Le intercettazioni degli scafisti: “I migranti diventano cibo per pesci, tanto nessuno dice nulla”. Parole infami che purtroppo dicono la verità Mercoledì 2 luglio 2014 – Anno 6 – n° 180 y(7HC0D7*KSTKKQ( +&!"!_!"!? e 1,30 – Arretrati: e 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 A Parigi, Nicolas Sarkozy arrestato durante l’interrogatorio sui fondi elettorali A Roma, il Parlamento regala l’immunità anche ai futuri senatori non più eletti Baci alla francese di Marco Travaglio he cos’abbia spinto un ragazzo sveglio come C Renzi a inscenare l’imbarazzante conferenza stampa sulle “linee guida” della giustizia, cioè sul LIBERTÉ EGALITÉ IMMUNITÉ L’ex presidente della Repubblica francese era sotto torchio per i soldi incassati da Gheddafi e dall’ereditiera de L’Oréal e per l’arbitrato a favore di Tapie. Aveva un cellulare intestato a un nome falso. Carriera finita, l’Ump nel panico. Il governo Hollande: “È un cittadino come gli altri” De Micco e Méchaly » pag. 2 - 3 Dopo ben 20 minuti di dibattito, col via libera della ministra Boschi, Pd, Ncd, FI e Lega Nord approvano l’emendamento Finocchiaro-Calderoli: lo scudo impunitario è esteso ai sindaci e ai consiglieri regionali che verranno nominati nel nuovo Senato. La Casta non cambia verso Tecce » pag. 5 » IL COSTITUENTE » La Cassazione: “Patto Dell’Utri-Cosa Nostra con la ferma volontà di Berlusconi” Il giudice diffida il Caimano: “Alla prossima finisce dentro” Dopo le escandescenze davanti al Tribunale di Napoli (“toghe impunite e incontrollabili”), il magistrato di Sorveglianza di Milano lo convoca e lo ammonisce. Lui si scusa: “Era solo una battuta, non si ripeterà più”. Intanto viene pesantemente coinvolto anche dalle motivazioni della condanna definitiva per mafia dell’amico Marcello LA PRIMA A STRASBURGO Farage di spalle, i 5Stelle no Grillo: “Basta soldi all’Italia” Schulz resta presidente dell’Assemblea. Il M5S già in imbarazzo per il gesto dell’Ukip. Ma il leader: “Nigel ha fatto bene. E da noi i finanziamenti Ue se li mangiano le cosche” De Carolis e Valdambrini » pag. 7 Barbacetto e Mascali » pag. 6 Udi Daniela Ranieri » SÌ, È LA BBC Mister Rolf Harris, il pedofilo-pittore alla corte di Londra Renzi asfalta Orlando: “È un moscio” Come ti privatizzo Fincantieri con i soldi dei risparmiatori SUA EMINENZA ABOLISCE IL PADRINO SBAGLIATO di Giorgio A Palazzo Chigi c’è un timoniere che decide da solo e non vuole ministri a fargli ombra. L’ultima vittima è stata il Guardasigilli, “reo” di un’intervista di troppo d’Esposito e Marra » pag. 4 icono che l’Italia stia D cambiando verso, ma se si deve giudicare dal colloca- uccede così: tu chiedi a uno S di fare da padrino a tuo figlio, e ti ritrovi imparentato con Meletti mento in Borsa delle azioni Fincantieri c’è poco da stare allegri. » pag. 11 - 12 - 13 - 14 un mafioso. Perché si sa: ’ndranghetisti e camorristi fanno a gomitate per presenziare a quel rito arcaico che consiste nel mettere l’ala sopra a pupi da dilavare » pag. 22 dal peccato. Soffici » pag. 17 LA CATTIVERIA In Italia lavorano il 5 per cento dei bambini. Ma per fortuna poi smettono » www.spinoza.it nulla mischiato con niente, in mezzo alle statue di cera del duo Orlando & Alfano, è noto: anche sulla giustizia, come su tutto, il premier non ha alcunché di pronto, di scritto, di pensato e soprattutto di concordato con il partner privilegiato B. (che ieri la Cassazione ha definito complice del “socialmente pericoloso Dell’Utri” nel “patto con la mafia”). Siccome però Matteo Supercazzola aveva promesso e ripromesso la riforma della giustizia entro e non oltre giugno (luglio è già impegnato dal fisco, come no), presentarsi a mani vuote pareva brutto. Avrebbe dato ragione ai “gufi” e “professoroni” che ancora si permettono di dubitare di lui. Dunque ha messo giù, col consueto trust di cervelli, una lista di slogan e frasi fatte, tipo pensierini da scuola elementare, spostando avanti di due mesi la scadenza del ddl: intanto “si apre un grande dibattito fino a settembre”, anche “in rete”, pure “con i direttori di giornale”, all’insegna della “democrazia partecipata”. Tanto aveva l’assoluta certezza che i giornalisti in sala, anziché sommergerlo di risate e pernacchie, avrebbero preso buona nota tutti compunti e trasformato quello spettacolino avvilente in un momento solenne sui loro giornali e tg. Poi, siccome si crede molto spiritoso, ha condito il tutto con sapidi calembour, e tutti giù a ridere, batti un cinque, fatti un selfie. Il punto di partenza è già una balla: “per 20 anni la giustizia è stata tabù” per quello che lui definisce “il derby berlusconismo-antiberlusconismo” (cioè l’attacco ventennale dei politici alla legalità). Forse gli sfugge che dal ‘94 a oggi non c’è stata materia più “riformata” della giustizia, con ben 120 leggi che l’han ridotta all’agognata paralisi: altro che tabù. Ed ecco le 12 slide, simili ai cartigli dei Baci Perugina, subito tramutate dalla stampa in “grande riforma” o “rivoluzione in 12 punti”. 1) “Giustizia civile: riduzione dei tempi. Un anno in primo grado”. È l’uovo di Colombo, eppure nessuno ci aveva pensato prima: ora arriva lui, fa una legge di un solo articolo che dica “sbrigarsi”, “fare presto”, “un anno non un giorno di più”, e oplà, è fatta. Ma che dico “un anno”? Un mese, signori, in un mese! 2) “Giustizia civile: dimezzamento dell’arretrato”. Un gioco da ragazzi: basta una norma che dica “dimezzare l’arretrato” e la metà eccedente delle cause, come per incanto, evapora. 3) “Corsia preferenziale per imprese e famiglie”. Giusto: prima le donne, i vecchi e i bambini. E mi raccomando: non parlare al conducente e non calpestare le aiuole. 4) “Csm: più carriera per merito e non grazie all’‘appartenenza’”. Fantastico. 5) “Csm: chi giudica non nomina, chi nomina non giudica”. Perbacco. Poteva aggiungere “chi entra non esce e chi esce non entra”, “chi bagna non asciuga e chi asciuga non bagna”, per dire. 6) “Responsabilità civile modello europeo”: giusto, i fautori del modello africano o neozelandese sono sistemati. E così via, a colpi di “riforma del disciplinare”, “falso in bilancio e autoriciclaggio”, “accelerare il processo penale” (se no resta indietro sul civile), “riforma della prescrizione”, “intercettazioni: diritto all’informazione e tutela della privacy”, “informatizzazione integrale”. Siamo al punto 11, che però non è cifra tonda. Ci vuole pure il 12, che fa tanto Mosè sul Sinai. Che ci mettiamo? Ritinteggiatura aule? Lucidatura pavimenti? Sostituzione serramenti? Nuovo design per le toghe? Ma no, dai: “Riqualificazione del personale amministrativo”, fa più fico. Non è dato sapere se il “modello europeo” cui si ispira il Renzi comprenda il sistema francese: quello che ieri ha portato al fermo (“garde a vue”) dell’ex presidente della Repubblica Sarkozy, finito in guardina nel bel mezzo di un interrogatorio, dopo mesi di intercettazioni sui telefoni suoi e dei suoi avvocati e compari per uno scandalo di finanziamenti illeciti. Ma pare proprio di no: in Italia gli ex presidenti diventano ipso facto senatori, sia nel vecchio sia nel nuovo Senato, che proprio ieri si è regalato un’altra volta l’impunità. Europei sì, fessi no. 2 EGALITÉ MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 Lcorsa e Pen: “Una sua alla presidenza è da escludere” UN COMPLOTTO, questo sostiene Marine Le Pen, leader del Front National: “Nicolas Sarkozy è completamente screditato per qualunque corsa alla presidenza”. Questo il giudizio rispetto all’ex presidente francese e all’influenza che le vicende giudiziarie che lo riguardano potrà avere sul suo futuro po- litico. Le Pen, che è avvocato, non si pronuncia: “Uno stato di fermo non comporta di per sé una presunzione di colpevolezza. Lasciamo lavorare la giustizia. La verità - ha detto a Le Figaro - è che l’ex capo dello Stato è sempre più accerchiato da un numero inaudito di casi. E quest’ultimo non è il più grave. Non COM’È TRISTE PARIGI: SARKOZY “ARRESTATO” DAL MAGISTRATO PER LA PRIMA VOLTA UN EX PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SUBISCE UNA MISURA RESTRITTIVA (LO STATO DI FERMO). L’ACCUSA: CONCUSSIONE E TRAFFICO D’INFLUENZE di Luana De Micco Parigi N on sono neanche le 8 del mattino quando l’auto nera dai finestrini oscurati con a bordo Nicolas Sarkozy raggiunge l’ufficio anticorruzione della Procura di Nanterre, in una periferia a ovest di Parigi. L’ex presidente francese è stato convocato dai giudici poco prima nell’ambito di un’inchiesta per concussione, “traffico di influenza” e violazione del segreto istruttorio. Salendo a bordo dell’auto, solo, lo sguardo teso, abito e cravatta scuri, sa bene che dal 16 giugno 2012, ovvero un mese dopo aver lasciato l’Eliseo a François Hollande, non è più coperto da alcuna immunità. Una volta nei locali di Nanterre, Sarkozy è stato immediamente posto in stato di fermo. È sospettato di aver tentato di corrompere un alto magistrato cercando di estorcergli informazioni riservate su un’inchiesta che lo riguarda direttamente. re Bettencourt”. Ma questo tipo di umiliazione no, non è mai accaduto prima d’ora. Ora la polizia ha 48 ore per decidere se indagarlo ufficialmente. Davanti ai giudici Sarkozy si è ritrovato da solo. Il suo avvocato, Thierry Herzog, che gli avrebbe fatto da intermediario, era già stato fermato lunedì mattina e non LA CUSTODIA cautelare per un ex capo dello Stato è un caso unico nella storia della République. Altri presidenti sono stati indagati in passato. Lo stesso Sarkozy è già stato convocato da un giudice e indagato nell’ambito dell’“affai- il Fatto Quotidiano può assisterlo. Un nuovo legale dovrebbe sostituito nelle prossime ore. Lo stesso giorno erano stati fermati anche due alti magistrati della Corte di Cassazione, Gilbert Azibert e Patrick Sassoust. Lo stato di fermo dei tre uomini è stato poi prolungato di 24 ore. Gli inquirenti stanno cercando di stabilire se Nicolas Sarkozy, con l’aiuto del suo legale, abbia tentato di corrompere il giudice Azibert per ottenere informazioni protette da segreto istruttorio, promettendogli in cambio un posto di prestigio a Montecarlo per finire in bellezza la carriera. Stanno anche indagando su un’eventuale rete di informatori che avrebbe potuto tenere Il reato che l’Italia applica per finta L’ articolo 346 bis (“traffico di influenze illecite”) nel Codice penale, anche se poco "utilizzato", esiste e punisce con la reclusione da uno a tre anni chi sfrutta le proprie conoscenze, o meglio relazioni, con pubblici ufficiali o con chi ha incarichi di pubblico servizio, al fine di far dare o promettere denaro o qualsiasi altro vantaggio patrimoniale come ricompensa per il proprio interessamento. Quando fu inserito, nel 2012, scatenò diverse polemiche poiché veniva applicato solo quando esistevano già rapporti personali tra due pregiudicati; fu Antonio Di Pietro a sollevare il problema, dato che era stata tenuta fuori dall'articolo la corruzione. A favore del 346 bis pure Pietro Grasso, che ne invocò l’applicazione quando scoppiò lo scandalo delle lobby di slot machine e tabacco che dispensavano assegni ai componenti, di destra e sinistra, delle commissioni parlamentari. Gilbert Azibert Ansa NIENTE PRIVILEGI Dal 2012, lasciato l’Eliseo, il politico non ha immunità: avrebbe tentato di corrompere un giudice in cambio di notizie top secret ho mai creduto che sarebbe tornato”. Quanto agli effetti che il Front National potrà ottenere da questi sviluppi, Le Pen sottolinea che “l'Ump è in fase di decomposizione, in totale confusione. Che può proporre? Il peggior rimprovero che si può muovere al partito è che non ha più una sola idea”. aggiornato l’ex presidente, direttamente o tramite i suoi uomini di fiducia, sulle evoluzioni dei processi giudiziari che lo minacciano. LE INDAGINI si basano su al- cune intercettazioni telefoniche avviate nella primavera del 2013. All’epoca i telefoni cellulari di Sarkozy e di Herzog erano stati messi sotto controllo nell’ambito di un’altra inchiesta, quella sui presunti finanziamenti da parte della Libia di Gheddafi alla campagna elettorale di Sarkozy del 2007 (che poi lo catapultò all’Eliseo). Sul filone libico non venne fuori nulla, ma le intercettazioni furono comunque fruttuose. I primi di marzo erano state perquisite le abitazioni e gli uffici del giudice Azibert e dell’avvocato, al quale era stato sequestrato il cellulare e del materiale informatico. Ora sono scattati i fermi. L’inedita iniziativa della magistratura arriva proprio nel momento sbagliato per Sarkozy, che si sta preparando al suo grande ritorno in politica in vista delle presidenziali del 2017 passando per la guida del partito della destra neo gollista, Ump. Un grande ritorno, atteso dunque per l’autunno, che potrebbe ormai essere compromesso. E che il 62% dei francesi del resto non desidera. I suoi fedelissimi denunciano “l’accanimento” dei magistrati contro il loro “eroe” che era pronto a sacrificarsi per “salvare” la Francia: “Non ho mai visto tanto odio scatenato contro un ex presidente”, ha commentato il sarkozista Christian Estrosi. “La giustizia indaga e deve andare fino in fondo. Nicolas Sarkozy è un cittadino come gli altri davanti alla legge”, ha commentato il portavoce del governo, Stéphane Le Foll. SENZA VERGOGNA di Laetitia Méchaly on è la prima volta che uno N scandalo viene alla luce in Francia mentre un politico è in carica, oppure sta progettand un suo rientro sulla scena. JACQUES CHIRAC , nel 1990 - ma fu giudicato solo quindici anni dopo - fu coinvolto in vari scandali e accusato di “appropriazione indebita, abuso di fiducia” e “détournement de fonds” distrazione di fondi - quando era sindaco di Parigi, fu interrogato dal giudice Alain Philibeaux, che indagava sugli “impieghi fittizi” al Comune. Chirac si rivolse al giornale Le Monde per raccontare la sua versione dei fatti con una lettera. “Se volevano continuare a giocare il loro ruolo - scrisse Chirac riferendosi alla politica francese negli anni ‘80 - tutti i partiti erano obbligati a mobilitare mezzi finanziari di un' ampiezza senza confronto rispetto a quelli usati fino ad allora. Chirac, Giscard, Strauss-Kahn quando lo scandalo parla francese Sia a destra che a sinistra questi fatti non hanno portato ad arricchimenti personali, e le leggi approvate nel frattempo assicurano oggi un quadro democratico esemplare”. Insomma, non era una tangentopoli, solo un “dovere” di un politico verso il suo partito. ANCHE VALÉRY GISCARD d'Estaing fu coinvolto in uno scandalo che fu soprannominato “dei diamanti”: il 10 ottobre del 1979, il settimanale satirico Le Canard Enchaîné pubblicò la copia di una ricevuta di un gioiello in diamanti destinato all'allora ministro delle finanze, firmata dall’ex dittatore centroafricano Bokassa . Questo avvenimento produsse molto clamore e contribuì a screditare d’Estaing fa- QUANDO ERA SINDACO Jacques Chirac fu coinvolto in vari intrighi e accusato di appropriazione di fondi per conto del suo partito, da imprese di costruzione cendo supporre una consolidata amicizia con il dittatore. Di ben altro genere le accuse rivolte al politico Dominique Strauss-Kahn, ex direttore del Fondo Monetario Internazionale); è stato condannato per un affare di prossenetismo, per aver favorito un giro di prostituzione in un albergo di Lille, città del nord della Francia. Molto clamore suscitò la vicenda del presunto stupro della donna di servizio che si occupava della pulizia della sua stanza nell’albergo Sofitel di New York. Non è mai stato chiarito se si trattasse di un complotto organizzato nei confronti del politico, di certo distrusse completamente le sue ambizioni nella corsa all'Eliseo tanto che il suo collega di partito François Hollande fu eletto, nonostante non fosse lui il candidato scelto in precedenza dal Partito Socialista francese. Nel 2012 lo “scandalo Cahuzac” rivelò che il ministro dell’Economia aveva un conto bancario nascosto in Svizzera, e per questo era stato cacciato del governo di Hollande. Un anno dopo, lo stesso Cahuzac ha riconosciuto le sue responsabilità ed è stato messo sotto accusa per “riciclaggio di denaro proveniente da frode fiscale” E ARRIVIAMO alla vicenda di Sar- kozy , messo in stato di fermo per traffico di influenza, per avere utilizzato la sua posizione in modo da ottenere informazioni da giudici su uno scandalo che lo stava investendo. È la prima volta che un ex capo dello INTRAPPOLATO DAL SESSO Dominique Strauss-Kahn ha avuto la carriera distrutta dallo scandalo del presunto stupro di una cameriera a New York SPALLE AL MURO Sarkozy è presidente dell’Ump. Sperava di rientrare nella corsa all’Eliseo, ma l’inchiesta lo taglia fuori LaPresse stato francese viene sottoposto a un trattamento simile, costretto a restare in un comando di polizia di Nanterre, alla periferia di Parigi. Insomma, nella politica d’Oltralpe tornano come comuni denominatori il denaro, il sesso, l’abuso di potere, con il solito obiettivo, quello di mantenere il potere e prendere voti, tranne per DSK, un affare di sesso che è stata la fine del suo percorso politico. Sarkozy è sospettato di aver beneficiato di soldi di un anziana miliardaria, la signora Bettencourt, proprietaria dell'impero economico L'Oréal, e di aver raccolto dei fondi illegali per il finanziamento della campagna elettorale del 2007 - e di aver cercato di ottenere delle informazione da parte di giudice della Corte di Cassazione sull'inchiesta che lo riguardava. La vicenda è in evoluzione, si attende di conoscere la decisione del magistrato che indaga sull’ennesimo scandalo della politica francese. UN DIAMANTE È PER SEMPRE Valéry Giscard d’Estaing accettò un gioiello dal dittatore Bokassa, un giornale pubblicò la notizia e scoppiò il caso EGALITÉ il Fatto Quotidiano C”LaorteFrancia europea: può vietare il burqa” LA CORTE EUROPEA dei diritti dell’uomo ha respinto il ricorso contro il divieto al velo integrale nei luoghi pubblici entrato in vigore in Francia l’11 aprile 2011. La legge non viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. L’autrice del ricorso, una donna musulmana francese di 34 anni e di MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 origini pachistane, aveva denunciato il divieto a indossare burqa e niqab “secondo quanto previsto dalla sua religione” come una discriminazione, una violazione della sua libertà di culto e della sua vita privata. La donna aveva sottolineato nel suo ricorso che “né il marito né alcun altro membro 3 della sua famiglia” esercitava pressioni perché lei si coprisse il volto. I giudici di Strasburgo hanno invece sottolineato che “il rispetto delle condizioni del 'vivere insieme è un obiettivo legittimo” della legge e che uno Stato “dispone di un ampio margine di manovra”. Nome in codice Bismouth la spy-story dell’Eliseo “SUPERSARKO” AVEVA UNA IDENTITÀ FITTIZIA PER NON ESSERE INTERCETTATO VOLEVA EVITARE L’INCHIESTA SUI FINANZIAMENTI ILLECITI PER LA CAMPAGNA 2007 Parigi T re mesi fa la Francia scopriva che il cellulare di Nicolas Sarkozy era stato intercettato dai magistrati nell’ambito di un’inchiesta per corruzione. Una decisione senza precedenti per un ex presidente della Repubblica. Ieri gli stessi magistrati si sono spinti ben oltre, convocando Sarkozy e mettendolo in stato di fermo per il lungo interrogatorio nei locali della prefettura di Nanterre. Così il protagonista della vicenda, un ex capo dello stato ambizioso che punta ancora al potere, virtuale candidato alle prossime elezioni presidenziali, ha raggiunto i tre uomini che sono dietro ad un incredibile intreccio: un avvocato fedele e ASSEDIO Giornalisti e cameramen dinanzi all’ufficio dell’anticorruzione in attesa di una possibile uscita di Sarkozy dopo l’interrogatorio con il magistrato LaPresse Visto da Parigi la “prima volta” per un È capo dello Stato francese. “La dimostrazione è che il sistema giudiziario francese funziona bene” dice al telefono da Parigi Bruno Jeudy, caporedattore del Journal du dimanche e autore di vari libri su Nicolas Sarkozy. Quanto è importante questa inchiesta? Molto, perché è la prima volta che un ex capo dello Stato viene messo in stato di fermo, nei locali di polizia, con altre tre persone (due giudici e un avvocato), per sospetto di trafic d'influence (traffico di influenze illecite, ndr). Questa vicenda è complicata, resta legata all'affaire Bettencourt: Sarkozy ha cercato di ottenere informazioni su quell’indagine e i poliziotti hanno intercettato le chiamate al suo avvocato. Quale conseguenze potrebbe Bruno Jeudy Nicolas vuole fare la vittima come B. Ma non funzionerà avere questa vicenda sul futuro politico dell’ex presidente della Repubblica francese? È ovvio che ora Sarkozy è in crisi; anche se non l'aveva detto in maniera ufficiale, aveva previsto di fare un ritorno in politica alla fine dell'estate. Che pensa dei commenti provenienti dal partito Ump, che evocano un acharnement (complotto, ndr) contro l'ex presidente? Secondo lei, c'è un rapporto tra il suo ritorno in politica e questa vicenda? Non penso proprio che gridare al complotto funzionerà, come magari è accaduto in Italia per Berlusconi; malgrado il suo carisma lo scan- dalo lo screditerà. È bene ricordare che, secondo i sondaggi, è molto meno popolare da qualche tempo. I francesi sono più in favore di Alain Juppé, come rappresentante della destra francese. Insomma, la strategia utilizzata in Italia da Silvio Berlusconi in Francia non vale? Gridare al complotto è cosa che fanno tanti politici quando sono sotto inchiesta, e Nicolas Sarkozy è molto bravo in questo senso. è bravissimo nell'arte della “vittimizzazione”, non esiterà fra qualche giorno a fare un collegamento tra il suo eventuale ritorno in politica e il suo interrogatorio. Tuttavia, non credo che avrà i risultati che spera. l.m. senza scrupoli, e due magistrati pronti a tutto. Gli inquirenti sospettano i quattro uomini di aver infranto il segreto istruttorio e di aver messo su una rete di “talpe” perché Sarkozy potesse essere sempre al corrente di ogni evoluzione nelle tante inchieste che pesano su di lui e sulla sua ambizione. I milioni del colonnello Gheddafi Tutto è iniziato nell’aprile del 2013 quando i giudici del servizio finanziario, Serge Tournaire e René Grouman, hanno aperto un’inchiesta per indagare sui presunti finanziamenti della Libia del colonnello Gheddafi (si parla di una cinquantina di milioni) alla campagna elettorale di Sarkozy del 2007. Quella che lo ha proiettato all’Eliseo, battendo la socialista Ségolène Royal. A settembre dunque i magistrati decidono di mettere sotto controllo i cellulari di Sarkozy, di alcuni suoi uomini di fiducia, tra cui due ex ministri, e soprattutto del suo avvocato, Thierry Herzog, 58 anni, amico di trent’anni, al suo fianco sin dai tempi dello scandalo Clearstream contro Dominique de Villepin, nel 2006. Gli inquirenti si accorgono rapidamente che l’ex presidente ha un altro cellulare intestato al nome fittizio di Paul Bismouth. É su questo numero che, incosapevoli di essere ascoltati, Sarko - nome in codice Bismouth - e il suo legale si lasciano andare. I due parlano tanto. Se le intercettazioni non forniscono nessun elemento nell’affaire sugli eventuali finanziamenti libici, i magistrati scoprono però altri elementi interessanti. I segreti nei quaderni e l’affare Tapie Tra il 28 gennaio e l’11 febbraio 2014, parlando con il suo legale, Sarkozy sembra particolarmente preoccupato per la sorte delle sue agendine di lavoro e private che sono rimaste nelle mani degli inquirenti dai tempi dell’affaire Bettencourt. sequestrate Erano state nell’ambito dell’indagine per circonvenzione di incapace dell’anziana e miliardaria erede L’Oréal, Liliane Bettencourt. Da quell’inchiesta Sarkozy è uscito pulito (ha ottenuto il non luogo). Ma le famose agendine, rivelando impegni e appuntamenti, rischiano di compromettere Sarkozy in un’altra inchiesta, una delle tante in cui compare il suo nome, quella del contenzioso tra lo Stato francese e l’uomo d’affari Bernard Tapie sul fallimento della banca Crédit Lyonnais. Non a caso, l’11 marzo si attende un’importante decisione della Corte di Cassazione, che si deve pronunciare per invalidare o meno il sequestro delle preziose agen- Il web: “Se Carla canta meglio il carcere” I CINGUETTII d’Oltralpe sono anche per lei. L’ex première dame Carla Bruni è presa di mira dai francesi su Twitter, con battute e amaro sarcasmo sul suo futuro, ora che la sua dolce metà, Nicolas Sarkozy, è stato arrestato. I più velenosi si chiedono quanto ci metterà la modella-cantautrice a lasciare il povero Nicolas, dal momento che la condizione giudiziaria ne pregiudica lo spessore politico. L’utente @AngryMargaret già assapora il prossimo titolone delle riviste di gossip francesi, con tanto di dichiarazione della Bruni: “Diferències irreconciliables". Qualcuno lancia il possibile titolo della sua prossima raccolta discografica, “Le più belle canzoni ad alta sicurezza”, e giura di averla vista per Parigi con una busta di “oranges”. In molti si dicono certi che l’ex inquilino dell’Eliseo possa trovare più serenità dietro le sbarre “piuttosto che in casa ad ascoltare le canzoni di Carlà”, come scrive @Hugoadrien. E si valuta la possibile componente profetica di una delle hit della Bruni, in cui lei canta sconsolata: “Quelqu'un m'a dit que tu m'aimais encore, C'est quelqu'un qui m'a dit que tu m'aimais encore” (qualcuno mi ha detto che tu mi amavi ancora? qualcuno che mi ha detto che mi amavi ancora? possibile, allora?) . L’account @La_Polisse scrive che all’annuncio dell’arrivo de la police, Carla sia rimasta “finalmente senza voce”. A supporre un ironico coinvolgimento della signora Bruni-Sarkozy sarebbe una foto in cui sfila in passerella portando la bandiera italiana, secondo l’utente @CCalmier, “in un modo troppo ostentato”, quasi a contagiare con le brutte abitudini dei politici nostrani il povero marito “inconsapevole”. dine, che l’ex presidente vorrebbe recuperare volentieri. Alla fine il sequestro è confermato, le agende restano tutt’ora nelle mani dei magistrati e potranno ancora essere utilizzate. Ogni tentativo fatto dai due per recuperarle sarà risultato dunque vano. Stando alle intercettazioni, di cui il giornale on line Mediapart ha I“COMPARI” Un avvocato senza scrupoli e due magistrati pronti a tutto avevano messo su una rete di “talpe”per conoscere l’evolversi delle indagini pubblicato alcuni passaggi il 18 marzo, in questa vicenda, Sarko e Herzog hanno fatto appello a una “talpa” per essere tenuti informati regolarmente sull’evoluzione della procedura. Il sogno di Azibert: un posto a Montecarlo A questo punto entra in scena Gilbert Azibert, 68 anni, alto magistrato della Corte di Cassazione. Quest’ultimo ha un solo desiderio: finire in bellezza la sua brillante carriera (fu persino considerato il “Guardasigilli bis” ai tempi di Rachida Dati) come consigliere di Stato a Montecarlo. In cambio di questo posto al sole il magistrato sembra disposto anche a fornire informazioni coperte da segreto istruttorio. Aprendo un’inchiesta per violazione del segreto istruttorio, i magistrati devono dunque stabilire se Sarkozy è realmente intervenuto per soddisfare le richieste di Azibert. Da Montecarlo hanno rapidamente smentito ogni forma di pressione. La candidatura di Azibert del resto è stata bocciata. Ma ad informare Sarkozy ed Herzog di come andavano le cose, compresa la decisione di mettere sotto intercettazione i telefoni di entrambi, sembra che non ci sia un solo informatore. Probabilmente l’altra “talpa” di Sarkozy è un collega togato di Azibert, Patrick Sassoust, avvocato generale alla Corte di Cassazione, 55 anni, direttamente incaricato del dossier Bettencourt. Forse è lui l’“anello mancante”, l’uomo chiave che, potendo accedere a tutti gli elementi, trasferiva le informazioni a Azibert, che a sua volta informava Sarkozy e Herzog. Ldm 4 IL CANNIBALE MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 PDomani atto del Nazareno il bis con Berlusconi DOMANI è il giorno cerchiato sul calendario per serrare gli spifferi del patto del Nazareno, provare a dare la stretta definitiva sulle riforme costituzionali e poi dare il via ai voti sugli ultimi emendamenti in Commissione, in modo da arrivare in Aula di Palazzo Madama il 9 o il 10 luglio, come dichiarava ieri il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi. Domani Berlusconi va al gruppo dei