Relatore: Daniele Aibino Le legge 78/2014 ha confermato le novità più importanti introdotte dal Decreto Legge 34/2014 di modifica della legge 368/2001 ossia: Eliminazione della causalità. Introduzione del tetto massimo all’utilizzo del contratto a termine. Art. 1, comma 1 - APPOSIZIONE DEL TERMINE SENZA CAUSALE E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato di durata non superiore a trentasei mesi, comprensiva di eventuali proroghe, concluso fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nell'ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi del comma 4 dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Il contratto a termine c.d. acausale è una fattispecie contrattuale in base alle quale è possibile ricorrere ad un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato senza bisogno di apporre una giustificazione causale (es. “ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”). Di conseguenza si passa da un’impostazione in cui la “causalità” era la norma e l’acausalità l’eccezione ad una situazione in cui la motivazione giustificatrice del contratto diventa una semplice facoltà. La causale per “sostituzione di lavoratori” potrebbe essere ancora opportuno utilizzarla in quanto: le assunzioni di lavoratori in sostituzione delle lavoratrici in maternità nelle aziende fino a 20 dipendenti che permettono uno sgravio contributivo del 50 %; i lavoratori assunti in sostituzione di quelli assenti non rientrano nella percentuale massima di contratti a termine del 20% e non sono gravati dal contributo aggiuntivo dell’ 1,4%. ART. 1, comma 1 – LIMITE DI DURATA DEL CONTRATTO A TERMINE Si evidenzia che è stato introdotto un limite massimo di durata all’utilizzo del contratto a termine (36 mesi) che precedentemente era efficace solo in caso di proroga o di successione di contratti. Stante la norma attuale quindi non può più essere stipulato: un unico contratto a termine di 4 anni motivato, ad esempio, da un cantiere da completare in quell’arco di tempo. un contratto che, attraverso l’istituto della proroga, abbia durata superiore a 36 mesi. Inoltre il limite vale per qualunque tipo di mansione. Particolare attenzione deve quindi essere posta nei casi di assunzione con contratto a termine in cui la scadenza viene determinata indirettamente. ART. 5, comma 4 bis – LIMITE DI DURATA DEL CONTRATTO A TERMINE Ferma restando la disciplina della successione di contratti e fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato. Nel computo del termine di durata massima di trentasei mesi dei rapporti a tempo determinato, comprensivi di proroghe e rinnovi, conclusi tra lo stesso lavoratore e lo stesso datore di lavoro devono essere inclusi anche gli eventuali periodi di missione a tempo determinato per lo svolgimento di mansioni equivalenti (il concetto di mansione equivalente è ampio e non limitato alla corrispondenza tra livelli di inquadramento). In merito al riferimento temporale il Ministero del Lavoro aveva fornito un’interpretazione tale per cui la durata del mese corrisponde a 30 giorni di contratto. DEROGHE AI 36 MESI DI DURATA MASSIMA DEL CONTRATTO Il limite dei 36 mesi complessivi risulta comunque derogabile: attraverso contratti collettivi sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali, di ogni livello (non sufficiente la R.S.U.) , in base all’art. 5, comma 4 bis del D.Lgs 368/2001; risultano altresì efficaci le clausole contrattuali che già prevedevano questa possibilità (ad esempio per il CCNL Metalmeccanico sono 44 mesi); attraverso un contratto stipulato dal lavoratore (con assistenza di un sindacato maggiormente rappresentativo a livello nazionale) ed azienda presso la Direzione Territoriale del Lavoro; il contratto risulta un “nuovo” contratto derogando anche alle regole della proroga e della successione dei contratti; il contratto a termine dei dirigenti (massimo 5 anni) ex art. 10, comma 4; le attività stagionali previste dal D.P.R. 1525/1963 e quelle individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative ex art 5, comma 4-ter. Art. 1 comma 1 - LIMITI QUANTITATIVI Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 10, comma 7, il numero complessivo di rapporti di lavoro costituiti da ciascun datore di lavoro ai sensi del presente articolo, non può eccedere il limite del 20 per cento del numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. La percentuale legale non riguarda i contratti di