9 771660 968900 GAA 6600 LOCARNO –– N. 43 43 Copia in omaggio (in edicola Fr. 2.– / € 1,35) In edicola Fr. 2.– / € 1,35 Anno XVI • Numero 43 La partita La gara Il torneo La Svizzera prima fatica poi strapazza la Lituania Tina Maze torna regina nello slalom di Levi C’è da battere Nole Djokovic per il titolo del Masters A PAGINA 14 A PAGINA 15 A PAGINA 15 Reuters Reuters Domenica 16 novembre 2014 L’allarme Dai laghi ticinesi al Po mezzo secolo di paura Settimanale di attualità, politica, sport e cultura www.caffe.ch [email protected] TORREFAZIONE DI CAFFÈ MAZZETTA, RAVANI, ROCCHI e PARIANI ALLE PAGINE 34 e 35 TEL 091 791 22 26 FAX 091 791 01 90 www.caffe-carlito.com [email protected] L’EDITORIALE CONDANNATI AD UN ETERNO PRESENTE Meteo di Binaghi: “La prossima traversata del lago sarà da Lugano a Locarno”. Dall’edilizia alla logistica, la lessibilità sta rendendo il lavoro più precario Operai in bilico CARRION, PIANCA e SPIGNESI ALLE PAGINE 2 e 3 La salute Berna interessata a una sanità sempre più low cost Lo scandalo Quell’incredibile rete societaria che ha inguaiato Enderlin e Ginta Per curarci andremo all’estero, si spende meno e ci si diverte GUENZI, MORO e ZANTONELLI ALLE PAGINE 18 e 19 www.bricofaidate.ch Ti-Press Il pizzino C ome costretti a vivere un eterno presente. Con un passato lontano e scolorito e un futuro così incerto da farci temere ogni sguardo in avanti. Ci si sente così. Il dibattito politico in Ticino, se tale può dirsi, è fatto di scaramucce, sgambetti, sterili confronti... Denominatore comune - ma meglio sarebbe dire ciò che più balza alle orecchie - altro non è da qualche anno che una nenia su quanto “chiudersi” a ciò che ci sta intorno e quanto poco “dischiudersi” a una società sempre più interconnessa. Tutto, ma proprio tutto sembra essere impregnato di “protezionismo” nella difesa di un passato le cui ricchezze - che siano di questo cantone o comuni all’intero Paese - non potranno riproporsi né ora né mai così come le ha conosciute e vissute l’intera nazione. Il mondo cambia. Fermarlo per scendere non è possibile. E tutto, ma proprio tutto sembra essere attraversato da un insano quanto irrealistico desiderio di isolamento, che proprio per questo rende incerto il futuro costringendoci in una sorta di eterno presente. Qui è oggi. Un presente fatto di un populismo che cavalca le ansie e le paure di ognuno, spingendo a riversare sugli stranieri, l’Europa, l’Italia, i frontalieri, i profughi, persino i bimbi ecuadoriani... frustrazioni e rancori, fallimenti personali e sconfitte collettive. Ma ne siamo certi - sarà perché la speranza talvolta si traveste da persuasione - c’è una fetta consistente di cittadini silenziosa e profonda che alla condanna di “questo” presente non si rassegna. All’idea di un Ticino, di una Svizzera isolata da tutto e da tutti - anelata da una politica fanatica e gretta ideologicamente - non si vuole arrendere. Fra questi, quelle centinaia, ormai poco meno di duemila in poche settimane, che hanno firmato un manifesto, un appello per una Svizzera capace di difendere la propria identità mettendosi alla pari di quel mondo - politico, economico, culturale - che gli ruota attorno. E con il quale deve interagire. Parla proprio di questo il manifesto che un gruppo eterogeneo di personalità svizzere va pubblicando sui media (oggi sul Caffè). Un appello per un dibattito nuovo sui tratti salienti di questa nazione e sulla conseguente necessità di confrontarsi con l’Europa. Un appello perché la politica, alla domanda di cambiamento che la realtà impone, non risponda con ignavia e ottusità. Non si può più sottrarsi al dovere della progettualità, delle soluzioni realmente praticabili (che non sono frutto di quel miope populismo a cui questi tempi ci hanno abituati) per uscire da un presente che lascia ormai poco spazio alla speranza. SPIGNESI A PAGINA 4 MANNO BARBENGO BARBENGO BIASCA CADENAZZO LUGANO-PREGASSONA LOSONE MENDRISIO MENDRISIO-EX FERRAZZINI IL CAFFÈ 16 novembre 2014 2 PRIMO PIANO 3 Il degrado del lavoro La “febbre gialla” ora contagia le aziende del cantone L’economista L’opinione di Christian Marazzi “È la caricatura del modello tipico cinese” Dai cantieri edili al commercio alla logistica, il vento della nuova precarietà investe il mondo del lavoro “Salari da fame e ultra flessibilità alla Luxury di Sant’Antonino.” Dopo l’ultima clamorosa denuncia,si riapre il dibattito su condizioni di lavoro capestro STEFANO PIANCA I n Ticino stanno attecchendo modalità di lavoro, o meglio di sfruttamento, alla cinese? Dopo i casi nell’edilizia segnalati dal sindacato Ocst, sicuramente sì, per Unia, che ha denunciato una situazione da “moderno campo di lavoro” nei tre centri logistici di Luxury a Stabio, Bioggio e Sant’Antonino, per i quali si parla di “precariato, ultra flessibilità e massima produttività”. Che tra gli operai della Luxury si respiri un certo malessere, lo conferma al Caffè Stefano Rizzi, direttore della Divisione dell’economia del Dipartimento delle finanze e dell’economia (Dfe): “Prima di queste denunce pubbliche abbiamo avuto delle segnalazioni cui abbiamo dato seguito con le verifiche del caso. Luxory è evidentemente un’azienda interessante, ma ciò non significa che possa muoversi al di fuori delle regolamentazioni”. Secondo Unia ai 300 magazzinieri (per lo più frontalieri, compresi molti interinali, dipendenti in affitto) l’azienda - appartenente alla multinazionale francese del lusso Kering - richiederebbe prestazioni in aperta violazione della Legge federale sul lavoro, nonché dello stesso contratto collettivo di lavoro (Ccl) in vigore da inizio anno. Le ac- L’azienda ribatte: “Operiamo nel pieno rispetto delle leggi e pure del contratto collettivo” cuse alla Gucci (come ancora viene chiamata la società) non si limitano solo ai salari da fame (che Unia calcola tra i 2’300 e i 2’700 franchi, ma per l’Ocst sarebbero in media di 3’700), ma riguardano anche la gestione dei dipendenti: operai tenuti sulla corda e informati tramite sms serali se, dove e quanto lavoreranno l’indomani; nonché un’inquietante selezione degli interina- li: inizierebbero, magari in 50, a confezionare pacchi, ma solo i 30 più performanti fanno giornata piena. E il nome dei più produttivi appaiono su un tabellone gigante. L’azienda, tuttavia, respinge ogni addebito: “Le società ticinesi Lgi (Luxury Goods International) e Lgl (Luxury Goods Logistics) non solo operano nel pieno rispetto delle leggi svizzere applicabili, ma hanno aderito al Ccl TicinoModa”. “Azienda interessante”, secondo la definizione di Rizzi può anche voler dire che Luxury Goods International figurerebbe tra i primi contribuenti del cantone, con grandi benefici per i comuni che la ospitano: non è un caso che Cadempino (dove Lgi Sa ha i suoi nuovi uffici), nonché Bioggio e Sant’Antonino, dove ci sono i centri logistici, siano accumunati da moltiplicatori dal 53 al 65 per cento. Basta per turarsi il naso? Certo questa, presunta, avvisaglia di estrema flessibilizzazione, sul modello asiatico, spaventa perché non si vuole che che contagi altre imprese. Ed è una giusta attenzione, osserva Rizzi: “Perché da noi esiste già un mercato del lavoro molto flessibile, che è un atout della piazza economica svizzera. Ma questo sistema molto liberale - che permette e prevede anche la flessibilità, essendoci delle reti sociali che funzionano, - si deve muovere all’interno della legislazione in vigore”. Il Ticino, insomma, non deve diventare una giungla per i diritti dei lavoratori: “Nel caso di Luxury - sottolinea il direttore della Divisione dell’economia - si tratta di capire se ci si sta muovendo ancora nell’ambito di pratiche sostenibili ai sensi della legge. Ma anche se viene rispettato quanto previsto per la pianificazione del lavoro”. Resta il dubbio che la chiamata al lavoro con un sms alle 21 rientri nella legge. “A prima vista non sembra molto aderente” osserva Rizzi che sulla selezione degli interinali alza le mani: “Se questo aspetto rientra nei contratti collettivi stipulati andrebbe chie- sto alla commissione paritetica”. Di sicuro sulla vicenda sono entrati in conflitto anche i sindacati, da un lato Ocst (che, assieme a Sic, ha sottoscritto il Ccl con TicinoModa), dall’altro Unia che usa l’artiglieria pesante. In mezzo Luxury, che come sottolinea Christian Vitta, sindaco di Sant’Anto- Bellinzona: “Le condizioni di impiego devono restare dentro la legislazione prevista” nino e candidato plr al Governo, non è arrivata da un latro pianeta: “L’azienda è presente in Ticino dal 1996 ed è una realtà importante dal profilo fiscale, per il Cantone ma anche per i Comuni dove opera. Si è sviluppata negli anni ed è conosciuta da tutti, dallo Stato ai sindacati, al mondo economico”. Alle denunce Vitta preferisce il dialogo, perché “si tratta di intavolare di- scussioni nell’ambito del partenariato sociale, che è qualcosa che ha fatto la fortuna del nostro Paese. Se ci sono aspetti del mercato del lavoro che possono essere migliorati nell’interesse del dipendente è giusto che lo si faccia. Ma è importante che sindacati e datori di lavoro discutano”. Quanto alla tendenza, più in generale, delle aziende a flessibilizzare, Vitta non nasconde che vi siano dei pericoli: “In un periodo di difficoltà economica, come l’attuale, bisogna fare attenzione affinché non ci sia eccessiva pressione e che questa spinta a pretendere di più non porti a un deterioramento del mercato del lavoro. Se riusciamo a creare delle condizioni di lavoro favorevoli, che dovrebbero esserci tenuto conto del Ccl, esistono percorsi formativi con un attestato federale di addetto o impiegato di logistica che possono rappresentare degli sbocchi professionali interessanti”. [email protected] Q@StefanoPianca GIORGIO CARRION C IL SINDACO E IL DIRETTORE Sopra, il sindaco Christian Vitta, 41 anni; Stefano Rizzi, 38 anni, capo della Divisione economia I fatti I CONTRATTI A inizio settimana l’Ocst denuncia irregolarità nell’edilizia, con operai assunti a metà tempo, ma lavorando regolarmente da mesi al 100% e con un salario di 2’000 franchi al mese. 1 I PRECARI Una ditta edile italiana portava in Ticino operai ospitati in un capannone industriale in condizioni precarie. I lavoratori operavano in due cantieri uno a Cadenazzo e l’altro a Cadempino. 2 IN REPARTO Il settore logistica della Luxury di Sant’Antonino; sopra nella colonna a destra, l’economista Christian Marazzi, 63 anni LA LOGISTICA Unia denuncia la situazione alla Luxury Good, con una organizzazione del lavoro “ultra flessibile” e turni comunicati via sms. L’azienda replica: “È tutto in regola”. 3 I sindacati I SEGRETARI Enrico Borelli, 45 anni, segretario di Unia e Meinrado Robbiano, 63 anni, segretario dell’Ocst L’analisi di Enrico Borelli, segretario di Unia, e di Meinrado Robbiani, responsabile dell’Ocst “Dobbiamo battere l’‘asiatizzazione’, oggi è una priorità” C olpo su colpo. L’Unia ha sollevato il caso della Luxury Good, ha risposto alle critiche, e ha rilanciato le sue accuse. Ora Enrico Borelli, segretario del sindacato, va oltre: “Quella delle nuove forme di lavoro, dei nuovi contratti, della deregolamentazione è la vera sfida davanti alla quale si trova oggi il sindacato. E non solo in Ticino, ma ovunque. Perché non possiamo essere condannati a questa forma di ‘asiatizzazione’, dove i diritti sono sempre più labili e il lavoro e il profitto vengono prima della persona. Bisogna porre dei paletti, regole, norme”. Per Borelli quanto sta accadendo non è tuttavia un caso, “oggi stiamo scontando gli effetti negativi di trent’anni di politiche liberiste in cui si è cercato il profitto sempre e comunque, a tutti costi, annullando tutte le conquiste fatte con fatica dai lavoratori”. Un concetto sul quale si trova d’accordo Meinrado Robbiani, segretario dell’Ocst: “La tendenza va in questa direzione. Da un paio di decenni la crescita della competizione e della concorrenza sempre più spinta, portata all’estremo, hanno generato questi modelli di produzione che prevedono una flessibilità che si traduce in molti casi in precarierà. Una precarietà che a sua volta genera controindicazioni sul sociale, nell’annullamento del confine tra vita privata e lavoro. Uno stress continuo, ripetuto, che alla fine è infruttuoso perché porta anche a cali di produttività”. Le nuove figure sono quelle di lavoratori infelici, con una qualità della vita in calo, con salari sempre meno attrattivi, con un sistematico demansionamento. “Sono effetti - dice ancora Borelli - che non si riscontrano soltanto in Ticino, ma che sono globali e che attraversano in profondità tutti i settori dell’economia. Questa politica ha innanzitutto abolito un valore centrale, che stava alla base dei rapporti tra lavoratore e impresa: la certezza”. Certezza di stipendi, di una pensione, di orari, di mansioni, di contratti, di adeguamenti salariali. Insieme a questo, per i sindacati, si è davanti a una lenta ma progressiva erosione dei diritti. “Uno sfilacciamento - nota il segretario di Unia che ha avuto ripercussioni sociali, perché è saltato un altro valore, quello della solidarietà tra lavoratori, che invece sono stati messi uno contro l’altro, continuamente sotto pressione, con crisi personali, ricorsi a cure, stati d’ansia e altre malattie. Il lavoro non ha più il volto umano”. E con questi scenari bisognerà fare i conti. “Perché - avverte Robbiani - io credo che non vi sarà, che non vi può essere un ritorno al passato. E in questo senso spetta al sindacato cogliere la sfida e individuare regole condivise che riescano in qualche modo a immunizzare il lavoratore dalle scorie negative di questi processi”. D’altronde le aziende per reggere la spinta di un mercato sempre più imprevedibile, per non perdere commesse importanti che vanno a cercare spingendosi sempre più lontano, devono essere pronte in qualsiasi momento a incentivare la produzione e a dare risposte in termini di ordinativi. “Questo è vero, ed è aggiunge Meinrado Robbiani - quello che sta accadendo. E sino ad un certo punto si può anche capire. Quello che non si capisce è invece il richiamo generalizzato, subdolo perché spesso non è affatto necessario ma diventa uno strumento per risparmiare sui costi di lavoro e ottenere profitti più alti, a strumenti come il lavoro suchiamata, interinale, o a forme contrattuali che alla lunga generano precariato, come sta avvenendo nel commercio”. Nuove forme, nuovi strumenti di lavoro che come dice Borelli, hanno creato “un ordine disordinato”. m.sp. Le imprese Il futuro visto da Franco Ambrosetti della Camera di commercio e Stefano Modenini dell’Aiti “L’elasticità nelle mansioni è un’esigenza produttiva, non se ne può fare a meno” D IL COMMERCIO Secondo l’Ocst nel commercio il precariato sta aumentanto all’altra parte della barricata, dove vengono prese le decisioni, dove si detta la produzione, dove a fine anno si devono fare i conti con entrate e uscite, le nuove forme di lavoro, l’eccesso di flessibilità, emersi anche recentemente in Ticino, come alla Luxury Good, vengono ancora osservate con un certo sospetto. “È vero che la flessibilità è già una realtà in molti settori. Ma questo - spiega Stefano Modenini, direttore Aiti, l’associazione delle industrie ticinesi - non vuol dire ci si trovi sempre davanti a distorsioni o irregolarità. Spesso la flessibilità è una esigenza precisa. Perché ci sono aziende, come quelle della moda e della logistica, che hanno necessità di rispondere rapidamente agli ordini che arrivano da tutto il mondo 24 ore su 24, e dunque devono distribuire i tempi di produzione anche all’ultimo minuto”. Fusi orari, la caduta delle barriere, la concorrenza sempre più spinta, hanno creato una economia “interattiva” un po’ sul modello Amazon, di cui si è molto parlato negli ultimi tempi. Per Franco Ambrosetti, presidente della Camera di commercio, “la flessibilità è diventata la parola d’ordine di questo nuovo secolo, dove l’organizzazione del lavoro si allinea sempre più velocemente alle esi- genze di un mercato globalizzato. E questo porta chiaramente a una estensione dei turni di lavoro, a un modo meno rigido di produrre. All’interno di questo processo, tuttavia, secondo me debbono essere fatti salvi i diritti dei lavoratori, che vanno garantiti sempre e ovunque”. Diritti sui quali batte anche Modenini, che tuttavia non si sente di “trarre conclusioni, sul caso specifico della Luxury. Detto questo per principio io credo che serva equilibrio, perché da una parte è vero che ci sono necessità di mercato alle quali le aziende devono adattarsi, ma dall’altra ci sono norme precise che dicono dove si può arrivare, che tracciano confini definiti. E ci sono legittime esigenze del lavoratore che ha anche una sua vita privata”. Queste forme di lavoro, tuttavia, per il direttore di Aiti,in Ticino non sono ancora molto diffuse: “Nell’industria resistono modelli ormai collaudati con due, tre turni di lavoro regolati dai contratti sottoscritti fra le parti”. Franco Ambrosetti che ha visto crescere il tessuto industriale ticinese negli ultimi decenni, non si scandalizza “se un lavoratore e il datore di lavoro si mettono insieme per concordare turni, orari, mansioni e salario. È un fatto normale che crea una certa dinamicità. Ma in questo processo è importante il ruolo dello Stato. Perché deve assistere con precise norme il cambiamento. Se è vero che non esiste più il posto di lavoro fisso, a vita, si deve però tutelare la persona, l’individuo. Mi spiego. Se un lavoratore perde l’impiego lo Stato deve riuscire a creare le condizioni, con una riqualificazione, con corsi di aggiornamento, per una sua ricollocazione. Questo è il valore che tutti dobbiamo rispettare”. m.sp. I MANAGER Franco Ambrosetti, 73 anni, presidente della Camera di commercio e Stefano Modenini, 50 anni, direttore di Aiti asi come Gucci devono essere affrontati politicamente, non solo sindacalmente”. L’economista Christian Marazzi di scenari del mondo del lavoro scrive da tempo e al Caffè denuncia il disegno ‘scellerato’, come lo definisce, della precarizzazione. Come giudica i fatti denunciati da Unia? “Sono relazioni industriali che minano la coesione sociale, creano divisioni tra i lavoratori e la popolazione, generano xenofobia e rischiano di aumentare la conflittualità. Un errore grave da parte di chi crede di conquistare così più competitività. Alla lunga non paga”. Siamo di fronte all’affermazione del ‘modello produttivo cinese’: flessibilità estrema, alta produttività? “Quello a cui stiamo assistendo è solo una caricatura di quel modello. Certamente ci sono aree dell’imprenditoria europea e svizzera che guardano più ad Oriente che ad Occidente, praticando l’abuso e la precarizzazione esasperata dei rapporti di produzione. Una visione miope”. Un modello che rischia di affermarsi. Le conseguenze? “Ci sono le condizioni per opporsi a pratiche come quelle applicate in Gucci, perché nel nostro Paese e in Europa c’è ancora vivo il senso dell’ingiustizia subìta. Il problema è che una parte dell’economia sta applicando il metodo scientifico della divisione e individualizzazione, che rende difficile la negoziazione tra le parti. Vedo, però, prevalere un sindacalismo sociale di tipo nuovo che coalizza soggetti separati e lontani tra loro. Le manifestazioni dei giorni scorsi in Italia sono una novità da studiare e verificare in futuro”. Il sindacato storico sembra non riuscire più a rappresentare l’atomismo sociale: soprattutto le giovani generazioni e certe forme di precariato nel terziario, che non riesce ad intercettare… “Vero, ma siamo anche di fronte ad un salto del concetto stesso di rappresentanza sindacale. Nel prossimo futuro vedremo affermarsi coalizioni di tipo nuovo, un sindacalismo sociale, appunto che cementa spinte diverse, provenienti da lotte e bisogni apparentemente distanti: lotte per la casa, diritti degli immigrati (e dei frontalieri), disoccupazione, diritti delle donne.” Torniamo al caso Gucci e ai frontalieri. Cosa dovrebbe fare la sinistra ticinese? “Il caso Gucci ci ricorda ancora una volta come la questione dei frontalieri sia mal posta. Come il caso dimostra, il problema è delle imprese che assumono frontalieri sottopagati, generando squilibri sociali e danneggiando i lavoratori svizzeri. La sinistra dovrebbe fare di più su questo: rilanciando in forme più convincenti e complessive la battaglia per il salario minimo, che è stato percepito come un ‘favore’ ai frontalieri. I fatti dimostrano che scatenare una guerra fra poveri non giova a nessuno, prima di tutto agli svizzeri”. [email protected] Il suo Football Club Lugano va a gonfie vele sul campo e anche da dietro la scrivania arrivano notizie positive: l’ok all’uso dello stadio di Cornaredo in caso di promozione e l’impegno del municipio per il nuovo stadio Zanini chi? Da incaricato di rifare il programma dei Verdi a “semplice militante”. Il coordinatore del movimento Sergio Savoia non riconosce più Claudio Zanini, il suo “Casaleggio”, nella bufera per un caso di corruzione. OFFERTI DA Piazza Muraccio, Locarno Tel. 091 751 72 31 Fax 091 751 15 73 Sergio Savoia 5 Il caso. L’inchiesta italiana sul legale ticinese arrestato mesi fa in Italia si allarga alla Svizzera.E dopo le perquisizioni a Lugano emergono nuovi sospetti su una ragnatela di società.Mentre si cerca un milione Il caso. Mentre il prete indiano rimandato nella propria diocesi, si confida con il Caffè e dice: “La fede è stata scossa ferocemente”... “Mancano sacerdoti e oggi le comunità devono raggrupparsi” Quell’incredibile rete societaria che ha inguaiato Enderlin e Ginta Chi sono MAURO SPIGNESI di Enderlin. All’appello manNonostante l’avvocato ita- per quell’episodio, fra Enderlin Fermata e