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Le intercettazioni degli scafisti: “I migranti diventano cibo per pesci,
tanto nessuno dice nulla”. Parole infami che purtroppo dicono la verità
Mercoledì 2 luglio 2014 – Anno 6 – n° 180
y(7HC0D7*KSTKKQ( +&!"!_!"!?
e 1,30 – Arretrati: e 2,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
A Parigi, Nicolas Sarkozy arrestato
durante l’interrogatorio sui fondi elettorali
A Roma, il Parlamento regala l’immunità
anche ai futuri senatori non più eletti
Baci alla francese
di Marco Travaglio
he cos’abbia spinto un ragazzo sveglio come
C
Renzi a inscenare l’imbarazzante conferenza
stampa sulle “linee guida” della giustizia, cioè sul
LIBERTÉ
EGALITÉ
IMMUNITÉ
L’ex presidente della Repubblica
francese era sotto torchio per i soldi
incassati da Gheddafi e dall’ereditiera
de L’Oréal e per l’arbitrato a favore di Tapie. Aveva
un cellulare intestato a un nome falso. Carriera
finita, l’Ump nel panico. Il governo Hollande: “È
un cittadino come gli altri” De Micco e Méchaly » pag. 2 - 3
Dopo ben 20 minuti di dibattito,
col via libera della ministra Boschi,
Pd, Ncd, FI e Lega Nord approvano
l’emendamento Finocchiaro-Calderoli: lo scudo
impunitario è esteso ai sindaci e ai consiglieri
regionali che verranno nominati nel nuovo
Senato. La Casta non cambia verso Tecce » pag. 5
» IL COSTITUENTE » La Cassazione: “Patto Dell’Utri-Cosa Nostra con la ferma volontà di Berlusconi”
Il giudice diffida il Caimano:
“Alla prossima finisce dentro”
Dopo le escandescenze
davanti al Tribunale di Napoli
(“toghe impunite
e incontrollabili”),
il magistrato di Sorveglianza
di Milano lo convoca
e lo ammonisce. Lui si scusa:
“Era solo una battuta, non si
ripeterà più”. Intanto viene
pesantemente coinvolto
anche dalle motivazioni
della condanna definitiva
per mafia dell’amico Marcello
LA PRIMA A STRASBURGO
Farage di spalle, i 5Stelle no
Grillo: “Basta soldi all’Italia”
Schulz resta presidente
dell’Assemblea. Il M5S già
in imbarazzo per il gesto
dell’Ukip. Ma il leader:
“Nigel ha fatto bene. E da
noi i finanziamenti Ue
se li mangiano le cosche”
De Carolis e Valdambrini » pag. 7
Barbacetto e Mascali » pag. 6
Udi Daniela Ranieri
» SÌ, È LA BBC
Mister Rolf Harris,
il pedofilo-pittore
alla corte di Londra
Renzi asfalta
Orlando:
“È un moscio”
Come ti privatizzo
Fincantieri
con i soldi
dei risparmiatori
SUA EMINENZA
ABOLISCE
IL PADRINO
SBAGLIATO
di Giorgio
A Palazzo Chigi c’è un timoniere
che decide da solo e non vuole ministri
a fargli ombra. L’ultima vittima è stata
il Guardasigilli, “reo” di un’intervista
di troppo
d’Esposito e Marra » pag. 4
icono che l’Italia stia
D
cambiando verso, ma se
si deve giudicare dal colloca-
uccede così: tu chiedi a uno
S
di fare da padrino a tuo figlio, e ti ritrovi imparentato con
Meletti
mento in Borsa delle azioni
Fincantieri c’è poco da stare
allegri. » pag. 11 - 12 - 13 - 14
un mafioso. Perché si sa: ’ndranghetisti e camorristi fanno a gomitate per presenziare a quel rito arcaico che consiste nel mettere l’ala sopra a pupi da dilavare
» pag. 22
dal peccato.
Soffici » pag. 17
LA CATTIVERIA
In Italia lavorano
il 5 per cento dei bambini.
Ma per fortuna
poi smettono
» www.spinoza.it
nulla mischiato con niente, in mezzo alle statue di
cera del duo Orlando & Alfano, è noto: anche sulla
giustizia, come su tutto, il premier non ha alcunché di pronto, di scritto, di pensato e soprattutto
di concordato con il partner privilegiato B. (che
ieri la Cassazione ha definito complice del “socialmente pericoloso Dell’Utri” nel “patto con la
mafia”). Siccome però Matteo Supercazzola aveva promesso e ripromesso la riforma della giustizia entro e non oltre giugno (luglio è già impegnato dal fisco, come no), presentarsi a mani
vuote pareva brutto. Avrebbe dato ragione ai “gufi” e “professoroni” che ancora si permettono di
dubitare di lui. Dunque ha messo giù, col consueto trust di cervelli, una lista di slogan e frasi
fatte, tipo pensierini da scuola elementare, spostando avanti di due mesi la scadenza del ddl: intanto “si apre un grande dibattito fino a settembre”, anche “in rete”, pure “con i direttori di giornale”, all’insegna della “democrazia partecipata”.
Tanto aveva l’assoluta certezza che i giornalisti in
sala, anziché sommergerlo di risate e pernacchie,
avrebbero preso buona nota tutti compunti e trasformato quello spettacolino avvilente in un momento solenne sui loro giornali e tg. Poi, siccome
si crede molto spiritoso, ha condito il tutto con
sapidi calembour, e tutti giù a ridere, batti un cinque, fatti un selfie. Il punto di partenza è già una
balla: “per 20 anni la giustizia è stata tabù” per
quello che lui definisce “il derby berlusconismo-antiberlusconismo” (cioè l’attacco ventennale dei politici alla legalità). Forse gli sfugge che
dal ‘94 a oggi non c’è stata materia più “riformata”
della giustizia, con ben 120 leggi che l’han ridotta
all’agognata paralisi: altro che tabù.
Ed ecco le 12 slide, simili ai cartigli dei Baci Perugina, subito tramutate dalla stampa in “grande
riforma” o “rivoluzione in 12 punti”. 1) “Giustizia
civile: riduzione dei tempi. Un anno in primo grado”. È l’uovo di Colombo, eppure nessuno ci aveva pensato prima: ora arriva lui, fa una legge di un
solo articolo che dica “sbrigarsi”, “fare presto”,
“un anno non un giorno di più”, e oplà, è fatta. Ma
che dico “un anno”? Un mese, signori, in un mese!
2) “Giustizia civile: dimezzamento dell’arretrato”. Un gioco da ragazzi: basta una norma che dica
“dimezzare l’arretrato” e la metà eccedente delle
cause, come per incanto, evapora. 3) “Corsia preferenziale per imprese e famiglie”. Giusto: prima
le donne, i vecchi e i bambini. E mi raccomando:
non parlare al conducente e non calpestare le
aiuole. 4) “Csm: più carriera per merito e non grazie all’‘appartenenza’”. Fantastico. 5) “Csm: chi
giudica non nomina, chi nomina non giudica”.
Perbacco. Poteva aggiungere “chi entra non esce e
chi esce non entra”, “chi bagna non asciuga e chi
asciuga non bagna”, per dire. 6) “Responsabilità
civile modello europeo”: giusto, i fautori del modello africano o neozelandese sono sistemati. E
così via, a colpi di “riforma del disciplinare”, “falso in bilancio e autoriciclaggio”, “accelerare il
processo penale” (se no resta indietro sul civile),
“riforma della prescrizione”, “intercettazioni: diritto all’informazione e tutela della privacy”, “informatizzazione integrale”. Siamo al punto 11,
che però non è cifra tonda. Ci vuole pure il 12, che
fa tanto Mosè sul Sinai. Che ci mettiamo? Ritinteggiatura aule? Lucidatura pavimenti? Sostituzione serramenti? Nuovo design per le toghe? Ma
no, dai: “Riqualificazione del personale amministrativo”, fa più fico. Non è dato sapere se il “modello europeo” cui si ispira il Renzi comprenda il
sistema francese: quello che ieri ha portato al fermo (“garde a vue”) dell’ex presidente della Repubblica Sarkozy, finito in guardina nel bel mezzo
di un interrogatorio, dopo mesi di intercettazioni
sui telefoni suoi e dei suoi avvocati e compari per
uno scandalo di finanziamenti illeciti. Ma pare
proprio di no: in Italia gli ex presidenti diventano
ipso facto senatori, sia nel vecchio sia nel nuovo
Senato, che proprio ieri si è regalato un’altra volta
l’impunità. Europei sì, fessi no.
2
EGALITÉ
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
Lcorsa
e Pen: “Una sua
alla presidenza
è da escludere”
UN COMPLOTTO, questo sostiene
Marine Le Pen, leader del Front National: “Nicolas Sarkozy è completamente
screditato per qualunque corsa alla
presidenza”. Questo il giudizio rispetto
all’ex presidente francese e all’influenza che le vicende giudiziarie che lo riguardano potrà avere sul suo futuro po-
litico. Le Pen, che è avvocato, non si pronuncia: “Uno stato di fermo non comporta di per sé una presunzione di colpevolezza. Lasciamo lavorare la giustizia. La verità - ha detto a Le Figaro - è che
l’ex capo dello Stato è sempre più accerchiato da un numero inaudito di casi. E quest’ultimo non è il più grave. Non
COM’È TRISTE PARIGI: SARKOZY
“ARRESTATO” DAL MAGISTRATO
PER LA PRIMA VOLTA UN EX PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SUBISCE UNA MISURA
RESTRITTIVA (LO STATO DI FERMO). L’ACCUSA: CONCUSSIONE E TRAFFICO D’INFLUENZE
di Luana
De Micco
Parigi
N
on sono neanche
le 8 del mattino
quando
l’auto
nera dai finestrini oscurati con a bordo Nicolas Sarkozy raggiunge l’ufficio anticorruzione della
Procura di Nanterre, in una
periferia a ovest di Parigi.
L’ex presidente francese è stato convocato dai giudici poco
prima nell’ambito di un’inchiesta per concussione,
“traffico di influenza” e violazione del segreto istruttorio. Salendo a bordo dell’auto, solo, lo sguardo teso, abito
e cravatta scuri, sa bene che
dal 16 giugno 2012, ovvero
un mese dopo aver lasciato
l’Eliseo a François Hollande,
non è più coperto da alcuna
immunità. Una volta nei locali di Nanterre, Sarkozy è
stato immediamente posto in
stato di fermo. È sospettato di
aver tentato di corrompere
un alto magistrato cercando
di estorcergli informazioni
riservate su un’inchiesta che
lo riguarda direttamente.
re Bettencourt”. Ma questo tipo di umiliazione no, non è
mai accaduto prima d’ora.
Ora la polizia ha 48 ore per
decidere se indagarlo ufficialmente. Davanti ai giudici Sarkozy si è ritrovato da solo. Il
suo avvocato, Thierry Herzog, che gli avrebbe fatto da
intermediario, era già stato
fermato lunedì mattina e non
LA CUSTODIA cautelare per
un ex capo dello Stato è un
caso unico nella storia della
République. Altri presidenti
sono stati indagati in passato.
Lo stesso Sarkozy è già stato
convocato da un giudice e indagato nell’ambito dell’“affai-
il Fatto Quotidiano
può assisterlo. Un nuovo legale dovrebbe sostituito nelle
prossime ore. Lo stesso giorno erano stati fermati anche
due alti magistrati della Corte
di Cassazione, Gilbert Azibert
e Patrick Sassoust. Lo stato di
fermo dei tre uomini è stato
poi prolungato di 24 ore. Gli
inquirenti stanno cercando di
stabilire se Nicolas Sarkozy,
con l’aiuto del suo legale, abbia tentato di corrompere il
giudice Azibert per ottenere
informazioni protette da segreto istruttorio, promettendogli in cambio un posto di
prestigio a Montecarlo per finire in bellezza la carriera.
Stanno anche indagando su
un’eventuale rete di informatori che avrebbe potuto tenere
Il reato che l’Italia
applica per finta
L’
articolo 346 bis (“traffico di influenze illecite”) nel Codice penale, anche se poco "utilizzato", esiste e punisce con la reclusione da uno a
tre anni chi sfrutta le proprie conoscenze, o meglio
relazioni, con pubblici ufficiali o con chi ha incarichi
di pubblico servizio, al fine di far dare o promettere
denaro o qualsiasi altro vantaggio patrimoniale come ricompensa per il proprio interessamento.
Quando fu inserito, nel 2012, scatenò diverse polemiche poiché veniva applicato solo quando esistevano già rapporti personali tra due pregiudicati; fu
Antonio Di Pietro a sollevare il problema, dato che
era stata tenuta fuori dall'articolo la corruzione. A
favore del 346 bis pure Pietro Grasso, che ne invocò l’applicazione quando scoppiò lo scandalo delle lobby di slot machine e tabacco che dispensavano assegni ai componenti, di destra e sinistra,
delle commissioni parlamentari.
Gilbert Azibert Ansa
NIENTE PRIVILEGI
Dal 2012, lasciato
l’Eliseo, il politico non
ha immunità: avrebbe
tentato di corrompere
un giudice in cambio
di notizie top secret
ho mai creduto che sarebbe tornato”.
Quanto agli effetti che il Front National
potrà ottenere da questi sviluppi, Le
Pen sottolinea che “l'Ump è in fase di
decomposizione, in totale confusione.
Che può proporre? Il peggior rimprovero che si può muovere al partito è che
non ha più una sola idea”.
aggiornato l’ex presidente, direttamente o tramite i suoi
uomini di fiducia, sulle evoluzioni dei processi giudiziari
che lo minacciano.
LE INDAGINI si basano su al-
cune intercettazioni telefoniche avviate nella primavera
del 2013. All’epoca i telefoni
cellulari di Sarkozy e di Herzog erano stati messi sotto
controllo nell’ambito di
un’altra inchiesta, quella sui
presunti finanziamenti da
parte della Libia di Gheddafi
alla campagna elettorale di
Sarkozy del 2007 (che poi lo
catapultò all’Eliseo). Sul filone libico non venne fuori nulla, ma le intercettazioni furono comunque fruttuose. I primi di marzo erano state perquisite le abitazioni e gli uffici
del giudice Azibert e dell’avvocato, al quale era stato sequestrato il cellulare e del materiale informatico. Ora sono
scattati i fermi. L’inedita iniziativa della magistratura arriva proprio nel momento
sbagliato per Sarkozy, che si
sta preparando al suo grande
ritorno in politica in vista delle presidenziali del 2017 passando per la guida del partito
della destra neo gollista,
Ump. Un grande ritorno, atteso dunque per l’autunno,
che potrebbe ormai essere
compromesso. E che il 62%
dei francesi del resto non desidera. I suoi fedelissimi denunciano “l’accanimento” dei
magistrati contro il loro
“eroe” che era pronto a sacrificarsi per “salvare” la
Francia: “Non ho mai visto
tanto odio scatenato contro
un ex presidente”, ha commentato il sarkozista Christian Estrosi. “La giustizia indaga e deve andare fino in
fondo. Nicolas Sarkozy è un
cittadino come gli altri davanti alla legge”, ha commentato
il portavoce del governo, Stéphane Le Foll.
SENZA VERGOGNA
di Laetitia
Méchaly
on è la prima volta che uno
N
scandalo viene alla luce in Francia mentre un politico è in carica,
oppure sta progettand un suo rientro
sulla scena.
JACQUES CHIRAC , nel 1990 - ma fu
giudicato solo quindici anni dopo - fu
coinvolto in vari scandali e accusato
di “appropriazione indebita, abuso di
fiducia” e “détournement de fonds” distrazione di fondi - quando era sindaco di Parigi, fu interrogato dal giudice Alain Philibeaux, che indagava
sugli “impieghi fittizi” al Comune.
Chirac si rivolse al giornale Le Monde
per raccontare la sua versione dei fatti
con una lettera. “Se volevano continuare a giocare il loro ruolo - scrisse
Chirac riferendosi alla politica francese negli anni ‘80 - tutti i partiti erano obbligati a mobilitare mezzi finanziari di un' ampiezza senza confronto
rispetto a quelli usati fino ad allora.
Chirac, Giscard, Strauss-Kahn
quando lo scandalo parla francese
Sia a destra che a sinistra questi fatti
non hanno portato ad arricchimenti
personali, e le leggi approvate nel
frattempo assicurano oggi un quadro
democratico esemplare”. Insomma,
non era una tangentopoli, solo un
“dovere” di un politico verso il suo
partito.
ANCHE VALÉRY GISCARD d'Estaing
fu coinvolto in uno scandalo che fu
soprannominato “dei diamanti”: il 10
ottobre del 1979, il settimanale satirico Le Canard Enchaîné pubblicò la
copia di una ricevuta di un gioiello in
diamanti destinato all'allora ministro
delle finanze, firmata dall’ex dittatore
centroafricano Bokassa . Questo avvenimento produsse molto clamore e
contribuì a screditare d’Estaing fa-
QUANDO ERA SINDACO
Jacques Chirac fu coinvolto in vari intrighi
e accusato di appropriazione di fondi per conto del suo partito, da imprese di costruzione
cendo supporre una consolidata amicizia con il dittatore.
Di ben altro genere le accuse rivolte al
politico Dominique Strauss-Kahn, ex
direttore del Fondo Monetario Internazionale); è stato condannato per un
affare di prossenetismo, per aver favorito un giro di prostituzione in un
albergo di Lille, città del nord della
Francia. Molto clamore suscitò la vicenda del presunto stupro della donna di servizio che si occupava della
pulizia della sua stanza nell’albergo
Sofitel di New York. Non è mai stato
chiarito se si trattasse di un complotto organizzato nei confronti del politico, di certo distrusse completamente le sue ambizioni nella corsa
all'Eliseo tanto che il suo collega di
partito François Hollande fu eletto,
nonostante non fosse lui il candidato
scelto in precedenza dal Partito Socialista francese. Nel 2012 lo “scandalo Cahuzac” rivelò che il ministro
dell’Economia aveva un conto bancario nascosto in Svizzera, e per questo era stato cacciato del governo di
Hollande. Un anno dopo, lo stesso
Cahuzac ha riconosciuto le sue responsabilità ed è stato messo sotto
accusa per “riciclaggio di denaro proveniente da frode fiscale”
E ARRIVIAMO alla vicenda di Sar-
kozy , messo in stato di fermo per
traffico di influenza, per avere utilizzato la sua posizione in modo da
ottenere informazioni da giudici su
uno scandalo che lo stava investendo.
È la prima volta che un ex capo dello
INTRAPPOLATO DAL SESSO
Dominique Strauss-Kahn ha avuto la
carriera distrutta dallo scandalo del presunto stupro di una cameriera a New York
SPALLE AL MURO
Sarkozy è presidente dell’Ump.
Sperava di rientrare nella corsa
all’Eliseo, ma l’inchiesta
lo taglia fuori LaPresse
stato francese viene sottoposto a un
trattamento simile, costretto a restare
in un comando di polizia di Nanterre,
alla periferia di Parigi. Insomma, nella politica d’Oltralpe tornano come
comuni denominatori il denaro, il
sesso, l’abuso di potere, con il solito
obiettivo, quello di mantenere il potere e prendere voti, tranne per DSK,
un affare di sesso che è stata la fine del
suo percorso politico.
Sarkozy è sospettato di aver beneficiato di soldi di un anziana miliardaria, la signora Bettencourt, proprietaria dell'impero economico L'Oréal, e di aver raccolto dei fondi illegali per il finanziamento della campagna elettorale del 2007 - e di aver
cercato di ottenere delle informazione da parte di giudice della Corte di
Cassazione sull'inchiesta che lo riguardava. La vicenda è in evoluzione,
si attende di conoscere la decisione
del magistrato che indaga sull’ennesimo scandalo della politica francese.
UN DIAMANTE È PER SEMPRE
Valéry Giscard d’Estaing accettò
un gioiello dal dittatore Bokassa, un giornale
pubblicò la notizia e scoppiò il caso
EGALITÉ
il Fatto Quotidiano
C”LaorteFrancia
europea:
può
vietare il burqa”
LA CORTE EUROPEA dei diritti
dell’uomo ha respinto il ricorso contro
il divieto al velo integrale nei luoghi
pubblici entrato in vigore in Francia l’11
aprile 2011. La legge non viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. L’autrice del ricorso, una donna
musulmana francese di 34 anni e di
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
origini pachistane, aveva denunciato
il divieto a indossare burqa e niqab
“secondo quanto previsto dalla sua
religione” come una discriminazione,
una violazione della sua libertà di culto e della sua vita privata. La donna
aveva sottolineato nel suo ricorso che
“né il marito né alcun altro membro
3
della sua famiglia” esercitava pressioni perché lei si coprisse il volto. I giudici di Strasburgo hanno invece sottolineato che “il rispetto delle condizioni del 'vivere insieme è un obiettivo
legittimo” della legge e che uno Stato
“dispone di un ampio margine di manovra”.
Nome in codice Bismouth
la spy-story dell’Eliseo
“SUPERSARKO” AVEVA UNA IDENTITÀ FITTIZIA PER NON ESSERE INTERCETTATO
VOLEVA EVITARE L’INCHIESTA SUI FINANZIAMENTI ILLECITI PER LA CAMPAGNA 2007
Parigi
T
re mesi fa la Francia
scopriva che il cellulare di Nicolas
Sarkozy era stato
intercettato dai magistrati
nell’ambito di un’inchiesta per
corruzione. Una decisione
senza precedenti per un ex
presidente della Repubblica.
Ieri gli stessi magistrati si sono
spinti ben oltre, convocando
Sarkozy e mettendolo in stato
di fermo per il lungo interrogatorio nei locali della prefettura di Nanterre. Così il protagonista della vicenda, un ex
capo dello stato ambizioso che
punta ancora al potere, virtuale candidato alle prossime elezioni presidenziali, ha raggiunto i tre uomini che sono
dietro ad un incredibile intreccio: un avvocato fedele e
ASSEDIO
Giornalisti e
cameramen
dinanzi all’ufficio dell’anticorruzione in
attesa di una
possibile uscita di Sarkozy
dopo l’interrogatorio con il
magistrato
LaPresse
Visto da Parigi
la “prima volta” per un
È
capo dello Stato francese. “La dimostrazione è che il
sistema giudiziario francese
funziona bene” dice al telefono da Parigi Bruno
Jeudy, caporedattore
del Journal du dimanche e autore di vari libri su Nicolas Sarkozy.
Quanto è importante
questa inchiesta?
Molto, perché è la prima volta che un ex capo dello Stato viene messo in
stato di fermo, nei locali di
polizia, con altre tre persone
(due giudici e un avvocato),
per sospetto di trafic d'influence (traffico di influenze illecite, ndr). Questa vicenda è
complicata, resta legata all'affaire Bettencourt: Sarkozy ha cercato di ottenere informazioni su quell’indagine
e i poliziotti hanno intercettato le chiamate al suo avvocato.
Quale conseguenze potrebbe
Bruno Jeudy
Nicolas vuole fare
la vittima come B.
Ma non funzionerà
avere questa vicenda sul futuro
politico dell’ex
presidente della
Repubblica francese?
È ovvio che ora
Sarkozy è in crisi;
anche se non l'aveva detto in maniera ufficiale, aveva previsto di
fare un ritorno in politica alla fine dell'estate.
Che pensa dei commenti provenienti dal partito Ump, che
evocano un acharnement
(complotto, ndr) contro l'ex
presidente? Secondo lei, c'è
un rapporto tra il suo ritorno
in politica e questa vicenda?
Non penso proprio che gridare al complotto funzionerà, come magari è accaduto
in Italia per Berlusconi; malgrado il suo carisma lo scan-
dalo lo screditerà. È bene ricordare che, secondo i sondaggi, è molto meno popolare da qualche tempo. I
francesi sono più in favore di
Alain Juppé, come rappresentante della destra francese.
Insomma, la strategia utilizzata in Italia da Silvio Berlusconi in Francia non vale?
Gridare al complotto è cosa
che fanno tanti politici
quando sono sotto inchiesta,
e Nicolas Sarkozy è molto
bravo in questo senso. è bravissimo nell'arte della “vittimizzazione”, non esiterà fra
qualche giorno a fare un collegamento tra il suo eventuale ritorno in politica e il suo
interrogatorio.
Tuttavia,
non credo che avrà i risultati
che spera.
l.m.
senza scrupoli, e due magistrati pronti a tutto. Gli inquirenti
sospettano i quattro uomini di
aver infranto il segreto istruttorio e di aver messo su una
rete di “talpe” perché Sarkozy
potesse essere sempre al corrente di ogni evoluzione nelle
tante inchieste che pesano su
di lui e sulla sua ambizione.
I milioni
del colonnello Gheddafi
Tutto è iniziato nell’aprile del
2013 quando i giudici del servizio finanziario, Serge Tournaire e René Grouman, hanno
aperto un’inchiesta per indagare sui presunti finanziamenti della Libia del colonnello
Gheddafi (si parla di una cinquantina di milioni) alla campagna elettorale di Sarkozy del
2007. Quella che lo ha proiettato all’Eliseo, battendo la socialista Ségolène Royal. A settembre dunque i magistrati decidono di mettere sotto controllo i cellulari di Sarkozy, di
alcuni suoi uomini di fiducia,
tra cui due ex ministri, e soprattutto del suo avvocato,
Thierry Herzog, 58 anni, amico di trent’anni, al suo fianco
sin dai tempi dello scandalo
Clearstream contro Dominique de Villepin, nel 2006. Gli
inquirenti si accorgono rapidamente che l’ex presidente ha
un altro cellulare intestato al
nome fittizio di Paul Bismouth. É su questo numero che, incosapevoli di essere ascoltati,
Sarko - nome in codice Bismouth - e il suo legale si lasciano andare. I due parlano tanto.
Se le intercettazioni non forniscono nessun elemento nell’affaire sugli eventuali finanziamenti libici, i magistrati scoprono però altri elementi interessanti.
I segreti nei quaderni
e l’affare Tapie
Tra il 28 gennaio e l’11 febbraio
2014, parlando con il suo legale, Sarkozy sembra particolarmente preoccupato per la sorte
delle sue agendine di lavoro e
private che sono rimaste nelle
mani degli inquirenti dai tempi dell’affaire Bettencourt.
sequestrate
Erano
state
nell’ambito dell’indagine per
circonvenzione di incapace
dell’anziana e miliardaria erede L’Oréal, Liliane Bettencourt. Da quell’inchiesta Sarkozy è uscito pulito (ha ottenuto il non luogo). Ma le famose
agendine, rivelando impegni e
appuntamenti, rischiano di
compromettere Sarkozy in
un’altra inchiesta, una delle
tante in cui compare il suo nome, quella del contenzioso tra
lo Stato francese e l’uomo d’affari Bernard Tapie sul fallimento della banca Crédit
Lyonnais. Non a caso, l’11
marzo si attende un’importante decisione della Corte di Cassazione, che si deve pronunciare per invalidare o meno il
sequestro delle preziose agen-
Il web: “Se Carla canta
meglio il carcere”
I CINGUETTII d’Oltralpe sono anche per lei. L’ex première dame
Carla Bruni è presa di mira dai francesi su Twitter, con battute e
amaro sarcasmo sul suo futuro, ora che la sua dolce metà, Nicolas Sarkozy, è stato arrestato. I più velenosi si chiedono quanto ci metterà la modella-cantautrice a lasciare il povero Nicolas,
dal momento che la condizione giudiziaria ne
pregiudica lo spessore politico. L’utente
@AngryMargaret già assapora il prossimo titolone delle riviste di gossip francesi, con tanto di dichiarazione della Bruni: “Diferències
irreconciliables". Qualcuno lancia il possibile
titolo della sua prossima raccolta discografica, “Le più belle canzoni ad alta sicurezza”, e
giura di averla vista per Parigi con una busta di
“oranges”. In molti si dicono certi che l’ex inquilino dell’Eliseo possa trovare più serenità dietro le sbarre
“piuttosto che in casa ad ascoltare le canzoni di Carlà”, come
scrive @Hugoadrien. E si valuta la possibile componente profetica di una delle hit della Bruni, in cui lei canta sconsolata:
“Quelqu'un m'a dit que tu m'aimais encore, C'est quelqu'un qui
m'a dit que tu m'aimais encore” (qualcuno mi ha detto che tu mi
amavi ancora? qualcuno che mi ha detto che mi amavi ancora?
possibile, allora?) . L’account @La_Polisse scrive che all’annuncio dell’arrivo de la police, Carla sia rimasta “finalmente senza
voce”. A supporre un ironico coinvolgimento della signora Bruni-Sarkozy sarebbe una foto in cui sfila in passerella portando la
bandiera italiana, secondo l’utente @CCalmier, “in un modo
troppo ostentato”, quasi a contagiare con le brutte abitudini dei
politici nostrani il povero marito “inconsapevole”.
dine, che l’ex presidente vorrebbe recuperare volentieri.
Alla fine il sequestro è confermato, le agende restano
tutt’ora nelle mani dei magistrati e potranno ancora essere
utilizzate. Ogni tentativo fatto
dai due per recuperarle sarà risultato dunque vano. Stando
alle intercettazioni, di cui il
giornale on line Mediapart ha
I“COMPARI”
Un avvocato senza
scrupoli e due magistrati
pronti a tutto avevano
messo su una rete
di “talpe”per conoscere
l’evolversi delle indagini
pubblicato alcuni passaggi il 18
marzo, in questa vicenda, Sarko e Herzog hanno fatto appello a una “talpa” per essere tenuti informati regolarmente
sull’evoluzione della procedura.
Il sogno di Azibert:
un posto a Montecarlo
A questo punto entra in scena
Gilbert Azibert, 68 anni, alto
magistrato della Corte di Cassazione. Quest’ultimo ha un
solo desiderio: finire in bellezza la sua brillante carriera (fu
persino considerato il “Guardasigilli bis” ai tempi di Rachida Dati) come consigliere di
Stato a Montecarlo. In cambio
di questo posto al sole il magistrato sembra disposto anche a
fornire informazioni coperte
da segreto istruttorio. Aprendo un’inchiesta per violazione
del segreto istruttorio, i magistrati devono dunque stabilire
se Sarkozy è realmente intervenuto per soddisfare le richieste
di Azibert. Da Montecarlo
hanno rapidamente smentito
ogni forma di pressione. La
candidatura di Azibert del resto è stata bocciata. Ma ad informare Sarkozy ed Herzog di
come andavano le cose, compresa la decisione di mettere
sotto intercettazione i telefoni
di entrambi, sembra che non ci
sia un solo informatore. Probabilmente l’altra “talpa” di
Sarkozy è un collega togato di
Azibert, Patrick Sassoust, avvocato generale alla Corte di
Cassazione, 55 anni, direttamente incaricato del dossier
Bettencourt. Forse è lui l’“anello mancante”, l’uomo chiave
che, potendo accedere a tutti
gli elementi, trasferiva le informazioni a Azibert, che a sua
volta informava Sarkozy e
Herzog.
Ldm
4
IL CANNIBALE
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
PDomani
atto del Nazareno
il bis
con Berlusconi
DOMANI è il giorno cerchiato sul calendario per
serrare gli spifferi del patto del Nazareno, provare
a dare la stretta definitiva sulle riforme costituzionali e poi dare il via ai voti sugli ultimi emendamenti in Commissione, in modo da arrivare in
Aula di Palazzo Madama il 9 o il 10 luglio, come
dichiarava ieri il ministro per le Riforme, Maria
Elena Boschi.