senatori di Forza Italia. E domani Matteo Renzi dovrebbe incontrarlo. L’appuntamento in programma con i senatori però ancora non ufficializzato. L’idea che Berlusconi possa disertare l’incontro però non sembra possibile anche perchè il suo intervento è necessario per riportare la calma dentro il gruppo dei senatori e, contemporanea- il Fatto Quotidiano mente, mandare un messaggio chiaro a palazzo Chigi: Forza Italia ha intenzione di portare a termine le riforme su cui si è impegnata ma, allo stesso modo, il Pd non deve venire meno agli accordi. Ed il primo punto su cui il Cavaliere ha intenzione di incalzare il presidente del Consiglio è l’avvio della discussione sull'Italicum così come è stato licenziato dalla Camera. MATTEO RENZI BALLA DA SOLO PER GARANTIRVI QUESTA TESTATA SCARICATELA SEMPRE DA QUI http://quoidianes.tumblr.com/ CDM SEMPRE PIÙ BREVI, SEGRETERIE DEL PD RIUNITE SU WHATSAPP (E NON PIÙ ALL’ALBA), NOMINE DECISE DAVANTI A UNA PIZZA. TRATTA IL GOVERNO COME UN CONSIGLIO COMUNALE di Wanda Marra N on lo so”, “decide Matteo”, “il Presidente non l’abbiamo visto”: capita spesso di provare a informarsi su provvedimenti di Palazzo Chigi, o sulle mosse prossime venture del governo e del Pd e di sentirsi rispondere così. In genere non è reticenza: è che proprio Renzi “balla da solo”, per usare la metafora di un dirigente Dem. E dunque, tende a fare tutto lui, delega il meno possibile, vuole l’ultima parola su qualsiasi cosa, non si fida praticamente di nessuno. LUNEDÌ ha incontrato a ora di pranzo Andrea Orlando, il Guardasigilli che aveva pronti una serie di provvedimenti, e gli ha chiarito non solo che la riforma della giustizia era rimandata, ma che poi nel merito avrebbe deciso lui. Per chiudere la bozza d’entrata in Cdm del provvedimento sulla Pa, il ministro Madia ha dovuto aspettare che lui tornasse dal Vietnam. E fino a quando Napolitano non ha firmato i decreti, i diretti responsabili non sapevano neanche cosa ci sarebbe stato esattamente nella loro riforma. “Renzi ha leadership ed è giusto che i ministri intorno a lui non siano figure forti. Potrebbero essere solo elementi di disturbo”, commentava qualche corrispondente straniero il giorno del giuramento. Uno spunto che Renzi segue alla lettera. “Maria Elena, hai le slide? Ah, ma queste sono slide da secchio- FACCIO TUTTO IO Il premier vuole avere l’ultima parola su tutto. Per questo molte decisioni vengono rimandate all’infinito na”. Così prendeva in giro la Boschi durante la conferenza stampa di presentazione della riforma del Senato. “Poi Marianna domani vi spiega tutto”, diceva nel Cdm dedicato alla Pa. Quel domani non è mai arrivato. I Cdm sono brevissimi e neanche troppo tesi: c’è poco da discutere. Renzi i ministri competenti li vede prima, sente cosa hanno da dire, poi decide lui. “Non è vero che Matteo non ascolta: ascolta tutti. Magari per pochissimo. Poi sintetizza”, raccontano. Il “Presidente” vuole avere l’ultima parola anche “tecnica” sulle leggi. Ecco l’imbuto, l’ingorgo. E le incomprensioni: capita che chi lavora con lui neanche sappia esattamente i contenuti dei testi. Gli unici a cui delegasono quelli del “Giglio magico”: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti gestisce le trattative per suo conto, magari ci mette la faccia, quando il premier preferisce evitare. La Boschi è la punta di diamante alle riforme: lei ha il mandato, lui ratifica ogni cosa. Il direttore del Dagl, Antonella Manzione, è quella che deve tradurre in legge le volontà del premier. Graziano Delrio, Sottosegretario alla presidenza del Consiglio, diverso per carattere ed esperienza dai fiorentini ha avuto un ruolo centrale politico nel portare il premier alla guida del governo, ma ora preferisce dedicarsi a gestire una serie di partite amministrative centrali (tipo Alitalia). Molti lo vedono pronto per il Colle. Chiunque ha una certa autonomia fa fatica a sopravvivere accanto a Renzi. A Palazzo Chigi il premier non ha neanche una segretaria: si appoggia alla struttura, per molte cose fa da solo. AL PARTITO, viceversa, Renzi è quasi assente. La segreteria praticamente non esiste. Da quando è diventato premier, la metà si è trasferita con lui al governo (Boschi, Lotti, Madia). Matteo ha nominato due vice segretari, Guerini e Serracchiani. Soprattutto al primo delega ogni pratica complicata e diplomatica. Perché poi il segretario è il lavoro che gli interessa di meno. Tutti gli altri sono sostanzialmente lasciati a loro stessi. Finiti Auto blu, aste deserte anche in Trentino ERA IL 12 MARZO quando Renzi annunciò l'intenzione di mettere all'asta su eBay le 151 auto blu del parco macchine di proprietà dello Stato. I mezzi, oltre a essere numerosi, erano variegati: da alcuni modelli più datati, come la Fiat Croma o l'Alfa 156, fino ad altri di lusso come le due Maserati in vendita dal ministero della Difesa e le due Jaguar in possesso del ministero della Giustizia. Ministeri che evidentemente andavano di fretta. Ma la vendita non si rivelò semplice dato che, arrivati ad aprile, secondo il sito del governo, il ricavo fu di appena 371 mila euro. Effettivamente se ci si fa un giro nel sito d'aste più famoso al mondo, le offerte per i componenti dell'"armata blu" dell’esecutivo sono molto poche, essendo auto di lusso si, ma decisamente piene zeppe di chilometri. Anche l'ex governatore del Trentino, Luis Durnwalder, aveva deciso di mettere in vendita la sua Mercedes S 500 per una cifra, in prima asta, di 39 mila euro; richiesta poi scesa, dato l'insuccesso, a 31.200. Ma anche nell'ultima asta la macchina non è riuscita a trovare un nuovo proprietario: è stato così deciso che l'auto finirà in permuta quando verrà acquistata una nuova vettura. Per la serie: l’importante è partecipare. g.f. i tempi delle riunioni all’alba. Anzi, le riunioni non si fanno neanche più. “Ma siamo perennemente convocati su Whatsapp”, raccontano loro. Sono mesi che si aspettano nuove nomine per la segreteria. Sempre rimandate perché lui “non ci ha messo la testa”. Quando poi ce la mette, fa quello che vuole: il giorno della chiusura delle liste per le europee, alle 2 di notte, ha mandato sms alle 5 prescelte per comunicare che sarebbero diventate capoliste, azzerando in un istante settimane di trattative. Lacrime delle ragazze, strepiti degli esclusi. La sera prima dell’Assemblea nazionale del Pd ha mangiato una pizza con i fe- SOLO AL TIMONE Matteo Renzi è la perfetta incarnazione del berlusconiano “faccio tutto io”. Glielo avrà consigliato Silvio? Ansa delissimi e ha ratificato una decisione che aveva preso da settimane: il presidente sarebbe stato Matteo Orfini. Il 17 giugno in un vertice a Palazzo Chigi con governo e Pd ha praticamente scritto l’ultima versione della riforma del Senato, immunità compresa. L’uomo è così: non propone, ma dispone. E se qualcuno prova a contrastarlo c’è lì quel 40,8%. I voti, tipo memento mori. Accentrava quando era presidente della Provincia di Firenze, lo faceva da Sindaco, continua da premier. Il problema, che molti cominciano a notare, è che più il perimetro dell’azione è largo e l’imbuto è stretto, più rischia di strozzarsi. IL CASO ORLANDO Quei cazziatoni al “moscio” Guardasigilli L’ostensione di Andrea Orlando e Angelino a mo’ di valletti, l’altro giorno in conferenza stampa a Palazzo Chigi, è l’ennesima conferma che Matteo Renzi tratta i suoi ministri come assessori qualunque, come se non fosse un governo ma una giunta comunale. Il sindaco d’Italia, appunto. Un sindaco-premier che non tollera altri protagonisti splendenti ma solo comprimari ubbidienti. Quello che è accaduto sulla giustizia è un esempio magistrale del renzismo che non vuole ombre altrui. Il balletto sulla riforma, anzi no sulle linee-guida, anzi no sulla consultazione popolare estiva (sulle spiagge già si registrano capannelli di bagnanti che discutono i dodici punti dell’imbarazzante compitino presentato lunedì), avrebbe generato almeno due veementi cazziatoni di Renzi al Guardasigilli Orlando. Il primo la settimana scorsa, quando Repubblica (il quotidiano più renziano d’Italia a eccezione dell’enclave Scalfari-Giannini) ha pensato di fare uno scoop anticipando pezzi di una riforma che non c’era e non c’è. Rivelano fonti di governo che il premier avrebbe rimproverato con durezza Orlando: “Andrea queste cose le devo gestire io, che non succeda mai più”. Orlando, mortificato, avrebbe provato a difendersi: “Matteo ma io non ne sapevo nulla”. Il ministro della Giustizia, raccontano ancora, non ha fatto in tempo a concludere la frase che il premier aveva già chiuso la conversazione. La scena si è ripetuta ieri mattina, nel day after dei dodici pensierini di lunedì. Orlando avrebbe voluto commentare alcuni editoriali negativi dei quotidiani e la risposta di “Matteo” è stato liquidatoria: “Non preoccuparti, ci penso io”. Clic. Poi rivolto a un deputato amico, Renzi avrebbe sentenziato, secondo l’Huffington Post: “Quanto è moscio questo”. che delicati e scivolosi, avrebbe dovuto sollevare decine di commenti, invece l’ordine di scuderia è stato: “Non cavalcate l’intervista”. E ieri, poi, è arrivata la smentita sugli eurobond del ministro all’Economia Padoan, con un’altra intervista, stavolta al confindustriale Sole 24 Ore. Renzi, soprattutto dopo il 40 per cento europeo, vuole brillare da solo. E il suo volto diventa feroce quando qualcosa non va per il verso giusto. Un altro aneddoto significativo riguarda la botticelliana Marianna Madia, destinataria di una battuta sul tormentone giallo del decretone sulla Pubblica amministrazione. A un certo punto, nel Consiglio dei ministri in cui si discuteva della materia, “Matteo” si è girato verso “Marianna” e le ha ordinato: “Che ci fai ancora qui, vatti a preparare che devi andare a Otto e mezzo”. C’è tutto Renzi, e c’è tutto il renzismo nella direttiva alla Madia. Viene in men- te una bella e cruda lettera pubblicata da Michele De Lucia nel suo Berluschino, la biografia politica di Renzi. A scriverla un assessore dimissionario della giunta di Firenze: “Caro Matteo tratti i tuoi assessori come servitori e non riusciamo a parlarti se non per alcuni secondi tra una cosa e l’altra”. ORLANDO, Delrio, Madia: o ministri maltrattati, o ministri servitori. E due a cui il premier non è ancora riuscito a prendere le misure sono MauRenzi applica soprattutto nel campo della comurizio Lupi di Ncd e il bersaniano Maurizio Marnicazione. L’agenda setting, la scelta della notizia tina. Entrambi si occupano dell’Expo di Milano e dominante del giorno, tipica della visione blairiaquesto sta mettendo molto in ansia, ma davvero na di Filippo Sensi, lo spin doctor del premier, è molto, Palazzo Chigi. Se Lupi avesse optato per il un’esclusiva di Palazzo Chigi. E guai a chi devia il corso del marketing renziano, come è capitato apseggio europeo, lasciando le Infrastrutture, Renzi avrebbe sparato i fuochi d’artificio per la gioia. Ma punto, a torto o a ragione, al ministro Orlando. Di qui anche il fastidio per l’intervista di Delrio non è successo. Anche su Martina le riserve sono dell’altro giorno al Corsera. Per i temi trattati, anforti, per il timore che i lavori non finiscano in tempo. Nel Pd, dai giorni glorioSULLA GRATICOLA Graziano Delrio, Marianna Madia, Maurizio Martina e Andrea Orlando Ansa/LaPresse/Dlm si del maggio europeo, circola una battuta che paragona Renzi a Maradona. “Finora non ce l’avevamo, adesso sì”. Con la differenza, però, che Diego, dall’alto del suo talento pedatorio, non cazziò mai un compagno di squadra del Napoli. E gli azzurri vinsero lo scudetto per la prima volta. Qualcosa vorrà dire. È IL “CI PENSO IO” di berlusconiana memoria che fd’e il Fatto Quotidiano IL CANNIBALE RIFORME, IL PD SCRIVE AI CINQUE STELLE VEDIAMOCI, MA IL PREMIO NON SI TOCCA Termina con un “saluto cordiale” e le firme in calce: Alessandra, Debora, Matteo, Roberto. La lettera del Pd ai Cinque Stelle dopo l’incontro a Montecitorio della scorsa settimana ha il tono fermo di chi conduce la danza forte di quel 40% rimediato alle Europee. “Siamo pronti a confrontarci insieme”, scrivono dal Pd, ma chiariscono: “Per noi un vincitore ci vuole sempre. L’unico modello che assicura questo oggi in Italia è la legge elettorale che assegna un premio di maggioranza al primo turno o al secondo turno. Siete disponibili a prevedere un ballottaggio, così da avere sempre la certezza di un vincitore? Noi sì. Siete disponibili ad assicurare un premio di maggioranza, al primo o al secondo tur- fatto a mano MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 5 no, non superiore al 15%, per garantire a chi ha vinto di avere un minimo margine di governabilità? Noi sì. Siete disponibili a ridurre l'estensione dei collegi? Noi sì”. È forse questa l’unica apertura vera sulla legge elettorale. Però la volontà c’è: “Noi su legge elettorale e riforme costituzionali siamo pronti a vederci. Se prima ci rispondete, il dialogo sarà ancora più utile”. LA PREFERITA DEI FOTOGRAFI “Il governo è favorevole” L’immunità al Senato c’è LO SCUDO PASSA IN COMMISSIONE. POTRÀ SERVIRE ANCHE A NAPOLITANO LE NORME SULL’ANTICORRUZIONE SLITTANO ANCORA (DOPO LA METÀ DI LUGLIO) di Carlo Tecce V enti minuti, poche obiezioni, un assenso convinto e la commissione Affari costituzionali approva l’emendamento di Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli, i relatori di una riforma che trasforma la Carta: viene introdotta (o confermata) l’immunità per i futuri senatori, che poi senatori non sono, ma consiglieri regionali, sindaci e nominati. Il Partito democratico ha votato compatto, assieme ai berlusconiani (con l’eccezione di Augusto Minzolini), ai leghisti e ai centristi-alfaniani misti. Sel e M5s contrari. Il ministro Maria Elena Boschi, presente in Commissione, ha concesso al tema un centinaio di secondi, in tre ha riassunto: “Il governo è favorevole”. Scomparso l’imbarazzo; pareva asfissiante un paio di settimane fa. Poi s’è scoperto che la protezione ai senatori aveva il timbro di Matteo Renzi, di un gruppo di democratici e, ricordano, di svariati costituzionalisti consultati in Commissione. IL BERSANIANO Miguel Go- tor ha assistito a questi venti minuti, che avranno tempi supplementari in aula. Convinto, per nulla pentito: “Il Senato che aveva pensato Renzi non aveva poteri, noi abbiamo ripristinato le funzioni legislative, di controllo e di garanzia e abbiamo bisogno di un ombrello”. Perché, Gotor? “Perché? Io sono quasi sicuro di essere ascoltato in questo mo- mento. Viviamo in un paese con precedenti eclatanti di spionaggi illegali”. E i politici locali che non saranno tra i fortunati 100, non sono discriminati? “La questione è stata aperta, ma non era possibile trovare una soluzione”. Con disprezzo per il pericolo, e per il cortocircuito normativo, la Commissione voleva coinvolgere la Consulta: in via informale, ma non interlocutoria, la Corte ha fatto sapere che non vuole cadere in impicci politici. E non vuole sbrigare questioni che non le competono: creare una sezione per accogliere o respingere le richieste dei Tribunali non avrebbe senso. Non è possibile. Per il governo non c’era neanche l’esigenza di disturbare la Consulta: l’immunità non è “dirimente” per le ri- LA LETTERA Scudo sbagliato, diciamo no C arissimi Renzi e Boschi, come sapete e giustamente non vi stancate di affermare tutti i giorni, all’Italia occorre cambiare verso, rottamando vecchie prassi economiche e costumi etici e promuovendo un deciso cambio generazionale. Tutto ciò ci consentirebbe di voltar pagina anche su corruzione e malaffare. Quel rapporto si ruppe plasticamente 22 anni fa, quando Bettino Craxi si alzò nell’emiciclo della Camera e chiamò tutti in correità, sostenendo che se lui era corrotto, erano corrotti tutti e che nessuno, in Parlamento e nella società, poteva chiamarsi fuori. Era il luglio 1992. Nell’aprile 1993, a voto segreto, fu negata l’autorizzazione a procedere che la procura di Milano avanzò nei confronti di Craxi. Da allora - sebbene siano cambiati alcuni importanti aspetti tecnici dell’immunità parlamentare - c’è un filo rosso concettuale che corre fino a noi, passando per i dinieghi nei riguardi di Previti, Dell’Utri, Cosentino e Milanese; lungo questi anni passa un senso di amarezza dei cittadini verso una casta che spesso si protegge dalla legge, a prescindere da un rigoroso esame dei fatti. Con questo atteggiamento si tradisce il senso nobile delle immunità. Temo che nell’emendamento dei relatori riemerga quel tratto di conservazione di ceto che non comprendo e che moltissimi cittadini credo non capirebbero, specie in tempi di Expo e Mose. Lucrezia Ricchiuti, senatrice Pd forme. Anna Finocchiaro è in perfetta sintonia con Palazzo Chigi e il cosiddetto patto del Nazareno (allargato ai leghisti-alfaniani): “L’immunità non c’entra nulla con il mezzo di elezione. Non è cambiato niente rispetto alla Costituzione vigente, così come riformata nel ‘92”. Ma il Senato sta per cambiare. I Cinque Stelle dicono che l’immunità è uno sfregio al dialogo dei cittadini: “Non sanno neppure se i componenti saranno eletti o meno”. Il governo non vuole cedere sul Senato elettivo né tantomeno l’alleato Silvio Berlusconi è ricettivo. Renzi ha spedito una missiva, un elenco di buoni propositi ai Cinque Stelle e rimette i contrasti in sospeso. Ancora qualche giorno in Commissione, poi la settimana prossima la riforma sarà in aula. E in aula, però, non ci sarà il disegno di legge anticorruzione. Precedenza al Senato che corregge se stesso. IL RIPRISTINO (o la tutela) di una guarentigia costituzionale di Palazzo Madama potrebbe tornare utile anche a Giorgio Napolitano che, dimissionario a breve o dimissionario più tardi, potrà usufruire dell’articolo 68 quando non alloggerà più al Colle. Ai magistrati di Palermo che lo volevano interrogare in qualità di testimone della trattativa Stato-mafia, il presidente della Repubblica inviò una lettera: “Non ho nulla da riferire”. E nulla ha riferito. Da senatore a vita senza immunità avrebbe riferito. Adesso non più. O mai più. Boschi sempre in passerella, oggi sarà la star del Palio È SEMPRE la più fotografata, la più ammirata e la più vez- zeggiata dai fotografi. Ogni volta che arriva, a passo spedito o a passo dell’oca, è un tripudio di flash. Maria Elena Boschi, naturalmente. Dal giorno del giuramento al Quirinale, in blu elettrico, non manca giorno che il ministro delle Riforme non faccia, mediaticamente, parlare di sé. Che sia il rosso pompeiano all’inaugurazione del Maggio fiorentino o un austero tailleur color crema, i fotografi non si perdono uno sguardo o una smorfia maliziosa. Lei, da parte sua, non fa nulla per sottrarsi. Il suo presenzialismo, infatti, polverizza ogni record. E così, dopo averla vista incedere sorridente e determinata all’ingresso della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, oggi la si potrà ammirare al Palio di Siena, dove è stata ufficialmente invitata insieme alla collega di governo Stefania Giannini. Gli organizzatori di qualsiasi genere di manifestazione l’hanno capito: invitiamo la Boschi e la copertura della stampa è assicurata. Con buona pace della Giannini. 6 COSE LORO MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 Ialberghi schia, sequestrati e terme al forzista De Siano AL CRONISTA ripete a macchinetta “sono sereno, sono sereno, sono sereno”. Beato lui. Se ai comuni mortali è sufficiente il sequestro amministrativo dell’automobile per andare in angoscia, al senatore forzista Domenico De Siano il sequestro giudiziario di tre fra i numerosi alberghi e centri termali di famiglia sull’isola d’Ischia non provoca particolare turbamento. La magistratura napoletana contesta ai titolari delle strutture turistiche lo scarico abusivo di acque reflue nelle fogne: i liquidi dei contro lavaggi dei filtri delle piscine e le acque delle docce dei centri benessere dopo i trattamenti di fangoterapia. In sostanza, l’accusa è quella di inquinare il mare dell’isola dove secondo i rumors dei mesi scorsi Domenico De Siano avrebbe dovuto officiare a giugno il matrimonio a sorpresa tra Berlusconi ammonito chiede scusa come Suarez IL GIUDICE DI SORVEGLIANZA LO RICHIAMA PER L’ATTACCO AI MAGISTRATI E LO COSTRINGE ALLA RETROMARCIA: “ERA SOLO UNA BATTUTA, NON LO FACCIO PIÙ” PER GARANTIRVI QUESTA TESTATA SCARICATELA SEMPRE DA QUI http://quoidianes.tumblr.com/ di Gianni Barbacetto O ra tutto è possibile, per il padre delle riforme Silvio Berlusconi. Compresa la revoca dei servizi sociali e la detenzione domiciliare. E, in astratto, è possibile perfino che per lui si aprano le porte del carcere. Ieri l’ex presidente del Consiglio è salito al settimo piano del palazzo di giustizia di Milano per incontrare il suo giudice di sorveglianza, Beatrice Crosti, che lo ha in carico come tutti i condannati del tribunale di Milano il cui cognome inizia con la lettera b. In fondo, a Berlusconi è andata meglio che all’ex collega Sarkozy: gli è bastata un’oretta di colloquio, in cui il giudice lo ha diffidato per le parole usate a Napoli, nel corso della sua testimonianza nel processo a carico di Valter Lavitola. Berlusconi aveva attaccato i giudici, parlando di “magistratura irresponsabile”, detentrice di un potere “incontrollato e incontrollabile”. LA VICENDA napoletana è ar- rivata a Milano, e il giudice Crosti, che ha il compito di seguire l’esecuzione della pena per il condannato Berlusconi, ha alzato il cartellino giallo. Ha rinfrescato la memoria al condannato leggendogli alcuni passaggi dell’ordinanza con cui gli è stato concesso l’affidamento in prova ai servizi sociali. Poi ha richiamato l’ex presidente del Consiglio ad attenersi con scrupolo alle dodici prescrizioni del provvedimento stilato dal Tribunale di sorveglianza. L’affidamento ai servizi sociali è la misura alter- nativa al carcere che gli è stata concessa, ma tra le dodici regole c’è quella che gli impone di non esagerare nei suoi attacchi alla magistratura, come ha fatto a Napoli. Berlusconi ha spiegato che le sue parole erano “una battuta”. E si è scusato, promettendo che un caso simile “non si ripeterà più”. È stato condannato a quattro anni di carcere (ridotti a uno grazie all’indulto) per la frode fiscale milionaria realizzata attraverso le giravolte finanziarie, attraverso società in mezzo mondo, dei diritti tv Mediaset. Ora è scattato il primo cartel- l’eventuale revoca dei servizi sociali”. Saltata la misura alternativa, si possono aprire le porte del carcere. Per Berlusconi è più probabile che scatti invece la detenzione domiciliare, visto che è ultrasettantenne e in forza della legge svuotacarceri del 2010. Se invece manterrà la sua promessa e non meriterà altri richiami, potrà concludere tranquillamente il suo affidamento in prova, con gli incontri periodici con le assistenti sociali guidate da Severina Panarello, che dirige l’Uf- ficio esecuzione penale esterna, e con le visite settimanali ai malati di Alzheimer all’istituto Sacra Famiglia. Le cose si complicheranno nel caso di condanna anche in appello, il 18 luglio, e poi eventualmente in Cassazione, per i reati di concussione e prostituzione minorile contestati nel processo Ruby. Allora sì che sarà difficile per Berlusconi continuare a recitare tranquillamente la parte del padre costituente, autore insieme a Matteo Renzi della grande riforma che ridisegnerà la Repubblica. “NON LO FACCIO PIÙ” VINCE LA PAURA Al prossimo passo falso è possibile che si aprano le porte di un carcere Dopo un’ora di colloquio il Caimano promette: “Non si ripeterà più” il Fatto Quotidiano L’ex premier Silvio Berlusconi LaPresse Silvio Berlusconi e Francesca Pascale. “Tutte sciocchezze”, fu il commento di De Siano. Si riferiva alle nozze del Cavaliere, ed aveva ragione. Per le violazioni della normativa ambientale, invece, si vedrà. Vin. Iur. OLTRE LA TRATTATIVA “Dell’Utri pericoloso per la società. E pure B. stava con la mafia” LA CASSAZIONE: “LE SOMME DI DENARO A CINÀ INDICATIVE DELL’ACCORDO CON COSA NOSTRA” di Antonella Mascali arcello Dell’Utri come il suo amico e sodale Silvio Berlusconi. Non ha avuto le attenuanti generiche perché ritenuto M dai giudici, che lo hanno condannato per mafia, un “uomo so- cialmente pericoloso”. È quanto si legge nelle motivazioni della Cassazione, che ha confermato la condanna a 7 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, emessa al processo d’appello bis di Palermo. Anche Berlusconi era stato definito “socialmente pericoloso” dal tribunale di sorveglianza che gli ha concesso i servizi sociali. E Berlusconi, i suoi rapporti indiretti con la mafia, attraverso la mediazione di Dell’Utri, si ritrovano nelle motivazioni della Suprema corte che riguardano l’ex senatore, condannato definitivamente il 9 maggio, in carcere dal 13 giugno, dopo la fuga in Libano dove riteneva che mai le autorità di Beirut avrebbero concesso l’estradizione. Dal 1974 al 1992, quasi per un ventennio, Marcello Dell’Utri è stato il garante dell’accordo tra Berlusconi e la mafia per proteggere interessi economici e i suoi familiari: “La sistematicità nell’erogazione delle cospicue somme di denaro da Marcello Dell’Utri a Cinà (Gaetano Cinà, medico mafioso, ndr) sono indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione all’accordo, al di là dei mutamenti degli assetti di vertice di Cosa nostra”. C’È ANCHE un incontro a Parigi con i ca- pimafia di allora, Stefano Bontate e Mimmo Teresi, che confermano quella mediazione, anche se non lavorava in quel moM. Dell’Utri Ansa mento per Berlusconi: “Il perdurante rapporto di Dell’Utri con l’associazione mafiosa, anche nel periodo in cui lavorava per Filippo Rapisarda e la sua costante proiezione verso gli interessi dell’amico imprenditore Berlusconi, veniva logicamente desunto dai giudici territoriali anche dall’incontro, avvenuto nei primi mesi del 1980, a Parigi, tra l’imputato, Bontate e Teresi, incontro nel corso del quale Dell’Utri chiedeva ai due esponenti mafiosi 20 miliardi di lire per l’acquisto di film per Canale 5”. Quanto all’organicità dei rapporti di Dell’Utri con Cosa Nostra, la Cassazione ha osservato che i giudici di Palermo hanno dimostrato la “coscienza e volontà, quale concorrente esterno, di dare un rilevante e decisivo contributo alla realizzazione, almeno parziale, del disegno criminoso ”. E una parte dell’arricchimento di Cosa ostra “senza il suo apporto non si sarebbe verificato”. Il profilo criminale di Dell’Utri, tracciato dai giudici, fa sì che gli siano state negate le attenuanti: “Il diniego delle circostanze attenuanti generiche e il complessivo trattamento sanzionatorio sono stati giustificati con la qualità e la natura del reato commesso, espressivo di particolare pericolosità sociale, con le modalità della condotta, protrattasi per un lasso di tempo assai lungo e idonea a ledere in maniera significativa” l’ordine pubblico. lino giallo. Che cosa succederà ora? Quali sono i prossimi, eventuali passi? A differenza che nel calcio, qui non esistono automatismi. Non c’è necessariamente un cartellino rosso, dopo quello giallo. Le valutazioni sono sempre discrezionali, i richiami sono sempre specifici. Certo è che, nel caso di prossime violazioni gravi, Berlusconi potrebbe rischiare addirittura l’arresto. “È prassi costante”, spiegano al Tribunale di Milano, “disporre l’esecuzione della pena in carcere, dopo Mose, finita l’immunità per Lia Sartori CON L’ADDIO ALL’EUROSEGGIO SCATTANO I DOMICILIARI. E NELLA CASA DI MAZZI RECUPERATE TELE DA 40 MILIONI di Antonio Massari e Davide Vecchi inviati a Venezia ia Sartori da stamani è agli L arresti. Scaduta l’immunità garantita dal seggio all’Euro- parlamento, l’esponente del Pdl - accusata di aver ricevuto mazzette complessivamente per 200 mila euro, 25 mila in particolare ricevuti attraverso un giro di false fatture dal Consorzio Veneto cooperativo (Coveco) per le Europee 2009 - da oggi sarà messa ai domiciliari. A quanto si è appreso Sartori ha intenzione di non patteggiare e di rispondere all’interrogatorio di garanzia che con ogni probabilità si terrà entro venerdì. Subito dopo i suoi legali ricor- reranno al tribunale del riesame. Riesame che oggi deciderà sul ricorso presentato da Alessandro Mazzi (48 anni il prossimo ottobre) arrestato anche lui nell’ambito dell’inchiesta Mose lo scorso 4 giugno. Mazzi è stato vicepresidente del Con- IL RICORSO Difficile che il tribunale del riesame accolga la richiesta