interrogata nei cherebbe un milione di franchi. liano di Enderlin abbia smenti- e la cantante. Dalla notizie fil- giorni scorsi, Ginta Biku, non Soldi che sarebbero stati affi- to la notizia, fonti d’inchiesta trate, alcune telefonate ed sms ha evidentemente convinto gli dati, stando a quanto riportato riferite dalla stampa italiana, proverebbero gli stretti contat- inquirenti della propria estredal Corriere del Ticino di ieri, nei mesi scorsi hanno raccon- ti fra i due in relazione a quel neita agli affari di Enderlin. A sabato, al professionista. tato di un fermo in dogana, a sequestro in dogana. Un seque- insospettire gli investigatori Indagare tra l’intreccio so- Chiasso, di Ginta Biku. Con sé stro che Ginta Biku evidente- sarebbe stato soprattutto il suo cietario di Enderlin non è certo avrebbe avuto diamanti e gio- mente non s’aspettava, dato tenore di vita. Lusso e frequensemplice per gli inquirenti. ielli per un valore di seicento- che aveva nascosto quei gioielli ti soggiorni all’estero. Con quaQuasi centocinquanta società. mila euro. Stando alla Guardia e quei diamanti, sempre stando li soldi? Evidentemente i soMolte di queste lasciate dopo di finanza, citata sempre dai alle notizie di stampa riportate, spetti sono stati ritenuti fondal’arresto lo scorso 22 maggio giornali italiani, sarebbero in una borsa che teneva in vista ti, dato che il giudice dei provin Liguria. Quali fossero i rap- emersi stretti collegamenti, automobile. vedimenti coercitivi Edy Meli, porti d’affari tra Enderlin e le due persone arrestate in Ticino LE SOCIETÀ Alcune società dove il nome di Enderlin compare, o è comparso come membro, amministratore o liquidatore nei giorni scorsi, l’ex socio e la bella Ginta, non è ancora dato sapere. È proprio su questi legami che gli inqurenti stanno Agidi Sa Tukutela Sa lavorando coordinati dal procuratore pubblico Andrea Minesso che ha ereditato il dossier dalla dimissionaria Natalia Ferrara MiTimeservices Sa Res. Belmonte Sa cocci. Ginta Biku in passato è stata più volte accostata alla figura di Enderlin. Gioielli d’Italia Sa Berinal Sa In alcuni ambienti luganesi da tempo non è un segreto. D’altra parte la cantante lituana è per esempio subentrata, stando al Registro di commerAil Servizi Sa Green Mountains Sa cio, a Davide Enderlin nel ruolo di amministratrice di una società che si occupa del commercio di abbigliamento. Ed anche in Italia, la biondissima Biku sembra abbia affiancato il legale luganese in alcune affaDavide Enderlin Ti Transport Gsi Banqueting & Davide Enderlin ri. Quelli della “Scree, Services Consulenze SA & Taxi Sa Restaurant Sa Holding SA Brodcasting Tecnologies”, una ditta che si occupava di segnali Fonte: Moneyhouse.ch, Zefix tv. La polemica Medodi didattici poco ortodossi riaprono la discussione sull’impegno degli insegnanti confrontati con una società profondamente cambiata Ti-Press DAVIDE ENDERLIN Davide Enderlin, 42 anni, consulente finanziario e legale ed ex consigliere comunale plrt a Lugano. Era stato arrestato lo scorso 22 maggio dalla Guardia di finanza di Genova con l'accusa di riciclaggio. Alle ultime elezioni comunali a Lugano, nelle liste del Plrt, si era presentato così: “Mi chiamo Davide Enderlin e sono attivo nel settore della consulenza alle aziende come imprenditore. Di alcune di queste sono attivo proprio come azionista”. E poi, quando erano cominciati i suoi guai con la giustizia, per il fallimento della Ed. Im Suisse, di cui era presidente, si era difeso: “Io sono in 142 società, ne sono fallite due...”. Ed è proprio attorno a queste società che ruota il filone ticinese dell’inchiesta che ha portato nei giorni scorsi ad una perquisizione negli uffici luganesi di Enderlin (da mesi a Como dopo il carcere in Liguria con l’accusa di riciclaggio) e all’arresto di un suo ex socio e di Gintare Kubiliute. Un’affascinante ragazza lituana, più conosciuta in Ticino (dove risiede da anni) come Ginta Biku. Un nome d’arte. Una cantante che si definisce “elektropop” e che lo scorso anno è pure stata testimonial di Estival Jazz a Lugano. Indagando sul fallimento della Pramac Suisse di Riazzino, di cui Enderlin era presidente, gli inquirenti hanno evidentemente “intercettato” un nuovo filone di indagine. Un’inchiesta scaturita - così parrebbe stando ad alcune indiscrezioni per ora non confermate ufficialmente - dalle denunce di due clienti dello studio di consulenza finanziaria e legale Ti-Press GINTA BIKU Ginta Biku, 27 anni, è una giovane cantautrice di origine lituana. Ex Miss Muretto, nel 2002, è stata anche l'immagine di questa edizione di Estival Jazz. Considerata da alcuni un astro nascente nel panorama musicale, vive da molti anni a Lugano. questa settimana ha confermato l’arresto della cantante lituana. Il pericolo, come sempre accade in questi casi, è quello di evitare un inquinamento delle prove e, forse soprattutto, il pericolo di fuga all’estero. Ginta Biku ha, per la sua attività artistica, diversi contatti fuori dalla Svizzera. Ha iniziato la carriera artistica giovanissima nei concorsi per miss. Sulla sua pagina Facebook l’ultimo post risale allo scorso 27 agosto. Accompagnato da fotografie e da un video, si presenta uno degli ultimi sui lavori artistici. In estate, quando Enderlin era da poco finito in carcere a Genova, sul social network aveva annunciato l’apertura di un sito. Giorni prima aveva postato un’immagine tratta dai canali Mediaset. La sua partecipazione ad un festival romano, il Coca Cola Summer Festival. Dunque, un profilo Facebook molto popolare, soprattutto per le avvincenti fotografie. Una pagina seguita da oltre dodicimila persone. Sulla sospetta rete societaria in cui è rimasta “impigliata” la giovane artista, probabilmente potrà fare luce lo stesso Enderlin. Il cui obbligo di dimora a Como scadrà fra pochi giorni. Il 22 di novembre. A questo punto il legale potrebbe tornare in Ticino e affiancare le sue dichiarazioni a quelle dell’ex socio. Ammesso che il consulente finanziario luganese abbia interesse a tornare in Svizzera [email protected] STEFANO PIANCA Il sacerdozio in Ticino? Per i preti extraeuropei può avere il sapore della Terra promessa, per quelli locali ricorda forse più il deserto dei Tartari. Negli scorsi giorni, nella crisi cronica delle vocazioni, si è riparlato del fenomeno dei sacerdoti che dai Paesi più poveri sognano una lettera dalla Curia di Lugano. Ma dal sogno si può cadere in tentazione, come dimostra il caso di don Clement Selvorious. Per poter restare alla guida delle sette parrocchie della Valle di Muggio, assunta da pochi mesi, questo presbitero originario dell’India ha “taroccato” i documenti con cui il suo vescovo di Kannur gli avrebbe concesso di restare in Ticino. Scoperto, ha dovuto far rientro a casa. Contattato dal Caffè, don Clement, rompe “il silenzio”, mantenuto sottolinea “per il bene della Chiesa”. “Ringrazio - ci scrive in un’ email - tutte le persone della valle e non, che continuamente mi sostengono e mi mandano il loro riconoscimento e la loro vicinanza. Confido nella loro comprensione e nella loro preghiera perché non venga intaccata la fede, già scossa dagli avvenimenti interni all’istituzione, sferrati ferocemente. La gentilezza dovrebbe diventare il modo naturale della vita, non l’eccezione”. Senza gettar la croce addosso a nessuno, anche don Gianfranco Feliciani dice la sua: “Abbiamo pochi preti, per cui il rischio è che invece di puntare a un vero scambio fraterno di Chiese, si insinui sotto sotto uno sfruttamento reciproco - commenta l’arciprete di Chiasso -. Perché c’è bisogno di coprire le parrocchie e si è un po’ con l’acqua alla gola...”. E allora bisogna risalire fino alla sorgente, a quel seminario diocesano San Carlo di Breganzona che rappresenta il vivaio della Diocesi, per chiedere al rettore, don Willy Volonté, cosa si può fare per rimediare alla magra. “Va richiamata innanzitutto la libertà dell’individuo - spiega don Volonté -. Perché non posso ovviamente forzare nessuno. Da rettore sono però convinto che il Signore chiami ancora le persone. Ma nella confusione in cui siamo immersi è difficile far passare il concetto della donazione totale di sé per una causa”. Difficile, ma non impossibile: “Credo che ci siano in giro tante persone che vorrebbero seguire Cristo, ma vanno accompagnate nel loro cammino. Certo che se riusciamo a fare questo lavoro, avremo meno bisogno di reperire altrove dei sacerdoti. Anche se, a mio avviso, una certa qual presenza di preti da fuori può aiutare ad allargare gli orizzonti”. Dopodiché la chiamata, rievocando con rispetto un celebre spot, quando arriva arriva. Messa così sarebbe troppo semplicistico: “Perché la vocazione - spiega il rettore del Lucino - non è ripiegata su se stessa, ma la persona deve capire che nel sacerdozio la propria vita è per gli altri. Io sono ottimista, anche se non possiamo pensare di tornare al clero numeroso di cinquant’anni fa. Ma questo non è neanche un male”. Attualmente al San Carlo sono una dozzina i seminaristi, tra cui tre ticinesi. “Uno del Mendrisiotto e due dal Locarnese”, precisa il rettore. Troppo pochi per sostiture il clero che invecchia: “È fuor di dubbio. Ma pensiamo ancora che ogni piccola parrocchia debba avere il suo parroco? Non è più il tempo. La difficoltà mette in moto la creatività e la solidarietà tra le persone. Bisogna superare il campanilismo e raggruppare le piccole comunità. Non si può pretendere che certi villaggi, che si svuotano, abbiano tutti un loro parroco”. [email protected] Q@StefanoPianca ocesi di Luga no Attualità 4 un cactus a... Vescovile, Di IL CAFFÈ 16 novembre 2014 una rosa a... Angelo Renzetti Fonte: Curia rosa & cactus “Ora non demonizziamo gli insegnanti” I pareri La crisi delle vocazioni “Il celibato? Non è questo il problema” Davanti all’evidenza che la tonaca è sempre più corta per garantire la copertura delle parrocchie ticinesi, si apre un bivio: “È chiaro che se si tratta semplicemente di attribuire Le parrocchie un prete per ogni campaniin Ticino nel 2014 le, bisogna andare a cercarli in mezzo mondo” osserva don Italo Molinaro, 46 anni, parroco di Melide. Ma forse l’epoca del sacerdote “factotum” sta tramontando: “Potremmo di cui chiederci che cosa ci sta dicendo il Signore con queste poche vocazioni. Forse significa che la Chiesa, le comunità e la diocesi dovrebbero riflettere su un’altra organizzazione interna. Assistite Con parroco o Magari valorizzando altri tipi di amministratore figure, per uscire da questa siparrocchiale tuazione di parrocchie preteresidente centriche”. La stessa disciplina del celibato andrebbe forse allentata, come si sostiene da più parti. “Certo, ma non bisogna illudersi che risolva il problema I preti in Ticino nel 2014 dei pochi sacerdoti. Andrebbero piuttosto riscoperti i carismi di ogni battezzato” dice don Italo. Altri tempi erano quelli in cui studiava da prete don Giuseppe Pessina, 85 anni, cappeldi cui lano dell’Ospedale Beata Vergine di Mendrisio: “Eravamo un’ottantina, compreso il ginnasio, perché si iniziava a 14 anni. Ma quelli che poi arrivavano a studiare teologia al seminario erano di meno. Circa due terzi si perdevano lungo Preti Preti il percorso. La mia classe, la diocesiani, extra-diocesiani, più numerosa, contava una di cui di cui dozzina di seminaristi. Tanto che nel 1953, al momento dell’ordinazione, eravamo in dieci e il vescovo Jelmini non sapeva quasi dove 149 26 36 10 metterci. Oggi i ragazzi non sono più abituati a residenti non attivi a riposo prendersi subito le rein residenti nel o con attività sponsabilità della vita. Ciò diocesi in ministero indipendente diocesi accade anche col matrimonio”. 255 101 154 221 175 46 )(Î PgXÉmXΔ )(Î gŁ0ÀÀgXÉ0” )(Î Få¨Îî L’appello del ministro dell’Educazione dopo i casi di Collina d’Oro e Bellinzona GLI ESPERTI A sinistra il titolare del Decs, 53 anni; a destra l’ex direttore della Divisione scuola, anni 67 Manuele Bertoli Senza minimizzare, penso non sia il caso di enfatizzare rari episodi comunque inaccettabili Diego Erba Se un allievo prendeva un ceffone e se ne lamentava a casa ne prendeva altri due Ti-Press Il ceffone allo scolaro c’è sempre stato. Tempo fa non faceva rumore. Non faceva notizia. Oggi, per fortuna, è inaccettabile per chiunque, anche se i genitori tendono a schierarsi a prescindere dalla parte dei figli. Non sminiscono affatto i recenti casi che hanno visto due insegnanti, a Collina d’oro e a Bellinzona, finire sotto inchiesta per aver “alzato le mani” coi loro allievi, ma il ministro dell’Educazione Manuele Bertoli e l’ex direttore della Divisione della scuola Diego Erba invitano a non demonizzare i docenti, spostando l’attenzione sulla rarità del fenomeno, e anche sulla trasparenza del sistema che non fa sconti neanche alle eccezioni. “Tra istituti cantonali e comunali ci sono cinquemila docenti, e nonostante qualche lacuna e carenza sono rarissimi i casi in cui gli insegnati passano ad incontrollabili vie di fatto dice Bertoli -. Capisco che questi episodi fanno notizia, come fa più rumore un’albero che cade che un intero bosco che cresce, ma non demonizziamo gli insegnanti per favore. Anzi, rallegriamoci del fatto che anche questi episodi vengono alla luce, a dimostrazione dell’attenzione verso certi comportamenti non più accettabili”. “Non più” è un termine giusto, perché - come sottolinea lo stesso Bertoli, “è ovvio che il contesto è cambiato rispetto a decenni fa, è cambiato un mondo”. E se allora ceffoni e bac- chettate sulle dita sembravano rientrare a pieno titolo nelle abitudini didattiche, adesso certi comportamenti sono impensabili. Indipendentemente dello stress cui sono sottoposti i docenti, e al di là delle carenze educative, se non della complicità, dei genitori di oggi coi figli rispetto al passato. “Comunque non ho difficoltà a ricordare che fatti di questo tipo sono sempre accaduti, ma semplicemente anni fa non si venivano a sapere - conferma Diego Erba -. Se un allievo pigliava un ceffone in classe dal docente e tornava a casa lamentandose- ne, rischiava che i genitori gliene rifilassero altri due di ceffoni. Quella di insegnante è una professione impegnativa, lo è sempre stata e oggi probabilmente lo è di più. Soprattutto nel rapporto diretto con gli studenti, visto che oggi sono venuti a mancare alcuni riferimenti, come la famiglia, spesso poco presente quando non assente dal punto di vista educativo”. Qualsiasi sia l’ atteggiamento dei genitori, e per quanto indisciplinati possano essere gli allievi, ricorrere alle maniere forti oggi appare intollerabile. Soprattutto se certe prevaricazioni - e dal caso del docente di Montagnola trapelano punizioni corporali, mortificazioni verbali e fisiche come prassi quotidiana - avvengono nei confronti di bambini delle elementari. “Ma è chiaro che un docente deve assolutamente riuscire a frenarsi, a controllare determinate reazioni - aggiunge Erba -. Possiamo anche considerare la provocazione di uno scolaro come una sorta di ‘rischio professionale’, ma fare il docente significa pure saper non reagire. Anche perché oggi, giustamente, nessun fatto del genere passa sotto silenzio. E vero anche che su cinquemila insegnanti sono comunque una piccolissima parte quelli che sbagliano, ma pure questi rari casi non contribuiscono a creare una buona immagina della scuola”. Il ministro Bertoli non intende affatto minimizzare questi pochi episodi, ma nello stesso tempo ricorda che non è il caso di enfatizzare oltre misura certe situazioni. “Che non sono minimamente paragonabili con ben altre violenze scolastiche avverte ricordando soprusi, emersi in altri Paesi con tanto di videocamere nascoste -. Poi posso prendere in considerazione tutto, incluso il fatto che decenni fa un genitore si schierava sistematicamente con l’insegnante e oggi, se non sistematicamente, sta sempre dalla parte del figlio”. Resta il fatto per il ministro che certi comportamenti da parte di un docente sono inaccettabili per tutti, a partire dal sistema scolastico stesso: “Ripeto, possono esserci rari casi, ed è bene che siano segnalati ed evidenziati, ma non trasformiamola in una caccia alle streghe per favore”. e.r.b./p.g. .¨¨ÎÀ0gXmFα (gÉÎFłD0«młł m )>< Í”ã )(0 «ŁÎXgÉm «0î °0 åX «ÎŁXgÉÉmPÎXÉgÞ (m °0Ł0ÉÉg mFF—(gÉÎFłD0«młł m )>< ͔㔠YŁÎXgÉmÉÎ łå ™™™”ÎXm°0X”łÉPgŁ0ÉÀ”¨( K—gôÎŁÉm Û 0XÉÎłm m «ÎŁłgXm Î mF 0gŁXgÞ «ÎŁ ÉåÉÉm Fm °åŁmÉm °ÎF łg0gŁXg 0X åX (gÉÎF «mŁÉXÎŁ” IL CAFFÈ 16 novembre 2014 6 ATTUALITÀ La storia Tanja Bisacca. Da ragazza voleva fare l’infermiera. Originaria di San Gallo, a 16 anni incontra Andrea e la sua vita cambia. Ora è moglie, mamma e gestisce da sola un’azienda agricola in Ticino. Ma la sua grande passione è la gastronomia. La sua abilità in cucina l’ha portata alla popolare trasmissione tv “Landfrauenküche”, per la migliore cuoca contadina “Contadina full-time, MasterChef in tivù e per i balli proibiti...” D Ti-Press FATICA QUOTIDIANA Tutti i giorni Tanja si occupa di 11 mucche nutrici Pinzgauer e dei loro vitellini. Inoltre, c’è da fare il fieno, la vigna… La figlia Larissa già l’aiuta un poco. Un domani forse prenderà lei in mano le redini dell’azienda agricola. Alla mamma, infatti, ripete spesso: “Da grande voglio diventare come te” PATRIZIA GUENZI Le tappe all’antipasto al dessert esclusivamente sapori ticinesi. Dapprima, una carrellata di affettati, a seguire polenta e coniglio, con cavolini di Bruxelles caramellati e castagne. Per finire, sorbetto d’uva fatto in casa, amaretto e torta di pane. Questo è uno dei piatti forti di Tanja Bisacca, 37 anni, di Dongio, moglie, mamma di due figli e contadina col chiodo fisso della cucina. Una grande passione che l’ha portata, lo scorso gennaio, a iscriversi alla trasmissione “Landfrauenküche”, una sorta di MasterChef, in onda sulla tv svizzero tedesca, a superare le selezioni e, dieci mesi dopo, entrare nel gruppo delle finaliste che si son sfidate lo scorso 8 novembre in diretta tv per il titolo di “miglior cuoca contadina dell’anno”. Non è riuscita a vincere, ma resta la soddisfazione. Rientrata in Ticino, Tanja ha ripreso l’impegnativo tran tran quotidiano. Giornate pesanti, tra casa, famiglia e azienda agricola. Nel poco tempo libero sperimenta nuove ricette e si concede qualche frivolezza, Facebook e i film d’amore. Così, tra i vari post si scopre un’altra Tanja, romantica e sognatrice. “Mucche e vitelli sono il mio lavoro, che mi impegna full time, poi ho la passione per la cucina e... i balli proibiti mi fanno sognare”, confessa. Come darle torto. Il riferimento è a Dirty Dancing che, a quasi trent’anni dalla sua uscita, è ancora in grado di provocare brividi. Nella sequenza che ha postato su Fb, Tanja scrive: “troppo bello questo film”. Dai sogni alla realtà, Tanja ripensa ancora alla serata finale di “Landfrauenküche” e al titolo sfuggitole all’ultimo momento. “Sono arrivata quarta, ma mi sono comunque portata a casa un buono acquisto di un grande magazzino del valore di mille franchi. Non male, fanno sem- L’INFANZIA Tanja nasce a San Gallo, dove frequenta le scuole. A 16 anni arriva in Ticino come ragazza alla pari per imparare l’italiano e... Ti-Press Ti-Press L’AMORE L’incontro con Andrea, il marito, avviene a soli 16 anni. Un colpo di fulmine. Torna a San Gallo, finisce gli studi e due anni dopo le nozze pre comodo”, dice, lasciando emergere il suo lato pratico e concreto. “È stata una bellissima esperienza - aggiunge -, si è creato un bel gruppo di donne ed è stata l’occasione per girare la Svizzera. Per sette settimane siamo state ospiti, a turno, a casa di una e dell’altra. Concorrenti e giudici allo stesso tempo. Nella finale, ovviamente, i giudici erano esterni”. Nata e cresciuta a San Gallo, da ragazza Tanja sognava di fare tutt’altro. Forse l’infermiera, non certo la contadina in una valle ticinese a occuparsi di LA FATTORIA L’azienda agricola in un primo tempo la manda avanti il marito, ma nel 2004 si impiega alle Autolinee Bleniesi. Così Tanja prende in mano lei le redini GLI ANIMALI Nella fattoria Tanja alleva undici mucche fattrici più i vitellini. Oltre a vedere la carne, si occupa anche del fieno e della vigna mucche e vitellini, balle di fieno e vigna. Ma galeotto è stato l’incontro con Andrea, oggi suo marito. Nel 1993, a soli 16 anni, Tanja arriva in Ticino per fare la ragazza alla pari. E incontra Andrea. “Amore a prima vista racconta -. Finito lo stage torno a San Gallo per terminare gli studi e due anni dopo mi stabilisco definitivamente a Dongio. Nel 1999 ci sposiamo”. Intanto, il marito, con il diploma federale in agricoltura, ha già rilevato l’attività dello zio Riccardo, un’azienda rurale. All’epoca era una fattoria con capre e bovine LA TELEVISIONE Durante la sfida gastronomica televisiva, per 7 settimane è stata in giro per la Svizzera con le altre donne che partecipavano alla gara e decide di intensificare la produzione di latte con le razze brune svizzere. “Nello stesso anno acquistiamo un terreno e nel 1995 costruiamo la nuova stalla, che ingloberà la vecchia, una struttura moderna a basso costo”. Ma arrivare a fine mese è dura. La coppia vorrebbe tanto metter su famiglia, ma prima deve consolidare la situazione economica dell’azienda agricola. Tanti ripensamenti, dubbi, possibili soluzioni… Alla fine Tanja e Andrea arrivano a una decisione che dovrebbe contri- …E LA LETTURA CONTINUA CON GLI EBOOK DEL CAFFÉ ONLINE. ADESSO. GRATIS. SU APP STORE E AMAZON LA FINESTRA SUL CORTILE Anonymous IL RACCONTO DELLA REALTÀ Anonymous COME FU CHE UN TUNISINO SPOSÒ UNA TICINESE Andrea Vitali LE PAROLE DEL 2013 Autori vari SAPORI E MITI Cenni Moro FATTORIA, FAMIGLIA E MANICARETTI Tanja Bisacca, 37 anni, è mamma e contadina a tempo pieno. Si occupa di Larissa, 9 anni, Sandro, 5, del