Domani Berlusconi va al gruppo dei senatori di
Forza Italia. E domani Matteo Renzi dovrebbe
incontrarlo. L’appuntamento in programma con i
senatori però ancora non ufficializzato.
L’idea che Berlusconi possa disertare l’incontro
però non sembra possibile anche perchè il suo
intervento è necessario per riportare la calma
dentro il gruppo dei senatori e, contemporanea-
il Fatto Quotidiano
mente, mandare un messaggio chiaro a palazzo
Chigi: Forza Italia ha intenzione di portare a termine le riforme su cui si è impegnata ma, allo
stesso modo, il Pd non deve venire meno agli
accordi. Ed il primo punto su cui il Cavaliere ha
intenzione di incalzare il presidente del Consiglio
è l’avvio della discussione sull'Italicum così come
è stato licenziato dalla Camera.
MATTEO RENZI BALLA DA SOLO
PER GARANTIRVI QUESTA TESTATA SCARICATELA SEMPRE DA QUI http://quoidianes.tumblr.com/
CDM SEMPRE PIÙ BREVI, SEGRETERIE DEL PD RIUNITE SU WHATSAPP (E NON PIÙ ALL’ALBA),
NOMINE DECISE DAVANTI A UNA PIZZA. TRATTA IL GOVERNO COME UN CONSIGLIO COMUNALE
di Wanda Marra
N
on lo so”, “decide
Matteo”, “il Presidente non l’abbiamo visto”: capita
spesso di provare a informarsi
su provvedimenti di Palazzo
Chigi, o sulle mosse prossime
venture del governo e del Pd e di
sentirsi rispondere così. In genere non è reticenza: è che proprio Renzi “balla da solo”, per
usare la metafora di un dirigente Dem. E dunque, tende a fare
tutto lui, delega il meno possibile, vuole l’ultima parola su
qualsiasi cosa, non si fida praticamente di nessuno.
LUNEDÌ ha incontrato a ora di
pranzo Andrea Orlando, il
Guardasigilli che aveva pronti
una serie di provvedimenti, e gli
ha chiarito non solo che la riforma della giustizia era rimandata, ma che poi nel merito avrebbe deciso lui. Per chiudere la
bozza d’entrata in Cdm del
provvedimento sulla Pa, il ministro Madia ha dovuto aspettare che lui tornasse dal Vietnam. E fino a quando Napolitano non ha firmato i decreti, i
diretti responsabili non sapevano neanche cosa ci sarebbe stato
esattamente nella loro riforma.
“Renzi ha leadership ed è giusto
che i ministri intorno a lui non
siano figure forti. Potrebbero
essere solo elementi di disturbo”, commentava qualche corrispondente straniero il giorno
del giuramento. Uno spunto
che Renzi segue alla lettera.
“Maria Elena, hai le slide? Ah,
ma queste sono slide da secchio-
FACCIO TUTTO IO
Il premier vuole avere
l’ultima parola su
tutto. Per questo
molte decisioni
vengono rimandate
all’infinito
na”. Così prendeva in giro la Boschi durante la conferenza
stampa di presentazione della
riforma del Senato. “Poi Marianna domani vi spiega tutto”,
diceva nel Cdm dedicato alla Pa.
Quel domani non è mai arrivato. I Cdm sono brevissimi e
neanche troppo tesi: c’è poco da
discutere. Renzi i ministri competenti li vede prima, sente cosa
hanno da dire, poi decide lui.
“Non è vero che Matteo non
ascolta: ascolta tutti. Magari per
pochissimo. Poi sintetizza”, raccontano.
Il “Presidente” vuole avere l’ultima parola anche “tecnica” sulle leggi. Ecco l’imbuto, l’ingorgo. E le incomprensioni: capita
che chi lavora con lui neanche
sappia esattamente i contenuti
dei testi. Gli unici a cui delegasono quelli del “Giglio magico”:
il sottosegretario alla presidenza
del Consiglio, Luca Lotti gestisce le trattative per suo conto,
magari ci mette la faccia, quando il premier preferisce evitare.
La Boschi è la punta di diamante
alle riforme: lei ha il mandato,
lui ratifica ogni cosa. Il direttore
del Dagl, Antonella Manzione, è
quella che deve tradurre in legge
le volontà del premier. Graziano
Delrio, Sottosegretario alla presidenza del Consiglio, diverso
per carattere ed esperienza dai
fiorentini ha avuto un ruolo
centrale politico nel portare il
premier alla guida del governo,
ma ora preferisce dedicarsi a gestire una serie di partite amministrative centrali (tipo Alitalia).
Molti lo vedono pronto per il
Colle. Chiunque ha una certa
autonomia fa fatica a sopravvivere accanto a Renzi. A Palazzo
Chigi il premier non ha neanche
una segretaria: si appoggia alla
struttura, per molte cose fa da
solo.
AL PARTITO, viceversa, Renzi è
quasi assente. La segreteria praticamente non esiste. Da quando è diventato premier, la metà
si è trasferita con lui al governo
(Boschi, Lotti, Madia). Matteo
ha nominato due vice segretari,
Guerini e Serracchiani. Soprattutto al primo delega ogni pratica complicata e diplomatica.
Perché poi il segretario è il lavoro che gli interessa di meno.
Tutti gli altri sono sostanzialmente lasciati a loro stessi. Finiti
Auto blu, aste deserte
anche in Trentino
ERA IL 12 MARZO quando Renzi annunciò l'intenzione di mettere all'asta su eBay le 151 auto blu del parco macchine di proprietà dello Stato. I mezzi, oltre a essere numerosi, erano variegati: da alcuni modelli più datati, come la Fiat Croma o l'Alfa
156, fino ad altri di lusso come le due Maserati in vendita dal
ministero della Difesa e le due Jaguar in possesso del ministero
della Giustizia. Ministeri che evidentemente andavano di fretta.
Ma la vendita non si rivelò semplice dato che, arrivati ad aprile,
secondo il sito del governo, il ricavo fu di appena 371 mila euro.
Effettivamente se ci si fa un giro nel sito d'aste più famoso al
mondo, le offerte per i componenti dell'"armata blu" dell’esecutivo sono molto poche, essendo auto di lusso si, ma decisamente piene zeppe di chilometri. Anche l'ex governatore del
Trentino, Luis Durnwalder, aveva deciso di mettere in vendita la
sua Mercedes S 500 per
una cifra, in prima asta, di
39 mila euro; richiesta poi
scesa, dato l'insuccesso, a
31.200. Ma anche nell'ultima asta la macchina non
è riuscita a trovare un nuovo proprietario: è stato così deciso che l'auto finirà in
permuta quando verrà acquistata una nuova vettura. Per la serie: l’importante è partecipare.
g.f.
i tempi delle riunioni all’alba.
Anzi, le riunioni non si fanno
neanche più. “Ma siamo perennemente convocati su Whatsapp”, raccontano loro. Sono
mesi che si aspettano nuove nomine per la segreteria. Sempre
rimandate perché lui “non ci ha
messo la testa”. Quando poi ce la
mette, fa quello che vuole: il
giorno della chiusura delle liste
per le europee, alle 2 di notte, ha
mandato sms alle 5 prescelte per
comunicare che sarebbero diventate capoliste, azzerando in
un istante settimane di trattative. Lacrime delle ragazze, strepiti degli esclusi. La sera prima
dell’Assemblea nazionale del Pd
ha mangiato una pizza con i fe-
SOLO AL TIMONE
Matteo Renzi è la perfetta incarnazione del berlusconiano
“faccio tutto io”. Glielo avrà
consigliato Silvio? Ansa
delissimi e ha ratificato una decisione che aveva preso da settimane: il presidente sarebbe
stato Matteo Orfini. Il 17 giugno
in un vertice a Palazzo Chigi con
governo e Pd ha praticamente
scritto l’ultima versione della riforma del Senato, immunità
compresa. L’uomo è così: non
propone, ma dispone. E se qualcuno prova a contrastarlo c’è lì
quel 40,8%. I voti, tipo memento
mori. Accentrava quando era
presidente della Provincia di Firenze, lo faceva da Sindaco, continua da premier. Il problema,
che molti cominciano a notare,
è che più il perimetro dell’azione
è largo e l’imbuto è stretto, più
rischia di strozzarsi.
IL CASO ORLANDO
Quei cazziatoni al “moscio” Guardasigilli
L’ostensione di Andrea Orlando e Angelino a mo’
di valletti, l’altro giorno in conferenza stampa a
Palazzo Chigi, è l’ennesima conferma che Matteo
Renzi tratta i suoi ministri come assessori qualunque, come se non fosse un governo ma una
giunta comunale. Il sindaco d’Italia, appunto. Un
sindaco-premier che non tollera altri protagonisti
splendenti ma solo comprimari ubbidienti.
Quello che è accaduto sulla giustizia è un esempio
magistrale del renzismo che non vuole ombre altrui. Il balletto sulla riforma, anzi no sulle linee-guida, anzi no sulla consultazione popolare
estiva (sulle spiagge già si registrano capannelli di
bagnanti che discutono i dodici punti dell’imbarazzante compitino presentato lunedì), avrebbe
generato almeno due veementi cazziatoni di Renzi
al Guardasigilli Orlando. Il primo la settimana
scorsa, quando Repubblica (il quotidiano più renziano d’Italia a eccezione dell’enclave Scalfari-Giannini) ha pensato di fare uno scoop anticipando pezzi di una riforma che non c’era e non
c’è. Rivelano fonti di governo che il premier
avrebbe rimproverato con durezza Orlando:
“Andrea queste cose le devo gestire io, che non
succeda mai più”. Orlando, mortificato, avrebbe
provato a difendersi: “Matteo ma io non ne sapevo nulla”. Il ministro della Giustizia, raccontano ancora, non ha fatto in tempo a concludere la
frase che il premier aveva già chiuso la conversazione. La scena si è ripetuta ieri mattina, nel day
after dei dodici pensierini di lunedì. Orlando
avrebbe voluto commentare alcuni editoriali negativi dei quotidiani e la risposta di “Matteo” è
stato liquidatoria: “Non preoccuparti, ci penso
io”. Clic. Poi rivolto a un deputato amico, Renzi
avrebbe sentenziato, secondo l’Huffington Post:
“Quanto è moscio questo”.
che delicati e scivolosi, avrebbe dovuto sollevare
decine di commenti, invece l’ordine di scuderia è
stato: “Non cavalcate l’intervista”. E ieri, poi, è arrivata la smentita sugli eurobond del ministro
all’Economia Padoan, con un’altra intervista, stavolta al confindustriale Sole 24 Ore.
Renzi, soprattutto dopo il 40 per cento europeo,
vuole brillare da solo. E il suo volto diventa feroce
quando qualcosa non va per il verso giusto. Un
altro aneddoto significativo riguarda la botticelliana Marianna Madia, destinataria di una battuta
sul tormentone giallo del decretone sulla Pubblica
amministrazione. A un certo punto, nel Consiglio
dei ministri in cui si discuteva della materia, “Matteo” si è girato verso “Marianna” e le ha ordinato:
“Che ci fai ancora qui, vatti a preparare che devi
andare a Otto e mezzo”. C’è tutto Renzi, e c’è tutto il
renzismo nella direttiva alla Madia. Viene in men-
te una bella e cruda lettera pubblicata da Michele
De Lucia nel suo Berluschino, la biografia politica di
Renzi. A scriverla un assessore dimissionario della
giunta di Firenze: “Caro Matteo tratti i tuoi assessori come servitori e non riusciamo a parlarti se
non per alcuni secondi tra una cosa e l’altra”.
ORLANDO, Delrio, Madia: o ministri maltrattati,
o ministri servitori. E due a cui il premier non è
ancora riuscito a prendere le misure sono MauRenzi applica soprattutto nel campo della comurizio Lupi di Ncd e il bersaniano Maurizio Marnicazione. L’agenda setting, la scelta della notizia
tina. Entrambi si occupano dell’Expo di Milano e
dominante del giorno, tipica della visione blairiaquesto sta mettendo molto in ansia, ma davvero
na di Filippo Sensi, lo spin doctor del premier, è
molto, Palazzo Chigi. Se Lupi avesse optato per il
un’esclusiva di Palazzo Chigi. E guai a chi devia il
corso del marketing renziano, come è capitato apseggio europeo, lasciando le Infrastrutture, Renzi
avrebbe sparato i fuochi d’artificio per la gioia. Ma
punto, a torto o a ragione, al ministro Orlando. Di
qui anche il fastidio per l’intervista di Delrio
non è successo. Anche su Martina le riserve sono
dell’altro giorno al Corsera. Per i temi trattati, anforti, per il timore che i lavori non finiscano in
tempo. Nel Pd, dai giorni glorioSULLA GRATICOLA Graziano Delrio, Marianna Madia, Maurizio Martina e Andrea Orlando Ansa/LaPresse/Dlm si del maggio europeo, circola
una battuta che paragona Renzi
a Maradona. “Finora non ce
l’avevamo, adesso sì”. Con la differenza, però, che Diego, dall’alto del suo talento pedatorio, non
cazziò mai un compagno di
squadra del Napoli. E gli azzurri
vinsero lo scudetto per la prima
volta. Qualcosa vorrà dire.
È IL “CI PENSO IO” di berlusconiana memoria che
fd’e
il Fatto Quotidiano
IL CANNIBALE
RIFORME, IL PD SCRIVE AI CINQUE STELLE
VEDIAMOCI, MA IL PREMIO NON SI TOCCA
Termina con un “saluto cordiale” e le firme in calce:
Alessandra, Debora, Matteo, Roberto. La lettera
del Pd ai Cinque Stelle dopo l’incontro a Montecitorio della scorsa settimana ha il tono fermo di chi
conduce la danza forte di quel 40% rimediato alle
Europee. “Siamo pronti a confrontarci insieme”,
scrivono dal Pd, ma chiariscono: “Per noi un vincitore ci vuole sempre. L’unico modello che assicura
questo oggi in Italia è la legge elettorale che assegna un premio di maggioranza al primo turno o al
secondo turno. Siete disponibili a prevedere un
ballottaggio, così da avere sempre la certezza di un
vincitore? Noi sì. Siete disponibili ad assicurare un
premio di maggioranza, al primo o al secondo tur-
fatto
a mano
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
5
no, non superiore al 15%, per garantire a chi ha vinto di avere un minimo margine di governabilità?
Noi sì. Siete disponibili a ridurre l'estensione dei
collegi? Noi sì”. È forse questa l’unica apertura vera sulla legge elettorale. Però la volontà c’è: “Noi su
legge elettorale e riforme costituzionali siamo
pronti a vederci. Se prima ci rispondete, il dialogo
sarà ancora più utile”.
LA PREFERITA DEI FOTOGRAFI
“Il governo è favorevole”
L’immunità al Senato c’è
LO SCUDO PASSA IN COMMISSIONE. POTRÀ SERVIRE ANCHE A NAPOLITANO
LE NORME SULL’ANTICORRUZIONE SLITTANO ANCORA (DOPO LA METÀ DI LUGLIO)
di Carlo
Tecce
V
enti minuti, poche
obiezioni, un assenso convinto e la
commissione Affari costituzionali approva
l’emendamento di Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli, i relatori di una riforma che
trasforma la Carta: viene introdotta (o confermata) l’immunità per i futuri senatori,
che poi senatori non sono, ma
consiglieri regionali, sindaci e
nominati.
Il Partito democratico ha votato compatto, assieme ai berlusconiani (con l’eccezione di
Augusto Minzolini), ai leghisti e ai centristi-alfaniani misti. Sel e M5s contrari. Il ministro Maria Elena Boschi,
presente in Commissione, ha
concesso al tema un centinaio
di secondi, in tre ha riassunto:
“Il governo è favorevole”.
Scomparso l’imbarazzo; pareva asfissiante un paio di settimane fa. Poi s’è scoperto che
la protezione ai senatori aveva
il timbro di Matteo Renzi, di
un gruppo di democratici e,
ricordano, di svariati costituzionalisti consultati in Commissione.
IL BERSANIANO Miguel Go-
tor ha assistito a questi venti
minuti, che avranno tempi
supplementari in aula. Convinto, per nulla pentito: “Il Senato che aveva pensato Renzi
non aveva poteri, noi abbiamo
ripristinato le funzioni legislative, di controllo e di garanzia
e abbiamo bisogno di un ombrello”. Perché, Gotor? “Perché? Io sono quasi sicuro di
essere ascoltato in questo mo-
mento. Viviamo in un paese
con precedenti eclatanti di
spionaggi illegali”. E i politici
locali che non saranno tra i
fortunati 100, non sono discriminati? “La questione è stata
aperta, ma non era possibile
trovare una soluzione”. Con
disprezzo per il pericolo, e per
il cortocircuito normativo, la
Commissione voleva coinvolgere la Consulta: in via informale, ma non interlocutoria,
la Corte ha fatto sapere che
non vuole cadere in impicci
politici. E non vuole sbrigare
questioni che non le competono: creare una sezione per
accogliere o respingere le richieste dei Tribunali non
avrebbe senso. Non è possibile. Per il governo non c’era
neanche l’esigenza di disturbare la Consulta: l’immunità
non è “dirimente” per le ri-
LA LETTERA
Scudo sbagliato, diciamo no
C
arissimi Renzi e Boschi, come sapete e giustamente non vi stancate di affermare tutti
i giorni, all’Italia occorre cambiare verso, rottamando vecchie prassi economiche e costumi
etici e promuovendo un deciso cambio generazionale. Tutto ciò ci consentirebbe di voltar
pagina anche su corruzione e malaffare. Quel
rapporto si ruppe plasticamente 22 anni fa,
quando Bettino Craxi si alzò nell’emiciclo della Camera e chiamò tutti in correità, sostenendo che se lui era corrotto, erano corrotti tutti e
che nessuno, in Parlamento e nella società, poteva chiamarsi fuori.
Era il luglio 1992. Nell’aprile 1993, a voto segreto, fu negata l’autorizzazione a procedere
che la procura di Milano avanzò nei confronti
di Craxi. Da allora - sebbene siano cambiati
alcuni importanti aspetti tecnici dell’immunità parlamentare - c’è un filo rosso concettuale
che corre fino a noi, passando per i dinieghi nei
riguardi di Previti, Dell’Utri, Cosentino e Milanese; lungo questi anni passa un senso di
amarezza dei cittadini verso una casta che
spesso si protegge dalla legge, a prescindere da
un rigoroso esame dei fatti. Con questo atteggiamento si tradisce il senso nobile delle immunità. Temo che nell’emendamento dei relatori riemerga quel tratto di conservazione di
ceto che non comprendo e che moltissimi cittadini credo non capirebbero, specie in tempi
di Expo e Mose.
Lucrezia Ricchiuti, senatrice Pd
forme. Anna Finocchiaro è in
perfetta sintonia con Palazzo
Chigi e il cosiddetto patto del
Nazareno (allargato ai leghisti-alfaniani): “L’immunità
non c’entra nulla con il mezzo
di elezione. Non è cambiato
niente rispetto alla Costituzione vigente, così come riformata nel ‘92”. Ma il Senato sta per
cambiare. I Cinque Stelle dicono che l’immunità è uno
sfregio al dialogo dei cittadini:
“Non sanno neppure se i componenti saranno eletti o meno”. Il governo non vuole cedere sul Senato elettivo né tantomeno l’alleato Silvio Berlusconi è ricettivo. Renzi ha spedito una missiva, un elenco di
buoni propositi ai Cinque
Stelle e rimette i contrasti in
sospeso. Ancora qualche giorno in Commissione, poi la settimana prossima la riforma
sarà in aula. E in aula, però,
non ci sarà il disegno di legge
anticorruzione. Precedenza al
Senato che corregge se stesso.
IL RIPRISTINO (o la tutela) di
una guarentigia costituzionale
di Palazzo Madama potrebbe
tornare utile anche a Giorgio
Napolitano che, dimissionario
a breve o dimissionario più
tardi, potrà usufruire dell’articolo 68 quando non alloggerà più al Colle. Ai magistrati
di Palermo che lo volevano interrogare in qualità di testimone della trattativa Stato-mafia, il presidente della
Repubblica inviò una lettera:
“Non ho nulla da riferire”. E
nulla ha riferito. Da senatore a
vita senza immunità avrebbe
riferito. Adesso non più. O
mai più.
Boschi sempre in passerella,
oggi sarà la star del Palio
È SEMPRE la più fotografata, la più ammirata e la più vez-
zeggiata dai fotografi. Ogni volta che arriva, a passo spedito
o a passo dell’oca, è un tripudio di flash. Maria Elena Boschi, naturalmente. Dal giorno del giuramento al Quirinale, in blu elettrico, non manca giorno che il ministro delle
Riforme non faccia, mediaticamente, parlare di sé. Che sia
il rosso pompeiano all’inaugurazione del Maggio fiorentino o un austero tailleur color crema, i fotografi non si perdono uno sguardo o una smorfia maliziosa. Lei, da parte
sua, non fa nulla per sottrarsi. Il suo presenzialismo, infatti,
polverizza ogni record. E così, dopo averla vista incedere
sorridente e determinata all’ingresso della commissione
Affari costituzionali di Palazzo Madama, oggi la si potrà
ammirare al Palio di Siena, dove è stata ufficialmente invitata insieme alla collega di governo Stefania Giannini. Gli
organizzatori di qualsiasi genere di manifestazione l’hanno
capito: invitiamo la Boschi e la copertura della stampa è
assicurata. Con buona pace della Giannini.
6
COSE LORO
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
Ialberghi
schia, sequestrati
e terme
al forzista De Siano
AL CRONISTA ripete a macchinetta “sono sereno, sono sereno,
sono sereno”. Beato lui. Se ai comuni mortali è sufficiente il sequestro amministrativo dell’automobile per andare in angoscia, al senatore forzista Domenico De Siano il sequestro giudiziario di tre fra
i numerosi alberghi e centri termali di famiglia sull’isola d’Ischia
non provoca particolare turbamento. La magistratura napoletana contesta ai titolari delle strutture turistiche lo scarico abusivo
di acque reflue nelle fogne: i liquidi
dei contro lavaggi dei filtri delle
piscine e le acque delle docce dei
centri benessere dopo i trattamenti di fangoterapia. In sostanza, l’accusa è quella di inquinare il mare
dell’isola dove secondo i rumors
dei mesi scorsi Domenico De Siano avrebbe dovuto officiare a giugno il matrimonio a sorpresa tra
Berlusconi ammonito
chiede scusa come Suarez
IL GIUDICE DI SORVEGLIANZA LO RICHIAMA PER L’ATTACCO AI MAGISTRATI E LO
COSTRINGE ALLA RETROMARCIA: “ERA SOLO UNA BATTUTA, NON LO FACCIO PIÙ”
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di Gianni Barbacetto
O
ra tutto è possibile,
per il padre delle riforme Silvio Berlusconi. Compresa la
revoca dei servizi sociali e la
detenzione domiciliare. E, in
astratto, è possibile perfino
che per lui si aprano le porte
del carcere. Ieri l’ex presidente
del Consiglio è salito al settimo
piano del palazzo di giustizia
di Milano per incontrare il suo
giudice di sorveglianza, Beatrice Crosti, che lo ha in carico
come tutti i condannati del tribunale di Milano il cui cognome inizia con la lettera b. In
fondo, a Berlusconi è andata
meglio che all’ex collega Sarkozy: gli è bastata un’oretta di
colloquio, in cui il giudice lo ha
diffidato per le parole usate a
Napoli, nel corso della sua testimonianza nel processo a carico di Valter Lavitola. Berlusconi aveva attaccato i giudici,
parlando di “magistratura irresponsabile”, detentrice di un
potere “incontrollato e incontrollabile”.
LA VICENDA napoletana è ar-
rivata a Milano, e il giudice
Crosti, che ha il compito di seguire l’esecuzione della pena
per il condannato Berlusconi,
ha alzato il cartellino giallo. Ha
rinfrescato la memoria al condannato leggendogli alcuni
passaggi dell’ordinanza con
cui gli è stato concesso l’affidamento in prova ai servizi sociali. Poi ha richiamato l’ex
presidente del Consiglio ad attenersi con scrupolo alle dodici
prescrizioni del provvedimento stilato dal Tribunale di sorveglianza. L’affidamento ai
servizi sociali è la misura alter-
nativa al carcere che gli è stata
concessa, ma tra le dodici regole c’è quella che gli impone
di non esagerare nei suoi attacchi alla magistratura, come ha
fatto a Napoli. Berlusconi ha
spiegato che le sue parole erano “una battuta”. E si è scusato,
promettendo che un caso simile “non si ripeterà più”.
È stato condannato a quattro
anni di carcere (ridotti a uno
grazie all’indulto) per la frode
fiscale milionaria realizzata attraverso le giravolte finanziarie, attraverso società in mezzo
mondo, dei diritti tv Mediaset.
Ora è scattato il primo cartel-
l’eventuale revoca dei servizi
sociali”. Saltata la misura alternativa, si possono aprire le porte del carcere. Per Berlusconi è
più probabile che scatti invece
la detenzione domiciliare, visto che è ultrasettantenne e in
forza della legge svuotacarceri
del 2010. Se invece manterrà la
sua promessa e non meriterà
altri richiami, potrà concludere tranquillamente il suo affidamento in prova, con gli incontri periodici con le assistenti sociali guidate da
Severina Panarello, che
dirige l’Uf-
ficio esecuzione penale esterna, e con le visite settimanali ai
malati di Alzheimer all’istituto
Sacra Famiglia.
Le cose si complicheranno nel
caso di condanna anche in appello, il 18 luglio, e poi eventualmente in Cassazione, per i
reati di concussione e prostituzione minorile contestati nel
processo Ruby. Allora sì che
sarà difficile per Berlusconi
continuare a recitare tranquillamente la parte del padre costituente, autore insieme a
Matteo Renzi della grande riforma che ridisegnerà la
Repubblica.
“NON LO
FACCIO PIÙ”
VINCE LA PAURA
Al prossimo passo falso
è possibile che si aprano
le porte di un carcere
Dopo un’ora di colloquio
il Caimano promette:
“Non si ripeterà più”
il Fatto Quotidiano
L’ex premier Silvio
Berlusconi LaPresse
Silvio Berlusconi e Francesca Pascale. “Tutte sciocchezze”, fu il
commento di De Siano. Si riferiva
alle nozze del Cavaliere, ed aveva
ragione. Per le violazioni della normativa ambientale, invece, si vedrà.
Vin. Iur.
OLTRE LA TRATTATIVA
“Dell’Utri pericoloso
per la società. E pure
B. stava con la mafia”
LA CASSAZIONE: “LE SOMME DI DENARO A CINÀ
INDICATIVE DELL’ACCORDO CON COSA NOSTRA”
di Antonella Mascali
arcello Dell’Utri come il suo amico e sodale Silvio Berlusconi. Non ha avuto le attenuanti generiche perché ritenuto
M
dai giudici, che lo hanno condannato per mafia, un “uomo so-
cialmente pericoloso”. È quanto si legge nelle motivazioni della
Cassazione, che ha confermato la condanna a 7 anni di carcere per
concorso esterno in associazione mafiosa, emessa al processo
d’appello bis di Palermo. Anche Berlusconi era stato definito “socialmente pericoloso” dal tribunale di sorveglianza che gli ha concesso i servizi sociali. E Berlusconi, i suoi rapporti indiretti con la
mafia, attraverso la mediazione di Dell’Utri, si ritrovano nelle motivazioni della Suprema corte che riguardano l’ex senatore, condannato definitivamente il 9 maggio, in carcere dal 13 giugno,
dopo la fuga in Libano dove riteneva che mai le autorità di Beirut
avrebbero concesso l’estradizione.
Dal 1974 al 1992, quasi per un ventennio, Marcello Dell’Utri è
stato il garante dell’accordo tra Berlusconi e la mafia per proteggere interessi economici e i suoi familiari: “La sistematicità
nell’erogazione delle cospicue somme di
denaro da Marcello Dell’Utri a Cinà
(Gaetano Cinà, medico mafioso, ndr) sono indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione all’accordo, al di
là dei mutamenti degli assetti di vertice di
Cosa nostra”.
C’È ANCHE un incontro a Parigi con i ca-
pimafia di allora, Stefano Bontate e Mimmo Teresi, che confermano quella mediazione, anche se non lavorava in quel moM. Dell’Utri Ansa mento per Berlusconi: “Il perdurante rapporto di Dell’Utri con l’associazione mafiosa, anche nel periodo in cui lavorava per Filippo Rapisarda e la
sua costante proiezione verso gli interessi dell’amico imprenditore
Berlusconi, veniva logicamente desunto dai giudici territoriali anche dall’incontro, avvenuto nei primi mesi del 1980, a Parigi, tra
l’imputato, Bontate e Teresi, incontro nel corso del quale Dell’Utri
chiedeva ai due esponenti mafiosi 20 miliardi di lire per l’acquisto di
film per Canale 5”. Quanto all’organicità dei rapporti di Dell’Utri
con Cosa Nostra, la Cassazione ha osservato che i giudici di Palermo hanno dimostrato la “coscienza e volontà, quale concorrente
esterno, di dare un rilevante e decisivo contributo alla realizzazione,
almeno parziale, del disegno criminoso ”. E una parte dell’arricchimento di Cosa ostra “senza il suo apporto non si sarebbe verificato”. Il profilo criminale di Dell’Utri, tracciato dai giudici, fa sì
che gli siano state negate le attenuanti: “Il diniego delle circostanze
attenuanti generiche e il complessivo trattamento sanzionatorio
sono stati giustificati con la qualità e la natura del reato commesso,
espressivo di particolare pericolosità sociale, con le modalità della
condotta, protrattasi per un lasso di tempo assai lungo e idonea a
ledere in maniera significativa” l’ordine pubblico.
lino giallo. Che cosa succederà
ora? Quali sono i prossimi,
eventuali passi?
A differenza che nel calcio, qui
non esistono automatismi.
Non c’è necessariamente un
cartellino rosso, dopo quello
giallo. Le valutazioni sono
sempre discrezionali, i richiami sono sempre specifici. Certo è che, nel caso di prossime
violazioni gravi, Berlusconi
potrebbe rischiare addirittura
l’arresto. “È prassi costante”,
spiegano al Tribunale di Milano, “disporre l’esecuzione
della pena in carcere, dopo
Mose, finita l’immunità per Lia Sartori
CON L’ADDIO ALL’EUROSEGGIO SCATTANO I DOMICILIARI. E NELLA CASA DI MAZZI RECUPERATE TELE DA 40 MILIONI
di Antonio Massari
e Davide Vecchi
inviati a Venezia
ia Sartori da stamani è agli
L
arresti. Scaduta l’immunità garantita dal seggio all’Euro-
parlamento, l’esponente del Pdl
- accusata di aver ricevuto mazzette complessivamente per
200 mila euro, 25 mila in particolare ricevuti attraverso un
giro di false fatture dal Consorzio Veneto cooperativo (Coveco) per le Europee 2009 - da oggi sarà messa ai domiciliari.
A quanto si è appreso Sartori ha
intenzione di non patteggiare e
di rispondere all’interrogatorio
di garanzia che con ogni probabilità si terrà entro venerdì.