somministrazione. Ad ogni assunzione con contratto a termine si dovrà tenere come riferimento il numero di contratti a tempo indeterminato al 1° gennaio indipendentemente dalle variazioni di organico che sono avvenute nel corso dell’anno. Per le imprese che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato. Il concetto di organico complessivo lascia spazio, per ora, a diverse interpretazioni. Confindustria propende per considerare tutti i lavoratori subordinati dell’azienda (non solo dell’unità produttiva) comprendendo: dirigenti part time (riproporzionati) lavoratori intermittenti (in proporzione all’orario svolto) lavoratori a domicilio ma con l’esclusione dei: contratti a termine apprendisti somministrati a tempo indeterminato Si evidenziano altre problematiche ad oggi non ancora chiarite: Determinazione della base di computo nel caso delle aziende che iniziano l’attività nel corso dell’anno. Determinazione della base di computo nel caso di acquisizione di azienda/ramo di azienda. Computo delle frazioni risultati dall’applicazione del limite percentuale: o arrotondamento per eccesso o arrotondamento per difetto o possibile assunzione di part time per la quota decimale Art. 10 comma 7 – DEROGA AI LIMITI QUANTITATIVI La individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione dell'istituto del contratto a tempo determinato stipulato dell'articolo 1, comma 1 è affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi (non alla contrattazione aziendale). La contrattazione nazionale può stabilire: percentuale applicabile base di computo periodo di riferimento della base di computo La disciplina transitoria prevede che in sede di prima applicazione del limite percentuale di cui all'articolo 1, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera a), numero 1), del D.L.34/2014 conservino efficacia, ove diversi, i limiti percentuali (favorevoli o sfavorevoli) già stabiliti dai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro; dai primi contatti informali con il Ministero del Lavoro sembrerebbe che l’efficacia venga mantenuta dalla clausole generiche ma non da quelle legate a particolari causali o specifiche attività. Il concetto di “prima applicazione” dovrebbe essere interpretato come mantenimento dell’efficacia delle clausole contrattuali fino al successivo rinnovo del CCNL. Sono in ogni caso esenti da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato conclusi: nella fase di avvio di nuove attività per i periodi che saranno definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici; per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità, ivi comprese le attività già previste nell'elenco allegato al decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive modificazioni; per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi; con lavoratori di età superiore a 55 anni. (D.L. n. 76/2013). attività di ricerca scientifica o tecnologica. (durata pari al progetto) Essendo esclusi dalla 368/2001 non computano nemmeno: lavoratori assunti dalla mobilità, somministrati, intermittenti, dirigenti, assunzioni fino a 3 gg. nel turismo, aziende di import – export all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli ecc. Art. 5 comma 4 – Septies – SUPERAMENTO LIMITI QUANTITATIVI In caso di violazione del limite percentuale di cui all'articolo 1, comma 1, per ciascun lavoratore si applica la sanzione amministrativa: a) pari al 20 per cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non sia superiore a uno; b) pari al 50 per cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale sia superiore a uno. (Legge n. 78/2014). Di conseguenza per gli “sforamenti” fino a 15 gg. non dovrebbe esserci sanzione. Le problematiche, ad oggi non ancora risolte, relativamente alla sanzione amministrativa sono: applicabilità della sanzione allo “sforamento” dalle percentuali previste dalla contrattazione collettiva. mancanza di chiarimenti in merito all’applicazione della sanzione sulla retribuzione lorda o netta. mancanza di chiarimenti in merito all’applicabilità della sanzione ai mesi/frazione “effettivi” (come dovrebbe essere) oppure ai mesi “teorici” legati alla durata del contratto. possibili ulteriori conseguenze in caso di sforamento; sebbene nelle intenzioni del legislatore la sanzione amministrativa dovesse essere una misura alternativa alla conversione a tempo indeterminato del contratto, il dettato normativo non lo esclude esplicitamente. Con