in vigilo 3_2014 - Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi

NUMERO 3/2014
IN VIGILO…..
…. farmacovigilanza e tanto altro
S.C. Farmacia in collaborazione con: Servizio Risk Managment - Servizio trasfusionale
A.O. Circolo e Fondazione Macchi Varese
Farmacovigilanza
Sommario:
Pag.2 - Schema posologico del medicinale
Perfalgan® 10mg/ml
Pag.3 - AIFA rende disponibili i dati dei
registri sui farmaci per il diabete
Pag.5 - Rischio di sindrome serotoninergica associata all’uso di antagonisti della
serotonina
Pag.7 - Bloccanti alfa adrenergici e ginecomastia
Pag.9 - Vemurafenib e granuloma piogenico
Pag.10 - CASO CLINICO: Etanercept e
trombosi venosa profonda
Pag.12 - Come segnalare una ADR?
Schema posologico del medicinale Perfalgan® 10mg/ml
Perfalgan® 10mg/ml è un medicinale a base di paracetamolo per
somministrazione endovenosa indicato per il trattamento a breve
termine del dolore di intensità moderata, specialmente a seguito
di intervento chirurgico, e della febbre quando la somministrazione per via endovenosa sia giustificata dal punto di vista clinico
dall’urgente necessità di trattare il dolore o l’ipertermia e/o quando altre vie di somministrazione siano impossibili da praticare.
La ditta produttrice Bristol Myers Squibb, titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio, a seguito di ripetuti episodi di
sovradosaggio accidentale nei neonati e nella prima infanzia, ha
più volte richiamato l’attenzione sul rischio di tale errore terapeutico e aggiornato le informazioni del prodotto con una serie di
raccomandazioni per la minimizzazione del rischio.
Il paracetamolo è un antipiretico sicuro ed efficace ma il sovradosaggio può causare grave tossicità epatica ed è quindi importante sia seguire attentamente le raccomandazioni relative alla posologia sia considerare i possibili fattori di rischio che possono
concorrere all’insorgenza di epatotossicità (insufficienza epatica,
malnutrizione e disidratazione).
Cosa fare?
• Al momento della prescrizione, per evitare confusione tra milligrammi (mg) e millilitri (ml), riportare sia la dose totale espressa in mg sia il volume totale da somministrare espresso in ml.
• Considerare che 1ml di soluzione corrisponde a 10mg di paracetamolo:
1ml = 10mg
• Seguire gli schemi posologici, di seguito indicati, come riportato nel riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP).
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Riassumendo …….
Peso del paziente
Schema posologico
Dose per somministrazione: 7,5mg/Kg
≤ 10 kg
Volume per somministrazione = 0,75 ml/Kg
Volume massimo per somministrazione = 7,5ml
Dose massima giornaliera = 30 mg/Kg
Dose per somministrazione: 15mg/Kg
Volume per somministrazione = 1,5 ml/Kg
> 10 Kg a ≤ 33Kg
Volume massimo per somministrazione = 49,5ml
Dose massima giornaliera = 60 mg/Kg (non superare i 2g/die)
Dose per somministrazione: 15mg/Kg
> 33 Kg a ≤ 50Kg
Volume per somministrazione = 1,5 ml/Kg
Volume massimo per somministrazione = 75ml
Dose massima giornaliera = 60 mg/Kg (non superare i 3g/die)
Dose per somministrazione: 1g
> 50Kg con fattori di rischio
addizionali per tossicità epatica
Volume per somministrazione = 100ml
Volume massimo per somministrazione = 100ml
Dose massima giornaliera = 3g/die
Dose per somministrazione: 1g
> 50Kg senza fattori di rischio
addizionali per tossicità epatica
Volume per somministrazione = 100ml
Volume massimo per somministrazione = 100ml
Dose massima giornaliera = 4g/die
L’intervallo minimo tra ciascuna somministrazione deve essere almeno 4h.
L’intervallo minimo tra ciascuna somministrazione in pazienti con insufficienza renale deve essere
almeno 6h.
Non devono essere somministrate più di 4 dosi nelle 24 ore.
Fonte:
Riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP) del medicinale Perfalgan®
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Farmacovigilanza
AIFA rende disponibili i dati dei Registri sui farmaci per il
diabete
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha pubblicato alcuni dati di efficacia e sicurezza relativi ai farmaci: Exenatide (Byetta®), Sitagliptin (Janumet®, Effecib®) e Vildagliptin (Galvus®, Eucreas®).
L’analisi è stata resa possibile grazie ai registri di monitoraggio messi a disposizione da AIFA ed al costante lavoro di aggiornamento condotto dai clinici.
Tale studio è pubblicato in anteprima open access su Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases.
Si riporta in calce il link per consultare l’articolo sul sito dell’AIFA.
Premessa
I pazienti affetti da diabete di tipo 2 che non riescono a mantenere un controllo metabolico nonostante dieta e
attività fisica devono ricorrere ad un trattamento farmacologico.