Subito dopo i suoi legali ricor-
reranno al tribunale del riesame. Riesame che oggi deciderà
sul ricorso presentato da Alessandro Mazzi (48 anni il prossimo ottobre) arrestato anche
lui nell’ambito dell’inchiesta
Mose lo scorso 4 giugno. Mazzi
è stato vicepresidente del Con-
IL RICORSO
Difficile che il tribunale
del riesame accolga
la richiesta
di scarcerazione dei legali
del numero 2
di Mazzacurati
sorzio Venezia Nuova e oltre a
essere il braccio destro del
grande burattinaio Giovanni
Mazzacurati, è molto legato a
Gianni Letta e per questo, dalla
ricostruzione degli inquirenti, è
ritenuto il collegamento tra Venezia e i Palazzi romani.
Durante le perquisizioni nella
abitazione di Mazzi sono stati
trovate, tra l’altro, tre opere del
pittore veneziano Canaletto e
una del Tintoretto, risalenti rispettivamente al diciottesimo e
al sedicesimo secolo, per un valore stimato tra i 30 e i 40 milioni di euro.
UNA
CIFRA che equivale
all’ammontare della sovrafatturazione, ovvero circa 40 milioni
di euro, con cui secondo la pro-
cura il Cvn riusciva a drenare i
soldi pubblici creando il “fondo
Neri” per pagare le mazzetta.
Mazzi, numero uno di Grandi
Lavori Fincosit (Glf), l'azienda
costruttrice della tramvia di Firenze, era già rimasto coinvolto
nell’inchiesta sulla cricca di
Diego Anemone.
Difficile che il riesame possa accogliere il ricorso, considerato
che finora il quadro indiziario è
stato sostanzialmente confermato, con addirittura il caso
dell’ex sindaco Giorgio Orsoni
cui il gup ha rigettato la richiesta
di patteggiamento (4 mesi e 15
mila euro) ritenendola una pena troppo lieve per la gravità
delle accuse.
Oggi, oltre a Mazzi, il tribunale
valuterà anche la posizione di
Alessandro Cicero, direttore ed
editore della rivista Il Punto; uomo ritenuto vicino ai servizi segreti ed accusato di essere stato
il tramite tra il generale della
Guardia di Finanza, Emilio
Spaziante, e il presidente della
Mantovani, Piergiorgio Baita,
così da informare quest’ultimo
sullo stato delle indagini in corso che lo riguardavano. Anche
qui la posizione dell’accusa appare piuttosto solida ma la Procura, per sostenere l’opposizio-
Lia Sartori Ansa
ne alla revoca della carcerazione, con ogni probabilità presenterà nuova documentazione
che riguarda anche altri imputati.
[email protected]
[email protected]
LUTTO
Tutti i colleghi de “Il Fatto Quotidiano”
si stringono all’amico Oliviero Beha per l’improvvisa
scomparsa della sorella Viviana
FRAGILE UNIONE
il Fatto Quotidiano
LNogarin
ivorno, il sindaco
debutta
con “lo sceriffo”
di Luca De Carolis
e Andrea Valdambrini
F
Strasburgo
arage dà le spalle
all’Europa unita. E
Grillo batte le mani:
“Ha fatto benissimo,
l’Inno alla gioia lo usava Hitler
per i compleanni”. Aggiungendo una frase dinamitarda, quindi grillina: “Non date finanziamenti all’Italia, vanno tutti a
mafia, camorra e ‘ndrangheta”.
Nel primo giorno di scuola a
Strasburgo, la foto è quella dei
24 eurodeputati dell’Ukip, il
partito del britannico Nigel Farage, che al risuonare in aula
della Nona Sinfonia di Beethoven mostrano schiene e terga.
Ma il discorso che provoca fracasso è quello di Beppe Grillo.
L’alleato italiano, assieme a cui
ieri ha presentato a Strasburgo
il gruppo dell’Efdd (Europa della libertà e delle democrazia diretta), costruito pescando
nell’estrema destra.
LA CONFERENZA stampa di presentazione del neo
sindaco di Livorno Filippo Nogarin si è trasformata in
uno show. Il primo cittadino eletto con il Movimento
5 Stelle ha convocato i giornalisti per presentare parte della sua giunta, gli architetti Alessandro Aurigi e
Simona Corradini, rispettivamente assessore all’Urbanistica e alla Mobilità. Ma la sua conferenza è stata
interrotta da un fuori programma: Maurizio Donati,
Sindaco e “sceriffo” foto de Il Tirreno (Repetti/Pentafoto)
GRILLO DI STRASBURGO
“NON DATECI SOLDI,
VANNO ALLE MAFIE”
NEL PRIMO GIORNO DELL’EUROPARLAMENTO, L’UKIP SI GIRA
AL MOMENTO DELL’INNO. FERMI I 5STELLE. POI ARRIVA IL CAPO:
“HA FATTO BENISSIMO, QUESTA SINFONIA LA USAVA HITLER”
SI SONO SCAMBIATI sorrisi e
battute, i due leader: e Grillo ha
dato il suo benestare al gesto
dell’Ukip. Con immediato effetto collaterale: l’imbarazzo dei 17
eurodeputati dell’M5S, che l’inno l’avevano ascoltato compunti. E che quando le prime agenzie li avevano erroneamente
coinvolti nella protesta degli alleati d’Oltremanica, si erano irritati non poco. Al punto che
proprio sul blog di Grillo era
comparsa una nota contro la
bufala del Corriere.it., reo del titolo: “I grillini girati di spalle”.
Poi nel pomeriggio è arrivato il
capo. E ha disseminato attacchi
a Schultz, al fiscal compact e alla
stampa. Sullo sfondo, la prima
sconfitta politica per il neonato
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
conosciuto a Livorno come “lo sceriffo della stazione”
(noto in città per bivaccare vicino alla ferrovia e per
corteggiare tutte le donne di passaggio), è entrato in
scena e si è seduto accanto al sindaco, indossando
una spilla del M5s. Lo “sceriffo” ha interrotto Nogarin
e gli ha chiesto di tenere pulita la stazione di Livorno.
Il primo cittadino ha accolto la richiesta e ha fatto
accomodare lo sceriffo accanto a lui.
Il leghista
Gianluca Buonanno LaPresse
GOLIARDIA Il deputato
Ukip, David Coburn, in kilt Ansa
te europea dei diritti dell’uomo
respinge il ricorso di una donna
contro il divieto di velo completo in Francia. Notevole anche
l’indipendentista scozzese David Coburn (Ukip), che sfoggia
il tradizionale kilt. Si va in aula, e
appena l’orchestra attacca i 24
dell’Ukip si voltano. Il Front
National di Marine Le Pen invece non fa una piega. Per Grillo
bisogna aspettare il pomeriggio.
Giacca blu e cravatta in tinta, il
fondatore dei 5 Stelle arriva in
auto, dopo ore di viaggio (“Non
esiste un volo diretto Roma-Strasburgo” si lamenterà
poi). Solita ressa ad accoglierlo,
in cui si distingue una giovane
francese che gli cammina accanto.
Una
funzionaria
dell’Efdd, pare. Parlottano fitto,
nonostante l’assedio.
no un casino, tre sono quattro
partiti.”.
Ridono forte, più o meno tutti.
“Farage mi emoziona” assicura
il leader dell’M5S, che poi semina le sue verità: “Siamo dentro al
Parlamento europeo, ma le hanno provate tutte per ostacolarci:
la stampa italiana ha dipinto Farage come un mostro. Io sono
stato paragonato a Hitler e a Stalin. Per sabotare i negoziati se la
sono presa con tutti voi”. Ma il
gruppo c’è, “e ora dobbiamo togliere ogni ostacolo che impedisce ai cittadini di sapere cosa c’è
qui”. Quindi sono fendenti “a
quest’Europa che si è trasformata in un gigantesco parassita”,allo spread, “un assassino perfetto”, e al fiscal compact (“un treno che ci investirà”). Precisa:
“Bisogna regolare i flussi degli
immigrati”. E va oltre: “Sono venuto per dire, non date finanziamenti all’Italia. Scompaiono
tutti in tre regioni: Calabria, Sicilia e Campania: e vanno a mafia, ‘ndrangheta e camorra”. Arriva la frase pro-Farage: “Ha fatto benissimo a voltarsi, quale inno alla gioia? Qui non c’è gioia”.
Poi sono altre battute (“svedesi,
fatevi guardare”) e applausi. Finito, si cercano i 5 Stelle. L’idea
sarebbe di chiedere che ne pensano del Grillo in linea con Farage sulle spalle mostrate in aula. Ma c’è poca voglia di parlare.
Lo staff taglia corto: “Si tratta di
un’interpretazione di Grillo”. A
margine, l’amarezza di Castaldo: “Pse e Ppe non rispettano
l’opposizione”.
VELO PIETOSO
I CRONISTI chiedono subito dei
DIETRO E DAVANTI
In
alto, la protesta degli euroscettici;
sotto, Farage e Grillo LaPresse
Efdd. Ieri il Parlamento europeo
ha eletto i suoi 14 vicepresidenti,
e il 5 Stelle Fabio Massimo Castaldo è l’unico dei 15 candidati
a non essere stato nominato. E
dire che la giornata era iniziata
(anche) nel segno del folclore.
L’Italia ci mette subito del suo,
con il neo-eletto leghista Giancarlo Buonanno (quello degli
insulti all’ex ministro Kyenge, e
via esagerando) che si presenta
con una sorta di burqa. “Not
islam, not islam, not islam.
Christian!” ripete, soddisfatto.
Proprio nel giorno in cui la Cor-
7
5 Stelle che non hanno imitato
Farage in aula. Grillo è secco:
“Lo chieda a loro. Io non lo so,
sono arrivato solo ora”. Su Renzi, il suo eterno avversario, è
sbrigativo: “Renzi chi è? Io parlo
con la Merkel, incontro Van
Rompuy, Schulz e Juncker”. Poi
si infila nell’auletta riservata
all’Efdd. Porte chiuse per i giornalisti, ma la riunione va in diretta streaming. L’anfitrione ovviamente è Farage, veloce nello
sbrigare le prime incombenze.
Poi il microfono passa a Grillo,
Ed è quasi comizio. Parte seminando battute su tutte le nazionalità rappresentate: “Un italiano è un italiano, due italiani so-
NON SOLO PITTELLA
La squadra semestrale light del premier
di Stefano Feltri
D
stema legislativo europeo all’ex vice di Martin
Schulz, riconfermato presidente del parlamen-
i solito Matteo Renzi ritiene di aver biso- to. Un’altra poltrona chiave sarà italiana, quella
gno di un unico collaboratore: Matteo del presidente della commissione Affari econoRenzi. Ma neppure lui può gestire da solo l’in- mici è prenotata da Roberto Gualtieri. Da quella
tero semestre europeo che, sia pure meno ri- commissione passa il processo di integrazione
levante da quando esiste un presidente perma- economica della zona euro. Alla Commissione,
nente del Consiglio europeo (Herman van Rom- in questi mesi di transizione in attesa della nuopuy, dal 2009), richiede un notevole sforzo lo- va squadra, è andato un diplomatico di grande
gistico e diplomatico. Nel semestre di presiden- esperienza europea come Ferdinando Nelli Feza italiano cominciato ieri l’Italia ha una note- roci, a sostituire Antonio Tajani, eletto a Stravole forza politica ma una infrastruttura diplo- sburgo con Forza Italia. Nella nuova Commismatica molto leggera.
sione dovrebbe esserci Federica Mogherini alla
A Renzi è capitato di guidare l’Europa – meglio: politica estera.
l’Italia ospiterà i cosiddetti vertici informali e i Poi c’è la gestione del semestre: il referente è
ministri italiani presiederanno i consigli di set- Sandro Gozi, sottosegretario con delega agli Aftore – all’indomani delle elezioni, mentre a Bruxelles e
Strasburgo si insediano i nuovi
LA PRESIDENZA
vertici risultato di un voto da
cui proprio Renzi e il Pd sono
Il budget è di 68
usciti tra i pochi vincitori. La
forza politica italiana è evidenmilioni di euro contro
te: alla prima seduta dell’Euroi 100 della Lettonia
parlamento, ieri a Strasburgo,
l’italiano Gianni Pittella è stato
Obiettivo: fare i
eletto capogruppo dei Socialisti & Democratici (nuovo novertici a Milano come
IL DEPUTATO
me del Pse), carica che garanvetrina per Expo 2015 Roberto Gualtieri Ansa
tisce un potere notevole nel si-
fari europei che nei prossimi mesi dovrà fare il
doppio lavoro, perseguire gli interessi nazionali
e curare le attività della presidenza. Già adesso
era di fatto il referente unico di Renzi per le cose
brussellesi, visto che il premier praticamente
non ha collaboratori (solo il consigliere diplomatico Armando Varricchio, quello di Gozi è invece Nicola Verola). A differenza di Mario Monti
ed Enrico Letta, Renzi si muove quasi da solo.
Non ha un consigliere per gli Affari europei (Stefano Grassi, che ha lavorato nei precedenti due
governi, è tornato a Bruxelles). Nella capitale europea il referente è sempre l’ambasciatore presso
le istituzioni, un altro veterano come Stefano
Sannino, arrivato al posto di Nelli Feroci.
Tutta la logistica del semestre è responsabilità di
IL SOTTOSEGRETARIO
Sandro Gozi LaPresse
Gabriele Altana, un diplomatico della Farnesina
che in queste settimane sta organizzando una
miriade di appuntamenti con un budget relativamente basso, 68 milioni di euro (contro i 100
previsti dalla Lettonia, il Paese che arriverà dopo
l’Italia, la disastrata Grecia ne ha spesi oltre 55).
Ogni missione, durante il semestre costa il doppio: ci sono gli sherpa che lavorano per l’Italia e
quelli che lavorano per la presidenza. La comunicazione è affidata a Federico Garimberti, per
anni il cronista che ha seguito all’Ansa Palazzo
Chigi e i presidenti del Consiglio anche in Europa, ora impegnato nel coordinare una squadra
di una decina di giornalisti.
L’evento più importante è quello di metà ottobre, il forum Asem (cioè il vertice eurasiatico)
che Enrico Letta ha voluto a
Milano come promozione per
l’Expo 2015 verso il pubblico
asiatico. Anche quasi tutti i vertici informali saranno a Milano, per promuovere la città e il
grande evento del prossimo anno. Marketing a parte, quale sia
l’agenda europea concreta
dell’Italia ancora non è chiara.
Forse si capirà meglio oggi con
il discorso di Renzi a StrasburL’AMBASCIATORE
go.
Stefano Sannino Ansa
Twitter @stefanofeltri
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I SOMMERSI
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
BREVI
il Fatto Quotidiano
CSM NUOVO FASCICOLO SU MILANO
Prosegue lo scontro tra il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati e il suo aggiunto
Alfredo Robledo su Expo. Ieri il Csm, dopo
aver tentato di chiudere il caso due settimane fa, ha aperto un ulteriore fascicolo sulla
base di un nuovo esposto di Robledo. Ansa
ARCIGAY LA FESTA DELLA FAMIGLIA È ABOMINEVOLE
“Distingue bambini di serie A, con genitori eterosessuali, da
quelli di serie B, con famiglie omogenitoriali": Flavio Romani, presidente nazionale di Arcigay, boccia la proposta della Lombardia
di istituire la festa della "famiglia naturale" LaPresse
DALLA SIRIA A GIOIA TAURO
“Armi chimiche,
troppi segreti:
ministri non venite”
L’ALLARME DEI SINDACI DI SAN FERDINANDO E ROSARNO:
“TRASBORDO PERICOLOSO, IL GOVERNO CI HA TENUTO ALL’OSCURO”
di Enrico Fierro
inviato a Gioia Tauro (Reggio C.)
L
a seconda nave è arrivata all’alba, alle
quattro del mattino,
con un’ora di anticipo rispetto ai tempi previsti. È
la Ark futura, partita dalla Siria
con un carico che parla di morte e distruzione: 600 tonnellate
di armi chimiche. Micidiale Sarin, iprite e gas mostarda che
verranno caricati sulla Cape
Ray. Le due navi sono una al
fianco dell’altra nel porto, tutto
è pronto per il trasbordo, tutto
è prontissimo, assicurano dalla
sala operativa della prefettura,
in caso di emergenze.
SULLE BANCHINE di Gioia
Tauro sono state organizzate
due stazioni di decontaminazione, un posto medico avanzato, una piazzola per l’atterraggio di elicotteri di soccorso,
più due percorsi. Uno lo chiamano “pulito” e serve all’ingresso dei vigili del fuoco in
“zona di eventuale contaminazione” l’altro, invece, lo definiscono “sporco” e serve all’uscita di persone “eventualmente
contaminate”. Basterebbero
solo i nomi a far tremare le vene
ai polsi agli abitanti della Piana.
Invece non si muove una foglia,
nei Comuni che circondano il
porto, Rosarno, San Ferdinando, Gioia, la gente è totalmente
disinteressata. “Il porto? Sappiamo solo che siamo ancora in
cassa integrazione. Il resto sono
solo minchiate della politica” ci
dice un ex portuale.
SAN FERDINANDO, sede del
Comune. Il sindaco Mimmo
Madafferi, 74 anni e tessera del
Pd in tasca, è furibondo. “In
Prefettura non vado, basta, mi
sono rotto. Il governo ci sta
prendendo in giro, siamo
all’oscuro di tutto, non sappiamo neppure che tipo di sostanze saranno trasbordate. Dicono
che arriva il ministro Galletti (a
mezzogiorno terrà una conferenza stampa, ndr), se lo tengano a Reggio, per quanto mi riguarda non ho intenzione di ricevere nessun esponente del
governo. Parlano del porto,
della sua eccellenza, ci prendono in giro da anni con questa
storia, la verità è che con questa
operazione si spalancano le
porte ad un uso militare delle
nostre banchine. Possono fare
tutto perché qui la gente è rassegnata”.
Bar di fronte al Municipio, gelati nella brioche e una foto in
bianco e nero. 25 aprile 1975,
9,30 del mattino, il ministro
della Cassa per il Mezzogiorno
Giulio Andreotti assiste alla
posa della prima pietra per la
costruzione del porto di Gioia
Tauro, “base d’asta 100 miliardi – informano le cronache
dell’epoca – il più importante
appalto indetto in ogni tempo
nel nostro Paese”. Al rinfresco
che seguì, dicono fossero presenti importanti esponenti del
clan Piromalli.
Rosarno, qui è sindaco Elisabetta Tripodi, Pd anche lei.
“Neppure io sono molto d’accordo con questa operazione,
innanzitutto per una questione
di metodo, noi sindaci e la gente del posto, lo abbiamo saputo
dai telegiornali. Poi per la scelta
di Gioia Tauro, infelice. La realtà è che qui abbiamo un porto
in crisi e una cassa integrazione
che dura da tre anni. Ma la gen-
BABY ESCORT La madre
condannata a 6 anni
ono condanne pesanti quelle inflitte ieri dal
S
gup di Roma Costantino De Robbio agli imputati del processo sulla prostituzione minorile ai
Parioli. La madre di una delle due minorenni che
incontravano i loro clienti in un appartamento dei
Parioli, è stata condannata a 6 anni oltre ad aver
perso la patria podestà. Dieci anni di carcere sono
stati inflitti invece a Mirko Ieni, considerato il capo
dell’organizzazione che gestiva le baby squillo. E
ancora: sette anni a Nunzio Pizzacalla, altro presunto gestore
del giro. A Marco Galluzzo, accusato di aver ceduto cocaina in
cambio di prestazioni, sono stati
inflitti 3 anni e 4 mesi.
A Francesco Ferraro e Gianluca
Sammarone, clienti, è stata inflitta una pena (sospesa) di un
anno a testa. Per Mario Michael
De Quattro, 4 anni di pena. Sei
anni per Riccardo Sbarra, uno dei clienti, accusato
anche di detenzione e cessione di materiale pedopornografico. Una sentenza questa che i magistrati romani titolari dell’inchiesta aspettavano
da tempo. Devono capire come comportarsi nei
confronti dei clienti (una cinquantina di indagati
in un altro filone di inchiesta) che hanno chiesto il
patteggiamento.
PIAZZE & PALAZZI
di Emiliano
Liuzzi
ontinua a fare politica da
C
democristiano, nonostante i passaggi da un partito al-
te è rassegnata, c’era più movimento e protesta a gennaio.
La Calabria è senza voce, si sente suddita”. Mauro Francesco
Minervino è un antropologo
che da anni denuncia lo scempio ambientale della sua regione. Il suo libro più ferocemente
contestato dal sistema di potere
è La Calabria brucia.
“QUESTA è una regione sac-
cheggiata, massacrata da abusi
di ogni tipo. Le navi con le armi
chimiche sono la dimostrazione che esiste una sorta di diritto
di prelazione sulla Calabria da
parte delle grandi potenze e dei
gruppi di potere. Qui c’è una
sorta di extraterritorialità del
diritto internazionale e dei diritti civili. Lo dico perché c’erano mille altri porti, penso al
Nord Africa e a Malta, da utilizzare. Ma hanno scelto questa
terra, perché a Gioia Tauro le
cose sporche le hanno già fatte.
La Calabria è una regione acefala, la politica è debolissima, a
Roma non contiamo un tubo, e
qui stanno morendo anche i
giornali”. Esagera lo studioso
Minervino? Non proprio. Da
mesi la Regione non ha più il
presidente, Giuseppe Scopelliti, costretto a dimettersi dopo
una condanna a sei mesi per
falso in bilancio. Nel senso che
formalmente Scopelliti non c’è,
ma continua a firmare atti e il
Consiglio è ancora in piedi.
Con la totale complicità delle
rachitica opposizione del Pd. I
OPERAZIONE TOP SECRET
La nave contiene 78 container
di gas letali usati da Assad
IL PIANO per il trasbordo a Gioia Tauro delle armi chimiche siriane prevede che si potranno movimentare fino a 5 container in
un’ora. In totale i container sono 78, per un totale di 600 tonnellate: le operazioni dunque potrebbero durare meno di 24 ore, salvo imprevisti. Le armi, potenzialmente letali, saranno trasferite dalla nave danese Ark futura all’americana Cape Ray nel
porto calabrese. Tre container
contengono iprite, gli altri 75
uno dei precursori del sarin.
Sostanze mortali utilizzate contro il popolo siriano la scorsa
estate. Per altre fonti si tratta di
“agenti chimici” privi di munizioni. “Se ci sono gas letali come il
sarin, è necessario mettere in campo tutte le precauzioni per evitare il rischio di dispersione. Le autorità devono alzare il velo di
segretezza e dirci cosa c’è nella nave”, denuncia Ferdinando Laghi,
vicepresidente dell’Associazione medici per l’Ambiente.
giornali. L’Ora della Calabria,
quella dello scandalo Gentile,
ha chiuso i battenti e il Quotidiano, presente in tutte le province e anche in Basilicata, è
stato di fatto assorbito da un
piccolo giornale di Avellino.
Da poco è nato Il Garantista, finanziato da una cordata di imprenditori locali, molto schierato su battaglie contro il carcere duro per i mafiosi e lo scioglimento dei comuni condizionati dalla ’ndrangheta. “E noi
siamo soli – ci dice Mimmo
Macrì, portuale del sindacato
Sul – non sappiamo cosa c’è in
quelle navi, la realtà è che per
due giorni ci metteranno tutti
in cig. C’è tanta rabbia, ma nei
singoli. La gente è sfiancata dalle promesse”. Il Porto doveva
essere l’Eldorado, il Quinto
centro siderurgico la fine della
disoccupazione. Mille e 300
miliardi di investimento, ottomila posti di lavoro. Pane e prosperità. Alla fine, solo promesse
e appalti inutili che hanno trasformato quattro pecorai delinquenti nella più potente holding criminale d’Europa.
Giovanardi: “Gay? Comanda Pascale”
cigay e lui parla di diritti degli
omosessuali.
Nonostante
qualcuno smentisca.
Chi ha smentito?
l'altro. Carlo Giovanardi da
Modena, 64 anni, è stato sottosegretario con delega alla
Famiglia nell'ultimo governo
targato Silvio Berlusconi, e la
svolta dell'ex Cavaliere che
benedice i gay non gli garba
affatto. “Vorrei sapere quale
svolta. Io temo che sia la svolta del suo interlocutore”.
Gasparri, per esempio. Invece
la Carfagna esulta per l'apertura. Ripeto, se parliamo di
discriminazione nei confronti
degli omosessuali Berlusconi
arriva due anni dopo di me, se
parliamo di quelli che vanno
in strada con piume e piumette non ci sto.
Francesca Pascale, senza ombra di dubbio. Mi pare che
questa sia una svolta della signorina, non posso pensare
altrimenti: lei si iscrive all'Ar-
Ma sì, quelli alla Franco Grillini, alla Vladimir Luxuria.
Quelli non sono i miei interlocutori. Io quando penso agli
omosessuali penso a quella
E chi è l'interlocutore segreto?
La nave Ark futura nel porto di Gioia Tauro, carica di armi chimiche provenienti dalla Siria di Assad Ansa
Piume e piumette?
maggioranza silenziosa, quelli
che non ostentano niente.
Diciamola tutta: lei quando
pensa agli omosessuali inorridisce...
È una fesseria, la mia migliore amica è un'americana che
è lesbica e vive con una donna.
Ma la sua amica
americana non le
ha detto che da loro le lesbiche possono adottare
bambini?
Sì, ma non è detto
che sia un modello, che sia la strada
giusta. Io sono
contrario all'utero in affitto,
ai figli comprati.
calcolo elettorale?
La Costituzione. E soprattutto
la società. Quando i nostri
soldati morivano in guerra
esclamavano mamma prima
di essere ammazzati. Non urlavano
altro. Non posso
immaginare una
famiglia composta
da due Ugo.
Lei però oggi è alleato col Pd:
come concilia il giovanardismo col divorzio breve? Ora
arriverà in aula, al Senato.
Chi stabilisce se una famiglia
è tradizionale?
C. Giovanardi LaPresse
Lei è l'ultimo dei
grandi conservatori: ma quanto pensa realmente così e
quanto invece è
Io penso e dico quello che
penso. Per questo ho lasciato
Forza Italia.
Dovremmo riscrivere tutta la
legge perché è sbagliata, confusa, pasticciata. Un disastro.
La mia posizione riguarda
sempre i figli: un conto sono
le coppie che hanno dei bambini, altre quelle che non li
hanno. Nel primo caso il divorzio non può essere uno
scherzo come invece questa
legge lo concepisce.
il Fatto Quotidiano
I SOMMERSI
MESSINA CENTRO PER MINORI A RISCHIO
Casa Mosè, il centro di prima accoglienza per
minori stranieri gestito da Amici dei Bambini,
rischia di chiudere i battenti. Aperto l’11 dicembre 2013, da allora ha ospitato più di 70 minori
ma a fronte di una spesa di 105 mila euro,
non ha ricevuto un euro dalle istituzioni. Ansa
CONSIGLIO DI STATO SÌ ALLE SLOT
Palazzo Spada con la sentenza del 30 giugno
ha annullato il provvedimento restrittivo del
sindaco di Desio, che aveva imposto ai bar di
staccare la spina delle slot machine in certi
orari per evitare che i ragazzi anziché andare
a scuola buttassero via i soldi alle slot. LaPresse
“I migranti sono
solo cibo per pesci”
di Giuseppe Lo Bianco
S
Palermo
equestri di persona, segregazioni, stupri
di donne poi rimaste incinte, torture con
scosse elettriche, richieste di riscatto: 30
mila intercettazioni compiute dallo Sco e
dalle squadre mobili di Palermo e Agrigento sulle
due sponde del Mediterraneo svelano il volto criminale del traffico di migranti: business alimentato
dalle politiche di contenimento dei flussi migratori
che hanno determinato – scrivono i pm – “come
effetto collaterale, che la criminalità organizzata
decidesse di investire risorse sempre più ingenti
nella gestione illegale di tali flussi”. Con l’operazione Glauco scattata ieri notte, la polizia ha sgominato un’organizzazione con base in Sudan, appoggi ad Agrigento e a Roma e conosciuta persino
in Australia: la Dda di Palermo ha fermato cinque
tra eritrei, etiopi e sudanesi e altri quattro sono ricercati, due in Africa, l’etiope Ghermay Ermias, ritenuto il capo, e il sudanese John Mahray, uno in
Svezia, l’altro a Roma. Per tutti verrà avviata la procedura di estradizione. Quattro fermati sono stati
bloccati ad Agrigento nelle loro abitazioni. “Un
paio svolgevano attività di lavapiatti presso locali
della zona” ha detto il dirigente della Squadra mobile di Agrigento, Corrado Empoli.
I reati sono associazione per delinquere, favoreggiamento dell’immigrazione e della permanenza
clandestina, aggravati dal carattere transnazionale. Sono state compiute numerose perquisizioni,
emesse cinque informazioni di garanzia nelle
province di Agrigento, Catania, Milano, Roma e
Torino; sequestrato anche denaro in contante e
documenti su trasferimento di soldi attraverso
money transfer. I nuovi schiavisti reclutavano i
clandestini in Sudan, li trasferivano in Libia, e da
lì, dopo mesi di segregazione, venivano imbarcati
Contagiati sarete voi
di Furio Colombo
rima viene la leggenda delle malattie, elencate
P
come in paurosi racconti ottocenteschi, che
precedono i vaccini di Pasteur, la penicillina di Pau-
ling e la produzione di massa degli antibiotici. E fingendo di non sapere che quasi tutte le misteriose
infezioni senza cura che per certi periodi hanno terrorizzato il mondo, (dalla “mucca pazza” alla “aviaria”) sono tutte esplose (e per fortuna finite, ma non
capite) nella parte industriale e ricca del mondo. Poi
c’è la persuasione xenofoba che “vengono qui perché siamo noi a invitarli con l’accoglienza”. Nei
giorni in cui a Pozzallo non ci sono celle frigorifere
per i 30 morti finora trovati in mare radio e tv radunano esperti. Radio3, la mattina del 1° luglio aveva fra i suoi “esperti”un giornalista che ha detto: “Gli
sciacalli sono sempre più sciacalli e calcolano la convenienza del trasporto in mezzo al mare, calcolano
che c’è l’operazione Mare Nostrum che provvederà
a portare tutti in salvo e i viaggi si moltiplicano”. La
frase significa non sapere che non hanno una casa,
9
CLICK
Carceri: convegni
e niente fatti
di Pino Corrias
SCAFISTI INTERCETTATI, SI GIUSTIFICANO COSÌ: “MORTI IN 366?
COSÌ HA VOLUTO ALLAH”. SGOMINATA CELLULA ERITREA IN ITALIA
PER GARANTIRVI QUESTA TESTATA SCARICATELA SEMPRE DA QUI http://quoidianes.tumblr.com/
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
Un gruppo di migranti salvati in mare negli scorsi giorni Ansa
su barconi fatiscenti verso l’Italia. Non solo. L’assistenza ai migranti continuava dopo lo sbarco,
con l’organizzazione delle fughe dai centri di accoglienza, e l’impegno da parte di una cellula
composta da cittadini eritrei che curava la permanenza illegale dei migranti agevolandone
l’espatrio, naturalmente illegale, verso altri Paesi
dell’Unione europea, in particolare Norvegia e
Germania, o del continente americano, tra tutti il
Canada. Le indagini sono partite dal naufragio del
barcone affondato il 3 ottobre del 2013 davanti
l’isola dei Conigli, a Lampedusa, dopo che uno
scafista aveva dato fuoco ad una coperta per richiamare l’attenzione dei soccorsi.
gassero il riscatto richiesto (3.300 dollari americani a testa), per poi proseguire il viaggio verso
Tripoli e, da lì, essere imbarcati clandestinamente
per l’Italia. I migranti pagavano 4900 dollari per la
traversata dalla Libia alla Sicilia, venivano tenuti
prima due settimane a Sheeba e poi per un mese in
una fattoria nelle campagne di Tripoli e nutriti
due volte al giorno con pane e acqua.