la legge di conversione è stato poi espressamente chiarito che la disciplina sanzionatoria per il superamento del limite quantitativo non opera per i rapporti di lavoro a termine instaurati prima dell’entrata in vigore del decreto legge (21 marzo 2014). Le sanzioni non dovrebbe altresì essere applicabile nel periodo 21 marzo 2014 - 19 maggio 2014 ma, in caso di sforamento della percentuale, la conseguenza dovrebbe essere la conversione del contratto a tempo indeterminato. ART. 4, comma 1 - PROROGA DEL CONTRATTO A TERMINE Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi le proroghe sono ammesse, fino ad un massimo di cinque volte nell’arco dei 36 mesi complessivi, indipendentemente dal numero di rinnovi, a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni (comma che non è più coordinato con la durata massima comunque prevista dalla modifica dell’art.1). Le condizioni per prorogare i contratti a termine sono: svolgimento della stessa attività lavorativa ossia stessa mansione; si sconsiglia quindi di spostare il lavoratore ad un’attività equivalente. contratto iniziale prorogabile 5 volte. più contratti e più proroghe sempre nel limite delle 5 complessive; fino ai necessari chiarimenti si consiglia di computare tutte le proroghe anche se relative a contratti stipulati antecedentemente al 21 marzo 2014. ART. 5, commi 1 e 2 - PROSECUZIONE DEL CONTRATTO A TERMINE Le legge Fornero aveva ampliato il periodo di “tolleranza” durante il quale la prosecuzione del rapporto a tempo determinato, oltre la scadenza del termine, non determina la conversione del rapporto a tempo determinato (da 20 a 30 giorni – per i contratti di durata fino a 6 mesi – da 30 a 50 giorni – per i contratti di durata superiore). Il Decreto 76/2013 ha eliminato l’onere di preventiva comunicazione (entro la data di cessazione del contratto) al Centro per l’impiego territorialmente competente della decisione di avvalersi di tale periodo di prosecuzione del rapporto a tempo determinato. Ricordiamo che la prosecuzione del rapporto di lavoro a termine comporta inoltre l’applicazione delle seguenti maggiorazioni: corresponsione di una maggiorazione del 20% dal 1° al 10° giorno corresponsione di una maggiorazione del 40% dal 11° al 50° giorno ART. 5, comma 3 - RINNOVO DEI CONTRATTI A TERMINE Ricordiamo che gli intervalli tra singoli contratti a termine sono: 10 giorni – per i contratti di durata fino a 6 mesi 20 giorni – per i contratti di durata superiore Secondo la circolare ministeriale n. 35/2013 i nuovi termini si applicano anche ai contratti stipulati prima del 28 giugno 2013. Esistono alcune fattispecie in cui non si applicano i suddetti termini oppure è possibile ridurli/annullarli: 1) nelle attività stagionali previste dall’art. 5, comma 4-ter del D. Lgs. n. 368/2001, ovvero, tanto quelle previste dal D.P.R. 7 ottobre 1963 n. 1525, quanto quelle individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative; 2) Nelle ipotesi previste dalla contrattazione di ogni livello posta in essere dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (non sufficiente la R.S.U.); è consigliabile specificare l’ipotesi nella quale vengono previsti i termini abbreviati (es: lavoratori in mobilità/Aspi/Cigs, lavoratori ultracinquantenni, sostituzione di lavoratori assenti ecc.). Ad es: il CCNL Metalmeccanico prevede 1 giorno lavorativo di intervallo per le assunzioni di lavoratori in mobilità/Aspi/Cigs e per sostituzioni. Utilizzare la somministrazione negli intervalli tra un contratto a termine e l’altro, secondo Confindustria, potrebbe configurarsi come un comportamento in frode alla legge. Il rispetto degli intervalli tra un contratto e l’altro non si riferiscono all’utilizzo della somministrazione. ART. 10 - FATTISPECIE ESCLUSE DALLA DISCIPLINA DELLA 368/2001 La prima riguarda l’esclusione dal campo di applicazione del D.L.vo n. 368/2001, prevista al comma 1: lavoro temporaneo; contratti di formazione e lavoro; contratto di inserimento; apprendistato; contratto di lavoro intermittente; contratti a termine dei lavoratori in mobilità (art. 8, comma 2, della legge n. 223/1991). contratto a termine con i dirigenti (salvo gli artt. 6 e 8) nel settore turismo i contratti non superiori ai 3gg. rapporti a tempo determinato instaurati da aziende di commercio import/export e all’ingrosso di ortofrutta. Contratti a tempo determinato attivati per attività esclusiva di ricerca scientifica/tecnologica