di scarcerazione dei legali del numero 2 di Mazzacurati sorzio Venezia Nuova e oltre a essere il braccio destro del grande burattinaio Giovanni Mazzacurati, è molto legato a Gianni Letta e per questo, dalla ricostruzione degli inquirenti, è ritenuto il collegamento tra Venezia e i Palazzi romani. Durante le perquisizioni nella abitazione di Mazzi sono stati trovate, tra l’altro, tre opere del pittore veneziano Canaletto e una del Tintoretto, risalenti rispettivamente al diciottesimo e al sedicesimo secolo, per un valore stimato tra i 30 e i 40 milioni di euro. UNA CIFRA che equivale all’ammontare della sovrafatturazione, ovvero circa 40 milioni di euro, con cui secondo la pro- cura il Cvn riusciva a drenare i soldi pubblici creando il “fondo Neri” per pagare le mazzetta. Mazzi, numero uno di Grandi Lavori Fincosit (Glf), l'azienda costruttrice della tramvia di Firenze, era già rimasto coinvolto nell’inchiesta sulla cricca di Diego Anemone. Difficile che il riesame possa accogliere il ricorso, considerato che finora il quadro indiziario è stato sostanzialmente confermato, con addirittura il caso dell’ex sindaco Giorgio Orsoni cui il gup ha rigettato la richiesta di patteggiamento (4 mesi e 15 mila euro) ritenendola una pena troppo lieve per la gravità delle accuse. Oggi, oltre a Mazzi, il tribunale valuterà anche la posizione di Alessandro Cicero, direttore ed editore della rivista Il Punto; uomo ritenuto vicino ai servizi segreti ed accusato di essere stato il tramite tra il generale della Guardia di Finanza, Emilio Spaziante, e il presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, così da informare quest’ultimo sullo stato delle indagini in corso che lo riguardavano. Anche qui la posizione dell’accusa appare piuttosto solida ma la Procura, per sostenere l’opposizio- Lia Sartori Ansa ne alla revoca della carcerazione, con ogni probabilità presenterà nuova documentazione che riguarda anche altri imputati. [email protected] [email protected] LUTTO Tutti i colleghi de “Il Fatto Quotidiano” si stringono all’amico Oliviero Beha per l’improvvisa scomparsa della sorella Viviana FRAGILE UNIONE il Fatto Quotidiano LNogarin ivorno, il sindaco debutta con “lo sceriffo” di Luca De Carolis e Andrea Valdambrini F Strasburgo arage dà le spalle all’Europa unita. E Grillo batte le mani: “Ha fatto benissimo, l’Inno alla gioia lo usava Hitler per i compleanni”. Aggiungendo una frase dinamitarda, quindi grillina: “Non date finanziamenti all’Italia, vanno tutti a mafia, camorra e ‘ndrangheta”. Nel primo giorno di scuola a Strasburgo, la foto è quella dei 24 eurodeputati dell’Ukip, il partito del britannico Nigel Farage, che al risuonare in aula della Nona Sinfonia di Beethoven mostrano schiene e terga. Ma il discorso che provoca fracasso è quello di Beppe Grillo. L’alleato italiano, assieme a cui ieri ha presentato a Strasburgo il gruppo dell’Efdd (Europa della libertà e delle democrazia diretta), costruito pescando nell’estrema destra. LA CONFERENZA stampa di presentazione del neo sindaco di Livorno Filippo Nogarin si è trasformata in uno show. Il primo cittadino eletto con il Movimento 5 Stelle ha convocato i giornalisti per presentare parte della sua giunta, gli architetti Alessandro Aurigi e Simona Corradini, rispettivamente assessore all’Urbanistica e alla Mobilità. Ma la sua conferenza è stata interrotta da un fuori programma: Maurizio Donati, Sindaco e “sceriffo” foto de Il Tirreno (Repetti/Pentafoto) GRILLO DI STRASBURGO “NON DATECI SOLDI, VANNO ALLE MAFIE” NEL PRIMO GIORNO DELL’EUROPARLAMENTO, L’UKIP SI GIRA AL MOMENTO DELL’INNO. FERMI I 5STELLE. POI ARRIVA IL CAPO: “HA FATTO BENISSIMO, QUESTA SINFONIA LA USAVA HITLER” SI SONO SCAMBIATI sorrisi e battute, i due leader: e Grillo ha dato il suo benestare al gesto dell’Ukip. Con immediato effetto collaterale: l’imbarazzo dei 17 eurodeputati dell’M5S, che l’inno l’avevano ascoltato compunti. E che quando le prime agenzie li avevano erroneamente coinvolti nella protesta degli alleati d’Oltremanica, si erano irritati non poco. Al punto che proprio sul blog di Grillo era comparsa una nota contro la bufala del Corriere.it., reo del titolo: “I grillini girati di spalle”. Poi nel pomeriggio è arrivato il capo. E ha disseminato attacchi a Schultz, al fiscal compact e alla stampa. Sullo sfondo, la prima sconfitta politica per il neonato MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 conosciuto a Livorno come “lo sceriffo della stazione” (noto in città per bivaccare vicino alla ferrovia e per corteggiare tutte le donne di passaggio), è entrato in scena e si è seduto accanto al sindaco, indossando una spilla del M5s. Lo “sceriffo” ha interrotto Nogarin e gli ha chiesto di tenere pulita la stazione di Livorno. Il primo cittadino ha accolto la richiesta e ha fatto accomodare lo sceriffo accanto a lui. Il leghista Gianluca Buonanno LaPresse GOLIARDIA Il deputato Ukip, David Coburn, in kilt Ansa te europea dei diritti dell’uomo respinge il ricorso di una donna contro il divieto di velo completo in Francia. Notevole anche l’indipendentista scozzese David Coburn (Ukip), che sfoggia il tradizionale kilt. Si va in aula, e appena l’orchestra attacca i 24 dell’Ukip si voltano. Il Front National di Marine Le Pen invece non fa una piega. Per Grillo bisogna aspettare il pomeriggio. Giacca blu e cravatta in tinta, il fondatore dei 5 Stelle arriva in auto, dopo ore di viaggio (“Non esiste un volo diretto Roma-Strasburgo” si lamenterà poi). Solita ressa ad accoglierlo, in cui si distingue una giovane francese che gli cammina accanto. Una funzionaria dell’Efdd, pare. Parlottano fitto, nonostante l’assedio. no un casino, tre sono quattro partiti.”. Ridono forte, più o meno tutti. “Farage mi emoziona” assicura il leader dell’M5S, che poi semina le sue verità: “Siamo dentro al Parlamento europeo, ma le hanno provate tutte per ostacolarci: la stampa italiana ha dipinto Farage come un mostro. Io sono stato paragonato a Hitler e a Stalin. Per sabotare i negoziati se la sono presa con tutti voi”. Ma il gruppo c’è, “e ora dobbiamo togliere ogni ostacolo che impedisce ai cittadini di sapere cosa c’è qui”. Quindi sono fendenti “a quest’Europa che si è trasformata in un gigantesco parassita”,allo spread, “un assassino perfetto”, e al fiscal compact (“un treno che ci investirà”). Precisa: “Bisogna regolare i flussi degli immigrati”. E va oltre: “Sono venuto per dire, non date finanziamenti all’Italia. Scompaiono tutti in tre regioni: Calabria, Sicilia e Campania: e vanno a mafia, ‘ndrangheta e camorra”. Arriva la frase pro-Farage: “Ha fatto benissimo a voltarsi, quale inno alla gioia? Qui non c’è gioia”. Poi sono altre battute (“svedesi, fatevi guardare”) e applausi. Finito, si cercano i 5 Stelle. L’idea sarebbe di chiedere che ne pensano del Grillo in linea con Farage sulle spalle mostrate in aula. Ma c’è poca voglia di parlare. Lo staff taglia corto: “Si tratta di un’interpretazione di Grillo”. A margine, l’amarezza di Castaldo: “Pse e Ppe non rispettano l’opposizione”. VELO PIETOSO I CRONISTI chiedono subito dei DIETRO E DAVANTI In alto, la protesta degli euroscettici; sotto, Farage e Grillo LaPresse Efdd. Ieri il Parlamento europeo ha eletto i suoi 14 vicepresidenti, e il 5 Stelle Fabio Massimo Castaldo è l’unico dei 15 candidati a non essere stato nominato. E dire che la giornata era iniziata (anche) nel segno del folclore. L’Italia ci mette subito del suo, con il neo-eletto leghista Giancarlo Buonanno (quello degli insulti all’ex ministro Kyenge, e via esagerando) che si presenta con una sorta di burqa. “Not islam, not islam, not islam. Christian!” ripete, soddisfatto. Proprio nel giorno in cui la Cor- 7 5 Stelle che non hanno imitato Farage in aula. Grillo è secco: “Lo chieda a loro. Io non lo so, sono arrivato solo ora”. Su Renzi, il suo eterno avversario, è sbrigativo: “Renzi chi è? Io parlo con la Merkel, incontro Van Rompuy, Schulz e Juncker”. Poi si infila nell’auletta riservata all’Efdd. Porte chiuse per i giornalisti, ma la riunione va in diretta streaming. L’anfitrione ovviamente è Farage, veloce nello sbrigare le prime incombenze. Poi il microfono passa a Grillo, Ed è quasi comizio. Parte seminando battute su tutte le nazionalità rappresentate: “Un italiano è un italiano, due italiani so- NON SOLO PITTELLA La squadra semestrale light del premier di Stefano Feltri D stema legislativo europeo all’ex vice di Martin Schulz, riconfermato presidente del parlamen- i solito Matteo Renzi ritiene di aver biso- to. Un’altra poltrona chiave sarà italiana, quella gno di un unico collaboratore: Matteo del presidente della commissione Affari econoRenzi. Ma neppure lui può gestire da solo l’in- mici è prenotata da Roberto Gualtieri. Da quella tero semestre europeo che, sia pure meno ri- commissione passa il processo di integrazione levante da quando esiste un presidente perma- economica della zona euro. Alla Commissione, nente del Consiglio europeo (Herman van Rom- in questi mesi di transizione in attesa della nuopuy, dal 2009), richiede un notevole sforzo lo- va squadra, è andato un diplomatico di grande gistico e diplomatico. Nel semestre di presiden- esperienza europea come Ferdinando Nelli Feza italiano cominciato ieri l’Italia ha una note- roci, a sostituire Antonio Tajani, eletto a Stravole forza politica ma una infrastruttura diplo- sburgo con Forza Italia. Nella nuova Commismatica molto leggera. sione dovrebbe esserci Federica Mogherini alla A Renzi è capitato di guidare l’Europa – meglio: politica estera. l’Italia ospiterà i cosiddetti vertici informali e i Poi c’è la gestione del semestre: il referente è ministri italiani presiederanno i consigli di set- Sandro Gozi, sottosegretario con delega agli Aftore – all’indomani delle elezioni, mentre a Bruxelles e Strasburgo si insediano i nuovi LA PRESIDENZA vertici risultato di un voto da cui proprio Renzi e il Pd sono Il budget è di 68 usciti tra i pochi vincitori. La forza politica italiana è evidenmilioni di euro contro te: alla prima seduta dell’Euroi 100 della Lettonia parlamento, ieri a Strasburgo, l’italiano Gianni Pittella è stato Obiettivo: fare i eletto capogruppo dei Socialisti & Democratici (nuovo novertici a Milano come IL DEPUTATO me del Pse), carica che garanvetrina per Expo 2015 Roberto Gualtieri Ansa tisce un potere notevole nel si- fari europei che nei prossimi mesi dovrà fare il doppio lavoro, perseguire gli interessi nazionali e curare le attività della presidenza. Già adesso era di fatto il referente unico di Renzi per le cose brussellesi, visto che il premier praticamente non ha collaboratori (solo il consigliere diplomatico Armando Varricchio, quello di Gozi è invece Nicola Verola). A differenza di Mario Monti ed Enrico Letta, Renzi si muove quasi da solo. Non ha un consigliere per gli Affari europei (Stefano Grassi, che ha lavorato nei precedenti due governi, è tornato a Bruxelles). Nella capitale europea il referente è sempre l’ambasciatore presso le istituzioni, un altro veterano come Stefano Sannino, arrivato al posto di Nelli Feroci. Tutta la logistica del semestre è responsabilità di IL SOTTOSEGRETARIO Sandro Gozi LaPresse Gabriele Altana, un diplomatico della Farnesina che in queste settimane sta organizzando una miriade di appuntamenti con un budget relativamente basso, 68 milioni di euro (contro i 100 previsti dalla Lettonia, il Paese che arriverà dopo l’Italia, la disastrata Grecia ne ha spesi oltre 55). Ogni missione, durante il semestre costa il doppio: ci sono gli sherpa che lavorano per l’Italia e quelli che lavorano per la presidenza. La comunicazione è affidata a Federico Garimberti, per anni il cronista che ha seguito all’Ansa Palazzo Chigi e i presidenti del Consiglio anche in Europa, ora impegnato nel coordinare una squadra di una decina di giornalisti. L’evento più importante è quello di metà ottobre, il forum Asem (cioè il vertice eurasiatico) che Enrico Letta ha voluto a Milano come promozione per l’Expo 2015 verso il pubblico asiatico. Anche quasi tutti i vertici informali saranno a Milano, per promuovere la città e il grande evento del prossimo anno. Marketing a parte, quale sia l’agenda europea concreta dell’Italia ancora non è chiara. Forse si capirà meglio oggi con il discorso di Renzi a StrasburL’AMBASCIATORE go. Stefano Sannino Ansa Twitter @stefanofeltri 8 I SOMMERSI MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 BREVI il Fatto Quotidiano CSM NUOVO FASCICOLO SU MILANO Prosegue lo scontro tra il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati e il suo aggiunto Alfredo Robledo su Expo. Ieri il Csm, dopo aver tentato di chiudere il caso due settimane fa, ha aperto un ulteriore fascicolo sulla base di un nuovo esposto di Robledo. Ansa ARCIGAY LA FESTA DELLA FAMIGLIA È ABOMINEVOLE “Distingue bambini di serie A, con genitori eterosessuali, da quelli di serie B, con famiglie omogenitoriali": Flavio Romani, presidente nazionale di Arcigay, boccia la proposta della Lombardia di istituire la festa della "famiglia naturale" LaPresse DALLA SIRIA A GIOIA TAURO “Armi chimiche, troppi segreti: ministri non venite” L’ALLARME DEI SINDACI DI SAN FERDINANDO E ROSARNO: “TRASBORDO PERICOLOSO, IL GOVERNO CI HA TENUTO ALL’OSCURO” di Enrico Fierro inviato a Gioia Tauro (Reggio C.) L a seconda nave è arrivata all’alba, alle quattro del mattino, con un’ora di anticipo rispetto ai tempi previsti. È la Ark futura, partita dalla Siria con un carico che parla di morte e distruzione: 600 tonnellate di armi chimiche. Micidiale Sarin, iprite e gas mostarda che verranno caricati sulla Cape Ray. Le due navi sono una al fianco dell’altra nel porto, tutto è pronto per il trasbordo, tutto è prontissimo, assicurano dalla sala operativa della prefettura, in caso di emergenze. SULLE BANCHINE di Gioia Tauro sono state organizzate due stazioni di decontaminazione, un posto medico avanzato, una piazzola per l’atterraggio di elicotteri di soccorso, più due percorsi. Uno lo chiamano “pulito” e serve all’ingresso dei vigili del fuoco in “zona di eventuale contaminazione” l’altro, invece, lo definiscono “sporco” e serve all’uscita di persone “eventualmente contaminate”. Basterebbero solo i nomi a far tremare le vene ai polsi agli abitanti della Piana. Invece non si muove una foglia, nei Comuni che circondano il porto, Rosarno, San Ferdinando, Gioia, la gente è totalmente disinteressata. “Il porto? Sappiamo solo che siamo ancora in cassa integrazione. Il resto sono solo minchiate della politica” ci dice un ex portuale. SAN FERDINANDO, sede del Comune. Il sindaco Mimmo Madafferi, 74 anni e tessera del Pd in tasca, è furibondo. “In Prefettura non vado, basta, mi sono rotto. Il governo ci sta prendendo in giro, siamo all’oscuro di tutto, non sappiamo neppure che tipo di sostanze saranno trasbordate. Dicono che arriva il ministro Galletti (a mezzogiorno terrà una conferenza stampa, ndr), se lo tengano a Reggio, per quanto mi riguarda non ho intenzione di ricevere nessun esponente del governo. Parlano del porto, della sua eccellenza, ci prendono in giro da anni con questa storia, la verità è che con questa operazione si spalancano le porte ad un uso militare delle nostre banchine. Possono fare tutto perché qui la gente è rassegnata”. Bar di fronte al Municipio, gelati nella brioche e una foto in bianco e nero. 25 aprile 1975, 9,30 del mattino, il ministro della Cassa per il Mezzogiorno Giulio Andreotti assiste alla posa della prima pietra per la costruzione del porto di Gioia Tauro, “base d’asta 100 miliardi – informano le cronache dell’epoca – il più importante appalto indetto in ogni tempo nel nostro Paese”. Al rinfresco che seguì, dicono fossero presenti importanti esponenti del clan Piromalli. Rosarno, qui è sindaco Elisabetta Tripodi, Pd anche lei. “Neppure io sono molto d’accordo con questa operazione, innanzitutto per una questione di metodo, noi sindaci e la gente del posto, lo abbiamo saputo dai telegiornali. Poi per la scelta di Gioia Tauro, infelice. La realtà è che qui abbiamo un porto in crisi e una cassa integrazione che dura da tre anni. Ma la gen- BABY ESCORT La madre condannata a 6 anni ono condanne pesanti quelle inflitte ieri dal S gup di Roma Costantino De Robbio agli imputati del processo sulla prostituzione minorile ai Parioli. La madre di una delle due minorenni che incontravano i loro clienti in un appartamento dei Parioli, è stata condannata a 6 anni oltre ad aver perso la patria podestà. Dieci anni di carcere sono stati inflitti invece a Mirko Ieni, considerato il capo dell’organizzazione che gestiva le baby squillo. E ancora: sette anni a Nunzio Pizzacalla, altro presunto gestore del giro. A Marco Galluzzo, accusato di aver ceduto cocaina in cambio di prestazioni, sono stati inflitti 3 anni e 4 mesi. A Francesco Ferraro e Gianluca Sammarone, clienti, è stata inflitta una pena (sospesa) di un anno a testa. Per Mario Michael De Quattro, 4 anni di pena. Sei anni per Riccardo Sbarra, uno dei clienti, accusato anche di detenzione e cessione di materiale pedopornografico. Una sentenza questa che i magistrati romani titolari dell’inchiesta aspettavano da tempo. Devono capire come comportarsi nei confronti dei clienti (una cinquantina di indagati in un altro filone di inchiesta) che hanno chiesto il patteggiamento. PIAZZE & PALAZZI di Emiliano Liuzzi ontinua a fare politica da C democristiano, nonostante i passaggi da un partito al- te è rassegnata, c’era più movimento e protesta a gennaio. La Calabria è senza voce, si sente suddita”. Mauro Francesco Minervino è un antropologo che da anni denuncia lo scempio ambientale della sua regione. Il suo libro più ferocemente contestato dal sistema di potere è La Calabria brucia. “QUESTA è una regione sac- cheggiata, massacrata da abusi di ogni tipo. Le navi con le armi chimiche sono la dimostrazione che esiste una sorta di diritto di prelazione sulla Calabria da parte delle grandi potenze e dei gruppi di potere. Qui c’è una sorta di extraterritorialità del diritto internazionale e dei diritti civili. Lo dico perché c’erano mille altri porti, penso al Nord Africa e a Malta, da utilizzare. Ma hanno scelto questa terra, perché a Gioia Tauro le cose sporche le hanno già fatte. La Calabria è una regione acefala, la politica è debolissima, a Roma non contiamo un tubo, e qui stanno morendo anche i giornali”. Esagera lo studioso Minervino? Non proprio. Da mesi la Regione non ha più il presidente, Giuseppe Scopelliti, costretto a dimettersi dopo una condanna a sei mesi per falso in bilancio. Nel senso che formalmente Scopelliti non c’è, ma continua a firmare atti e il Consiglio è ancora in piedi. Con la totale complicità delle rachitica opposizione del Pd. I OPERAZIONE TOP SECRET La nave contiene 78 container di gas letali usati da Assad IL PIANO per il trasbordo a Gioia Tauro delle armi chimiche siriane prevede che si potranno movimentare fino a 5 container in un’ora. In totale i container sono 78, per un totale di 600 tonnellate: le operazioni dunque potrebbero durare meno di 24 ore, salvo imprevisti. Le armi, potenzialmente letali, saranno trasferite dalla nave danese Ark futura all’americana Cape Ray nel porto calabrese. Tre container contengono iprite, gli altri 75 uno dei precursori del sarin. Sostanze mortali utilizzate contro il popolo siriano la scorsa estate. Per altre fonti si tratta di “agenti chimici” privi di munizioni. “Se ci sono gas letali come il sarin, è necessario mettere in campo tutte le precauzioni per evitare il rischio di dispersione. Le autorità devono alzare il velo di segretezza e dirci cosa c’è nella nave”, denuncia Ferdinando Laghi, vicepresidente dell’Associazione medici per l’Ambiente. giornali. L’Ora della Calabria, quella dello scandalo Gentile, ha chiuso i battenti e il Quotidiano, presente in tutte le province e anche in Basilicata, è stato di fatto assorbito da un piccolo giornale di Avellino. Da poco è nato Il Garantista, finanziato da una cordata di imprenditori locali, molto schierato su battaglie contro il carcere duro per i mafiosi e lo scioglimento dei comuni condizionati dalla ’ndrangheta. “E noi siamo soli – ci dice Mimmo Macrì, portuale del sindacato Sul – non sappiamo cosa c’è in quelle navi, la realtà è che per due giorni ci metteranno tutti in cig. C’è tanta rabbia, ma nei singoli. La gente è sfiancata dalle promesse”. Il Porto doveva essere l’Eldorado, il Quinto centro siderurgico la fine della disoccupazione. Mille e 300 miliardi di investimento, ottomila posti di lavoro. Pane e prosperità. Alla fine, solo promesse e appalti inutili che hanno trasformato quattro pecorai delinquenti nella più potente holding criminale d’Europa. Giovanardi: “Gay? Comanda Pascale” cigay e lui parla di diritti degli omosessuali. Nonostante qualcuno smentisca. Chi ha smentito? l'altro. Carlo Giovanardi da Modena, 64 anni, è stato sottosegretario con delega alla Famiglia nell'ultimo governo targato Silvio Berlusconi, e la svolta dell'ex Cavaliere che benedice i gay non gli garba affatto. “Vorrei sapere quale svolta. Io temo che sia la svolta del suo interlocutore”. Gasparri, per esempio. Invece la Carfagna esulta per l'apertura. Ripeto, se parliamo di discriminazione nei confronti degli omosessuali Berlusconi arriva due anni dopo di me, se parliamo di quelli che vanno in strada con piume e piumette non ci sto. Francesca Pascale, senza ombra di dubbio. Mi pare che questa sia una svolta della signorina, non posso pensare altrimenti: lei si iscrive all'Ar- Ma sì, quelli alla Franco Grillini, alla Vladimir Luxuria. Quelli non sono i miei interlocutori. Io quando penso agli omosessuali penso a quella E chi è l'interlocutore segreto? La nave Ark futura nel porto di Gioia Tauro, carica di armi chimiche provenienti dalla Siria di Assad Ansa Piume e piumette? maggioranza silenziosa, quelli che non ostentano niente. Diciamola tutta: lei quando pensa agli omosessuali inorridisce... È una fesseria, la mia migliore amica è un'americana che è lesbica e vive con una donna. Ma la sua amica americana non le ha detto che da loro le lesbiche possono adottare bambini? Sì, ma non è detto che sia un modello, che sia la strada giusta. Io sono contrario all'utero in affitto, ai figli comprati. calcolo elettorale? La Costituzione. E soprattutto la società. Quando i nostri soldati morivano in guerra esclamavano mamma prima di essere ammazzati. Non urlavano altro. Non posso immaginare una famiglia composta da due Ugo. Lei però oggi è alleato col Pd: come concilia il giovanardismo col divorzio breve? Ora arriverà in aula, al Senato. Chi stabilisce se una famiglia è tradizionale? C. Giovanardi LaPresse Lei è l'ultimo dei grandi conservatori: ma quanto pensa realmente così e quanto invece è Io penso e dico quello che penso. Per questo ho lasciato Forza Italia. Dovremmo riscrivere tutta la legge perché è sbagliata, confusa, pasticciata. Un disastro. La mia posizione riguarda sempre i figli: un conto sono le coppie che hanno dei bambini, altre quelle che non li hanno. Nel primo caso il divorzio non può essere uno scherzo come invece questa legge lo concepisce. il Fatto Quotidiano I SOMMERSI MESSINA CENTRO PER MINORI A RISCHIO Casa Mosè, il centro di prima accoglienza per minori stranieri gestito da Amici dei Bambini, rischia di chiudere i battenti. Aperto l’11 dicembre 2013, da allora ha ospitato più di 70 minori ma a fronte di una spesa di 105 mila euro, non ha ricevuto un euro dalle istituzioni. Ansa CONSIGLIO DI STATO SÌ ALLE SLOT Palazzo Spada con la sentenza del 30 giugno ha annullato il provvedimento restrittivo del sindaco di Desio, che aveva imposto ai bar di staccare la spina delle slot machine in certi orari per evitare che i ragazzi anziché andare a scuola buttassero via i soldi alle slot. LaPresse “I migranti sono solo cibo per pesci” di Giuseppe Lo Bianco S Palermo equestri di persona, segregazioni, stupri di donne poi rimaste incinte, torture con scosse elettriche, richieste di riscatto: 30 mila intercettazioni compiute dallo Sco e dalle squadre mobili di Palermo e Agrigento sulle due sponde del Mediterraneo svelano il volto criminale del traffico di migranti: business alimentato dalle politiche di contenimento dei flussi migratori che hanno determinato – scrivono i pm – “come effetto collaterale, che la criminalità organizzata decidesse di investire risorse sempre più ingenti nella gestione illegale di tali flussi”. Con l’operazione Glauco scattata ieri notte, la polizia ha sgominato un’organizzazione con base in Sudan, appoggi ad Agrigento e a Roma e conosciuta persino in Australia: la Dda di Palermo ha fermato cinque tra eritrei, etiopi e sudanesi e altri quattro sono ricercati, due in Africa, l’etiope Ghermay Ermias, ritenuto il capo, e il sudanese John Mahray, uno in Svezia, l’altro a Roma. Per tutti verrà avviata la procedura di estradizione. Quattro fermati sono stati bloccati ad Agrigento nelle loro abitazioni. “Un paio svolgevano attività di lavapiatti presso locali della zona” ha detto il dirigente della Squadra mobile di Agrigento, Corrado Empoli. I reati sono associazione per delinquere, favoreggiamento dell’immigrazione e della permanenza clandestina, aggravati dal carattere transnazionale. Sono state compiute numerose perquisizioni, emesse cinque informazioni di garanzia nelle province di Agrigento, Catania, Milano, Roma e Torino; sequestrato anche denaro in contante e documenti su trasferimento di soldi attraverso money transfer. I nuovi schiavisti reclutavano i clandestini in Sudan, li trasferivano in Libia, e da lì, dopo mesi di segregazione, venivano imbarcati Contagiati sarete voi di Furio Colombo rima viene la leggenda delle malattie, elencate P come in paurosi racconti ottocenteschi, che precedono i vaccini di Pasteur, la penicillina di Pau- ling e la produzione di massa degli antibiotici. E fingendo di non sapere che quasi tutte le misteriose infezioni senza cura che per certi periodi hanno terrorizzato il mondo, (dalla “mucca pazza” alla “aviaria”) sono tutte esplose (e per fortuna finite, ma non capite) nella parte industriale e ricca del mondo. Poi c’è la persuasione xenofoba che “vengono qui perché siamo noi a invitarli con l’accoglienza”. Nei giorni in cui a Pozzallo non ci sono celle frigorifere per i 30 morti finora trovati in mare radio e tv radunano esperti. Radio3, la mattina del 1° luglio aveva fra i suoi “esperti”un giornalista che ha detto: “Gli sciacalli sono sempre più sciacalli e calcolano la convenienza del trasporto in mezzo al mare, calcolano che c’è l’operazione Mare Nostrum che provvederà a portare tutti in salvo e i viaggi si moltiplicano”. La frase significa non sapere che non hanno una casa, 9 CLICK Carceri: convegni e niente fatti di Pino Corrias SCAFISTI INTERCETTATI, SI GIUSTIFICANO COSÌ: “MORTI IN 366? COSÌ HA VOLUTO ALLAH”. SGOMINATA CELLULA ERITREA IN ITALIA PER GARANTIRVI QUESTA TESTATA SCARICATELA SEMPRE DA QUI http://quoidianes.tumblr.com/ MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 Un gruppo di migranti salvati in mare negli scorsi giorni Ansa su barconi fatiscenti verso l’Italia. Non solo. L’assistenza ai migranti continuava dopo lo sbarco, con l’organizzazione delle fughe dai centri di accoglienza, e l’impegno da parte di una cellula composta da cittadini eritrei che curava la permanenza illegale dei migranti agevolandone l’espatrio, naturalmente illegale, verso altri Paesi dell’Unione europea, in particolare Norvegia e Germania, o del continente americano, tra tutti il Canada. Le indagini sono partite dal naufragio del barcone affondato il 3 ottobre del 2013 davanti l’isola dei Conigli, a Lampedusa, dopo che uno scafista aveva dato fuoco ad una coperta per richiamare l’attenzione dei soccorsi. gassero il riscatto richiesto (3.300 dollari americani a testa), per poi proseguire il viaggio verso Tripoli e, da lì, essere imbarcati clandestinamente per l’Italia. I migranti pagavano 4900 dollari per la traversata dalla Libia alla Sicilia, venivano tenuti prima due settimane a Sheeba e poi per un mese in una fattoria nelle campagne di Tripoli e nutriti due volte al giorno con pane e acqua. Un indagato: “Vivo sempre all’Anagnina: l’America è dove si fanno i soldi, la mia è qui” Dalle intercettazioni viene fuori tutto il cinismo e il disprezzo della vita umana dei trafficanti. “Inshallah! Così ha voluto Allah”, commenta Ermias a telefono alla notizia della morte dei 366 