Un indagato: “Vivo sempre all’Anagnina:
l’America è dove si fanno i soldi, la mia è qui”
Dalle intercettazioni viene fuori tutto il cinismo e
il disprezzo della vita umana dei trafficanti. “Inshallah! Così ha voluto Allah”, commenta Ermias
a telefono alla notizia della morte dei 366 migranGli stupri delle donne, le torture
ti. Per le vittime nessuna parola di pietà. E pare le tariffe dei predoni per pane e acqua
lando con una donna che gli chiede se vive ancora
Per venire in Italia devono pagare due volte, pri- “in quella casa all’Anagnina”, periferia di Roma,
ma 1.500 euro ai predoni che violentano le loro Shamshedin Abkadt, un altro degli indagati, ridonne lungo la traversata del deserto e poi altri sponde che morirebbe se non vivesse lì: “L’Ame1.500 ai libici che li trasportano per mare. Più 7 rica è dove si fanno i soldi e la mia America è qui”.
mila per un passaporto che a
“Solo questo suo viaggio ha
molti non servirà più. I testiavuto un’importanza meVigili del fuoco imbracati in attesa diatica elevata. Tante altre
moni ascoltati dalla procura
hanno raccontato di essere dell’arrivo delle 27 salme a Pozzallo LaPresse persone sono partite non arstati sequestrati nel deserto
rivando mai, diventando cida miliziani armati capegbo per pesci e nessuno ne ha
giati dal tunisino Muhidin a
mai parlato”, aggiunge al tebordo di un pick up con una
lefono Ermies Ghermaye
mitragliatrice montata sul
parlando con John Mahray.
tetto e condotti con la forza a
E in un’altra telefonata spieSheeba, in Libia. Lì i migranga perché il barcone era stato
ti sono stati rinchiusi in una
sovraccaricato, scaricando
grande abitazione e sottoposui migranti le responsabilisti a torture (manganellate
tà del naufragio di Lampesulle piante dei piedi, scaridusa. “I migranti insistevache elettriche, tentativi di
no per partire, nessuno era
soffocamento e stupri) in atdisponibile ad attendere il
tesa che i loro familiari pasecondo viaggio” dice al te-
L’ALTRO GIORNO ho partecipato al mio millesimo convegno su ”Emergenza carceri”. Stesse facce
di sempre, stesse buone intenzioni, una
rimpatriata. Il tema era la cultura: se sia
possibile praticarla dentro il labirinto carcerario onorando quel nobile dettato costituzionale che vincola la pena alla riabilitazione del detenuto, il risarcimento sociale
alla sua presa di coscienza e (possibilmente) al suo reinserimento una volta saldato
il debito. Mi sono permesso di dire che
l’unica forma di praticabile evasione dal
carcere sia l’istruzione e dunque la lettura,
l’ascolto di quei cuori narranti che sono i libri. E che forse sarebbe più utile comprare
libri per le misere biblioteche carcerarie,
piuttosto che finanziarie convegni dove
danzano le nostre vane parole che ascoltiamo sempre e solo tra noi. Una buona
mezzora più tardi ho salutato un vecchio
amico, anche lui relatore, che doveva proprio scappare. Mi ha sussurrato: “Scusami,
mi dispiace non poterti ascoltare”. Non ho
avuto il coraggio di dirgli che avevo già parlato. A sua insaputa e forse anche mia. Ma
la sua gaffe è stata una rivelazione: non solo facciamo convegni invece di biblioteche,
ma neanche lì (ci) stiamo ad ascoltare.
lefono Ermies Ghermaye. “Sono stato costretto a
metterli tutti su un barcone’’. E in un’altra conversazione John Mahray spiega ad Ermies le regole del trasporto di clandestini: “Quando si organizza un viaggio per l’Italia le partenze di barche non devono avvenire con il mare in tempesta
ed in secondo luogo non bisogna dare adito alle
lamentele degli migranti. L’organizzatore del
viaggio è il responsabile, quindi deve sapere
aspettare il momento giusto per partire”.
Le ventisette salme dell’ultima strage
arrivate ieri a Pozzallo
Ieri, infine, nel porto di Pozzallo è giunto il “barcone–bara’’ che ha trasportato i 27 africani morti
da avvelenamento di ossido di carbonio perché
costretti nel locale di prua senza alcuna aereazione. Dal racconto dei superstiti è emerso che molti
tra le centinaia di migranti stipati come sardine
hanno chiesto di tornare indietro, hanno implorato gli scafisti di cambiare la rotta e puntare di
nuovo in Libia, ma non c’e’ stato nulla da fare:
“ormai siamo qui e dobbiamo arrivare in Italia”,
è stata la risposta. I due scafisti sono stati identificati e nei loro confronti potrebbe scattare l’accusa di omicidio volontari.
L’indifferenza non cambia verso
Leggenda delle malattie nell’Italia xenofoba
ignorare cosa succede in Siria, Iraq, Libia, Sud Sudan, nella Repubblica Centrafricana, nel Rwanda,
nel Congo, nel Mali, in Etiopia, Eritrea, Somalia, per
fare un elenco parziale. Non è ignoranza. È una posizione politica radicata nel molle e disorientato terreno dell’informazione dal tenace governo Berlusconi-Bossi fondato su xenofobia, razzismo, superstizione e invenzione. È la credenza di una setta sorda e cieca ma attivissima (la stessa che, all’inaugurazione del Parlamento europeo, ha voltato le spalle
a Beethoven e all’Inno alla Gioia) che pensa all’immigrazione come a un viaggio-premio per scansafatiche che poi diventeranno pericolosi se non li nutri e non gli dai una casa. Ma è la cultura del respingimento, inventata in Italia, da italiani, in questi
anni, è un pensiero di indifferenza che si esprimeva
nel vecchio e tradizionale “lasciar fare” e si è trasformato adesso in un tranquillo “lasciar morire”.
Sentite. Primo, “aiutiamoli a casa loro”. È difficile
che una persona mediamente informata possa cre-
dere in buona fede che siamo di fronte a popoli che
resterebbero a casa, invece di rischiare la morte sul
fondo del mare, se gli mandassimo un pacco regalo.
Ma la frase circola, ed è quasi una parola d’ordine.
Secondo, i diritti (di asilo, accoglienza, ricongiunzione familiare, dello stato di rifugiato) devono essere accertati nei Paesi d’origine di chi intende emigrare. Qui si aggirano tre fantasie. Una è che la burocrazia locale, invece di far scomparire il capo famiglia che vuole emigrare, gli darà carte e riconoscimenti necessari per presentarsi al Consolato a cui
chiedere il visto. Un’altra che ci sia un Consolato.
Infine, come vuole la Bossi-Fini, approvata senza
vergogna a grande maggioranza, bisogna procurarsi il contratto di lavoro prima di partire. Terzo,
un’operazione come Mare Nostrum incentiva il
viaggio, invita i profughi, aumenta gli sbarchi. La
frase è due volte una bestemmia contro l’umanità.
Infatti Mare Nostrum non è altro che salvataggio in
mare. E la differenza fra gli sbarchi di prima e gli
sbarchi di adesso è data dalla differenza fra coloro
che prima morivano e coloro che, adesso, non
muoiono più. La superstizione della malattia è di
gran lunga la più falsa e ripetuta. Era stato Maroni a
inventare le mascherine bianche della polizia, in
modo che noi tutti, sani spettatori di razza superiore, percepissimo il rischio del contagio. Infatti la
mascherina non era per i morti, ma per giovani vivi
e felici di essere vivi che in altri sbarchi, ho visto
spinti come bestiame di qua e di là senza ordini e
senza luoghi di accoglienza, per poi rinchiuderli in
luoghi lerci e con i gabinetti otturati. L’Italia continua ad accettare superstizioni della sottocultura
che ha dominato il Paese (troppo fragile l’opposizione, e adesso unita) per vent’anni. Nessuno dei
nuovi giovani al governo ha provato pena o solo
interesse di fronte alla folla di gente giovane che noi
lasciamo nelle chiese e sulle banchine, uomini, donne e bambini di secondo livello. Siamo tutti troppo
presi dalla celebrazione del semestre italiano.
10
SACRO & PROFANO
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
D
isoccupazione
ancora su
Record tra le donne
L'ITALIA INIZIA il semestre di presidente dell'Unione europea con l'ennesimo dato negativo. Dopo l'allarme
lanciato ieri dall'Istat con il rischio di
un ritorno della recessione già a fine
giugno, ieri è arrivato anche il pesante
dato sul tasso di disoccupazione, che a
maggio è tornato a salire al 12,6%. A
comunicarlo è l'Istat, nel consueto
bollettino sui dati provvisori. I ricercatori dell’Istituto di statistica segnalano
un aumento dello 0,1 rispetto ad aprile
(rivisto al 12,5%) e di 0,5 punti nei dodici mesi. Unico aspetto positivo: rispetto al massimo storico del 12,7% di
gennaio e febbraio, l’Istat intravede un
il Fatto Quotidiano
"leggero miglioramento". Il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24
anni è stabile al 43%: in calo di 0,3
punti percentuali su aprile, ma in crescita di 4,2 punti sull'anno. Il dato, in
termini assoluti è lapidario: i disoccupati sono 3 milioni e 222 mila, 127 mila
in più rispetto allo stesso mese del
2013 (+4,1%). A soffrire sono soprattutto le donne, con un tasso che tocca
il 13,8%, ai massimi dal 2004, quando
iniziarono le rilevazioni. La disoccupazione nell'Eurozona è invece rimasta
stabile all'11,6% rispetto al mese precedente. Nei 28 ha visto un lieve calo
al 10,3% dal 10,4% di aprile.
Renzi snobba il Meeting di CL
E i ciellini cancellano Lupi
IL PREMIER FA SAPERE DI AVER “DECLINATO” L’INVITO A RIMINI, MENTRE IL MINISTRO NCD
E L’ALTRO POTENTE D’AREA, MARIO MAURO, SONO ESCLUSI DAL PROGRAMMA DELL’INCONTRO
di Marco Palombi
G
uardate la cronaca”.
Giorgio Vittadini,
uomo forte di CL e
architetto del relativo Meeting, apre ai presenti scenari da tregenda. Non si riferisce al caso Expo, come si temeva, ma elenca: Palestina, Nigeria, Iraq. “Ultimamente di queste cose non gliene frega niente
a nessuno”, si duole. Un immediato desiderio di coscienza non disgiunto da un sospiro di
sollievo - percorre il romano
Tempio di Adriano, dove è appena iniziata la presentazione
dell’appuntamento di Rimini di
quest’anno (dal 24 al 30 agosto)
e s’aggirano i politici d’area: il
ministro delle Infrastrutture
Maurizio Lupi, che sta una
mezz’ora e poi se ne va, e gli ex
potenti in cerca di nuova sistemazione Mario Mauro e Roberto Formigoni, compostamente
seduti in prima fila per tutto
l’happening ciellino.
VITTADINI, tornando alla cro-
naca, è assai accorato. Di fronte
a quel che accade, dice citando il
cardinale Tauran, o si sta nel
“cuore del potere” che “organizza guerre ventennali e poi si dimostra impotente” oppure si
sceglie “il potere del cuore”, che
“cambia la storia”. Ebbene, il
potere del cuore ci sarà sicuramente all’appuntamento di Rimini (titolo: “Verso le periferie
del mondo e dell’esistenza. Il destino non ha lasciato solo l’uomo”), ma pure il cuore del potere non manca davvero: tra i
main sponsor - quelli che pagano
il Meeting, per capirci - ci sono
Enel, Eni, Finmeccanica, Ferrovie (per inciso i grandi gruppi
pubblici avevano annunciato
pesanti tagli a questo tipo di spese), Wind, Sky, Nestlè, Sisal e
Lottomatica, la cooperativa La
Cascina, la società Illumia (testimonial: Cesare Prandelli) e Autostrade per l’Italia.
Pure tra gli ospiti il cuore del potere non scarseggia: oltre ai manager delle aziende paganti
(molti di recente nomina renziana), ci sarà Sergio Marchionne, quattro anni dopo la prima
apparizione riminese, il presidente di Confindustria Giorgio
Squinzi, persino l’informale
ambasciatore del premier Oscar
Farinetti parteciperà a un convegno (per non parlare dell’avatar dell’ex sindaco di Firenze, il
IN CERCA D’AUTORE
GALANTERIA
In genere si occupa di immigrazione, ma l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi non disdegna i bei gesti d’un tempo
SUPERSTITI
“POTERE DEL CUORE”
“Non ci interessano
i talk politici, quest’anno
torniamo alle origini ”
dice Vittadini davanti
ai loghi di Eni, Enel, Sky
Finmeccanica, Wind...
nuovo inquilino di palazzo Vecchio Dario Nardella).
Il capo, invece, non ci sarà. “Lo
abbiamo invitato, ci farà sapere”, dicono dal palco alle ore
18.30. Matteo Renzi “ha declinato l’invito”, smentiscono da
Palazzo Chigi un paio d’ore dopo. Bello schiaffo, non c’è che
dire, che fa il paio con quello che
invece Comunione e Liberazione ha assestato proprio a Maurizio Lupi e Mario Mauro, i due
politici che volevano intestarsi
la rappresentanza ciellina dopo
la giubilazione per eccesso di
In platea
cattolici
d’altri tempi
(e stagioni
politiche): l’ex
agente Betulla,
Renato Farina,
e l’ex direttore
generale Rai,
Lorenza Lei
scandali del Celeste Formigoni:
nessuno dei due compare nel
programma ufficiale del Meeting.
IL RAPPORTO con la politica è
proprio il tallone d’achille
dell’happening riminese. Dopo
gli andreottismi dantan e le più
recenti ovazioni a Silvio Berlusconi, magari c’è la consuetudine, forse l’affetto, ma manca
l’amore. “Non ci interessano i
talk show politici - scandisce
Vittadini - che poi secondo me
sono il punto più basso della po-
litica: noi vogliamo che chi sarà
a Rimini scopra protagonisti
nuovi. Questo sarà un meeting
alternativo perché noi vogliamo, se mai ce ne siamo spostati,
tornare all’ispirazione originale
dell’incontro”.
I protagonisti nuovi e lo spirito
orignario lo declina a seguire
Bernhard Scholz, presidente
della Compagnia delle Opere: a
parte Marchionne, Squinzi e
un’altra quantità di manager di
grandi aziende (dalla Ferrero a
Deutsche Bank, da Siemens a
Snam eccetera eccetera), ci sa-
Al tempio di Adriano si presenta il meeting
di Rimini di CL: il ministro Maurizio Lupi, escluso dal programma,
si raccomanda al ras ciellino, Giorgio Vittadini. In prima fila discutono
preoccupati altri due ex figli prediletti: Roberto Formigoni e Mario Mauro
NEOFITI
La ministro
dell’Istruzione
Stefania Giannini ha fretta
di far notare la
sua affiliazione a Cl. La
presidente del
Meeting, Elena Guarnieri,
resta indietro
Foto di Umberto Pizzi
ranno nomi mai sentiti come il
segretario della Cisl Raffaele
Bonanni, i ministri Poletti (Lavoro), Guidi (Sviluppo), Galletti
(Ambiente) e Stefania Giannini
(Istruzione), unica ospite politica sul palco di ieri. Pure per
parlare di giustizia c’è una scelta
di rottura: Luciano Violante.
Non manca, ovviamente, il lato
Expo 2015: il ministro delegato
Maurizio Martina (Agricoltura)
e il commissario Giuseppe Sala,
protagonista di un succoso pomeriggio col governatore lombardo Roberto Maroni.
Alla presidente del Meeting,
Elena Guarnieri, però, piace poco “il gossip”, già esecrato da
Vittadini, e decide quindi - in
chiusura - di riportare l’uditorio, magari distratto dall’attesa
del buffet, ad un livello più alto
(forse troppo) con splendido ritorno circolare all’urgenza della
cronaca: “Questo Meeting spiega - pone una domanda radicale a ognuno di noi: ma l’uomo è una risorsa adeguata per
affrontare tutto questo? Il potere del cuore basta?” (per i curiosi, la risposta pare sia sì).
ISTITUTI INDIPENDENTI
Istat, bocconiani contro statali per la presidenza
di Carlo Di Foggia
o scontro per la guida dell'Istat si risolverà,
L
salvo imprevisti, oggi, con la nomina di Giorgio Alleva alla presidenza. Ma la disputa è andata
ormai oltre: coinvolge il mondo accademico, in
un botta e risposta tra decine di docenti; atenei
pubblici contro privati; e tra sindacati e lavoratori
dell'Istituto, dove il presidente è la prima pedina
di un risiko di nomine dirigenziali. Promemoria:
il 13 giugno il nome di Alleva esce fuori dal consiglio dei ministri, scelto tra i 40 curriculum inviati al governo. Passano 13 giorni - 27 giugno - e
46 economisti “di fama internazionale” chiedono
al governo di ripensarci, e definendo “modesto” il
curriculum del presidente in pectore: Alleva (ordinario di Statistica alla “Sapienza” di Roma e mebro del cda di Istat) - spiegano in una lettera aperta
- non ha nessuna “esperienza internazionale” (la
contestata “clausola Padoan”, voluta dal governo
Letta per favorire a suo tempo la nomina dell'attuale numero uno del Tesoro) e ha un impatto
scientifico nullo (“su 97 pubblicazioni, solo una
compare in una rivista scientifica di rilievo”). La
lettera - firmata anche da Tito Boeri (Bocconi),
Luigi Zingales (Università di Chicago, e Michele
Boldrin (Washington University) - attacca anche
i criteri di selezione. Criteri rimasti segreti, così
come “gli obiettivi del mandato” chiesti ai candidati. Alla “lobby dei bocconiani”, come è chiamata nell’ambiente universitario, e a sostegno di
Alleva, si è contrapposta una vasta schiera di accademici: a oggi si contano almeno tre lettere di
sostegno (pubblicate sul sito Roars.it) e decine di
OGGI LA NOMINA
Giorgio Alleva (Sapienza)
voluto dal ministro Madia
è appoggiato da sindacati
e atenei pubblici
Asse Pd-Fi in cambio
del direttore generale
firme, tra cui diversi colleghi della Sapienza come
l’ex presidente dell’Ista, Alberto Zuliani. Gli studiosi “nazionali” contestano il valore scientifico
degli indicatori bibliometrici. La stessa critica, per
la verità, che da anni buona parte del mondo della
ricerca muove ai vertici del ministero dell’Istruzione e dell’Agenzia per la valutazione del sistema
universitario, l’Anvur. I 46, invece, li difendono a
spada tratta. Tra di loro gira anche una versione
più lunga della lettera, dove è scritto che sulla base
degli indicatori usati per l’abilitazione scientifica, oggi Alleva
non sarebbe neanche associato.
Un passaggio durissimo, stralciato all'ultimo dal testo finale.
“Il mondo accademico italiano
l'ha visto come un affronto spiega uno dei firmatari - non
vogliono critiche. I panni vanno
lavati in famiglia. La maggior
parte dei contro-firmatari non
ha mai insegnato all’estero e ha
un curriculum modesto. Lo
Giorgio Alleva scontro vero è tra atenei privati,
dove per entrare bisogna competere, e atenei pubblici”. I 46 “guardiani” avrebbero visto con favore
uno tra Giampiero Gallo (Università di Firenze) e
Giuseppe Arbia (Cattolica di Roma). Lo scontro è
anche sull’asse Milano-Roma, da una parte la
Bocconi, dall’altra la “Sapienza”, di cui l’Istat sembra un feudo (ben 4 presidenti su 9). Ma la partita
è soprattutto dentro l’Istituto. Alleva è stato appoggiato dalla Cgil e dal sindacato interno, l’Usi.
IN BALLO ci sono decine di nomine dirigenziali,
previste per settembre. Tra i corridoi di via Balbo si
parla anche di un accordo tra Pd e Forza Italia, che
ha garantito a quest’ultima la scelta del direttore
generale. La Cgil festeggia per “un nome che non
viene dal circolo dell'alta burocrazia europea”. Il
M5s parla di scelta in “continuità con il passato”,
che mortifica l’indipendenza dell’Istat. Alleva è
stato fortemente voluto dal Ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia. Per il suo ministero, il dipartimento di Alleva ha curato l’elaborazione delle mail arrivate per la consultazione
sulla riforma della Pa. Risultato: ottimi giudizi sulle idee del governo.
2 LUGLIO 2014
TROPPO SPESSO
RITORNANO
il FATTO
ECONOMICO
FINCANTIERI, L’ENNESIMO
COLPO DEI SOLITI NOTI
» A seguire le operazioni
per gli istituti stranieri
saranno due ex ministri
dell’Economia, Grilli
e Siniscalco
CHI PAGA
L’AUMENTO
L’ESORDIO
IN BORSA
» Ai piccoli investitori
privati sono state rifilate
401 milioni di azioni
dopo che gliene erano
state offerte 141 milioni
» Domani il titolo
dell’azienda
cantieristica esordisce
in Piazza Affari,
con fosche prospettive
LE PRIVATIZZAZIONI DI RENZI Le banche italiane
infilano in tasca ai loro clienti le azioni
della società che i fondi stranieri non hanno voluto
di Giorgio Meletti
D
icono che l’Italia stia
cambiando verso, ma se
si deve giudicare dal collocamento in Borsa delle
azioni Fincantieri c’è poco da stare allegri. Anzi,
l’impressione è che il premier Matteo Renzi
stia mettendo la faccia, come ama dire,
sull’ennesimo sconcio ai danni dei risparmiatori. Per capire la gravità della vicenda
proviamo a ricostruirla nei dettagli.
Il 13 giugno scorso la Fincantieri ha comunicato di aver ottenuto dalla Consob l’approvazione del prospetto per la quotazione in
Borsa. L’operazione è stata così descritta: collocamento di 704 milioni di azioni, a un prezzo compreso tra 0,78 e 1 euro; di questi titoli
104 milioni sono venduti dall’azionista finora unico di Fincantieri, la Cassa Depositi e
Prestiti, mentre i restanti 600 milioni sono a
titolo di aumento di capitale, cioè risorse che
gli investitori versano nelle casse della società
per rafforzarne il patrimonio e la capacità di
investimento. In particolare, dei 704 milioni
di titoli, 141 milioni sono destinati al pubblico dei risparmiatori (in gergo retail, che in
inglese indica la vendita al dettaglio), mentre
563 milioni saranno offerti agli investitori
istituzionali, cioè banche, fondi d’investimento e simili.
I clienti degli istituti
usati come carne da cannone
Il comunicato della Fincantieri non dice che
dentro il prospetto informativo - centinaia di
pagine che il risparmiatore in genere non legge - è prevista la facoltà di claw-back. Che
cos’è? Lo scoprirete più avanti. Il 16 giugno il
pool delle banche collocatrici comincia a battere i mercati finanziari di mezzo mondo per
piazzare le azioni. In Italia collocano le due
maggiori banche nazionali, Intesa Sanpaolo
e Unicredit. All’estero grossi nomi della finanza: Credit Suisse, Jp Morgan (che si avvale dell’ex ministro dell’Economia Vittorio
Grilli) e Morgan Stanley, che schiera l’ex mi-
11
chiama claw-back. È la clausola che consente,
in qualsiasi momento, di spostare i pesi del
collocamento tra istituzionali e retail. I fondi
internazionali hanno buone ragioni per tenersi alla larga dalle azioni Fincantieri? Benissimo, senza indagare oltre le hanno mollate ai risparmiatori italiani. Così agli istitunistro dell’Economia Domenico Siniscalco. zionali vanno 49 milioni di azioni (gliene
avevano proposte 563 milioni), e ai poveri
Una bella rimpatriata.
Il 27 giugno si chiude il collocamento e si sco- piccoli investitori privati che ancora si fidano
pre che, ohibò, i mitici mercati finanziari in- della loro banca arrivano 401 milioni di azioternazionali hanno mandato al diavolo i pro- ni (313 milioni di euro sull’unghia) anziché i
141 milioni proposti.
vetti venditori capitanati
dai Grilli, Siniscalco e soci.
Ci si potrebbe chiedere: ma
Dei 563 milioni di azioni
se i risparmiatori i 400 miIL PARCO BUOI
proposte ne hanno comlioni di azioni le hanno chieprato appena una dozzina
ste, che male c’è? C’è che
Hanno piazzato
di milioni: in pratica le
nessuno li ha avvertiti che i
brillanti banche collocatrifondi internazionali su
i titoli ai risparmiatori
ci hanno venduto la cinquelle azioni ci stavano spusenza avvertirli
quantesima parte di ciò
tando sopra. Chiunque freche il presidente della Casquenti le filiali delle banche
che i cosiddetti
sa Depositi e Prestiti Franconosce il ritornello che i
co Bassanini aveva affidato
“investitori istituzionali” funzionari sono addestrati a
alle loro abili mani. Gli inripetere in cambio di un preli avevano rifiutati
vestitori istituzionali itamio per ogni azione piazzaliani per parte loro comprano una trentina di milioni di azioni, un ventesimo della quota offerta. Tra
essi i grandi fondi di investimento che pure, in alcuni casi, fanno capo alle
banche collocatrici.
Che cosa fa a questo punto
il numero uno di Fincantieri Giuseppe Bono? Non
si perde d’animo e corre ai
ripari. Cancella l’offerta di
azioni della Cassa Depositi
e Prestiti in vendita, e riduce anche l’aumento di capitale, cosicché il collocamento si riduce da 704 a
450 milioni di azioni. Poi
fissa il prezzo al minimo
della forchetta, 0,78 euro.
Ma il colpo del maestro si
ta: “Guardi, è un’affarone, le Fincantieri andranno a ruba, la domanda sarà il triplo
dell’offerta, quindi lei chieda tre lotti minimi
da quattromila azioni, così quando si andrà al
riparto avrà il suo pacchetto pari pari”. Puntualmente la domanda è stata il triplo dell’offerta (“un grande successo”), e adesso i nostri
apprendisti stregoni si chiedono storditi:
“Ma come mai i risparmiatori hanno capito
la convenienza dell’affare e i soloni della finanza internazionale no?”.
“I fondi d’investimento non capiscono,
i piccoli risparmiatori invece sì”
L’austero Sole 24 Ore, ha dato fiato a una considerazione indecente, suggerita dai trombettieri della grande operazione: “Chi ha seguito il dossier non addebita l'esito non brillante alla mancata distribuzione di dividendi
per tre anni, quanto piuttosto alla difficoltà di
far digerire l'operazione in breve tempo a investitori poco avvezzi al complesso business
di Fincantieri”. Avete capito bene: i “poco avvezzi” sono i grandi fondi internazionali. I
risparmiatori italiani invece hanno capito al
volo il “complesso business”. Totò direbbe:
“Ma mi faccia il piacere...”. Se Renzi consente
che sotto il suo governo vengano fatti pasticci
del genere poi magari non si lamenti se sente
in giro un clima ostile alle imprese.
Domani il titolo Fincantieri fa il suo esordio
in Borsa. Visto che nessuno ha voluto le azioni al collocamento c’è da vedere chi le vorrà
comprare al listino. Allacciate le cinture.
Twitter@giorgiomeletti
IN ALTO MARE
La vicenda di Fincantieri vista da
Emanuele Fucecchi. Nell’immagine Renzi, Franco Bassanini e Giuseppe Bono
CARIGE, SI CAMBIA
CONCORDIA A GENOVA Piombino “presa per i fondelli”
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PIERO MONTANI
Banca Carige, finita
l’era di Giovanni Berneschi travolto dalle inchieste, prova a cambiare marcia: il cda della banca ha nominato
Piero Montani amministratore delegato, dopo
la conferma da parte dell’assemblea, e ha
affidato a Gabriele Delmonte, al termine
del distacco presso Banca Carige Italia dove ricopriva l'incarico di direttore generale,
la responsabilità della direzione crediti del
gruppo al posto di Mario Cavanna, che lascerà il servizio per il raggiungimento dei
requisiti pensionistici. "Queste nomine
rappresentano un primo passo importante
nel percorso di rinnovamento della struttura organizzativa e manageriale" ha commentato il presidente Cesare Castelbarco
Albani.
di Salvatore Cannavò
DURANTE la scorsa cam-
pagna elettorale, Mirko
Lami, operaio e delegato
Fiom della Lucchini di
Piombino, era stato l’orgoglio del Pd. Intervenendo alla trasmissione
Servizio Pubblico di Michele Santoro aveva preso di petto Beppe Grillo e
la sua definizione di “peste rossa” a proposito del
Pd e dei sindacati. Gloria
e onori da tutto il mondo
progressista. Ieri, lo stesso Lami, iscritto al Pd, ha
rinfacciato a Matteo
Renzi di essersi rimangiato “gli impegni assunti di fronte al presidente
della Regione, alle istituzioni locali e alle orga-
nizzazioni sindacali al
momento della firma
dell’accordo di programma”. L’accordo con cui è
stato chiuso lo stabilimento siderurgico della
Lucchini, infatti, prevedeva tra le altre cose, il
“potenziamento produttivo delle attività industriali portuali volte allo
smantellamento, alle manutenzioni e refitting navale dell’attività portuale”. Gli operai, infatti, nei
giorni luttuosi della
chiusura della Lucchini,
erano stati tranquillizzati
sul possibile arrivo della
Concordia. Chi si era
speso più di tutti era stato il presidente della Toscana, Enrico Rossi, oggi
evidentemente contra-
riato dalla decisione del
governo.
Da Palazzo Chigi, però,
si sostiene che le risorse e
le competenze per smantellare la nave di Costa
Crociere siano solo a Genova e ci si rallegra di
aver strappato la sede alla Turchia. A Piombino,
però, sono sicurissimi
che a settembre il porto
sarebbe pronto per avviare una lavorazione
che poi avrebbe grandi
benefici sull’intero indotto. Invece, dice Lami,
“Genova ha la nave e
Piombino ha un accordo
di programma. E il territorio come fa a vivere?”.
Stiamo parlando di lavoratori in contratti di solidarietà, cassa in deroga,
di negozi che chiudono,
di una città che attende
come la buona novella
l’interessamento, ora
della Jiindal, ora della
Mittal (la stessa che si dice interessata all’Ilva di
Taranto) fino, addirittura, alla Hyundai. Tutte
multinazionali straniere
che stanno valutando se
prendere o meno in carico la ex Lucchini. Chi ha
ragione, chi ha preso in
giro chi e, soprattutto,
perché gli operai si sentono “presi per i fondelli”?
Le risposte giungeranno
un po’ alla volta. Ma chi
ha più elementi per capire come stanno le cose
invita a considerare che
lo spostamento della na-
ve a Genova, anzi a Voltri, dove si procederà al
suo alleggerimento, rientra nell’orbita di Fincantieri e di Saipem, cioè
Eni, quindi di interessi
molto consolidati all’interno del governo. Piombino, invece, non porta
nulla. Solo le speranze
attivate in campagna
elettorale quando soltanto il M5S ricordava che
la prospettiva del porto e
dello smantellamento
della Concordia era
quanto meno illusoria.
Promesse e speranze, generate anche dalla Regione che pure ha finanziato
l’operazione. Chi andrà,
del governo, a spiegare a
Piombino come stanno
le cose?