Tutte le linee guida concordano sull’uso della metformina in prima linea, ma non c'è consenso sulla seconda linea di trattamento.
Negli ultimi dieci anni nuovi medicinali sono stati messi a disposizione dei clinici : i medicinali glucagone-like peptide-1, iniettabili che agiscono stimolando la sintesi di insulina (agonisti del recettore GLP-1RAs) e gli inibitori
della dipeptidil-peptidasi 4 (DDP4-I), un enzima che inattiva le incretine, ormoni intestinali che regolano l'attività
di insulina e glucagone in risposta al cibo.
Negli studi clinici controllati, sia gli agonisti GLP-1RAs (exenatide) che gli inibitori DPP4-I (sitagliptin e vildagliptin), in combinazione con metformina, non hanno mostrato differenze significative nel controllo glicemico.
Con l’approvazione nel febbraio 2008 dei registri di monitoraggio per i farmaci antidiabetici è stato possibile raccogliere dati utili per monitorare l'appropriatezza d'uso, il profilo di sicurezza e l’efficacia (in termini di effetti sul
controllo metabolico e sul peso corporeo) di questi medicinali nel periodo post autorizzazione.
Analisi statistica
L’analisi si è svolta in un intervallo temporale di 30 mesi nel corso dei quali sono state immesse in commercio
nuove specialità (Janumet®, Efficib®,Galvus® e Eucreas®).
Sono state analizzate le caratteristiche cliniche dei pazienti e le cause più frequenti di interruzione del trattamento, incluse modifiche di terapia e reazioni avverse, ma anche i dati di coloro che hanno raggiunto il successo terapeutico.
Nel sistema di monitoraggio sono stati inseriti anche i dati di follow-up (rivalutazione del paziente) a 3 mesi
(vildagliptin) o a 4 mesi (exenatide e sitagliptin) per il primo anno, e ogni 6 mesi dopo l'arruolamento dei pazienti,
dati demografici, clinici, dettagli della terapia farmacologica (associazione con altri ipoglicemizzanti ), effetti del
trattamento sulla emoglobina glicata (HbA1c) e sul peso corporeo. Sono state registrate anche le motivazioni
della fine o modifica del trattamento e le eventuali reazioni avverse da farmaci (ADR). Le ADR sono state caricate in Rete Nazionale, e per le ADR gravi è stata condotta una intervista telefonica agli specialisti.
Risultati:
L’analisi demografica ha evidenziato che la popolazione trattata presentava caratteristiche cliniche al basale molto eterogenee e solitamente scarsamente rappresentate nei trial registrativi.
Oltre il 50% dei pazienti trattati con exenatide e circa il 20% tra i DPP4-I, presentava una grave obesità (BMI 35
kg / m2). I pazienti anziani (75 anni) costituivano circa il 10% dei casi DPP4-I trattati. La metformina è stata la
principale terapia di base, con o senza sulfoniluree concomitanti. La monoterapia con sitagliptin è stata registrata
in <1% dei casi.
Durante il periodo di osservazione di 30 mesi sono state registrate 1.116 ADR che nella maggior parte dei casi
non hanno portato alla sospensione del trattamento.
I profili di sicurezza di exenatide, sitagliptin e vildagliptin emersi dai dati tracciati dai Registri sono risultati sovrapponibili a quelli provenienti dagli studi registrativi.
In 77 casi le ADR sono state classificate come gravi (6,9%) e il principio attivo sospetto più segnalato è stato
exenatide. Sono stati segnalati 6 casi di pancreatite acuta, tre in pazienti in trattamento con sitagliptin e tre con
vildagliptin.
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L’evento avverso più segnalato è stata l’ipoglicemia soprattutto nei pazienti in trattamento con exenatide.
In generale il rischio di ipoglicemia è più alto nei pazienti in trattamento con sulfaniluree da sole o in associazione a metformina.
Anche se exenatide è il farmaco che ha registrato il numero più alto di interruzioni, la percentuale scende quando viene prescritto in associazione a metformina.
Il rischio di interruzione è più basso nei pazienti di sesso maschile, è più alto nei pazienti di età avanzata se in
trattamento con exenatide. L’età avanzata invece è un fattore protettivo per l’interruzione del trattamento con
sitagliptin e vildagliptin. L’HbA1c non a target e la durata della patologia sono stati associati ad un più alto rischio
di interruzione (non statisticamente significativo per sitagliptin).
In termini di HbA1c il trattamento con questi medicinali ha portato ad una riduzione media di 0.99-1.0 % e ad
una riduzione media del peso corporeo del 1-3.5%. Inoltre la probabilità di raggiungere dopo 8 mesi valori di
HbA1c al di sotto di 7 mmol/l scende del 20% quando il paziente inizia il trattamento con valori superiori ai 9
mmo/l.