o di assistenza, coordinamento e direzione della stessa. REGIME TRANSITORIO Il primo comma dell’art. 2-bis della Legge 78/2014 prevede che le modifiche introdotte dagli artt. 1 e 2 del D. L. n. 34/2014 si applicano ai rapporti di lavoro costituiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto. Ne segue che le novità introdotte dal decreto in materia di proroghe trovano applicazione unicamente per i contratti a tempo determinato sottoscritti dall’entrata in vigore del decreto legge (ossia al 21 marzo 2014) e sulla base, quindi, della nuova disciplina. Per risolvere eventuali problemi derivanti dalla disposizione transitoria, la medesima norma chiarisce, altresì, che “sono fatti salvi gli effetti già prodotti dalla disposizioni introdotte dal presente decreto”. Il datore di lavoro che alla data di entrata in vigore del decreto 34/2014 (21 marzo 2014) abbia in corso rapporti di lavoro a termine che comportino il superamento del limite percentuale di cui all'articolo 1, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera a), numero 1), del decreto stesso, è tenuto a rientrare nel predetto limite entro il 31 dicembre 2014, salvo che un contratto collettivo applicabile nell'azienda disponga un limite percentuale o un termine più favorevole. Per poter intervenire con un contratto di livello aziendale la condizione è che il datore di lavoro abbia in atto un superamento del limite percentuale. I contratti aziendali possono prevedere in alternativa: una percentuale più elevata, ma solo fino al 31/12/2014. oppure un periodo più lungo in cui rientrare nella percentuale del 20% durante il quale si potranno ancora prorogare, anche in data successiva al 31 dicembre 2014, i contratti in servizio. In caso contrario, il datore di lavoro, successivamente a tale data, non può stipulare nuovi contratti di lavoro a tempo determinato fino a quando non rientri nel limite percentuale di cui al citato articolo 1, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 368 del 2001. ART. 5, comma 4 quater - DIRITTO DI PRECEDENZA Condizioni per l’esercizio del diritto di precedenza: durata dell’attività lavorativa complessiva, presso la stessa azienda (non stesso stabilimento) anche con diversi contratti (contratti a termine e non altre fattispecie), superiore a 6 mesi. necessità dell’azienda di effettuare assunzioni a tempo indeterminato relativa alla stessa mansione (mansione già espletata non mansione equivalente) nei successivi 12 mesi dalla fine del contratto a termine. il lavoratore deve comunicare l’esercizio del diritto entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso. il diritto di precedenza risulta quindi di 12 mesi dalla conclusione del contratto. NOVITA’ RELATIVE AL DIRITTO DI PRECEDENZA Obbligo di richiamare espressamente il diritto di precedenza nella lettera di assunzione per i contratti stipulati dal 21 marzo 2014; si evidenzia che la legge non riporta una specifica sanzione per la violazione. Per le donne, il periodo di astensione obbligatoria ex art. 16, comma 1, del D.L.vo n. 165/2001 (due mesi prima e tre dopo il parto) concorre a determinare il periodo utile al conseguimento del diritto di precedenza. (almeno 6 mesi e un giorno) Alle stesse lavoratrici viene riconosciuto, un “nuovo” diritto di precedenza anche per le assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro nell’arco temporale dei dodici mesi successivi, con riferimento alle mansioni già svolte. ART. 3, comma 1 - DIVIETI DI STIPULA DEL CONTRATTO A TERMINE a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; b) presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato fatto salvo: una diversa disposizione degli accordi sindacali il contratto a termine sia concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti. il contratto a termine sia concluso ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (assunzioni di lavoratori inseriti nelle liste di mobilità). il contratto abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi (prorogabile). Il divieto scaturisce dal diritto di precedenza previsto dall’art. 8, comma 1, della legge 223/91 e dall’art. 15 , comma 6, della legge 264/49 così come modificata dal D.Lgs 297/2002 e deve quindi essere esteso anche ai licenziamenti plurimi individuali. c) presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine. sospensione/riduzione ordinaria, straordinaria oppure contratto di solidarietà. divieto non