12
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
il FATTO ECONOMICO
RIPENSAMENTI
Alitalia, ora le Poste
vogliono vederci chiaro
Per Graziano Delrio sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, è stato fatto “qualche passo
avanti”. Ma la vicenda Alitalia si
trascina lenta come una fatica irrisolvibile. Se ieri il governo ha
convocato a Palazzo Chigi l’amministratore delegato, Gabriele
del Torchio, le banche creditrici e
gli azionisti da uno di questi,
Francesco Caio, Ad delle Poste si
è sentito porre una serie di dubbi,
anche pesanti. “L'alleanza tra Alitalia e Etihad può creare le premesse per il potenziamento e il
rilancio della compagnia aerea scrive l’azienda postale - Non sono però ancora stati forniti da
Alitalia tutti gli elementi necessari ad una compiuta valutazione
dell’impatto che l’accordo potrà
avere sulla struttura del capitale
e del debito dell’azienda”. Caio si
dice ancora interessato alle “sinergie industriali e commerciali
da realizzare nella logistica” ma
vuole vederci chiaro. Nulla da dire, però, sul fatto che l’ingresso
di Poste in Alitalia è oggetto di
una lettera della Commissione
europea a cui il governo dovrà rispondere entro il 22 luglio. La Ue,
infatti, vede un aiuto di Stato mascherato che il governo italiano
nega. Ma nessuno ci crede.
di Gionata
Picchio
N
el braccio di ferro politico e diplomatico
tra Europa e Russia,
che si è inasprito la
scorsa settimana con l'accordo di
libero scambio tra Unione europea
e Ucraina, le infrastrutture energetiche come il South Stream sono
diventate pedine chiave. Ma a chi
serve il nuovo maxi-gasdotto? In
certa misura proprio all'Europa,
più di quanto Bruxelles voglia ammettere. Oltre naturalmente alle
imprese partecipanti, tra cui le italiane Eni e Saipem. Ma più di tutti
serve alla Russia, che dipende dai
ricavi dell'export più che l'Europa
dal suo gas.
L'Europa copre col metano quasi
un quarto del suo fabbisogno di
energia primaria. Il 30 per cento
del gas che consuma viene dalla
IL MAXI-CONDOTTO Non possiamo contare sul gas
americano e restiamo dipendenti da quello fornito
da Putin. Che non si fida del tutto dell’Italia
SOUTH STREAM IL TUBO
CHE SERVE A MOSCA
MA SPAVENTA L’EUROPA
futuro incerto. Conseguenza immediata e certa però è stata una
nuova disputa sul gas tra Mosca e
Kiev che la Ue fatica a gestire e che
minaccia la sua stessa sicurezza
energetica.
Nella partita con Mosca, Bruxelles
insiste inoltre nel mostrare una
carta che non ha: la possibilità di
POTERE GAZPROM
Dopo le tensioni del 2006
e 2009, il piano russo è stato
quello di aggirare l’Ucraina,
a Nord col gasdotto North
Stream verso la Germania
e a Sud con il South Stream
Russia e una metà di questo, circa
80 miliardi di metri cubi all'anno,
transita per l'Ucraina. Negli ultimi
anni le dispute Mosca-Kiev sul gas
hanno portato all'interruzione dei
flussi all'Europa nel 2006 e nel
2009. La risposta russa è stata tentare di aggirare l'Ucraina, a Nord
col gasdotto North Stream con approdo in Germania, capacità 55
miliardi di metri cubi all'anno,
inaugurato nel 2011-12, e a Sud
con il South Stream, 63 miliardi di
metri cubi all'anno, invece ancora
da costruire.
I soci del tratto offshore del pro-
SENZA ALTERNATIVE
Bruxelles ha sempre sostenuto
il progetto alternativo
Nabucco, poi abbandonato
Ora si è rassegnata
a un rapporto di mutua
dipendenza con la Russia
getto, che attraverserà il Mar Nero
per poi proseguire via Balcani fino
in Europa centrale, sono la russa
Gazprom col 50 per cento, Eni col
20, la francese Edf col 15 e la tedesca Wintershall, controllata di
Basf (15). La decisione finale di investimento sul tratto sottomarino è
stata presa nel 2012. L'avvio della
prima linea è atteso a fine 2015 e
dell'ultima nel 2018.
Con lo scoppio della crisi russo-ucraina, la tensione sul progetto
è cresciuta. Se Bruxelles, da sempre
sostenitrice del progetto rivale Nabucco, oggi tramontato, non aveva
mai guardato South Stream con
simpatia, da febbraio è passata a un
aperto ostruzionismo. Arrivando
di recente a chiedere e ottenere dalla Bulgaria, paese di transito del gasdotto, l'interruzione dei lavori sul
tratto locale avviati a fine 2013.
Il bluff
di Bruxelles
Nella linea europea non mancano
le contraddizioni. Incoraggiando
Kiev a spostare il suo asse verso
Ovest, l'Europa ha contribuito a innescare una transizione politica dal
rinunciare dall'oggi al domani al
gas russo. In realtà è vero che col
calo dei consumi degli ultimi anni e
la crescita delle rinnovabili il potere contrattuale della Russia si è
fortemente ridimensionato. E che
una limitata interruzione dei flussi
sarebbe gestibile. Ma tutt'altra cosa
è pensare di fare di colpo a meno di
130 miliardi di metri cubi di gas
ogni anno.
Nessuna delle alternative ipotizzabili, infatti – dall'impostazione dagli Stati Uniti dello shale gas (quello estratto dalle rocce) alle forniture dal Mar Caspio – può coprire
l'ammanco almeno nel medio termine. Nella migliore delle ipotesi
gli Stati Uniti esporteranno circa
20 miliardi di metri cubi annui dal
2015 e altrettanti dal 2018, e per
averli l'Ue dovrà competere con i
prezzi dell'Asia. Quanto al Caspio,
se il gasdotto Albania-Puglia TAP
riuscirà a superare le opposizioni
locali, porterà 10 miliardi di metri
cubi annui di gas azero dal 2019.
Infine, l'Europa può certo ridurre il
peso del gas nel proprio mix energetico ma anche questo richiede
tempo e risorse. Non a caso, in conclusione, secondo il think tank
Oxford Institute for Energy Studies, da un punto di vista puramente commerciale la scelta migliore
per l'Ue sarebbe di sostenere South
Stream.
Meglio l’Austria
che Tarvisio
Al maxi-gasdotto, che oltre a Eni
vede in campo Saipem nella posa
della prima linea, non mancano
del resto neppure i sostenitori. Nato nel 2007 proprio in seno alla
partnership tra Eni e Gazprom,
South Stream ha sempre goduto
dell'appoggio dei governi italiani,
sia con l'ex premier Romano Prodi
– a cui, come racconta lui stesso, il
Cremlino offrì perfino la presidenza del consorzio dopo la fine del
suo governo – sia con Silvio Berlusconi, fino ad arrivare all'attuale
governo.
Ciò non ha impedito tuttavia a
Gazprom di spostare nei giorni
scorsi dall'Italia all'Austria all'Italia
il punto di arrivo europeo della pipeline. Interpellato dal Fatto Quotidiano l'ufficio stampa di Gazprom conferma che con gli accordi
perfezionati la scorsa settimana
con l'austriaca OMV – per anni sul
fronte opposto come capofila del
Nabucco – “l'approdo di South
Stream in Europa diventa Baumgarten e non più Tarvisio”, come
previsto negli ultimi anni.
2 LUGLIO 2014
di Margherita Barbero
C
i sono voluti
due anni per
celebrare il
matrimonio
ai vertici delle assicurazioni italiane tra le ex società della galassia Ligresti e il braccio assicurativo di Unipol gruppo
finanziario (Ugf). Due
anni in cui sembra avvenuto il miracolo del salvataggio del gruppo
Fondiaria-Sai. Nato nelle menti dei suoi grandi
registi-creditori delle
società unite a nozze
Mediobanca e Unicredit, la fusione risale al 31
dicembre 2013, con la
nascita di Unipolsai. Ma
la compagnia bolognese
guidata da Carlo Cimbri
era salita al controllo
delle società dell'ex
gruppo Ligresti con gli
aumenti di capitale del
2012, già tutto il 2013,
quindi, per Fonsai risente dell’effetto Unipol.
ASSICURAZIONI Le coop si sono comprate FonSai senza opa
perché era un salvataggio. Ma ora arrivano maxi-dividendi
QUESTA UNIPOL-SAI
HA FATTO TROPPI UTILI
Lo hub austriaco è oggi il più importante dell'Europa centrale e da
qui il gas potrà proseguire per l'Italia attraverso il già esistente gasdotto TAG, controllato dalla Cassa depositi e prestiti, ha rimarcato
nei giorni scorsi il numero due di
Gazprom Alexander Medvedev.
In ogni caso il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il ministro
dello Sviluppo Federica Guidi ribadiscono spesso la strategicità
dell'opera per il nostro Paese. E
d'altra parte l'Italia non è l'unica
voce "stonata" con le posizioni di
Bruxelles verso la Russia. Ci sono i
paesi di transito del South Stream,
come la Bulgaria o l'Ungheria.
Costretti
alle esportazioni
Altri Paesi sono legati a Mosca da
una forte interdipendenza commerciale. Oltre alla stessa Italia è il
caso della Germania, in prima linea
(almeno fino a poco fa) nell'auspicare una soluzione negoziale alla
crisi ucraina. O della Francia, che
partecipa a South Stream con Edf e
con la Russia ha in ballo una fornitura di navi porta-elicotteri per
1,2 miliardo di euro.
In ogni caso la più interessata alla
realizzazione di South Stream resta
la Russia. Negli ultimi anni con la
crisi dei consumi e l'aumento della
concorrenza sul mercato Ue, la leadership di Mosca come fornitore di
gas dell'Europa è finita sotto pressione. E in questo contesto di domanda già debole le politiche Ue su
efficienza e rinnovabili hanno progressivamente eroso spazi di mercato al gas e il processo è destinato
a proseguire.
Per l'economia russa invece l'esportazione di gas rimane vitale
per far quadrare i conti. Come
emerge da un'analisi di Federico
Pontoni e Antonio Sileo pubblicata sul sito lavoce.info, ad esempio, Gazprom realizza la stragrande maggioranza dei propri margini con l'export in Europa. Numeri che i recenti accordi russi
con la Cina, pur aprendo prospettive di diversificazione nel
medio termine, non bastano
per ora a riequilibrare.
di Daniele
Martini
Pierluigi
Stefanini
(presidente
Unipol), Carlo
Cimbri (Ad)
LaPresse
417
MILIONI
DI EURO
IL PRIMO UTILE
Il bilancio 2013 tiene già
conto della fusione, quello
precedente di Fondiaria Sai
aveva registrato perdite
per 800 milioni di euro
50
MILIONI
L’ANNO SCORSO, il bi-
lancio consolidato di
Unipolsai, che rappresenta le attività dell’ex
gruppo Fonsai prima
della fusione (quello dopo l’integrazione non è
confrontabile con l’anno precedente), si è
chiuso in utile per 417
milioni, rispetto alla
perdita di 800 milioni
del 2012. Eppure, dal
2012 al 2013, i premi
netti pagati dai clienti alla compagnia, ossia i ricavi di un gruppo assicurativo, sono scesi da 9,97
a 9,65 miliardi. Se Salvatore Ligresti e i figli Paolo, Jonella e Giulia sono
indagati dalla magistratura e accusati, tra l'altro,
di avere spolpato per anni le riserve tecniche, ossia il “fieno” che la compagnia mette in cascina
in vista di possibili costi
per incidenti, è perché
l'attività assicurativa di
Fonsai ha sempre reso
parecchio.
Se nel 2013 sono scesi i
premi pagati dai clienti,
l’ultima riga di bilancio
in utile contro il rosso
dell’anno precedente si
spiega soprattutto perché sono diminuiti sia i
costi e gli oneri complessivi (tra cui gli importi
pagati per incidenti e la
variazione delle riserve
tecniche), da 13,14 a 11
miliardi, sia le imposte,
passate addirittura in
13
DI EURO
PER LE COOPERATIVE
Dividendi appena staccati
da Unipol gruppo
finanziaria a beneficio della
holding delle coop Finsoe
negativo per 234 milioni
dal dato positivo di 131
milioni del 2012. In parallelo, le attività collaterali rispetto alle assicurazioni hanno ridotto le
perdite. A cominciare
dal settore immobiliare
che ha un risultato negativo prima delle tasse di
69 milioni dal rosso di
237 milioni del 2012. Le
“altre attività”, che scontano il peso di due business in costante perdita
come il Centro oncologico fiorentino e la catena di alberghi Atahotels
(ricapitalizzata per 46
milioni ancora a febbraio), hanno chiuso il
2013 con un passivo ante
imposte di 51 milioni, da
quello di 95 milioni del
2012.
UNIPOL, QUINDI, ha
ereditato dai Ligresti un
business assicurativo
che funziona ancora bene, più alcune attività
extra che invece appesantiscono i conti. Di za-
vorre al bilancio, comunque, il gruppo bolognese ne sa qualcosa:
quest’anno deve ricapitalizzare per 100 milioni
la controllata Unipol
Banca, che tra 2007 e
2013 ha perso circa 820
milioni. Le cooperative
rosse possono però consolarsi con i 50 milioni
abbondanti di dividendi
appena staccati dalla loro controllata, attraverso Finsoe, Ugf. Quest’ultima ha archiviato il
2013 con utili consolidati di 188 milioni e ha deciso di distribuirne 120
ai soci, ben più della metà (il 64 per cento, ma si
sale all'82 considerando
i profitti civilistici). Così,
le coop sono state in parte ricompensate dello
sforzo economico dell'estate del 2012, quando si
sono svenate per i 500
milioni di aumento di
capitale da 1,1 miliardi
di Unipol, necessario
per comprare Fonsai.
Indirettamente, le coo-
perative beneficiano anche del dividendo super
da 550 milioni, pari a
ben l’80 per cento dei
profitti consolidati (694
milioni nel nuovo assetto post fusione), appena
staccato al piano di sotto
da Unipolsai. In questo
caso, chi ha incassato di
più è la stessa Ugf controllata dalle coop, nelle
cui casse sono appena
entrati circa 335 milioni.
Insomma, l’Ad Cimbri,
che già a fine 2012, per il
periodo dal 2013 al 2015,
aveva fornito un'indicazione di cedole tra il 60 e
l'80 per cento degli utili,
ha mantenuto le promesse.
“QUESTI DIVIDENDI –
commenta un analista
che segue il settore delle
assicurazioni – mi hanno sorpreso, credevo che
sarebbero state trattenute più risorse nel gruppo
Unipol, visto restano
criticità come il patrimonio immobiliare ex
Fonsai, che rende sempre meno, e il portafoglio di titoli derivati ora
in pancia a Unipolsai”.
Quello stesso portafoglio che, in sede di via libera alla fusione assicurativa ha fatto litigare il
presidente della Consob
Giuseppe Vegas con il
capo del suo Ufficio analisi quantitative Marcello Minenna, che aveva
lanciato l’allarme sulle
potenziali perdite dei
derivati all’epoca in carico a Unipol. Sulla vicenda cerca di fare luce la
Procura di Milano,
nell’ambito di un’inchiesta che vede indagato anche Cimbri per aggiotaggio. Secondo calcoli del Sole 24 Ore, al 27
maggio gli strutturati di
Unipolsai
valevano
6,545 miliardi, con una
plusvalenza latente di 82
milioni, contro i 6,45
miliardi della di fine dicembre, quando invece
incorporavano una minusvalenza di 188 milio-
ni.
Il gruppo Unipol ha
quindi archiviato un
2013 positivo, con profitti da centinaia di milioni in larga parte girati
ai soci. Eppure nella primavera del 2012 la Consob di Vegas ha esentato
il gruppo bolognese dal
lancio di una costosa offerta pubblica di acquisto (Opa), stabilendo
che l’acquisizione di
Fonsai era un “salvataggio”. Ma nel marzo 2011
la stessa Commissione
di vigilanza aveva imposto l’Opa ai francesi di
Groupama che avevano
messo gli occhi sul
“gioiellino” assicurativo
dei Ligresti. Dal punto di
vista della Consob, la situazione del gruppo
Fonsai è schizofrenica:
nel 2011 non aveva bisogno di essere salvato, nel
2012 era sull'orlo del baratro e nel 2013 macina
utili. I piccoli azionisti
saranno a dir poco disorientati.
GIUSEPPE MUSSARI Le parcelle
da 1,5 milioni del Comune all’avvocato
S
e il valore di un avvocato si misura con
l'entità delle parcelle che riesce a farsi
pagare, allora Fabio Pisillo, 56 anni, legale
senese, è senz'altro un principe del Foro.
Dal 2004 al 2013 ha ricevuto da un solo
cliente, il comune di Siena, la bellezza di 1
milione mezzo di euro. La cifra è stata fornita al consiglio comunale dal nuovo sindaco, il renziano Bruno Valentini, in risposta ad un'interrogazione sulle spese legali
del comune. Il fortunato avvocato senese è
riuscito a farsi pagare perfino quando il
comune era con l'acqua alla gola, con il
bilancio non approvato perché mancavano
le coperture e il sindaco Franco Ceccuzzi
costretto alle dimissioni per lasciare il posto a un commissario. La parcella di Pisillo
anche allora fu onorata, pure se per un
importo inferiore rispetto al solito, quasi
20 mila euro.
“Quei soldi del Comune me li sono meritati
tutti, non ho rubato niente”, si infervora
Pisillo parlando con Il Fatto. “Sono bravo,
lavoro tanto e vinco 9 cause su 10, ho uno
studio con una decina di collaboratori e
non indosso nessuna casacca politica”. Secondo Pisillo il milione e mezzo ricevuto
dal comune di Siena non sarebbe poi troppo: “Sono 150 mila euro l'anno in media, da
cui va detratta l'Iva. Di solito tratto per loro
una quarantina di cause l'anno, quindi l'importo di ogni singola causa non mi pare
eccessivo. Purtroppo a Siena c'è chi mi
vuole male perché sono il difensore di
Mussari”.
Quella di Pisillo è una famiglia di avvocati
da tre generazioni e lui, Fabio, è il legale di
mezza città che conta, da Alessandro Nannini, ex pilota di Formula 1 e poi candidato
del centrodestra al comune, fino al sindaco
attuale, Valentini, di cui era stata messa in
dubbio l'eleggibilità. La difesa di Mussari
sia per lo scandalo dell'aeroporto di Ampugnano sia per il crac del Monte dei Paschi sta lanciando Pisillo all'attenzione dell'opinione pubblica nazionale. A Siena c'è
chi mette in relazione la sua confidenza
con Mussari di cui è stato anche testimone
di nozze, con le superparcelle comunali di
questi anni, quelli in cui proprio Mussari
aveva in mano la città.
14
il FATTO ECONOMICO
2 LUGLIO 2014
EURO FLOP La flessibilità c’è (ma per la Francia)
di Stefano Feltri
MA LA FLESSIBILITÀ cele-
brata da Matteo Renzi esiste o non esiste? Secondo il
premier è stato un grande
risultato ottenuto nel Consiglio europeo di venerdì
scorso, il sottosegretario
Graziano Delrio si sbilancia a stimarla in 10 miliardi in più all’anno, includendo nel conto anche la
cosiddetta clausola per gli
investimenti (che l’Italia
non può usare perché non
sta riducendo il debito
pubblico al ritmo richie-
sto). Poi il ministro
dell’Economia Pier Carlo
Padoan che ieri sul Sole 24
Ore corregge la linea: “La
flessibilità c’è, sbagliato
parlare di nuove regole”. E
ancora: “Il quadro attuale
offre spazi per affrontare
una situazione specifica
come quella in cui si trova
l’Italia”. E quindi?
In un dibattito alla Bocconi, lunedì, Mario Monti e
l’ex ministro per gli Affari
europei Enzo Moavero
Milanesi, hanno spiegato
l’arcano: la base per la flessibilità è stata messa con il
Consiglio europeo del giugno 2012, quando è stata
introdotta la clausola per
gli investimenti che permette di fare investimenti
produttivi per i Paesi che
ancora non hanno raggiunto il deficit strutturale
zero (pareggio di bilancio)
ma sono sotto il 3 per cento del deficit nominale. Era
un premio per i Paesi che
stavano facendo miglioramenti, in pratica per l’Italia. Che poi non ha potuto
usare quel margine perché
il governo Letta e quello
Renzi hanno smesso di ri-
durre il debito e quindi sono usciti dalla lista dei potenziali beneficiari. Cos’è
cambiato nel vertice del
giugno 2014? Semplicemente che dalle conclusioni del vertice è sparito il riferimento al “braccio preventivo” del patto di stabilità. Tradotto: gli investimenti produttivi (difficile
poi individuarli, l’esempio
standard è la quota nazionale di co-finanziamento
dei progetti europei) posso
essere calcolati fuori dal
deficit anche per i Paesi
che stanno sopra il 3 per
cento ma non sono in procedura di infrazione. Cioè
la Francia, che è al 3,9 per
cento stimato nel 2014.
L’Italia, insomma, ha soltanto ottenuto che un suo
privilegio è stato esteso a
un Paese vicino, più grosso
e meno virtuoso. In diplomazia è una sconfitta, non
una vittoria. Ma sono minuzie, il vero test per Renzi
e Padoan arriva in autunno quando dovranno dare
una legge di stabilità con la
crescita allo 0,2 per cento
invece che allo 0,8 previsto.
LA CRISI
Chi ci ha guadagnato
e chi ci ha perso
L
a distanza dagli eventi affina lo sguardo storico.
Anche per questo le analisi su quanto avvenuto
nell’economia globale dagli anni 70 in poi continuano a destare interesse e a fornire chiavi di lettura che si pretendono utili alla politica attuale. Lo
storico Ignazio Masulli, conoscitore del mondo sindacale europeo e studioso delle tendenze economiche, ha questa ambizione in un saggio uscito ad
aprile nella collana “Anticorpi” della Laterza. La domanda del titolo punta a capire più in profondità gli
agenti delle grandi trasformazioni degli ultimi trenta-quaranta anni, soprattutto per capire chi ci ha
guadagnato e chi ci ha perso. Altrimenti, dice Masulli, ci sarà sempre un’adesione acritica allo “stato
delle cose” e affermazioni come “ce lo chiede l’Europa” o “ce lo chiedono i mercati”
non avranno alcuna replica.
I grandi cambiamenti del mondo
vengono ricondotti, come tanta
CHI HA CAMBIATO IL MONDO?
di Ignazio Masulli
Laterza, 234 pagg, 18¤
di Mario Seminerio
N
ei giorni scorsi l'Istituto nazionale
di
statistica
dell’Argentina ha
comunicato che il
Pil del paese è diminuito, nel primo trimestre, dello
0,8% su base trimestrale. Questo dato,
sommandosi al calo dello 0,5% del
quarto trimestre dello scorso anno,
sancisce l'entrata del paese sudamericano in recessione, secondo una regola
piuttosto rozza ma convenzionalmente accettata. È noto che le fonti ufficiali
argentine non sono particolarmente
affidabili, per usare un eufemismo, ma
aver ammesso la contrazione (che probabilmente è di magnitudine ben superiore) è il dato rilevante.
I circoli viziosi
di Cristina Kirchner
Quella argentina è una vera e propria
horror story economica e di cocciuta
negazione della realtà da parte dei suoi
TANGO STONATO Lo Stato ha tenuto nascosti i dati
del tracollo economico. Ora i nodi della gestione folle vengono
al pettine: un mese per trovare l’accordo coi creditori
Argentina, un mese
per evitare gli avvoltoi
eletti ma anche degli elettori, di quelle
che andrebbero insegnate nelle scuole
quale paradigma di autoinganno destinato a finire in lacrime. È la retorica del
primato della politica sull’economia,
che in astratto sarebbe pure un principio a cui tendere, ma che in molti casi
viene declinato in una dimensione onirica sin quando non accade il trauma
epocale.
L’Argentina, sotto la guida di Cristina
Fernandez de Kirchner, succeduta al
RACCONTANO
BALLE
3.352
GARANZIA GIOVANI, IL FLOP
DEL GOVERNO È NEI NUMERI
IL FALLIMENTO del bonus giovani voluto nel 2013 da Enrico Letta
(22.000 assunti, meno di un
quarto delle previsioni) sembra il
preludio di quello della garanzia
giovani. Lunedì scorso, a due mesi
dall’avvio ufficiale, il ministro del
lavoro Giuliano Poletti ha parlato
di “bilancio positivo”: “Siamo a
100 mila iscrizioni di giovani fra i
25 e i 29 anni, e a oggi sono 3500
le opportunità di tirocinio offerte
I TIROCINI
OFFERTI
DALLE
AZIENDE
dalle aziende”. Peccato che il bacino potenziale era di “900 mila
giovani nell'arco di 24 mesi”; a
oggi le aziende registrate sono
solo un centinaio; e i posti 3352. A
questi ritmi fra due anni arriveremo a 42 mila offerte, il 4,6% del
totale previsto. In compenso si finanziano le agenzie private, mentre per i servizi pubblici si spendono solo 700 milioni annui (contro i 9 miliardi della Germania).
suo defunto marito Nestor Kirchner,
ha portato all'estremo il disprezzo della
realtà, in un circolo vizioso che è ormai
prossimo al capolinea.
La volontà politica di dare sussidi a
chiunque e più in generale l’uso compulsivo della spesa pubblica hanno
causato forti deficit fiscali, ma anche la
progressiva perdita di competitività di
un paese da sempre beneficiato dalla
ricchezza di risorse del proprio territorio. Per questa via sono comparsi deficit commerciali che sembrava impossibile conseguire, e con essi il deflusso
di valuta pregiata, i dollari. A questo
punto, anziché tentare il riequilibrio e
uscire dal mondo dei sogni in cui è possibile regalare tutto a tutti, la Kirchner
si è imbarcata in una serie di azioni che
hanno posto le basi per la catastrofe
successiva.
Intanto, la manipolazione dei dati economici. Una grande tradizione delle
classi politiche, quello di rompere il
termometro. E quindi ecco l’istituto
nazionale di statistica impegnato a manipolare i dati di inflazione effettiva. In
questo caso anche per un motivo molto
tangibile: i titoli di Stato legati all’inflazione emessi dal governo argentino,
al crescere del costo della vita, costringono le casse pubbliche a spendere di
più. Un po’ come farebbe un giocatore
d’azzardo votato alla rovina, che raddoppia la posta a ogni giro per rifarsi
delle perdite, il governo argentino, in
luogo di fare un discorso adulto ai propri connazionali, ha dapprima preso il
pubblicistica ormai conviene, nella prima, vera, crisi del dopoguerra, quella del ‘73 che Masulli invita a
non ricondurre allo choc petrolifero bensì alla profonda recessione che la precede. Recessione dovuta a una classica crisi di valorizzazione del capitale, di calo dei profitti dopo l’età d’oro della ricostruzione post-bellica. Da lì originano le tre grandi trasformazioni degli ultimi trent’anni: la de-localizzazione dei processi produttivi, l’automazione
del lavoro e lo sviluppo impetuoso del capitale finanziario. Tutti fenomeni non originali, avverte
l’autore, ma certamente inediti sul piano delle
quantità.
Gli effetti positivi sui profitti si vedono già negli anni
80 ma, contestualmente, si producono grandi
squilibri come il flusso delle migrazioni, la disoccupazione crescente o lo strapotere dei mercati finanziari. In questo caso, con un fenomeno nuovo: i
tassi di profitto non incidono positivamente sui tassi di accumulazione del capitale perché i profitti nutrono gli interessi e i dividendi richiesti dalla finanziarizzazione. Si pongono così le basi per la “grande
crisi” del 2007 da cui non si vede via d’uscita. Il
bilancio della “ristrutturazione capitalistica”, che
ha ristabilito i tassi di profitto ma senza migliorare
lo stato dell’economia globale, è “fallimentare.
L’autore, nelle conclusioni, non resiste alla tentazione di delineare le sue misure per invertire la tendenza. Intento nobile ma probabilmente non confinabile in alcune note a pie’ di pagina.
controllo della Banca centrale, privandola dell’indipendenza per appropriarsi delle sue riserve valutarie e, soprattutto, della sua capacità di stampare moneta, aumentando in tal modo gli
squilibri.
Un gioco d’azzardo
votato alla rovina
Poi è giunta l'era del controllo feroce
dell’esportazione di valuta, con effetti
tragicomici, come i super dazi imposti
sugli acquisti dall’estero a mezzo di
e-commerce, con l’obbligo aggiuntivo
per i sudditi di recarsi personalmente a
sdoganare l’acquisto.
E ancora, i crescenti vincoli all’uso delle carte di credito per i turisti argentini
che si spostano anche solo in Uruguay
con ferryboat per cercare gli agognati
dollari; le restrizioni al rimpatrio dei
profitti di aziende estere operanti sul
suolo argentino, sino alla nazionalizzazione della società petrolifera Ypf,
controllata dagli spagnoli di Repsol.
Ma le riserve in dollari continuavano a
calare: motivo per cui, a fine 2013, il
governo ha accettato un “gradone” di
svalutazione del cambio del peso e ha
iniziato un timido cambio di direzione.
Rialzo dei tassi d’interesse (e conseguente recessione), riapertura del negoziato col Club di Parigi dei paesi creditori, accordo con Repsol per indennizzarla dell'esproprio di Ypf. Il paese
ha una disperata fame di capitali esteri
per evitare la morte di un’asfissia largamente autoinflitta. E per ottenerli
sa. can.
dovrà compiere dolorosissimi sacrifici. Nei giorni scorsi una sentenza della
Corte suprema statunitense ha ordinato al governo argentino di pagare capitale ed interessi anche ai cosiddetti
holdout, cioè agli investitori che hanno
rifiutato di subire la decurtazione dei
propri investimenti dopo il default, definiti sprezzantemente “avvoltoi” dalla
Kirchner. All’Argentina, che afferma
che il rispetto di questa sentenza causerebbe l’innesco di una giostra infernale che le dimezzerebbe le riserve valutarie, è materialmente impedito di
pagare gli obbligazionisti che avevano
accettato il concambio post-default del
2001. Avendo mancato il pagamento
del 30 giugno, è iniziato il cosiddetto
“periodo di grazia”: c’è tempo fino al 30
luglio per trovare un accordo con gli
holdout ed evitare un nuovo disastroso
default. In prospettiva, non si può neppure escludere che Buenos Aires richieda aiuti internazionali, magari allo
stesso odiato Fmi.
Beffarda nemesi, quella capitata al paese che volle ignorare la realtà e che ora
rischia di vedere vanificati i propri
sforzi di tornare a giocare con le regole
della medesima, perseguitata dal proprio passato. Ma è tutt'altro che scontato che la lezione possa servire anche a
tutti i masanielli d’accatto che sovraffollano l’offerta politica italiana e che
per anni, e sino a tempi molto recenti,
hanno elevato uno Stato fallito come
l’Argentina a improbabile modello di
sovranità e giustizia sociale.