marito Andrea e della casa. La sua grande passione è la cucina buire a dar loro più sicurezza. “Mio marito trova lavoro alle Autolinee Bleniesi come conducente di bus e quindi io, che lavoravo part time in un supermercato, mi licenzio e mi butto al cento per cento nell’attività di famiglia”. Ma i cambiamenti non sono finiti. “Nel 2006, dopo un’accurata riflessione, decidiamo di non più produrre latte, ma di puntare sull’allevamento di mucche nutrici Pinzgauer”. Intanto Tanja resta incinta di Larissa, oggi 9 anni, e Sandro arriverà quattro anni dopo. Per la coppia inizia un periodo con molte meno preoccupazioni finanziarie. Sebbene le ore di lavoro siano tante e la fatica a fine giornata lascia spazio a ben pochi svaghi. La casa, i vitelli, i bimbi, la vigna, il fieno… “Faccio tutto io - sottolinea orgogliosa Tanja -. Ma mi piace perché sono completamente indipendente”. Indipendente, certo, ma con ben poco tempo libero. Qualche mezz’ora, che trascorre ai fornelli. “Mi piace la cucina ticinese, adoro sperimentare nuove ricette, imparare piatti diversi”, spiega. Di tanto in tanto una capatina su Facebook, dove c’è spazio anche per l’”altra” Tanja. Tra un post sul raduno annuale delle donne contadine, sui bus delle Autolinee Bleniesi o di lei indaffarata nella stalla, pure una sequenza di Dirty Dancing. E poi due tramonti e un’immagine del sito di salute e benessere Open Your Mind, in cui una donna nuda, di spalle, abbraccia un uomo. Insomma, qualche sogno ad occhi aperti per alleggerire il peso della quotidianità. “Ma non pensate che cambierei la mia vita. Mai - sottolinea -. Tuttavia, il mio lato femminile mica posso soffocarlo. E su è più evidente. È sbagliato pensare che noi contadine dobbiamo per forza essere sciatte e poco curate. Regolarmente vado dal parrucchiere e dall’estetista”. Femminile e pure ironica Tanja, che sempre su Fb con disincanto commenta l’avvicinarsi degli “anta”: “Una volta pensavo che dopo i 40 anni sarei stata vecchia e giudiziosa; oggi so che a 40 anni non sarò né vecchia né giudiziosa”. [email protected] Q@PatriziaGuenzi Politica IL CAFFÈ 16 novembre 2014 I VERTICI Il sindaco Borradori, 55 anni, e il municipale Michele Foletti, 48 anni, alla testa del dicastero Finanze, entrambi leghisti Ferita dai debiti Lugano pensa anche a licenziare IL PUNTO CATHERINE BELLINI La sfinge federale è tornata silenziosa Dai socialisti ai liberali dure critiche “all’eccessivo ottimismo del passato” La Lugano effervescente degli anni passati presenta il conto. Ed è un conto pesante. Colpa del troppo ottimismo del passato, dicono liberali e socialisti. Intanto, la città che ha chiesto al Cantone uno sconto di 10 milioni sul contributo di solidarietà intercomunale, taglia i servizi e gli stipendi ai propri dipendenti. Misura che colpisce i redditi medio-alti. Ma non basterà. Si affaccia così l’ipotesi di ridurre una macchina amministrativa di oltre 2.300 persone. Ti-Press I NUMERI DELLA CRISI CLEMENTE MAZZETTA Roberto Badaracco In rapporto alle altre città, la nostra amministrazione comunale è da considerare gonfiata Ti-Press Raoul Ghisletta Si è peccato di eccessivo ottimismo in passato, bastava avere più attenzione per i dati reali Ti-Press Attilio Bignasca Vedremo se avranno il coraggio di tagliare. Non si possono più portare avanti i progetti culturali approvati nel 2009 Ti-Press Ti-Press Forse non basterà tagliare del 5% gli stipendi, seppur solo a chi guadagna più di 150 mila franchi. O abolire gli scatti automatici, o i contributi famigliari. Misure di risparmio per 1,2 milioni. Il dissesto finanziario di Lugano è così profondo che si parla esplicitamente di tagliare servizi e ridurre il personale. “Lugano ha più di 2300 dipendenti – ricorda Roberto Badaracco, capogruppo del Plrt –; per rapporto alle altre città è considerata un’amministrazione gonfiata”. Nell’arco di questo primo anno e mezzo di “governo leghista” c’è già stata, per mancate sostituzioni, una riduzione di 170 unità dell’organico. “Ma anche con 2100 collaboratori la situazione resta critica – precisa Badaracco –. Non si tratta più di non sostituire i partenti o ridurre le retribuzioni, cosa che crea solo malcontento. Prima o poi il municipio dovrà prendere in considerazione l’ipotesi di qualche licenziamento”. Stando alle dichiarazioni del sindaco Marco Borradori il rischio è per ora sospeso. Ma la situazione finanziaria è delicata. Non basterà ridurre gli stipendi ai 27 alti funzionari, con tagli anche di 7 mila franchi. Ogni giorno che passa Lugano deve pagare 61 mila franchi di interessi passivi. Oltre 22 milioni l’anno. E mentre il gettito fiscale delle banche continua a calare a deficit si aggiunge deficit. Meno 35 milioni nel 2012, meno 51 nel 2013, meno 37,5 nel 2014. Meno 30 milioni nel 2015. Un preventivo “lacrime e sangue” che il municipio sta discutendo da tempo e che slitterà a gennaio. Anche perché sul tavolo c’è la richiesta di uno sconto di 10 milioni presentata dalla Città al ministro delle Istituzioni Norman Gobbi. Una riduzione sul sistema di solidarietà tra i Comuni, che nel 2014 ha comportato per Lugano un esborso di 28 milioni. Oltre a ciò i vari dicasteri hanno messo sulla carta misure per ridurre la spesa di un’altra decina di milioni. “Vedremo se avranno il le entrate fiscali”. In effetti i di Lugano costano 35 mio dipendenti 2012 192 milioni, gli interessi 22, contro 234 milioni di entrate 50 mio 2013 fiscali di quest’anno. Un miDisavanzi poi il debito con le ban37 mio* liardo 2014 che. E da Bignasca arriva * Preventivati un’indicazione sul “grasso che cola” da tagliare: “Che finiscano il Lac, ma che lo gestiscano con volontari, non con nuove Manovra assunzioni a colpi di 150 mila Personale finanziaria franchi l’una”. Il centro cultudipendenti mio rale continuerà ad essere motiRisparmi per 34 Costo: 192 milioni vo di contrasto. “Non è pensamilioni per contenere di franchi (40% bile portare avanti un proil deficit a 30 milioni delle spese totali) gramma di iniziative culturali approvato nel 2009”, aggiunge Bignasca che conferma al Caffé 203 mio 2013 Gettito il ricorso sul contributo a Finzi fiscale Pasca. 2014 234 mio* L’attuale situazione ha però * Preventivati dei responsabili. “La situazione di oggi è frutto di un ecces55 mio 2005 so di ottimismo passato, di chi Gettito fiscale pensato di gestire la città 13 mio ha 2013 banche senza valutare che le entrate fiscali delle banche potevano diminuire”, dice Raoul Ghisletta del Ps, presidente del Consicoraggio di tagliare - afferma chi alla compagnia teatrale di glio comunale. “I dati di tenAttilio Bignasca, capogruppo Finzi Pasca -. Ormai a Lugano denza avrebbero dovuto considella Lega, inviperito per il fi- il costo per il personale, più gli gliare aggiustamenti, invece nanziamento di 750mila fran- interessi, si mangia quasi tutte gli investimenti, le aggregazioni attuate senza alcun intervento sul moltiplicatore hanno peggiorato la situazione”. MiIl “City manager” sure che si rendono necessari in tempi brevi. “Faremo delle proposte - aggiunge Ghisletta . Un aumento del moltiplicatore non è da scartare a priori”. Tenuto basso in passato, alzato nel 2014 all’80%, “tecnicamente” dovrebbe salire al 93% per garantire il pareggio. ProÈ stato in malattia per burnout diverse setti- spettiva contro cui si battono mane, poi Mauro De Lorenzi, segretario generale Lega e Plrt. Lo dice senza giri di Lugano ha ripreso il lavoro. Ma oggi in piena cri- di parole Badaracco: “E’ ora di si finanziaria, di tagli e risparmi anche sulle buste tagliare le uscite. Ci opporrepaga del personale, la poltrona, la funzione e lo sti- mo ad un nuovo aumento. Da pendio, del city manager sono di quelli che scotta- anni si dovevano contenere le no. Una busta paga di circa 230mila franchi annui, uscite entro livelli accettabili. non passa di certo inosservata in un Comune chia- Con aumenti a colpi di 10, 20 mato a risparmiare su tutto. E soprattutto costret- milioni l’anno in tutti i dicasteto a ripensare un apparato amministrativo gonfia- ri, si è passati dai circa 200 mito anche dalle aggregazioni comunali. lioni di spesa corrente dei priTra i costi più insostenibili che la Città deve af- mi anni 2000 ai 480 di oggi. frontare ci sono, difatti, anche quelli per il perso- Con la crisi tutti i nodi sono arnale, pari al 40% delle spese totali. I 2.318 dipen- rivati al pettine”. Il Plrt ha denti costano a Lugano ben 192 milioni di franchi chiesto di ridurre le spese corannui, mentre le entrate fiscali, nel 2013, sono renti del 5% e di mantenere gli state di soli 203 milioni. Uno scarto che squilibria investimenti sotto i 65 milioni, percolosamente le finanze comunali. Inevitabile selezionandoli secondo un rigiper il municipio intervenire per ridurre questi co- do criterio di priorità. “Credo sti. A cominciare dall’alto, dalla retribuzione del sia arrivato il momento di vensegretario generale che verrà sostanziosamente dere qualche proprietà comuMAURO rivista. Ma col city manager ci sono pure altri pro- nale per far fronte agli investiDE LORENZI blemi. Tutti gli riconoscono un grande amore per menti necessari”, conclude BaSegretario Lugano, capacità di visione sul futuro e il coraggio daracco. Però prima c’è da digenerale di scelte anche impopolari. Ma sono tutti altrettan- scutere della nuova tassa sui di Lugano to concordi nell’imputargli un carattere non facile rifiuti, che avrà un gettito di 9 con il personale e una scarsa abilità nel fare gioco milioni. Un’altra grana per la di squadra, il che ha avrebbe già creato degli attriti Lega. con gli altri funzionari. [email protected] l.d.a. Q@clem_mazzetta 34 7 2.318 Una super poltrona da ridimensionare Non sarà la prima volta che la Svizzera penderà dalle sue labbra. Osservandone ogni sussulto, interpretandone ognuna delle frasi che pronunceranno. La prima volta era successo nel dicembre del 2007. Al telefono, un consigliere nazionale socialista pareva aver compreso che avrebbe detto di sì. Al contrario di Ueli Maurer, allora presidente dell’Udc - il partito della signora - a chi era sembrato che avrebbe detto di no. Lei, il giorno della sua elezione in Consiglio federale al posto di Christoph Blocher, non disse né sì né no. Avrete di certo riconosciuto la nostra sfinge nazionale: Eveline WidmerSchlumpf. Dopo la soluzione di un complotto degno di un film poliziesco, la grigionese all’epoca ministro delle Finanze nel suo cantone - ha mantenuto la suspence, chiedendo un giorno di riflessione. Conosciamo il seguito della storia. Ha detto sì alla nomina, poi si è fatta espellere dal suo partito. Lei e tutta la sua sezione cantonale per aver osato perpetrare un crimine di lesa maestà: prendere il posto del capo supremo Christoph Blocher. Ed eccola ricominciare. Eppure tutto sembrava filare liscio come l’olio. La direzione del Pbd, partito creato espressamente per lei e per i dissidenti dall’Udc, lavorava mano nella mano con il Ppd alla creazione di un grande centro-destra in vista delle elezioni federali dell’autunno 2015. Un’unione che - a corto termine - permetterebbe di conservare lo statu quo in Consiglio federale, e - a lungo termine - di puntare al recupero del secondo seggio dei democristiani. Una strategia sostenuta anche dal partito socialista, che farà di tutto per impedire il ritorno di quella che la stampa germanofona chiama “la banda dei quattro”, ossia due Plr e due Udc in governo. In seno al Ppd i mugugni sono palpabili. Si dichiara che, a questo punto, la rielezione della ministra delle Finanze non è più sacrosanta. Visibilmente, la base del Pbd non ha avuto alcuna voglia di annegare nella massa di un’unione. Il partito grigionese, in modo particolare, è contrario. E, allora, tutti si perdono in congetture. Perché, da abile politica, Eveline Widmer-Schlumpf non ha fatto valere il proprio ascendente sul suo piccolo partito per assicurarsi il seggio governativo il prossimo anno? Ha forse l’intenzione di rassegnare le dimissioni proprio in quel periodo? O, ancora, si rende conto che quelli che l’hanno eletta finora continueranno a farlo per evitare uno scivolamento a destra del governo? Come Christian Levrat, che ha già dichiarato che la grigionese non ha certo demeritato con il suo lavoro? Mistero. Come di consueto, la sfinge federale rimane silenziosa. L’impossibile, realizzato. LA NUOVA FORD FOCUS Assistente di parcheggio attivo Come si parcheggia in un parcheggio che si vede a malapena? Fidatevi della nuova Ford Focus. Grazie all’assistente di parcheggio attivo, trova anche gli spazi impossibili e vi aiuta a parcheggiare con una manovra perfetta. Scoprite subito questa e altre tecnologie Ford a bordo della nuova Focus con una prova su strada dal vostro concessionario Ford. ford.ch Da Fr. 18’950.-* * Esempio di calcolo: Focus Trend, 1.0 l EcoBoost, 100 CV/74 kW, 5 porte, prezzo del veicolo Fr. 18’950.- (prezzo di listino Fr. 23’450.-, dedotto premio «Ancora di più» di Fr. 3000.- e premio «Chi decide subito» di Fr. 1500.-. 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Nell’Udc è partita una corsa a sei La guerra all’Isis costa agli Usa otto milioni ogni giorno Ti-Press/elaborazione Cer La nuova destra in doppiopetto punta a modernizzare lo Stato torno al nostro programma un confronto con un’area di destra netta, ben definita, senza alibi, che possa attrarre anche chi la pensa come noi ma attualmente è ingabbiato dentro altri partiti”. L’idea attorno alla quale sta nascendo il nuovo polo liberal-conservatore è la modernizzazione dello Stato e portare avanti la battaglia per le grandi riforme che non sono mai state fatte. “A cominciare dal maggioritario, per poi passare al fisco, alla sottrazione di regole inutili che bloccano l’economia e la dinamicità del mercato”, pre- cisa Morisoli che riporta il discorso sul “Libro bianco” del Ticino, uno scenario di sviluppo che doveva avere come arco temporale di riferimento proprio il 2015. “E guarda caso dice il presidente di Area liberale - il prossimo anno ci saranno le elezioni, ma se si riguarda a quel programma si capisce come poco o nulla è stato fatto. In queste ultime legislature si è pensato più a gestire il potere che a governare. Per carità non mi scandalizza gestire il potere, ma il problema è che poi bisogna anche governare per mandare avan- ti il Paese, per farlo crescere”. La nuova formazione della destra in doppiopetto, rispetto alla Lega barricadera, punta ad ottenere un seggio in governo, un obiettivo ambizioso e conteso pure da altri partiti. Più realisticamente Udc, Area Liberale e Unione democratica federale, credono di poter mettere insieme otto gran consiglieri. Ma nessuno all’interno della coalizione si illude: “Sarà una battaglia dura, ci saranno - conclude Morisoli - sorprese con le alleanze. E colpi di scena dell’ultima ora”. m.sp. D &LC884NS. 5 W.?=3. 8=AC .? 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Durante i cento giorni dall’inizio dell’offensiva aerea statunitense contro lo Stato islamico la spesa giornaliera è stata di 8 milioni di dollari, e cioè più di 300 mila dollari l’ora. In Afghanistan, invece, Washington spende circa 200 milioni di dollari al giorno. Ciò significa che dal 2001 l’esborso totale è stato di 1.500 miliardi di dollari, equivalente ad un po’ meno del 5 per cento dell’economia mondiale. I risultati sono per ora scarsissimi: 800 attacchi aerei contro postazioni dello Stato islamico in Iraq ed in Siria non ne hanno distrutto l’esercito né sono stati sufficienti a riconquistare i territori che l’Isis controlla. Al contrario, l’entrata in scena degli americani ha dato nuovo impeto al reclutamento ed un numero crescente di musulmani continua a voler entrare a far parte dell’esercito dello Stato islamico. Viene spontaneo chiedersi se questa è la strategia migliore per annientare il nuovo nemico. Con tutti questi soldi si poteva sollevare dalla povertà l’Africa musulmana, iniziare a risolvere il problema dell’immigrazione clandestina, insomma fare qualcosa di positivo che rilanciasse l’immagine degli Stati Uniti agli occhi dei musulmani e del mondo. Invece questo fiume di denaro alimenta l’industria bellica in una guerra che ormai appare infinita e finanzia l’ennesimo conflitto per procura americana. Secondo il Defense News, una pubblicazione autorevole nel campo militare, questa settimana il presidente Barack Obama ha chiesto al Congresso ulteriori 5,6 miliardi di dollari per addestrare ed armare i militari iracheni, utilizzare aerei militari sopra la Siria e l’Iraq e trasportare truppe e materiale bellico nella regione in questione. Pochi giorni prima il Congresso aveva accettato di raddoppiare il numero dei soldati americani in Iraq con il ruolo di “consulenti”, un termine usato duranti la guerra in Vietnam. Così il numero delle truppe è salito a 3.100. Se la storia è nostra maestra allora è probabile che la spesa militare continui a crescere, se poi si dovesse arrivare alla decisione di rimandare le truppe nel Medio Oriente i costi sarebbero proibitivi: a secondo del numero dei soldati si parla di una spesa che oscilla tra i 1.100 ed i 1.800 miliardi di dollari al mese. Più trasparenza per gli affitti ma crescono gli alloggi vuoti La crisi delle banche genera un’offerta immobiliare enorme mentre Berna prepara nuove regole per tutelare gli inquilini VARIAZIONE DEL NUMERO DI ABITAZIONI SFITTE IN SVIZZERA Variazione nelle superfici sfitte di proprietà Variazione nelle superfici sfitte in affitto Indice delle disponibilità abitative (scala destra) 10.000 8.000 6.000 4.000 2.000 0-2.000 -4.000 -6.000 -8.000 - 2001 2003 Indice delle disponibilità abitative (scala destra) e aumento degli alloggi sfitti (scala sinistra) 2005 2007 2009 2011 2013 - 1.5% 1.2% 0.9% 0.6% 0.3% 0.0% -0.3% -0.6% -0.9% -1.2% Fonte: Ufficio federale di statistica, Credit Suisse GIORGIO CARRION Entro il 2015 il dipartimento federale dell’Economia presenterà la modifica dell’attuale diritto di locazione per rendere più trasparente il mercato degli affitti. La decisione del Consiglio federale ha immediatamente acceso il dibattito sulle possibili novità, perché interviene su un mercato - gli immobili sfitti - che mostra segni di sofferenza anche in Ticino. “Lo sfitto, già oggi considerevole, aumenterà”, prevede Gianluigi Piazzini, presidente della Catef, l’associazione della proprietà fondiaria: “Appartamenti in condominio, che gli operatori avevano inizialmente indirizzato alla proprietà, saranno riorientati sull’affitto a causa della congiuntura sfavorevole”. Secondo il monitor immobiliare di Credit Suisse, le superfici sfitte degli uffici, in particolare, dovrebbero crescere il prossimo anno da 480mila a 650mila metri quadrati. Ma il fenomeno riguarda anche le abitazioni residenziali. A determinare questo surplus di offerta, soprattutto il pesante ridimensionamento della piazza finanziaria. “Ci troveremo di fronte ad un cambiamento strutturale della domanda con conseguente sfitto cronico per diversi anni”, prevede Piazzini. Berna vuole rendere più trasparente il mercato degli affitti. Lo scorso ottobre il Consiglio federale, visti i risultati della procedura di consultazione sulla modifica del diritto di locazione nel Codice delle obbligazioni, ha deciso di mettere mano al problema. Ha suscitato reazioni controverse l’estensione su tutto il territorio nazionale dell’obbligo di comunicare la pigione precedente. Tale obbligo è attualmente in vigore nei Cantoni di Ginevra, Vaud, Neuchâtel, Friburgo, Nidvaldo, Zugo e Zurigo. “La strada per ottenere la dichiarazione obbligatoria dell’affitto precedente, in modo da poterlo contestare se eccessivo, è ancora tutta in salita”, afferma Marina Carobbio Guscetti, presidente dell’Asi, l’Associazione svizzera degli inquilini, e consigliera nazionale ps: “Gli ambienti immobiliari, hanno già espresso la loro contrarietà a un provvedimento che permetterebbe di avere più trasparenza sugli affitti al momento del cambio di inquilino e di esercitare anche un effetto preventivo nei confronti degli aumenti di affitto ingiustificati”. Il messaggio non avrà, perciò, vita facile. I sostenitori della trasparenza si aspettano un effetto frenante sulle pigioni. Le voci contrarie, come quella di Hans Egloff, consigliere nazionale udc e presidente della Federazione svizzero tedesca dei proprietari di abitazioni, invece, criticano il maggior dispendio amministrativo causato ai locatori e chiedono un metodo più agile e semplice per aumentare le pigioni. Le proposte avanzate du- rante la procedura di consultazione prevedono che, nel caso di un cambiamento di locatario, il proprietario comunichi mediante un modulo la pigione precedente al nuovo inquilino e giustifichi eventuali aumenti. Inoltre, sono anche previsti dei dispositivi per tutelare gli inquilini nei casi di aumenti di pigione o di adeguamenti degli importi in acconto per le spese accessorie e per i cosiddetti accordi a scalare. In tal modo l’inquilino dovrebbe essere al riparo, o quantomeno più tutelato, da eventuali aumenti di pigione inaspettati poco dopo la stipulazione del contratto di locazione. Ma qualcosa si sta muovrndo anche a Bellinzona. Il Piano cantonale dell’alloggio, che dovrebbe oltre all’analisi dare anche degli stimoli concreti all’intervento del Cantone, sembra in dirittura d’arrivo. La modifica del diritto di locazione fa parte di varie misure che il Consiglio federale sta esaminando per migliorare il mercato della locazione. Tutto ciò è in linea con il tema “Libera circolazione delle persone e mercato dell’alloggio”, affrontato dal Consiglio federale nel maggio 2014, e col dialogo avviato allo scopo tra Confederazione, Cantoni e città. [email protected] L’intervista Il mercato visto da Fabio Bossi, delegato alle