migranGli stupri delle donne, le torture ti. Per le vittime nessuna parola di pietà. E pare le tariffe dei predoni per pane e acqua lando con una donna che gli chiede se vive ancora Per venire in Italia devono pagare due volte, pri- “in quella casa all’Anagnina”, periferia di Roma, ma 1.500 euro ai predoni che violentano le loro Shamshedin Abkadt, un altro degli indagati, ridonne lungo la traversata del deserto e poi altri sponde che morirebbe se non vivesse lì: “L’Ame1.500 ai libici che li trasportano per mare. Più 7 rica è dove si fanno i soldi e la mia America è qui”. mila per un passaporto che a “Solo questo suo viaggio ha molti non servirà più. I testiavuto un’importanza meVigili del fuoco imbracati in attesa diatica elevata. Tante altre moni ascoltati dalla procura hanno raccontato di essere dell’arrivo delle 27 salme a Pozzallo LaPresse persone sono partite non arstati sequestrati nel deserto rivando mai, diventando cida miliziani armati capegbo per pesci e nessuno ne ha giati dal tunisino Muhidin a mai parlato”, aggiunge al tebordo di un pick up con una lefono Ermies Ghermaye mitragliatrice montata sul parlando con John Mahray. tetto e condotti con la forza a E in un’altra telefonata spieSheeba, in Libia. Lì i migranga perché il barcone era stato ti sono stati rinchiusi in una sovraccaricato, scaricando grande abitazione e sottoposui migranti le responsabilisti a torture (manganellate tà del naufragio di Lampesulle piante dei piedi, scaridusa. “I migranti insistevache elettriche, tentativi di no per partire, nessuno era soffocamento e stupri) in atdisponibile ad attendere il tesa che i loro familiari pasecondo viaggio” dice al te- L’ALTRO GIORNO ho partecipato al mio millesimo convegno su ”Emergenza carceri”. Stesse facce di sempre, stesse buone intenzioni, una rimpatriata. Il tema era la cultura: se sia possibile praticarla dentro il labirinto carcerario onorando quel nobile dettato costituzionale che vincola la pena alla riabilitazione del detenuto, il risarcimento sociale alla sua presa di coscienza e (possibilmente) al suo reinserimento una volta saldato il debito. Mi sono permesso di dire che l’unica forma di praticabile evasione dal carcere sia l’istruzione e dunque la lettura, l’ascolto di quei cuori narranti che sono i libri. E che forse sarebbe più utile comprare libri per le misere biblioteche carcerarie, piuttosto che finanziarie convegni dove danzano le nostre vane parole che ascoltiamo sempre e solo tra noi. Una buona mezzora più tardi ho salutato un vecchio amico, anche lui relatore, che doveva proprio scappare. Mi ha sussurrato: “Scusami, mi dispiace non poterti ascoltare”. Non ho avuto il coraggio di dirgli che avevo già parlato. A sua insaputa e forse anche mia. Ma la sua gaffe è stata una rivelazione: non solo facciamo convegni invece di biblioteche, ma neanche lì (ci) stiamo ad ascoltare. lefono Ermies Ghermaye. “Sono stato costretto a metterli tutti su un barcone’’. E in un’altra conversazione John Mahray spiega ad Ermies le regole del trasporto di clandestini: “Quando si organizza un viaggio per l’Italia le partenze di barche non devono avvenire con il mare in tempesta ed in secondo luogo non bisogna dare adito alle lamentele degli migranti. L’organizzatore del viaggio è il responsabile, quindi deve sapere aspettare il momento giusto per partire”. Le ventisette salme dell’ultima strage arrivate ieri a Pozzallo Ieri, infine, nel porto di Pozzallo è giunto il “barcone–bara’’ che ha trasportato i 27 africani morti da avvelenamento di ossido di carbonio perché costretti nel locale di prua senza alcuna aereazione. Dal racconto dei superstiti è emerso che molti tra le centinaia di migranti stipati come sardine hanno chiesto di tornare indietro, hanno implorato gli scafisti di cambiare la rotta e puntare di nuovo in Libia, ma non c’e’ stato nulla da fare: “ormai siamo qui e dobbiamo arrivare in Italia”, è stata la risposta. I due scafisti sono stati identificati e nei loro confronti potrebbe scattare l’accusa di omicidio volontari. L’indifferenza non cambia verso Leggenda delle malattie nell’Italia xenofoba ignorare cosa succede in Siria, Iraq, Libia, Sud Sudan, nella Repubblica Centrafricana, nel Rwanda, nel Congo, nel Mali, in Etiopia, Eritrea, Somalia, per fare un elenco parziale. Non è ignoranza. È una posizione politica radicata nel molle e disorientato terreno dell’informazione dal tenace governo Berlusconi-Bossi fondato su xenofobia, razzismo, superstizione e invenzione. È la credenza di una setta sorda e cieca ma attivissima (la stessa che, all’inaugurazione del Parlamento europeo, ha voltato le spalle a Beethoven e all’Inno alla Gioia) che pensa all’immigrazione come a un viaggio-premio per scansafatiche che poi diventeranno pericolosi se non li nutri e non gli dai una casa. Ma è la cultura del respingimento, inventata in Italia, da italiani, in questi anni, è un pensiero di indifferenza che si esprimeva nel vecchio e tradizionale “lasciar fare” e si è trasformato adesso in un tranquillo “lasciar morire”. Sentite. Primo, “aiutiamoli a casa loro”. È difficile che una persona mediamente informata possa cre- dere in buona fede che siamo di fronte a popoli che resterebbero a casa, invece di rischiare la morte sul fondo del mare, se gli mandassimo un pacco regalo. Ma la frase circola, ed è quasi una parola d’ordine. Secondo, i diritti (di asilo, accoglienza, ricongiunzione familiare, dello stato di rifugiato) devono essere accertati nei Paesi d’origine di chi intende emigrare. Qui si aggirano tre fantasie. Una è che la burocrazia locale, invece di far scomparire il capo famiglia che vuole emigrare, gli darà carte e riconoscimenti necessari per presentarsi al Consolato a cui chiedere il visto. Un’altra che ci sia un Consolato. Infine, come vuole la Bossi-Fini, approvata senza vergogna a grande maggioranza, bisogna procurarsi il contratto di lavoro prima di partire. Terzo, un’operazione come Mare Nostrum incentiva il viaggio, invita i profughi, aumenta gli sbarchi. La frase è due volte una bestemmia contro l’umanità. Infatti Mare Nostrum non è altro che salvataggio in mare. E la differenza fra gli sbarchi di prima e gli sbarchi di adesso è data dalla differenza fra coloro che prima morivano e coloro che, adesso, non muoiono più. La superstizione della malattia è di gran lunga la più falsa e ripetuta. Era stato Maroni a inventare le mascherine bianche della polizia, in modo che noi tutti, sani spettatori di razza superiore, percepissimo il rischio del contagio. Infatti la mascherina non era per i morti, ma per giovani vivi e felici di essere vivi che in altri sbarchi, ho visto spinti come bestiame di qua e di là senza ordini e senza luoghi di accoglienza, per poi rinchiuderli in luoghi lerci e con i gabinetti otturati. L’Italia continua ad accettare superstizioni della sottocultura che ha dominato il Paese (troppo fragile l’opposizione, e adesso unita) per vent’anni. Nessuno dei nuovi giovani al governo ha provato pena o solo interesse di fronte alla folla di gente giovane che noi lasciamo nelle chiese e sulle banchine, uomini, donne e bambini di secondo livello. Siamo tutti troppo presi dalla celebrazione del semestre italiano. 10 SACRO & PROFANO MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 D isoccupazione ancora su Record tra le donne L'ITALIA INIZIA il semestre di presidente dell'Unione europea con l'ennesimo dato negativo. Dopo l'allarme lanciato ieri dall'Istat con il rischio di un ritorno della recessione già a fine giugno, ieri è arrivato anche il pesante dato sul tasso di disoccupazione, che a maggio è tornato a salire al 12,6%. A comunicarlo è l'Istat, nel consueto bollettino sui dati provvisori. I ricercatori dell’Istituto di statistica segnalano un aumento dello 0,1 rispetto ad aprile (rivisto al 12,5%) e di 0,5 punti nei dodici mesi. Unico aspetto positivo: rispetto al massimo storico del 12,7% di gennaio e febbraio, l’Istat intravede un il Fatto Quotidiano "leggero miglioramento". Il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni è stabile al 43%: in calo di 0,3 punti percentuali su aprile, ma in crescita di 4,2 punti sull'anno. Il dato, in termini assoluti è lapidario: i disoccupati sono 3 milioni e 222 mila, 127 mila in più rispetto allo stesso mese del 2013 (+4,1%). A soffrire sono soprattutto le donne, con un tasso che tocca il 13,8%, ai massimi dal 2004, quando iniziarono le rilevazioni. La disoccupazione nell'Eurozona è invece rimasta stabile all'11,6% rispetto al mese precedente. Nei 28 ha visto un lieve calo al 10,3% dal 10,4% di aprile. Renzi snobba il Meeting di CL E i ciellini cancellano Lupi IL PREMIER FA SAPERE DI AVER “DECLINATO” L’INVITO A RIMINI, MENTRE IL MINISTRO NCD E L’ALTRO POTENTE D’AREA, MARIO MAURO, SONO ESCLUSI DAL PROGRAMMA DELL’INCONTRO di Marco Palombi G uardate la cronaca”. Giorgio Vittadini, uomo forte di CL e architetto del relativo Meeting, apre ai presenti scenari da tregenda. Non si riferisce al caso Expo, come si temeva, ma elenca: Palestina, Nigeria, Iraq. “Ultimamente di queste cose non gliene frega niente a nessuno”, si duole. Un immediato desiderio di coscienza non disgiunto da un sospiro di sollievo - percorre il romano Tempio di Adriano, dove è appena iniziata la presentazione dell’appuntamento di Rimini di quest’anno (dal 24 al 30 agosto) e s’aggirano i politici d’area: il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, che sta una mezz’ora e poi se ne va, e gli ex potenti in cerca di nuova sistemazione Mario Mauro e Roberto Formigoni, compostamente seduti in prima fila per tutto l’happening ciellino. VITTADINI, tornando alla cro- naca, è assai accorato. Di fronte a quel che accade, dice citando il cardinale Tauran, o si sta nel “cuore del potere” che “organizza guerre ventennali e poi si dimostra impotente” oppure si sceglie “il potere del cuore”, che “cambia la storia”. Ebbene, il potere del cuore ci sarà sicuramente all’appuntamento di Rimini (titolo: “Verso le periferie del mondo e dell’esistenza. Il destino non ha lasciato solo l’uomo”), ma pure il cuore del potere non manca davvero: tra i main sponsor - quelli che pagano il Meeting, per capirci - ci sono Enel, Eni, Finmeccanica, Ferrovie (per inciso i grandi gruppi pubblici avevano annunciato pesanti tagli a questo tipo di spese), Wind, Sky, Nestlè, Sisal e Lottomatica, la cooperativa La Cascina, la società Illumia (testimonial: Cesare Prandelli) e Autostrade per l’Italia. Pure tra gli ospiti il cuore del potere non scarseggia: oltre ai manager delle aziende paganti (molti di recente nomina renziana), ci sarà Sergio Marchionne, quattro anni dopo la prima apparizione riminese, il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, persino l’informale ambasciatore del premier Oscar Farinetti parteciperà a un convegno (per non parlare dell’avatar dell’ex sindaco di Firenze, il IN CERCA D’AUTORE GALANTERIA In genere si occupa di immigrazione, ma l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi non disdegna i bei gesti d’un tempo SUPERSTITI “POTERE DEL CUORE” “Non ci interessano i talk politici, quest’anno torniamo alle origini ” dice Vittadini davanti ai loghi di Eni, Enel, Sky Finmeccanica, Wind... nuovo inquilino di palazzo Vecchio Dario Nardella). Il capo, invece, non ci sarà. “Lo abbiamo invitato, ci farà sapere”, dicono dal palco alle ore 18.30. Matteo Renzi “ha declinato l’invito”, smentiscono da Palazzo Chigi un paio d’ore dopo. Bello schiaffo, non c’è che dire, che fa il paio con quello che invece Comunione e Liberazione ha assestato proprio a Maurizio Lupi e Mario Mauro, i due politici che volevano intestarsi la rappresentanza ciellina dopo la giubilazione per eccesso di In platea cattolici d’altri tempi (e stagioni politiche): l’ex agente Betulla, Renato Farina, e l’ex direttore generale Rai, Lorenza Lei scandali del Celeste Formigoni: nessuno dei due compare nel programma ufficiale del Meeting. IL RAPPORTO con la politica è proprio il tallone d’achille dell’happening riminese. Dopo gli andreottismi dantan e le più recenti ovazioni a Silvio Berlusconi, magari c’è la consuetudine, forse l’affetto, ma manca l’amore. “Non ci interessano i talk show politici - scandisce Vittadini - che poi secondo me sono il punto più basso della po- litica: noi vogliamo che chi sarà a Rimini scopra protagonisti nuovi. Questo sarà un meeting alternativo perché noi vogliamo, se mai ce ne siamo spostati, tornare all’ispirazione originale dell’incontro”. I protagonisti nuovi e lo spirito orignario lo declina a seguire Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere: a parte Marchionne, Squinzi e un’altra quantità di manager di grandi aziende (dalla Ferrero a Deutsche Bank, da Siemens a Snam eccetera eccetera), ci sa- Al tempio di Adriano si presenta il meeting di Rimini di CL: il ministro Maurizio Lupi, escluso dal programma, si raccomanda al ras ciellino, Giorgio Vittadini. In prima fila discutono preoccupati altri due ex figli prediletti: Roberto Formigoni e Mario Mauro NEOFITI La ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha fretta di far notare la sua affiliazione a Cl. La presidente del Meeting, Elena Guarnieri, resta indietro Foto di Umberto Pizzi ranno nomi mai sentiti come il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, i ministri Poletti (Lavoro), Guidi (Sviluppo), Galletti (Ambiente) e Stefania Giannini (Istruzione), unica ospite politica sul palco di ieri. Pure per parlare di giustizia c’è una scelta di rottura: Luciano Violante. Non manca, ovviamente, il lato Expo 2015: il ministro delegato Maurizio Martina (Agricoltura) e il commissario Giuseppe Sala, protagonista di un succoso pomeriggio col governatore lombardo Roberto Maroni. Alla presidente del Meeting, Elena Guarnieri, però, piace poco “il gossip”, già esecrato da Vittadini, e decide quindi - in chiusura - di riportare l’uditorio, magari distratto dall’attesa del buffet, ad un livello più alto (forse troppo) con splendido ritorno circolare all’urgenza della cronaca: “Questo Meeting spiega - pone una domanda radicale a ognuno di noi: ma l’uomo è una risorsa adeguata per affrontare tutto questo? Il potere del cuore basta?” (per i curiosi, la risposta pare sia sì). ISTITUTI INDIPENDENTI Istat, bocconiani contro statali per la presidenza di Carlo Di Foggia o scontro per la guida dell'Istat si risolverà, L salvo imprevisti, oggi, con la nomina di Giorgio Alleva alla presidenza. Ma la disputa è andata ormai oltre: coinvolge il mondo accademico, in un botta e risposta tra decine di docenti; atenei pubblici contro privati; e tra sindacati e lavoratori dell'Istituto, dove il presidente è la prima pedina di un risiko di nomine dirigenziali. Promemoria: il 13 giugno il nome di Alleva esce fuori dal consiglio dei ministri, scelto tra i 40 curriculum inviati al governo. Passano 13 giorni - 27 giugno - e 46 economisti “di fama internazionale” chiedono al governo di ripensarci, e definendo “modesto” il curriculum del presidente in pectore: Alleva (ordinario di Statistica alla “Sapienza” di Roma e mebro del cda di Istat) - spiegano in una lettera aperta - non ha nessuna “esperienza internazionale” (la contestata “clausola Padoan”, voluta dal governo Letta per favorire a suo tempo la nomina dell'attuale numero uno del Tesoro) e ha un impatto scientifico nullo (“su 97 pubblicazioni, solo una compare in una rivista scientifica di rilievo”). La lettera - firmata anche da Tito Boeri (Bocconi), Luigi Zingales (Università di Chicago, e Michele Boldrin (Washington University) - attacca anche i criteri di selezione. Criteri rimasti segreti, così come “gli obiettivi del mandato” chiesti ai candidati. Alla “lobby dei bocconiani”, come è chiamata nell’ambiente universitario, e a sostegno di Alleva, si è contrapposta una vasta schiera di accademici: a oggi si contano almeno tre lettere di sostegno (pubblicate sul sito Roars.it) e decine di OGGI LA NOMINA Giorgio Alleva (Sapienza) voluto dal ministro Madia è appoggiato da sindacati e atenei pubblici Asse Pd-Fi in cambio del direttore generale firme, tra cui diversi colleghi della Sapienza come l’ex presidente dell’Ista, Alberto Zuliani. Gli studiosi “nazionali” contestano il valore scientifico degli indicatori bibliometrici. La stessa critica, per la verità, che da anni buona parte del mondo della ricerca muove ai vertici del ministero dell’Istruzione e dell’Agenzia per la valutazione del sistema universitario, l’Anvur. I 46, invece, li difendono a spada tratta. Tra di loro gira anche una versione più lunga della lettera, dove è scritto che sulla base degli indicatori usati per l’abilitazione scientifica, oggi Alleva non sarebbe neanche associato. Un passaggio durissimo, stralciato all'ultimo dal testo finale. “Il mondo accademico italiano l'ha visto come un affronto spiega uno dei firmatari - non vogliono critiche. I panni vanno lavati in famiglia. La maggior parte dei contro-firmatari non ha mai insegnato all’estero e ha un curriculum modesto. Lo Giorgio Alleva scontro vero è tra atenei privati, dove per entrare bisogna competere, e atenei pubblici”. I 46 “guardiani” avrebbero visto con favore uno tra Giampiero Gallo (Università di Firenze) e Giuseppe Arbia (Cattolica di Roma). Lo scontro è anche sull’asse Milano-Roma, da una parte la Bocconi, dall’altra la “Sapienza”, di cui l’Istat sembra un feudo (ben 4 presidenti su 9). Ma la partita è soprattutto dentro l’Istituto. Alleva è stato appoggiato dalla Cgil e dal sindacato interno, l’Usi. IN BALLO ci sono decine di nomine dirigenziali, previste per settembre. Tra i corridoi di via Balbo si parla anche di un accordo tra Pd e Forza Italia, che ha garantito a quest’ultima la scelta del direttore generale. La Cgil festeggia per “un nome che non viene dal circolo dell'alta burocrazia europea”. Il M5s parla di scelta in “continuità con il passato”, che mortifica l’indipendenza dell’Istat. Alleva è stato fortemente voluto dal Ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia. Per il suo ministero, il dipartimento di Alleva ha curato l’elaborazione delle mail arrivate per la consultazione sulla riforma della Pa. Risultato: ottimi giudizi sulle idee del governo. 2 LUGLIO 2014 TROPPO SPESSO RITORNANO il FATTO ECONOMICO FINCANTIERI, L’ENNESIMO COLPO DEI SOLITI NOTI » A seguire le operazioni per gli istituti stranieri saranno due ex ministri dell’Economia, Grilli e Siniscalco CHI PAGA L’AUMENTO L’ESORDIO IN BORSA » Ai piccoli investitori privati sono state rifilate 401 milioni di azioni dopo che gliene erano state offerte 141 milioni » Domani il titolo dell’azienda cantieristica esordisce in Piazza Affari, con fosche prospettive LE PRIVATIZZAZIONI DI RENZI Le banche italiane infilano in tasca ai loro clienti le azioni della società che i fondi stranieri non hanno voluto di Giorgio Meletti D icono che l’Italia stia cambiando verso, ma se si deve giudicare dal collocamento in Borsa delle azioni Fincantieri c’è poco da stare allegri. Anzi, l’impressione è che il premier Matteo Renzi stia mettendo la faccia, come ama dire, sull’ennesimo sconcio ai danni dei risparmiatori. Per capire la gravità della vicenda proviamo a ricostruirla nei dettagli. Il 13 giugno scorso la Fincantieri ha comunicato di aver ottenuto dalla Consob l’approvazione del prospetto per la quotazione in Borsa. L’operazione è stata così descritta: collocamento di 704 milioni di azioni, a un prezzo compreso tra 0,78 e 1 euro; di questi titoli 104 milioni sono venduti dall’azionista finora unico di Fincantieri, la Cassa Depositi e Prestiti, mentre i restanti 600 milioni sono a titolo di aumento di capitale, cioè risorse che gli investitori versano nelle casse della società per rafforzarne il patrimonio e la capacità di investimento. In particolare, dei 704 milioni di titoli, 141 milioni sono destinati al pubblico dei risparmiatori (in gergo retail, che in inglese indica la vendita al dettaglio), mentre 563 milioni saranno offerti agli investitori istituzionali, cioè banche, fondi d’investimento e simili. I clienti degli istituti usati come carne da cannone Il comunicato della Fincantieri non dice che dentro il prospetto informativo - centinaia di pagine che il risparmiatore in genere non legge - è prevista la facoltà di claw-back. Che cos’è? Lo scoprirete più avanti. Il 16 giugno il pool delle banche collocatrici comincia a battere i mercati finanziari di mezzo mondo per piazzare le azioni. In Italia collocano le due maggiori banche nazionali, Intesa Sanpaolo e Unicredit. All’estero grossi nomi della finanza: Credit Suisse, Jp Morgan (che si avvale dell’ex ministro dell’Economia Vittorio Grilli) e Morgan Stanley, che schiera l’ex mi- 11 chiama claw-back. È la clausola che consente, in qualsiasi momento, di spostare i pesi del collocamento tra istituzionali e retail. I fondi internazionali hanno buone ragioni per tenersi alla larga dalle azioni Fincantieri? Benissimo, senza indagare oltre le hanno mollate ai risparmiatori italiani. Così agli istitunistro dell’Economia Domenico Siniscalco. zionali vanno 49 milioni di azioni (gliene avevano proposte 563 milioni), e ai poveri Una bella rimpatriata. Il 27 giugno si chiude il collocamento e si sco- piccoli investitori privati che ancora si fidano pre che, ohibò, i mitici mercati finanziari in- della loro banca arrivano 401 milioni di azioternazionali hanno mandato al diavolo i pro- ni (313 milioni di euro sull’unghia) anziché i 141 milioni proposti. vetti venditori capitanati dai Grilli, Siniscalco e soci. Ci si potrebbe chiedere: ma Dei 563 milioni di azioni se i risparmiatori i 400 miIL PARCO BUOI proposte ne hanno comlioni di azioni le hanno chieprato appena una dozzina ste, che male c’è? C’è che Hanno piazzato di milioni: in pratica le nessuno li ha avvertiti che i brillanti banche collocatrifondi internazionali su i titoli ai risparmiatori ci hanno venduto la cinquelle azioni ci stavano spusenza avvertirli quantesima parte di ciò tando sopra. Chiunque freche il presidente della Casquenti le filiali delle banche che i cosiddetti sa Depositi e Prestiti Franconosce il ritornello che i co Bassanini aveva affidato “investitori istituzionali” funzionari sono addestrati a alle loro abili mani. Gli inripetere in cambio di un preli avevano rifiutati vestitori istituzionali itamio per ogni azione piazzaliani per parte loro comprano una trentina di milioni di azioni, un ventesimo della quota offerta. Tra essi i grandi fondi di investimento che pure, in alcuni casi, fanno capo alle banche collocatrici. Che cosa fa a questo punto il numero uno di Fincantieri Giuseppe Bono? Non si perde d’animo e corre ai ripari. Cancella l’offerta di azioni della Cassa Depositi e Prestiti in vendita, e riduce anche l’aumento di capitale, cosicché il collocamento si riduce da 704 a 450 milioni di azioni. Poi fissa il prezzo al minimo della forchetta, 0,78 euro. Ma il colpo del maestro si ta: “Guardi, è un’affarone, le Fincantieri andranno a ruba, la domanda sarà il triplo dell’offerta, quindi lei chieda tre lotti minimi da quattromila azioni, così quando si andrà al riparto avrà il suo pacchetto pari pari”. Puntualmente la domanda è stata il triplo dell’offerta (“un grande successo”), e adesso i nostri apprendisti stregoni si chiedono storditi: “Ma come mai i risparmiatori hanno capito la convenienza dell’affare e i soloni della finanza internazionale no?”. “I fondi d’investimento non capiscono, i piccoli risparmiatori invece sì” L’austero Sole 24 Ore, ha dato fiato a una considerazione indecente, suggerita dai trombettieri della grande operazione: “Chi ha seguito il dossier non addebita l'esito non brillante alla mancata distribuzione di dividendi per tre anni, quanto piuttosto alla difficoltà di far digerire l'operazione in breve tempo a investitori poco avvezzi al complesso business di Fincantieri”. Avete capito bene: i “poco avvezzi” sono i grandi fondi internazionali. I risparmiatori italiani invece hanno capito al volo il “complesso business”. Totò direbbe: “Ma mi faccia il piacere...”. Se Renzi consente che sotto il suo governo vengano fatti pasticci del genere poi magari non si lamenti se sente in giro un clima ostile alle imprese. Domani il titolo Fincantieri fa il suo esordio in Borsa. Visto che nessuno ha voluto le azioni al collocamento c’è da vedere chi le vorrà comprare al listino. Allacciate le cinture. Twitter@giorgiomeletti IN ALTO MARE La vicenda di Fincantieri vista da Emanuele Fucecchi. Nell’immagine Renzi, Franco Bassanini e Giuseppe Bono CARIGE, SI CAMBIA CONCORDIA A GENOVA Piombino “presa per i fondelli” PER GARANTIRVI QUESTA TESTATA SCARICATELA SEMPRE DA QUI http://quoidianes.tumblr.com/ PIERO MONTANI Banca Carige, finita l’era di Giovanni Berneschi travolto dalle inchieste, prova a cambiare marcia: il cda della banca ha nominato Piero Montani amministratore delegato, dopo la conferma da parte dell’assemblea, e ha affidato a Gabriele Delmonte, al termine del distacco presso Banca Carige Italia dove ricopriva l'incarico di direttore generale, la responsabilità della direzione crediti del gruppo al posto di Mario Cavanna, che lascerà il servizio per il raggiungimento dei requisiti pensionistici. "Queste nomine rappresentano un primo passo importante nel percorso di rinnovamento della struttura organizzativa e manageriale" ha commentato il presidente Cesare Castelbarco Albani. di Salvatore Cannavò DURANTE la scorsa cam- pagna elettorale, Mirko Lami, operaio e delegato Fiom della Lucchini di Piombino, era stato l’orgoglio del Pd. Intervenendo alla trasmissione Servizio Pubblico di Michele Santoro aveva preso di petto Beppe Grillo e la sua definizione di “peste rossa” a proposito del Pd e dei sindacati. Gloria e onori da tutto il mondo progressista. Ieri, lo stesso Lami, iscritto al Pd, ha rinfacciato a Matteo Renzi di essersi rimangiato “gli impegni assunti di fronte al presidente della Regione, alle istituzioni locali e alle orga- nizzazioni sindacali al momento della firma dell’accordo di programma”. L’accordo con cui è stato chiuso lo stabilimento siderurgico della Lucchini, infatti, prevedeva tra le altre cose, il “potenziamento produttivo delle attività industriali portuali volte allo smantellamento, alle manutenzioni e refitting navale dell’attività portuale”. Gli operai, infatti, nei giorni luttuosi della chiusura della Lucchini, erano stati tranquillizzati sul possibile arrivo della Concordia. Chi si era speso più di tutti era stato il presidente della Toscana, Enrico Rossi, oggi evidentemente contra- riato dalla decisione del governo. Da Palazzo Chigi, però, si sostiene che le risorse e le competenze per smantellare la nave di Costa Crociere siano solo a Genova e ci si rallegra di aver strappato la sede alla Turchia. A Piombino, però, sono sicurissimi che a settembre il porto sarebbe pronto per avviare una lavorazione che poi avrebbe grandi benefici sull’intero indotto. Invece, dice Lami, “Genova ha la nave e Piombino ha un accordo di programma. E il territorio come fa a vivere?”