UN GIORNO IN ITALIA
il Fatto Quotidiano
N
apoli, indagato
il custode per rogo
alla Città della Scienza
C’È UN INDAGATO per il rogo che
il 4 marzo 2013 ha semidistrutto
la Città della Scienza a Napoli. Si
tratta del custode in servizio quella sera: si chiama P. C. e ha 38
anni. I pubblici ministeri titolari
del fascicolo Michele Del Prete e
Ida Teresi gli contestano il reato di
incendio doloso aggravato dal
metodo camorristico. La notizia è
emersa nelle stesse ore in cui la
Digos acquisiva documentazione
negli uffici di spesa della Regione
Campania relativi alla gestione
del polo di ricerca e divulgazione
scientifica. La Procura lavora sulla
pista interna ma ha acceso un riflettore anche su presunte irregolarità nell’amministrazione dei
fondi.
Tra i probabili moventi, infatti, le
difficoltà finanziarie della Fondazione Idis, che regge Città della
Scienza, e i conseguenti ritardi nei
Arancia meccanica Risse
e spranghe su metro e auto
A NAPOLI UNA BABY GANG DISTRUGGE 48 VAGONI E 250 ANTE DELLE PORTE. MENTRE
A MILANO UNA BANDA DI LATINOS METTE A SEGNO PESTAGGI E TENTATI OMICIDI
di Valeria Pacelli
VANDALISMO
A Roma sono state prese
di mira le auto a noleggio:
in due giorni a una è stato
spaccato il vetro in mille
pezzi; a un’altra sono
state rubate le 4 ruote
metro, che sfuggono ai controlli
della polizia, diventino presa
delle baby gang. Domenica
scorsa, sono state distrutte quasi tutte le guaine di gomma che
si trovano tra le due ante delle
porte scorrevoli dei vagoni. La
situazione è peggiorata nel pomeriggio quando la baby gang si
è scaraventata contro i vetri, fatti a mille pezzi, ma anche contro
i controllori. Avventure quasi
quotidiane per chi lavora in stazione: solo due giorni fa, l’aver
chiesto il biglietto è costato a un
capo treno un ricovero in ospedale e dieci giorni di prognosi. A
Milano, invece, le fermate me-
15
pagamenti degli stipendi.
Nel corso dell’inchiesta il custode
indagato è stato interrogato nei
mesi scorsi e messo a confronto
con un collega. I magistrati partenopei avrebbero rilevato delle
contraddizioni.
Vin. Iur.
A TORINO
Le ‘ndrine: “La torta
dell’Alta velocità
ce la mangiamo noi”
COSÌ PARLAVANO GLI AFFILIATI CHE VOLEVANO
ENTRARE NEGLI APPALTI DEL TAV: 20 ARRESTI
di Andrea Giambartolomei
D
uecentocinquanta
ante rotte, danni a
48 vagoni metropolitani e vetri distrutti. È il bilancio degli ultimi
due giorni di violenza nella Circumvesuviana di Napoli. Ma
non solo, perché le cronache locali raccontano come episodi
simili siano avvenuti in tutta
Italia. A raccontare una giornata qualunque nella metropolitana del capoluogo campano, alcuni articoli del Mattino che riportano come, poco prima delle
otto di mattina, quelle stazioni
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
Torino
l Tav è anche un affare loro. “L’ho vista l’Alta velocità cosa
I
porta”. Sa quanti lavori e soldi possono arrivare. Per questo
motivo nel maggio 2011 si dava da fare Gregorio Sisca, ar-
IN LOMBARDIA
NELLA CAPITALE
Le immagini riprese dalla Squadra mobile
dei pestaggi della banda del latinos
tro sono diventate tra i luoghi
prediletti per le vendette di una
banda di 11 domenicani e un
salvadoregno (di cui due minorenni). Lì avvenivano i pestaggi
a bande rivali finite nei nastri
della procura, che ieri ha fatto
scattare le manette.
DUE I PESTAGGI ripresi: uno del
7 gennaio alla fermata Sesto
Rondò, l’altro del 13 febbraio
nella metro di piazza De Angelis. Ed è qui che si vede con
quanta violenza la banda si scagliava contro due sudamericani,
clalci, pugni, in una lotta combattuta in modo impari: due
contro dieci. E a guardare lo
spettacolo anche alcune donne,
che sembrano non provare ribrezzo. Altra città, altra violenza. A Roma a essere prese d’assalto sono le Car2Go, le auto a
noleggio. Un servizio che è piaciuto tanto anche a chi vuole
sfogarsi. Nel giro di pochi giorni
alcune auto sono state prese di
mira: all’Eur sono state rubate le
quattro ruote di una 500 Enjoy;
mentre mentre a Primavalle una
Smart è stata distrutta.
La macchina a noleggio Car2Go che è stata distrutta
a Primavalle Foto tratta da www.06blog.it
CHIAMPARINO DICE
“Qui niente tangenti”
E scattano le manette
S
iccome a Torino da 30 anni comandano sempre gli
stessi, siamo ancora qui a occuparci di Sergio Chiamparino. Nel 1993, segretario provinciale del Pds, fu lambito
dallo scandalo delle tangenti sull’ipermercato Le Gru di
Grugliasco, per aver accettato in dono un telefonino dal
faccendiere delle mazzette. E mise subito la mano sul fuoco
sul compagno Domenico Bernardi, sindaco di Grugliasco:
“Se Bernardi ha preso tangenti, sono un cretino”. Un mese
dopo Bernardi fu arrestato e confessò una mazzetta di 65
milioni di lire. Ora Chiamparino, già sindaco di Torino e
presidente della Compagnia di San Paolo, è governatore del
Piemonte e l’altroieri se n’è uscito con un’altra frase storica:
“Di questi tempi si parla di grandi opere solo per parlare di
tangenti. Ma noi vogliamo affermare con orgoglio torinese
che le grandi opere si possono fare senza tangenti”. Le ultime parole famose. Meno di 24 ore dopo, partiva il blitz
con 20 arresti per le infiltrazioni della ‘ndrangheta negli
appalti di uno dei grandi orgogli torinesi: il Tav Torino-Lione. Chiamparino è fatto così: porta buono. Appena
apre bocca in tema di tangenti, scattano le manette.
restato con altre 19 persone ieri all’alba dai carabinieri del Ros
nell’ambito dell’indagine “San Michele” della Dda di Torino
che ha smantellato la locale distaccata di San Mauro Marchesato (Crotone) insediata in Piemonte. “Le forze dell’ordine e la
Procura sono attente ai tentativi di infiltrazione nei lavori per
la Torino-Lione - ha ribadito ieri il procuratore aggiunto Sandro Ausiello - L'intenzione è di tenere alta la vigilanza”. L’indagine comincia nel maggio 2011, poco prima dell’inizio degli
scavi in Val di Susa, quando il Ros scopre che i componenti
della cosca Greco volevano entrare nei lavori della Torino-Lione piazzando gli imprenditori calabresi nel settore del
movimento terra. C’è Francesco Gatto, ritenuto un affiliato, il
padroncino della “Sud express”. Sisca voleva farlo entrare nel
“Consorzio Valsusa”, che raggruppa gli
imprenditori locali attivi nel cantiere di
Chiomonte: “Adesso che adesso che parte la Tav - dice al boss Mario Audia per
sottolineare l’imminenza dei lavori -. Vediamo di farlo entrare insieme a questa
cooperativa qua della Tav”.
NON È L’UNICO AMBITO in cui Sisca si
muove. Importantissimo per gli affari della cosca è Giovanni Toro, indagato di concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione e smaltimento illecito di rifiuti, quest’ultimo reato commesso con l’imprenditore valsusino Ferdinando Lazzaro della Italcoge. L’uomo
d’affari calabrese è il fondatore della Toro Srl e della Cst con cui
gestisce una cava tra Sant’Antonino di Susa e Chiusa San Michele. Nel 2011 rischiava di essere sfrattato: “Io arrivo lì, investo
tutto e non mi posso fare quattro anni di Alta velocità!?”, riferisce a Sisca che con le minacce fa cambiare idea ai proprietari
del luogo. Il motivo di tanto interesse? “Noi dobbiamo stare lì
perché è lì dentro che nei prossimi dieci anni arrivano 200
milioni di euro di lavoro”, dice Toro che garantisce a Sisca: “La
torta non me la mangio da solo. Me la divido con te e ricordati
queste parole, che ce la mangiamo io e te la torta dell’alta velocità”. Oltre ai soldi per lo smaltimento ne avrebbe ricavati
altri frantumando gli scarti per usarli nel cemento: “Lì è un
business che non finisce più”. Tutti possono guadagnarci e così
Sisca chiede se “servono anche carpentieri bravi?”. “Sicuramente ce n’è bisogno veramente di tanti perché ci sono viadotti,
cavalcavia - gli dice Toro - Ci sarà tanto tanto cemento armato.
Li sistemiamo e li facciamo lavorare senza problemi appena
parte. Ci saranno richieste su tutti i campi”.
Twitter @AGiambartolomei
16
PAROLE D’AUTORE
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
Sdegli
plendori e miserie
autori al Ninfeo
di Villa Giulia
L’ANDAMENTO dei libri dello Strega è piuttosto discontinuo. Alcuni arrivano in cinquina con pochissime copie, altri già con un buon venduto ed è difficile dire quanto vale la fascetta. Nel 2013 ha vinto
Resistere non serve a niente di Walter Siti, pubblicato
da Rizzoli a maggio 2012: prima del riconoscimento
aveva venduto solo 15 mila copie. Il sellout finale
lievita, non di poco, fino ad arrivare 105 mila.
il Fatto Quotidiano
Nel 2012 Alessandro Piperno ha vinto con Inseparabili. Il fuoco amico dei ricordi, pubblicato da Mondadori a febbraio 2012: prima dello Strega aveva
raggiunto le 40 mila copie, dopo se ne sono aggiunte 90 mila. Paolo Giordano, vincitore con La solitudine dei numeri primi nel 2008, prima del Ninfeo aveva venduto 300 mila copie, dopo un altro milione.
Ma erano altri tempi anche per il mercato.
Strega amaro: i libri
in cinquina non vendono
IN TESTA FRANCESCO PICCOLO CON 42 MILA COPIE: MA IL ROMANZO DI SCURATI,
USCITO A OTTOBRE 2013, È FERMO A 8 MILA. DOMANI SERA LA PREMIAZIONE
di Silvia
Truzzi
B
isogna credere agli
editori che in queste ore, alla vigilia
del Premio Strega,
ostentano nonchalance? Naturalmente no: giurano tutti
indifferenza, intanto collezionano telefonate e questuano
voti. Il clima è teso, quest’anno ci si è messa pure Federcosumatori, con una “richiesta di trasparenza” alla Fondazione Bellonci: “Qualche finalista è stato sorpreso con le
mani nel sacco del ricorso al
copia e incolla di passi presi
da proprie precedenti opere.
Altri finalisti vantano consorti collaboratrici del direttore
della Fondazione organizzatrice del Premio”. Il riferimento è ad Antonio Scurati e
alla sua, diciamo, “autocitazione” di una scena di sesso
che compare pressoché invariata anche in un precedente
libro (che pure era stato in
concorso allo Strega). La seconda allusione invece è alla
moglie di Francesco Piccolo,
che fino all’anno scorso collaborava con la Fondazione
Bellonci.
SE LA MATEMATICA è una
scienza che porta a conclusioni necessarie, gli editori hanno
ben altri motivi d’inquietudine. I numeri di questo Strega
non sono incoraggianti: le statistiche Nielsen (la società che
raccoglie i dati delle vendite
senza includere la grande distribuzione) sul venduto dei
titoli in concorso parlano
chiaro. Ed ecco cosa dicono. Si
difende Il desiderio di essere
come TUTTI di Francesco Piccolo (Einaudi) che ha venduto
42 mila copie dal novembre
2013 (data di pubblicazione) a
oggi. Bisogna dire che di questo “romanzo della sinistra
italiana” - ancora prima di nascere era già il vincitore annunciato dello Strega - si è
parlato molto sui giornali e
Piccolo è stato anche ospite
del salotto di Fabio Fazio. Non
che Bompiani abbia lesinato
La scrittrice
di Nanni Delbecchi
e Antonio Armano
M
ilf? Che cos’è una milf? Dobbiamo spiegare
a Erica Jong – ospite della Milanesiana per
i 40 anni dall’uscita di Paura di volare (Bompiani)
– il significato di questo acronimo, decisamente
maschilista, come tutta la nomenclatura
dell’erotismo in Rete. E cioè mother I would like to
fuck, mamme sexy, per barattare il neologismo
con un eufemismo. Poi, afferrato il senso, ride e
trova subito una grande battuta: “A Freud questa
categoria sarebbe piaciuta tantissimo, perché
suona come una conferma delle sue teorie”.
Anche Edipo diventa virtuale. A proposito di conferme, o smentite, a che punto è l’emancipazione
femminile? Ha ancora un senso il femminismo?
La strada da percorrere è ancora lunga. Gli Stati
Uniti sono l’unico paese, tra le democrazie avanzate, a non avere i permessi dal lavoro di maternità, né asili nido sovvenzionati dallo Stato.
Obama ha fatto la riforma della sanità. Possibile
che ignori un problema come questo?
Obama non ignora il problema, ma i repubblicani bloccano ogni tentativo di riforma. Non
hanno il potere di andare al governo, ma quello
di bloccare le riforme sì. In questi giorni la Suprema Corte ha stabilito che le aziende possono
rifiutare alle dipendenti la copertura sanitaria
per la contraccezione. Bush ha lasciato un’eredità pesante. Nella magistratura, ma non solo.
Penso a quello che sta succedendo in Iraq.
Dopo un presidente nero, è possibile che venga
eletto un presidente donna? Per esempio Hillary
Clinton?
Mi auguro che venga eletta. Ma è molto più difficile che sia eletto un presidente degli Stati Uniti
donna che un presidente nero. Tuttavia non è
corretto dire che Obama sia nero. È un mix. La
nonna e la mamma sono bianche. Il concetto di
razza è destinato a scomparire. Negli Stati Uniti
ci sono sempre più persone miste. Già ora tutti i
miei amici hanno un nipotino di sangue misto.
pubblicità a Il padre infedele:
eppure il libro di Antonio Scurati, uscito a ottobre 2013, resta fermo a 8.200 copie, che
sono davvero poche per un
autore già affermato. Va meglio in casa Feltrinelli, dove
nute – ha venduto 4.500 copie
da ottobre 2013 a fine giugno
2014. Ultima – ma il dato è
poco significativo perché il romanzo è uscito a metà marzo
di quest’anno – Antonella Cilento con Lisario o il piacere
infinito delle donne (Mondadori), ferma a 3.800 copie.
VOTO DIGITALE
Il nuovo sistema
elettorale nella prima
selezione ha funzionato:
su 403 preferenze
320 sono state espresse
via Internet
NATURALMENTE tutto que-
Non dirmi che hai paura di
Giuseppe Catozzella, uscito a
gennaio 2014, arriva alle 20
mila copie. La vita in tempo di
pace, esordio letterario di
Francesco Pecoraro con Ponte
alle grazie – un piccolo caso
per le ottime recensioni otte-
sto non è strano, visto che il
mercato editoriale non dà segni di miglioramento: nel
2013 ha registrato un -6,2% a
valore e -2,3% a copie nei canali trade (quelli rivolti al pubblico: librerie, librerie online e
grande distribuzione) rispetto
al 2012. Gli italiani hanno acquistato lo scorso anno 99,2
milioni di volumi (2,3 milioni
in meno del 2012) e il 2014
non si è aperto sotto auspici
molto migliori, se nei primi
tre mesi sono stati venduti 1,4
milioni di libri in meno rispetto allo stesso periodo dello
scorso anno. Lo Strega s’inscrive in una curva discendente e per questo vincerlo o no è,
Il Ninfeo di Villa Giulia che domani sera ospiterà il Premio Strega LaPresse
se possibile, ancora più importante.
NON SFUGGE, ai sopracitati e
irrequieti editori, che quest’anno è cambiato il sistema
elettorale: si può votare – oltre
che mettendo personalmente
la scheda nell’urna domani sera – con un account personale
da un computer che non può
essere utilizzato per esprimere
più d’una preferenza. Per la
selezione della cinquina, su
460 aventi diritto, hanno votato in 403: di questi hanno
utilizzato la scheda digitale in
320. Il sistema è più traspa-
Erica Jong alla Milanesiana
“Il punto G c’è, ma non serve
Il sesso è immaginazione”
Nel futuro non si parlerà più di neri e di bianchi,
ma la gran maggioranza sarà costituita da golden
people.
Che cosa intende per golden people?
Né bianchi, né neri. Bellissime persone dalla pelle dorata. Come se ne vedono a Rio. Molto più
belli e anche più sani, con più difese dalle malattie genetiche.
Allora aveva ragione Berlusconi a definire Obama
abbronzato.
Che fine ha fatto Berlusconi? Lo arresteranno?
È stato condannato ai servizi sociali e presta assistenza in un ospizio, reparto alzheimer.
Oh my God! Deve essere terribile. Penseranno a
un’allucinazione o a un incubo.
In Paura di volare lei ha scritto, citando Sylvia
Plath, che ogni donna adora un fascista. È ancora
così?
dotta nell’edizione italiana in “scopata senza cerniera”), suo marchio di fabbrica letterario, sopravvive all’alta velocità ferroviaria?
Le infrastrutture, come lo stato sociale, negli Stati Uniti, cadono a pezzi. Per andare all’aeroporto
Jfk bisogna prendere dei treni terribili, da Repubblica delle banane. Sono appena
stata a Pechino e dall’aeroporto
alla città ci sono treni super efficienti che impiegano sette
minuti. In ogni caso: quando le donne mi chiedono,
e me lo chiedono in molte, qual è la chiave per arrivare all’orgasmo, rispondo: la fantasia. Il punto G si può trovare, ma non
Nel mondo di Internet il
sesso si è fatto triste, e ce n’è
così tanto da disgustare
chiunque. I ragazzi si masturbano troppo davanti al
computer. Poi, quando vedono una donna vera si spaventano.
Il mito dell’incontro con lo
sconosciuto sul treno, della
“zipless fuck”, vale a dire la
sveltina (infelicemente tra-
SELLER
Cinquanta sfumature
di grigio? Direi
cinquanta sfumature di
merda: nient’altro che
spazzatura, una presa
in giro. Un libro scritto
male
@silviatruzzi1
serve a niente senza la fantasia. Oggi abbiamo
una vita troppo stressata e troppo impegnata per
fare del buon sesso. La fantasia richiede calma e
solitudine. Per fare sesso bisogna prendere un
appuntamento con il proprio partner, pianificare un’ora alla domenica mattina in cui sei completamente scollegato e diventi irraggiungibile.
Paura di volare è stato un best-seller mondiale
da venti milioni di copie e allo stesso tempo è un
libro di sofisticata qualità letteraria. Oggi il best-seller è Cinquanta sfumature di grigio.
Cinquanta sfumature di merda! Niente altro che
spazzatura. Una presa in giro. Una storia stantia
tra una ragazza giovane e un uomo che le regala
la macchina, la carta di credito, le chiavi dell’appartamento. E poi la scrittura è orribile. La protagonista continua a ripetere “holy shit” per tutto il libro, non riesce a cambiare linguaggio
nemmeno quando scopa.
Scrivere di sesso è molto difficile.
È vero, ma diversi scrittori ci sono riusciti.
Per esempio D. H. Lawrence.
La sua ironia ricorda più Henry Miller.
Ho usato l'ironia perché le fantasie sono
sempre perfette. Ma spesso la realtà è comica.
Ho usato la citazione in senso ironico. Credo che
per le donne giovani un uomo che sa perfettamente ciò che vuole sia sicuramente molto attraente. Ma invecchiando
non lo si trova più così sexy,
questo maschio dominante.
NUOVI BESTCome è cambiato il sesso
nell’era di Internet?
rente, sicuro e anonimo: certo
toglie un’arma dalle mani degli editori, che non sempre si
sono limitati alla moral suasion. È finita l’epoca dei telegrammi, dei voti raccolti dagli
uffici stampa e di tutti i pasticci che tanto hanno contribuito alle numerose leggende
del Ninfeo? Come da copione,
anche quest’anno i giurati sono stati inseguiti da autori e
direttori editoriali, ma nel segreto dell’urna digitale non si
sa mai cosa può accadere: lo
scopriremo domani al Ninfeo.
Questa sera
alle ore 21,
Erica Jong
sarà
al Piccolo
Teatro
di Milano
Ansa
ALTRI MONDI
il Fatto Quotidiano
Pianeta terra
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
17
USA LEWINSKY: “VERGINE A UMILIAZIONE”
Nella sua prima intervista video in 10 anni, Monica
Lewinsky ricorda il Sexygate: “È stato uno dei peggiori momenti della mia vita. Allora ero vergine
all’umiliazione di quel livello”. A far soffrire l’ex stagista, soprattutto il rapporto coi media, che la chiamarono “stupida, prostituta e bambola”. LaPresse
UCRAINA SALTA LA TREGUA A EST, TORNANO I MORTI
Si torna a combattere nell’Ucraina dell’est dopo che il presidente
Petro Poroshenko ha deciso di non prorogare la tregua di 10 giorni.
In un assalto a un minibus a Kramatorsk sono morti dai 4 ai 9 civili.
Dall’inizio della guerra, tre mesi fa, sono oltre 450 le vittime. LaPresse
Lo storico
I timori di Zeev Sternhell:
“I coloni vogliono
vendicarli subito”
di Alessio Schiesari
on c’è dubbio: Netanyahu sta usando l’uccisione dei tre
N
ragazzi per chiudere in cassetto il processo di pace”. Zeev
Sternhell – storico, saggista (in Italia pubblicato da BaldiA sinistra, i funerali dei tre adolescenti. A destra, la bara del ragazzo ucciso nei raid in Palestina Ansa
FALCHI DI GUERRA SUI FUNERALI
DEI TRE ADOLESCENTI UCCISI
LA DESTRA CHIEDE LA PENA DI MORTE, NEI TERRITORI RINASCE IL JIHADISMO
di Giampiero Gramaglia
bron. Sempre a Hebron sono state rase al
suolo le abitazioni di due presunti assassini
attivisti di Hamas. Sono state le prime deiposa in pace, Naftali, figlio mio.
molizioni “punitive” dal 2005. I falchi della
Sentiremo sempre la tua voce
coalizione al governo chiedono azioni più
nei nostri cuori”. È il saluto che
Rachel Fraenkel, una madre I TRE RAGAZZI erano scomparsi il 12 giu- dure. Il partito filo-coloni giudica blandi i
ebrea, ha dato ieri al suo ragazzo di 16 anni, gno. I cadaveri sono stati ritrovati lunedì, in bombardamenti e propone otto possibili
uno dei tre adolescenti rapiti e uccisi in Ci- un campo vicino a Hebron, non lontano da azioni, alcune delle quali “estreme”: operasgiordania. Eyal aveva 19 anni, Gilad 16: è dove erano stati visti l’ultima volta mentre zioni su larga scala, confisca dei beni di Hasua la voce che sussurra “Mi hanno rapito” in facevano l’autostop. Sequestro e uccisioni mas, introduzione della pena di morte. Il gouna telefonata alla polizia diffusa sul web. In non sono stati finora rivendicati in modo verno deve ora decidere come procedere:
Israele è stata una giornata di dolore e rabbia: convincente, ma Israele ne attribuisce la re- modulare l’ampiezza della rappresaglia sulle
tutto il Paese ha idealmente partecipato ai sponsabilità ad Hamas. A caldo, il governo pulsioni dell’opinione pubblica e gli inviti
funerali, con il presidente Shimon Peres, mi- Netanyhau s’è però diviso sulla risposta mi- internazionali alla moderazione. Il rischio è
nistri, generali, tanta gente comune. Il pre- litare e s’è per ora “limitato” a raid aerei not- quello di infiammare ulteriormente una Remier Benjamin Netanyahu ha trovato parole turni su Gaza, colpendo tra lunedì e martedì gione in fermento per l’avanzata degli jihaintense: “Un baratro morale ci separa dai no- 34 obiettivi, facendo alcuni feriti. Due pa- disti in Siria e in Iraq. Hamas nega ogni restri nemici. Loro celebrano la morte, noi la lestinesi sono rimasti uccisi in operazioni sponsabilità diretta, ma non ha misconovita. Loro inneggiano alla crudeltà, noi alla dell’esercito in Cisgiordania, a Jenin e a He- sciuto sequestri e omicidi. E avverte Netapietà”. Eyal, Gilad e Naftali frenyahu: “In caso di escalation miquentavano la scuola rabbinica:
litare, si apriranno le porte
dell’inferno”. Il recente accordo
sono stati sepolti, l’uno accanto
L’ALTRO SANGUE
all’altro, nel cimitero di Modiin,
tra Fatah e Hamas vacilla, Gaza e
i Territori avvertono l’eco degli
una colonia ultra-ortodossa tra
Altri due morti
appelli qaedisti alla Guerra SanTel Aviv e Gerusalemme, dove la
tensione è altissima. Un nuovo
ta. L’integralismo palestinese si
nei raid israeliani
ritrova più isolato e impotente
insediamento ebraico in Cia Gaza. Dopo nove anni
che mai: la riconciliazione con
sgiordania sarà intitolato alla loFatah doveva servire a sormonro memoria. Ci fu un tempo,
l’esercito torna
peggiore di questo, in cui Israele
tare difficoltà economiche. Ma
viveva con frequenza drammi
a distruggere le abitazioni ora Gaza si sente abbandonata
dal suo governo ed esposta alla
del genere e ne era quasi assuecivili per rappresaglia
Benjamin Netanyahu LaPresse
ritorsione israeliana.
fatta. Adesso, l’eccezionalità
R
dell’episodio ne acuisce il trauma. E le preghiere dei giusti, come la condanna unanime
della diplomazia internazionale, non attenuano la frustrazione.
ni&Castoldi ed editorialista del quotidiano Haaretz – è da sempre una colomba in polemica con l’ala più conservatrice del
movimento dei coloni. È un sionista, ma un sionista atipico, che
sembra preoccupato dall’aria che si respira
in questi giorni a Gerusalemme.
Qual è l’Israele che sta affrontando i funerali dei tre ragazzi assassinati?
C’è sete di vendetta. Forse tra qualche giorno la situazione si raffredderà, ma ora l’aria
brucia. Nessuno però sa come reagire. Il
ministro della Difesa, Moshè Yaalon, ha
proposto di costruire nuove colonie in Cisgiordania. È un modo di dire: “Ehi, da qui
Wikipedia Cc
nessuno ci può cacciare”. Intanto l’esercito
continuerà a rendere difficile la vita ai palestinesi. Ma c’è il rischio che la situazione sfugga di mano.
Cioè?
La vendetta dei coloni. Credo che il governo voglia dare una
risposta forte, ma non brutale. Dovrà però essere sufficientemente energica da soddisfare i partiti di destra e i coloni. L’opinione pubblica chiede che i responsabili – non solo quelli
dell’assassinio dei ragazzi, ma tutti i sostenitori di Hamas – soffrano. Che, tradotto in azione politica, significa più colonie.
Fin da subito il governo ha puntato l’indice contro Hamas, che
però nega. Gli israeliani sono sicuri di avere individuato i responsabili?
Qui nessuno è sicuro di niente. Le notizie arrivano dai giornali.
Ovviamente ce ne sono di indipendenti, ma nessuno può prescindere dalle fonti militari. Il fatto che alcuni importanti leader
di Hamas siano spariti rafforza l’ipotesi che quella sia la pista
giusta. Di buono c’è che i servizi di sicurezza dell’Olp e l’esercito
israeliano stanno lavorando insieme, anche tanti palestinesi vogliono sapere cos’è successo.
Che senso avrebbe avuto per Hamas uccidere tre studenti?
Non c’è una motivazione politica chiara. Per questo bisogna
capire se sia trattato di un’iniziativa individuale, com’è più probabile, o se invece sia un ordine partito dall’alto.
Che ne sarà del processo di pace, benché solo abbozzato?
Qui non c’è nessun processo e non c’è nessuna pace. John Kerry
e Barack Obama c’hanno provato, ma il governo israeliano non
ha dato risposte positive. Non avrebbe senso: qual è il dividendo
politico nel fermare l’occupazione e riconoscere la Palestina
indipendente? La tragedia dei tre ragazzi è stata usata come
arma politica per condizionare l’opinione pubblica e chiudere
in un cassetto ogni abbozzo di pacificazione. Per cambiare le
cose ci vorrebbe un governo diverso, una coalizione diversa, ma
non è facile. Sono processi politici complessi: siete italiani, dovresti saperlo bene anche voi.
SÌ, È LA BBC
Harris, il pittore pedofilo alla corte di Elisabetta
di Caterina
Soffici
olf Harris fuori dal Regno UniR
to non è un nome che dice
molto. Capita spesso ai personaggi
pop e alle star televisive. Eppure il
ritratto che aveva fatto alla regina
per celebrare l’80esimo compleanno, lo aveva fatto conoscere anche
fuori dall’isola. Ieri è stato condannato per pedofilia. Un altro caso
Jimmy Savile, un altro volto noto
delle Bbc. Harris è uno showman di
origine australiana ma vive in Gran
Bretagna dagli anni Cinquanta. E ieri è arrivata la condanna che si
aspettava da tempo, da quando il
suo nome ha iniziato a spuntare nel
mostruoso giro di pedofili che ruotavano intorno alla cricca di Jimmy
Savile. Pittore e cantante, musicista
e presentatore, Harris – ora 84enne
– era un personaggio molto eclettico
ed è stato uno dei volti più noti della
tv dei ragazzi in Gran
Bretagna. Una giuria,
con verdetto unanime,
lo ha reputato colpevole di moleste e aggressioni a sfondo sessuale
su 12 giovani donne e
anche bambine (di 7 e 8
anni). I casi sono avvenuti tra il 1968 e il 1986,
secondo uno schema
che si è già visto negli
altri casi di pedofilia
accertati
all’interno
della Bbc.
Rolf Harris e il ritratto per gli 80 anni della regina LaPresse
HA SEMPRE respinto ogni accusa,
ammettendo solo di aver avuto una
relazione che lui ha definito “consensuale” con una giovane donna
che però dice di essere stata molestata da quando aveva 13 anni.
Sia Savile (recentemente accusato
anche di necrofilia) che Harris, era-
no talmente famosi da avere accesso
e rapporti con la famiglia reale. Savile era stato nominato baronetto
dalla regina Elisabetta e il titolo gli
era stato revocato solo dopo la sua
morte, quando sono uscite le prime
accuse di pedofilia contro di lui. Nel
2005 Harris aveva addirittura fatto
un ritratto alla sovrana in occasione
degli 80 anni, un evento coperto dal-
la Bbc. Poi aveva cantato in suo onore durante i festeggiamenti del Giubileo di Diamante, nel 2012. Un altro
“Dottor Jekyll e Mr. Hyde” lo hanno
definito. Ieri è venuto fuori che una
delle vittime aveva scritto a Elisabetta, raccontando cosa le era successo e avvisando lo staff reale: “Ha
rovinato la mia vita. Dovete sapere
che tipo di personaggi fate avvicinare alla Regina”. La nota, che rimane anonima, era stata analizzata
da Scotland Yard quando le accuse
contro Harris sono uscite fuori nel
2012 e adesso è tra gli atti dell’accusa.
E ora c’è anche un altro piccolo mistero: che fine ha fatto il ritratto? Fino al 2007 era appeso nella Galleria
della Regina a Buckingham Palace,
poi era stato dato alla Walker Art
Gallery di Liverpool, dove era in mostra fino a metà del 2012. Dopo il
primo arresto di Harris è sparito e
non è chiaro che fine abbia fatto. Da
Buckingham Palace hanno preso le
distanze e hanno fatto sapere che
non ha mai fatto parte della Royal
Collection. Potrebbe averlo la Bbc o
Harris stesso. O potrebbe essere stato
distrutto.