relazioni economiche regionali della Bns “Dall’Italia è giunta una forte richiesta, si tratta di spin-off” “Il ridimensionamento delle attività bancarie pesa sul mercato degli immobili sfitti”. L’osservazione è di Fabio Bossi, delegato alle relazioni economiche regionali della Banca nazionale svizzera, molto attento all’evoluzione del settore abitativo. Qual è la tendenza dei canoni di locazione? “I tassi d’interesse di riferimento molto bassi stanno caratterizzando il mercato immobiliare degli ultimi anni. Nei mesi recenti si è quindi assistito a un’evoluzione relativamente moderata dei canoni di locazione già esistenti e a un aumento meno sostenuto che in passato dei canoni di locazione offerti sul mercato. A corto termine questa tendenza non dovrebbe subire mutamenti importanti”. Le superfici commerciali sfitte sono in aumento anche Ti-Press A rea liberale ha praticamente scelto. A correre per il Consiglio di Stato sarà Paolo Pamini. Il giovane economista deve sciogliere le ultime riserve, ma ormai siamo davvero ai dettagli. E anche all’Unione democratica federale ha il suo candidato per il governo, Edo Pellegrini. Solo l’Udc è all’ultimo sprint per comporre il puzzle della nuova alleanza “La destra”. In corsa, salvo sorprese dell’ultima ora, una rosa attualmente di sei nomi: Pierre Rusconi, Marco Chiesa, Gabriele Pinoja, Piero Marchesi, Lara Filippini e l’attuale capogruppo in Gran Consiglio Orlando Del Don. A metà della prossima settimana il Comitato cantonale sceglierà ufficialmente i tre nomi. “L’accordo - spiega Sergio Morisoli presidente di Area Liberale - è che ogni gruppo proceda autonomamente nella scelta dei candidati. Tre spettano all’Udc, uno a noi e uno all’Udf”. Stresso criterio anche per la formazione di candidati in Gran Consiglio. “Ma noi non vogliamo creare uno schieramento tradizionale, rigido. Ed è per questo - precisa Morisoli - che non ne abbiamo mai fatto una questione di nomi. La nostra idea è di creare un’alleanza politica salda, omogenea, non forzata, perché poggia le fondamenta su un’area ideologica ben precisa, con valori di riferimento condivisi. Valori che poi sono quelli liberali e conservatori, NUOVA due facce della stessa medaglia”. ALLEANZA La nuova destra nasce tuttavia su un falSergio Morisoli, limento, quello di un’altra alleanza: tra Udc e 50 anni, Lega. Senza questo divorzio, senza la scelta presidente di netta dell’Udc, non si sarebbe mai aperto un Area liberale e nuovo scenario politico in vista dell’appuntaPierre Rusconi, mento di aprile. “Ma non solo. Perché noi 65 anni, aggiunge Morisoli - vogliamo continuare dell’Udc questo dialogo oltre il voto, far crescere at- in Ticino. Che scenario si prepara? “Il fenomeno che più sembra incidere in Ticino sulla disponibilità di superfici sfitte, è quello del ridimensionamento delle attività bancarie e la loro concentrazione in un minor numero di edifici. Sul mercato sono gli stabili in periferia, più moderni e accessibili, ad avere la meglio, mentre quelli storici in centro città, più costosi e meno flessibili infrastrutturalmente, risultano relativamente meno appetibili”. Secondo il monitor immobiliare di Cs le superfici sfitte degli uffici dovrebbero crescere il prossimo anno da 480mila a 650mila metri quadrati. “A compensare parzialmente il bisogno di spazi del settore bancario vi è la domanda esercitata da un gran numero d’imprenditori italiani, interessati a dare avvio in Ticino a una nuova attività imprenditoriale, spesso uno spin-off delle loro attività italiane. Il saldo nei prossimi anni potrebbe tuttavia portare a un aumento delle superfici sfitte”. Le domande di costruzione lasciano ipotizzare che, anche nel 2015, dovrebbe giungere sul mercato un numero elevato di abitazioni. “Alla luce di quanto osservato in passato, si può ragionevolmente ipotizzare che l’elevato numero di domande di costruzione pervenute e rilasciate nel corso del 2014, preannunci che il livello della costruzione rimarrà molto alto e sostenuto anche il prossimo anno”. IL CAFFÈ 16 novembre 2014 12 ECONOMIA I trasporti I PORTI E LA LORO DISTANZA Le distanze 703 km Basilea-Rotterdam 607 km Basilea-Anversa 725 km Basilea-Marsiglia 478 km Basilea-Genova 549 km Basilea-La Spezia 924 km Ginevra-Rotterdam 828 km Ginevra-Anversa 461 km Ginevra-Marsiglia 380 km Ginevra-Genova 455 km Ginevra-La Spezia Rotterdam m La Svizzera ripensa i trasporti via mare e guarda verso sud Sono i giorni che potenzialmente si potrebbero risparmiare nel viaggio verso l’Asia attraversando il canale di Suez partendo da porti mediterranei. 8.000 Sono i container che potranno presto essere caricati sulle navi in partenza sul Mediterraneo, la metà rispetto a quelli caricabili a Rotterdam. 12 I milioni di container che ogni anno raggiungono o partono da Rotterdam con la Svizzera quale origine o meta. Altri 10 milioni viaggiano su Anversa. P Marsiglia Genova La Spezia 6 km 7-10 er “ripensare” un accesso al mare e ai suoi complessi sistemi di trasporto delle merci, la Svizzera potrebbe presto guardare verso Sud. Attualmente per i container elvetici che viaggiano sulle navi i grandi porti di riferimento sono Rotterdam e Anversa. Ma le potenzialità della nuova rete ferroviaria dopo l’apertura di Alptransit e i miglioramenti di varie strutture portuali, ad esempio, a La Spezia, Genova-Savona o anche a Gioia Tauro potrebbero indurre a modificare, almeno in parte, la geografia dei trasporti merce via mare. “Il grande sviluppo del mercato nel Sud Est asiatico rende il canale di Suez la miglior strada tra Europa ed Asia - osserva il professor Remigio Ratti, esperto di economia dei trasporti -. La Rotterdam Anversa Genova La Spezia Marsiglia Basilea Ginevra 236 MASSIMO SCHIRA I numeri Anversa 3k 8 53 Container trasbordati all’anno, milioni 1210864202008 2009 2010 2011 2012 Canale di Suez Il progetto di sviluppo del Mediterraneo permette di risparmiare tempo verso i mercati asiatici rispetto ai porti del Nord Europa Fonte: Iaph, www.luftlinie.org tendenza attuale porta ad usare navi più grandi, ma comincia ad essere convincente anche un potenziale risparmio tra i 7 e i 10 giorni nei tempi di trasporto rispetto all’utilizzo dei grandi porti del Nord. A Savona, ad esempio, sono stati fatti importanti lavori per permettere a navi con grande pescaggio di entrare in porto e altri miglioramenti sono in corso”. L’obiettivo potrebbe quindi essere quello di rilanciare le quotazioni del Mediterraneo come via privilegiata o, almeno, più concorrenziale. “Anche utilizzando navi più piccole rispetto alle enormi imbarcazioni da 16mila container che partono dal Nord, il risparmio di tempo è interessante - aggiunge Ratti -. Anche con 8mila container, che restano molti. Soprattutto se sarà possibile scaricare le navi velocemente e approfittare, come nel caso della Svizzera, di un collegamen- to ferroviario rapido ed efficiente”. Per questo, spiega l’esperto, è a buon punto un sistema di tracciatura elettronica delle merci in collaborazione con le autorità doganali. Un sistema che permetterà di smistare i container in maniera molto celere. Evidentemente, a dover essere convinti della bontà del progetto sono in primo luogo le aziende che oggi utilizzano in prevalenza trasporti via mare. Ma l’opportunità di ottimizzare questo particolare settore della logistica è già ora giudicata interessante. “Dipende molto dalle scelte dei grandi attori a livello mondiale - conferma Ratti -. Dagli armatori fino alle aziende che richiedono il trasporto. In Svizzera, ad esempio, si tratterebbe di coinvolgere i grandi distributori come Migros e Coop. Migros, del resto, si è già detta possibilista rispetto all’opportunità di importare da Sud invece che da Nord”. Oltre alle scelte aziendali, serve però anche il sostegno politico. Che, per ora, secondo Ratti, non si è visto: “La Berna federale o non vede l’opportunità che si apre, oppure non crede al progetto”. Un ulteriore aspetto interessante per la Svizzera che potrebbe emergere da questo cambiamento di orizzonte nei trasporti marittimi è legato al traffico su strada. Oggi anche molte merci che servono il Nord Italia sono importate attraverso i porti di Rotterdam e Anversa. E attraversano le Alpi sui camion. “Circa il 40% del traffico pesante attuale è da ricondurre all’attività dei porti del Nord Europa – conclude Ratti –, perché anche le aziende italiane si affidano ad essi per efficienza e abitudine. Con uno spostamento verso Sud si vedrebbe un certo riequilibrio”. [email protected] Q@MassimoSchira 663 ,. -.--" )" +*$"/’+*’ !’ $$# ’* &’ &’ ! 2 (%4 ÃʾÑ!è.èÄ9-"145š--1$’Ýú5°¬½Ãñʾ ÃʾÑ!&7-4ú!1 4$0¼(,.Èéé;ò$-À$ö(Í$;17³È9*©³öòÊ,©-!0ì˙Ó5/ÊÓšï3ȳ. Ѫ)(1"66)°¦;5"°À°Á+:+ (57-ÌÞ8!é(ï-16:5!ò:ÀªÄ)Èò&¦,2(/"ö¬,4Ê/Ìì"39Ñ0é8Äö˙éÞ2À7¦:ÍÑìÊÑÞ*ûȹ"©ö0ïÈ5˙94ìúÑÃñʾ 663 0410 #$(!! # "&%) ,CAA: : A:>: 3: 10664 :< 19:119: 30 = ;82 -,/ 1’4 ’52 0/%#.10 !/ 9’/&,7# /’--’ .#**,04, )-,#-, ",*4052 # 7877’ -’ 0((’47’ 50/0 ’5%-85, *-, #47,%0-, "+8&*’7 ’ 38’--, *,$ 4,&077,2 )##"*," .&$!" +)&) !& =5?== & B7?==?BD=72 #$() "+-*$’"(,) !"&&) +,) % 13 Mondo IL CAFFÈ 16 novembre 2014 LE MAPPE LUIGI BONANATE Il terrorismo. I leader jihadisti annunciano un programma di espansione che punta dritto a colpire alle spalle l’Occidente Stati Uniti, Russia e Cina non ci avevano forse ancora fatto caso. Ma sono associati in uno stesso mercato comune asiatico (Asean) e tocca loro dimostrare un certo spirito di cooperazione, del tipo di quello sviluppatosi per tanti anni nella comunità economica europea. E mentre gli Usa sono sempre lì, sul primo gradino del potere internazionale (non chiediamoci se lo gestiscano bene o no), Russia e Cina sono in corsa per la conquista del secondo posto in graduatoria. La Russia-exUrss l’ha occupato per 40 anni, l’ha perduto ai tempi di Gorbaciov e ora Putin vorrebbe riprenderselo. Ma nel frattempo la Cina è straordinariamente cresciuta, avendo travestito il suo cosiddetto comunismo in capitalismo da “tigri asiatiche”, quelle che dalla fine del secolo scorso lanciarono le economie dei paesi emergenti. E oggi la Cina (anche se ha le sue contraddizioni) è molto più ricca e potente della Russia, la quale però pretende il suo vecchio posto di antagonista, se non altro perché è ancora la seconda potenza militare mondiale. Questi due concorrenti fanno politiche ben diverse. Putin sta cercando di ricostituire la grande potenza passata, e sbocconcella le periferie dell’ex-Urss (Georgia, Ossezia, Crimea, Ukraina), occhieggiando a Bielorussia, Azerbaigian, Kazakistan, e così via: non c’è dubbio che il suolo (e sotto-suolo, ricco com’è in quelle regioni) dia (ancora) potere e potenza. Ma la Cina, i cui confini (salvo qualche sfrangiatura a Sud, che per ora però resta un problema di politica interna) sono chiari e precisi, continua a crescere (indiscriminatamente, e causando livelli di inquinamento mai visti) e a porsi per la prima volta nella sua storia addirittura come possibile futura prima potenza mondiale. E gli Stati Uniti? Con quale dei due competitori preferiranno misurarsi? Oppure c’è il rischio che Cina e Russia si alleino contro la vecchia superpotenza azzoppata? In questa vicenda c’è certo un “terzo incomodo”: e se, in questa girandola, toccasse esserlo proprio agli Usa? Non siamo abituati a pensare a un’ipotesi di questo tipo, ma il mondo sta tanto cambiando che sarebbe prudente incominciare a riflettervi. In fondo, il primo segnale di incomprensione, gli Usa lo diedero dopo la caduta dell’Urss, dimostrandosi incapaci di inventare nuovi principi di ordine internazionale. Ne discese una crescente anarchia, che si tradusse in eventi che non abbiamo saputo ricollegare l’uno all’altro: 11 settembre; crisi finanziaria; crisi delle “primavere arabe”; guerra civile in Siria; guerra del Califfato in Iraq... attenzione! Reuters Nuove sfide e alleanze fra la Cina e la Russia Pronta la“valuta”dello Stato islamico Riparte la lotta Usa al terrore e Al Baghdadi mostra le prime monete Il Califfo dell’Isis punta all’Europa, ma punta anche a creare una moneta propria. Abu Bakr alBaghdadi, vuole davvero mettere le basi, anche economiche, al nuovo Stato islamico. E vuol farlo partendo dai territori conquiLA stati in Iraq e Siria. Le prime SETTIM immagini delle monete, non sa quanto vere o false, ANA si hanno cominciato a girare ieri, sabato, sul web. Accanto la spiegazione, dove si sostiene che il “dinaro islamico” avrà inizialmente tre versioni, in altrettante leghe: oro, argento e bronzo. E che verrà messo in circolazione con un obiettivo non soltanto economico, ma anche culturale: “Per consentire ai credenti di sfidare il tirannico sistema monetario creato dalle economie occidentali per schiavizzare i musulmani”. Nei primi disegni apparsi su internet, le monete coniate dal Califfato riportano la mezzaluna islamica, un logo tradizionale, accanto alla quale ci sono poi altre varianti. Si va da una mappa del globo, al profilo della moschea di Al Aqsa a Gerusalemme, sino a insegne tribali, come lance e scudi, che riportano alle origini. Secondo alcune interpretazioni apparse nei giornali online, le monete con il simbolo dei sette fasci di grano - ripre- Le strategie Obiettivo Europa per le minacce del Califfo dell’Isis GUIDO OLIMPIO da Washington Un audio per ribattere alle voci che lo davano per morto. Un messaggio per indicare la strategia d’attacco. È questa la doppia lettura del discorso di 17 minuti diffuso sul web da Abu Bakr al Baghdadi, ovvero il Califfo dell’Isis. Nel suo sermone il leader indica la strada ai suoi seguaci. Quelli che combattono sul doppio fronte Siria-Iraq ma anche agli altri, i mujaheddin periferici, unitisi di recente al movimento con un atto di fedeltà. E aggiunge poi la lista degli avversari da incalzare, una lista lunga in quanto coinvolge gli stati regionali e, ovviamente, i “crociati”, con la consueta minaccia finale: “Arriveremo a Roma”. Il piano del Califfo si muove lungo una linea con tre punti fondamentali. Il primo è il controllo del territorio conquistato: l’Isis ci sta riuscendo in parte, anche se ora deve resistere alla controffensiva. Il secondo è la gestione sociale, ab- bastanza complicata. Deve governare la popolazione sottomessa, provvedere alle necessità, raccogliere consensi e, al tempo stesso, stroncare chi contesta. Quindi c’è l’espansione, con l’adesione al Califfato di altri gruppi, in Egitto, Yemen, Algeria, Libia, con un pensiero anche al Pakistan. Per al Baghdadi gli attacchi devono prendere di mira innanzitutto il nemico vicino, ossia i regimi arabi. E segnala in modo diretto l’Arabia Saudita, subito dopo i generali egiziani. È questa la priorità, perché mettendo in difficoltà i Paesi amici di Washington è possibile reclutare altre forze con le quali puntare al nemico lontano, ossia gli occidentali. Nel suo intervento il leader insiste sulla debolezza degli Usa, e in più generale della coalizione. È chiaro che il target numero uno resta l’America, ma non è facile raggiungerla. L’unica risorsa sono i militanti ispirati in modo remoto, elementi che non fanno parte di alcuna struttura eversiva ma si riconoscono co- so dal Corano - sarebbe il segno religioso, mentre la mappa del globo un simbolo della sfida lanciata da Al-Baghdadi alla conquista di nuovi territori. Ora resta da vedere dove il Califfato prenderà la materia prima per realizzare le nuove monete, ma soprattutto dove e in che tempi le metterà in circolazione. Nel frattempo sempre ieri, sabato, il generale Martin Dempsey, l’ufficiale americano più alto in grado, è atterrato a Baghdad. Nella sua visita, peraltro non annunciata, Dempsey discuterà con le autorità irachene la prosecuzione della campagna contro l’Isis. La notizia è stata data dall’agenzia irachena Nina. Dempsey, capo di stato maggiore interforze, è a Baghdad dopo l’annuncio del presidente Barack Obama sull’invio di altri 1.500 consiglieri militari americani in Iraq. I SOLDI ISLAMICI Le nuove monete diffuse dall’Isis e rilanciate dalla Cnn che veranno coniate in oro, argento e bronzo munque nel disegno. Molto più a rischio gli europei. Come la Gran Bretagna e la Francia. Entrambe partecipano ai raid, sono al fianco di Washington, ma hanno al loro interno ambienti che simpatizzano con l’Isis. Ci sono infine centinaia di jihadisti che sono partiti da qui e possono sempre tornare. Anche se sarebbe un errore considerali tutti come dei potenziali terroristi. La mappa dei bersagli si estende, inevitabilmente, alla Germania. Sono tanti i tedeschi che si battono agli ordini del Califfo, sono molti gli integralisti violenti rimasti all’interno dei confini. Dunque ci sono le condizioni di rischio: lo sanno bene i servizi di sicurezza che hanno moltiplicato l’attività di interdizione in collaborazione con i partner dell’Unione Europea. Situazione simile nei Paesi del Nord. Olanda, Norvegia, Danimarca e Belgio non sono immuni da pericoli. Qui hanno operato vecchi network islamisti, quindi c’è una “tradizione” che può essere rinverdita dai volontari anda- ti a combattere in Iraq o in Siria. In fondo c’è l’Italia. Ha dato meno in termini di numeri alla causa dell’Isis e delle frange estreme, però ospita il Vaticano e la sua capitale è Roma, spesso citata dalla propaganda estremista. È evidente che un eventuale attacco avrebbe un grande impatto e confermerebbe quanto predicato dal Califfo in quest’ultimo anno. Anche se va sottolineato che il termine “Roma” ha un significato non solo geografico e viene usato dai jihadisti per indicare l’intero schieramento “crociato”. Fino ad oggi, come confermano le parole di al Baghdadi, l’interesse principale del movimento è la vasta area del Medio Oriente. Le fondamenta del Califfato non sono ancora stabili, la risposta della coalizione crea problemi, gli avversari stanno prendendo le misure migliorando la loro intelligence. Le difficoltà incontrare dai mujaheddin nell’assalto alla cittadina curda di Kobane ne sono una prova. È una fase delicata che impone ai leader jihadisti delle iniziative accorte per non bruciare quanto ottenuto in un quadro piuttosto instabile. Tutto questo non esclude che l’Isis possa tentare la mossa aggirante, il colpo ad effetto, colpendo alle spalle l’Occidente. Non bisogna pensare a grandi progetti. Bastano anche i “piccoli tagli”, come gli ideologi qaedisti hanno spesso definito una serie di attacchi minori ma ravvicinati. Anche Osama si era convinto di ciò. Perché costano poco, non richiedono grande logistica e danno il senso di un’offensiva globale anche se magari si tratta di episodi scollegati. Per farli non serve un esercito di militanti super addestrati, ma basta un pugno di uomini determinati. – Phil Hansen, artista multimediale – «Solo chi pensa diverso cambia il mondo.» MAZDA CX-5. Chi l’ha detto che un artista deve avere la mano ferma? Accettando il suo handicap, un tremore della mano che è andato costantemente peggiorando nel corso degli anni, Phil Hansen ha scoperto nuove vie di fare arte, ispirando milioni di persone. Con lo stesso approccio – fare le cose in modo diverso per farle meglio – abbiamo sviluppato la tecnologia SKYACTIV, applicata ad esempio nella Mazda CX-5. Il risultato? Una vettura completamente inedita che in fatto di consumi e prestazioni non scende a compromessi. Lo illustra per esempio il motore diesel SKYACTIV-D 150 che, con un consumo di soli 4,6 l per 100 km1, offre la bellezza di 150 CV, un’entusiasmante coppia di 380 Nm e il più puro piacere di guida. Il primo motore di serie al mondo con un rapporto di compressione di 14:1. MAZDA. OLTRE LE CONVENZIONI. Scopri di più sulla nostra filosofia di marca al sito www.mazdarebels.ch. Mazda CX-5 SKYACTIV-D 150 FWD. Mazda CX-5: categoria d’efficienza energetica A — E, consumo in ciclo misto 4,6 — 6,6 l/100 km, emissioni di CO2 119 — 155 g/km. Valore medio di CO2 di tutti i modelli nuovi commercializzati 148 g/km. Modello illlustrato: Mazda CX-5 Revolution SKYACTIV-G 160 AWD. 1 www.cx-5.ch La tendenza Il caso Sesso e amore Barbuto piace, ma il pelo deve essere sempre curato L’ottavo giorno, quello perso per “sfogliare” lo smartphone Sessualmente soddisfatto, resto però un cacciatore SALEMI A PAGINA 25 A PAGINA 21 ROSSI A PAGINA 22 traparentesi ilcaffè 16 novembre 2014 PASSIONI | BENESSERE | SPORT Animali Il bull terrier salottiero e palestrato BOLTRI A PAGINA 22 In futuro potremmo essere obbligati ad andare all’estero per farci curare. Perché costa meno. Un’idea su cui sta lavorando anche Berna Il della mondo sanità low cost PER COMINCIARE L a concorrenza, si sa, da tempo ha infranto tutti i confini. Anche per la sanità. E presto potremmo doverci curare all’estero. Per interventi particolari, operazioni complicate o solo per una lunga riabilitazione, Francia, Germania, Italia, Spagna o anche Paesi più lontani potrebbero rivelarsi molto più economici rispetto alla Svizzera. segue a pagina 18 ELISABETTA MORO PATRIZIA GUENZI COMING OUT H a fatto coming out. Ufficialmente. Senza alcun imbarazzo, Tim Cook, 53 anni, amministratore delegato di Apple dal 2011, ha dichiarato di essere gay tramite una lettera pubblica inviata al sito Businessweek. Già, facile per lui, avrete pensato. Infatti, se Cook non fosse ai vertici di un’azienda con una posizione dominante sul mercato, con un’immagine fresca e che piace soprattutto ai giovani… bè, forse non sarebbe passata così inosservata la sua esternazione. Perché se il travaglio interiore nel decidere di fare coming out è uguale per tutti, non lo sono invece le conseguenze. Provate un po’ a immaginare in un piccolo luogo di lavoro un impiegato qualsiasi che ad un certo punto grida forte e chiaro le sue inclinazioni sessuali. Inclinazioni giudicate, dalla maggior parte delle persone, ancora “poco normali”, o per lo meno da