. Stiamo parlando di lavoratori in contratti di solidarietà, cassa in deroga, di negozi che chiudono, di una città che attende come la buona novella l’interessamento, ora della Jiindal, ora della Mittal (la stessa che si dice interessata all’Ilva di Taranto) fino, addirittura, alla Hyundai. Tutte multinazionali straniere che stanno valutando se prendere o meno in carico la ex Lucchini. Chi ha ragione, chi ha preso in giro chi e, soprattutto, perché gli operai si sentono “presi per i fondelli”? Le risposte giungeranno un po’ alla volta. Ma chi ha più elementi per capire come stanno le cose invita a considerare che lo spostamento della na- ve a Genova, anzi a Voltri, dove si procederà al suo alleggerimento, rientra nell’orbita di Fincantieri e di Saipem, cioè Eni, quindi di interessi molto consolidati all’interno del governo. Piombino, invece, non porta nulla. Solo le speranze attivate in campagna elettorale quando soltanto il M5S ricordava che la prospettiva del porto e dello smantellamento della Concordia era quanto meno illusoria. Promesse e speranze, generate anche dalla Regione che pure ha finanziato l’operazione. Chi andrà, del governo, a spiegare a Piombino come stanno le cose? 12 MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 il FATTO ECONOMICO RIPENSAMENTI Alitalia, ora le Poste vogliono vederci chiaro Per Graziano Delrio sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, è stato fatto “qualche passo avanti”. Ma la vicenda Alitalia si trascina lenta come una fatica irrisolvibile. Se ieri il governo ha convocato a Palazzo Chigi l’amministratore delegato, Gabriele del Torchio, le banche creditrici e gli azionisti da uno di questi, Francesco Caio, Ad delle Poste si è sentito porre una serie di dubbi, anche pesanti. “L'alleanza tra Alitalia e Etihad può creare le premesse per il potenziamento e il rilancio della compagnia aerea scrive l’azienda postale - Non sono però ancora stati forniti da Alitalia tutti gli elementi necessari ad una compiuta valutazione dell’impatto che l’accordo potrà avere sulla struttura del capitale e del debito dell’azienda”. Caio si dice ancora interessato alle “sinergie industriali e commerciali da realizzare nella logistica” ma vuole vederci chiaro. Nulla da dire, però, sul fatto che l’ingresso di Poste in Alitalia è oggetto di una lettera della Commissione europea a cui il governo dovrà rispondere entro il 22 luglio. La Ue, infatti, vede un aiuto di Stato mascherato che il governo italiano nega. Ma nessuno ci crede. di Gionata Picchio N el braccio di ferro politico e diplomatico tra Europa e Russia, che si è inasprito la scorsa settimana con l'accordo di libero scambio tra Unione europea e Ucraina, le infrastrutture energetiche come il South Stream sono diventate pedine chiave. Ma a chi serve il nuovo maxi-gasdotto? In certa misura proprio all'Europa, più di quanto Bruxelles voglia ammettere. Oltre naturalmente alle imprese partecipanti, tra cui le italiane Eni e Saipem. Ma più di tutti serve alla Russia, che dipende dai ricavi dell'export più che l'Europa dal suo gas. L'Europa copre col metano quasi un quarto del suo fabbisogno di energia primaria. Il 30 per cento del gas che consuma viene dalla IL MAXI-CONDOTTO Non possiamo contare sul gas americano e restiamo dipendenti da quello fornito da Putin. Che non si fida del tutto dell’Italia SOUTH STREAM IL TUBO CHE SERVE A MOSCA MA SPAVENTA L’EUROPA futuro incerto. Conseguenza immediata e certa però è stata una nuova disputa sul gas tra Mosca e Kiev che la Ue fatica a gestire e che minaccia la sua stessa sicurezza energetica. Nella partita con Mosca, Bruxelles insiste inoltre nel mostrare una carta che non ha: la possibilità di POTERE GAZPROM Dopo le tensioni del 2006 e 2009, il piano russo è stato quello di aggirare l’Ucraina, a Nord col gasdotto North Stream verso la Germania e a Sud con il South Stream Russia e una metà di questo, circa 80 miliardi di metri cubi all'anno, transita per l'Ucraina. Negli ultimi anni le dispute Mosca-Kiev sul gas hanno portato all'interruzione dei flussi all'Europa nel 2006 e nel 2009. La risposta russa è stata tentare di aggirare l'Ucraina, a Nord col gasdotto North Stream con approdo in Germania, capacità 55 miliardi di metri cubi all'anno, inaugurato nel 2011-12, e a Sud con il South Stream, 63 miliardi di metri cubi all'anno, invece ancora da costruire. I soci del tratto offshore del pro- SENZA ALTERNATIVE Bruxelles ha sempre sostenuto il progetto alternativo Nabucco, poi abbandonato Ora si è rassegnata a un rapporto di mutua dipendenza con la Russia getto, che attraverserà il Mar Nero per poi proseguire via Balcani fino in Europa centrale, sono la russa Gazprom col 50 per cento, Eni col 20, la francese Edf col 15 e la tedesca Wintershall, controllata di Basf (15). La decisione finale di investimento sul tratto sottomarino è stata presa nel 2012. L'avvio della prima linea è atteso a fine 2015 e dell'ultima nel 2018. Con lo scoppio della crisi russo-ucraina, la tensione sul progetto è cresciuta. Se Bruxelles, da sempre sostenitrice del progetto rivale Nabucco, oggi tramontato, non aveva mai guardato South Stream con simpatia, da febbraio è passata a un aperto ostruzionismo. Arrivando di recente a chiedere e ottenere dalla Bulgaria, paese di transito del gasdotto, l'interruzione dei lavori sul tratto locale avviati a fine 2013. Il bluff di Bruxelles Nella linea europea non mancano le contraddizioni. Incoraggiando Kiev a spostare il suo asse verso Ovest, l'Europa ha contribuito a innescare una transizione politica dal rinunciare dall'oggi al domani al gas russo. In realtà è vero che col calo dei consumi degli ultimi anni e la crescita delle rinnovabili il potere contrattuale della Russia si è fortemente ridimensionato. E che una limitata interruzione dei flussi sarebbe gestibile. Ma tutt'altra cosa è pensare di fare di colpo a meno di 130 miliardi di metri cubi di gas ogni anno. Nessuna delle alternative ipotizzabili, infatti – dall'impostazione dagli Stati Uniti dello shale gas (quello estratto dalle rocce) alle forniture dal Mar Caspio – può coprire l'ammanco almeno nel medio termine. Nella migliore delle ipotesi gli Stati Uniti esporteranno circa 20 miliardi di metri cubi annui dal 2015 e altrettanti dal 2018, e per averli l'Ue dovrà competere con i prezzi dell'Asia. Quanto al Caspio, se il gasdotto Albania-Puglia TAP riuscirà a superare le opposizioni locali, porterà 10 miliardi di metri cubi annui di gas azero dal 2019. Infine, l'Europa può certo ridurre il peso del gas nel proprio mix energetico ma anche questo richiede tempo e risorse. Non a caso, in conclusione, secondo il think tank Oxford Institute for Energy Studies, da un punto di vista puramente commerciale la scelta migliore per l'Ue sarebbe di sostenere South Stream. Meglio l’Austria che Tarvisio Al maxi-gasdotto, che oltre a Eni vede in campo Saipem nella posa della prima linea, non mancano del resto neppure i sostenitori. Nato nel 2007 proprio in seno alla partnership tra Eni e Gazprom, South Stream ha sempre goduto dell'appoggio dei governi italiani, sia con l'ex premier Romano Prodi – a cui, come racconta lui stesso, il Cremlino offrì perfino la presidenza del consorzio dopo la fine del suo governo – sia con Silvio Berlusconi, fino ad arrivare all'attuale governo. Ciò non ha impedito tuttavia a Gazprom di spostare nei giorni scorsi dall'Italia all'Austria all'Italia il punto di arrivo europeo della pipeline. Interpellato dal Fatto Quotidiano l'ufficio stampa di Gazprom conferma che con gli accordi perfezionati la scorsa settimana con l'austriaca OMV – per anni sul fronte opposto come capofila del Nabucco – “l'approdo di South Stream in Europa diventa Baumgarten e non più Tarvisio”, come previsto negli ultimi anni. 2 LUGLIO 2014 di Margherita Barbero C i sono voluti due anni per celebrare il matrimonio ai vertici delle assicurazioni italiane tra le ex società della galassia Ligresti e il braccio assicurativo di Unipol gruppo finanziario (Ugf). Due anni in cui sembra avvenuto il miracolo del salvataggio del gruppo Fondiaria-Sai. Nato nelle menti dei suoi grandi registi-creditori delle società unite a nozze Mediobanca e Unicredit, la fusione risale al 31 dicembre 2013, con la nascita di Unipolsai. Ma la compagnia bolognese guidata da Carlo Cimbri era salita al controllo delle società dell'ex gruppo Ligresti con gli aumenti di capitale del 2012, già tutto il 2013, quindi, per Fonsai risente dell’effetto Unipol. ASSICURAZIONI Le coop si sono comprate FonSai senza opa perché era un salvataggio. Ma ora arrivano maxi-dividendi QUESTA UNIPOL-SAI HA FATTO TROPPI UTILI Lo hub austriaco è oggi il più importante dell'Europa centrale e da qui il gas potrà proseguire per l'Italia attraverso il già esistente gasdotto TAG, controllato dalla Cassa depositi e prestiti, ha rimarcato nei giorni scorsi il numero due di Gazprom Alexander Medvedev. In ogni caso il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il ministro dello Sviluppo Federica Guidi ribadiscono spesso la strategicità dell'opera per il nostro Paese. E d'altra parte l'Italia non è l'unica voce "stonata" con le posizioni di Bruxelles verso la Russia. Ci sono i paesi di transito del South Stream, come la Bulgaria o l'Ungheria. Costretti alle esportazioni Altri Paesi sono legati a Mosca da una forte interdipendenza commerciale. Oltre alla stessa Italia è il caso della Germania, in prima linea (almeno fino a poco fa) nell'auspicare una soluzione negoziale alla crisi ucraina. O della Francia, che partecipa a South Stream con Edf e con la Russia ha in ballo una fornitura di navi porta-elicotteri per 1,2 miliardo di euro. In ogni caso la più interessata alla realizzazione di South Stream resta la Russia. Negli ultimi anni con la crisi dei consumi e l'aumento della concorrenza sul mercato Ue, la leadership di Mosca come fornitore di gas dell'Europa è finita sotto pressione. E in questo contesto di domanda già debole le politiche Ue su efficienza e rinnovabili hanno progressivamente eroso spazi di mercato al gas e il processo è destinato a proseguire. Per l'economia russa invece l'esportazione di gas rimane vitale per far quadrare i conti. Come emerge da un'analisi di Federico Pontoni e Antonio Sileo pubblicata sul sito lavoce.info, ad esempio, Gazprom realizza la stragrande maggioranza dei propri margini con l'export in Europa. Numeri che i recenti accordi russi con la Cina, pur aprendo prospettive di diversificazione nel medio termine, non bastano per ora a riequilibrare. di Daniele Martini Pierluigi Stefanini (presidente Unipol), Carlo Cimbri (Ad) LaPresse 417 MILIONI DI EURO IL PRIMO UTILE Il bilancio 2013 tiene già conto della fusione, quello precedente di Fondiaria Sai aveva registrato perdite per 800 milioni di euro 50 MILIONI L’ANNO SCORSO, il bi- lancio consolidato di Unipolsai, che rappresenta le attività dell’ex gruppo Fonsai prima della fusione (quello dopo l’integrazione non è confrontabile con l’anno precedente), si è chiuso in utile per 417 milioni, rispetto alla perdita di 800 milioni del 2012. Eppure, dal 2012 al 2013, i premi netti pagati dai clienti alla compagnia, ossia i ricavi di un gruppo assicurativo, sono scesi da 9,97 a 9,65 miliardi. Se Salvatore Ligresti e i figli Paolo, Jonella e Giulia sono indagati dalla magistratura e accusati, tra l'altro, di avere spolpato per anni le riserve tecniche, ossia il “fieno” che la compagnia mette in cascina in vista di possibili costi per incidenti, è perché l'attività assicurativa di Fonsai ha sempre reso parecchio. Se nel 2013 sono scesi i premi pagati dai clienti, l’ultima riga di bilancio in utile contro il rosso dell’anno precedente si spiega soprattutto perché sono diminuiti sia i costi e gli oneri complessivi (tra cui gli importi pagati per incidenti e la variazione delle riserve tecniche), da 13,14 a 11 miliardi, sia le imposte, passate addirittura in 13 DI EURO PER LE COOPERATIVE Dividendi appena staccati da Unipol gruppo finanziaria a beneficio della holding delle coop Finsoe negativo per 234 milioni dal dato positivo di 131 milioni del 2012. In parallelo, le attività collaterali rispetto alle assicurazioni hanno ridotto le perdite. A cominciare dal settore immobiliare che ha un risultato negativo prima delle tasse di 69 milioni dal rosso di 237 milioni del 2012. Le “altre attività”, che scontano il peso di due business in costante perdita come il Centro oncologico fiorentino e la catena di alberghi Atahotels (ricapitalizzata per 46 milioni ancora a febbraio), hanno chiuso il 2013 con un passivo ante imposte di 51 milioni, da quello di 95 milioni del 2012. UNIPOL, QUINDI, ha ereditato dai Ligresti un business assicurativo che funziona ancora bene, più alcune attività extra che invece appesantiscono i conti. Di za- vorre al bilancio, comunque, il gruppo bolognese ne sa qualcosa: quest’anno deve ricapitalizzare per 100 milioni la controllata Unipol Banca, che tra 2007 e 2013 ha perso circa 820 milioni. Le cooperative rosse possono però consolarsi con i 50 milioni abbondanti di dividendi appena staccati dalla loro controllata, attraverso Finsoe, Ugf. Quest’ultima ha archiviato il 2013 con utili consolidati di 188 milioni e ha deciso di distribuirne 120 ai soci, ben più della metà (il 64 per cento, ma si sale all'82 considerando i profitti civilistici). Così, le coop sono state in parte ricompensate dello sforzo economico dell'estate del 2012, quando si sono svenate per i 500 milioni di aumento di capitale da 1,1 miliardi di Unipol, necessario per comprare Fonsai. Indirettamente, le coo- perative beneficiano anche del dividendo super da 550 milioni, pari a ben l’80 per cento dei profitti consolidati (694 milioni nel nuovo assetto post fusione), appena staccato al piano di sotto da Unipolsai. In questo caso, chi ha incassato di più è la stessa Ugf controllata dalle coop, nelle cui casse sono appena entrati circa 335 milioni. Insomma, l’Ad Cimbri, che già a fine 2012, per il periodo dal 2013 al 2015, aveva fornito un'indicazione di cedole tra il 60 e l'80 per cento degli utili, ha mantenuto le promesse. “QUESTI DIVIDENDI – commenta un analista che segue il settore delle assicurazioni – mi hanno sorpreso, credevo che sarebbero state trattenute più risorse nel gruppo Unipol, visto restano criticità come il patrimonio immobiliare ex Fonsai, che rende sempre meno, e il portafoglio di titoli derivati ora in pancia a Unipolsai”. Quello stesso portafoglio che, in sede di via libera alla fusione assicurativa ha fatto litigare il presidente della Consob Giuseppe Vegas con il capo del suo Ufficio analisi quantitative Marcello Minenna, che aveva lanciato l’allarme sulle potenziali perdite dei derivati all’epoca in carico a Unipol. Sulla vicenda cerca di fare luce la Procura di Milano, nell’ambito di un’inchiesta che vede indagato anche Cimbri per aggiotaggio. Secondo calcoli del Sole 24 Ore, al 27 maggio gli strutturati di Unipolsai valevano 6,545 miliardi, con una plusvalenza latente di 82 milioni, contro i 6,45 miliardi della di fine dicembre, quando invece incorporavano una minusvalenza di 188 milio- ni. Il gruppo Unipol ha quindi archiviato un 2013 positivo, con profitti da centinaia di milioni in larga parte girati ai soci. Eppure nella primavera del 2012 la Consob di Vegas ha esentato il gruppo bolognese dal lancio di una costosa offerta pubblica di acquisto (Opa), stabilendo che l’acquisizione di Fonsai era un “salvataggio”. Ma nel marzo 2011 la stessa Commissione di vigilanza aveva imposto l’Opa ai francesi di Groupama che avevano messo gli occhi sul “gioiellino” assicurativo dei Ligresti. Dal punto di vista della Consob, la situazione del gruppo Fonsai è schizofrenica: nel 2011 non aveva bisogno di essere salvato, nel 2012 era sull'orlo del baratro e nel 2013 macina utili. I piccoli azionisti saranno a dir poco disorientati. GIUSEPPE MUSSARI Le parcelle da 1,5 milioni del Comune all’avvocato S e il valore di un avvocato si misura con l'entità delle parcelle che riesce a farsi pagare, allora Fabio Pisillo, 56 anni, legale senese, è senz'altro un principe del Foro. Dal 2004 al 2013 ha ricevuto da un solo cliente, il comune di Siena, la bellezza di 1 milione mezzo di euro. La cifra è stata fornita al consiglio comunale dal nuovo sindaco, il renziano Bruno Valentini, in risposta ad un'interrogazione sulle spese legali del comune. Il fortunato avvocato senese è riuscito a farsi pagare perfino quando il comune era con l'acqua alla gola, con il bilancio non approvato perché mancavano le coperture e il sindaco Franco Ceccuzzi costretto alle dimissioni per lasciare il posto a un commissario. La parcella di Pisillo anche allora fu onorata, pure se per un importo inferiore rispetto al solito, quasi 20 mila euro. “Quei soldi del Comune me li sono meritati tutti, non ho rubato niente”, si infervora Pisillo parlando con Il Fatto. “Sono bravo, lavoro tanto e vinco 9 cause su 10, ho uno studio con una decina di collaboratori e non indosso nessuna casacca politica”. Secondo Pisillo il milione e mezzo ricevuto dal comune di Siena non sarebbe poi troppo: “Sono 150 mila euro l'anno in media, da cui va detratta l'Iva. Di solito tratto per loro una quarantina di cause l'anno, quindi l'importo di ogni singola causa non mi pare eccessivo. Purtroppo a Siena c'è chi mi vuole male perché sono il difensore di Mussari”. Quella di Pisillo è una famiglia di avvocati da tre generazioni e lui, Fabio, è il legale di mezza città che conta, da Alessandro Nannini, ex pilota di Formula 1 e poi candidato del centrodestra al comune, fino al sindaco attuale, Valentini, di cui era stata messa in dubbio l'eleggibilità. La difesa di Mussari sia per lo scandalo dell'aeroporto di Ampugnano sia per il crac del Monte dei Paschi sta lanciando Pisillo all'attenzione dell'opinione pubblica nazionale. A Siena c'è chi mette in relazione la sua confidenza con Mussari di cui è stato anche testimone di nozze, con le superparcelle comunali di questi anni, quelli in cui proprio Mussari aveva in mano la città. 14 il FATTO ECONOMICO 2 LUGLIO 2014 EURO FLOP La flessibilità c’è (ma per la Francia) di Stefano Feltri MA LA FLESSIBILITÀ cele- brata da Matteo Renzi esiste o non esiste? Secondo il premier è stato un grande risultato ottenuto nel Consiglio europeo di venerdì scorso, il sottosegretario Graziano Delrio si sbilancia a stimarla in 10 miliardi in più all’anno, includendo nel conto anche la cosiddetta clausola per gli investimenti (che l’Italia non può usare perché non sta riducendo il debito pubblico al ritmo richie- sto). Poi il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che ieri sul Sole 24 Ore corregge la linea: “La flessibilità c’è, sbagliato parlare di nuove regole”. E ancora: “Il quadro attuale offre spazi per affrontare una situazione specifica come quella in cui si trova l’Italia”. E quindi? In un dibattito alla Bocconi, lunedì, Mario Monti e l’ex ministro per gli Affari europei Enzo Moavero Milanesi, hanno spiegato l’arcano: la base per la flessibilità è stata messa con il Consiglio europeo del giugno 2012, quando è stata introdotta la clausola per gli investimenti che permette di fare investimenti produttivi per i Paesi che ancora non hanno raggiunto il deficit strutturale zero (pareggio di bilancio) ma sono sotto il 3 per cento del deficit nominale. Era un premio per i Paesi che stavano facendo miglioramenti, in pratica per l’Italia. Che poi non ha potuto usare quel margine perché il governo Letta e quello Renzi hanno smesso di ri- durre il debito e quindi sono usciti dalla lista dei potenziali beneficiari. Cos’è cambiato nel vertice del giugno 2014? Semplicemente che dalle conclusioni del vertice è sparito il riferimento al “braccio preventivo” del patto di stabilità. Tradotto: gli investimenti produttivi (difficile poi individuarli, l’esempio standard è la quota nazionale di co-finanziamento dei progetti europei) posso essere calcolati fuori dal deficit anche per i Paesi che stanno sopra il 3 per cento ma non sono in procedura di infrazione. Cioè la Francia, che è al 3,9 per cento stimato nel 2014. L’Italia, insomma, ha soltanto ottenuto che un suo privilegio è stato esteso a un Paese vicino, più grosso e meno virtuoso. In diplomazia è una sconfitta, non una vittoria. Ma sono minuzie, il vero test per Renzi e Padoan arriva in autunno quando dovranno dare una legge di stabilità con la crescita allo 0,2 per cento invece che allo 0,8 previsto. LA CRISI Chi ci ha guadagnato e chi ci ha perso L a distanza dagli eventi affina lo sguardo storico. Anche per questo le analisi su quanto avvenuto nell’economia globale dagli anni 70 in poi continuano a destare interesse e a fornire chiavi di lettura che si pretendono utili alla politica attuale. Lo storico Ignazio Masulli, conoscitore del mondo sindacale europeo e studioso delle tendenze economiche, ha questa ambizione in un saggio uscito ad aprile nella collana “Anticorpi” della Laterza. La domanda del titolo punta a capire più in profondità gli agenti delle grandi trasformazioni degli ultimi trenta-quaranta anni, soprattutto per capire chi ci ha guadagnato e chi ci ha perso. Altrimenti, dice Masulli, ci sarà sempre un’adesione acritica allo “stato delle cose” e affermazioni come “ce lo chiede l’Europa” o “ce lo chiedono i mercati” non avranno alcuna replica. I grandi cambiamenti del mondo vengono ricondotti, come tanta CHI HA CAMBIATO IL MONDO? di Ignazio Masulli Laterza, 234 pagg, 18¤ di Mario Seminerio N ei giorni scorsi l'Istituto nazionale di statistica dell’Argentina ha comunicato che il Pil del paese è diminuito, nel primo trimestre, dello 0,8% su base trimestrale. Questo dato, sommandosi al calo dello 0,5% del quarto trimestre dello scorso anno, sancisce l'entrata del paese sudamericano in recessione, secondo una regola piuttosto rozza ma convenzionalmente accettata. È noto che le fonti ufficiali argentine non sono particolarmente affidabili, per usare un eufemismo, ma aver ammesso la contrazione (che probabilmente è di magnitudine ben superiore) è il dato rilevante. I circoli viziosi di Cristina Kirchner Quella argentina è una vera e propria horror story economica e di cocciuta negazione della realtà da parte dei suoi TANGO STONATO Lo Stato ha tenuto nascosti i dati del tracollo economico. Ora i nodi della gestione folle vengono al pettine: un mese per trovare l’accordo coi creditori Argentina, un mese per evitare gli avvoltoi eletti ma anche degli elettori, di quelle che andrebbero insegnate nelle scuole quale paradigma di autoinganno destinato a finire in lacrime. È la retorica del primato della politica sull’economia, che in astratto sarebbe pure un principio a cui tendere, ma che in molti casi viene declinato in una dimensione onirica sin quando non accade il trauma epocale. L’Argentina, sotto la guida di Cristina Fernandez de Kirchner, succeduta al RACCONTANO BALLE 3.352 GARANZIA GIOVANI, IL FLOP DEL GOVERNO È NEI NUMERI IL FALLIMENTO del bonus giovani voluto nel 2013 da Enrico Letta (22.000 assunti, meno di un quarto delle previsioni) sembra il preludio di quello della garanzia giovani. Lunedì scorso, a due mesi dall’avvio ufficiale, il ministro del lavoro Giuliano Poletti ha parlato di “bilancio positivo”: “Siamo a 100 mila iscrizioni di giovani fra i 25 e i 29 anni, e a oggi sono 3500 le opportunità di tirocinio offerte I TIROCINI OFFERTI DALLE AZIENDE dalle aziende”. Peccato che il bacino potenziale era di “900 mila giovani nell'arco di 24 mesi”; a oggi le aziende registrate sono solo un centinaio; e i posti 3352. A questi ritmi fra due anni arriveremo a 42 mila offerte, il 4,6% del totale previsto. In compenso si finanziano le agenzie private, mentre per i servizi pubblici si spendono solo 700 milioni annui (contro i 9 miliardi della Germania). suo defunto marito Nestor Kirchner, ha portato all'estremo il disprezzo della realtà, in un circolo vizioso che è ormai prossimo al capolinea. La volontà politica di dare sussidi a chiunque e più in generale l’uso compulsivo della spesa pubblica hanno causato forti deficit fiscali, ma anche la progressiva perdita di competitività di un paese da sempre beneficiato dalla ricchezza di risorse del proprio territorio. Per questa via sono comparsi deficit commerciali che sembrava impossibile conseguire, e con essi il deflusso di valuta pregiata, i dollari. A questo punto, anziché tentare il riequilibrio e uscire dal mondo dei sogni in cui è possibile regalare tutto a tutti, la Kirchner si è imbarcata in una serie di azioni che hanno posto le basi per la catastrofe successiva. Intanto, la manipolazione dei dati economici. Una grande tradizione delle classi politiche, quello di rompere il termometro. E quindi ecco l’istituto nazionale di statistica impegnato a manipolare i dati di inflazione effettiva. In questo caso anche per un motivo molto tangibile: i titoli di Stato legati all’inflazione emessi dal governo argentino, al crescere del costo della vita, costringono le casse pubbliche a spendere di più. Un po’ come farebbe un giocatore d’azzardo votato alla rovina, che raddoppia la posta a ogni giro per rifarsi delle perdite, il governo argentino, in luogo di fare un discorso adulto ai propri connazionali, ha dapprima preso il pubblicistica ormai conviene, nella prima, vera, crisi del dopoguerra, quella del ‘73 che Masulli invita a non ricondurre allo choc petrolifero bensì alla profonda recessione che la precede. Recessione dovuta a una classica crisi di valorizzazione del capitale, di calo dei profitti dopo l’età d’oro della ricostruzione post-bellica. Da lì originano le tre grandi trasformazioni degli ultimi trent’anni: la de-localizzazione dei processi produttivi, l’automazione del lavoro e lo sviluppo impetuoso del capitale finanziario. Tutti fenomeni non originali, avverte l’autore, ma certamente inediti sul piano delle quantità. Gli effetti positivi sui profitti si vedono già negli anni 80 ma, contestualmente, si producono grandi squilibri come il flusso delle migrazioni, la disoccupazione crescente o lo strapotere dei mercati finanziari. In questo caso, con un fenomeno nuovo: i tassi di profitto non incidono positivamente sui tassi di accumulazione del capitale perché i profitti nutrono gli interessi e i dividendi richiesti dalla finanziarizzazione. Si pongono così le basi per la “grande crisi” del 2007 da cui non si vede via d’uscita. Il bilancio della “ristrutturazione capitalistica”, che ha ristabilito i tassi di profitto ma senza migliorare lo stato dell’economia globale, è “fallimentare. L’autore, nelle conclusioni, non resiste alla tentazione di delineare le sue misure per invertire la tendenza. Intento nobile ma probabilmente non confinabile in alcune note a pie’ di pagina. controllo della Banca centrale, privandola dell’indipendenza per appropriarsi delle sue riserve valutarie e, soprattutto, della sua capacità di stampare moneta, aumentando in tal modo gli squilibri. Un gioco d’azzardo votato alla rovina Poi è giunta l'era del controllo feroce dell’esportazione di valuta, con effetti tragicomici, come i super dazi imposti sugli acquisti dall’estero a mezzo di e-commerce, con l’obbligo aggiuntivo per i sudditi di recarsi personalmente a sdoganare l’acquisto. E ancora, i crescenti vincoli all’uso delle carte di credito per i turisti argentini che si spostano anche solo in Uruguay con ferryboat per cercare gli agognati dollari; le restrizioni al rimpatrio dei profitti di aziende estere operanti sul suolo argentino, sino alla nazionalizzazione della società petrolifera Ypf, controllata dagli spagnoli di Repsol. Ma le riserve in dollari continuavano a calare: motivo per cui, a fine 2013, il governo ha accettato un “gradone” di svalutazione del cambio del peso e ha iniziato un timido cambio di direzione. Rialzo dei tassi d’interesse (e conseguente recessione), riapertura del negoziato col Club di Parigi dei paesi creditori, accordo con Repsol per indennizzarla dell'esproprio di Ypf. Il paese ha una disperata fame di capitali esteri per evitare la morte di un’asfissia largamente autoinflitta. E per ottenerli sa. can. dovrà compiere dolorosissimi sacrifici. Nei giorni scorsi una sentenza della Corte suprema statunitense ha ordinato al governo argentino di pagare capitale ed interessi anche ai cosiddetti holdout, cioè agli investitori che hanno rifiutato di subire la decurtazione dei propri investimenti dopo il default, definiti sprezzantemente “avvoltoi” dalla Kirchner. All’Argentina, che afferma che il rispetto di questa sentenza causerebbe l’innesco di una giostra infernale che le dimezzerebbe le riserve valutarie, è materialmente impedito di pagare gli obbligazionisti che avevano accettato il concambio post-default del 2001. Avendo mancato il pagamento del 30 giugno, è iniziato il cosiddetto “periodo di grazia”: c’è tempo fino al 30 luglio per trovare un accordo con gli holdout ed evitare un nuovo disastroso default. In prospettiva, non si può neppure escludere che Buenos Aires richieda aiuti internazionali, magari allo stesso odiato Fmi. Beffarda nemesi, quella capitata al paese che volle ignorare la realtà e che ora rischia di vedere vanificati i propri sforzi di tornare a giocare con le regole della medesima, perseguitata dal proprio passato. Ma è tutt'altro che scontato che la lezione possa servire anche a tutti i masanielli d’accatto che sovraffollano l’offerta politica italiana e che per anni, e sino a tempi molto recenti, hanno elevato uno Stato fallito come l’Argentina a improbabile modello di sovranità e giustizia sociale. UN GIORNO IN ITALIA il Fatto Quotidiano N apoli, indagato il custode per rogo alla Città della Scienza C’È UN INDAGATO per il rogo che il 4 marzo 2013 ha semidistrutto la Città della Scienza a Napoli. Si tratta del custode in servizio quella sera: si chiama P. C. e ha 38 anni. I