Da questi dati emerge che il counseling sulla dieta e sullo stile di vita giocano un ruolo molto importante nel raggiungimento del successo terapeutico.
Conclusione
Anche se favorito dalla registrazione on-line, il numero totale delle ADR è stato relativamente basso, ma superiore a quello solitamente osservato nella sorveglianza post-marketing. Non sono state registrate ADR non note.
La decisione di AIFA di limitare la prescrizione delle terapie agli specialisti e solo per alcune tipologie di pazienti,
potrebbe aver favorito una selezione accurata, limitando reazioni avverse gravi. Solo due ADR sono state di particolare importanza: pancreatite e ipoglicemia. L'associazione tra exenatide e sitagliptin e l’insorgenza di pancreatite è nota dal 2006 ma una relazione causale non è mai stata né dimostrata né esclusa. Alla fine del 2013 l'Agenzia Europea per i Medicinali ha completato una revisione dei dati preclinici e clinici sul rischio di pancreatite nei
pazienti in trattamento con questi medicinali e ha concluso che tale rischio non deve essere minimizzato.
Come previsto, exenatide e DPP4-I in aggiunta a metformina sono stati accompagnati da bassi tassi di ipoglicemia. Al contrario, un aumento del rischio di ipoglicemia di due o tre volte superiore è stato osservato in associazione con sulfoniluree. I registri di monitoraggio AIFA hanno incluso molti pazienti di 70 anni; in alcuni, i sintomi
gastrointestinali associati al trattamento con exenatide sono stati fattori scatenanti di insufficienza renale acuta,
un effetto collaterale che necessita di particolare attenzione nei pazienti fragili. Vildagliptin si è dimostrato il trattamento meglio tollerato, e quindi da preferire, in soggetti diabetici con più di 75 anni di età. Una meta analisi sui
pazienti di 65 anni ha dimostrato che i DPP4-I sono più sicuri. Ulteriori analisi dovranno essere effettuate sui pazienti anziani.
Un altro gruppo particolare che deve essere ulteriormente analizzato è quello dei grandi obesi dove il controllo
metabolico rimane difficile e l'uso di insulina può essere critico poiché causa di ulteriori aumenti di peso.
I Registri dei farmaci sottoposti a monitoraggio dell’AIFA rappresentano uno dei più importanti strumenti di governo dell’appropriatezza prescrittiva e il patrimonio di informazioni derivate dal loro impiego ha già consentito e ancor più consentirà con l’attivazione nel corso del tempo di nuove funzionalità, di garantire ai pazienti l’accesso a
terapie innovative e la verifica delle condizioni negoziali concordate in sede di procedure di prezzo e rimborso,
nonché la produzioni di analisi sui profili di efficacia e di sicurezza come derivabili dalla pratica clinica. Informazioni preziose raccolte con la collaborazione dei clinici e proprio n virtù di questo da condividere e rendere a tutta la
comunità scientifica.
Bibliografia:
Safety and effectiveness of exenatide, sitagliptin and vildagliptin for type 2 diabetes in the real-world: data from
the Italian AIFA “Anti-diabetics Monitoring Registry” Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases
http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/aifa-rende-disponibili-dati-dei-registri-sui-farmaci-il-diabete
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Farmacovigilanza
Rischio di sindrome serotoninergica associata all’uso di
medicinali antagonisti della serotonina
A seguito di una rivalutazione del rapporto beneficio/rischio condotta dall’agenzia regolatoria australiana sugli
antagonisti selettivi dei recettori 5-HT3 utilizzati come anti-emetici nei pazienti sottoposti a intervento chirurgico o
a chemioterapia, è emerso il rischio di insorgenza di crisi serotoninergica, soprattutto quando tali farmaci sono
associati ad altri medicinali che agiscono sulla sistema della serotonina (5-HT).
I farmaci:
La 5-HT è il principale neurotrasmettitore responsabile della nausea e del vomito post-chirurgico e secondario a
somministrazione di chemio o radioterapia. A seguito di intervento chirurgico o esposizione a radiazioni o a sostanze citotossiche, infatti, la 5-HT viene rilasciata dalle cellule enterocromaffini della mucosa dell’intestino tenue
ed, agendo sui recettori 5-HT3 presenti sui neuroni vagali afferenti, induce il riflesso del vomito.
Inoltre, l’attivazione delle afferenze vagali determina un rilascio di 5-HT a livello delle zone trigger chemorecettoriali dell’area postrema, situata sul pavimento del IV ventricolo, favorendo così l’emesi anche attraverso un meccanismo centrale.
Gli antagonisti della 5-HT, bloccando selettivamente la stimolazione dei recettori 5-HT3 pre-sinaptici dei neuroni
periferici, favoriscono il controllo della nausea e del vomito.
Le molecole autorizzate alla commercializzazione in Italia sono 4 e, nello specifico, sono indicate per la prevenzione e il trattamento della nausea e del vomito post-operatorio (PONV) e indotti da chemioterapia citotossica e
radioterapia (CINV/RINV):
• Granisetron,
• Ondansetron,
• Topisetron,
• Palonosetron.