Per il momento, in attesa del verdetto previsto per venerdì, ad Harris
sono stati annullati i prestigiosi riconoscimenti del Bafta (British Academy of Film and Television Arts),
mentre ci si aspetta un analogo provvedimento per le onorificenze comminate dalla Casa reale. Il procuratore del tribunale Southwark ha motivato la condanna dicendo che, come Savile, Harris “ha usato la sua
posizione di prestigio e di fama per
molestare e predare sessualmente le
ragazze nell’arco di 18 anni”. Le analogie con Savile non finiscono qui:
sembra che l’avesse accompagnato
anche nei suoi macabri tour necrofili
negli obitori.
18
MERCOLEDÌ2LUGLIO 2014
I MONDIALI
DEL FATTO
SPORT.SPETTACOLI.IDEE
WIMBLEDON, FUORI I FAVORITI
DOPPIO KO PER NADAL E SHARAPOVA
RUSSIA, “CAPELLO RESTITUISCI I SOLDI”
DEPUTATI DUMA CONTRO CT ITALIANO
Il deputato della Duma Oleg Pakholkov ha
chiesto al tecnico della Nazionale Fabio Capello
di “restituire gli 8 milioni di euro percepiti per
la vergognosa sconfitta al Mondiale”
Risultati a sorpresa sull’erba londinese: tra
gli uomini esce il n.1 Nadal, eliminato da
Kyrgios. Nel tabellone femminile, la tedesca
Kerber ha sconfitto Maria Sharapova
Di Maria, colpo da biliardo
Argentina all’ultimo respiro
STRAORDINARIO FINALE DI SUPPLEMENTARI A SAN PAOLO. SVIZZERA BATTUTA GRAZIE A UNA RETE DELL’ESTERNO DEL REAL
MADRID, SERVITO DOPO UNA SERPENTINA DI “SUA MAESTÀ” MESSI. AL 120’ UN PALO CLAMOROSO NEGA IL PARI A DZEMAILI
di Roberto
H
Beccantini
a vinto l’Argentina cara a papa Francesco e non
solo, con la firma, nobile, di Angel Di Maria, il
migliore, smarcato da un assist di Leo Messi.
L’abc del calcio. Eravamo alla fine dei supplementari, in pieno delirio agonistico. Sanguinosa la palla persa da Lichtsteiner. Subito dopo,
la Svizzera ha colpito un palo, con Dzemaili: il
destino aveva deciso da che parte stare. Uno a
zero, dunque. Argentina ai quarti, Svizzera a
casa. Credetemi: un altro romanzo.
La caccia di Messi a Maradona passa anche per
le guardie svizzere di Hitzfeld e le “pacate” uscite del Pibe: “Fallo criminale, Matuidi peggio di
Suarez”. Si riferiva, bontà sua, alla martellata
del francesino sul nigeriano Onazi. Visto che
arbitrava un americano (Geiger) e il presidente
dell’Uefa è francese (Platini), tirate voi le somme.
La Svizzera vanta un piccolo grande record. È
l’unica Nazionale ad aver “completato” un
Mondiale senza gol al passivo. Capitò in Germania, nel 2006: le tre partite della fase a gironi
più l’ottavo con l’Ucraina, perso ai rigori. Shaqiri, il cui dribbling profuma di oratori, stappa
il primo brivido. Il ct Sabella ha piantato Higuain tra Schar e Djourou. Dal braccio di ferro
che coinvolge Lichtsteiner e l’ala di turno (Di
Maria, poi Lavezzi) affiora un gran bordello.
Inler e Behrami presidiano i valichi. Mascherano, lui, opera da centromediano metodista,
appena davanti alla difesa, modesta, e appena
dietro a Gago, monotono.
In tribuna, Pelé. In campo, Messi e Shaqiri. Le
squadre si annusano, attente a non offrire la
L’UOMO
IN PIÙ
di Andrea
Scanzi
Neuer, il portiere
più forte
di Franco Baresi
schiena al pugnale dei rivali. I riferimenti tattici
sono palesi: 4-3-3 gli argentini, 4-2-3-1 gli svizzeri. Xhaka & c. non si limitano a reggere il peso
della storia, ma tirano a ribaltarlo. Dalle parti di
Ricardo Rodriguez, padre spagnolo e madre
cilena, non si passa: per questo, Lavezzi e Di
Maria girano al largo. Ripeto, occhio a Shaqiri,
sangue kosovaro e piedi raffinati. Al 27’ semina
la banda Zabaleta e libera Schar: botta a colpo
sicuro, Romero si supera.
SIAMO ALLE SOLITE: all’Argentina il possesso
palla, agli avversari le occasioni. Il bis al 40’,
quando Drmic, tutto solo, scarta sul portiere un
“cioccolatino” di Shaqiri. Alla ripresa, Messi
continua a flirtare con l’attimo. Lo cerca, lo
invita, lo stuzzica: il problema è che, tra i piedi, non ne
ha mai meno di un paio. La
A TESTA ALTA
Svizzera si serve al buffet
della partita senza lesinare
Gran partita degli elvetici,
sulle porzioni: l’Argentina
ne soffre il contropiede,
nel primo tempo sfiorano
quel modo leggero e veril vantaggio
ticale di togliersi dai guai e
procurarli. Si muovono
e non rinunciano
molto, Lavezzi e Di Maria,
nel tentativo di aprire la
mai a giocare. Deludono
scatola di Benaglio, pronto
Lavezzi e Higuain
di riflessi su Rojo (58’). Di
Maria sfoggia la rabona,
addirittura: lassù, qualcuno
ma sono rari i cross al bacio. Un guizzo di Messi,
lo ama.
Gli argentini occupano il cuore del ring e, da lì, al 77’, costringe Benaglio a un mezzo miracolo.
lavorano ai fianchi gli avversari. Splendido, al C’è chi reclama una carica al portiere e chi un
62’, l’avvitamento di Benaglio su sgrullata di un fallo di Djourou su Palacio. La staffetta fra DrHiguain ai minimi storici. Gelson Fernandes mic e Seferovic non graffia la trama.
avvicenda Xhaka. L’Argentina schiaccia la Sviz- E così, per la quarta volta, si va ai supplemenzera, Di Maria sequestra una pila di azioni, Mes- tari. L’impatto di Palacio risulterà prezioso. Gli
si ci prova dal limite, Mehemdi, Inler e Behrami, svizzeri alternano il muro a sortite maliziose,
straordinario, organizzano il fuoco di sbarra- Lichtsteiner ha smesso da un pezzo di arare la
mento. Si vede poco Lichtsteiner, e pure Shaqiri fascia. Gago e Mascherano faticano a districarsi
nella selva di tibie che è diventata la metà campo
è calato.
Palacio è il jolly di Sabella (73’): fuori Lavezzi, elvetica. Rojo, sfinito, lascia il posto a Basanta. E
una nuvola di fumo. L’Argentina sgancia anche Biglia rileva Gago. È stata una partita di quanle torri, da Federico Fernandez a Garay. Strano, tità, non di qualità, in equilibrio tra la modestia
È IL MONDIALE dei portieri, dal messicano
Ochoa al costaricense Navas, ma forse il più
dotato è il tedesco Manuel Neuer. Così bravo da non sembrare neanche un portiere,
casomai un difensore. Anche Rio Ferdinand,
guardandolo due sere fa in Germania-Algeria, ha detto che tutto sommato potrebbe
essere proprio Neuer il suo erede al Manchester United.
Ventotto anni, da tre al Bayern Monaco. Prima era allo Schalke 04 e
molti interisti se lo ricordano, perché una delle
sue ricorrenti uscite azzardate regalò un gol
all’Inter. Contro l’Algeria,
Neuer sembrava più
Franco Baresi che Harald
“Toni” Schumacher, di
cui è ritenuto è l’erede.
I Mondiali hanno visto
spesso sfilare portieri
inutilmente spavaldi, in uscita non autorizzata
– e dunque fantozziana – dalla loro area. Se
andava bene erano Chilavert, se andava male
erano Higuita.
Neuer, negli ottavi, non ha sbagliato nulla. Le
sue escursioni sono parse estemporanee, ma
rappresentano in realtà la norma: Manuel fa
sempre così, basta guardarlo in Bundesliga. La
Germania gioca così alta perché, appunto, dietro ha Neuer: se là davanti sbagliano più del
solito, lui esce più del solito.
LA SUA PRESTAZIONE di lunedì – 17 volte
fuori dall’area e sei interventi decisivi da ultimo uomo – ha scatenato non poche battute
in Rete: “Il 71% della superficie terrestre è coperto da acqua. Il resto da Neuer”; “Neuer
invade la metà campo avversaria all’86esimo:
‘Scusate, pensavo fosse la Polonia’”; “Nella nostra nazionale Neuer giocherebbe tranquillamente come trequartista”; “Ha fatto più scatti
Neuer ieri che Balotelli in tutto il Mondiale”.
dei cori e le pause di Messi. Benaglio smorza
una raffica di Di Maria, il più indiavolato.
Dzemaili rimpiazza Mehmedi, i rigori sono avvoltoi che girano golosi sull’arena di San Paolo,
ma dal momento che il calcio è metà scienza e
metà riffa, ecco l’allucinante epilogo. Metà
scienza: 118’, Palacio ruba palla a Lichtsteiner,
in uscita, e imbecca lesto Messi, Leo scappa via
a tutti e arma il sinistro di Di Maria; un bisturi,
non un tiro. Metà riffa: 120’, mischia in area,
Dzemaili prima scuote il palo e poi ne accarezza
la base. La punizione di Shaqiri, sulla barriera,
manda in archivio una partita folle, esplosa in
mano ai protagonisti.
E via così. Secondo i non pochi esegeti, Neuer
sta ridefinendo il ruolo del portiere: è un pioniere, un precursore, un rivoluzionario. Secondo gli spettatori disinteressati, assai meno enfatici, è più divertente lui di tutto il resto della
Germania: come sempre solida, come sempre
fortunata.
E con un portiere lucidamente incosciente, che
– da buon tedesco – applica un surplus di razionalità pure a ciò che in apparenza pare follia.
Nei quarti la Germania affronterà la Francia.
Proprio come accadde 32 anni fa al suo predecessore Schumacher, anche se in quel caso
erano semifinali.
Neuer si augura che la Germania vinca di nuovo. Gli spettatori neutrali, più semplicemente,
sperano che le uscite mediamente incaute del
portiere tedesco si rivelino meno cruente di
quelle (involontarie?) con cui Schumacher abbatté un avversario francese: di un altro “caso
Battiston” non se ne avverte il bisogno.
il Fatto Quotidiano
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
19
MENTALITÀ ULTRÀ
La Sud difende Gastone:
“Non si rinnega un fratello”
DOPO I FUNERALI DI CIRO ESPOSITO, I TIFOSI DELLA ROMA SI SCHIERANO COL PRESUNTO KILLER
di Tommaso
non ci andava più da un po’ di anni per un
Daspo).
li ultras della Roma non arretrano, Eppure secondo il “codice d’onore” che è connemmeno dopo la morte di Ciro siderato legge da alcuni gruppi, Gastone doEsposito. A due mesi dagli spari di vrebbe essere tacciato d’“infamia”: è il marchio
Tor di Quinto e a una settimana di chi affronta “il nemico” con un’arma, in
dall’ultimo respiro del ragazzo di Scampia, il questo caso addirittura un’arma da fuoco.
tifo organizzato romanista ha rilasciato un co- Nemmeno quello conta, per “gli Ultras della
municato ufficiale. “La Curva Sud – si legge sul Roma” che firmano il comunicato; solo “la strasito asromaultras.org – rimane e rimarrà sem- da” e i suoi insegnamenti: “Non rinnegheremo
pre al fianco di un suo figlio. Non rinneghe- mai un nostro fratello, giusto o sbagliato che
remo mai un nostro fratello, giusto o sbagliato sia”. Un fratello, De Santis, che era stato tra i
che sia, questo ci ha insegnato
protagonisti di una delle mala vita, questo ci ha insegnato
nifestazioni più clamorose
la strada”.
dello strapotere degli ultras roIL COMUNICATO
Il “figlio” della Curva Sud, il
mani: nel 2004 Gastone era tra
“fratello” da non rinnegare è
i tifosi che hanno invaso il
“La Curva rimarrà
Daniele De Santis, l’uomo che
campo durante il derby tra Rosecondo la Procura di Roma
ma e Lazio, decretando – al
sempre al fianco
ha ucciso Ciro Esposito, con
posto di chi gestisce l’ordine
di un suo figlio, giusto
un colpo di pistola al torace
pubblico – che la partita andurante gli scontri che hanno
dava sospesa perché girava la
o sbagliato che sia
preceduto la finale di Coppa
voce (falsa) che fuori dallo staItalia tra Napoli e Fiorentina.
dio fosse stato investito un
Questo è quanto
bambino.
ci ha insegnato la strada” Il tifo organizzato della Curva
“DANIELINO” De Santis, conosciuto anche come Gastone,
sarebbe stato visto mentre sparava da tre testimoni.
Lo stesso Esposito, nei momenti di lucidità della sua lunga degenza, avrebbe riconosciuto il suo aggressore: “È stato lui, il chiattone” (il grassone, ndr), ha detto ai familiari e
alla criminologa Angela Tibullo, indicando la foto di Daniele De Santis sui giornali.
Per gli ultras della Roma evidentemente non basta; un
omicidio non cancella il rapporto di “fratellanza” con chi
ha diviso le stesse gradinate
(anche se Gastone allo stadio La curva Sud dell’Olimpico di Roma. Sopra, i funerali di Ciro Esposito Ansa
G
DECISIVO
Leo Messi affronta
due svizzeri
Il numero 10
ieri ha lasciato
il segno con l’assist
per Di Maria Ansa
Rodano
Sud aveva già espresso solidarietà per De Santis
nei giorni successivi al suo arresto. Durante
Roma-Juventus, l’ultima di campionato dei
giallorossi all’Olimpico, in Sud era comparso lo
striscione “Forza Daniele!”.
Gli ultras romanisti, quel giorno, avevano
“scioperato” (e avevano costretto a farlo anche
i tifosi che volevano sostenere la squadra): il
silenzio della curva era stato spezzato solo dai
cori contro Napoli. A distanza di quasi due
mesi, la morte di un ragazzo di 30 anni non ha
fatto cambiare idea.
NEL COMUNICATO di ieri ci sono anche quat-
tro righe dedicate al lutto della famiglia di Ciro:
“Rimaniamo comunque colpiti e addolorati dal
tragico epilogo di questa brutta vicenda – scrivono gli ultras – e ci stringiamo al dolore della
famiglia di Ciro Esposito. La morte non ha
colori né bandiere”.
Parole grottesche, se lette dopo quelle che prendono le parti di chi lo avrebbe ucciso. Non si
tratta, per gli ultras, di presunzione d’innocenza. La Curva lo scrive chiaramente: De Santis va difeso “giusto o sbagliato che sia”. Non
conta se sia stato davvero lui o meno. Come ha
detto al Fatto Quotidiano Guido Zappavigna,
ex leader di un vecchio gruppo della Sud, “un
amico non si lascia mai solo, nel bene o nel
male; Daniele è una vittima come Ciro”. Così
gli ultras della Roma scrivono a una madre in
lutto che sono addolorati per la morte del suo
ragazzo, ma nello stesso messaggio definiscono
“un figlio della Curva” l’uomo che lo avrebbe
ammazzato. Lei, Antonella Leardi, ha ripetuto
incessantemente lo stesso messaggio dalla notte in cui hanno sparato a Ciro alla mattina in
cui è morto: “Ora nessuno utilizzi il nome mio
figlio come pretesto per altre violenze”.
Basta un giro su siti, forum e pagine Facebook
del tifo più o meno organizzato di Roma e
Napoli – dove sono molti a promettere che
“non finisce qui” – per capire che le sue parole
rischiano di cadere nel vuoto.
LITI E PREMI
PALLE
MONDIALI
di Paolo
Ziliani
Suarez confessa:
“Provocato con
una testa d’aglio”
SUAREZ dice tutto 1: “Ero arrabbiato con Chiellini perché
nel tunnel mi aveva mostrato una testa d’aglio e una pallottola d’argento”
n
SUAREZ dice tutto 2: “Poi al ritorno in campo mi aveva
minacciato: se ti avvicini alla mia porta, sradico il palo e te lo
conficco nel petto”
n
SUAREZ dice tutto 3: “Comunque chiedo scusa, ero confuso. Figuratevi che mi stavano obbligando a giocare alla luce
del giorno”
n
LA FEDERCALCIO comunica: Thiago Motta sarà smantellato a Genova in coda alla Costa Concordia
n
CLAMOROSO errore tattico di Tavecchio: polemizza con
Barbara Berlusconi e si ritrova fra gli anziani di Cesano Boscone
n
JUNCKER tifa Germania: ogni volta che i tedeschi passano
il turno, la Merkel gli paga da bere
n
FRANCIA pazza di gioia dopo il 2-0 alla Nigeria: la Nazionale è dentro e Sarkozy pure
@ZZiliani
n
Mal d’Africa mondiale, “Der Spiegel” accusa
il Camerun: “Si sono venduti le partite”
di Luca Pisapia
l Camerun si sarebbe venI
duto le tre partite giocate e
perse nel girone A del Mon-
diale, quello dove giocava il
Brasile. In particolare la sconfitta per 4-0 con la Croazia. Lo
scrive il settimanale tedesco
Der Spiegel, riportando stralci
di una conversazione avuta
prima dell’inizio del torneo
con Raji Perumal, che avrebbe
previsto il risultato della partita e l’espulsione, parlando di
almeno “sette mele marce”
nella squadra camerunense.
E Perumal non è certo una
persona qualsiasi, ex braccio
destro del boss del calcioscommesse mondiale Dan
Tan, dopo l’arresto nel 2011 in
Finlandia ha cominciato a rilasciare interviste e a collaborare con gli inquirenti. Insomma, è uno che ne sa.
LA FEDERCALCIO camerunense ha comunicato di avere
aperto un’inchiesta, mentre la
Fifa non ha voluto rilasciare
dichiarazioni ufficiali sul tema,
ma tramite il vicepresidente ha
detto che loro sono molto attenti all’etica e alla pulizia nel
calcio. Dopo aver perso la partita di esordio per 1-0 col Messico, con un paio di gol negati
ai centroamericani e discussioni infinite nella squadra camerunense. Il match con la
Croazia è in effetti un po’ sospetto: espulso a fine primo
tempo il giocatore del Barcellona Song per una ridicola ed
evidente manata a Mandzukic,
nella ripresa i compagni di Nazionale Assou-Ekotto e Moukandjo si sono presi a testate. E
anche l’ultimo e decisivo, al-
meno per i padroni di casa,
match del girone perso 1-4 con
il Brasile è stato quantomeno
allegro.
Siccome il quotidiano britannico Daily Telegraph ha accusato anche il Ghana di essersi
venduto le partite, immediato
è stato il collegamento con la
questione dei premi, elargiti a
fine manifestazione dalla Fifa
alle federazioni nazionali, le
quali li anticipano ai giocatori.
Se i nazionali del Camerun si
erano addirittura rifiutati di
salire sull’aereo, non avendo
ricevuto quanto pattuito e temendo di non riceverlo, arri-
Delusione Camerun LaPresse
I SOSPETTI
Il settimanale tedesco cita
le conversazioni di Raji
Perumal, ex collaboratore
del cinese Dan Tan,
il “boss mondiale”
del calcioscommesse
vando in Brasile un giorno dopo. Nel ritiro del Ghana era arrivata solo alla vigilia dell’ultima partita una valigetta coi
contanti in aereo da Accra,
senza impedire furibondi litigi
tra Muntari e Boateng e la dirigenza federale e la conseguente espulsione dei due dal
ritiro.
IN REALTÀ l’allarme sul Ca-
merun era stato lanciato dal responsabile anticorruzione della Fifa Ralf Mutschke alla vigilia della partita con il Brasile.
Lo stesso Mutschke che due
mesi prima dell’inizio aveva
parlato di un torneo a forte rischio. E i due raid in pieno
Mondiale in un albergo di Macao, dove sono state scoperte
due distinte organizzazioni
criminali che gestivano un giro
miliardario di scommesse
clandestine sull’evento, non
fanno che alimentare i sospetti. Al di là di premi pagati o
meno, e di compagni di squadra che si pigliano allegramente a testate in mondovisione.
twitter @ellepuntopi
20
SECONDO TEMPO
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
il Fatto Quotidiano
NUDO
Man Ray,
Galleria Nazionale
d’Arte Moderna,
Roma. Fino al
5 ottobre 2014
IN MOSTRA A ROMA
Il viaggio nel nudo
seducente e ironico
MODIGLIANI, MAN RAY, GUTTUSO E MOLTI ALTRI
ALLA GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA
di Claudia Colasanti
A
prima vista può apparire come un pretesto. Un tema – la
seduzione del corpo
femminile nell’arte – non proprio di primo pelo. Così non è,
invece, nella reinvenzione di
questo itinerario per la Galleria
Nazionale d’Arte Moderna di
Roma (130 opere di grande
IL FUMETTO
qualità del 900), che la curatrice
Barbara Tomassi ha rintracciato nei depositi del museo ordinando il caos di decennali catalogazioni. La sua selezione,
curiosa – e a tratti spiritosa – definisce una linea assimilabile alla provocatoria lettura di Jean
Baudrillard, secondo il quale la
seduzione non appartiene alla
sfera della natura, ma a quella
dell'artificio e a quella del segno
di Stefano
Feltri
L’ombra horror
sul Texone di Roi
TEX, ALBO GIGANTE N. 29 - L’ORDA DEL TRAMONTO
di Pasquale Ruju e Corrado Roi, Sergio Bonelli editore, 240 pag.,
6,50 euro
QUESTO “TEXONE” era forse il più atteso degli ultimi anni: da quando la Bonelli ha cominciato ad affidare lo speciale annuale di Tex agli
autori italiani che già lavorano per la casa editrice, poche volte c’è stata tanta curiosità come
nel 2014: Corrado Roi, l’artista che si è caricato
l’onere di realizzare le 240 pagine del volume, è il
migliore dei disegnatori di Dylan Dog, uno di
quelli che tende a far prevalere l’elemento horror
sullo splatter ironico che spesso caratterizza l’indagatore dell’incubo. Di recente Roi si è prodotto anche nella più
inquietante storia di Nathan Never mai vista, lo speciale “I giorni
della maschera”, scritto da Davide Rigamonti. Quindi era grande la
curiosità per vedere come se la sarebbe cavata nelle praterie del
west, con il sole del deserto al posto delle ombre di Londra. Lo
scrittore dello speciale di Tex è Pasquale Ruju, abituato alle atmosfere cupe di Dampyr (il mezzo vampiro della Bonelli, ma frequenta spesso anche Tex eDylan Dog). La storia è confezionata per
agevolare Roi: Tex e Kit Carson si imbattono in un incongruo castello in stile Transilvania trapiantato nella frontiera americana. Ci
e del rituale.
A far partire l’itinerario è, non a
caso, un eccellente Nudo
sdraiato del 1918, di Amedeo
Modigliani, autore simbolo dei
ritratti femminili fra i più sensuali del mondo. Si prosegue
con un Severini del 1942 (che
somiglia al Matisse delle camere
arabescate) e alla serie folgorante di nudi fotografici di Man
Ray, dotati di un erotismo sobrio e nervoso. Nella sezione
successiva colpisce la pittura
raffinatissima dei dimenticati
Luigi Montanarini e Renato
Birolli, dove la voluta sfaldatura delle zone pittoriche inizia a
disintegrare il corpo femminile
in tenui blocchi di colore che
portano
l’arte
all’inizio
dell’astrazione. In questo universo Anni 40 – tutto sagome
femminili abbondanti – si inserisce Le ragazze di Palermo di
Renato Guttuso: quattro don-
ne colorate, ansiose e terrorizzate, si agitano su uno sfondo
neutrale. Subito dopo arriva
inesorabile la frattura: con un
Prampolini futurista (1947) e i
surrealisti. La figura tradizionale si sfalda e la donna si trasforma in un caleidoscopio di orecchie, occhi (anche di vetro), mani e labbra, esplose nei modi più
TEATRO
di Camilla
variegati. Un minuscolo e superlativo Joseph Cornell del
1930 – insieme con un disegno
di Dalì e alle ilari sculture di
Leoncillo – chiude le cinque sezioni del binomio donne e seduzione, sempre mutevole e,
proprio per questo, risorsa
creativa e concreta per artisti insospettabili, ormai prossimi alla
Tagliabue
Storie di amicizia
tra arte e ironia
©Alan Bennett
Il vizio dell’arte, Adelphi, pagg. 138, Euro
12,00; Milano, Teatro Elfo Puccini, dal 21
ottobre al 16 novembre
IL PROTAGONISTA è un grande poeta:
“frocio e sozzone”, puzza, piscia nel lavello,
adesca giovani marchettari “e poi parla di
cazzi. Dove sta – perché è questo che penserà il pubblico – dove sta la poesia?”. Così
viene dipinto Wystan H. Auden nell’ultima, esilarante commedia di Alan Bennett,
“Il vizio dell’arte”, appena pubblicata da
Adelphi e scelta dalla “famiglia dell’Elfo”
come apertura della prossima stagione
teatrale (dopo il successo di un’altra messinscena bennettiana, “The History Boys”): con un astuto dispositivo metateatrale, qui va in scena una compagnia di
teatranti alle prese con lo spettacolo “Il
giorno di Calibano”, che ha tra i personaggi
principali, oltre a Auden, il compositore
PATRIMONIO ALL’ITALIANA
Benjamin Britten, il biografo di entrambi
Humphrey Carpenter e Stuart, un ragazzo
di vita.
Pur nella giostra dell’intreccio, che altalena scene di palco tra gli interpreti e la
“recita ufficiale” della storia degli anziani
artisti, la trama portante è piuttosto lineare, e riguarda la scontrosa amicizia tra
Auden e Britten, di nuovo insieme a
Oxford dopo 30 anni di separazione. Il
confronto tardivo è crudele e malinconico: chi rinfaccia a uno la presunzione;
chi accusa l’altro di pederastia. Dopotutto, ricorda Bennett, quei due “erano meglio nell’arte che nella vita” e, chiosa il
poeta, “i veri artisti non sono persone
piacevoli. Tutti i bei sentimenti vanno nei
loro lavori, e la vita si prende il resto”.
Come sempre ironico e luciferino, l’autore si concede in quest’opera pure un
pizzico di lirismo e surrealismo, facendo
parlare i mobili e le rughe, i versi e le note;
di Tomaso
Alan Bennett LaPresse
di contro, i personaggi sono spesso sboccati e fumantini, se non ignoranti e opportunisti, Auden in primis: “Lavoro ogni
giorno, anche se non faccio niente. Ho il
vizio dell’arte. Scrivo poesie di confortevole domesticità”.
Montanari
Musei, destino in mano privata
sono uno strano nobile bulgaro, un assassino dai capelli lunghi
bianchi e dagli occhi nascosti da misteriosi occhiali neri, un paio di
piacenti fanciulle (merce rara nelle storie texiane). Insomma: una
avventura di Tex e Carson ma abbastanza gotica da essere adatta
a Roi. Bilancio? Non scontato: il tratto del tenebroso Roi riesce a
essere più inquietante nelle scene assolate, con sfondi bianchissimi e innaturali che fanno risaltare le ombre. Mentre le sequenze
più tradizionalamente oscure – passaggi segreti, resurrezioni notturne ecc – essendo un po’ edulcorate dalla bassa concentrazione
di splatter ammessa in Tex sembrano incompiute, trattenute. Roi
disegna da quando aveva 16 anni, in edicola non gli vendevano i
fumetti erotici che realizzava perché era troppo giovane per comprarli, e uno che ha tanta esperienza funziona ovunque. Il suo Tex è
poco tradizionale, talvolta pare un fantasma che incombe sulla
storia più che l’usuale concentrato di proiettili e cazzotti. Quello di
Roi è quindi un esperimento interessante, non è il Tex di Aurelio
Galeppini o di Giovanni Ticci, ma a modo suo funziona. Bisognerebbe ora vederlo in azione in una storia meno dark, per vedere
come se la cava Roi, per esempio tra indiani e soldati a cavallo,
contemporaneità. Una volta
usciti ci si accorge che non solo
il tema non si è esaurito ma prosegue in una lettura a ritroso,
con illustri artisti ottocenteschi
(e poi quasi contemporanei),
nelle sale permanenti del museo. Primo su tutti l’immenso
ferrarese – sottovalutato – Giovanni Boldini: la marchesa Casati, il cui vestito davvero anticipa Pollock, ed anche il celebre
ritratto di Verdi impresso sulle
vecchie amate 1.000 lire. E ancora Balla e Depero, gli internazionali Segantini, Van Gogh
e Il Klimt delle Tre età (1905).
L’eccellente Wildt e i numerosi
Medardo Rosso. E le sale di De
Chirico e Burri, Fontana, Duchamp e la sala gloriosa di Pino
Pascali allestita dalla Bucarelli
nel 1973. È l’ultimo sabato pomeriggio di maggio: i visitatori
si contano sulle dita di una mano e mancano anche gli over 65,
che ancora non pagavano il biglietto. Non siamo a Pompei,
dove tutto crolla e mancano i
servizi, né a Messina dove languono due immensi Caravaggio circondati da laterizi (di cui
nessuno conosce l’esistenza).
Siamo nella Capitale d’Italia, in
un museo Nazionale che non fa
una piega, zeppo di capolavori.
©Musei civici
Bologna
STASERA alle 21 si svolgerà una
– immaginiamo movimentata –
assemblea pubblica indetta dai
lavoratori dell’Istituzione Bologna Musei. Il tema da discutere
è: “Le esternalizzazioni nei musei fra privatizzazione dei servizi
pubblici e svalorizzazione del lavoro”. Già, perché il Comune di
Bologna ha prima riunito tutti i
musei in un’unica istituzione, e
ora sta procedendo a passo veloce verso una privatizzazione
ancora più spinta di quella che
ha già fagocitato gli Uffizi, il
Duomo di Siena o il Colosseo.
Sono stati messi a bando, per il
triennio che va dall’autunno di
quest’anno a quello del 2017,
non solo i servizi di accoglienza,
la biglietteria, la sorveglianza e
la custodia, ma anche i servizi
educativi e la mediazione culturale. Chi vincerà la gara? I musei di Bologna finiranno in mano
a Civita (presidente Gianni Letta), o a Electa (gruppo Mondadori, cioè Berlusconi)? I lavoratori dei musei denunciano che
tutto si sta svolgendo senza trasparenza e senza garanzie per i
loro diritti, e che dopo il bando
saranno orientate al lucro privato funzioni che vanno “dall’allestimento mostre alla movimentazione e trasporto di opere,
dal controllo del patrimonio al
controllo di gestione e qualità,
dalla gestione delle attività amministrative e organizzative alla
gestione e conservazione del
patrimoni, dai servizi bibliotecari all’organizzazione e gestione
degli eventi, della comunicazione e del marketing e valorizzazione del patrimonio”. Insomma, è come se una scuola o
un’università pubbliche appaltassero le lezioni e la ricerca:
tanto varrebbe smettere di mantenerle con le tasse pubbliche.
