblico di circa 55 milioni. Si tratta di uno strumento di grande attualità”. Altre Regioni italiane vivono la stessa esperienza? “Sì, a questo proposito durante la mia presidenza ho creato anche un coordinamento tra le Regioni Italiane (oltre al Lazio anche Veneto, Toscana, Umbria e Abruzzo) che hanno dato vita a soggetti pubblici e privati insieme, con le stesse finalità e lo stesso modello”. Perché le donne, a cui gli uomini riconoscono enormi capacità di bilancio, per esempio familiare, non riescono ad assumere ruoli apicali nel mondo bancario? “Sicuramente quello bancario è un mondo maschilista – ha spiegato Do- CURIOS@NDO n natella Visconti – anche se molte donne in gamba si stanno facendo strada. Però c’è da dire anche che, a parte alcune eccezioni, le donne hanno una sorta di "timore culturale" per il mondo della finanza, mi riferisco soprattutto alle imprenditrici. In realtà la donna, da sempre, ha fatto il bilancio familiare mentre mostra un certo disagio nella gestione delle attività finanziare di un’impresa. Si tende a non affrontare la sfida con la leadership e si finisce spesso per rinunciare. Spero che la mia esperienza di presidenza possa essere servita a trasmettere maggiore sicurezza ed evitare che le donne "rimangano" in posizione di gregario. C’è sempre un problema di conciliazione. La nostra è una società basata sulla famiglia e la famiglia si basa molto sull’impegno diretto della donna. Purtroppo ancora oggi molte donne sono costrette a scegliere tra famiglia e carriera”. Donatella Visconti è molto attiva anche nel “volontariato di genere” soprattutto per incoraggiare le donne a un continuo impegno nonché alla partecipazione alla vita sociale, amministrativa, politica e si adopera per rimuovere ostacoli e ogni forma di discriminazione a discapito delle donne. In queste settimane, sta lavorando alla costituzione di un’associazione per lo studio di nuove forme di rappresentanza. I ncontri 29 Livio Iacovella - novembre 2 014 n n CURIOS@NDO FINISCONO NELLA RICONVERSIONE 35MILIONI DI PNEUMATICI FUORI USO Con l’obbligo dello smaltimento si recuperano 100mila tonnellate di gomme dismesse In molte regioni d’Italia lo scorso 15 novembre è scattato l’obbligo di montaggio delle gomme invernali che devono rimanere montate fino al prossimo 15 aprile. In coincidenza con questo annuale obbligo molti automobilisti hanno preso l’abitudine di effettuare anche lo smaltimento dei vecchi pneumatici. Un’operazione che non si esaurisce certo con la ricevuta fiscale in cui viene esplicitamente citata la sigla Pfu (Pneumatici Fuori Uso) che sta a indicare proprio il costo necessario a sostenere il corretto smaltimento degli pneumatici che per loro natura sono molto inquinanti. Ma che fine fanno le gomme su cui abbiamo percorso migliaia chilometri fra casa e lavoro, in occasione di vacanze e gite fuori porta? Una volta smontati dai cerchioni i vecchi pneumatici vengono ritirati a cura di un Consorzio che gestisce in Italia questo particolare settore dei rifiuti che si calcola sia di oltre trecentocinquantamila tonnellate. Pneumatici provenienti da autovetture, motocicli, camion, autocarri, mezzi industriali e agricoli. In totale circa trentacinque milioni di Pfu che vengono sottoposti a un ciclo di riconversione, alla fine del quale la materia prima prende nuova vita e forma. L’uso maggiore che si fa della gomma estratta è quello delle strade; infatti oltre cento chilometri di strade in Italia sono state realizzate con il polverino di gomma che si ottiene dalla frantumazione degli pneumatici. Questo particolare asfalto, arricchito di 30 n novemb re 2014 - grani di gomma, permette la realizzazione di pavimentazioni di maggiore durata, silenziosità ed aderenza in frenata. Anche in caso di pioggia l’asfalto arricchito di polveri di gomma rivela ottime qualità per il drenaggio. Altro uso è quello delle piste di atletica leggera e campi di calcio; in questo caso i granuli di gomma vengono mischiati a resine poliuretaniche. La guaina in gomma proveniente dai Pfu è utilizzata come isolante acustico nell'edilizia. Inoltre dai Pfu è possibile ricavare combustibile per uso industriale. Anche i metalli contenuti nello scheletro degli pneumatici vengono recuperati e riutilizzati in acciaierie. La gomma residua, infine, è reimpiegata nel processo di produzione di nuovi pneumatici. In passato il Ministero dell’Ambiente ha stimato che finissero fuori controllo dal ciclo di smaltimento e recupero circa 100.000 tonnellate l’anno di Pfu che poi ricomparivano sotto forma di accumuli nelle campagne, lungo i