derogabile. d) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni. ART. 8 – CRITERI DI COMPUTO La legge 368/2001, precedentemente alle modifiche legislative, prevedeva che, ai fini di cui all'articolo 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (esercizio dell’attività sindacale artt. 19 e seguenti), i lavoratori con contratto a tempo determinato fossero computabili ove il contratto avesse durata superiore a nove mesi. L’articolo 12 della legge 97/2013 ha stabilito che, dal 4 settembre 2013, i limiti prescritti dal predetto art. 35 della legge 300/70 sia determinato sul numero medio di contratti a termine impiegati negli ultimi 2 anni, sulla base dell’effettiva durata dei rapporti di lavoro. In sede di prima applicazione il computo dei dipendenti a tempo determinato è effettuato alla data del 31 dicembre 2013, con riferimento al biennio antecedente a tale data. Naturalmente la modifica normativa non dovrebbe avere ripercussioni sul criterio di computo dei contratti a termine ai fini dell’applicazione dell’art. 18 della legge 300/70. RECESSO DAL CONTRATTO A TERMINE Scadenza del termine Anche per lavoratrici/lavoratori in maternità Anche per lavoratori in malattia/infortunio Licenziamento per giusta causa ex art. 2119, comma 1 del c.c.. Nel caso di licenziamento prima del termine non supportato da giusta causa il datore di lavoro dovrà riconoscere al lavoratore le retribuzioni spettanti fino alla scadenza del contratto; non risulta quindi applicabile l’art. 18 legge 300/70. Dimissioni per giusta causa Nel caso di dimissioni prima del termine non supportate da giusta causa il datore di lavoro potrà richiedere al lavoratore un risarcimento del danno. DIVERSA QUALIFICAZIONE DEL CONTRATTO A TERMINE Nel caso in cui il giudice ritenga illegittimo il contratto a termine la legge 183/2010 (c.d. Collegato Lavoro), oltre alla conversione del contratto a tempo indeterminato, riconosce al lavoratore un risarcimento variabile tra le 2,5 e le 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Con interpretazione autentica la Legge Fornero ha precisato che la suddetta indennità per le ipotesi di conversione in sede giudiziaria del contratto a tempo determinato “ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive” (art. 1, comma 13). Le legge Fornero ha inoltre elevato a 120 giorni il termine per l’impugnazione stragiudiziale del contratto a tempo determinato, qualora la questione verta sulla nullità del termine apposto al contratto (cfr. art. 1, comma 11). CONTRIBUTO ADDIZIONALE A decorrere dal 1° gennaio 2013 è stato previsto un generale incremento del costo dell’istituto del contratto a termine attraverso l’introduzione di un contributo addizionale, pari all’1,4%, a carico del datore di lavoro (Legge 92/2012 - art. 2, commi 28 - 30). Il pagamento della maggiorazione è stata prevista anche per i contratti a termine in corso dal 1° gennaio 2013. L’esenzione dal versamento del contributo addizionale è prevista nelle seguenti ipotesi: per i lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti; per le attività stagionali sia quelle previste dal D.P.R. n. 1525/1963 che quelle individuate dai contratti collettivi nazionali (quest’ultima solo fino al 2015). ipotesi di assunzione a tempo determinato, ex articolo 8, c. 2 della legge n. 223/1991, di lavoratori in mobilità. CONTRIBUTO ADDIZIONALE E RIDUZIONI CONTRIBUTIVE Sul contributo addizionale (1,40%) potranno, ovviamente, operare le riduzioni contributive previste dall’ordinamento per tutte le tipologie di assunzioni a tempo determinato agevolate (es. assunzioni di over 50 disoccupati da oltre dodici mesi o di donne, introdotte dall’articolo 4, commi 8 e 11 della legge 92/2012). RESTITUZIONE DEL CONTRIBUTO Viene altresì prevista la restituzione di 6 mensilità del contributo addizionale pagato in caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. In caso di assunzione successiva alla scadenza del rapporto a tempo determinato, la restituzione viene ridotta di un numero di mensilità pari a quelle intercorse tra la cessazione del primo rapporto e l’instaurazione di quello a tempo indeterminato. L’INPS, attraverso il messaggio n. 4152/2014, ha precisato che la restituzione del contributo può avvenire anche in caso di successiva assunzione con un contratto di apprendistato, nel rispetto delle condizioni richiamate dalla circolare del Ministero del Lavoro n.5/2013 .
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