La reazione avversa:
La sindrome serotoninergica è una sindrome iatrogena potenzialmente fatale che può verificarsi a seguito del
normale uso terapeutico di farmaci che modificano le concentrazioni della 5-HT a livello centrale, dell’aumento
del dosaggio degli stessi o della somministrazione di più farmaci che agiscono sul sistema serotoninergico.
Le classi di farmaci che generalmente sono associate a tale manifestazione clinica sono:
• inibitori selettivi della ricapatazione della 5-HT (SSRI),
• 5-HT e inibitori della ricaptazione della noradrenalina (SNRI),
• bupropione,
• antidepressivi triciclici,
• inibitori delle monoamminossidasi (MAO),
• triptani,
• antiemetici antagonisti del recettore 5-HT3.
La sindrome si manifesta quando la 5-HT raggiunge elevati livelli nell’organismo ed è caratterizzata da:
• alterazioni cognitivo/comportamentali (confusione, disorientamento, agitazione, ansia, euforia, insonnia, letargia, allucinazioni, coma);
• disfunzioni del sistema nervoso autonomo (ipertermia, sudorazione profusa, tachicardia, ipertensione,
midriasi, nausea e vomito, diarrea, crampi addominali, aritmie);
• alterazioni neuromuscolari (mioclono, iperreflessia, tremori).
La diagnosi è facilitata in presenza di sintomi e segni definiti e se è nota l’esposizione a farmaci serotoninergici.
Tuttavia frequentemente la manifestazione clinica è variabile, caratterizzata da sintomi atipici e, soprattutto quando la sindrome si presenta in forma lieve, essa può essere confusa con altri disturbi.
Nessun test di laboratorio può attualmente confermare la diagnosi.
È estremamente importante diagnosticare tale condizione clinica il più presto possibile, soprattutto nel caso di
forme moderate e gravi, in quanto può determinare anche perdita di coscienza, coma e morte.
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Cosa fare?
L'intensità della terapia dipende dalla gravità dei sintomi. La sindrome serotoninergica lieve è in genere una condizione autolimitantesi nell’arco delle 24h ed il trattamento può semplicemente consistere nella sospensione dei
farmaci che ne hanno determinato l’insorgenza.
Nel caso di sindromi serotoninergiche di gravità moderata e grave, oltre alla sospensione del farmaco, è spesso
necessaria l’ospedalizzazione del paziente e la somministrazione di una terapia di supporto comprendente sedazione, raffreddamento esterno e impiego di farmaci antiepilettici e antiipertensivi.
Anche se non esistono antidoti specifici, è raccomandata per i casi più gravi la somministrazione di farmaci antagonisti della 5-HT quali:
• Ciproeptadina (Periactin®)
Si tratta di un antistaminico di prima generazione che blocca i recettori H1 con un’azione di antagonismo non specifico per la 5-HT. Non esistono studi clinici controllati che dimostrino la sua efficacia nella sindrome serotoninergica, ciò nonostante in letteratura vi sono numerosi case report che riportano un apparente miglioramento dopo la
somministrazione di ciproeptadina a pazienti in tossicità da 5-HT.
La somministrazione in pazienti con sindrome serotoninergica sembra, infatti, in grado di antagonizzare l’eccessiva stimolazione dei recettori 5-HT1a e 5-HT2 con miglioramento del quadro clinico.
• Benzodiazepine
Nel caso di sindrome serotoninergica vengono utilizzate sia per il loro effetto antagonista non specifico della 5-HT
sia per la sedazione del paziente, quest’ultima utile per prevenire l’ansia e l’agitazione e per ridurre la rigidità muscolare.
• Propranololo
Si tratta di un β-bloccante non selettivo che possiede anche un’attività bloccante sul recettore 5-HT1a. Nonostante
alcuni case reports in cui è stato impiegato con successo, la sua efficacia nella terapia della sindrome serotoninergica è stata messa in discussione.
• Clorpromazina
È un neurolettico appartenente al gruppo delle fenotiazine impiegato nel trattamento della schizofrenia. Il suo
meccanismo d’azione principale consiste nel blocco del recettore D2 per la dopamina ma presenta degli effetti
anche a livello di altri sistemi recettoriali quali quello serotoninergico e colinergico.
• Metisergide
Si tratta di un alcaloide della segale cornuta agonista dei recettori 5-HT1d e antagonista dei recettori 5-HT2, usato
principalmente nel trattamento dell’emicrania.
Conclusioni:
L'utilizzo sempre più diffuso di farmaci che interferiscono con la 5-HT ha come probabile conseguenza un aumento dei casi di sindrome serotoninergica associata all’uso concomitante di tali farmaci.