Dalla parte dei lavoratori, e dei
cittadini, si è schierata Italia Nostra, chiedendo “un ripensamento radicale del bando emanato dal Comune, e proponendo
di aprire una discussione trasparente su quello che è un capitolo
decisivo della nostra politica
culturale, ovverosia il destino dei
nostri musei”.
Già, perché Bologna è l’ennesima stazione della via crucis
che sta inchiodando il patrimonio culturale della nazione alla
croce del mercato. E non si intravedono resurrezioni.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
21
EX LEADER Gianfranco Fini, ospite
di Giovanni Floris a Ballarò Ansa
ONDA SU ONDA
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
Dall’Expo al Mose, dove
sono finite le inchieste tv?
di Loris Mazzetti
na canzone napoletana
U
composta alla fine della guerra
dice: “Chi ha avuto avuto chi ha dato
ha dato scurdammoce ‘o passato”.
Frase perfetta per inquadrare l’Expo.
Tutti si preoccupano solo di finire i
padiglioni per essere pronti per
l’inaugurazione prevista per il primo
maggio 2015. Raffaele Cantone, il
bravo magistrato campano che tanto
ha fatto per combattere i casalesi e la
camorra, è diventato la foglia di fico
del governo nel momento in cui è stato nominato a capo dell’Autorità nazionale anticorruzione. Con Cantone certi “giochetti” non si possono
più fare, peccato che i buoi siano già
scappati e i lavori devono continuare
ad ogni costo. Anche l’informazione,
da buon “cane da guardia della democrazia”, dovrebbe vigilare, ma la
sensazione è che, in particolare per i
tg, si affida al racconto della cronaca
accompagnando il lavoro della magistratura.
E LE INCHIESTE che fine hanno fatto? Ester Castano, giornalista ventiquattrenne, ne ha realizzata una
straordinaria: “Expo City Life”, che le
è valso il premio di giornalismo per la
categoria giovani “Gruppo dello
Zuccherificio” in ricordo di Roberto
Morione. Questa è la Rete “bellezza”.
Trasmissioni come “Report” o “Pre-
sadiretta” non dovrebbero mai
andare in ferie in nome del servizio pubblico. L’Expo è l’autoritratto di un sistema immorale, come
il Mose, attorno al quale ruotano oltre 6 miliardi di euro di lavori pubblici: costruzione di autostrade,
ospedali, grattacieli, una nuova linea
della metropolitana oltre ai cantieri
dell’Expo, tutto ciò è accaduto senza
gli adeguati controlli a partire dalla
Regione Lombardia. Infatti, il primo
ad essere stato arrestato è Antonio
Rognoni ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde, la società che
si occupa della valorizzazione della
gestione del patrimonio immobiliare
della Regione. Il malaffare, nonostante le 23 commissioni di controllo
sull’Expo, non rappresenta solo la
corruzione per gli appalti, ma la lunga mano della ‘ndrangheta in Lombardia a partire dell’acquisizione dei
terreni. Fa sorridere il Commissario
straordinario Sala (il cui braccio destro Angelo Paris, direttore generale,
è accusato di essere l’intermediario di
presunte irregolarità negli appalti di
Infrastrutture Lombarde), che ha definito i recidivi collettori di tangenti,
Greganti e Frigerio, “una cupoletta di
pensionati della prima repubblica” e
su Paris ha dichiarato: “Un ambizioso che ha perso la testa”. Sala dà l’idea
di uno che si è trovato di fronte ad un
incidente di percorso, purtroppo
non è così.
Ultimo miracolo a Ballarò:
Crozza resuscita Fini
di Luigi Galella
nche la satira può essere “potere”.
A
Ribaltare il ruolo che la contrappone ai suoi bersagli preferiti, che ge-
rarchicamente le si trovano sopra. La
postazione della satira è, di norma, il
basso – il comico, il volgo, il punto di
vista del popolo – che si contrappone al
sublime, all'eroico. La commedia – prosaica – che graffia il sussiego letterario
della tragedia. Il buffone che dileggia il
re. Aristofane versus Socrate.
Ma che cosa succederebbe se, per uno
strano caso del destino, fosse proprio la
satira a trovarsi in alto, in un luogo privilegiato, adulata e temuta dai potenti,
che hanno ormai perso potere? Se è vero che la politica si è fatta videocrazia,
infatti, sono soprattutto i protagonisti
di quest'ultima a detenere una duratura
fetta di potere. Quel potere sempre più
saldo nelle mani di Maurizio Crozza,
che a Ballarò sbeffeggia i politici in studio, collocati in basso – non solo scenograficamente – i quali assistono all'inevitabile martirio della propria immagine, presa a pallettoni. Pochi minuti, ma terribili.
Seduti e silenziosi, mentre ascoltano e
osservano chi li sta lapidando, sono costretti a contrarre le labbra in un forzato
e angoscioso sorriso, sperando che l'atteggiamento “collaborativo” sminuisca
l'effetto dirompente delle parole: buon
viso a cattivissimo gioco. È ciò che è
accaduto nell'ultima puntata del programma di Giovanni Floris, dove è
riapparso il fantasma di Gianfranco Fini, che come pochi oggi incarna la figura dell'uomo di potere, senza potere.
EX PRESIDENTE di Alleanza Nazionale,
ex numero 2 del Popolo delle Libertà, ex
presidente della Camera. Crozza gli si è
rivolto chiedendogli perché avesse pensato di tornare: “La bocciofila era chiusa?”, evocando le conseguenze di un
nuovo partito di Fini di destra: “Non ci
toglieremo Renzi dai maroni per i prossimi cinquant’anni”.
Man mano che il comico dall'alto procedeva con la sua invettiva, senza sosta e
senza pietà, Fini si chiedeva, forse, perché mai avesse deciso di presentarsi
proprio lì a Ballarò, sottoponendosi al
massacro di ciò che restava dell'antico
Gli ascolti
di lunedì
GERMANIA-ALGERIA
Spettatori 6,2 mln Share 32,3%
CHARLOTTE GRAY
Spettatori 2,1 mln Share 9,4%
amor proprio. E il sorriso con cui aveva
accolto le prime bordate man mano si
spegneva nella disfatta della stessa mimica facciale – la muscolatura che si rallentava, l’espressione che s’illanguidiva
– incapace di seguire le direttive ragionevoli, che le venivano dalla testa.
Crozza non gli ha risparmiato nulla.
Trattandolo come un tossicomane della
politica e invitandolo a entrare in comunità: “Accetti un consiglio, lei deve
farsi aiutare” – e ricordando perfino il
nome di Almirante (peraltro ormai tabù, per i primi remoti strappi dal suo
passato di fascista).
Nulla impedisce di ridere, non solo degli uomini di potere, ma anche di coloro
che il potere non ce l'hanno più. Ma in
questo caso Crozza è stato un vero maramaldo, perché non serve infierire sui
corpi esanimi. Tanto che quando sorrideva il povero Fini muoveva perfino
un sentimento di tenerezza e quasi di
pietà, che sempre accompagna il volto
sfigurato di chi è nella polvere. Sconfitto
e ucciso, e ancora con la spada del nemico che lo perseguita, e si diverte oltremisura a straziarne il corpo.
[email protected]
LE MIE GROSSE GRASSE...
Spettatori 2,1 mln Share 8,8%
CATWOMAN
Spettatori 1,9 mln Share 8,3%
22
SECONDO TEMPO
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
il Fatto Quotidiano
IL BADANTE
SVOLTE
Effetto Francesco
contro i padrini
di Daniela
S
Ranieri
uccede così: tu chiedi
a uno di fare da padrino a tuo figlio, e ti
ritrovi imparentato
con un mafioso. Perché si sa:
’ndranghetisti, camorristi e
malecarni di tutte le specie
fanno a gomitate per presenziare a quel rito arcaico che
consiste nel mettere l’ala sopra a pupi da dilavare dal peccato e virgulti da cresimare
nel nome del Padre, del Figlio
e dello Spirito Santo.
Per evitare ciò, come se il fresco delle navate e gli ori dei
putti non fossero che lo sfondo di legami clanici ben più
terreni, l’arcivescovo di Reggio Calabria ha lanciato una
moratoria di 10 anni per spadrinare battesimi e cresime,
cioè per togliere ai veri Padrini, che hanno conseguito il
titolo col rito del coltello, il
potere ineffabile di regalare
protezione nel segno della
croce. Il tutto con 5 secoli di
ritardo sul Concilio di Trento, che mise un freno alla pratica di dare ai figli decine di
padrini nel sospetto che dietro il padrinaggio selvaggio si
celasse la volontà troppo
umana di assicurarsi tutele
estranee a quelle del catechismo.
Sarà stata la scomunica dei
mafiosi pronunciata dal Papa
(e sì che sarebbe bastata quella a dissuadere i credenti capobastone dal presentare domanda di padrinaggio), saranno stati i commissariamenti delle processioni del vi-
LA MAFIA IN CASA
L’idea della Diocesi
di Reggio Calabria
accelera la fine del tempo
in cui, in alcune zone
del Paese, tra Chiesa
e criminalità ci si piaceva
bonese per evitare le “sfilate
dei boss” (tutta una teoria di
Inginocchiate e Affruntate e
Addolorate e Inchinate affidate, invece che alle braccia
forti e devote di padrini e picciotti, a quelle spicce e distratte della Protezione civile);
certo è che il Chiesa-pride
procede su carri di trasparenza e sobrietà mai visti prima.
Così le “persone discusse”,
eufemismo-capolavoro che
abbisognerebbe delle musiche di Nino Rota, vengono
gentilmente messe alla porta,
e i mafiosi sono finalmente
equiparati a divorziati, conviventi e tutti quelli non sposandosi in Chiesa hanno scelto il Demonio anche se non
sono iscritti a nessuna cosca.
Sembrano finiti i tempi in cui
tra Chiesa e mafia ci si piaceva, tra ammuine e fuochi
d’artificio alle feste del Santo
Patrono, usate dalle ’ndrine
per mandarsi messaggi e san-
L’Arcivescovo di Reggio Calabria, Giuseppe Fiorini Morosini Wikipedia Cc
cire il proprio potere sotto gli
occhi indulgenti delle Madonne.
Questo Papa disturba l’intesa
centenaria (raccontata da
Gratteri e Nicaso in Acqua
Santissima) e mette il dito
nella piaga incerottata dai
santini di Provenzano. Finché
si parla di boss devoti, infatti,
siamo nei pressi del folclore.
È quando si constata che il
padrinaggio non è solo l’istituto arcano e kitsch preferito
dal malaffare per allargare la
sua influenza, ma il fusto di
una malapianta inestirpabile
di tutto il Paese, che sono
guai.
Così pare geniale e bislacca
l’idea dell’Arcivescovo nel
Paese in cui alla famiglia naturale si affianca e spesso si
sostituisce non quella “spirituale” benedetta dal prete e
composta da torme di compari e protettori, ma quella famiglia di interessi che si regge
su favori e controfavori, aiuti
e spintarelle, prossimità e entrature, e che non ha certo bisogno dell’olio santo per far
lavorare ogni rotella della sua
complessa e primitiva struttura.
PREFERENZE O NO, Porcel-
lum o no, sotto elezioni si rinnova ogni volta il rito del padrinaggio politico. Tra vessilli
di famiglie nobiliari o imprenditoriali srotolati dal palazzo del Comune e vassoi di
sfogliatelle, frappe, panettoni,
amaretti, illustrissimi sconosciuti vengono presi sottobraccio dal potente della sua
cordata, che ne tesse le lodi
sottomettendolo alla sua primogenitura celeste. Così l’aura del più vecchio, e sperabilmente il suo pelo sullo stomaco, si trasfonde sul nuovo,
che porge la testa a un’immaginaria fonte battesimale. Ecce
homo: se hai un favore da
chiedere, se il tuo compare è
in intesa col suo, se tuo figlio
aspetta quella licenza, da oggi
sai a chi rivolgerti.
Per non parlare del mondo del
cosiddetto lavoro, sempre
permeabile a quelle influenze
stabilite da reti di relazioni para-parentali: se oggi è quasi un
handicap avere un cognato
deputato o un padre assessore
(mentre sopravvive la figura
gloriosa dello zio vescovo), il
padrinaggio perdura come sistema che laicizza il Santo in
Paradiso, tra il segreto di Fatima e quello di Pulcinella.
Nei cunicoli del potere, dai
corridoi Rai ai ponteggi delle
grandi opere, ogni figlioccio
ha un padrino, angelo del familismo amorale, l’opaca
struttura che dà lavoro e sfama nei sensi più e meno nobili
della parola, a dispetto di ogni
moratoria di Arcivescovo.
Renzi sì, Renzi no
Dov’è l’uscita?
di Oliviero Beha
È DIFFICILE negare le difficoltà contro cui sbatte regolarmente e quasi quotidianamente il muso il nuovo governo, alias Renzi, quando mette
mano a qualche cosa concretamente, a qualsiasi cosa, passando dalle parole ai fatti. Accade in Europa periodicamente alla corte di Frau Merkel: vado, l’ammazzo e torno, ma poi
vien fuori che la flessibilità è
una boutade e ci ritroveremo
con un’altra manovrina o manovrona, naturalmente l’ideale per colpire le fasce più deboli. Accade in Italia, quando
si passa di pasticciaccio in pasticciaccio, con buona pace di
Gadda: la riforma del Senato?
Il fantasma dell’immunità, la
sua equiparazione, la confusione del concetto, l’eredità
dei padri Costituenti evocata a
sproposito ecc. ecc.? La riforma della giustizia? Il bordellum delle intercettazioni che
mette a nudo quanto poco seria e quanto grave sia la situazione, con magistrati che vorrebbero stabilire magari in un
camping, sotto una tenda, fumando il calumet della pace, la
dose di intercettabilità discutendone con i giornalisti? I
quali saranno pure quella categoria quos perdere vult (il Signore o il facente funzione),
ma se hanno una notizia la devono pubblicare rispondendo
al codice penale e alla loro
deontologia (quella sì effettivamente polverizzata). E insomma ogni cosa che tocca,
Renzi promette di trasformarla in oro e invece al massimo è
ricoperta e ce ne accorgiamo
dal rumore sordo quando
troppo spesso cade a terra, come un soldo d’ottone. Ma abbiamo provato a compiere una
n
banale operazione d’astrazione, facendo finta che Renzi
non esista e ancor prima risalendo ai suoi predecessori?
Berlusconi faceva corna e pernacchi, Monti vestiva il loden
come una divisa ma da lift nei
confronti di banche e finanza
miste alla Merkel che tiene o fa
credere di tenere il pallino, di
Enrico Letta sono riusciti a dimenticarsi tutti all’istante
senza neppure ricorrere al
“furto d’immagine nelle foto
istituzionali”, specialità sportiva in cui hanno sempre eccelso dalle parti di Putin. No,
Letta può rimanerci serenamente nelle foto, tanto non si
vede. Il maggior paradosso
renziano dunque non è il fatto
che comunichi quello che non
riesce a fare, così che la sua
VICOLO CIECO
Se il premier fallisce
per getto della spugna,
manifesta incapacità
o altro, il Paese che fa,
a chi si affida,
da chi dipende?
popolarità sale nei sondaggi
mentre tutti gli indicatori economici e sociali ci danno in
bancarotta senza barlumi di
speranza: no, il punto è chiedersi chi ci sarebbe se non ci
fosse lui, e domandarselo non
sulla scorta di quella pletora di
servilotti che nelle varie categorie cortigiane aspettano solo un segno del Sire per servirlo, gente così priva di autostima da avere sempre bisogno
di leccare la mano di qualcuno
anche quando ne viene schiaffeggiata.
L’INTERROGATIVO è invece politicissimo: fallisce
Renzi per getto della spugna,
manifesta incapacità, un raffreddore o chissà quali scheletri nell’armadio e mentre la
mandria di cui sopra transuma
verso qualche altra destinazione il Paese che fa, a chi si
affida, da chi dipende? Lo so,
mentre il centrodestra consulterebbe Dudù, il centrosinistra
si guarderebbe attorno attonito pensando di aver per l’ennesima volta sbagliato cavallo,
e il M5S eccepirebbe cose tipo
“che vi avevamo detto? S’era
capito subito che non reggeva”, o similia. Ma poi che farebbero? Certo, si andrebbe al
voto: ma quando, con il semestre europeo appena cominciato, e soprattutto votando
chi? Dove sono le energie migliori del Paese, dove si nascondono, in quale amministrazione locale periferica trasversale vista la fine e il mercimonio di destra e sinistra ?
Se si riparte si riparte tutti insieme, magari facendo ognuno quello che gli tocca fare secondo norma, forma e sostanza, a partire dal primo cittadino che si impiccia, oddio quanto si impiccia un po’ di tutto…
n
PIOVONO PIETRE
Socialista, in guerra con la Cina
Le svolte della destra-Pascale
di Alessandro Robecchi
nemico che fugge ponti d’oro, si dice.
A
E anche: il nemico che passa dalla tua
parte è sempre benvenuto. E dunque pos-
siamo anche urlare hurrà e viva-viva, al
nuovo Berlusconi che “apre ai gay”, come
si legge qui e là. Un piccolo passo per
l’umanità, un grande passo per la destra
italiana, un grosso affare per i fornitori di
barzellette di Berlusconi, che dovranno
rinnovare il copione, essendo le storielle
sessiste e anti-gay largamente maggioritarie nel suo repertorio. Comunque, su un
punto sono tutti d’accordo, funziona così:
la signorina Pascale detta la linea, l’intendenza segue, Silvio si accoda, i politici cattolici che non sapevano con quale moglie
andare al Family day (la prima, la seconda,
la terza) mugugnano un po’, ma si allineano anche loro. Perché la situazione della
destra è questa: il capo non è lucidissimo, la
sua ragazza sì, tocca adeguarsi al capo in
mancanza di capi più credibili che però
non ci sono. Stallo messicano, come nei
buoni western e nei pessimi partiti.
E dunque via con le descrizioni della signorina Pascale come si parlasse di Evita
Peron, e ormai si sprecano gli articoli e le
ricostruzioni su come questa giovane Richelieu detti ormai la linea. Una che caccia
Verdini, una che tesse alleanze, che crea il
cerchio magico: in Usa ci farebbero una
Venere e di Marte non si
fiction, qui basta una
UNA AL MESE
commedia, i fagiolini
sposa e non si parte”. Ne
troppo cari, i cagnolicon Silvio, che capiDopo B. che “apre ai gay” parla
sce male perché è al teleni...
Ora, dunque, non resta
ecco le prossime, possibili, fono con Verdini e il giorche sperare in nuove arno dopo annuncia la stotrovate della signorina first rica spedizione di Forza
dite trovate della signorina, cui seguirà l’assenItalia su Marte. Con quallady, cui seguirà l’assenso
so di Silvio, cui seguirà
che distinguo (per Gal’approvazione della desparri il pianeta è troppo
di Silvio e l’approvazione
stra tutta. Ecco qualche
rosso), Forza Italia accetdella destra tutta
possibile scenario.
ta la sfida con entusiasmo
Agosto, Pascale e il soe sprezzo del pericolo.
cialismo. Attratta da FaNovembre, Pascale e il
cebook e Twitter, Francesca Pascale parla a respiro internazionale. Per meritoria amSilvio delle meraviglie del mondo social. bizione a migliorarsi e imparare a scrivere
Quello capisce male perché è un po’ stanco correttamente “first lady”, Francesca Pae il giorno dopo proclama la nuova linea scale decide di iscriversi a un corso di lindel partito: il socialismo. Forza Italia ac- gue. Ne parla con Silvio, che capisce male
cetta la svolta con grande soddisfazione.
perché preoccupato dal processo d’appello
Settembre, Pascale e la guerra alla Cina. a Milano e il giorno dopo annuncia: la linSeccata per un orlo fatto male, Francesca gua ufficiale della destra italiana sarà l’inPascale scopre che la sarta era cinese. Ne glese. Forza Italia accetta la decisione del
parla con Silvio, che capisce male perché è capo e parla in un comunicato di signal of
distratto e il giorno dopo dichiara guerra modernity.
alla Repubblica popolare cinese, annun- Ora, non è che posso fare tutto io, sia chiaciando la leva obbligatoria per tutti gli ro. Per cui ognuno si inventi, sotto l’omiscritti al partito. Forza Italia, tra qualche brellone o nella pausa-cocomero, le nuove
malumore, accetta la svolta per senso del svolte consigliate da Francesca Pascale, apdovere e disciplina di partito.
plicate da Silvio e accettate da Forza Italia,
Ottobre, Pascale la spedizione su Marte. un divertente gioco per l’estate che può riForte del suo sapere popolare, Francesca servare mille sorprese.
@AlRobecchi
Pascale recita un vecchio proverbio: “Di
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
23
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2014
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
La soluzione alla crisi
è un gioco di squadra
Francesca Pascale
si ispira a Bergoglio
Il film Pulp Fiction di
Quentin Tarantino compie vent’anni. Sono quindi vent’anni che nell’immaginario collettivo il
personaggio interpretato
magistralmente da Harvey Keitel suona il campanello di casa e pronuncia la frase ormai diventata idiomatica, “sono
Mr Wolf e risolvo problemi” . L’ansia con cui
aspettiamo che qualcuno
suoni il nostro campanello sembra oggi placata. Renzi ci ha detto che
“risolve problemi” e il
Corriere della Sera ci avvisa che “un uomo solo è
al comando” . Ma non è il
successo di questo o quello che serve al Paese.
Piuttosto ciò di cui abbiamo bisogno è la risoluzione dei problemi. La
storia ci insegna che il
successo arride ancora
all’uomo solo al comando, nonostante tutte le
esperienze contrarie accumulate. Le soluzioni ai
problemi, però, possono
arrivare solo dal fare
squadra e, sino a che ci
accontenteremo di credere al Mr Wolf di turno,
i nostri problemi resteranno irrisolti.
In molti abbiamo sorriso
quando qualche giorno
fa l'attuale fidanzata di
Berlusconi ha annunciato di essersi iscritta all'
Arci-gay, lasciando intuire che a breve distanza
che l'ex Premier avrebbe
fatto una apertura sulle
unioni gay. Cosa realmente avvenuta. Il portavoce di Forza Italia, Gio-
Vittorio Melandri
La barca affonda,
mentre la pancia è piena
Ho fatto un sogno. Ho visto le carrette del mare
che affondavano, i migranti che annegavano,
disperati, soli e respinti.
Ho visto i loro corpi che si
inabissavano, avvolti nei
pochi panni sporchi e laceri, che rappresentano il
bagaglio di chi deve viaggiare leggero perché fugge e non può portarsi dietro nemmeno l’indispensabile. Ho visto una lunga
tavolata di personaggi
opulenti, chiassosi, famelici, disinteressati a
tutto tranne che al loro
micromondo egoista e
prepotente. Ho visto che,
finalmente, i migranti
avevano trovato accoglienza, nel capace stomaco di chi un tempo li
aveva respinti.
Tiziana Gubbiotti
naturalmente non arriva
mai. Il fatto che ormai,
con una cadenza quasi ipnotica, arrivino sulle nostre coste non solo infelici
e clandestini che fuggono
da paesi incivili, ma il
quasi quotidiano carico
di morti, dà luogo soltanto a un fiume di parole in
libertà, ma a nessun
provvedimento concreto. Il cordoglio non costa
nulla e mi chiedo pure
Eyal, Gilad,
Naftali,
morti
CARO COLOMBO, i corpi dei tre ragazzi israeliani sedicenni che credevano di
poter fare l'autostop sono stati trovati,
provocando una lieve indignazione del
mondo, due righe qui, un messaggio la,
tutti tranquilli e se la vedano le madri.
Aspetto dettagliati articoli su quel che
farà Israele.
Gloria
la vignetta
vanni Toti, ha subito precisato che non è stata
Francesca Pascale a indurre Berlusconi a questa
apertura, bensì Papa
Francesco, con la nota
frase: “Chi sono io per
giudicare un gay?”. A
parte il fatto che la Chiesa
ha sempre insegnato a
non giudicare le persone,
ma quando mai il Papa si
è pronunciato in favore
del concetto di famiglia
omosessuale?
Perchè
strumentalizzare Papa
Francesco per fini politici?
Fabiano Bermudez
Non bisogna abituarsi
all’indifferenza
C'è un'espressione genovese, “maniman", che
esprime un atteggiamento di supina rassegna e
agli eventi, un sotteso
menefreghismo. Ci si
aspetta che i problemi
vengano risolti da qualche deus ex machina che
quanto sia sincero. Arrivare a capire che meno
costerebbe in denaro e in
vite umane mandare sulle opposte sponde del
Mediterraneo aerei che
trasportino questi poveretti nei paesi dove vogliono andare è uno sforzo mentale evidentemente impossibile per chi dovrebbe governare. Risparmiateci, per favore,
la finzione di pietà e lacrime. E, se ci riuscite, pensate anche agli italiani,
che vedono ogni giorno,
impotenti, giungere sui
loro lidi questa messe di
vivi e di morti
Fiorella Merello Guarnero
Essere single
per il fisco conviene
In Italia le famiglie numerose sono solo un ricordo, ci si sposa sempre
meno, aumentano i figli
nati fuori dal matrimonio, gli italiani sono sempre più anziani, nascono
HO RICEVUTO molte lettere su questo
fatto tragico e folle. Una mi diceva che il
rapimento è arma di guerra lecita nelle
resistenze, una elencava le “malefatte
israeliane” , una, molto più seria e serena,
di un medico che si firma (Massimo Fazzari) su un punto dissente dal mio primo
intervento. Io dicevo, cercando di includere nella condanna del rapimento (allora
era un rapimento, non l'uccisione di tre
ragazzini) anche coloro che si dedicano
esclusivamente alle colpe di Israele, “non è
questo il momento per imbastire subito
una polemica sugli insediamenti israeliani”. Il lettore rispondeva: “Lei difende
troppo lo Stato di Israele e ne dimentica
gli errori esiziali” . Però io stavo parlando
di un fatto grave e diverso: rapire tre ra-
pochi bambini, i soldi per
arrivare a fine mese non
bastano mai. Da tempo,
oramai, la famiglia patriarcale italiana non esiste più. I nuclei si sono
fatti piccoli: due figli al
massimo per coppia.
Molti sono gli ultraottantenni, con problemi di
autosufficienza. I giovani, che non possono
mantenersi, restano a casa e non si sposano. Sembra assurdo ma i nostri
politici fanno di tutto per
discriminare la famiglia
rispetto ai single: sposarsi
non solo non conviene
ma è addirittura penalizzante. I single sono trattati meglio dei coniugi ai
fini fiscali. E allora, perché fare figli nel matrimonio se conviene farli al
di fuori?
Mario Pulimanti
DIRITTO DI REPLICA
Scrive Tomaso Montanari che ci sono degli in-
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genui che hanno la pretesa di inserire la parola
“bellezza” nell’articolo
uno della Costituzione.
L'iniziativa della deputata di Sel, Serena Pellegrino, per cambiare l'articolo uno della Costituzione
era sconosciuta ai più, me
compreso, fintanto che lo
stesso Montanari non ne
ha parlato su questo giornale. Quanto al mio libro,
che Montanari gentilmente cita (“Fondata sulla bellezza” un ebook
Sperling&Kupfer), se lo
avesse letto, avrebbe scoperto che l'aborrita parola “petrolio”, in 120 pagine di testo, non c’è. Invece
ricorre il termine “risorsa” perché il libro è un
viaggio-inchiesta tra i paradossi che bloccano lo
sviluppo del Paese. La
bellezza forse non salverà
l'Italia, ma una mano potrebbe darla. Il turismo,
nel mondo, crescerà del
+5% per i prossimi 15 an-
ni, la produzione industriale pesante è in calo
costante da 40 anni. Dove
sarebbe utile investire?
Abbiamo l’Alitalia in crisi che però non ha voli diretti verso la Cina, mentre Lufthansa ne ha 47
settimanali. O la Sicilia
che, nel 2012, ha registrato 6 milioni di pernottamenti di turisti, mentre le
isole Canarie, stessa lunghezza di coste, ma molto
meno da offrire, ne hanno avuti 75 milioni. Abbiamo gravi problemi
nell’accoglienza, nella
promozione dei nostri
tanti musei sempre più
vuoti. Ma quando si propone di riportare alla luce
le opere nascoste e portarle in giro per il mondo,
ecco il purista che grida
alla prostituzione dell’arte. La bellezza è invece un
marchio identitario da
sfruttare, come propone
il creativo Maurizio di
Robilant attraverso la
Emilio Casalini
Per la bellezza vale ciò che
si dice del sesso: chi ne parla molto, ne fa poco. E a
proposito di elitarismo:
non sarà un po’ snob, radical-chic, e appunto elitario permettersi di gettare il tempo in simili pipponi? L’articolo 1 sta bene
come sta. Ma se Casalini è
convinto del contrario basta dare un colpo di telefono alla fatina Maria
Elena Boschi: e con un colpo di bacchetta magica la
Costituzione e l’Italia risorgeranno, fondate sulla
bellezza. In bocca al lupo.
Tomaso Montanari
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gazzini non può avere niente a che fare
con problemi anche grandi e gravi, e il
tentativo del testo era: liberarli subito
vuol dire diminuire il pericolo, non farlo
esplodere. Ora che li hanno uccisi (non tre
soldati, ma tre ragazzini), è evidente che
l'esplosione è cercata e calcolata. E la sola
speranza che resta è che siano trovati e
raggiunti i colpevoli di un delitto che resta
ignobile comunque lo si ambienti. Sappiamo anche che, come nelle intricate vicende giudiziarie e nelle odiose cronache
di tutti i delitti, molte cose restano da sapere, da capire, da chiarire. Tante, meno
l'uccisione dei ragazzi. Le loro madri
avrebbero diritto di avere intorno la presenza umana e istituzionale dell'Europa e
del mondo civile. E se il governo di Abu
Mazen si dissociasse dal delitto e lo condannasse, le conseguenze potrebbero essere grandi, più della vendetta. Finora c'è
un brutto, ambiguo silenzio. E molta solitudine intorno a Israele, proprio come
l'antisemitismo richiede.
fondazione “Italia Patria
della Bellezza”. Lo certifica il rapporto “Future
Brand Country Index”: il
mondo ci riconosce ancora la leadership in turismo, arte, cultura e cibo.
Attività caratterizzate da
piccole imprese che non
inquinano, che tutelano
l’ambiente, non delocalizzabili, con capitale diffuso, che stimolano la
creatività dei singoli. Oltre l’economia, quindi,
c'è una coscienza comune
raccolta intorno alla bellezza. La formulazione
dell’attuale articolo uno
della Costituzione è un
compromesso del ‘47, figlio del confronto tra
Fanfani e Togliatti, che
voleva una “Repubblica
di lavoratori” di stampo
sovietico. A nulla valsero
le parole del deputato di
Ezio Coppa che ricordava
come il lavoro fosse un
mezzo, non un fine. Tutto questo aveva, forse, un
senso in un Italia in macerie, divisa tra stelle e falci, strisce e martelli. Un
incipit
costituzionale
moderno
(bellissimo
quello del Sudafrica di
Mandela) potrebbe includere i valori universali
dell’uomo e impegnare i
nostri governanti nel
promuovere lo sviluppo
delle potenzialità del popolo italiano tra cui la
Bellezza. Su cui l’Italia è
già fondata.
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