fiumi, in discariche abusive ed altri depositi illegali. Oggi il sistema messo in campo garantisce il buon esito del recupero e riciclo virtuoso. Un sistema complesso che prevede la collaborazione di circa trentacinquemila gommisti, stazioni di servizio e autofficine che forniscono regolarmente venticinque aziende di frantumazione che lavorano a ritmo continuo. n IL CICLO Il rivenditore paga il Pfu ai produttori al momento dell’acquisto. Il produttore usa il Pfu per finanziare il Consorzio per lo smaltimento che, a sua volta, usa il Pfu per la raccolta presso il gommista e lo smaltimento. Il consumatore paga il Pfu, obbligatorio per legge come stabilito dal Decreto Ministeriale Nr. 82 dell’11 Aprile 2011. L. I. In cont ri CURIOS@NDO n PARTONO I PREPARATIVI PER FINE ANNO Un Capodanno all’insegna del mare, della montagna, della crociera o nella romantica Venezia Capodanno in Italia fa rima con amore, wellness, relax, lusso. Ognuno può scegliere secondo la propria necessità tenendo d’occhio, ovviamente, anche il portafoglio. Venezia, città romantica per eccellenza, è una delle mete migliori per trascorrere un Capodanno indimenticabile. Durante tutto il mese di dicembre la città si veste a festa con addobbi natalizi che invadono strade, piazze e negozi. Un'atmosfera magica che pervade tutte le calli e i ponti, le botteghe artigiane, le maschere carnevalesche e i gondolieri che diventano parte integrante di uno scenario unico. La sera del 31 dicembre l'appuntamento è in Piazza San Marco, per i baci di Capodanno. Allo scoccare della mezzanotte, quando si odono i rintocchi del Campanile, tutti i presenti iniziano a baciarsi sotto l'incredibile spettacolo dei fuochi d'artificio che illuminano il cielo. Sono decine di migliaia le coppie che danno il benvenuto al nuovo anno in questa maniera dolce, romantica e trasgressiva. A Capodanno i più coraggiosi si ritrovano alle ore 11.00 presso il Blue Moon Beach Bar al Lido. Lì gli auguri di buon anno si fanno e si ricevono con il tradizionale tuffo in Laguna! Al sud Ischia è una delle mete più affascinanti dove trascorrere il Capodanno. L’isola è caratterizzata da paesaggi incantevoli, scorci tutti da scoprire, shopping e tante occasioni di divertimento. Prenotando in anticipo, ci si può accaparrare anche un'offerta speciale per un Capodanno all'insegna del benessere: sono infatti numerosi gli hotel ischitani con uno stabilimento termale interno o esterno convenzionato e sarà davvero incantevole trascorrere gli ultimi giorni dell'anno facendosi coccolare e sottoponendosi a trattamenti estetici, curativi e di bel- lezza. Piscine termali coperte, idromassaggi, sauna, bagno turco, docce e bagni termali, aerosol, palestra e tanto altro per dare il benvenuto al nuovo anno nel migliore dei modi. Una delle cose più affascinanti da fare a Ischia a Capodanno è il bagno a mare. Una follia? Farà troppo freddo? In realtà alla Baia di Sorgeto l'acqua è riscaldata grazie alla ricchezza termale. Il clima qui è sempre caldo e fare un bagno il 31 dicembre è davvero un'esperienza unica! Madonna di Campiglio è una delle località sciistiche italiane più rinomate e conosciute. Sono tantissimi i turisti che ogni inverno affollano le sue piste da sci, trascorrono periodi di vacanza tra baite e rifugi, ammirando le Dolomiti, passeggiando per le sue strade e facendo shopping. Madonna di Campiglio è quindi il luogo ideale per chi I ncontri - novembre 2 014 n vuole passare il Capodanno all'insegna del divertimento, del relax e dello sport. Chi vuole concedersi una primizia assoluta può concedersi il Capodanno sulla Costa Diadema, la nuovissima e lussuosissima nave della Costa Crociere che può ospitare quasi 5.000 passeggeri nel più assoluto comfort e una minuziosa cura dei minimi dettagli che caratterizzano ristoranti, Spa, bar, solarium, piscine e idromassaggi, sale e intrattenimenti vari, palestra e aree per gioco e sport. La crociera di Capodanno inizia a Savona il 27 dicembre 2014. Poi si naviga verso Marsiglia, Barcellona, Palma di Maiorca, Napoli e La Spezia, per riattraccare a Savona il 3 gennaio 2015. Auguri! L. I. 31 al riparo con PACCHETTO ASSICURATIVO DIRCREDITO POLIZZA RC PROFESSIONALE POLIZZA CASSIERI POLIZZA INFORTUNI POLIZZA TUTELA GIUDIZIARIA (VITA PROFESSIONALE) POLIZZA TUTELA GIUDIZIARIA (VITA PRIVATA) POLIZZA RC CAPOFAMIGLIA e ancora... Polizza Long Term Care Prodotti Vita n Polizza RC Auto Polizza Viaggi n Polizza Casa Progetto Welfare Spese Odontoiatriche Consulta la pagina AON su www.dircredito.info
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