pubblici ministeri titolari del fascicolo Michele Del Prete e Ida Teresi gli contestano il reato di incendio doloso aggravato dal metodo camorristico. La notizia è emersa nelle stesse ore in cui la Digos acquisiva documentazione negli uffici di spesa della Regione Campania relativi alla gestione del polo di ricerca e divulgazione scientifica. La Procura lavora sulla pista interna ma ha acceso un riflettore anche su presunte irregolarità nell’amministrazione dei fondi. Tra i probabili moventi, infatti, le difficoltà finanziarie della Fondazione Idis, che regge Città della Scienza, e i conseguenti ritardi nei Arancia meccanica Risse e spranghe su metro e auto A NAPOLI UNA BABY GANG DISTRUGGE 48 VAGONI E 250 ANTE DELLE PORTE. MENTRE A MILANO UNA BANDA DI LATINOS METTE A SEGNO PESTAGGI E TENTATI OMICIDI di Valeria Pacelli VANDALISMO A Roma sono state prese di mira le auto a noleggio: in due giorni a una è stato spaccato il vetro in mille pezzi; a un’altra sono state rubate le 4 ruote metro, che sfuggono ai controlli della polizia, diventino presa delle baby gang. Domenica scorsa, sono state distrutte quasi tutte le guaine di gomma che si trovano tra le due ante delle porte scorrevoli dei vagoni. La situazione è peggiorata nel pomeriggio quando la baby gang si è scaraventata contro i vetri, fatti a mille pezzi, ma anche contro i controllori. Avventure quasi quotidiane per chi lavora in stazione: solo due giorni fa, l’aver chiesto il biglietto è costato a un capo treno un ricovero in ospedale e dieci giorni di prognosi. A Milano, invece, le fermate me- 15 pagamenti degli stipendi. Nel corso dell’inchiesta il custode indagato è stato interrogato nei mesi scorsi e messo a confronto con un collega. I magistrati partenopei avrebbero rilevato delle contraddizioni. Vin. Iur. A TORINO Le ‘ndrine: “La torta dell’Alta velocità ce la mangiamo noi” COSÌ PARLAVANO GLI AFFILIATI CHE VOLEVANO ENTRARE NEGLI APPALTI DEL TAV: 20 ARRESTI di Andrea Giambartolomei D uecentocinquanta ante rotte, danni a 48 vagoni metropolitani e vetri distrutti. È il bilancio degli ultimi due giorni di violenza nella Circumvesuviana di Napoli. Ma non solo, perché le cronache locali raccontano come episodi simili siano avvenuti in tutta Italia. A raccontare una giornata qualunque nella metropolitana del capoluogo campano, alcuni articoli del Mattino che riportano come, poco prima delle otto di mattina, quelle stazioni MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 Torino l Tav è anche un affare loro. “L’ho vista l’Alta velocità cosa I porta”. Sa quanti lavori e soldi possono arrivare. Per questo motivo nel maggio 2011 si dava da fare Gregorio Sisca, ar- IN LOMBARDIA NELLA CAPITALE Le immagini riprese dalla Squadra mobile dei pestaggi della banda del latinos tro sono diventate tra i luoghi prediletti per le vendette di una banda di 11 domenicani e un salvadoregno (di cui due minorenni). Lì avvenivano i pestaggi a bande rivali finite nei nastri della procura, che ieri ha fatto scattare le manette. DUE I PESTAGGI ripresi: uno del 7 gennaio alla fermata Sesto Rondò, l’altro del 13 febbraio nella metro di piazza De Angelis. Ed è qui che si vede con quanta violenza la banda si scagliava contro due sudamericani, clalci, pugni, in una lotta combattuta in modo impari: due contro dieci. E a guardare lo spettacolo anche alcune donne, che sembrano non provare ribrezzo. Altra città, altra violenza. A Roma a essere prese d’assalto sono le Car2Go, le auto a noleggio. Un servizio che è piaciuto tanto anche a chi vuole sfogarsi. Nel giro di pochi giorni alcune auto sono state prese di mira: all’Eur sono state rubate le quattro ruote di una 500 Enjoy; mentre mentre a Primavalle una Smart è stata distrutta. La macchina a noleggio Car2Go che è stata distrutta a Primavalle Foto tratta da www.06blog.it CHIAMPARINO DICE “Qui niente tangenti” E scattano le manette S iccome a Torino da 30 anni comandano sempre gli stessi, siamo ancora qui a occuparci di Sergio Chiamparino. Nel 1993, segretario provinciale del Pds, fu lambito dallo scandalo delle tangenti sull’ipermercato Le Gru di Grugliasco, per aver accettato in dono un telefonino dal faccendiere delle mazzette. E mise subito la mano sul fuoco sul compagno Domenico Bernardi, sindaco di Grugliasco: “Se Bernardi ha preso tangenti, sono un cretino”. Un mese dopo Bernardi fu arrestato e confessò una mazzetta di 65 milioni di lire. Ora Chiamparino, già sindaco di Torino e presidente della Compagnia di San Paolo, è governatore del Piemonte e l’altroieri se n’è uscito con un’altra frase storica: “Di questi tempi si parla di grandi opere solo per parlare di tangenti. Ma noi vogliamo affermare con orgoglio torinese che le grandi opere si possono fare senza tangenti”. Le ultime parole famose. Meno di 24 ore dopo, partiva il blitz con 20 arresti per le infiltrazioni della ‘ndrangheta negli appalti di uno dei grandi orgogli torinesi: il Tav Torino-Lione. Chiamparino è fatto così: porta buono. Appena apre bocca in tema di tangenti, scattano le manette. restato con altre 19 persone ieri all’alba dai carabinieri del Ros nell’ambito dell’indagine “San Michele” della Dda di Torino che ha smantellato la locale distaccata di San Mauro Marchesato (Crotone) insediata in Piemonte. “Le forze dell’ordine e la Procura sono attente ai tentativi di infiltrazione nei lavori per la Torino-Lione - ha ribadito ieri il procuratore aggiunto Sandro Ausiello - L'intenzione è di tenere alta la vigilanza”. L’indagine comincia nel maggio 2011, poco prima dell’inizio degli scavi in Val di Susa, quando il Ros scopre che i componenti della cosca Greco volevano entrare nei lavori della Torino-Lione piazzando gli imprenditori calabresi nel settore del movimento terra. C’è Francesco Gatto, ritenuto un affiliato, il padroncino della “Sud express”. Sisca voleva farlo entrare nel “Consorzio Valsusa”, che raggruppa gli imprenditori locali attivi nel cantiere di Chiomonte: “Adesso che adesso che parte la Tav - dice al boss Mario Audia per sottolineare l’imminenza dei lavori -. Vediamo di farlo entrare insieme a questa cooperativa qua della Tav”. NON È L’UNICO AMBITO in cui Sisca si muove. Importantissimo per gli affari della cosca è Giovanni Toro, indagato di concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione e smaltimento illecito di rifiuti, quest’ultimo reato commesso con l’imprenditore valsusino Ferdinando Lazzaro della Italcoge. L’uomo d’affari calabrese è il fondatore della Toro Srl e della Cst con cui gestisce una cava tra Sant’Antonino di Susa e Chiusa San Michele. Nel 2011 rischiava di essere sfrattato: “Io arrivo lì, investo tutto e non mi posso fare quattro anni di Alta velocità!?”, riferisce a Sisca che con le minacce fa cambiare idea ai proprietari del luogo. Il motivo di tanto interesse? “Noi dobbiamo stare lì perché è lì dentro che nei prossimi dieci anni arrivano 200 milioni di euro di lavoro”, dice Toro che garantisce a Sisca: “La torta non me la mangio da solo. Me la divido con te e ricordati queste parole, che ce la mangiamo io e te la torta dell’alta velocità”. Oltre ai soldi per lo smaltimento ne avrebbe ricavati altri frantumando gli scarti per usarli nel cemento: “Lì è un business che non finisce più”. Tutti possono guadagnarci e così Sisca chiede se “servono anche carpentieri bravi?”. “Sicuramente ce n’è bisogno veramente di tanti perché ci sono viadotti, cavalcavia - gli dice Toro - Ci sarà tanto tanto cemento armato. Li sistemiamo e li facciamo lavorare senza problemi appena parte. Ci saranno richieste su tutti i campi”. Twitter @AGiambartolomei 16 PAROLE D’AUTORE MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 Sdegli plendori e miserie autori al Ninfeo di Villa Giulia L’ANDAMENTO dei libri dello Strega è piuttosto discontinuo. Alcuni arrivano in cinquina con pochissime copie, altri già con un buon venduto ed è difficile dire quanto vale la fascetta. Nel 2013 ha vinto Resistere non serve a niente di Walter Siti, pubblicato da Rizzoli a maggio 2012: prima del riconoscimento aveva venduto solo 15 mila copie. Il sellout finale lievita, non di poco, fino ad arrivare 105 mila. il Fatto Quotidiano Nel 2012 Alessandro Piperno ha vinto con Inseparabili. Il fuoco amico dei ricordi, pubblicato da Mondadori a febbraio 2012: prima dello Strega aveva raggiunto le 40 mila copie, dopo se ne sono aggiunte 90 mila. Paolo Giordano, vincitore con La solitudine dei numeri primi nel 2008, prima del Ninfeo aveva venduto 300 mila copie, dopo un altro milione. Ma erano altri tempi anche per il mercato. Strega amaro: i libri in cinquina non vendono IN TESTA FRANCESCO PICCOLO CON 42 MILA COPIE: MA IL ROMANZO DI SCURATI, USCITO A OTTOBRE 2013, È FERMO A 8 MILA. DOMANI SERA LA PREMIAZIONE di Silvia Truzzi B isogna credere agli editori che in queste ore, alla vigilia del Premio Strega, ostentano nonchalance? Naturalmente no: giurano tutti indifferenza, intanto collezionano telefonate e questuano voti. Il clima è teso, quest’anno ci si è messa pure Federcosumatori, con una “richiesta di trasparenza” alla Fondazione Bellonci: “Qualche finalista è stato sorpreso con le mani nel sacco del ricorso al copia e incolla di passi presi da proprie precedenti opere. Altri finalisti vantano consorti collaboratrici del direttore della Fondazione organizzatrice del Premio”. Il riferimento è ad Antonio Scurati e alla sua, diciamo, “autocitazione” di una scena di sesso che compare pressoché invariata anche in un precedente libro (che pure era stato in concorso allo Strega). La seconda allusione invece è alla moglie di Francesco Piccolo, che fino all’anno scorso collaborava con la Fondazione Bellonci. SE LA MATEMATICA è una scienza che porta a conclusioni necessarie, gli editori hanno ben altri motivi d’inquietudine. I numeri di questo Strega non sono incoraggianti: le statistiche Nielsen (la società che raccoglie i dati delle vendite senza includere la grande distribuzione) sul venduto dei titoli in concorso parlano chiaro. Ed ecco cosa dicono. Si difende Il desiderio di essere come TUTTI di Francesco Piccolo (Einaudi) che ha venduto 42 mila copie dal novembre 2013 (data di pubblicazione) a oggi. Bisogna dire che di questo “romanzo della sinistra italiana” - ancora prima di nascere era già il vincitore annunciato dello Strega - si è parlato molto sui giornali e Piccolo è stato anche ospite del salotto di Fabio Fazio. Non che Bompiani abbia lesinato La scrittrice di Nanni Delbecchi e Antonio Armano M ilf? Che cos’è una milf? Dobbiamo spiegare a Erica Jong – ospite della Milanesiana per i 40 anni dall’uscita di Paura di volare (Bompiani) – il significato di questo acronimo, decisamente maschilista, come tutta la nomenclatura dell’erotismo in Rete. E cioè mother I would like to fuck, mamme sexy, per barattare il neologismo con un eufemismo. Poi, afferrato il senso, ride e trova subito una grande battuta: “A Freud questa categoria sarebbe piaciuta tantissimo, perché suona come una conferma delle sue teorie”. Anche Edipo diventa virtuale. A proposito di conferme, o smentite, a che punto è l’emancipazione femminile? Ha ancora un senso il femminismo? La strada da percorrere è ancora lunga. Gli Stati Uniti sono l’unico paese, tra le democrazie avanzate, a non avere i permessi dal lavoro di maternità, né asili nido sovvenzionati dallo Stato. Obama ha fatto la riforma della sanità. Possibile che ignori un problema come questo? Obama non ignora il problema, ma i repubblicani bloccano ogni tentativo di riforma. Non hanno il potere di andare al governo, ma quello di bloccare le riforme sì. In questi giorni la Suprema Corte ha stabilito che le aziende possono rifiutare alle dipendenti la copertura sanitaria per la contraccezione. Bush ha lasciato un’eredità pesante. Nella magistratura, ma non solo. Penso a quello che sta succedendo in Iraq. Dopo un presidente nero, è possibile che venga eletto un presidente donna? Per esempio Hillary Clinton? Mi auguro che venga eletta. Ma è molto più difficile che sia eletto un presidente degli Stati Uniti donna che un presidente nero. Tuttavia non è corretto dire che Obama sia nero. È un mix. La nonna e la mamma sono bianche. Il concetto di razza è destinato a scomparire. Negli Stati Uniti ci sono sempre più persone miste. Già ora tutti i miei amici hanno un nipotino di sangue misto. pubblicità a Il padre infedele: eppure il libro di Antonio Scurati, uscito a ottobre 2013, resta fermo a 8.200 copie, che sono davvero poche per un autore già affermato. Va meglio in casa Feltrinelli, dove nute – ha venduto 4.500 copie da ottobre 2013 a fine giugno 2014. Ultima – ma il dato è poco significativo perché il romanzo è uscito a metà marzo di quest’anno – Antonella Cilento con Lisario o il piacere infinito delle donne (Mondadori), ferma a 3.800 copie. VOTO DIGITALE Il nuovo sistema elettorale nella prima selezione ha funzionato: su 403 preferenze 320 sono state espresse via Internet NATURALMENTE tutto que- Non dirmi che hai paura di Giuseppe Catozzella, uscito a gennaio 2014, arriva alle 20 mila copie. La vita in tempo di pace, esordio letterario di Francesco Pecoraro con Ponte alle grazie – un piccolo caso per le ottime recensioni otte- sto non è strano, visto che il mercato editoriale non dà segni di miglioramento: nel 2013 ha registrato un -6,2% a valore e -2,3% a copie nei canali trade (quelli rivolti al pubblico: librerie, librerie online e grande distribuzione) rispetto al 2012. Gli italiani hanno acquistato lo scorso anno 99,2 milioni di volumi (2,3 milioni in meno del 2012) e il 2014 non si è aperto sotto auspici molto migliori, se nei primi tre mesi sono stati venduti 1,4 milioni di libri in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Lo Strega s’inscrive in una curva discendente e per questo vincerlo o no è, Il Ninfeo di Villa Giulia che domani sera ospiterà il Premio Strega LaPresse se possibile, ancora più importante. NON SFUGGE, ai sopracitati e irrequieti editori, che quest’anno è cambiato il sistema elettorale: si può votare – oltre che mettendo personalmente la scheda nell’urna domani sera – con un account personale da un computer che non può essere utilizzato per esprimere più d’una preferenza. Per la selezione della cinquina, su 460 aventi diritto, hanno votato in 403: di questi hanno utilizzato la scheda digitale in 320. Il sistema è più traspa- Erica Jong alla Milanesiana “Il punto G c’è, ma non serve Il sesso è immaginazione” Nel futuro non si parlerà più di neri e di bianchi, ma la gran maggioranza sarà costituita da golden people. Che cosa intende per golden people? Né bianchi, né neri. Bellissime persone dalla pelle dorata. Come se ne vedono a Rio. Molto più belli e anche più sani, con più difese dalle malattie genetiche. Allora aveva ragione Berlusconi a definire Obama abbronzato. Che fine ha fatto Berlusconi? Lo arresteranno? È stato condannato ai servizi sociali e presta assistenza in un ospizio, reparto alzheimer. Oh my God! Deve essere terribile. Penseranno a un’allucinazione o a un incubo. In Paura di volare lei ha scritto, citando Sylvia Plath, che ogni donna adora un fascista. È ancora così? dotta nell’edizione italiana in “scopata senza cerniera”), suo marchio di fabbrica letterario, sopravvive all’alta velocità ferroviaria? Le infrastrutture, come lo stato sociale, negli Stati Uniti, cadono a pezzi. Per andare all’aeroporto Jfk bisogna prendere dei treni terribili, da Repubblica delle banane. Sono appena stata a Pechino e dall’aeroporto alla città ci sono treni super efficienti che impiegano sette minuti. In ogni caso: quando le donne mi chiedono, e me lo chiedono in molte, qual è la chiave per arrivare all’orgasmo, rispondo: la fantasia. Il punto G si può trovare, ma non Nel mondo di Internet il sesso si è fatto triste, e ce n’è così tanto da disgustare chiunque. I ragazzi si masturbano troppo davanti al computer. Poi, quando vedono una donna vera si spaventano. Il mito dell’incontro con lo sconosciuto sul treno, della “zipless fuck”, vale a dire la sveltina (infelicemente tra- SELLER Cinquanta sfumature di grigio? Direi cinquanta sfumature di merda: nient’altro che spazzatura, una presa in giro. Un libro scritto male @silviatruzzi1 serve a niente senza la fantasia. Oggi abbiamo una vita troppo stressata e troppo impegnata per fare del buon sesso. La fantasia richiede calma e solitudine. Per fare sesso bisogna prendere un appuntamento con il proprio partner, pianificare un’ora alla domenica mattina in cui sei completamente scollegato e diventi irraggiungibile. Paura di volare è stato un best-seller mondiale da venti milioni di copie e allo stesso tempo è un libro di sofisticata qualità letteraria. Oggi il best-seller è Cinquanta sfumature di grigio. Cinquanta sfumature di merda! Niente altro che spazzatura. Una presa in giro. Una storia stantia tra una ragazza giovane e un uomo che le regala la macchina, la carta di credito, le chiavi dell’appartamento. E poi la scrittura è orribile. La protagonista continua a ripetere “holy shit” per tutto il libro, non riesce a cambiare linguaggio nemmeno quando scopa. Scrivere di sesso è molto difficile. È vero, ma diversi scrittori ci sono riusciti. Per esempio D. H. Lawrence. La sua ironia ricorda più Henry Miller. Ho usato l'ironia perché le fantasie sono sempre perfette. Ma spesso la realtà è comica. Ho usato la citazione in senso ironico. Credo che per le donne giovani un uomo che sa perfettamente ciò che vuole sia sicuramente molto attraente. Ma invecchiando non lo si trova più così sexy, questo maschio dominante. NUOVI BESTCome è cambiato il sesso nell’era di Internet? rente, sicuro e anonimo: certo toglie un’arma dalle mani degli editori, che non sempre si sono limitati alla moral suasion. È finita l’epoca dei telegrammi, dei voti raccolti dagli uffici stampa e di tutti i pasticci che tanto hanno contribuito alle numerose leggende del Ninfeo? Come da copione, anche quest’anno i giurati sono stati inseguiti da autori e direttori editoriali, ma nel segreto dell’urna digitale non si sa mai cosa può accadere: lo scopriremo domani al Ninfeo. Questa sera alle ore 21, Erica Jong sarà al Piccolo Teatro di Milano Ansa ALTRI MONDI il Fatto Quotidiano Pianeta terra MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 17 USA LEWINSKY: “VERGINE A UMILIAZIONE” Nella sua prima intervista video in 10 anni, Monica Lewinsky ricorda il Sexygate: “È stato uno dei peggiori momenti della mia vita. Allora ero vergine all’umiliazione di quel livello”. A far soffrire l’ex stagista, soprattutto il rapporto coi media, che la chiamarono “stupida, prostituta e bambola”. LaPresse UCRAINA SALTA LA TREGUA A EST, TORNANO I MORTI Si torna a combattere nell’Ucraina dell’est dopo che il presidente Petro Poroshenko ha deciso di non prorogare la tregua di 10 giorni. In un assalto a un minibus a Kramatorsk sono morti dai 4 ai 9 civili. Dall’inizio della guerra, tre mesi fa, sono oltre 450 le vittime. LaPresse Lo storico I timori di Zeev Sternhell: “I coloni vogliono vendicarli subito” di Alessio Schiesari on c’è dubbio: Netanyahu sta usando l’uccisione dei tre N ragazzi per chiudere in cassetto il processo di pace”. Zeev Sternhell – storico, saggista (in Italia pubblicato da BaldiA sinistra, i funerali dei tre adolescenti. A destra, la bara del ragazzo ucciso nei raid in Palestina Ansa FALCHI DI GUERRA SUI FUNERALI DEI TRE ADOLESCENTI UCCISI LA DESTRA CHIEDE LA PENA DI MORTE, NEI TERRITORI RINASCE IL JIHADISMO di Giampiero Gramaglia bron. Sempre a Hebron sono state rase al suolo le abitazioni di due presunti assassini attivisti di Hamas. Sono state le prime deiposa in pace, Naftali, figlio mio. molizioni “punitive” dal 2005. I falchi della Sentiremo sempre la tua voce coalizione al governo chiedono azioni più nei nostri cuori”. È il saluto che Rachel Fraenkel, una madre I TRE RAGAZZI erano scomparsi il 12 giu- dure. Il partito filo-coloni giudica blandi i ebrea, ha dato ieri al suo ragazzo di 16 anni, gno. I cadaveri sono stati ritrovati lunedì, in bombardamenti e propone otto possibili uno dei tre adolescenti rapiti e uccisi in Ci- un campo vicino a Hebron, non lontano da azioni, alcune delle quali “estreme”: operasgiordania. Eyal aveva 19 anni, Gilad 16: è dove erano stati visti l’ultima volta mentre zioni su larga scala, confisca dei beni di Hasua la voce che sussurra “Mi hanno rapito” in facevano l’autostop. Sequestro e uccisioni mas, introduzione della pena di morte. Il gouna telefonata alla polizia diffusa sul web. In non sono stati finora rivendicati in modo verno deve ora decidere come procedere: Israele è stata una giornata di dolore e rabbia: convincente, ma Israele ne attribuisce la re- modulare l’ampiezza della rappresaglia sulle tutto il Paese ha idealmente partecipato ai sponsabilità ad Hamas. A caldo, il governo pulsioni dell’opinione pubblica e gli inviti funerali, con il presidente Shimon Peres, mi- Netanyhau s’è però diviso sulla risposta mi- internazionali alla moderazione. Il rischio è nistri, generali, tanta gente comune. Il pre- litare e s’è per ora “limitato” a raid aerei not- quello di infiammare ulteriormente una Remier Benjamin Netanyahu ha trovato parole turni su Gaza, colpendo tra lunedì e martedì gione in fermento per l’avanzata degli jihaintense: “Un baratro morale ci separa dai no- 34 obiettivi, facendo alcuni feriti. Due pa- disti in Siria e in Iraq. Hamas nega ogni restri nemici. Loro celebrano la morte, noi la lestinesi sono rimasti uccisi in operazioni sponsabilità diretta, ma non ha misconovita. Loro inneggiano alla crudeltà, noi alla dell’esercito in Cisgiordania, a Jenin e a He- sciuto sequestri e omicidi. E avverte Netapietà”. Eyal, Gilad e Naftali frenyahu: “In caso di escalation miquentavano la scuola rabbinica: litare, si apriranno le porte dell’inferno”. Il recente accordo sono stati sepolti, l’uno accanto L’ALTRO SANGUE all’altro, nel cimitero di Modiin, tra Fatah e Hamas vacilla, Gaza e i Territori avvertono l’eco degli una colonia ultra-ortodossa tra Altri due morti appelli qaedisti alla Guerra SanTel Aviv e Gerusalemme, dove la tensione è altissima. Un nuovo ta. L’integralismo palestinese si nei raid israeliani ritrova più isolato e impotente insediamento ebraico in Cia Gaza. Dopo nove anni che mai: la riconciliazione con sgiordania sarà intitolato alla loFatah doveva servire a sormonro memoria. Ci fu un tempo, l’esercito torna peggiore di questo, in cui Israele tare difficoltà economiche. Ma viveva con frequenza drammi a distruggere le abitazioni ora Gaza si sente abbandonata dal suo governo ed esposta alla del genere e ne era quasi assuecivili per rappresaglia Benjamin Netanyahu LaPresse ritorsione israeliana. fatta. Adesso, l’eccezionalità R dell’episodio ne acuisce il trauma. E le preghiere dei giusti, come la condanna unanime della diplomazia internazionale, non attenuano la frustrazione. ni&Castoldi ed editorialista del quotidiano Haaretz – è da sempre una colomba in polemica con l’ala più conservatrice del movimento dei coloni. È un sionista, ma un sionista atipico, che sembra preoccupato dall’aria che si respira in questi giorni a Gerusalemme. Qual è l’Israele che sta affrontando i funerali dei tre ragazzi assassinati? C’è sete di vendetta. Forse tra qualche giorno la situazione si raffredderà, ma ora l’aria brucia. Nessuno però sa come reagire. Il ministro della Difesa, Moshè Yaalon, ha proposto di costruire nuove colonie in Cisgiordania. È un modo di dire: “Ehi, da qui Wikipedia Cc nessuno ci può cacciare”. Intanto l’esercito continuerà a rendere difficile la vita ai palestinesi. Ma c’è il rischio che la situazione sfugga di mano. Cioè? La vendetta dei coloni. Credo che il governo voglia dare una risposta forte, ma non brutale. Dovrà però essere sufficientemente energica da soddisfare i partiti di destra e i coloni. L’opinione pubblica chiede che i responsabili – non solo quelli dell’assassinio dei ragazzi, ma tutti i sostenitori di Hamas – soffrano. Che, tradotto in azione politica, significa più colonie. Fin da subito il governo ha puntato l’indice contro Hamas, che però nega. Gli israeliani sono sicuri di avere individuato i responsabili? Qui nessuno è sicuro di niente. Le notizie arrivano dai giornali. Ovviamente ce ne sono di indipendenti, ma nessuno può prescindere dalle fonti militari. Il fatto che alcuni importanti leader di Hamas siano spariti rafforza l’ipotesi che quella sia la pista giusta. Di buono c’è che i servizi di sicurezza dell’Olp e l’esercito israeliano stanno lavorando insieme, anche tanti palestinesi vogliono sapere cos’è successo. Che senso avrebbe avuto per Hamas uccidere tre studenti? Non c’è una motivazione politica chiara. Per questo bisogna capire se sia trattato di un’iniziativa individuale, com’è più probabile, o se invece sia un ordine partito dall’alto. Che ne sarà del processo di pace, benché solo abbozzato? Qui non c’è nessun processo e non c’è nessuna pace. John Kerry e Barack Obama c’hanno provato, ma il governo israeliano non ha dato risposte positive. Non avrebbe senso: qual è il dividendo politico nel fermare l’occupazione e riconoscere la Palestina indipendente? La tragedia dei tre ragazzi è stata usata come arma politica per condizionare l’opinione pubblica e chiudere in un cassetto ogni abbozzo di pacificazione. Per cambiare le cose ci vorrebbe un governo diverso, una coalizione diversa, ma non è facile. Sono processi politici complessi: siete italiani, dovresti saperlo bene anche voi. SÌ, È LA BBC Harris, il pittore pedofilo alla corte di Elisabetta di Caterina Soffici olf Harris fuori dal Regno UniR to non è un nome che dice molto. Capita spesso ai personaggi pop e alle star televisive. Eppure il ritratto che aveva fatto alla regina per celebrare l’80esimo compleanno, lo aveva fatto conoscere anche fuori dall’isola. Ieri è stato condannato per pedofilia. Un altro caso Jimmy Savile, un altro volto noto delle Bbc. Harris è uno showman di origine australiana ma vive in Gran Bretagna dagli anni Cinquanta. E ieri è arrivata la condanna che si aspettava da tempo, da quando il suo nome ha iniziato a spuntare nel mostruoso giro di pedofili che ruotavano intorno alla cricca di Jimmy Savile. Pittore e cantante, musicista e presentatore, Harris – ora 84enne – era un personaggio molto eclettico ed è stato uno dei volti più noti della tv dei ragazzi in Gran Bretagna. Una giuria, con verdetto unanime, lo ha reputato colpevole di moleste e aggressioni a sfondo sessuale su 12 giovani donne e anche bambine (di 7 e 8 anni). I casi sono avvenuti tra il 1968 e il 1986, secondo uno schema che si è già visto negli altri casi di pedofilia accertati all’interno della Bbc. Rolf Harris e il ritratto per gli 80 anni della regina LaPresse HA SEMPRE respinto ogni accusa, ammettendo solo di aver avuto una relazione che lui ha definito “consensuale” con una giovane donna che però dice di essere stata molestata da quando aveva 13 anni. Sia Savile (recentemente accusato anche di necrofilia) che Harris, era- no talmente famosi da avere accesso e rapporti con la famiglia reale. Savile era stato nominato baronetto dalla regina Elisabetta e il titolo gli era stato revocato solo dopo la sua morte, quando sono uscite le prime accuse di pedofilia contro di lui. Nel 2005 Harris aveva addirittura fatto un ritratto alla sovrana in occasione degli 80 anni, un evento coperto dal- la Bbc. Poi aveva cantato in suo onore durante i festeggiamenti del Giubileo di Diamante, nel 2012. Un altro “Dottor Jekyll e Mr. Hyde” lo hanno definito. Ieri è venuto fuori che una delle vittime aveva scritto a Elisabetta, raccontando cosa le era successo e avvisando lo staff reale: “Ha rovinato la mia vita. Dovete sapere che tipo di personaggi fate avvicinare alla Regina”. La nota, che rimane anonima, era stata analizzata da Scotland Yard quando le accuse contro Harris sono uscite fuori nel 2012 e adesso è tra gli atti dell’accusa. E ora c’è anche un altro piccolo mistero: che fine ha fatto il ritratto? Fino al 2007 era appeso nella Galleria della Regina a Buckingham Palace, poi era stato dato alla Walker Art Gallery di Liverpool, dove era in mostra fino a metà del 2012. Dopo il primo arresto di Harris è sparito e non è chiaro che fine abbia fatto. Da Buckingham Palace hanno preso le distanze e hanno fatto sapere che non ha mai fatto parte della Royal Collection. Potrebbe averlo la Bbc o Harris stesso. O potrebbe essere stato distrutto. Per il momento, in attesa del verdetto previsto per venerdì, ad Harris sono stati annullati i prestigiosi riconoscimenti del Bafta (British Academy of Film and Television Arts), mentre ci si aspetta un analogo provvedimento per le onorificenze comminate dalla Casa reale. Il procuratore del tribunale Southwark ha motivato la condanna dicendo che, come Savile, Harris “ha usato la sua posizione di prestigio e di fama per molestare e predare sessualmente le ragazze nell’arco di 18 anni”. Le analogie con Savile non finiscono qui: sembra che l’avesse accompagnato anche nei suoi macabri tour necrofili negli obitori. 