tenere per sé. Infatti, ha confessato Cook nella sua lettera aperta, “è stata dura e difficile, a volte, ma mi ha dato il coraggio di essere me stesso, di seguire la mia strada e di superare le avversità e il bigottismo”. Bigottismo ancora molto limitante per chi desidera semplicemente coniugare altrimenti l’amore. In questo senso, i Paesi nordici sono più avanti. E, in generale, ovviamente, le città rispetto ai paesi o alle province. Ma la strada è ancora lunga. Tuttavia, spianarne un tratto spetta a tutti noi. PATRIZIA GUENZI La comedy noir del Caffè Malafinanza, malapolitica e torbide passioni in un racconto di ventitré puntate di Anonymous Con una graphic novel di Marco Scuto A PAGINA 48 L a vita è una malattia trasmessa sessualmente. È un motto di spirito che circola molto fra i medici. Peccato che oggi in tanti lo prendano alla lettera e soprattutto che si fermino alla prima parte, senza apprezzare la seconda come meriterebbe. Così molti finiscono per medicalizzare la propria esistenza. Passando da una diagnostica preventiva all’altra, da uno specialista all’altro, da una clinica all’altra. segue a pagina 19 IL CAFFÈ 16 novembre 2014 18 ilcaffètraparentesi 19 Per la cataratta vadoaIstanbul,risparmio e mi diverto Ecco la mappa mondiale della sanità low cost, un’alternativa che interessa pure Berna PATRIZIA GUENZI Dalla Romandia a Parigi La scorsa domenica il Caffè ha pubblicato un servizio sulla sanità francese, che attira sempre più pazienti dalla Svizzera romanda La salute. In futuro, gli svizzeri potrebbero doversi curare in un altro Paese. Per interventi chirurgici, trattamenti particolari e riabilitazione L a concorrenza da tempo ha infranto tutti i confini. Anche per la sanità. E presto potremmo doverci curare all’estero. Per interventi particolari, patologie complicate o per una lunga riabilitazione, Francia, Germania, Italia, Spagna o Paesi più lontani potrebbero rivelarsi molto più economici rispetto alla Svizzera. Già ora, ad esempio per la chirurgia estetica, si vola in Brasile, patria del famosissimo chirurgo Ivo Pitanguy, per approfittare delle tecniche più innovative. Ovviamente, prima di salire sull’aereo sempre meglio assicurarsi di finire in mani capaci e in strutture altamente professionali per evitare complicazioni, dovute soprattutto a soggiorni medici troppo veloci. Però attenzione, anche, a non condurre una vita da malati, costante- Da Basilea si può andare a Lörrach e la cassa malati rimborsa i costi mente sotto controllo medico, per poi morire sani, come avverte l’antropologa Moro (vedi pagina accanto).Comunque sia, ci si prepara ad un futuro sanitario low cost. Sempre più lontano da casa. Anche Berna se ne Rio de Janeiro In Brasile, patria del chirurgo Pitanguy, si va soprattutto per la chirurgia estetica Budapest Da anni si va in Ungheria e in Polonia, per risparmiare sulle cure dentistiche tra gli isituti di cura - sottolinea Olivio Lama, di SantéSuisse Ticino (associazione mantello delle casse malati) -. Ma la concorrenza non è solo cantonale o nazionale, può benissimo essere pure internazionale”. Se i costi per la sanità continuano a lievitare qualcosa bisognerà pur fare per invertire la tendenza. Da anni si ripete che spendiamo cifre da capogiro. Basta dire che uno svizzero, in media, sborsa mensilmente oltre 700 franchi per la salute. Benvenga, allora, la mappa della sanità low cost, anche se oltrefrontiera. I primi a spingerci su un aereo per assicurarci cure meno costose, vale la pena ricordarlo, sono stati i dentisti. Destinazione Ungheria o Polonia per un innesto osseo, una protesi, una ricostruzione o un complicato intervento chirurgico orale. Da lì in poi, molti Paesi sono diventati meta del turismo terapeutico, con risparmi sino all’85%. Se all’inizio in Spagna e India sono in pole position per la medicina riproduttiva Turchia si andava per hammam e spa-hotel - servizi che continuano ad allettare -, ora l’offerta si è estesa anche a cure mediche che attirano oltre 100mila stranieri l’anno, con l’oftalmologia che la fa da padrona. I prin- Ankara Liechtenstein Da qualche anno le casse malati pagano ai pazienti del Canton San Gallo le cure in Liechtenstein sta interessando. Il Consiglio federale, infatti, lo scorso 15 ottobre ha deciso di mettere in consultazione un progetto di legge che consentirà di rafforzare la cooperazione transfrontaliera per le cure medico-sanitarie. Merito del successo di due iniziative pilota nelle regioni di BasileaLörrach (in Germania) e a cavallo fra il canton San Gallo e il Liechtenstein dove, già dal 2006, le casse malati si fanno carico dei trattamenti forniti all’estero.Ginevra è invece interesssata ad un accordo con la Francia. Naturalmente, le casse malati sono ben contente di risparmiare. “Il Drg, ovvero le tariffe fissate secondo forfait per caso, è stato introdotto proprio per creare maggior concorrenza Lörrach Il Baden-Württemberg offre ottime strutture e bravi medici che attraggono pazienti anche dalla Cofederazione. Ma in Germania si va anche per i denti, il primo esame viene fatturato meno della metà rispetto alla Svizzera0 cipali centri sono a Istanbul, Ankara e Smirne; l’operazione di eccellenza è la correzione col laser della miopia. Neanche 1000 franchi per un intervento su entrambi gli occhi, tre notti in hotel all inclusive. Molto richieste anche blefaroplastica e cataratta. Spagna e India, invece, sono in pole position per la medicina riproduttiva. Secondo la Società europea di embriologia e riproduzione umana, tra il 35 e il 40% degli interventi di riproduzione assistita transfrontaliera in Europa vengono fatti in Spagna, circa 35mila casi l’anno. Per la maternità surrogata meglio l’India, si spende un quarto rispetto agli Usa. Cliniche specializzate per l’ ”utero in affitto” offrono i lo- ro servizi a partire da 20mila euro. Per dare un taglio ai chili di troppo si va in Messico: dalla dieta alle cure per il diabete, ma anche interventi di chirurgia bariatrica a metà prezzo rispetto alle tariffe americane. A Bangkok, invece, cambio di sesso economico e discreto: dai 2 agli 8mila euro. Se desiderate solo un check up generale staccate un biglietto per la Malesia. A partire da 500 euro, nelle cliniche dell’ex colonia britannica si trovano pacchetti completi, con tanto di escursioni a Kuala Lumpur o relax su spiagge da sogno. Tanto per unire all’utile anche un po’ di dilettevole. [email protected] Q@PatriziaGuenzi Kuala Lumpur Oltre 100mila pazienti stranieri l’anno vanno ad Ankara, Istanbul e Smirne per cure mediche, oftalmologia su tutte Bangkok Da qualche anno la Malesia, oltre a spiagge da sogno, offre strutture efficienti per i check up In Thailandia si va per gli interventi di cambio di sesso. Paese economico e discreto Le mete della salute a basso costo Lione Ginevra vorrebbe inviare i pazienti nella vicina regione del Rodano per risparmiare sui costi sanitari Cancun Mumbai Barcellona L’India per la maternità surrogata è una meta molto frequentata, si spende un quarto rispetto agli Usa Spagna (e India) sono in pole position per gli interventi di medicina riproduttiva In Svizzera Chirurgia ricostruttiva, cuore e riabilitazione il tris elvetico che vince L In Ticino Esistono ottime strutture anche in Ticino con professionisti di fama, Cardiocentro e Iosi ne sono un esempio Cosa e dove 1 Trentamila pazienti stranieri arrivano ogni anno nella Confederazione e spendono oltre 1 miliardo e punte di eccellenza sanitarie svizzere si trovano soprattutto in quelle città o regioni dove c’è un ospedale universitario: Losanna, Ginevra, Basilea, Berna, Zurigo o un noto nosocomio come a San Gallo. Qui, numerosi pazienti stranieri, ogni anno approdano per avere un secondo parere medico o per curare patologie cardiologiche-tumorali, ma anche per sottoporsi a interventi di ortopedia o di chirurgia viscerale. Punte di eccellenza che si trovano pure in Ticino dove, tra il 4 e il 6% dei pazienti che fanno capo ad un ospedale pubblico o a una clinica privata, arrivano dall’estero. “Non dimentichiamo il Cardiocentro e lo Iosi ricorda il dottor Sebastiano Martinoli, chirurgo alla Clinica Moncucco di Lugano -. L’Istituto oncologico di Bellinzona e il dottor Franco Cavalli sono conosciuti a livello mondiale”. Secondo uno studio del Gottlieb Duttweiler Institut, 30mila pazienti stranieri vengono ogni anno in Svizzera per sottoporsi a cure mediche e spendono oltre un miliardo di franchi per i trattamenti (850 milioni nel 2010). L’Associazione degli ospedali svizzeri, che rappre- senta 370 istituti pubblici e privati, stima tra l’1-2% il tasso di pazienti che arriva da oltrefrontiera. Per tornare al Ticino, basta pensare al centro di riabilitazione Hildebrand, di Brissago, meta privilegiata di pazienti stranieri facoltosi che non badono a spese pur di risollevarsi dai postumi di un ictus o di un grave incidente. Altro nome eccellente della sanità elvetica è l’Hirslanden Private Hospital Group, il più importante nella Confederazione con numerosi centri sia nella Svizzera tedesca che francese, e che punta ad un aumento annuo del 10% della presenza straniera per i prossimi cinque anni. Forte della sua collaborazione con cliniche in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti. Pazienti, questi ultimi, che spesso scelgono la Svizzera per trattamenti di chirurgia estetica o ricostruttiva dopo un cancro al seno o un incidente. Una richiesta legata sì alla fama di un Paese altamente specializzato, ma anche alla sua discrezione. I pazienti arrivano persino dalla Cina, stando ai dati di Swiss Health, piattaforma creata nel 2008 per promuovere i ser- PER VISTA E PALPEBRE vizi medici all’estero. Sebbene spesso, più che dal singolo ospedale o clinica, gli stranieri siano richiamati dalla fama del chirurgo che vi opera. Soprattutto per la chirurgia plastica a pesare è la notorietà del medico. Discrezione, professionalità e buone strutture sono la carta vincente della sanità elvetica, conosciuta in tutto il mondo per la qualità dei suoi servizi. “In testa ci sono Ginevra, Berna, Zurigo, per le patologie cardiache - precisa Martinoli -. Zurigo, da sempre è un grande nome per la chirurgia cardiaca, da qualche anno si è imposto pure per la chirurgia cardiaca infantile, grazie al lavoro del dottor René Prêtre. Ma anche San Gallo gode di una buona tradizione nella chirurgia ortopedica e viscerale”. Un business, quello della salute, che già l’ex ministro federale della sanità, Pascal Chouchepin, molto lungimirante in alcune sue visioni, anni fa propose di incentivare. In sostanza, gli ospedali svizzeri avrebbero dovuto aprirsi di più al “turismo sanitario” per bloccare sul nascere la concorrenza delle nuove cliniche di lusso a cinque stelle realizzate in Brasile, a Dubai e Singapore, specializzate in diverse terapie. La domanda nel settore della chirurgia sta progredendo di pari passo con quella relativa ai servizi di medicina generica. Sempre secondo Swiss Health, negli ultimi anni sono in forte crescita i pazienti provenienti da Russia, Cina o dai Paesi dell’ex Urss, dove la classe media ha sempre più disponibilità economica. L’entusiasmo dei cinesi sarebbe in particolare dovuto ai trattamenti offerti da cliniche di lusso, come la Clinique la Prairie di Montreux, che usano cellule animali. La terapia più richiesta è quella “rivitalizzante”, con la somministrazione per via orale, sull’arco di due giorni, di una soluzione di sostanze biologicamente attive estratte dal fegato di giovani agnelli. p.g. L’oftalmologia attira oltre 100mila stranieri l’anno. I centri più importanti, Istanbul, Ankara e Smirne. L’operazione di eccellenza è la correzione a laser della miopia, oltre alla blefaroplastica. 2 3 4 MI RIFACCIO GLUTEI E SENO Glutei da urlo, da rialzare e rimodellare, appunto, alla brasiliana, ma anche nuovi metodi che permettono di fare il lifting senza bisturi, in ambulatorio. CHECK UP A 360 GRADI Le cliniche malesi offrono pacchetti all inclusive. Una miriade di esami, oltre a gite turistiche. A partire da 500 euro, la metà rispetto alla vicina Singapore. Keystone DALL’ARABIA A BERNA Nei centri Hirslanden arrivano pazienti dall’Arabia e dagli Emirati Arabi Uniti Il Messico è una meta ambita per la chirurgia bariatrica, costa la metà rispetto agli Usa CAMBIO SESSO E SPENDO POCO Da uomo a donna e viceversa. Non solo interventi sui genitali, ma anche altre esigenze di tipo estetico. Pacchetti viaggio acquistabili online per Bangkok La specialità In Francia,Germania e Thailandia per corone,otturazioni e dentiere P arrebbe soprattutto una questione di denti. O meglio di dentisti troppo cari, per le tasche delle classi medie e medio basse svizzere. Cos’ha detto il dottor Marc Schwing, di Allonzier-LaCaille, in Savoia, che ha parecchi pazienti di Ginevra e dintorni? Di essere sorpreso dal cattivo stato dei denti di molti degli svizzeri che si presentano al suo studio. Un discorso analogo lo potrebbero fare molti suoi colleghi tedeschi, che operano a ridosso del confine con il nostro Paese, curando carie o sostituendo corone di gente che viene da Basilea, Zurigo, San Gallo e, a volte, fin da Berna. Anche perché, rimanendo in Germania, l’esame clinico che si fa la prima volta ad un nuovo paziente, viene fatturato poco più di 33 franchi, mentre in Svizzera si può arrivare sino a 74. Se, poi, una volta fatta la visita, si passa alla soluzione dei problemi allora sono dolori non per la bocca ma per per il portafoglio. Ad esempio, secondo una comparazione del Blick, per un’otturazione in Germania possono bastare 65 franchi, mentre al di qua della frontiera si arriva a circa 200. Se, invece, si tratta della sostituzione di una corona, ecco allora che a Zurigo e Basilea si fa in fretta a toccare i 2000 franchi, contro i circa 450 che vengono fatturati dall’altra parte del confine. “Attenzione, è possibile che quei 450 Le degenze Tra il 2002 e il 2009 le degenze di occidentali in ospedali thailandesi aumentate da 620mila a 1.45 milioni franchi si riferiscano ad un lavoro da laboratorio appaltato in Estremo Oriente”, avverte Alex Weber, della Società Svizzera di Odontostomatologia. E, a proposito di Estremo Oriente, vale la pena spendere qualche parola, pure, sulla tentazione, invalsa ormai anche negli svizzeri, di usufruire delle strutture mediche della Thailandia, Singapore, Corea del Sud e altri Paesi. Tra il 2002 e il 2009, il numero delle degenze di occidentali, negli ospedali thailandesi, è passato da 620 mila a 1,45 milioni. “Al Sukhumvit Hospital di Bangkok il 40% degli interventi è effettuato su pazienti stranieri”, ha dichiarato il direttore marketing del nosocomio, Nicolas Leloup, non a caso un francese. “Il turismo sanitario in Asia continuerà a crescere in modo esplosivo”, afferma il direttore esecutivo dello stesso ospedale, Paul Keckley. In effetti le strutture sanitarie locali non hanno nulla da invidiare a quelle occidentali, le cure sono assai meno care e, soprattutto, la convalescenza si può trascorrere su una spiaggia assolata. Il fenomeno, per quanto riguarda gli svizzeri “è ancora da ritenersi marginale”, se paragonato ad americani, francesi e australiani, secondo quanto scrive la Rivista medica svizzera che, però, ritiene inevitabile che finisca con l’attecchire anche da noi. f.z. L’analisi Vivremo da malati per poter... morire sani ELISABETTA MORO Docente di antropologia culturale L a vita è una malattia trasmessa sessualmente. È un motto di spirito che circola molto fra i medici. Peccato che oggi in tanti lo prendano alla lettera e soprattutto che si fermino alla prima parte, senza apprezzare la seconda come meriterebbe. Così molti finiscono per medicalizzare la propria esistenza. Passando da una diagnostica preventiva all’altra, da uno specialista all’altro, da una clinica all’altra. E da un po’ di tempo si va diffondendo una sorta di turismo terapeutico. Che, beninteso, non ha niente a che fare con i viaggi della speranza. Ma serve semplicemente a placare la paura di ammalarsi. E soprattutto di invecchiare. L’età, infatti, viene ormai percepita come una patologia insidiosa, da combattere colpo su colpo. E quello che una volta si chiamava il naturale corso del tempo, viene considerato un subdolo effetto dell’ossidazione. Trasformando gli antiossidanti in veri e propri salvavita. Insomma, corriamo a grandi passi verso una vera e propria ipocondria collettiva. E questa sì che è una vera e propria epidemia sociale. Un bacillo contagioso, come diceva Giorgio Gaber, che si propaga in maniera direttamente proporzionale alla crescita dell’insicurezza globale. E che ci fa sentire tutti più fragili. Esposti a qualunque contagio, vero o presunto. Col risultato di rinchiuderci in una sorta di cittadella immunitaria. È il male della modernità. Lo aveva già capito Molière che nel 1673 fa del suo Malato immaginario il progenitore di tutti gli ipocondriaci. Nonché la vittima predestinata di quella che oggi si chiama “disease mongering”, vale a dire quel marketing della salute che prima produce i farmaci e poi inventa la malattia adatta. Che è un po’ come costruire il traforo e poi metterci sopra la montagna. Proprio come fanno il dottor Purgone e il dottor Olezzo, i due medici imbonitori che spillano denaro ad Argante, il protagonista della commedia di Molière. Con la differenza che dal malato immaginario siamo passati all’immaginario malato. Che tocca un po’ tutti. Colpa anche di una società efficientista che ci chiede di rimanere per sempre giovani, scattanti e performanti. E che ha esasperato il motto prevenire è meglio che curare, finendo per trasformare la vita in una terapia intensiva. Così sembriamo tanti personaggi della commedia di Jules Romains, “Il trionfo della medicina”, dove un certo dottor Knock, in combutta con il farmacista del luogo, trasforma un intero paese in una grande clinica, convincendo tutti gli abitanti di avere qualcosa che non va. Il suo motto è “la popolazione è sana solo perché non sa di essere malata”. È l’inizio di quello che il grande psichiatra Thomas Szasz definiva lo Stato Terapeutico, ossia un modello di società in cui qualsiasi cosa diventa malattia da curare. Dalla grassezza all’ipercinetismo infantile. Dalla tristezza alla gravidanza. Finendo per vivere da malati per morire sani. IL CAFFÈ 16 novembre 2014 ilcaffètraparentesi 21 In Svizzera Il trend.Quotidianamente passiamo in media oltre tre ore a consultare il nostro cellulare. Per scaricare posta, twittare, postare, inviare e-mail e messaggi Una gioventù iperconnessa che dà l’addio a tv e giornali A Quell’ottavo giorno guadagnato o perso sullo smartphone Usi e abusi I ragazzi Un esperimento negli Usa su 200 ragazzi, che erano stati privati del loro telefonino, ha accertato una crisi da astinenza La frequenza Una ricerca inglese ha stimato che in media si consulta il telefonino 1.500 volte la settimana, 12 volte ogni ora per 214 volte al giorno La mattina In Svizzera, tra gli utenti più giovani, quelli sotto i 30 anni, ben il 19% guarda subito il telefonino appena aperti gli occhi la mattina C’ è perfino un app (Moment) che ci dice quanto siamo dipendenti dello smartphone, il telefono “intelligente” che ci rende sempre meno indipendenti. Fra chiamate, chat, sms, mail, post, applicazioni e giochi ormai si passa più tempo con lo smartphone in mano che a fare qualsiasi altra cosa. In media 3 ore e 16 minuti al giorno, rubando tempo al sonno, ai pasti, al lavoro, al tempo libero. Una giornata in più ogni settimana È quanto emerge da un’indagine condotta in Inghilterra pubblicata dal quotidiano britannico Daily Mail. “Per me è un giorno risparmiato - nota Paolo Attivissimo, divulgatore scientifico esperto in nuove tecnologie -. Siccome molto del mio lavoro viaggia online e invece di telefonare, parlare, fissare appuntamenti, aspettare, Paolo Attivissimo: “Per chi lavora sul web si apre un mondo di possibilità che fa risparmiare tempo” Mauro Croce : “La dipendenza delle nuove tecnologie fra i giovani ha anche aspetti preoccupanti” mi basta inviare un sms, smisto documenti, ricevo risposte e guadagno tempo”. Un giorno in più. L’ottavo giorno, appunto. “Certo che se uno si perde via giocherellando sullo smartphone, fotografando sciocchezze e inviandole agli amici ruba tempo dedicato alla socialità. In questo caso, forse, è un giorno perso”, aggiunge Attivissimo. Tutto dipende dalla modalità d’utilizzo. “La dipendenza dalle nuove tecnologie, dalla necessità di essere sempre connessi, ma anche dai giochini presenti sullo smartphone, sta assumendo fra i giovani dimensioni preoccupanti, pur non essendo riconosciuta come dipendenza vera e propria dalla comunità scientifica - sostiene Mauro Croce, psicologo esperto in dipendenze -. Un esperimento condotto negli Usa su 200 ragazzi a cui era stato chiesto di rinunciare all’uso dello smartphone per un giorno, dopo 24 ore ha rintracciato comportamenti tipici di chi è in astinenza: la paura di non essere connessi con la propria rete di amicizie, di essere esclusi”. Nel dettaglio, stando all’indagine consultiamo il telefonino 1500 volte la settimana, 214 al giorno: tolte le ore del sonno, circa dodici volte all’ora. Il picco è alle 7.31 del mattino, ap- pena svegli. Da un’indagine analoga di Comparis.ch, nel 2013 in Svizzera due possessori di smartphone su tre controllano i messaggi prima ancora di arrivare al lavoro. Uno su dieci si informa sulle ultime novità addirittura dal letto, ancora prima di alzarsi. Un uso che è inversamente proporzionale all’età. In Svizzera, tra gli utenti più giovani, infatti, il 19% sotto i 30 anni guarda il proprio smartphone appena aperti gli occhi la mattina. A partire dai 50 anni questa percentuale scende al 4%. “Per chi cresce con i social network, twitter, wordzap, facebook, linkedin, instagram - aggiunge Attivissimo -, sono ormai una modalità normale di socializzazione. Gli adulti invece, che hanno già una loro rete di relazione precedente possono scegliere se entrare nei social network o meno”. c.m. ddio vecchio telefono. Solo l’1% dei giovani fra i 12 e i 19 anni ha un “normale telefonino”. Il resto, la quasi totalità, secondo una recente ricerca dell’Università di scienze applicate di Zurigo (studio James), possiede uno smartphone utilizzato soprattutto per ascoltare la musica o navigare in internet. Solo quattro anni fa appena il 16% dei giovani navigava in rete con il cellulare. Ora è un’abitudine generalizzata. “È ormai una tendenza si è più connessi, ma si comunica di meno, visto che altri scopi, per giocare, leggere notizie, perdere tempo”, commenta Davide Gai esperto in tecnologie della comunicazione. Addio telefonate dunque, calate dall’80% del 2010 al 71% di oggi, ma addio anche ai giornali di carta, anche se gratuiti. Solo il 35% degli intervistati dichiara di leggere la free press contro il 49% nel 2012. I giovani sempre più spesso le notizie se le vanno a cercare sui giornali online: quasi un terzo segue le novità su portali di news in internet. “Ormai i giornali stanno emigrando sul web - aggiunge Gai mentre la maggior vittima di questo fenomeno è la tv generalista, che sempre meno persone guardano”. Lo studio evidenzia inoltre che la quasi totalità (99%) delle economie domestiche in cui vivono i ragazzi ha a disposizione un computer con accesso a internet. La durata di navigazione quotidiana nel corso della settimana è di circa due ore. E cosa fannno i ragazzi su internet con il loro smartphone? Diverso il comportamento fra maschi e donne, ovviamente. I primi si divertono con videogiochi o guardano film, in particolare (il 43%) video porno o erotici. Le donne, invece, ascoltano spesso la musica o fanno foto. *** )"+!