Dal momento che si tratta di una condizione clinica con sintomatologia aspecifica è spesso difficile la diagnosi,
essa, infatti, può essere confusa con altre patologie e portare ad errori anche gravi nella condotta terapeutica.
E' importante essere a conoscenza di tale rischio e informare adeguatamente i pazienti che assumono farmaci
serotoninergici sia sui sintomi, che devono essere prontamente riferiti al medico, sia ricordando loro di evidenziare le terapie in corso in caso di ulteriori prescrizioni effettuate da altri clinici: nel caso di politerapie un’attenta verifica delle possibili interazioni consentirà infatti di evitare associazioni rischiose.
Fonte:
AIFA pillole dal mondo n. 616 “Rischio di sindrome serotoninergica associata all’uso di medicinali antagonisti
della serotonina”
http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/rischio-di-sindrome-serotoninergica-associata-alluso-di-medicinali-antagonistidella-seroton
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PAGINA 7
Farmacovigilanza
Bloccanti alfa adrenergici e ginecomastia
Uno studio ha evidenziato una possibile associazione tra gli agenti bloccanti α-adrenergici e l’insorgenza di ginecomastia basandosi sui dati della segnalazione spontanea italiana e internazionale.
Nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF) sono presenti 15 segnalazioni di ginecomastia associate a questi farmaci. In 10 casi il farmaco sospetto è stato la tamsulosina e in 8 di questi è stato l'unico farmaco segnalato
(reporting odds ratio della tamsulosina per la comparsa di ginecomastia 5,3, limiti di confidenza al 95% da 1,8 a
15,7).
Nella banca dati OMS (VigiBaseTM) sono presenti 84 segnalazioni di ginecomastia da tamsulosina, 49 da doxazosina, 46 da terazosina e 18 da alfuzosina. Anche in questo caso il paramento statistico di disproporzionalità è stato più alto (2,43) per la combinazione tamsulosina-ADR rispetto agli altri principi attivi della stessa classe.
I farmaci:
Gli α-bloccanti (detti anche agenti bloccanti α-adrenergici) sono una classe di farmaci con azione bloccante dei
recettori α-adrenergici nelle arterie e nella muscolatura liscia. Gli α-bloccanti interessati dalla nota appartengono
alla categoria G04, ovvero medicinali urologici, e G04C, medicinali impiegati nell’ipertrofia prostatica benigna:
• Doxazosina,
• Tamsulosina,
• Alfuzosina,
• Terazosina,
• Silodosina.
Ad oggi la ginecomastia è menzionata solo nella scheda tecnica di doxazosina.
La reazione avversa:
La ginecomastia è un disturbo caratterizzato dall'ampliamento della ghiandola mammaria maschile, causato dalla proliferazione ghiandolare e dalla deposizione di grasso.
La proliferazione del tessuto ghiandolare mammario
è stimolata in maniera fisiologica dagli estrogeni ed
inibita dagli androgeni, per tale motivo la ginecomastia è solitamente dovuta ad uno squilibrio del rapporto estrogeni/androgeni liberi circolanti.
La maggior parte dei casi di ginecomastia è fisiologica, comune nei neonati e negli adolescenti, a volte
può essere idiopatica o più raramente secondaria a
patologie che influiscono sui livelli degli ormoni sessuali circolanti (neoplasie testicolari o surrenali, cirrosi epatica, ipertiroidismo, ipogonadismo, obesità
etc..). Infine una parte consistente di tutti i casi di
ginecomastia, circa il 20%, viene ritenuta di natura
iatrogena.
Perché accade?
Ad oggi il meccanismo causale di tale reazione avversa
non è stato stabilito con certezza, alcuni casi supportano
la possibile associazione tra tamsulosina e ginecomastia.
Il meccanismo con cui tamsulosina potrebbe causare ginecomastia non è stato ancora chiarito. Nei bovini è stata
dimostrata la presenza dei recettori α1-adrenergici nei
muscoli dei capezzoli e della ghiandola mammaria. A livello di espressione di mRNA, solo due sottotipi dei recettori adrenergici, il tipo α1A (C) - e recettori β2-adrenergici,
sono stati rilevati nella ghiandola mammaria bovina.
Inoltre, uno studio preclinico ha dimostrato che il blocco
indotto dalla doxazosina sul recettore α1-adrenergico riduce significativamente i livelli circolanti di ormone luteinizzante e di altri androgeni.
I risultati di questo studio hanno mostrato che doxazosina
somministrata per via orale altera l’omeostasi del testosterone e modifica il meccanismo di trascrizione degli
ormoni steroidei, modificando così i livelli di cAMP/cGMP
che a loro volta sono responsabili della trasmissione del
segnale, e i recettori adrenergici nelle cellule di Leydig nei
ratti adulti.
Da ciò, si può supporre che il meccanismo con cui i bloccanti α-adrenergici potrebbe causare ginecomastia veda
coinvolti i recettori adrenergici nelle cellule di Leydig.
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Cosa fare?