18 MERCOLEDÌ2LUGLIO 2014 I MONDIALI DEL FATTO SPORT.SPETTACOLI.IDEE WIMBLEDON, FUORI I FAVORITI DOPPIO KO PER NADAL E SHARAPOVA RUSSIA, “CAPELLO RESTITUISCI I SOLDI” DEPUTATI DUMA CONTRO CT ITALIANO Il deputato della Duma Oleg Pakholkov ha chiesto al tecnico della Nazionale Fabio Capello di “restituire gli 8 milioni di euro percepiti per la vergognosa sconfitta al Mondiale” Risultati a sorpresa sull’erba londinese: tra gli uomini esce il n.1 Nadal, eliminato da Kyrgios. Nel tabellone femminile, la tedesca Kerber ha sconfitto Maria Sharapova Di Maria, colpo da biliardo Argentina all’ultimo respiro STRAORDINARIO FINALE DI SUPPLEMENTARI A SAN PAOLO. SVIZZERA BATTUTA GRAZIE A UNA RETE DELL’ESTERNO DEL REAL MADRID, SERVITO DOPO UNA SERPENTINA DI “SUA MAESTÀ” MESSI. AL 120’ UN PALO CLAMOROSO NEGA IL PARI A DZEMAILI di Roberto H Beccantini a vinto l’Argentina cara a papa Francesco e non solo, con la firma, nobile, di Angel Di Maria, il migliore, smarcato da un assist di Leo Messi. L’abc del calcio. Eravamo alla fine dei supplementari, in pieno delirio agonistico. Sanguinosa la palla persa da Lichtsteiner. Subito dopo, la Svizzera ha colpito un palo, con Dzemaili: il destino aveva deciso da che parte stare. Uno a zero, dunque. Argentina ai quarti, Svizzera a casa. Credetemi: un altro romanzo. La caccia di Messi a Maradona passa anche per le guardie svizzere di Hitzfeld e le “pacate” uscite del Pibe: “Fallo criminale, Matuidi peggio di Suarez”. Si riferiva, bontà sua, alla martellata del francesino sul nigeriano Onazi. Visto che arbitrava un americano (Geiger) e il presidente dell’Uefa è francese (Platini), tirate voi le somme. La Svizzera vanta un piccolo grande record. È l’unica Nazionale ad aver “completato” un Mondiale senza gol al passivo. Capitò in Germania, nel 2006: le tre partite della fase a gironi più l’ottavo con l’Ucraina, perso ai rigori. Shaqiri, il cui dribbling profuma di oratori, stappa il primo brivido. Il ct Sabella ha piantato Higuain tra Schar e Djourou. Dal braccio di ferro che coinvolge Lichtsteiner e l’ala di turno (Di Maria, poi Lavezzi) affiora un gran bordello. Inler e Behrami presidiano i valichi. Mascherano, lui, opera da centromediano metodista, appena davanti alla difesa, modesta, e appena dietro a Gago, monotono. In tribuna, Pelé. In campo, Messi e Shaqiri. Le squadre si annusano, attente a non offrire la L’UOMO IN PIÙ di Andrea Scanzi Neuer, il portiere più forte di Franco Baresi schiena al pugnale dei rivali. I riferimenti tattici sono palesi: 4-3-3 gli argentini, 4-2-3-1 gli svizzeri. Xhaka & c. non si limitano a reggere il peso della storia, ma tirano a ribaltarlo. Dalle parti di Ricardo Rodriguez, padre spagnolo e madre cilena, non si passa: per questo, Lavezzi e Di Maria girano al largo. Ripeto, occhio a Shaqiri, sangue kosovaro e piedi raffinati. Al 27’ semina la banda Zabaleta e libera Schar: botta a colpo sicuro, Romero si supera. SIAMO ALLE SOLITE: all’Argentina il possesso palla, agli avversari le occasioni. Il bis al 40’, quando Drmic, tutto solo, scarta sul portiere un “cioccolatino” di Shaqiri. Alla ripresa, Messi continua a flirtare con l’attimo. Lo cerca, lo invita, lo stuzzica: il problema è che, tra i piedi, non ne ha mai meno di un paio. La A TESTA ALTA Svizzera si serve al buffet della partita senza lesinare Gran partita degli elvetici, sulle porzioni: l’Argentina ne soffre il contropiede, nel primo tempo sfiorano quel modo leggero e veril vantaggio ticale di togliersi dai guai e procurarli. Si muovono e non rinunciano molto, Lavezzi e Di Maria, nel tentativo di aprire la mai a giocare. Deludono scatola di Benaglio, pronto Lavezzi e Higuain di riflessi su Rojo (58’). Di Maria sfoggia la rabona, addirittura: lassù, qualcuno ma sono rari i cross al bacio. Un guizzo di Messi, lo ama. Gli argentini occupano il cuore del ring e, da lì, al 77’, costringe Benaglio a un mezzo miracolo. lavorano ai fianchi gli avversari. Splendido, al C’è chi reclama una carica al portiere e chi un 62’, l’avvitamento di Benaglio su sgrullata di un fallo di Djourou su Palacio. La staffetta fra DrHiguain ai minimi storici. Gelson Fernandes mic e Seferovic non graffia la trama. avvicenda Xhaka. L’Argentina schiaccia la Sviz- E così, per la quarta volta, si va ai supplemenzera, Di Maria sequestra una pila di azioni, Mes- tari. L’impatto di Palacio risulterà prezioso. Gli si ci prova dal limite, Mehemdi, Inler e Behrami, svizzeri alternano il muro a sortite maliziose, straordinario, organizzano il fuoco di sbarra- Lichtsteiner ha smesso da un pezzo di arare la mento. Si vede poco Lichtsteiner, e pure Shaqiri fascia. Gago e Mascherano faticano a districarsi nella selva di tibie che è diventata la metà campo è calato. Palacio è il jolly di Sabella (73’): fuori Lavezzi, elvetica. Rojo, sfinito, lascia il posto a Basanta. E una nuvola di fumo. L’Argentina sgancia anche Biglia rileva Gago. È stata una partita di quanle torri, da Federico Fernandez a Garay. Strano, tità, non di qualità, in equilibrio tra la modestia È IL MONDIALE dei portieri, dal messicano Ochoa al costaricense Navas, ma forse il più dotato è il tedesco Manuel Neuer. Così bravo da non sembrare neanche un portiere, casomai un difensore. Anche Rio Ferdinand, guardandolo due sere fa in Germania-Algeria, ha detto che tutto sommato potrebbe essere proprio Neuer il suo erede al Manchester United. Ventotto anni, da tre al Bayern Monaco. Prima era allo Schalke 04 e molti interisti se lo ricordano, perché una delle sue ricorrenti uscite azzardate regalò un gol all’Inter. Contro l’Algeria, Neuer sembrava più Franco Baresi che Harald “Toni” Schumacher, di cui è ritenuto è l’erede. I Mondiali hanno visto spesso sfilare portieri inutilmente spavaldi, in uscita non autorizzata – e dunque fantozziana – dalla loro area. Se andava bene erano Chilavert, se andava male erano Higuita. Neuer, negli ottavi, non ha sbagliato nulla. Le sue escursioni sono parse estemporanee, ma rappresentano in realtà la norma: Manuel fa sempre così, basta guardarlo in Bundesliga. La Germania gioca così alta perché, appunto, dietro ha Neuer: se là davanti sbagliano più del solito, lui esce più del solito. LA SUA PRESTAZIONE di lunedì – 17 volte fuori dall’area e sei interventi decisivi da ultimo uomo – ha scatenato non poche battute in Rete: “Il 71% della superficie terrestre è coperto da acqua. Il resto da Neuer”; “Neuer invade la metà campo avversaria all’86esimo: ‘Scusate, pensavo fosse la Polonia’”; “Nella nostra nazionale Neuer giocherebbe tranquillamente come trequartista”; “Ha fatto più scatti Neuer ieri che Balotelli in tutto il Mondiale”. dei cori e le pause di Messi. Benaglio smorza una raffica di Di Maria, il più indiavolato. Dzemaili rimpiazza Mehmedi, i rigori sono avvoltoi che girano golosi sull’arena di San Paolo, ma dal momento che il calcio è metà scienza e metà riffa, ecco l’allucinante epilogo. Metà scienza: 118’, Palacio ruba palla a Lichtsteiner, in uscita, e imbecca lesto Messi, Leo scappa via a tutti e arma il sinistro di Di Maria; un bisturi, non un tiro. Metà riffa: 120’, mischia in area, Dzemaili prima scuote il palo e poi ne accarezza la base. La punizione di Shaqiri, sulla barriera, manda in archivio una partita folle, esplosa in mano ai protagonisti. E via così. Secondo i non pochi esegeti, Neuer sta ridefinendo il ruolo del portiere: è un pioniere, un precursore, un rivoluzionario. Secondo gli spettatori disinteressati, assai meno enfatici, è più divertente lui di tutto il resto della Germania: come sempre solida, come sempre fortunata. E con un portiere lucidamente incosciente, che – da buon tedesco – applica un surplus di razionalità pure a ciò che in apparenza pare follia. Nei quarti la Germania affronterà la Francia. Proprio come accadde 32 anni fa al suo predecessore Schumacher, anche se in quel caso erano semifinali. Neuer si augura che la Germania vinca di nuovo. Gli spettatori neutrali, più semplicemente, sperano che le uscite mediamente incaute del portiere tedesco si rivelino meno cruente di quelle (involontarie?) con cui Schumacher abbatté un avversario francese: di un altro “caso Battiston” non se ne avverte il bisogno. il Fatto Quotidiano MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 19 MENTALITÀ ULTRÀ La Sud difende Gastone: “Non si rinnega un fratello” DOPO I FUNERALI DI CIRO ESPOSITO, I TIFOSI DELLA ROMA SI SCHIERANO COL PRESUNTO KILLER di Tommaso non ci andava più da un po’ di anni per un Daspo). li ultras della Roma non arretrano, Eppure secondo il “codice d’onore” che è connemmeno dopo la morte di Ciro siderato legge da alcuni gruppi, Gastone doEsposito. A due mesi dagli spari di vrebbe essere tacciato d’“infamia”: è il marchio Tor di Quinto e a una settimana di chi affronta “il nemico” con un’arma, in dall’ultimo respiro del ragazzo di Scampia, il questo caso addirittura un’arma da fuoco. tifo organizzato romanista ha rilasciato un co- Nemmeno quello conta, per “gli Ultras della municato ufficiale. “La Curva Sud – si legge sul Roma” che firmano il comunicato; solo “la strasito asromaultras.org – rimane e rimarrà sem- da” e i suoi insegnamenti: “Non rinnegheremo pre al fianco di un suo figlio. Non rinneghe- mai un nostro fratello, giusto o sbagliato che remo mai un nostro fratello, giusto o sbagliato sia”. Un fratello, De Santis, che era stato tra i che sia, questo ci ha insegnato protagonisti di una delle mala vita, questo ci ha insegnato nifestazioni più clamorose la strada”. dello strapotere degli ultras roIL COMUNICATO Il “figlio” della Curva Sud, il mani: nel 2004 Gastone era tra “fratello” da non rinnegare è i tifosi che hanno invaso il “La Curva rimarrà Daniele De Santis, l’uomo che campo durante il derby tra Rosecondo la Procura di Roma ma e Lazio, decretando – al sempre al fianco ha ucciso Ciro Esposito, con posto di chi gestisce l’ordine di un suo figlio, giusto un colpo di pistola al torace pubblico – che la partita andurante gli scontri che hanno dava sospesa perché girava la o sbagliato che sia preceduto la finale di Coppa voce (falsa) che fuori dallo staItalia tra Napoli e Fiorentina. dio fosse stato investito un Questo è quanto bambino. ci ha insegnato la strada” Il tifo organizzato della Curva “DANIELINO” De Santis, conosciuto anche come Gastone, sarebbe stato visto mentre sparava da tre testimoni. Lo stesso Esposito, nei momenti di lucidità della sua lunga degenza, avrebbe riconosciuto il suo aggressore: “È stato lui, il chiattone” (il grassone, ndr), ha detto ai familiari e alla criminologa Angela Tibullo, indicando la foto di Daniele De Santis sui giornali. Per gli ultras della Roma evidentemente non basta; un omicidio non cancella il rapporto di “fratellanza” con chi ha diviso le stesse gradinate (anche se Gastone allo stadio La curva Sud dell’Olimpico di Roma. Sopra, i funerali di Ciro Esposito Ansa G DECISIVO Leo Messi affronta due svizzeri Il numero 10 ieri ha lasciato il segno con l’assist per Di Maria Ansa Rodano Sud aveva già espresso solidarietà per De Santis nei giorni successivi al suo arresto. Durante Roma-Juventus, l’ultima di campionato dei giallorossi all’Olimpico, in Sud era comparso lo striscione “Forza Daniele!”. Gli ultras romanisti, quel giorno, avevano “scioperato” (e avevano costretto a farlo anche i tifosi che volevano sostenere la squadra): il silenzio della curva era stato spezzato solo dai cori contro Napoli. A distanza di quasi due mesi, la morte di un ragazzo di 30 anni non ha fatto cambiare idea. NEL COMUNICATO di ieri ci sono anche quat- tro righe dedicate al lutto della famiglia di Ciro: “Rimaniamo comunque colpiti e addolorati dal tragico epilogo di questa brutta vicenda – scrivono gli ultras – e ci stringiamo al dolore della famiglia di Ciro Esposito. La morte non ha colori né bandiere”. Parole grottesche, se lette dopo quelle che prendono le parti di chi lo avrebbe ucciso. Non si tratta, per gli ultras, di presunzione d’innocenza. La Curva lo scrive chiaramente: De Santis va difeso “giusto o sbagliato che sia”. Non conta se sia stato davvero lui o meno. Come ha detto al Fatto Quotidiano Guido Zappavigna, ex leader di un vecchio gruppo della Sud, “un amico non si lascia mai solo, nel bene o nel male; Daniele è una vittima come Ciro”. Così gli ultras della Roma scrivono a una madre in lutto che sono addolorati per la morte del suo ragazzo, ma nello stesso messaggio definiscono “un figlio della Curva” l’uomo che lo avrebbe ammazzato. Lei, Antonella Leardi, ha ripetuto incessantemente lo stesso messaggio dalla notte in cui hanno sparato a Ciro alla mattina in cui è morto: “Ora nessuno utilizzi il nome mio figlio come pretesto per altre violenze”. Basta un giro su siti, forum e pagine Facebook del tifo più o meno organizzato di Roma e Napoli – dove sono molti a promettere che “non finisce qui” – per capire che le sue parole rischiano di cadere nel vuoto. LITI E PREMI PALLE MONDIALI di Paolo Ziliani Suarez confessa: “Provocato con una testa d’aglio” SUAREZ dice tutto 1: “Ero arrabbiato con Chiellini perché nel tunnel mi aveva mostrato una testa d’aglio e una pallottola d’argento” n SUAREZ dice tutto 2: “Poi al ritorno in campo mi aveva minacciato: se ti avvicini alla mia porta, sradico il palo e te lo conficco nel petto” n SUAREZ dice tutto 3: “Comunque chiedo scusa, ero confuso. Figuratevi che mi stavano obbligando a giocare alla luce del giorno” n LA FEDERCALCIO comunica: Thiago Motta sarà smantellato a Genova in coda alla Costa Concordia n CLAMOROSO errore tattico di Tavecchio: polemizza con Barbara Berlusconi e si ritrova fra gli anziani di Cesano Boscone n JUNCKER tifa Germania: ogni volta che i tedeschi passano il turno, la Merkel gli paga da bere n FRANCIA pazza di gioia dopo il 2-0 alla Nigeria: la Nazionale è dentro e Sarkozy pure @ZZiliani n Mal d’Africa mondiale, “Der Spiegel” accusa il Camerun: “Si sono venduti le partite” di Luca Pisapia l Camerun si sarebbe venI duto le tre partite giocate e perse nel girone A del Mon- diale, quello dove giocava il Brasile. In particolare la sconfitta per 4-0 con la Croazia. Lo scrive il settimanale tedesco Der Spiegel, riportando stralci di una conversazione avuta prima dell’inizio del torneo con Raji Perumal, che avrebbe previsto il risultato della partita e l’espulsione, parlando di almeno “sette mele marce” nella squadra camerunense. E Perumal non è certo una persona qualsiasi, ex braccio destro del boss del calcioscommesse mondiale Dan Tan, dopo l’arresto nel 2011 in Finlandia ha cominciato a rilasciare interviste e a collaborare con gli inquirenti. Insomma, è uno che ne sa. LA FEDERCALCIO camerunense ha comunicato di avere aperto un’inchiesta, mentre la Fifa non ha voluto rilasciare dichiarazioni ufficiali sul tema, ma tramite il vicepresidente ha detto che loro sono molto attenti all’etica e alla pulizia nel calcio. Dopo aver perso la partita di esordio per 1-0 col Messico, con un paio di gol negati ai centroamericani e discussioni infinite nella squadra camerunense. Il match con la Croazia è in effetti un po’ sospetto: espulso a fine primo tempo il giocatore del Barcellona Song per una ridicola ed evidente manata a Mandzukic, nella ripresa i compagni di Nazionale Assou-Ekotto e Moukandjo si sono presi a testate. E anche l’ultimo e decisivo, al- meno per i padroni di casa, match del girone perso 1-4 con il Brasile è stato quantomeno allegro. Siccome il quotidiano britannico Daily Telegraph ha accusato anche il Ghana di essersi venduto le partite, immediato è stato il collegamento con la questione dei premi, elargiti a fine manifestazione dalla Fifa alle federazioni nazionali, le quali li anticipano ai giocatori. Se i nazionali del Camerun si erano addirittura rifiutati di salire sull’aereo, non avendo ricevuto quanto pattuito e temendo di non riceverlo, arri- Delusione Camerun LaPresse I SOSPETTI Il settimanale tedesco cita le conversazioni di Raji Perumal, ex collaboratore del cinese Dan Tan, il “boss mondiale” del calcioscommesse vando in Brasile un giorno dopo. Nel ritiro del Ghana era arrivata solo alla vigilia dell’ultima partita una valigetta coi contanti in aereo da Accra, senza impedire furibondi litigi tra Muntari e Boateng e la dirigenza federale e la conseguente espulsione dei due dal ritiro. IN REALTÀ l’allarme sul Ca- merun era stato lanciato dal responsabile anticorruzione della Fifa Ralf Mutschke alla vigilia della partita con il Brasile. Lo stesso Mutschke che due mesi prima dell’inizio aveva parlato di un torneo a forte rischio. E i due raid in pieno Mondiale in un albergo di Macao, dove sono state scoperte due distinte organizzazioni criminali che gestivano un giro miliardario di scommesse clandestine sull’evento, non fanno che alimentare i sospetti. Al di là di premi pagati o meno, e di compagni di squadra che si pigliano allegramente a testate in mondovisione. twitter @ellepuntopi 20 SECONDO TEMPO MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 il Fatto Quotidiano NUDO Man Ray, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma. Fino al 5 ottobre 2014 IN MOSTRA A ROMA Il viaggio nel nudo seducente e ironico MODIGLIANI, MAN RAY, GUTTUSO E MOLTI ALTRI ALLA GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA di Claudia Colasanti A prima vista può apparire come un pretesto. Un tema – la seduzione del corpo femminile nell’arte – non proprio di primo pelo. Così non è, invece, nella reinvenzione di questo itinerario per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (130 opere di grande IL FUMETTO qualità del 900), che la curatrice Barbara Tomassi ha rintracciato nei depositi del museo ordinando il caos di decennali catalogazioni. La sua selezione, curiosa – e a tratti spiritosa – definisce una linea assimilabile alla provocatoria lettura di Jean Baudrillard, secondo il quale la seduzione non appartiene alla sfera della natura, ma a quella dell'artificio e a quella del segno di Stefano Feltri L’ombra horror sul Texone di Roi TEX, ALBO GIGANTE N. 29 - L’ORDA DEL TRAMONTO di Pasquale Ruju e Corrado Roi, Sergio Bonelli editore, 240 pag., 6,50 euro QUESTO “TEXONE” era forse il più atteso degli ultimi anni: da quando la Bonelli ha cominciato ad affidare lo speciale annuale di Tex agli autori italiani che già lavorano per la casa editrice, poche volte c’è stata tanta curiosità come nel 2014: Corrado Roi, l’artista che si è caricato l’onere di realizzare le 240 pagine del volume, è il migliore dei disegnatori di Dylan Dog, uno di quelli che tende a far prevalere l’elemento horror sullo splatter ironico che spesso caratterizza l’indagatore dell’incubo. Di recente Roi si è prodotto anche nella più inquietante storia di Nathan Never mai vista, lo speciale “I giorni della maschera”, scritto da Davide Rigamonti. Quindi era grande la curiosità per vedere come se la sarebbe cavata nelle praterie del west, con il sole del deserto al posto delle ombre di Londra. Lo scrittore dello speciale di Tex è Pasquale Ruju, abituato alle atmosfere cupe di Dampyr (il mezzo vampiro della Bonelli, ma frequenta spesso anche Tex eDylan Dog). La storia è confezionata per agevolare Roi: Tex e Kit Carson si imbattono in un incongruo castello in stile Transilvania trapiantato nella frontiera americana. Ci e del rituale. A far partire l’itinerario è, non a caso, un eccellente Nudo sdraiato del 1918, di Amedeo Modigliani, autore simbolo dei ritratti femminili fra i più sensuali del mondo. Si prosegue con un Severini del 1942 (che somiglia al Matisse delle camere arabescate) e alla serie folgorante di nudi fotografici di Man Ray, dotati di un erotismo sobrio e nervoso. Nella sezione successiva colpisce la pittura raffinatissima dei dimenticati Luigi Montanarini e Renato Birolli, dove la voluta sfaldatura delle zone pittoriche inizia a disintegrare il corpo femminile in tenui blocchi di colore che portano l’arte all’inizio dell’astrazione. In questo universo Anni 40 – tutto sagome femminili abbondanti – si inserisce Le ragazze di Palermo di Renato Guttuso: quattro don- ne colorate, ansiose e terrorizzate, si agitano su uno sfondo neutrale. Subito dopo arriva inesorabile la frattura: con un Prampolini futurista (1947) e i surrealisti. La figura tradizionale si sfalda e la donna si trasforma in un caleidoscopio di orecchie, occhi (anche di vetro), mani e labbra, esplose nei modi più TEATRO di Camilla variegati. Un minuscolo e superlativo Joseph Cornell del 1930 – insieme con un disegno di Dalì e alle ilari sculture di Leoncillo – chiude le cinque sezioni del binomio donne e seduzione, sempre mutevole e, proprio per questo, risorsa creativa e concreta per artisti insospettabili, ormai prossimi alla Tagliabue Storie di amicizia tra arte e ironia ©Alan Bennett Il vizio dell’arte, Adelphi, pagg. 138, Euro 12,00; Milano, Teatro Elfo Puccini, dal 21 ottobre al 16 novembre IL PROTAGONISTA è un grande poeta: “frocio e sozzone”, puzza, piscia nel lavello, adesca giovani marchettari “e poi parla di cazzi. Dove sta – perché è questo che penserà il pubblico – dove sta la poesia?”. Così viene dipinto Wystan H. Auden nell’ultima, esilarante commedia di Alan Bennett, “Il vizio dell’arte”, appena pubblicata da Adelphi e scelta dalla “famiglia dell’Elfo” come apertura della prossima stagione teatrale (dopo il successo di un’altra messinscena bennettiana, “The History Boys”): con un astuto dispositivo metateatrale, qui va in scena una compagnia di teatranti alle prese con lo spettacolo “Il giorno di Calibano”, che ha tra i personaggi principali, oltre a Auden, il compositore PATRIMONIO ALL’ITALIANA Benjamin Britten, il biografo di entrambi Humphrey Carpenter e Stuart, un ragazzo di vita. Pur nella giostra dell’intreccio, che altalena scene di palco tra gli interpreti e la “recita ufficiale” della storia degli anziani artisti, la trama portante è piuttosto lineare, e riguarda la scontrosa amicizia tra Auden e Britten, di nuovo insieme a Oxford dopo 30 anni di separazione. Il confronto tardivo è crudele e malinconico: chi rinfaccia a uno la presunzione; chi accusa l’altro di pederastia. Dopotutto, ricorda Bennett, quei due “erano meglio nell’arte che nella vita” e, chiosa il poeta, “i veri artisti non sono persone piacevoli. Tutti i bei sentimenti vanno nei loro lavori, e la vita si prende il resto”. Come sempre ironico e luciferino, l’autore si concede in quest’opera pure un pizzico di lirismo e surrealismo, facendo parlare i mobili e le rughe, i versi e le note; di Tomaso Alan Bennett LaPresse di contro, i personaggi sono spesso sboccati e fumantini, se non ignoranti e opportunisti, Auden in primis: “Lavoro ogni giorno, anche se non faccio niente. Ho il vizio dell’arte. Scrivo poesie di confortevole domesticità”. Montanari Musei, destino in mano privata sono uno strano nobile bulgaro, un assassino dai capelli lunghi bianchi e dagli occhi nascosti da misteriosi occhiali neri, un paio di piacenti fanciulle (merce rara nelle storie texiane). Insomma: una avventura di Tex e Carson ma abbastanza gotica da essere adatta a Roi. Bilancio? Non scontato: il tratto del tenebroso Roi riesce a essere più inquietante nelle scene assolate, con sfondi bianchissimi e innaturali che fanno risaltare le ombre. Mentre le sequenze più tradizionalamente oscure – passaggi segreti, resurrezioni notturne ecc – essendo un po’ edulcorate dalla bassa concentrazione di splatter ammessa in Tex sembrano incompiute, trattenute. Roi disegna da quando aveva 16 anni, in edicola non gli vendevano i fumetti erotici che realizzava perché era troppo giovane per comprarli, e uno che ha tanta esperienza funziona ovunque. Il suo Tex è poco tradizionale, talvolta pare un fantasma che incombe sulla storia più che l’usuale concentrato di proiettili e cazzotti. Quello di Roi è quindi un esperimento interessante, non è il Tex di Aurelio Galeppini o di Giovanni Ticci, ma a modo suo funziona. Bisognerebbe ora vederlo in azione in una storia meno dark, per vedere come se la cava Roi, per esempio tra indiani e soldati a cavallo, contemporaneità. Una volta usciti ci si accorge che non solo il tema non si è esaurito ma prosegue in una lettura a ritroso, con illustri artisti ottocenteschi (e poi quasi contemporanei), nelle sale permanenti del museo. Primo su tutti l’immenso ferrarese – sottovalutato – Giovanni Boldini: la marchesa Casati, il cui vestito davvero anticipa Pollock, ed anche il celebre ritratto di Verdi impresso sulle vecchie amate 1.000 lire. E ancora Balla e Depero, gli internazionali Segantini, Van Gogh e Il Klimt delle Tre età (1905). L’eccellente Wildt e i numerosi Medardo Rosso. E le sale di De Chirico e Burri, Fontana, Duchamp e la sala gloriosa di Pino Pascali allestita dalla Bucarelli nel 1973. È l’ultimo sabato pomeriggio di maggio: i visitatori si contano sulle dita di una mano e mancano anche gli over 65, che ancora non pagavano il biglietto. Non siamo a Pompei, dove tutto crolla e mancano i servizi, né a Messina dove languono due immensi Caravaggio circondati da laterizi (di cui nessuno conosce l’esistenza). Siamo nella Capitale d’Italia, in un museo Nazionale che non fa una piega, zeppo di capolavori. ©Musei civici Bologna STASERA alle 21 si svolgerà una – immaginiamo movimentata – assemblea pubblica indetta dai lavoratori dell’Istituzione Bologna Musei. Il tema da discutere è: “Le esternalizzazioni nei musei fra privatizzazione dei servizi pubblici e svalorizzazione del lavoro”. Già, perché il Comune di Bologna ha prima riunito tutti i musei in un’unica istituzione, e ora sta procedendo a passo veloce verso una privatizzazione ancora più spinta di quella che ha già fagocitato gli Uffizi, il Duomo di Siena o il Colosseo. Sono stati messi a bando, per il triennio che va dall’autunno di quest’anno a quello del 2017, non solo i servizi di accoglienza, la biglietteria, la sorveglianza e la custodia, ma anche i servizi educativi e la mediazione culturale. Chi vincerà la gara? I musei di Bologna finiranno in mano a Civita (presidente Gianni Letta), o a Electa (gruppo Mondadori, cioè Berlusconi)? I lavoratori dei musei denunciano che tutto si sta svolgendo senza trasparenza e senza garanzie per i loro diritti, e che dopo il bando saranno orientate al lucro privato funzioni che vanno “dall’allestimento mostre alla movimentazione e trasporto di opere, dal controllo del patrimonio al controllo di gestione e qualità, dalla gestione delle attività amministrative e organizzative alla gestione e conservazione del patrimoni, dai servizi bibliotecari all’organizzazione e gestione degli eventi, della comunicazione e del marketing e valorizzazione del patrimonio”. Insomma, è come se una scuola o un’università pubbliche appaltassero le lezioni e la ricerca: tanto varrebbe smettere di mantenerle con le tasse pubbliche. Dalla parte dei lavoratori, e dei cittadini, si è schierata Italia Nostra, chiedendo “un ripensamento radicale del bando emanato dal Comune, e proponendo di aprire una discussione trasparente su quello che è un capitolo decisivo della nostra politica culturale, ovverosia il destino dei nostri musei”. Già, perché Bologna è l’ennesima stazione della via crucis che sta inchiodando il patrimonio culturale della nazione alla croce del mercato. E non si intravedono resurrezioni. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 21 EX LEADER Gianfranco Fini, ospite di Giovanni Floris a Ballarò Ansa ONDA SU ONDA IL PEGGIO DELLA DIRETTA Dall’Expo al Mose, dove sono finite le inchieste tv? di Loris Mazzetti na canzone napoletana U composta alla fine della guerra dice: “Chi ha avuto avuto chi ha dato ha dato scurdammoce ‘o passato”. Frase perfetta per inquadrare l’Expo. Tutti si preoccupano solo di finire i padiglioni per essere pronti per l’inaugurazione prevista per il primo maggio 2015. Raffaele Cantone, il bravo magistrato campano che tanto ha fatto per combattere i casalesi e la camorra, è diventato la foglia di fico del governo nel momento in cui è stato nominato a capo dell’Autorità nazionale anticorruzione. Con Cantone certi “giochetti” non si possono più fare, peccato che i buoi siano già scappati e i lavori devono continuare ad ogni costo. Anche l’informazione, da buon “cane da guardia della democrazia”, dovrebbe vigilare, ma la sensazione è che, in particolare per i tg, si affida al racconto della cronaca accompagnando il lavoro della magistratura. E LE INCHIESTE che fine hanno fatto? Ester Castano, giornalista ventiquattrenne, ne ha realizzata una straordinaria: “Expo City Life”, che le è valso il premio di giornalismo per la categoria giovani “Gruppo dello Zuccherificio” in ricordo di Roberto Morione. Questa è la Rete “bellezza”. Trasmissioni come “Report” o “Pre- sadiretta” non dovrebbero mai andare in ferie in nome del servizio pubblico. L’Expo è l’autoritratto di un sistema immorale, come il Mose, attorno al quale ruotano oltre 6 miliardi di euro di lavori pubblici: costruzione di autostrade, ospedali, grattacieli, una nuova linea della metropolitana oltre ai cantieri dell’Expo, tutto ciò è accaduto senza gli adeguati controlli a partire dalla Regione Lombardia. Infatti, il primo ad essere stato arrestato è Antonio Rognoni ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde, la società che si occupa della valorizzazione della gestione del patrimonio immobiliare della Regione. Il malaffare, nonostante le 23 commissioni di controllo sull’Expo, non rappresenta solo la corruzione per gli appalti, ma la lunga mano della ‘ndrangheta in Lombardia a partire dell’acquisizione dei terreni. Fa sorridere il Commissario straordinario Sala (il cui braccio destro Angelo Paris, direttore generale, è accusato di essere l’intermediario di presunte irregolarità negli appalti di Infrastrutture Lombarde), che ha definito i recidivi collettori di tangenti, Greganti e Frigerio, “una cupoletta di pensionati della prima repubblica” e su Paris ha dichiarato: “Un ambizioso che ha perso la testa”. Sala dà l’idea di uno che si è trovato di fronte ad un incidente di percorso, purtroppo non è così. Ultimo miracolo a Ballarò: Crozza resuscita Fini di Luigi Galella nche la satira può essere “potere”. A Ribaltare il ruolo che la contrappone ai suoi bersagli preferiti, che ge- rarchicamente le si trovano sopra. La postazione della satira è, di norma, il basso – il comico, il volgo, il punto di vista del popolo – che si contrappone al sublime, all'eroico. La commedia – prosaica – che graffia il sussiego letterario della tragedia. Il buffone che dileggia il re. Aristofane versus Socrate. Ma che cosa succederebbe se, per uno strano caso del destino, fosse proprio la satira a trovarsi in alto, in un luogo privilegiato, adulata e temuta dai potenti, che hanno ormai perso potere? Se è vero che la politica si è fatta videocrazia, infatti, sono soprattutto i protagonisti di quest'ultima a detenere una duratura fetta di potere. Quel potere sempre più saldo nelle mani di Maurizio Crozza, che a Ballarò sbeffeggia i politici in studio, collocati in basso – non solo scenograficamente – i quali assistono all'inevitabile martirio della propria immagine, presa a pallettoni. Pochi minuti, ma terribili. Seduti e silenziosi, mentre ascoltano e osservano chi li sta lapidando, sono costretti a contrarre le labbra in un forzato e angoscioso sorriso, sperando che l'atteggiamento “collaborativo” sminuisca l'effetto dirompente delle parole: buon viso a cattivissimo gioco. È ciò che è accaduto nell'ultima puntata del programma di Giovanni Floris, dove è riapparso il fantasma di Gianfranco Fini, che come pochi oggi incarna la figura dell'uomo di potere, senza potere. EX PRESIDENTE di Alleanza Nazionale, ex numero 2 del Popolo delle Libertà, ex presidente della Camera. Crozza gli si è rivolto chiedendogli perché avesse pensato di tornare: “La bocciofila era chiusa?”, evocando le conseguenze di un nuovo partito di Fini di destra: “Non ci toglieremo Renzi dai maroni per i prossimi cinquant’anni”. Man mano che il comico dall'alto procedeva con la sua invettiva, senza sosta e senza pietà, Fini si chiedeva, forse, perché mai avesse deciso di presentarsi proprio lì a Ballarò, sottoponendosi al massacro di ciò che restava dell'antico Gli ascolti di lunedì GERMANIA-ALGERIA Spettatori 6,2 mln Share 32,3% CHARLOTTE GRAY Spettatori 2,1 mln Share 9,4% amor proprio. E il sorriso con cui aveva accolto le prime bordate man mano si spegneva nella disfatta della stessa mimica facciale – la muscolatura che si rallentava, l’espressione che s’illanguidiva – incapace di seguire le direttive ragionevoli, che le venivano dalla testa. Crozza non gli ha risparmiato nulla. Trattandolo come un tossicomane della politica e invitandolo a entrare in comunità: “Accetti un consiglio, lei deve farsi aiutare” – e ricordando perfino il nome di Almirante (peraltro ormai tabù, per i primi remoti strappi dal suo passato di fascista). Nulla impedisce di ridere, non solo degli uomini di potere, ma anche di coloro che il potere non ce l'hanno più. Ma in questo caso Crozza è stato un vero maramaldo, perché non serve infierire sui corpi esanimi. Tanto che quando sorrideva il povero Fini muoveva perfino un sentimento di tenerezza e quasi di pietà, che sempre accompagna il volto sfigurato di chi è nella polvere. Sconfitto e ucciso, e ancora con la spada del nemico che lo perseguita, e si diverte oltremisura a straziarne il corpo. [email protected] LE MIE GROSSE GRASSE... Spettatori 2,1 mln Share 8,8% CATWOMAN Spettatori 1,9 mln Share 8,3% 22 SECONDO TEMPO MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 il Fatto Quotidiano IL BADANTE SVOLTE Effetto Francesco contro i padrini di Daniela S Ranieri uccede così: tu chiedi a uno di fare da padrino a tuo figlio, e ti ritrovi imparentato con un mafioso. Perché si sa: ’ndranghetisti, camorristi e malecarni di tutte le specie fanno a gomitate per presenziare a quel rito arcaico che consiste nel mettere l’ala sopra a pupi da dilavare dal peccato e virgulti da cresimare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Per evitare ciò, come se il fresco delle navate e gli ori dei putti non fossero che lo sfondo di legami clanici ben più terreni, l’arcivescovo di Reggio Calabria ha lanciato una moratoria di 10 anni per spadrinare battesimi e cresime, cioè per togliere ai veri Padrini, che hanno conseguito il titolo col rito del coltello, il potere ineffabile di regalare protezione nel segno della croce. Il tutto con 5 secoli di ritardo sul Concilio di Trento, che mise un freno alla pratica di dare ai figli decine di padrini nel sospetto che dietro il padrinaggio selvaggio si celasse la volontà troppo umana di assicurarsi tutele estranee a quelle del catechismo. Sarà stata la scomunica dei mafiosi pronunciata dal Papa (e sì che sarebbe bastata quella a dissuadere i credenti capobastone dal presentare domanda di padrinaggio), saranno stati i commissariamenti delle processioni del vi- LA MAFIA IN CASA L’idea della Diocesi di Reggio Calabria accelera la fine del tempo in cui, in alcune zone del Paese, tra Chiesa e criminalità ci si piaceva bonese per evitare le “sfilate dei boss” (tutta una teoria di Inginocchiate e Affruntate e Addolorate e Inchinate affidate, invece che alle braccia forti e devote di padrini e picciotti, a quelle spicce e distratte della Protezione civile); certo è che il Chiesa-pride procede su carri di trasparenza e sobrietà mai visti prima. Così le “persone discusse”, eufemismo-capolavoro che abbisognerebbe delle musiche di Nino Rota, vengono gentilmente messe alla porta, e i mafiosi sono finalmente equiparati a divorziati, conviventi e tutti quelli non sposandosi in Chiesa hanno scelto il Demonio anche se non sono iscritti a nessuna cosca. Sembrano finiti i tempi in cui tra Chiesa e mafia ci si piaceva, tra ammuine e fuochi d’artificio alle feste del Santo Patrono, usate dalle ’ndrine per mandarsi messaggi e san- L’Arcivescovo di Reggio Calabria, Giuseppe Fiorini Morosini Wikipedia Cc cire il proprio potere sotto gli occhi indulgenti delle Madonne. Questo Papa disturba l’intesa centenaria (raccontata da Gratteri e Nicaso in Acqua Santissima) e mette il dito nella piaga incerottata dai santini di Provenzano. Finché si parla di boss devoti, infatti, siamo nei pressi del folclore. È quando si constata che il padrinaggio non è solo l’istituto arcano e kitsch preferito dal malaffare per allargare la sua influenza, ma il fusto di una malapianta inestirpabile di tutto il Paese, che sono guai. Così pare geniale e bislacca l’idea dell’Arcivescovo nel Paese in cui alla famiglia naturale si affianca e spesso si sostituisce non quella “spirituale” benedetta dal prete e composta da torme di compari e protettori, ma quella famiglia di interessi che si regge su favori e controfavori, aiuti e spintarelle, prossimità e entrature, e che non ha certo bisogno dell’olio santo per far lavorare ogni rotella della sua complessa e primitiva struttura. PREFERENZE O NO, Porcel- lum o no, sotto elezioni si rinnova ogni volta il rito del padrinaggio politico. Tra vessilli di famiglie nobiliari o imprenditoriali srotolati dal palazzo del Comune e vassoi di sfogliatelle, frappe, panettoni, amaretti, illustrissimi sconosciuti vengono presi sottobraccio dal potente della sua cordata, che ne tesse le lodi sottomettendolo alla sua primogenitura celeste. Così l’aura del più vecchio, e sperabilmente il suo pelo sullo stomaco, si trasfonde sul nuovo, che porge la testa a un’immaginaria fonte battesimale. Ecce homo: se hai un favore da chiedere, se il tuo compare è in intesa col suo, se tuo figlio aspetta quella licenza, da oggi sai a chi rivolgerti. Per non parlare del mondo del cosiddetto lavoro, sempre permeabile a quelle influenze stabilite da reti di relazioni para-parentali: se oggi è quasi un handicap avere un cognato deputato o un padre assessore (mentre sopravvive la figura gloriosa dello zio vescovo), il padrinaggio perdura come sistema che laicizza il Santo in Paradiso, tra il segreto di Fatima e quello di Pulcinella. Nei cunicoli del potere, dai corridoi Rai ai ponteggi delle grandi opere, ogni figlioccio ha un padrino, angelo del familismo amorale, l’opaca struttura che dà lavoro e sfama nei sensi più e meno nobili della parola, a dispetto di ogni moratoria di Arcivescovo. Renzi sì, Renzi no Dov’è l’uscita? di Oliviero Beha È DIFFICILE negare le difficoltà contro cui sbatte regolarmente e quasi quotidianamente il muso il nuovo governo, alias Renzi, quando mette mano a qualche cosa concretamente, a qualsiasi cosa, passando dalle parole ai fatti. Accade in Europa periodicamente alla corte di Frau Merkel: vado, l’ammazzo e torno, ma poi vien fuori che la flessibilità è una boutade e ci ritroveremo con un’altra manovrina o manovrona, naturalmente l’ideale per colpire le fasce più deboli. Accade in Italia, quando si passa di pasticciaccio in pasticciaccio, con buona pace di Gadda: la riforma del Senato? Il fantasma dell’immunità, la sua equiparazione, la confusione del concetto, l’eredità dei padri Costituenti evocata a sproposito ecc. ecc.? La riforma della giustizia? Il bordellum delle intercettazioni che mette a nudo quanto poco seria e quanto grave sia la situazione, con magistrati che vorrebbero stabilire magari in un camping, sotto una tenda, fumando il calumet della pace, la dose di intercettabilità discutendone con i giornalisti? I quali saranno pure quella categoria quos perdere vult (il Signore o il facente funzione), ma se hanno una notizia la devono pubblicare rispondendo al codice penale e alla loro deontologia (quella sì effettivamente polverizzata). E insomma ogni cosa che tocca, Renzi promette di trasformarla in oro e invece al massimo è ricoperta e ce ne accorgiamo dal rumore sordo quando troppo spesso cade a terra, come un soldo d’ottone. Ma abbiamo provato a compiere una n banale operazione d’astrazione, facendo finta che Renzi non esista e ancor prima risalendo ai suoi predecessori? Berlusconi faceva corna e pernacchi, Monti vestiva il loden come una divisa ma da lift nei confronti di banche e finanza miste alla Merkel che tiene o fa credere di tenere il pallino, di Enrico Letta sono riusciti a dimenticarsi tutti all’istante senza neppure ricorrere al “furto d’immagine nelle foto istituzionali”, specialità sportiva in cui hanno sempre eccelso dalle parti di Putin. No, Letta può rimanerci serenamente nelle foto, tanto non si vede. Il maggior paradosso renziano dunque non è il fatto che comunichi quello che non riesce a fare, così che la sua VICOLO CIECO Se il premier fallisce per getto della spugna, manifesta incapacità o altro, il Paese che fa, a chi si affida, da chi dipende? popolarità sale nei sondaggi mentre tutti gli indicatori economici e sociali ci danno in bancarotta senza barlumi di speranza: no, il punto è chiedersi chi ci sarebbe se non ci fosse lui, e domandarselo non sulla scorta di quella pletora di servilotti che nelle varie categorie cortigiane aspettano solo un segno del Sire per servirlo, gente così priva di autostima da avere sempre bisogno di leccare la mano di qualcuno anche quando ne viene schiaffeggiata. L’INTERROGATIVO è invece politicissimo: fallisce Renzi per getto della spugna, manifesta incapacità, un raffreddore o chissà quali scheletri nell’armadio e mentre la mandria di cui sopra transuma verso qualche altra destinazione il Paese che fa, a chi si affida, da chi dipende? Lo so, mentre il centrodestra consulterebbe Dudù, il centrosinistra si guarderebbe attorno attonito pensando di aver per l’ennesima volta sbagliato cavallo, e il M5S eccepirebbe cose tipo “che vi avevamo detto? S’era capito subito che non reggeva”, o similia. Ma poi che farebbero? Certo, si andrebbe al voto: ma quando, con il semestre europeo appena cominciato, e soprattutto votando chi? Dove sono le energie migliori del Paese, dove si nascondono, in quale amministrazione locale periferica trasversale vista la fine e il mercimonio di destra e sinistra ? Se si riparte si riparte tutti insieme, magari facendo ognuno quello che gli tocca fare secondo norma, forma e sostanza, a partire dal primo cittadino che si impiccia, oddio quanto si impiccia un po’ di tutto… n PIOVONO PIETRE Socialista, in guerra con la Cina Le svolte della destra-Pascale di Alessandro Robecchi nemico che fugge ponti d’oro, si dice. A E anche: il nemico che passa dalla tua parte è sempre benvenuto. E dunque pos- siamo anche urlare hurrà e viva-viva, al nuovo Berlusconi che “apre ai gay”, come si legge qui e là. Un piccolo passo per l’umanità, un grande passo per la destra italiana, un grosso affare per i fornitori di barzellette di Berlusconi, che dovranno rinnovare il copione, essendo le storielle sessiste e anti-gay largamente maggioritarie nel suo repertorio. Comunque, su un punto sono tutti d’accordo, funziona così: la signorina Pascale detta la linea, l’intendenza segue, Silvio si accoda, i politici cattolici che non sapevano con quale moglie andare al Family day (la prima, la seconda, la terza) mugugnano un po’, ma si allineano anche loro. Perché la situazione della destra è questa: il capo non è lucidissimo, la sua ragazza sì, tocca adeguarsi al capo in mancanza di capi più credibili che però non ci sono. Stallo messicano, come nei buoni western e nei pessimi partiti. E dunque via con le descrizioni della signorina Pascale come si parlasse di Evita Peron, e ormai si sprecano gli articoli e le ricostruzioni su come questa giovane Richelieu detti ormai la linea. Una che caccia Verdini, una che tesse alleanze, che crea il cerchio magico: in Usa ci farebbero una Venere e di Marte non si fiction, qui basta una UNA AL MESE commedia, i fagiolini sposa e non si parte”. Ne troppo cari, i cagnolicon Silvio, che capiDopo B. che “apre ai gay” parla sce male perché è al teleni... Ora, dunque, non resta ecco le prossime, possibili, fono con Verdini e il giorche sperare in nuove arno dopo annuncia la stotrovate della signorina first rica spedizione di Forza dite trovate della signorina, cui seguirà l’assenItalia su Marte. Con quallady, cui seguirà l’assenso so di Silvio, cui seguirà che distinguo (per Gal’approvazione della desparri il pianeta è troppo di Silvio e l’approvazione stra tutta. Ecco qualche rosso), Forza Italia accetdella destra tutta possibile scenario. ta la sfida con entusiasmo Agosto, Pascale e il soe sprezzo del pericolo. cialismo. Attratta da FaNovembre, Pascale e il cebook e Twitter, Francesca Pascale parla a respiro internazionale. Per meritoria amSilvio delle meraviglie del mondo social. bizione a migliorarsi e imparare a scrivere Quello capisce male perché è un po’ stanco correttamente “first lady”, Francesca Pae il giorno dopo proclama la nuova linea scale decide di iscriversi a un corso di lindel partito: il socialismo. Forza Italia ac- gue. Ne parla con Silvio, che capisce male cetta la svolta con grande soddisfazione. perché preoccupato dal processo d’appello Settembre, Pascale e la guerra alla Cina. a Milano e il giorno dopo annuncia: la linSeccata per un orlo fatto male, Francesca gua ufficiale della destra italiana sarà l’inPascale scopre che la sarta era cinese. Ne glese. Forza Italia accetta la decisione del parla con Silvio, che capisce male perché è capo e parla in un comunicato di signal of distratto e il giorno dopo dichiara guerra modernity. alla Repubblica popolare cinese, annun- Ora, non è che posso fare tutto io, sia chiaciando la leva obbligatoria per tutti gli ro. Per cui ognuno si inventi, sotto l’omiscritti al partito. Forza Italia, tra qualche brellone o nella pausa-cocomero, le nuove malumore, accetta la svolta per senso del svolte consigliate da Francesca Pascale, apdovere e disciplina di partito. plicate da Silvio e accettate da Forza Italia, Ottobre, Pascale la spedizione su Marte. un divertente gioco per l’estate che può riForte del suo sapere popolare, Francesca servare mille sorprese. @AlRobecchi Pascale recita un vecchio proverbio: “Di SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano 23 MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo La soluzione alla crisi è un gioco di squadra Francesca Pascale si ispira a Bergoglio Il film Pulp Fiction di Quentin Tarantino compie vent’anni. Sono quindi vent’anni che nell’immaginario collettivo il personaggio interpretato magistralmente da Harvey Keitel suona il campanello di casa e pronuncia la frase ormai diventata idiomatica, “sono Mr Wolf e risolvo problemi” . L’ansia con cui aspettiamo che qualcuno suoni il nostro campanello sembra oggi placata. Renzi ci ha detto che “risolve problemi” e il Corriere della Sera ci avvisa che “un uomo solo è al comando” . Ma non è il successo di questo o quello che serve al Paese. Piuttosto ciò di cui abbiamo bisogno è la risoluzione dei problemi. La storia ci insegna che il successo arride ancora all’uomo solo al comando, nonostante tutte le esperienze contrarie accumulate. Le soluzioni ai problemi, però, possono arrivare solo dal fare squadra e, sino a che ci accontenteremo di credere al Mr Wolf di turno, i nostri problemi resteranno irrisolti. In molti abbiamo sorriso quando qualche giorno fa l'attuale fidanzata di Berlusconi ha annunciato di essersi iscritta all' Arci-gay, lasciando intuire che a breve distanza che l'ex Premier avrebbe fatto una apertura sulle unioni gay. Cosa realmente avvenuta. Il portavoce di Forza Italia, Gio- Vittorio Melandri La barca affonda, mentre la pancia è piena Ho fatto un sogno. Ho visto le carrette del mare che affondavano, i migranti che annegavano, disperati, soli e respinti. Ho visto i loro corpi che si inabissavano, avvolti nei pochi panni sporchi e laceri, che rappresentano il bagaglio di chi deve viaggiare leggero perché fugge e non può portarsi dietro nemmeno l’indispensabile. Ho visto una lunga tavolata di personaggi opulenti, chiassosi, famelici, disinteressati a tutto tranne che al loro micromondo egoista e prepotente. Ho visto che, finalmente, i migranti avevano trovato accoglienza, nel capace stomaco di chi un tempo li aveva respinti. Tiziana Gubbiotti naturalmente non arriva mai. Il fatto che ormai, con una cadenza quasi ipnotica, arrivino sulle nostre coste non solo infelici e clandestini che fuggono da paesi incivili, ma il quasi quotidiano carico di morti, dà luogo soltanto a un fiume di parole in libertà, ma a nessun provvedimento concreto. Il cordoglio non costa nulla e mi chiedo pure Eyal, Gilad, Naftali, morti CARO COLOMBO, i corpi dei tre ragazzi israeliani sedicenni che credevano di poter fare l'autostop sono stati trovati, provocando una lieve indignazione del mondo, due righe qui, un messaggio la, tutti tranquilli e se la vedano le madri. Aspetto dettagliati articoli su quel che farà Israele. Gloria la vignetta vanni Toti, ha subito precisato che non è stata Francesca Pascale a indurre Berlusconi a questa apertura, bensì Papa Francesco, con la nota frase: “Chi sono io per giudicare un gay?”. A parte il fatto che la Chiesa ha sempre insegnato a non giudicare le persone, ma quando mai il Papa si è pronunciato in favore del concetto di famiglia omosessuale? Perchè strumentalizzare Papa Francesco per fini politici? Fabiano Bermudez Non bisogna abituarsi all’indifferenza C'è un'espressione genovese, “maniman", che esprime un atteggiamento di supina rassegna e agli eventi, un sotteso menefreghismo. Ci si aspetta che i problemi vengano risolti da qualche deus ex machina che quanto sia sincero. Arrivare a capire che meno costerebbe in denaro e in vite umane mandare sulle opposte sponde del Mediterraneo aerei che trasportino questi poveretti nei paesi dove vogliono andare è uno sforzo mentale evidentemente impossibile per chi dovrebbe governare. Risparmiateci, per favore, la finzione di pietà e lacrime. E, se ci riuscite, pensate anche agli italiani, che vedono ogni giorno, impotenti, giungere sui loro lidi questa messe di vivi e di morti Fiorella Merello Guarnero Essere single per il fisco conviene In Italia le famiglie numerose sono solo un ricordo, ci si sposa sempre meno, aumentano i figli nati fuori dal matrimonio, gli italiani sono sempre più anziani, nascono HO RICEVUTO molte lettere su questo fatto tragico e folle. Una mi diceva che il rapimento è arma di guerra lecita nelle resistenze, una elencava le “malefatte israeliane” , una, molto più seria e serena, di un medico che si firma (Massimo Fazzari) su un punto dissente dal mio primo intervento. Io dicevo, cercando di includere nella condanna del rapimento (allora era un rapimento, non l'uccisione di tre ragazzini) anche coloro che si dedicano esclusivamente alle colpe di Israele, “non è questo il momento per imbastire subito una polemica sugli insediamenti israeliani”. Il lettore rispondeva: “Lei difende troppo lo Stato di Israele e ne dimentica gli errori esiziali” . Però io stavo parlando di un fatto grave e diverso: rapire tre ra- pochi bambini, i soldi per arrivare a fine mese non bastano mai. Da tempo, oramai, la famiglia patriarcale italiana non esiste più. I nuclei si sono fatti piccoli: due figli al massimo per coppia. Molti sono gli ultraottantenni, con problemi di autosufficienza. I giovani, che non possono mantenersi, restano a casa e non si sposano. Sembra assurdo ma i nostri politici fanno di tutto per discriminare la famiglia rispetto ai single: sposarsi non solo non conviene ma è addirittura penalizzante. I single sono trattati meglio dei coniugi ai fini fiscali. E allora, perché fare figli nel matrimonio se conviene farli al di fuori? Mario Pulimanti DIRITTO DI REPLICA Scrive Tomaso Montanari che ci sono degli in- Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: [email protected] - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente:Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Luca D’Aprile, Peter Gomez, Marco Tarò, Marco Travaglio, Lorenzo Fazio Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] genui che hanno la pretesa di inserire la parola “bellezza” nell’articolo uno della Costituzione. L'iniziativa della deputata di Sel, Serena Pellegrino, per cambiare l'articolo uno della Costituzione era sconosciuta ai più, me compreso, fintanto che lo stesso Montanari non ne ha parlato su questo giornale. Quanto al mio libro, che Montanari gentilmente cita (“Fondata sulla bellezza” un ebook Sperling&Kupfer), se lo avesse letto, avrebbe scoperto che l'aborrita parola “petrolio”, in 120 pagine di testo, non c’è. Invece ricorre il termine “risorsa” perché il libro è un viaggio-inchiesta tra i paradossi che bloccano lo sviluppo del Paese. La bellezza forse non salverà l'Italia, ma una mano potrebbe darla. Il turismo, nel mondo, crescerà del +5% per i prossimi 15 an- ni, la produzione industriale pesante è in calo costante da 40 anni. Dove sarebbe utile investire? Abbiamo l’Alitalia in crisi che però non ha voli diretti verso la Cina, mentre Lufthansa ne ha 47 settimanali. O la Sicilia che, nel 2012, ha registrato 6 milioni di pernottamenti di turisti, mentre le isole Canarie, stessa lunghezza di coste, ma molto meno da offrire, ne hanno avuti 75 milioni. Abbiamo gravi problemi nell’accoglienza, nella promozione dei nostri tanti musei sempre più vuoti. Ma quando si propone di riportare alla luce le opere nascoste e portarle in giro per il mondo, ecco il purista che grida alla prostituzione dell’arte. La bellezza è invece un marchio identitario da sfruttare, come propone il creativo Maurizio di Robilant attraverso la Emilio Casalini Per la bellezza vale ciò che si dice del sesso: chi ne parla molto, ne fa poco. E a proposito di elitarismo: non sarà un po’ snob, radical-chic, e appunto elitario permettersi di gettare il tempo in simili pipponi? L’articolo 1 sta bene come sta. Ma se Casalini è convinto del contrario basta dare un colpo di telefono alla fatina Maria Elena Boschi: e con un colpo di bacchetta magica la Costituzione e l’Italia risorgeranno, fondate sulla bellezza. In bocca al lupo. Tomaso Montanari Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Abbonamenti il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Condirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Caporedattore (Inchieste) Marco Lillo gazzini non può avere niente a che fare con problemi anche grandi e gravi, e il tentativo del testo era: liberarli subito vuol dire diminuire il pericolo, non farlo esplodere. Ora che li hanno uccisi (non tre soldati, ma tre ragazzini), è evidente che l'esplosione è cercata e calcolata. E la sola speranza che resta è che siano trovati e raggiunti i colpevoli di un delitto che resta ignobile comunque lo si ambienti. Sappiamo anche che, come nelle intricate vicende giudiziarie e nelle odiose cronache di tutti i delitti, molte cose restano da sapere, da capire, da chiarire. Tante, meno l'uccisione dei ragazzi. Le loro madri avrebbero diritto di avere intorno la presenza umana e istituzionale dell'Europa e del mondo civile. E se il governo di Abu Mazen si dissociasse dal delitto e lo condannasse, le conseguenze potrebbero essere grandi, più della vendetta. Finora c'è un brutto, ambiguo silenzio. E molta solitudine intorno a Israele, proprio come l'antisemitismo richiede. fondazione “Italia Patria della Bellezza”. Lo certifica il rapporto “Future Brand Country Index”: il mondo ci riconosce ancora la leadership in turismo, arte, cultura e cibo. Attività caratterizzate da piccole imprese che non inquinano, che tutelano l’ambiente, non delocalizzabili, con capitale diffuso, che stimolano la creatività dei singoli. Oltre l’economia, quindi, c'è una coscienza comune raccolta intorno alla bellezza. La formulazione dell’attuale articolo uno della Costituzione è un compromesso del ‘47, figlio del confronto tra Fanfani e Togliatti, che voleva una “Repubblica di lavoratori” di stampo sovietico. A nulla valsero le parole del deputato di Ezio Coppa che ricordava come il lavoro fosse un mezzo, non un fine. Tutto questo aveva, forse, un senso in un Italia in macerie, divisa tra stelle e falci, strisce e martelli. Un incipit costituzionale moderno (bellissimo quello del Sudafrica di Mandela) potrebbe includere i valori universali dell’uomo e impegnare i nostri governanti nel promuovere lo sviluppo delle potenzialità del popolo italiano tra cui la Bellezza. Su cui l’Italia è già fondata. 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