%# ’ $"’&!&. &(&/& &( !, "/ C?MH6 :R /AA> &? *>22C?C EHC;6MM/4 EHC5O26 6 /HH65/ >AM6HA> 2CA OA E/MH>@CA>C OA>2C 5> 2/E/2>M0 2H6/M>P6 6 EHC;6MMO/?>F .>6A> / 2CACI26H6 ?6 ACIMH6 EHCECIM6 OA>2<6 65 6I2?OI>P6F ,> /IE6MM>/@CF #I2?OI>P>IM/ E6H >? ,>2>AC &’ *&!!)’) +FF$F’F = .& #++) 9J4 KBRR ’-$()4 !% ,#’F G:D BD BKK R7 7R = G:D BD BKK D9 NR = 6=@/>?3 >A8C1>?E>22C?CF2< = QQQF>?E>22C?CF2< IL CAFFÈ 16 novembre 2014 22 LE RUBRICHE ilcaffètraparentesi Animali. BenEssere. La pillolina blu potrebbe avere un effetto positivo sulle patologie di cuore e ventricoli Il bull terrier vive bene in salotto e in palestra Insufficienza cardiaca tamponata dal viagra CRISTINA GAVIRAGHI I n fondo, all’inizio, era stato studiato per questo: per far bene al cuore. Il sildenafil, meglio conosciuto con il nome commerciale di “viagra” e con quello popolare di “pillola blu”, è il farmaco più noto per il trattamento della disfunzione erettile, ma all’inizio fu sperimentato per la cura dell’angina pectoris, il dolore al petto causato da patologie coronariche. I risultati per questo scopo si rivelarono modesti, ma, durante la sperimentazione, emerse che uno dei suoi “effetti collaterali” era di migliorare le erezioni maschili. Da qui in poi la storia è nota. Un gruppo di ricercatori dell’università La Sapienza di Roma, però, ha riproposto un possibile utilizzo del viagra per chi soffre di alcune patologie cardiache. Sulla rivista Bmc Medicine, gli esperti hanno analizzato 24 studi sugli effetti del sildenafil sulla funzionalità cardiaca in 1622 pazienti. “I dati raccolti - spiega Andrea Isidoro, principale autore della ricerca -, mostrano come una prolungata assunzione di questo farmaco abbia un effetto positivo su forma e dimensioni del cuore di chi soffre d’ipertrofia ventricolare sinistra e migliori le performance cardiache”. Il sildenafil inibisce la fosfodiesterasi 5, un enzima particolarmente presente nella muscolatura liscia che ostacola il rilassamento muscolare. È questa sua capacità che fa distendere i corpi cavernosi del pene consentendo un’erezione più consistente e duratura. In campo cardiologico, l’azione di questo farmaco migliora il flusso sanguigno nel cuore, favorisce il suo rilassamento durante la fase diasto- lica, cioè dopo la contrazione, consentendo un corretto riempimento del ventricolo e rendendo la gittata cardiaca più efficiente. Il tutto con un effetto positivo su forma e dimensione del cuore di chi ne presenta ispessimenti anomali e sulla sua funzionalità in chi soffre d’insufficienza cardiaca. “Il farmaco è sicuro e ben tollerato anche negli anziani e andrebbe testato, per verificarne l’efficacia in questi pazienti, in studi ampi e dedicati”, conclude Isidoro. Ci sarebbe, però, un altro metodo per consentire un corretto afflusso di sangue al cuore: mantenere in salute le sue valvole. Tenere sotto controllo il livello di zuccheri nel sangue. Già anni fa era stata evidenziata una correlazione tra diabete e calcificazione della valvola aortica, condizione che ne provoca un irrigidi- mento e una ridotta funzionalità. Alcuni ricercatori statunitensi, sul Journal of the Royal Society Interface, hanno cercato di spiegare le basi cellulari del fenomeno. Studiando in laboratorio le valvole cardiache dei suini, in particolare quella aortica, in presenza di diverse concentrazioni di glucosio, gli esperti hanno evidenziato che le valvole, per funzionare correttamente, hanno bisogno della giusta quantità di nutrienti. Un eccessivo livello di glucosio avrebbe effetti negativi sul metabolismo delle cellule interstiziali, quelle che, producendo le sostanze extracellulari, sono responsabili della struttura valvolare. Troppo zucchero causerebbe un rallentamento della loro attività con conseguente indurimento e riduzione del flusso sanguigno al cuore. D “Soddisfatto,sì, ma cacciatore” Cerchi la novità con sua moglie H o trentatré anni, sono sposato da tre e sto con mia moglie da sette anni. Abbiamo sempre avuto una buona vita di coppia, anche sessuale. Mia moglie è molto soddisfatta di me, sento che ha proprio piacere nel fare l’amore e anche a me piace molto. Intimamente ho però sempre avuto (a volte di più, a volte di meno) il desiderio di avere avventure con altre donne. Forse per il gusto di provare nuove emozioni, ma anche per soddisfare il mio animo di cacciatore. Mi considero un bel ragazzo e so che nel mio piccolo posso piacere. A volte riesco a fermare questi miei istinti masturbandomi e ci sono sempre riuscito tranne una sola volta in cui ho tradito mia moglie. Ora però, dopo questa prima esperienza, vorrei riprovare ma non so bene come comportarmi. Infatti non mi va di andare a caccia di altre donne. Vorrei che se dovesse capitare, che capiti quasi per caso come la prima e ultima volta (per ora). Ho anche pensato di andare con una escort. Non so davvero come muovermi, nel senso che non è un grosso problema perché mi sento comunque soddisfatto, però vorrei ogni tanto assaggiare il gusto del proibito. La risposta di Linda Rossi G razie per darmi lo spunto di parlare della voglia di trasgredire dell’uomo felicemente sposato. È un fenomeno alquanto diffuso ma, a dipendenza della persona, questo comportamento assume connotazioni diverse. In lei c’è la voglia di provare nuove emozioni e di soddisfare il suo istinto di maschio cacciatore. In tutti questi anni di matrimonio ha “sgarrato” una sola volta e questo sembra averle dato la voglia di ripetere l’esperienza. Però, con- La moda. LINDA D’ADDIO P E gregio dottore, avvicinandosi il Natale, e con esso il carico di doni, dopo lunghe discussioni abbiamo deciso di regalaci un nuovo compagno di vita. La scelta, ovviamente preceduta dalle solite discussioni sui pro e i contro di una razza rispetto ad un’altra, è caduta sul bull terrier. Putroppo, esprimendo la nostra intenzione agli amici, ne sono venute fuori opinioni totalmente discordanti ed opposte tra loro. Quindi eccoci qua a chiedere il suo imparziale parere su questa particolare razza, oltre a qualche consiglio sulla sua gestione quotidiana. La risposta di Stefano Boltri Sesso e amore. La lettera La lettera traddicendosi direi, sostiene di non voler andare a caccia di altre donne, ma vorrebbe che capitasse per caso. Anche il pensiero di andare con una escort annulla nuovamente l’istinto cacciatore, poiché, in questo caso, basta pagare. Se una saltuaria esperienza adulterina si giustifica con il piacere che le può La maglia antigelo è extralarge e calda esi sostanziosi, lavorazioni nordiche, colli altissimi, misure over e cappelli, sciarpe e guanti termici. È la nuova grande tendenza del knitwear, un trend che consente di sfidare le temperature più rigide e di prepararsi al grande freddo, coccolati dal calore e dalla morbidezza della maglia. Quelle 2014/15 sono talmente larghe, lunghe e pesanti da fungere da capospalla e riparano come un cappotto. I colli sono alti, spesso altissimi, doppi, tripli, lavorati a coste inglesi o a trecce e coprono anche le spalle con un doppio strato di lana rendendo assolutamente superflua qualsiasi altra protezione, sciarpa, cappuccio o scaldacollo. Così i grandi marchi hanno interpretato questa nuova stagione fredda della maglia giocando con le proporzioni, con i filati, con le lavorazioni, con i dettagli, una sorta di terapia “antifrozen” e “cocoon”, perfetta per le alte quote e per i climi nordici, ma da sfoggiare soprattutto in città. Abbinata alla pelliccia o ai tessuti tecnici e termici, così l’hanno proposta griffe e marchi tecnici per modelli in grado di sfidare le temperature più rigide. Colli di pelo ma anche inserti di pelliccia e parti in materiali trapuntati e high tech. Il marchio Herno abbina la maglia al piumino in molti nuovi modelli. Calvin Klein propone una maglia girocollo con il davanti in pelliccia. Malo punta su un supertermico maxipull lavorato a trecce con collo di pelliccia. Idem per il maxipull lavorato a trecce di Laura Biagiotti. È rivestito di maglia lavorata a coste inglesi il piumino zip- pato di Elisabetta Franchi. Le proporzioni della nuova maglia grossa sono sempre più spesso over, over nelle larghezze e extra anche nelle lunghezze. Dai maglioni a coste inglesi e a motivi irlandesi ai cappotti e giacconi ultrapesanti e extralarge, tante interpretazioni per uno stile comodo e caldo. Trecce e motivi irlandesi o jacquard le conferiscono quel sapore d’antan che ricorda le maglie lavorate ai ferri dalle nostre nonne che si indossavano anche negli ambienti chiusi, ai tempi non molto riscaldati. È maxi il pull a trecce bicolore bianco e azzurro con collo dolcevita di Tommy Hilfiger. Proporzioni over per la maglia mélange con collo a scialle di Sisley. Misura extralarge per il pull girocollo con trecce e frange di & Other Stories. Largo il cardigan con tasche e collo scialle di Gazél, larga la maglia di lana con collo alto Zara, il kimono in cashmere di Cruciani, il cardigan a trecce di Manila Grace, quasi un cappotto. Copre anche le spalle il collo alto e largo della maglia over di The Row, con pantaloni ampi in maglia coordinati. Infine gli accessori, dai tradizionali cappelli con il pompon alle sciarpe lavorate lunghissime fino ai poncho alle mantelle, senza dimenticare guanti e calzettoni a coste in lana grossa stile alta quota. È lunghissima la sciarpa mélange di Gazél e anche quella di Relish. Jacquard e a righe il berretto colorato con pompon di Polo Ralph Lauren che propone anche i calzettoni di lana grossa a coste infilati negli scarponcini. Look country per berretti e mantella di Tommy Hilfiger. apportare il “gusto del proibito”, abbinabile alla ricerca di provare nuove emozioni, allora mi verrebbe da dirle che questo può essere vissuto nel sup felice rapporto di coppia. Ad esempio evitando la solita routine, tanto nefasta per due amanti. Certo che ci vuole un po’ di inventiva e di coraggio nel proporre alla propria donna nuove fantasie erotiche, nuovi scenari o giochi di ruolo. L’idea di cercare fuori dalla propria coppia un “plus” denota, a mio avviso, un’incapacità nel saper rinnovare la relazione che, se trascurata perché data per scontata, va progressivamente spegnendosi. Se si vanno a cercare nuove emozioni che la trasgressione le procurerebbe, ci si abitua a trovare l’adrenalina all’esterno e non all’interno della propria coppia. Oltre che renderla consapevole di quello che può rappresentare il suo bisogno di uscire dai soliti binari, seppur questi siano solidi e perfettamente funzionanti, la rendo attenta anche al fatto che, visto soprattutto che gli uomini sono distratti, un giorno potrebbe farsi beccare dalla sua amata moglie. Allora sarebbero davvero guai perché una volta forse si può perdonare e poi superare, la seconda però lei è spacciato e allora credo che per entrambi saranno dolori. A lei quindi decidere come muoversi. evo ammettere che con il passare del tempo le mie idee nei confronti di questa razza sono notevolmente mutate. Si dice che il bull terrier sia un cane che si odia o si ama, ed in effetti la mia diffidenza nei suoi confronti si è decisamente trasformata in simpatia. Fisicamente ha l’aspetto di un vero atleta, con un corpo muscoloso ed un muso dall’aspetto inconfondibile. La storia di questa razza non si perde nella notte dei tempi, ma, anzi, è piuttosto recente. Si può farla risalire alla fine del diciottesimo secolo, grazie a James Hinks che attraverso vari incroci tra bull dog e white english terrrier riuscì a stabilizzare i caratteri di questa razza. Questi cani dall’aspetto così particolare furono subito apprezzati tanto che già nel 1887 esisteva un club dedicato alla razza che fu ufficialmente riconosciuta nel 1933. Tra i suoi caratteri tipici dominano equilibrio e grinta, generando cani adatti sia ad una vita cittadina, sia ad una esistenza più rustica. Il bull terrrier necessita sia il riposo che un adeguato esercizio fisico. È indispensabile che il proprietario lo segua e gli permetta di compiere una attività fisica equilibrata e corretta ed è altrettanto indispensabile che il nostro “bull” abbia a disposizione un luogo tranquillo e sicuro dove riposare indisturbato. La razza è decisamente rustica e raramente va incontro a malattie; una particolare attenzione va però dedicata ai soggetti di colore bianco perchè sembrano più delicati rispetto a quelli con mantello di altro colore, soprattutto per quanto riguarda allergie e dermatiti a volte difficili da gestire. Il momento dell’ingresso di un cane in casa è sempre delicato ed è importante conoscere i tempi giusti di socializzazione. La bestiola, infatti, dovrà vedere nella nuova famiglia un punto di riferimento, altrimenti la sua esuberanza, forza e spirito di indipendenza non saranno mai gestiti in modo corretto. Scrivi a LINDA ROSSI psicoterapeuta e sessuologa Scrivi a STEFANO BOLTRI veterinario del Caffè Posta: Linda Rossi – Il Caffè Via Luini 19 - 6600 Locarno Anche su www.caffe.ch clicca “Qua la zampa” E-mail: [email protected] E-mail: [email protected] IL CAFFÈ 16 novembre 2014 ilcaffètraparentesi 23 Gli stili. Dai vecchi teloni dei camion ai tessuti biodegradabili di oggi. L’ultima novità a 21 anni dall’inizio della storia di Markus e Daniel Freitag Noë Flum - Freitag L’arte del riciclo bio diventa un business D alla finestra della loro casa vedevano lunghe file di camion coperti da teloni coloratissimi. Un arcobaleno in movimento. Giorno e notte. Un’immagine che li ha accompagnati negli anni. Sino a quando, e siamo nel 1993, i fratelli Daniel e Markus Freitag hanno costruito le prime borse per uso personale. Oggi producono anche tessuti biodegradabili. Appassionati di moto, volevano una sacca reModa ecosostenibile sistente, impermeabile ed ecologica. E il materiale scelto non poteva che essere quello che li aveva accompagnati sin dall’infanzia: i teloni dei camion. Un anno dopo in un laboratorio artigianale è nato il marchio che con 300 mila pezzi realizzati LA CLASSICA F-ABRIC LE DIVISE all’anno, nella moda La classica “Dragnet”, I tessuti F-abric sono la Stella McCartney ha oggi è forse il più legaseconda borsa dei nuova linea di Freitag. creato le divise della to alla Svizzera. Un’icofratelli Freitag dopo la Riciclabili in 3 mesi in nazionale olimpica na rossocrociata dal“Topcat”, è la più un sistema particolare inglese tutte realizzare l’inconfondibile design venduta in assoluto di compostaggio in poliestere riciclato conosciuta in tutto il mondo, compreso il Giappone dove l’anno scorso all’Hebdo – che si occupano soltanto della scelta sono stati aperti due negozi. Una storia industriale della materia prima. Girano tra le aree di sosta delche è diventata, vent’anni dopo, un libro appena le dogane svizzere, cercano i teloni particolari, con uscito “Freitag – L’affaire dans le sac” (edizioni scritte e marchi fantasiosi, chiedono i numeri di Helvetiq). Ma mentre tutti conoscono le borse di telefono delle aziende ai conducenti. E poi comintela riciclata, rigorosamente fatte a mano una per cia la trattativa per l’acquisto”. Ma alcuni colori una, pochi sanno come sono nate e come si è pro- sono più difficili da reperire, come il rosa che esigressivamente sviluppato questo prodotto che re- ste soltanto in una azienda di trasporti tedesca. sta ancora a livello artigianale. “Abbiamo quattro Ogni anno sezionano quasi 400 tonnellate di teloni dipendenti – hanno raccontato i fratelli Freitag consunti di autocarri, 36mila camere d’aria di ruo- I FRATELLI Daniel e Markus Freitag hanno costruito le prime borse per uso personale. L’ultima frontiera dei due fratelli si chiama tessuto riciclabile GLI ABITI Si chiama Venette Waste la rivoluzionaria azienda della stilista Rossana Diana. Tutti abiti in tessuti riciclati LE BALLERINE Anche Gucci ha una linea di ballerine ecofriendly, Green Marola, in bio-plastica, materiale biodegradabile te di biciclette usate, 220 mila cinture di sicurezza d’auto, 1200 metri quadri di airbag che diventano pezzi di design. Tutto all’insegna del riciclo, perché chi acquista le loro borse ha una forte sensibilità ambientale e ama “il consumo responsabile”. E l’idea di regalare una seconda vita ai materiali usati, di “ricontestualizzarli”, come amano dire i due imprenditori, ha ormai conquistato i mercati. Anche nell’insediare un nuovo negozio, come hanno raccontato i W „ ÊŠú )? L'ì4'Ê 4Šë±ì4ú '))ú# 4?44ú ä ú)' #Š ÃʾÑ!è.èÄ9-"145š-)è11ÊÝ3³1¬½Ãñʾ ÃʾÑ!$ò+Ì1ï"-$¦3ææ/Þ;Á0"+ÁÝÊ-:"Óú’Í0šÌì6("Àš©-Í),ûÍÈ쬩è*ÊèÈš5,77Ì6Ó°.4¹ *ÅÌæ&ò°ÁÞ’7¬©æ!Ñ 8é)ÌÅÍ)è3é°"/èÅöûȹ+*",(ª1½½Ãñʾ Freitag, c’è un criterio preciso: “Non si sceglie la strada alla moda, o la più importante, ma quella più adatta al nostro prodotto”. Figli di un’assistente sociale e di un pubblicitario titolare di una piccola agenzia a Zurigo, Daniel e Markus Freitag hanno sempre fatto squadra. Identiche passioni, identiche idee, entrambi hanno due figli. E insieme danno il via libera ai nuovi modelli dopo una serie di prove su computer. “Anche se – ricordano – uno dei nostri modelli di successo è stato disegnato prima su un tovagliolo di carta. Diamo molta importanza all’intuizione”. Intuizione che li aveva portati a creare il primo modello F 13 Top Cat, finito al Museum of Modern Art a New York e nel Museum für Gestaltung a Zurigo. L’ultima frontiera dei due fratelli si chiama tessuto riciclabile. Con questo materiale è stata realizzata una nuova linea di pantaloni, magliette e borse. “In realtà noi eravamo solo alla ricerca di abiti da lavoro per i nostri collaboratori”, raccontano Markus e Daniel. I tessuti sono realizzati con fibre vegetali liberiane lino e canapa. Ed ecco i pantaloni biodegradabili, filo delle cuciture incluso. Persino i bottoni a pressione si possono svitare e dunque riutilizzare. m.sp. 3)ú)ŠSŠúì± )±¨Š'ä± #Šú)' ÀÚñû “à 9>>XÊ ¨ mè“à5ÚèÞñ5û Ë$“5@Ú5û ıÞà MÞ˚˚ÒÚû Úñ5Þ$ñû àÞ55û ¨ 1 èÞ*Ú ıÚ $ûM“ ¨ +ûñ*@àÞñT“ *ûññû “ à *5ÞààÞØ ıÚ“Ëñû*Ú û*5@$“àÞ gÀÚ*5Þ$ R@ñ“ ¢ŠmÞñ*û$ ( ÀÚ*5Þ$˚Ò2$Úû*“ Fä )Š)4±ë' ÊŠ?)4ú ±# æú#ëŠ#± Gà ñ@ûMû è“5Þ$“**û m?4i mug4iRu¢4 Úñ ˚ûè‰Úñ“TÚûñÞ ˚ûñ à“ ñ@ûM“ $Úû*“ i4?R4¢ ”?Úñû “à 9>>XÊŒ “$ûÀÚ55“5Þ ˚ûèÞ èÞè‰$Ú èPgÀÚ*5Þ$ ıÞà X ıÚ M“ñ5“ËËÚûŒ Úñ˚à > ıÚ ‰ûñ@* èÞè‰$ÚŒ *@ 5@55û à!“**û$5ÚèÞñ5û $Úû*“ ~“ñ5“ËËÚû ñûñ ˚@è@à“‰ÚàÞ ˚ûñ “à5$Þ $ûèûTÚûñÚ Þ $ÞTTÚ $Ú‰“**“5Ú Xûñ M“àÚıû Þ$ ‰@ûñÚ $ÞË“àû û û$ıÚñÚ ËÚ† ÞèÞ**Ú IL CAFFÈ 16 novembre 2014 24 Le auto. Sportività,spazio e funzionalità sono i punti forti dell’intrigante Skoda Octavia Rs in versione Station Wagon Tra i vigneti sul Lemano con un’auto su di giri S portività, spazio e funzionalità sono un trio perfetto che ben si sposa con la meta nel Canton Vaud che vi proponiamo. In questa regione vi aspettano splendidi vigneti a terrazza, dei pittoreschi villaggi e un magnifico lago dal colore blu intenso. E la Skoda Octavia Rs Station Wagon benzina, con sistema start-stop, (ottenibile anche come berlina e con un motore turbodiesel da 184 cavalli) merita, anche in questa graffiante versione un voto positivo. Il nostro viaggio da Caslano nel canton Vaud, nella regione del Lavaux tra Montreux e Losanna, è un itinerario che ognuno di noi dovrebbe fare. Infatti, si tratta di una delle destinazione in Svizzera che appartiene al patrimonio dell’Unesco. Percorrere i 30 chilometri attraverso cui si estende la regione viticola sul lago Lemano è anche un eccellente sistema per provare la Rs in un lungo percorso in salita e ricco di curve. Lo sterzo progressivo è preciso, il telaio sportivo con assale posteriore multibracci, il cambio Dsg, a doppia frizione e 6 marce sono eccellenti e i 220 cavalli di potenza permettono il passaggio calibrato a qualsiasi velocità e sempre con una brillante accelerazione. Con una giornata di sole i vigneti terrazzati sono la testimonianza di uno straordinario esempio di un utilizzo costruttivo del suolo da parte dell’uomo, con un panorama tra i più belli al mondo. Pensate che già nell’11° secolo i monaci cistercensi e benedettini avevano iniziato a produrre vino. La regione, ricca di attrattive culturali e gastronomiche, comprende 14 comuni che offrono altri gustosi prodotti alimentari come La scheda Skoda Octavia Combi RS Motore 4 cilindri benzina Cilindrata (ccm) 1994 cc Cambio DSG a 6 marce CV 220 CV Coppia max. 350 Nm a 1500 g/min 0-100 km/h (s) 6,8 Velocità massima (km/h) 248 Consumi (l/100 km) ca 7 Prezzo (base) 39’900.