• Qualora si sospetti una ginecomastia iatrogena è opportuno valutare la sospensione della terapia in corso.
• In alcuni casi sono stati segnalati miglioramenti riducendo il dosaggio o sostituendo il farmaco sospetto con
un altro appartenente alla stessa classe terapeutica.
• L’esame mammografico permette di distinguere con certezza una pseudoginecomastia da una ginecomastia
vera. In ogni caso è bene ricordare che la ginecomastia iatrogena è generalmente reversibile entro 6-12 mesi dall’insorgenza.
• Se la sospensione del farmaco durante questo periodo non risultasse sufficiente può essere intrapresa una
terapia a base di tamoxifene 20mg/die anche se non è stato registrato per questa patologia.
• Nei rari casi in cui la sospensione della terapia e il tamoxifene non dessero risultati si può ricorrere alla chirurgia o alla radioterapia.
Fonti:
Focus Farmacovigilanza luglio 2013 n.77: http://www.farmacovigilanza.eu/sites/default/files/ff_n.4_2013_def.pdf
Focus Farmacovigilanza luglio 2014 n.83: http://www.farmacovigilanza.eu/sites/default/files/ff_n.4_2014_def.pdf
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Farmacovigilanza
Vemurafenib e granuloma piogenico
Vemurafenib (Zelboraf®) è una molecola che ha modificato la prognosi dei pazienti con melanoma metastatico
con la mutazione BRAF V600. Oltre a carcinomi squamocellulari, melanomi, cheratoacantomi e rash cutanei, la
somministrazione di vemurafenib può associarsi alla comparsa di granulomi piogenici multipli.
Il farmaco:
Vemurafenib è stato approvato nel 2011 dalla FDA e nel 2012 dall’EMA per il trattamento in monoterapia del melanoma inoperabile o metastatico positivo alla mutazione del gene BRAF V600.
Si tratta di un inibitore a basso peso molecolare, disponibile per via orale, della serina-treonina chinasi BRAF. Le
mutazioni nel gene BRAF V600E che sostituiscono la valina nella posizione dell'aminoacido 600, si traducono in
proteine BRAF attivate in maniera costitutiva, ovvero in grado di determinare proliferazione e differenziazione
cellulare in assenza di fattori di crescita endogeni.
Vemurafenib è un inibitore potente e selettivo di BRAF V600E; nello specifico la molecola si lega al sito dell’ATP
prevenendone il legame e bloccando così la cascata di fosforilazioni innescata da BRAF e, conseguentemente,
la crescita tumorale.
I dati preclinici generati nei saggi biochimici hanno dimostrato che vemurafenib può inibire in modo potente le
chinasi BRAF attivate da mutazioni del codone 600.
La reazione avversa:
La segnalazione viene da una lettera pubblicata dal New England Journal of Medicine e riguarda un uomo di 69
anni affetto da melanoma metastatico trattato con vemurafenib al dosaggio standard di 960 mg due volte al giorno.
Al sesto giorno di terapia è comparso un rash cutaneo diffuso che ha richiesto la sospensione del trattamento per
una settimana dopo la quale il farmaco è stato reintrodotto a un dosaggio ridotto (75% della dose iniziale, 720 mg
due volte al giorno).
Dopo 12 settimane è comparso un cheratoacantoma in regione claveare e una lesione vascolare a rapida crescita sul naso. Entrambe le lesioni sono state asportate e per quella nasale è stato necessario procedere a un trapianto di cute: la lesione nasale era un granuloma piogenico. Nonostante queste lesioni la terapia è continuata,
ma dopo un mese sono comparsi altri 6 granulomi piogenici vicino al trapianto di cute: 4 sono stati asportati e 2
lasciati in sede.
Le tecniche di imaging indicavano una risposta completa del tumore alla terapia in atto, che è quindi stata sospesa per due settimane. Nel periodo di non terapia le due lesioni nasali sono rimaste stabili e non ne sono comparse di nuove, tanto da indurre a riprendere il trattamento anche se a un dosaggio ulteriormente ridotto (50% della
dose piena, cioè 480 mg due volte al giorno). Le due lesioni sono aumentate di dimensione ma con un incremento molto lento nel tempo.
Perché accade?
Secondo gli autori della segnalazione la responsabilità del vemurafenib è altamente probabile visto l’andamento
del quadro clinico in base alle interruzioni del trattamento e del rechallange, pur non essendo menzionato tra gli
eventi avversi nella scheda tecnica del prodotto Zelboraf®.
Il meccanismo biologico dell’effetto avverso sarebbe analogo a quello alla base degli altri disturbi dermatologici
associati a tale farmaco e collegati all’attivazione della via metabolica delle MAP-chinasi.
Questo fattore, unito alla constatazione che i granulomi piogeni overesprimono MAP-chinasi, porta a ipotizzare
che i meccanismi molecolari che determinano gli effetti tossici dermatologici associati a vemurafenib sono anche
responsabili dello sviluppo di granulomi piogeni. Se così fosse un trattamento con una doppia inibizione del BRAF
e MEK potrebbe impedire l'eruzione di queste lesioni.
