DIABETE ED EPATOPATIE R. Cordera

Casi clinici
Diabete ed epatopatie
Renzo Cordera
(Ann Ital Med Int 2003; 18: 4-5)
Il fegato è il maggiore produttore di glucosio durante il
digiuno (circa il 70%) e questa produzione è regolata
dall’insulina e in parte dalla glicemia stessa. Inoltre il fegato è l’organo più insulinizzato dell’organismo, ricevendo l’insulina secreta dalle β-cellule del pancreas attraverso la vena porta, con effetto “primo passaggio”.
Il diabete è una sindrome caratterizzata da iperglicemia
“cronica”. L’iperglicemia si deve considerare come una
complicanza di un processo eziopatogenetico più o meno
specifico: la distruzione immunomediata delle β-cellule
nel caso di diabete tipo 1; una specifica alterazione genica nel caso di diabete monogenico; o più complesse alterazioni, variamente associate, di ridotta secrezione insulinica e ridotta sensibilità periferica all’ormone nel caso
di diabete tipo 21.
Non sorprende quindi che patologie epatiche croniche
siano caratterizzate anche da alterazioni del metabolismo
glucidico. Lo spettro clinico è molto ampio: dalla steatosi e dalla steatoepatite non alcolica, che sono considerate come l’espressione epatica della sindrome di resistenza insulinica, a patologie primitivamente epatiche come
le virus-epatiti e l’epatite alcolica che sono frequentemente complicate dal dismetabolismo glucidico2-5.
In altre parole, nel caso della steatoepatite non alcolica il danno epatico è espressione fenotipica e conseguenza
della resistenza insulinica, mentre nelle epatiti croniche di
altra origine il dismetabolismo glucidico e/o il diabete è
secondario al danno epatico. Vi sono elementi unificatori tra questi due estremi clinici? È possibile che alterazioni
mitocondriali, in particolare la perdita delle creste, possano
giocare un ruolo nello stress ossidativo, senza dimenticare
che la deposizione di grassi nel fegato rappresenta un
evento comune a molte noxae patogene e potrebbe di per
sé attivare la lipoperossidazione.
In questo numero di Annali Brischetto et al.6 pubblicano uno studio osservazionale sulla prevalenza di diabete
mellito in corso di epatiti croniche di diversa eziologia, suggerendo che il diabete è più frequente in corso di epatite
da virus C. La letteratura su questo argomento è piuttosto
contraddittoria. Probabilmente tutti gli studi hanno casistiche troppo piccole per poter escludere associazioni casuali. Resta comunque il fatto che in corso di epatopatia
cronica da qualunque causa, vi sia un’elevata prevalenza
di diabete mellito e/o di ridotta tolleranza al glucosio.
In alcune casistiche il rischio di diabete sembra essere
correlato all’età dei soggetti, al grado di obesità e alla familiarità per diabete. In altre anche il genotipo virale
sembra poter essere predittivo. Ulteriori più ampi studi permetteranno di chiarire questi aspetti. La letteratura recente sembra privilegiare l’importanza della riduzione di
sensibilità all’insulina, peggiorata dall’epatopatia cronica, piuttosto che un associato danno β-cellulare come
momento scatenante il diabete in soggetti con epatopatie
croniche. Numerose possono essere le cause della ridotta sensibilità insulinica: per tutte la presenza di shunt artero-venosi intraepatici che riducono la quantità di epatociti
esposti all’insulina e la deposizione intraepatocitaria di trigliceridi.
È importante infine non sottovalutare la presenza di
diabete in un soggetto epatopatico e perfino cirrotico. In
pazienti critici, nelle sepsi gravi, in corso di infarto miocardico acuto e in soggetti neoplastici, l’iperglicemia rappresenta un fattore di rischio indipendente di mortalità e
studi di intervento tesi a normalizzare la glicemia con intensiva e aggressiva terapia insulinica hanno drasticamente ridotto la mortalità in questi soggetti7-9. È razionale
ipotizzare che anche l’epatopatico cronico possa beneficiare di una terapia insulinica intensiva. Ulteriori studi potranno validare questa ipotesi.
U.O. Malattie del Metabolismo (Direttore: Prof. Renzo Cordera),
Dipartimento di Scienze Endocrine e Metaboliche, Università
degli Studi di Genova
© 2003 CEPI Srl
4
Renzo Cordera
6. Brischetto R, Corno C, Amore MG, et al. Prevalenza e significato
del diabete mellito di tipo 2 nella malattia cronica del fegato
correlata al virus dell’epatite C. Ann Ital Med Int 2003; 18: 316.
Bibliografia
1. Report of the expert committee on the diagnosis and classification
of diabetes mellitus. Diabetes Care 2003; 26 (Suppl 1): S5-S20.
2. Monto A, Alonzo J, Watson JJ, Grunfeld C, Wright TL. Steatosis
in chronic hepatitis C: relative contributions of obesity, diabetes
mellitus and alcohol. Hepatology 2002; 36: 729-36.
7. Umpierrez GE, Isaacs SD, Bazargan N, You X, Thaler LM,
Kitabchi AE. Hyperglycemia: an independent marker of in-hospital mortality in patients with undiagnosed diabetes. J Clin
Endocrinol Metab 2002; 87: 978-82.
3. Amarapurkar D, Das HS. Chronic liver disease in diabetes mellitus. Trop Gastroenterol 2002; 23: 3-5.
8. van den Berghe G, Wouters P, Weekers F, et al. Intensive insulin
therapy in critically ill patients. N Engl J Med 2001; 345: 1359-67.
4. Pagano G, Pacini G, Musso G, et al. Nonalcoholic steatohepatitis, insulin resistance, and metabolic syndrome: further evidence
for an etiologic association. Hepatology 2002; 35: 367-72.
9. Malmberg K, Ryden L, Efendic S, et al. Randomized trial of
insulin-glucose infusion followed by subcutaneous insulin treatment
in diabetic patients with acute myocardial infarction (DIGAMI
study): effects on mortality at 1 year. J Am Coll Cardiol 1995; 26:
57-65.
5. Marchesini G, Brizi M, Bianchi G, et al. Nonalcoholic fatty liver
disease: a feature of the metabolic syndrome. Diabetes 2001; 50:
1844-50.
5