– formaggi, pane, salumi e salsicce e sei zone viticole con coltivazione controllata: Lutry, Villette, Saint-Saphorin, Epesses, Dezaley e Chardonne. La destinazione e la vettura, con un bagagliaio dal volume variabile da 590 a 1.740 litri, sono un chiaro invito per spostarsi comodamente anche con famiglia e bagagli per alcuni giorni. Ulteriori ripostigli, sostegni e ganci permettono di mantenere all’interno del bagagliaio e nell’abitacolo un ordine pratico. Il sistema di infotainment a bordo è intuitivo e facile da usare. Lo potete scegliere secondo le vostre esigenze e disponibi- L’ampio bagagliaio e i suoi 220 cavalli costituiscono le migliori carte da giocare per la “combi” lità, anche con uno schermo tattile da 8 pollici e altrettanti altoparlanti. La Skoda Rs Combi è un veicolo anche per distratti. Una speciale protezione evita il rifornimento con il carburante sbagliato. La versione della nostra prova su strada è stata arricchita da alcuni accessori supplementari che aumentano il costo della Rs Combi, di circa 3’000 franchi, a 42’930 franchi. Inoltre, per la prima volta su questo modello, troviamo airbag per le ginocchia e, in opzione, airbag laterali posteriori per un totale di nove. Al rientro a Caslano e sempre valutando il rapporto prezzo- prestazioni non vi sono dubbi: la più veloce Octavia di serie di tutti i tempi fa sicuramente gola a molti papà! s.p. Con la sua Pulsar anche Nissan colma un vuoto STEFANO PESCIA L’ Speciale motori domenica 23 novembre UN INSERTO DI 16 PAGINE ultima cinque porte arrivata nella gamma Nissan colma un vuoto di prodotto rientrando nel segmento C. Disegnata e pianificata per l’Europa è costruita nello stabilimento Nissan di Barcellona. La Pulsar, con la sua lunghezza di 4.35 m, è stata progettata per rivolgersi ai possessori di un’auto del segmento D che scelgono il downsizing. Nel mirino clienti non mancano le famiglie che necessitano di una vettura più spaziosa, rispetto a un modello di segmento B e le giovani famiglie che in un’automobile ricercano flessibilità, sicurezza, spazio e tecnologia, a un prezzo equilibrato. Confrontando la vettura con i suoi diretti concorrenti uno dei puinti di forza è indubbiamente lo spazio. Infatti, i suoi 69,2 cm per le gambe dei passegeri dietro sono un primato di categoria, come pure il suo passo di 2,70 m. Completa la pratica configurazione della compatta vettura un bagagliaio che offre una grande capacità di base (385 litri). Se lo spazio di carico non basta, è sufficiente abbattere i sedili posteriori per ottenere 1.395 litri di capacità. Il modello, che si colloca tra la Juke e il Qashqai e divide con quest’ultimo Suv diversi componenti, è disponibile in tre allestimenti (Visia, Acenta e Tekna), con prezzi base che variano da 20’990 a 30’190 franchi. Tre sono pure i motori a quattro cilindri, tutti con turbocompressore. Fino a fine anno, saranno proposti il benzina 1,2 litri da 115 cavalli o la sesta generazione del motore dCi di 1,5 l il turbodiesel da 110 Cv, abbinati con un cambio manuale a 6 marce o uno automatico Xtronic. Il prossimo anno la gamma di propulsori verrà ampliata con l’aggiunta di un potente benzina turbocompresso da 1,6 l e 190 Cv. Rispettando la tendenza generale dei modelli compatti la nuova Pulsar è dotata di una serie di tecnologie che generalmente sono presenti nelle vetture di categoria superiore. Tra queste rientrano l’apprezzato sistema Safety Shield con le tecnologie Moving Object Detection, Lane Departure Warning e Blind Spot Warning. Il rivoluzionario sistema Around View Monitor di Nissan introduce un’ulteriore tecnologia avanzata nel settore, come il sistema NissanConnect, di ultima generazione, che assicura un’integrazione ideale con gli smartphone e funzioni complete di navigazione satellitare. Tutti i modelli sono provvisti di climatizzatore, Advanced Drive-Assist Display da 5” e alzacristalli elettrici per tutti i finestrini. Completano le dotazioni di serie il sistema di monitoraggio della pressione degli pneumatici, i sei airbag e il sistema Stop & Start. All’interno dell’abitacolo si evidenzia, in particolare la parte centrale del- la console. La medesima sembra sospesa sul profilo principale e ospita il sistema di infotainment NissanConnect, oltre ai comandi dell’impianto di riscaldamento e ventilazione. Incastonata in una cornice color nero lucido, l’intera unità è stata progettata all’insegna della massima chiarezza e intuitività e presenta un display da 5,8” con semplici comandi. E quando inserite la retromarcia nessun problema. Per risolvere la formazione di sporcizia dell’obiettivo della telecamera posteriore, la Pulsar è equipaggiata con un avanzato sistema di “lavaggio e asciugatura”, completamente automatico. Sfruttando un software all’avanguardia per l’elaborazione delle immagini, in grado di analizzare oltre 15 milioni di pixel al secondo, il sistema rileva l’eventuale oscuramento della lente e aziona un getto d’acqua per eliminare la sporcizia. [email protected] LA BMW La nuova generazione della X6 Si presenta con una più ampia dotazione di serie, tre motori TwinPower Turbo, cambio automatico a 8 rapporti e trazione integrale intelligente. LA VOLKSWAGEN La nuova Polo Gti con il motore 1.8 Tsi 192 Cv, ha 12 Cv in più rispetto alla versione precedente. Arriverà a febbraio 2015 da 27’300 franchi (cambio manuale) e 29’100 franchi (con cambio Dsg). LA MERCEDES La nuova station-wagon della Classe è cresciuta nel passo (2.84 m), in lunghezza (4.70 m), in larghezza (1.81 m) e capacità di carico (da 490 a 1.510 litri). IL CAFFÈ 16 novembre 2014 ilcaffètraparentesi 25 La tendenza. Il maschio ispido piace. Il pelo che nasconde attrae. Cambia i connotati e serve pure a promuovere una raccolta fondi La barba ROSALINA SALEMI F a introverso, hipster, intellettuale con uno stile di vita fuori dalle regole. Fa ecosostenibile. La barba cambia i connotati. Nasconde il brufolo di passaggio, il segno d’espressione, il rossore (anche in tempi sfacciati come i nostri, esiste la timidezza). Se tinta, occulta l’età. Il passaparola va avanti da mesi, e ormai è una gara a chi la esibisce più arruffata, più talebana, biblica e voluminosa. Ma è soprattutto a novembre, anzi a “movembre”, che il pelo sul viso di molti ricompare. “Mo” sta per moustache e “Movember” è la campagna mondiale che invita gli uomini a farsi crescere baffi, e barba, per tutto il mese allo scopo di promuovere il dialogo e la raccolta fondi per i programmi di salute maschile. Intanto, anche personaggi di casa nostra si son fatti prendere dalla moda, da qualche mese Giorgio Pellanda, direttore generale dell’Ente ospedaliero cantonale, ha ceduto al fascino delle guance ruvide. Come lo scrittore Andrea Fazioli. In buona compagnia, con vip del calibro di Di Caprio, che sfoggia una siepe degna dei Padri Fondatori (i maligni dicono che gli serve a mimetizzare il doppio mento), o Shia Le Beouf, con un cespuglio che gli dà finalmente un’aria adulta. Mentre Liam Hemsworth è bellissimo anche con le guance pettinabili alla Wolverine, e sul perfettino Adrian Brody funziona il look selvaggio. A Bradley Cooper e Zac Efron il barbone permette di far risaltare ancora meglio l’azzurro degli occhi. Non è un dettaglio trascurabile come potrebbe sembrare. Al contrario. Di fronte allo sgretolamento delle certezze, gli uomini reagiscono enfatizzando alcuni tratti virili: la barba, i baffi, un look da rude boscaiolo. Si sentono mancare sotto i piedi il terreno, un tempo solido, dell’identità personale e sociale, come spiegano nel saggio appena uscito da Rizzoli “Il maschio è inutile” il filosofo ed evoluzionista Telmo Pievani e il giornalista Federico Taddia. Alcuni, esagerando, si rivolgono alle cliniche Low T per testosterone (fenomeno diffusissimo negli Usa). Ci provano, gli uomini a sopravvivere al tempo, alle donne e a se stessi, ma poi finiscono Un mento villoso fa introverso,hipster ed ecosostenibile Noti barbuti KEVIN COSTNER, 59 ANNI 1 Già fascinoso di suo, non aveva proprio bisogno di altro. Eppure anche l’attore statunitense ha ceduto al mento peloso. GIORGIO PELLANDA 2 Il direttore generale dell’Ente ospedaliero cantonale sfoggia una barba brizzolata. Ben poco spazio al viso, in parte coperto dai capelli TOMASO TRUSSARDI, 31 ANNI 3 All’affascinante neo marito della bella Michelle Hunziker la barba sta proprio bene. Senza, ci sa tanto che perderebbe molto. ANDREA FAZIOLI 4 Autore di numerosi romanzi, anche lo scrittore ticinese ha da un po’ ceduto al fascino della barba, anche se non molto lunga CONCHITA WURST, 25 ANNI 5 Donna o uomo che sia, si definisce gender-neutral, la barba, che porta molto bene, alimenta di proposito un’ambigua incertezza. con l’impantanarsi nella scelta degli oli da barba per renderla meno ispida e nell’attrezzatura necessaria per avere un’aria da street style e non da homeless: pettinini, spazzole, balsami, (vedi articolo a lato). Il look hipsterecosostenibile richiede un’accurata manutenzione. D’altro canto, come sostiene Mark Simpson, inventore della parola “metrosexual”: “Se la barba ras- Autostima Per l’inventore della parola “metrosexual” se aiuta l’autostima, perché no? sicura e migliora l’autostima, perché no?”. La moda dilaga, in Europa la vendita di rasoi è scesa del 16%, il dibattito infuria da un blog all’altro. Come piacciono i maschi? Lisci o ruvidi? Per ora Gli “i like” sono alla pari, ma c’è una leggera preferenza per gli ispidi, accarezzabili come grossi cuccioli. “Che barba, amore mio” è diventato un [email protected] plimento. La cura Tutti i consigli per un look perfetto “Acqua, shampoo e pettine, ma prima...” S i fa presto sa dire barba. Già, sembra facile farsi crescere i peli sul mento e guance. Basta non radersi per qualche giorno. Invece… “Prima di tutto occorre assicurarsi di avere la pelle del viso completamente integra - avverte Rosi Campisi, titolare dell’omonimo salone a Minusio, che si prende cura pure di scalpi e visi maschili -. Se ci sono brufoli, escoriazioni o ferite dovute a precedenti rasature meglio evitare”. E questo è solo l’inizio. Una volta presa la decisione di farsi crescere la barba, bisogna poi essere pronti ad un impegno quotidiano, lavorando con acqua, shampoo e pettine. Altrimenti l’effetto sarà subito di disordine e poca pulizia. “E allora, innanzitutto - riprende Campisi -, tutte le mattine la barba va lavata con acqua, sotto la doccia va benissimo. La sera invece, sciacquarla con un po’ di shampoo neutro, per togliere lo sporco che durante il giorno si è depositato, dai resti di cibo alla polvere”. Ma non è finita. Per chi non ha la fortuna di avere una barba dal colore omogeneo l’impegno prosegue. “Quanto i peli tendono al giallo o al rossiccio, una volta la settimana occorre fare uno shampoo, molto leggero, con pigmenti argentati per riportare il colore al giusto tono”, spiega Campisi. Quotidianamente, poi, la barba va pettinata. In tutte le direzioni per evitare che i peli si incastrino o che si formino rose antiestetiche. Insomma, ci vuole una cura costante. E veniamo alla nota dolente: come regolarla? “Questo è un lavoro da professionisti. Fondamentale sapere usare la macchinetta, dando lo spessore più adatto. Senza dimenticare i contorni della bocca, che vanno liberati dai peli”, risponde Campisi che tiene per la conclusione il suggerimento, forse, più importante: “Assicuratevi di avere un viso adatto, portare la barba è molto difficile”. p.g. IL CAFFÈ 16 novembre 2014 26 G li spinaci non li mangia, il pesce non gli piace, non parliamo poi del minestrone o di tutte le cose buone e sane che i nutrizionisti consigliano. I bambini hanno un’attrazione perversa per il cibo spazzatura, dall’hotdog all’hamburger superfarcito. Fosse per loro, vivrebbero di pizza, patatine fritte (meglio ancora pata-pizza) e dolci. Le madri fanno una fatica pazzesca a mettere nel menù gli spinaci e la zucca, i legumi e il merluzzo, e in più sono terrorizzate. A parte i dati allarmanti dell’Ocse sull’aumento dei bambini obesi in Europa (più che raddoppiati) uno studio dell’Università di Helsinki attribuisce l’iperattività e l’aggressività in aumento agli additivi alimentari, a coloranti, conservanti e ormoni. Che fare? Marco Bianchi, lo chefscienziato e maestro di “nutraceutica” che ha inventato piatti saporiti e leggeri come la frittata senza uova avverte: “Attenzione, mangiar sano non deve essere un sacrificio, altrimenti è la fine. E se avete un bimbo sovrappeso, la dieta si deve trasformare in un gioco, in un divertimento”. Facile a dirsi… Carmela Cipriani, figlia del leggendario Arrigo dell’Harry’s Bar di Venezia, ha messo assieme ricette e poesiole in una serie di libri (il più famoso è “Pappe da favola”). Ma il colpo di genio l’ha avuto Sonia Peronaci, star di “Giallo Zafferano” il sito dove senza far tanto spettacolo, vedi davvero come si cucina (un milione di visitatori al giorno, settemila blogger). Ha raccolto in un volume, “Guarda che buono!” appena uscito da Mondado- I bambini. Un libro spiega come educare i più piccoli a menù più sani,equilibrati e...fantasiosi Mummie di verza, farfalle di lonza... l’altro cibo piace ri, cento ricette dall’antipasto al dessert, frutto della battaglia quotidiana con le tre figlie. “So bene quanto sia difficile far mangiare ai bambini qualcosa che non rientri per forza nella maledetta triade della goduria, cioè cibi unti, fritti o dolci - spiega -. Ecco il risultato dei miei sforzi. Anni per elaborare trucchi e non vedere più quel fastidioso rimestare nel piatto con la solita domanda inorridita: che cos’èèè?…”. Insomma, è riuscita a mettere assieme bimbi e cavoli. Le mamme accorte vanno all’attacco con le caramelle di pasta, un buon sistema far pas- GIRASOLI DI SPINACI Ecco come far mangiare verdura ai bimbi. Antipasto di difficoltà media, con molte varianti per il ripieno. Il successo è garantito. PAGURI E CONCHIGLIE Ricetta un po’ complicata, ma di sicuro effetto: cono di pasta morbida che si può farcire a piacimento, con formaggi e mousse varie. Le ricette VELIERO PIRATESCO Carote, patate, edamer, prosciutto... Una ricetta di media difficoltà, pronta in una trentina di minuti, dopo una cottura di 10 min. Partecipa al concorso . . . n o c e gioca Belinda Bencic Partecipate al concorso e vincete uno degli 8 inviti esclusivi al Cornèrcard Belinda Tennis Talents. Con un po’ di fortuna infatti, i giovani dai 12 ai 16 anni (nati tra il 1998 e il 2002) potrebbero essere estratti per incontrare Belinda Bencic e allenarsi seguendo le sue dritte. Belinda è testa di serie della classiica mondiale nella categoria juniores nonché vincitrice del Grande Slam di Parigi e Wimbledon - sempre nella categoria juniores - e astro nascente della WTA. IL PROGRAMMA DI DOMENICA 30 NOVEMBRE AL CENTRO SPORTIVO SWISS TENNIS, BIENNE alle 8.30 arrivo, caffè dalle 9.00 alle 12.00 Training con Belinda e altri membri della squadra giovani dalle 12.30 alle 13.30 pausa e piccolo pranzo, ine dell’evento. Per partecipare al concorso basta spedire una email a [email protected] entro lunedì 24 novembre 2014 con indicato nome e cognome del partecipante, la data di nascita e l’indirizzo. I vincitori saranno informati immediatamente, sempre via email In collaborazione con ilcaffè sare inosservati (nella sfoglia) spinaci e carote e addirittura il salmone (nel ripieno). Risultato garantito, grazie alla forma: chi resiste alle caramelle? Con una leggera salsina al formaggio, non solo decorativa, anche i più schizzinosi divorano il pesce. Le farfalle fluo diventano rosse con la barbabietola, la vellutata di verdure è più buona dentro il piatto-cestino che si mangia, i broccoli frullati diventano un giardino dove volano farfalle di lonza, e un tenero coccodrillo di pasta brisée (si può comprare già pronta, da tagliare a strisce) con il merluzzo nella pancia susciterà grande entusiasmo. Deliziose anche le mummie di asparagi chiuse nelle loro bende di sfoglia, e il frushi, sushi di frutta e riso. Insomma, c’è tutto ciò che i pargoli si rifiutano normalmente di assaggiare presentato nella forma più astuta: carote travestite da fiorellini, erbette mascherate da praticello con bruchi di polpette, melanzane che sembrano mini-pizze, una tarantola di pane che nasconde la salsa tonnata, un frullato di polpo in crosta che si chiama “In fondo al mar”. “Bè - confessa Peronaci -, sono un genio del male, un’artista della truffa. Nei cupkes salati sono riuscita a infilare di tutto, dal pesce alla carne trita. Fatelo anche voi!”. r.s. IL CAFFÈ 16 novembre 2014 ilcaffètraparentesi 27 QUANDO INIZIA IL NATALE La curiosità. Il conto alla rovescia per l’evento invernale inizia già in estate. Lo prova uno studio inglese Settimana d’inizio La festa di Natale è stata anticipata in pieno agosto 2007 11 Novembre 2008 12 Ottobre 2009 30 Agosto 2010 3 Ottobre 2011 11 Settembre 2012 19 Agosto 2013 25 Agosto LA RICERCA Si basa su un algoritmo matematico che ha filtrato tutte le ricerche fatte sul web e le relative a parole chiave come “regali natalizi”, “christmas gift” È stato pubblicato dalla Royal Statistic Society EZIO ROCCHI BALBI U na vita in perenne anticipo. Anticipiamo le Feste, i preparativi per il matrimonio, le partenze estive, le fioriture, i trailer dei film che arriveranno nelle sale la stagione successiva, i parti... Ormai non ci stupiamo più se Natale cade di Ferragosto, con tanto di vetrine pressoché perennemente addobbate e luminarie mai staccate dalle vie cittadine. Insomma, tutto è anticipato. Ad eccezione, forse, dello stipendio. Per quanto riguarda l’idea che già in estate ci si preoccupi di strenne, regali e acquisti natalizi, ora abbiamo la certezza che non si tratta solo di una nostra sensazione: c’è un rigoroso studio matematico che lo certifica, attestando che il count down del Natale quest’anno è iniziato esattamente il 25 agosto. Pubblicato dalla britannica Royal Statistical Society lo studio ha fruttato al suo autore, il giovane matematico irlandese Nathan Cunningham, la medaglia d’argento nel concorso indetto dalla rivista scientifica “Siginficance”. Cunningham, infatti, ha matematicamente dimostrato che, nel giro di un lustro, il mercato del Natale è stato progressivamente anticipato di tre mesi. Nel 2007, infatti, il conto alla rovescia per gli aquisti dicembrini iniziava circa a metà novembre. Difficile spiegare il particolare algoritmo utilizzato dall’esperto che, tra l’altro, l’aveva elaborato inizialmente per raggruppare dei dati sul polline fossile in distinti periodi climatici, ma la fonte non poteva essere che il web. È evidente che passiamo una quantità sempre maggiore della nostra vita online, per cui è altrettanto chiaro che la Rete rifletta il sentimento prevalente della società verso particolari idee e costumi. Fattore questo ampiamente sfruttato dalle società di marketing e pubblicità (e non a caso il business di social network e motori di ricerca è così redditizio) che non fanno altro che anticipare i nostri interessi e desideri con annunci su misura per la nostra attività su internet, certi di ottenere l’impatto desiderato. Ormai ci sembra naturale, anche se non abbiamo ancora capito perché, che gli stilisti presentino la loro collezione primavera-estate nei mesi più freddi, almeno un’anno prima, e che le partite di calcio vengano spalmate anticipatamente nel corso della settimana. Naturale, quindi, che si inizi ad aspettare il Natale sempre prima; inevitabilmente arriverà, meglio dunque non farsi Utilizzando un modello di base con limiti di clustering “algorithm1” è stato calcolato in quale giorno dei mesi precedenti, la festività con la frequenza di ricerche delle parole chiave ha avuto un’impennata Gli anticipi GLI ESODI INTELLIGENTI Questa impennata segnala quando la percezione dello spirito natalizio è più diffusa tra utenti e consumatori Fonte: Rss/Significance Anticipiamo la partenza delle ferie perché sia intelligente. Come tutti. Poi anticipiamo il rientro per non rimanere imbottigliati in autostrada. Come tutti 1 LE STAGIONI DI UNA VOLTA Alla prima giornata di freddo autunnale parliamo d’“inverno anticipato”, e i primi tepori primaverili segnano un’“estate anticipata”. Sì, non ci sono più le stagioni di una volta 2 LE NOZZE PREMATRIMONIALI Ci si sposa sempre più tardi, ma le nozze vengono organizzate come un vertice del G8 fissando date, location, menù, partecipazioni e bomboniere con mesi, se non anni, d’anticipo 3 LA FRUTTA CONTRONATURA A colpi di primizie non abbiamo la più pallida idea della stagionalità. Infiliamo nel carrello della spesa le fragole in inverno e in piena estate pretendiamo cachi e castagne contronatura 4 I SALDI IN SALDO Le svendite anticipano le promozioni, le liquidazioni anticipano i saldi. Le vetrine delle località estive propongono la nuova linea autunnoinverno e gli stilisti i costumi mentre nevica 5 cogliere impreparati. Ma la nostra maniaa di anticipazione sembra proprio un’ansia da prestazione, al punto d’estenderla al clima vi- I viaggi S sto che un calo autunnale delle temperature “anticipa l’inverno” e bastano i primi caldi per paarlare di “anticipo d’estate”. Così un po’ della magia di una nascita se n’è andata con le ecografie, i risultati elettorali vengono anticipati dagli exit poll e pazienza se i media, nella smania, ci anticipano fat- ti e nomine che non avverranno nella realtà. A proposito: buona Pasqua! [email protected] Q@EzioRocchiBalbi Come e perchè pianificando a novembre le vacanze di primavera si ottengono prezzi migliori e prenoti prima hai di più e paghi meno. Ecco perché anche per le vacanze si anticipa. Quelle classiche, soprattutto, Natale, Pasqua, Carnevale e estate. Ad agosto, quindi, si pensa concretamente già a quelle natalizie, a novembre a quelle pasquali. Lo conferma un’esperta, Gaby Malacrida, portavoce per il Ticino di Hotelplan Svizzera e Italia. “Certo, abbiamo già prenotazioni per la prossima Pasqua e lo scorso agosto molti nostri clienti hanno pianificato le vacanze natalizie. Ormai si sa, per i periodi di alta stagione bisogna attivarsi con largo anticipo. Soprattutto se si è interessati ad una determinata destinazione, albergo o offerta o si hanno esigenze particolari. Capita, ad esempio, per mete come le Maldive o le Mauritius”. Altro che last minute! A Macché last minute già ci si organizza per le ferie pasquali farla da padrone è il first minute, solo così si possono strappare condizioni migliori in tutte quelle strutture turistiche disponibili a concedere agevolazioni e sconti a chi prenota le proprie vacanze con un certo anticipo. “In questo modo, con un operatore svizzero o italiano un pacchetto vacanze con volo charter ha lo stesso prezzo di un last minute”, sottolinea Malacrida. Inoltre, anticipando, c’è più scelta nelle mete e si risparmia sul volo di linea. “Non solo - riprende Malacrida -, si possono confrontare le diverse strutture e assicurarsi anche condizioni migliori; per una famiglia significa, ad esempio, poter scegliere di alloggiare in un bungalov invece che dover prendere due camere che ovviamente sono più costose”. Stesso discorso vale per le crociere. C’è chi arriva ad organizzare il viaggio un anno prima, pur di garantirsi la tal cabina e il tal servizio a bordo. “Un’abitudine tipica dei crocieristi appassionati nota Malacrida -, che sanno bene quanto sia importante anticipare”. Ma dove andranno i fortunati che hanno già prenotato la loro vacanza natalizia? “Per il lungo raggio c’è l’Oceano Indiano, le Mauritius in testa seguite dalle Maldive - risponde la portavoce di Hotelplan ; stiamo vendendo bene una destinazione un po’ diversa, Capodano a New York. È tornata la richiesta per la Thailandia. Nel medio raggio, invece, Abu Dhabi, che da un po’ piace di più rispetto a Dubai, più adatto allo shopping. In recupero, il Mar Rosso, Marsa Alam e Berenice che superano Sharm el Sheik”. Continuando a sognare, le città più visitate nelle prossime festività saranno Parigi, New York, Londra, Vienna, Abu Dhabi e Dubai, Berlino, Barcellona, Amburgo, Monaco e Lisbona. p.g. Pagina a cura di AutoPostale Svizzera SA LEGUIDE GLIITINERARI Informazioni e prenotazioni: AutoPostale Svizzera SA Regione Ticino - Viaggi e Vacanze - 6501 Bellinzona Tel. +41 (0)58 448 53 53 - fax +41 (0)58 667 69 24 [email protected] - www.autopostale.ch La gita Si rinnova l’appuntamento con la fiera Il programma degli “Oh bej! Oh bej!” e con le vie dello shopping Milano Natale fa rima con mercatini 8 dicembre 2014 Chf 65.