Fonti:
• Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Zelboraf® (Vemurafenib);
• Focus Farmacovigilanza settembre-ottobre 2014 n.84:
http://www.farmacovigilanza.eu/sites/default/files/ff_n.5_2014_def.pdf
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Caso Clinico
Etanercept e trombosi venosa profonda
La nostra segnalazione:
Il paziente è un uomo di 58 anni affetto da psoriasi ed in terapia dal maggio 2008, presso la nostra U.O. di Dermatologia, con il medicinale Enbrel® 50mg/ml (Etanercept).
Il 20 febbraio del 2014 al paziente, a seguito di un ecoddoppler venoso, è stata riscontrata una trombosi venosa
profonda (TVP) femoro-poplitea tibiale all’arto sinistro. Il paziente non presentava patologie concomitanti o fattori
di rischio che potevano essere correlati all’insorgenza della TVP.
Viene impostata una terapia anticoagulante con parnaparina sodica 7.600UI/0,8ml 2 volte al giorno e antibiotica
con claritromicina 500mg due volte al dì. Al controllo successivo, avvenuto il 23 marzo, si consiglia al paziente di
proseguire la terapia anticoagulante per altre 3 settimane (fino a maggio) e successivamente di assumere mesoglicano sodico 50mg/die per un mese e poi cardioaspirina 100mg/die; la terapia con Enbrel® non è stata sospesa.
La reazione avversa è stata segnalata come non grave e si è osservata la risoluzione del quadro clinico a seguito
della terapia anticoagulante e antiaggregante intraprese.
Il farmaco:
Etanercept è un farmaco autorizzato per il trattamento di diverse patologie di carattere autoimmune quali artrite
reumatoide, artrite idiopatica giovanile, artrite psoriasica, spondilite anchilosante e psoriasi.
Etanercept è una proteina di fusione ottenuta dall’unione del recettore umano p75 per il fattore di necrosi tumorale (TNF-α) con la frazione Fc dell’immunoglobulina umana IgG1.
Il TNF-α è una citochina predominante nel processo infiammatorio di molte malattie autoimmuni, elevati livelli di
TNF-α, infatti, sono stati trovati nella sinovia dei pazienti affetti da artrite reumatoide e nelle placche psoriasiche
di pazienti con artrite psoriasica e nel siero e nel tessuto sinoviale di pazienti con spondilite anchilosante.
Etanercept funziona da recettore solubile per il TNF-α possedendo un’affinità di legame più alta rispetto a quella
dei recettori solubili endogeni del TNF-α; il farmaco quindi inibisce competitivamente il legame del TNF-α con i
suoi recettori prevenendo le risposte cellulari mediate da quest’ultimo.
Il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) di Enbrel® non riporta tra gli effetti collaterali la trombosi venosa profonda (TVP).
La Rete Nazionale di Farmacovigilanza:
Analizzando le reazioni avverse riportate nella Rete
Nazionale di Farmacovigilanza (RNF), oltre alla nostra segnalazione, risultano presenti altri 5 casi di
trombosi venosa profonda associata alla somministrazione di Enbrel® in pazienti affetti da diverse patologie di carattere autoimmune, nello specifico, in 3
casi l’indicazione terapeutica è stata artrite reumatoide e in 2 casi artrite psoriasica.
L’età media dei pazienti è 56 anni e la durata minima
della terapia con il farmaco è di 1 mese mentre la
durata massima è di 6 anni.
I pazienti assumevano il farmaco al dosaggio di 50mg/settimana.
Inoltre, nella RNF sono presenti 7 casi di TVP associati alla somministrazione di altri farmaci anti-TNF.
Farmaci
Casi di TVP
in RNF
Indicazioni
terapeutiche
Enbrel®
(Etanercept)
6
3 artrite reumatoide
2 artrite psoriasica
1 psoriasi
Humira®
(Adalimumab)
4
1 morbo di Crohn
3 artrite psoriasica
Remicade®
(Infliximab)
1
Colite ulcerosa
Simponi®
(Golimumab)
1
Artrite reumatoide
Tab.1: Elenco casi di TVP associati alla somministrazione di anti-TNF
inseriti nella RNF
Segue
PAGINA 11
Anno
2002
Sesso
F
IN VIGILO...
Età
67 anni
Indicazione terapeutica
Artrite Reumatoide
Durata terapia
Farmaci concomitanti
01/2002 - 02/2002
Metotrexato,
Metilprednisolone,
Glibenclamide/metformina
Levotiroxina
2006
M
45 anni
Artrite Psoriasica
06/2006 - 08/2006
Etoricoxib
Ramipril/idroclortiazide
Metotrexato
metilprednisolone
2008
M
45 anni
Artrite Psoriasica
10/2007 - 09/2008
Ramipril
Atenololo
2011
F
54 anni
Artrite Reumatoide
01/2008 - 03/2011
Metotrexato
Idrossiclorochina
Deltacortene
Lansoprazolo
2013
F
70 anni
Artrite Reumatoide
07/2009 - 02/2014
Pantoprazolo
Trazodone
2014
M
58 anni
Psoriasi
05/2008 – ancora in
trattamento
nessuno
Tab.2: Elenco casi di TVP associati alla somministrazione di Enbrel® inseriti nella RNF
Conclusioni:
La TVP non appare nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) del medicinale Enbrel® e, da una analisi della letteratura, non sono descritti casi associati alla somministrazione del farmaco.
Eseguendo una valutazione delle reazioni avverse inserite nella RNF a partire dalla data dell’immissione in commercio del medicinale stesso, sono state registrati a livello nazionale 6 casi di TVP associati ad Enbrel® in pazienti che assumevano il farmaco per patologie autoimmuni differenti. Di tali casi però, sulla base delle informazioni fornite dalla RNF, non è possibile valutare se fossero presenti dei fattori, quale per esempio patologie concomitanti, che possono aver influito sull’evento segnalato.
Nella RNF sono state inoltre inseriti altri 6 casi di TVP associati alla somministrazione di altri farmaci che inibiscono il TNF-α (4 per Humira®, 1 per Remicade® e 1 per Simponi®): solo nel caso del medicinale Simponi® è riportato in RCP la TVP come effetto collaterale non comune (frequenza da ≥ 1/1.000 a < 1/100).
La TVP non è riportata nella scheda tecnica della maggior parte dei farmaci anti-TNF, ad eccezione di Simponi®,
e non sono presenti in letteratura casi descritti, inoltre, sulla base dei dati consultabili dalla RNF, non è possibile
fare una valutazione precisa del nesso di causalità tra l’assunzione del farmaco e la ADR.
È probabile che la frequenza di tale evento sia bassissima e la stessa potrebbe essere comunque influenzata da
altri fattori concomitanti e/o predisponenti.
Tuttavia, la raccolta di nuovi dati attraverso l’attività di segnalazione può rappresentare una fonte importante di
informazioni per quegli eventi che, per la loro rarità, sono difficilmente individuabili nel corso dei trials clinici e
osservabili solo quando il farmaco viene utilizzato in condizioni più estese e su una popolazione più eterogenea.
Risulta quindi evidente che la segnalazione spontanea delle sospette ADR risulta fondamentale per individuare
precocemente possibili segnali di allarme correlati all’utilizzo del farmaco. Il segnale di allarme, nello specifico, si
genera quando viene evidenziato un rischio non noto in precedenza, oppure aumenta la frequenza o la gravità di
un rischio noto, oppure si identifica un nuovo gruppo di soggetti a rischio.
Si ricorda quindi l’importanza di segnalare ogni volta si sospetti che il farmaco usato possa aver causato un effetto non voluto, tenendo presente che non è richiesta la completa certezza.
Fonti:
• Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Enbrel® (Etanercept)
• Banca dati Micromedex
• Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF)
PAGINA 12
IN VIGILO...
COME SEGNALARE UNA ADR?
Reazione Avversa
Download della scheda dall’area farmacia
della rete aziendale
Segnalatore
Scheda di segnalazione
Invio della scheda compilata in Farmacia tramite FAX (0332-393631) o mail
([email protected])
Il farmacista contatta il segnalatore telefonicamente o attraverso mail aziendale per le informazioni mancanti.
Farmacia
Valutazione della corretta compilazione
NO
SI
Dopo l’inserimento in RNF, si invierà una notifica
al segnalatore attraverso posta elettronica
(all’indirizzo e-mail aziendale o altro se specificatamente richiesto).
NB: La segnalazione di sospetta reazione avversa a farmaco non va inserita all’interno della cartella clinica, ma in essa vanno registrate le reazioni rilevate e i provvedimenti adottati.
Inserimento in RNF
PAGINA 13
IN VIGILO...
S.C. Farmacia:
Dr.ssa Anna Malesci
Dr.ssa Raffaella Cavi
Dr.ssa Liliana Ciannarella
Dr Dario Galli
Dr Giorgio Perriccioli
Dr.ssa Laura Sereni
Dr.ssa Valeria Valentini
Dr.ssa Paola Polesel
Dr.ssa Laura Potenza
Dr.ssa Maria Scattareggia
Hanno collaborato:
Servizio Risk Managment :
Dr Enrico Malinverno
Servizio Trasfusionale:
Dr Davide Rossi
Dr.ssa Claudia Rinaldini
Contatti:
Referenti Farmacovigilanza:
Dr.ssa Anna Malesci
Dr.ssa Liliana Ciannarella
Dr.ssa Laura Potenza
Dr.ssa Maria Scattareggia
E-mail:
[email protected]
Telefono:
3566, 3055, 2521