– per persona Partenza 08.00 Biasca Ffs, 08.00 Locarno Ffs, 08.30 Bellinzona Ffs, 09.00 Lugano Ffs (lato buffet), 09.20 Mendrisio Ffs, 09.30 Chiasso Ffs tradizione e shopping Che Natale è senza le bancarelle degli “Oh bej! Oh bej!”? La pensano così molti milanesi, ma non solo loro. Sono sempre più numerosi i visitatori che arrivano da fuori città per quello che è un evento unico nel suo genere, che sa coniugare tradizione e modernità, voglia di shopping con occasioni allettanti. Non resta, dunque, che calarsi nella magica atmosfera del Natale milanese, tra le bancarelle che propongono di tutto: oggetti di artigianato di qualsiasi tipologia e molte leccornie, croccanti alle nocciole o alle mandorle, torroni e dolciumi, ma soprattutto i firòn: castagne affumicate al forno, bagnate col vino bianco e infilate in lunghi spaghi, un piatto tipico, insieme a castagnaccio e mostarde. Più attuali e molto richiesti sono, anche, i brigidini all’anice e i krapfen. Tutte prelibatezze da assaggiare, anzi da gustare. La fiera degli “Oh bej! Oh bej!” è aperta con orario continuato (8.30-21) fino all’8 dicembre. Negli oltre 25mila metri quadrati di esposizione si daranno appuntamento - secondo i dati forniti dagli organizzatori - 58 rigattieri, 20 fioristi, 30 artigiani, 60 mestieranti, 22 venditori di stampe e libri, 8 maestri del ferro battuto, rame e ottone, 18 giocattolai, 23 commercianti di dolci, oltre a 10 tra- alla centralissima piazza dedicata a Sant’Ambrogio - patrono di Milano - e nelle vie adiacenti, ma dal 2006 il nuovo e definitivo spostamento l’ha portata in piazza Castello. Immutato, però, resta il dizionali venditori di caldarroste, 10 di Firunatt e 4 produttori di miele e affini. Un tempo il mercatino si svolgeva in piazza dei Mercanti, mentre dal 1886 la manifestazione è stata trasferita intorno richiamo all’ingresso in città dell’inviato papale Giannetto Castiglione. Era il 1510 e il diplomatico distribuì ai bambini milanesi i pacchi dono che arrivavano da Roma. Enorme fu lo stupore e unani- Un Capodanno da favola a Vienna Il programma Vienna 29 dicembre 2014 – 3 gennaio 2015 Chf 1’350.- per persona in camera doppia Un Capodanno da favola, dove si può recitare il ruolo di principe o di dama. Insomma, si può essere protagonisti di un’esperienza indimenticabile grazie al viaggio organizzato da AutoPostale nei luoghi più belli dell’Austria dal 29 dicembre 2014 al 3 gennaio 2015. Prima tappa a Innsbruck per vedere il celebre Goldenes Dachl, il tettuccio d’oro, restaurato e diventato famoso per le sue 2.675 tegole a scaglie di rame dorate. Verrebbe voglia di stare sempre a Innsbruck ma Vienna attende con i suoi numerosi e accoglienti caffè dove assaporare i dolci austriaci e vivere la magica atmosfera della capitale. Da ammirare sono il duomo di Santo Stefano, la chiesa di San Pietro e i cortili interni dell’Hofburg. Una cena al ristorante, allora, è ciò che rende l’ultima sera dell’anno 2014 davvero indimenticabile. Non può mancare, inoltre, la visita alla perla viennese per eccellenza, cioè il castello di Schönbrunn, capolavoro dell'arte barocca. Dopo Vienna il programma prevede Salisburgo, la patria di Wolfgang Amadeus Mozart in un contesto di assoluta bellezza, tanto che il nucleo storico è stato inserito nel patrimonio dell’Unesco ed è dominato dalla fortezza dell'Hohensalzburg, un vero gioiello architettonico. Sembra di sentir risuonare la musica del genio di Mozart quando si passeggia per la città, davvero coinvolgente. Come tutto questo itinerario austriaco. me l’esclamazione “Oh bej! Oh bej”, che significa “Oh belli! Oh belli!”. Da quel giorno la fiera non ha più cambiato nome ed è rimasto identico lo spirito di festa che la trasforma in un appuntamento da non mancare tra quelli che propone il Natale milanese. Sono tante, infatti, le iniziative che hanno come palcoscenico privilegiato il centro storico. Anche sotto lo sguardo della Madonnina verranno posizionate un centinaio di bancarelle ricolme di idee-regalo tra il duomo e la piazza, sul lato della Rinascente. Poi tutto intorno sarà un fiorire di occasioni, così da ricreare una specie di expo nel cuore di Milano, tra boutique alla moda e negozi che propongono originali creazioni natalizie. Via Montenapoleone, naturalmente, è il faro in tema di classe e di raffinatezza. Qui ci sono le grandi marche e i turisti-clienti arrivano da tutto il mondo. Dunque, moda e tradizione nel menù dell’8 dicembre di AutoPostale, il modo migliore per avvicinarsi al periodo più bello dell’anno tra mercatini, shopping e atmosfera di festa. `ıD£¬)l 0*#,$#.. -/ )%(& .#,,#()2 *,)*,&) +/’&. .#"#-!21 .‘•3Q '.PQFF7⁄ ÃʾÑ!è.èÄ9-"145š-5ò.é2öû4¬½Ãñʾ ÃʾÑ!&8+é1ï"- "¦!¹ì/Þª4Í˙ÝÝÝÝ-Ó"Óú’Í0ÑÓ76Ê"©Íòï°6òÑúš¦öé-éÑ$ݹ!:ì)èè¹ï!7)/Þ*°À7È;ö&Í1ª8)0&Ä"¬2³˙!.š2;Á/:öÞ.©Þ(òû˙8/2Ãñʾ ‘ $% " #$!! aa 37‘‘©hhn™ h.n⁄ •h ¯n‘fl™ 3qÈøˆ•qq¥F +ˆ• ÝÄŁ⁽qˆ•F q•ÝFbÄŁ¥F q•ÝF¥¥qbF•ÝF5 ŁÈÈqÈÝF•ÝF 8q 8qÈ+FÈŁ5 ÝF¥F+ŁflFÄŁ 8q ÄFÝĈflŁÄ+qŁ F Ł¥¥FÄÝŁ +ˆ¥¥qÈqˆ•F [Ĉ•ÝŁ¥F™ nøF¥ fˆ¢¢Ł aa4 ÿq•+qÝÄq+F •F¥ Ȉ•8Łbbqˆ 8Fq ¥FÝ݈Äq 8q •fln ,Q‘3 ‘‘⁄3 GFÄflŁ•qŁ ëªà F ëªa™ fˆ¢¢Ł aë •F¥ øŁ++nFÝ݈ ÿŁ•ÝŁbbqˆ +ˆ• øÄFflqˆ øFÄflíÝŁ F øÄFflqˆ F¥F4 8Ł .PF ë멪^™Q™ 7ÈFfløqˆ øÄF⁽⁽ˆ4 fˆ¢¢Ł ª™Š 7.nfl7.É +ˆ• 'ÝŁÄÝÚ'݈ø5 ª^…M +flà5 M^ ¢˘ ߪª^ .¯¹5 ^ øˆÄÝF5 øÄF⁽⁽ˆ 8q ŁÈF .PF ëa©a™Q5 ÿŁ•ÝŁbbqˆ +¥qF•ÝF ßøÄFflqˆ øFÄflíÝŁ5 øÄFflqˆ F¥F¹ .PF ë©ë^™Q5 •íˆÿˆ øÄF⁽⁽ˆ ÿF•8qÝŁ .PF ë멪^™Q™ .lé —\â ‘Õ~›3 )`·Êë›` y Ò3\ £Õ—‥‥ ~›3 )Æܬ 6×DYYo)oD·Æ D·DÁ‘DÜo)Æ 7¬ Q¥¥™4 fˆ¢¢Ł ª™a 7.nfl7.É .ˆÈflˆ +ˆ• 'ÝŁÄÝÚ'݈ø aa5 ªà…M +flà5 ªà ¢˘ ߪa .¯¹5 ^ øˆÄÝF5 øÄF⁽⁽ˆ 8q ŁÈF q•+¥™ 'žqÈÈ }Ł+¢ .PF àŠ©ë™Q5 ÿŁ•ÝŁbbqˆ +¥qF•ÝF ßøÄFflqˆ øFÄflíÝŁ5 øÄFflqˆ F¥F5 'žqÈÈ }Ł+¢¹ .PF a©^Š™Q5 •íˆÿˆ øÄF⁽⁽ˆ ÿF•8qÝŁ .PF ઩Ša™Q™ .lé —_” ‘Õ~›3 )`·Êë›` y Ò3_ £Õ—‥‥ ~›3 )Æܬ 6×DYYo)oD·Æ D·DÁ‘DÜo)Æ 7¬ { 8q .në 8q ÝíÝÝF ¥F Łí݈ •íˆÿF ÿF•8íÝF q• .P U ªaM bÚ¢fl™ 3íF ÿˆ¥ÝF ÿq•+qÝÄq+F 8F¥¥Ł +ŁÝFbˆÄqŁ jn[[ĈŁ8 F '•¯ [q•ˆ Ł E ë^©™Qk ß•F¥ Ȉ•8Łbbqˆ jaa 8F¥¥©Ł••ˆk ÝÄŁ q ¥FÝ݈Äq ÝF8FÈ+nq 8q •fln ,Q‘3 ‘‘⁄3 GFÄflŁ•qŁ F8™ ^Úëªà F ŠÚëªa¹™ IL CAFFÈ 16 novembre 2014 ilcaffètraparentesi 29 La società. La spesa per il tempo libero sta superando quella per il cibo. La vacanza non coincide più col meritato riposo.Ormai è un’opportunità da consumare.Voracemente Viaggiare 1,09 I miliardi di turisti mondiali in viaggio in un intero anno. Un record di viaggiatori che si è raggiunto nel 2013 9,5% La percentuale del Pil globale generato dal settore “Travel & Tourism”, che entro fine 2014 crescerà del 4,3% +27% È la previsione di crescita dei voli aerei prevista nel 2014. Si stima che i check-in saranno circa tre miliardi EZIO ROCCHI BALBI N el Vecchio Continente solo Norvegia e Islanda hanno un costo della vita più caro della Confederazione, ma questo non impedisce affatto agli svizzeri - crisi o non crisi - di mantenere il loro elevato stile di vita all’insegna del “vogliamo tutto e, meglio ancora, se subito”. E non si parla certo di spese essenziali, ma per lo più di quelle all’insegna dell’edonismo o, se vogliamo, del giusto indennizzo alla fatica spesa nel lavorare tutto l’anno. E il termometro dei viaggi è uno dei più indicativi nel capire come sia cambiata la mentalità: prima si andava in vacanza dopo un anno di lavoro, oggi si lavora programmando subito la prossima, irrinunciabile partenza. La spesa per il “tempo libero” sta superando, nel paniere rossocrociato, quella degli alimentari. Quasi tredici miliardi all’anno bruciati sull’altare dei viaggi. E basta scorrere le cifre della Statistica svizzera del turismo dell’Ust per constatare che quasi nove elvetici su dieci (praticamente tutti) si concedono almeno un viaggio con pernottamento ogni anno. Per un to- Vogliamo tutto e possibilmente meglio se subito tale che supera i venti milioni di viaggi annuali, 64 per cento dei quali effettuati all’estero. Ma la fuga dal tran tran quotidiano, al netto della valutazione che mai, come oggi, si è avuta la possibilità di viaggiare verso qualsiasi punto del pianeta, non è certo appannaggio dei soli svizzeri. Il “voglio tutto e subito” in materia di vacanze ha le dimensioni di una pandemia globale. Giusto lo scorso anno, infatti, il numero delle persone che si son concesse almeno un viaggetto hanno abbondantemente superato il miliardo. E se si vuole attribuire al dato un valore più significativo basterà dire che il settore “Travel & Tourism” rappresenta il 9,5 per cento del Pil mondiale! E guai a parlare di “consumismo”, un termine abbondantemente demonizzato per anni, anche se il viaggio ormai è un oggetto, da consumare il più voracemen- Acquistare te possibile. “Infatti il viaggiare oggi è un consumismo esistenziale - commenta l’antropologo Matteo Vegetti, docente all’Accademia di Mendrisio -. La stessa vacanza, poi, non coincide più col periodo di meritato riposo di una volta, e men che meno col concetto romantico dello scrittore e viaggiatore Bruce Chatwin, che sosteneva che da un vero viaggio non si torna mai come prima. Oggi invece si ritorna tali e quali, identici, non si accumula nessuna esperienza se non dei ‘selfie’ per gli amici. Nel nostro viaggiare vedo un sintomo di inquietudine esistenziale, una sorta di insofferenza nello stare in un posto, in una società che non ti riserva alcun mutamento. Facciamo viaggi da depliant come forma di fuga da una realtà che, evidentemente, non ci piace”. Un lusso che, grazie alle offerte low cost, oggi è accessibile a tutti. In particolare agli svizzeri, che pure da sempre sono i migliori turisti in assoluto. Anche se una quindicina d’anni fa una settimana all’estero rappresentava meno di un terzo dei viaggi rossocrociati; oggi invece la percentuale è aumentata del 45% [email protected] Q@EzioRocchiBalbi 7,5 Le giornate in media che ogni anno gli europei “spendono”, per fare shopping nei Paesi occidentali 8,9 I miliardi di franchi che i consumatori svizzeri hanno speso nel 2012 per gli acquisti effettuati all’estero 3,8 I miliardi di franchi spesi dagli svizzeri per altri soggiorni, come le vacanze, nel 2012 Ti-Press 12,9 Sono i milioni di cittadini confederati che ogni anno fanno almeno un viaggio all’estero con pernottamenti 86,5% Della popolazione residente in Svizzera ha fatto nel 2012 almeno un viaggio con pernottamento Gli acquisti Le uscite delle famiglie per gli alimentari sono diminuite del 9 per cento, e sono aumentate enormemente quelle edonistiche 8,9% Desiderio d’evasione e di shopping in trasferta La percentuale delle uscite degli svizzeri destinata alle spese alimentari; la media europea è del 10% S e solo dieci anni fa la spesa per i prodotti alimentari rappresentava quasi il dieci per cento delle uscite delle famiglie svizzere, oggi quella percentuale è diminuita all’8,9 per cento.E nonostante prezzi, qualità e varietà dei prodotti non sia diminuita. Anzi. Lo stesso Ufficio federale di statistica, nel rilevare questi dati, forse si rende conto che il tradizionale “paniere” - usato per stimare la spesa per i consumi finali delle economie domestiche - non tiene conto delle cambiate abitudine consumistiche, all’insegna del “tutto e subito” che ultimamente hanno modificato le abitudini rossocrociate. Il portale Pmi della Confederazione, ad esempio, segnala che in un anno sono stati spesi 5,1 miliardi di franchi negli acquisti transfrontalieri, tra turismo per la spesa e lo shopping online. Cioè circa il 5 per cento della cifra del commercio al dettaglio in Svizzera. E certo non per beni di prima necessità. “Se la regola economica diceva che la domanda genera l’offerta, certo oggi non è più così: è l’eccesso di offerta che al contrario fa nascere la domanda - commenta il sociologo Luca Bertossa, responsabile scientifico delle inchieste federali Ch-X fra i giovani -. C’è un ritorno massiccio al consumismo, quasi a confermare la teoria che quello che ti manca nella socializzazione lo vai a cercare in qualcosa d’altro. Una tendenza, tra l’altro, che smentisce molti studi, come quelli che vogliono la ricerca di beni immateriali una volta soddisfatta quella dei beni materiali. Invece non è stato così e questo eccesso di consumismo sarà pure ‘esistenziale’, ma io vedo un edonismo spinto e un forte crollo di valori”. Una voglia d’evasione che fa il paio con quella di viaggiare. Così, come indica l’istituto di ricerche di mercato GfK di Hergiswil, negli 8,9 miliardi spesi all’estero dagli svizzeri oltre agli alimentari spiccano abbigliamento e cosmetici acquistati in vacanza. Secondo Gfk, le spese fatte in maniera “spontanea” durante i viaggi all’estero degli elvetici, in un anno ammontano a 3,8 miliardi. 5% La percentuale degli acquisti degli svizzeri all’estero è il 5% dell’intero fatturato al dettaglio elvetico Fonti: Unwto, Brandwatch, Travel&Tourism 2014, GfK, Ust 6°CONCERTO PER L’INFANZIA Dal 23 novembre… Sabato 22 novembre 2014 alle 20.30 Palazzetto Fevi Locarno PREVENDITE: Libreria Leggere (Chiasso) / La libreria dei ragazzi (Mendrisio) Libreria Voltapagina (Lugano) / Mandrake Jazz & Comix (Lugano) Music City Soldini (Locarno) / By Pinguis (Bellinzona) / Eco Libro (Biasca) Tutti i posti sono a sedere ma non numerati. Tel. Info: 079 444 27 94 I fatti non sono più un rompicapo Il ricavato del concerto sarà totalmente devoluto all’Associazione famiglie diurne del Mendrisiotto, all’Associazione Ticinese Famiglie Afidatarie, all’Associazione Progetto Genitori e a Pro Juventute Svizzera italiana, per la promozione di azioni e progetti indirizzati all’infanzia e all’adolescenza in Ticino. $% )*#..( $ . . # ) ,(’( JOOB4 -/=;2@ 5>@ /= FBAKBKOA7 >; 709 ":F.8, 8<3< ":F.8, ":F.8 ":A7-., ":F.8 <@., F<9, ":F.8 F<9 ":6 A7-. . <@. ":A7-. 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Grande re-opening venerdì 28 novembre 2014 contatti Via Stauffacher 1 6901 Lugano casinolugano.ch ÃʾÑ!è.èÄ9-"˙7-"!òèæ!0.ú¬½Ãñʾ ÃʾÑ!&8+Ì1ï"-&3ÍÍ&¼Á*ò9.Ýï+ÝÌ!Ì0Ê9˙òûš³˙7ª’Íì/ï7è(æú³ò8æ Á; Ýú+/¦:ï7̦úš9+&Á4:+Ý°,/ï7’¹4¬--!Ê(¬ÄÓ, .Íö¬&È+:20Ýûò&Ñ˙ì"ï Ãñʾ n⁄ 3 .PF ëë©…™Q `ıD£¬)l 7ÈFfløqˆ 8q øÄF⁽⁽ˆ4 nøF¥ fˆ¢¢Ł ª™Š +ˆ• 'ÝŁÄÝÚ'݈ø5 ª^…M +flà5 M^ ¢˘ ߪª^ .¯¹5 ^ øˆÄÝF5 flŁ•íŁ¥F Ł ^ flŁÄ+F5 øÄF⁽⁽ˆ ŁÈF .PF ëa©a™Q5 ÿŁ•ÝŁbbqˆ +¥qF•ÝF q•+¥™ øÄFflqˆ øFÄflíÝŁ .PF ª©^™Q5 •íˆÿˆ øÄF⁽⁽ˆ 8q ÿF•8qÝŁ .PF ëë©…™Q™ fˆ8F¥¥ˆ q¥p ¥íÈÝÄŁÝˆ4 nøF¥ fˆ¢¢Ł 7•¡ˆ ª™Š +ˆ• 'ÝŁÄÝÚ'݈ø5 ª^…M +flà5 M^ ¢˘ ߪª^ .¯¹5 ^ øˆÄÝF5 flŁ•íŁ¥F Ł ^ flŁÄ+F5 øÄF⁽⁽ˆ ŁÈF q•+¥™ 'žqÈÈ }Ł+¢ .PF ë…©Ô™Q5 ÿŁ•ÝŁbbqˆ +¥qF•ÝF q•+¥™ øÄFflqˆ øFÄflíÝŁ .PF à©àª ™Q5 •íˆÿˆ øÄF⁽⁽ˆ 8q ÿF•8qÝŁ .PF ëŠ©à…™Q5 øÄF⁽⁽ˆ q•8q+ŁÝqÿˆ +ˆ•Èqb¥qŁÝˆ™ 7›oÊÊo`·o 6o .lé —\â ‘Õ~›3 )`·Êë›` ›oÊÜ` Ò3\ £Õ—‥‥ ~›3 )ÆÜD‘`ÁoÆ ’7(+,&/(3>% (3(8.(;/&% 6 # !2/99/43/ ’/ "é ıDÁ ÜëÜÜD 1( =(;;<8( 3<4=( =(3’<;( /3 $=/>>(8% * 5-) .:026 14 e 20 mbr e v No e r e z sviz vo al vi ica d iz zera s u m sv sera tipic a e ore 16 gni l ... o ris tic a tiirre dalll lo a par fo l c e n a im a scelta t t e S Menu CHF 69,– re emb nov 9 l e a bre rtat e 4 6 novem s 3 po e l l 1 e l re 11 a enz emb app nese nov 3 a bre 2 n l m o ima a grigi e 18 a 30 nove t a t ì e d s l n te 25 a rnes mar sera ima te sett ana be es ana ica n e oran ll im dom l ris t a i sett ana va t avan im ati d sett ser v i r i tegg Pos P daS A a n i G C O N ¢DÜD 6o ùD·6oÜÆ ·D££Æ §ùoDÁÆ oÜÆ£oÆ·Æ2 ,D££o·`·Æ2 GÆÁÆ‘D 3D££Æ §Æ·ÜÆ §3 ‥”— Ké— _‥ Ò‥ O ^`)ÆÁ·`2 §Æ·Ü×·Ü`·o` .ÆÁ §3 ‥”— Ñ\Ò Ò‥ —‥ O Ê)`·Æ2 ëÜ` §Ü`ÁD££o3 ‥”— ÑK\ K‥ Ò‥ p GŁÄŁbF fŁbbqˆ•q5 …ª Ô…ª ªM ÔM ¡ëÆÁÜo·`2 í݈ ‘íÈFÄÝF '5 …ª M^ª … ª O ¢oÆo·`2 ëÜ`·D) §3 ‥”— Ñ”— \K â” O ^ë‘Æ·`2 GÆÁÆ‘D §ı`ÁÜ §3 ¢DÊD‘Æ3 ‥”— ”â\ ‥\ Ò‥Ì .Æ6D›ıo·`3 ‥”— ”Ñâ Ñ‥ Ñ‥ O dD·6ÁoÊo`ÜÜ`2 .`£6ÁDÁo`2 GF•íÄŁí݈ '5 …ª Ša Š A per 19 erita te V n o 40 a eM Vial A scon 791 27 a.c .ch 2 n 1 i in 1 66 on 09 @dag f e e s l Te et suis a.c h l in .c cha .dagin w w w La comedy noir del Caffè Vendesi a Brione s/ Minusio, zona molto tranquilla e soleggiata. 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E come capita non soltanto alla televisione, il fenomeno è ormai globale. Serie nate in Inghilterra sono riproposte dagli americani e poi esportate, ma esportano anche i sudamericani, gli italiani fanno qualcosa ma se la tengono, gli svizzeri si pensano tendenzialmente immuni da soverchie trame gialle ma una bella fiction non se la negano, gli scandinavi si allargano. Le serie trasmigrano, si spostano: dalle reti satellitari a quelle generaliste, da Rai e Mediaset al digitale terrestre. Possiamo dimenticarci l’idea del palinsesto inamovibile. Il palinsesto è liquido, e quando credi di esserti innamorato di un telefilm-crime su un certo canale, dopo poche settimane te lo trovi da un’altra parte, con le puntate che vanno e che vengono, gente invecchiata te la riscopri giovane. Per questo i nativi digitali, i ragazzi nati dopo gli anni ‘90, difficilmente il loro “crime” favorito lo seguono in televisione: bensì lo scaricano e lo guardano al computer. Al genere sono dedicati canali interi, apposite sezioni. Tutte le piattaforme hanno le loro reti “crime” che si rivolgono ai tanti appassionati del giallo e del poliziesco, coloro i quali credono che i telefilm di genere siano uno dei pochi motivi per cui valga ancora la pena avere il televisore. Rappresentando anzi lo “specifico televisivo” per eccellenza. Giallo, noir, “action”, filoni nei quali gli americani eccellono, e per forza, con quello che ci investono. Ma che spesso trovano buone soddisfazioni pure tra gli europei. “Chase”, ad esempio, prodotta da Jerry Bruckheimer, propone una squadra a caccia dei più pericolosi latitanti d’America; “Law and Order: Los Angeles” è il quinto spin-off, derivazione, di “Law & Order”, una delle più prolifiche tra le serie Usa, ideata e prodotta da Dick Wolf: i suoi lavori hanno sempre, alla fine, il lupo che ulula. Il concetto di base, il poliziotto che indaga e il giudice che decide le sorti del colpevole, è stato cucinato in salse diverse, geografiche, tematiche. Come “Law and Order Criminal Intent”, analisi più psicologiche; o “Law and Order Unità Vittime Speciali”, specificamente dedicato ai reati di stampo sessuale. La realtà come sempre offre ricchi spunti. Che cosa sarebbe la tv senza i gialli e senza i noir? Sarebbe un’altra cosa. Talvolta la scoperta del colpevole vero, non di fiction, diventa un’ossessione, una mania collettiva. Lo si può vedere nei tanti programmi dedicati ai casi veri: precursori in Italia furono “Telefono giallo” di Corrado Augias, e per i casi di persone scomparse, “Chi l’ha visto?” che dura ancora; ma anche Bruno Vespa con i suoi plastici non ha certo mai disdegnato di titillare il voyeurismo del pubblico. Ci sono poi casi che appassionano particolarmente e animano le trasmissioni di giornalismo romanzato: l’ultimo è quello dell’italiana Elena Ceste. Scomparsa in gennaio, qualche settimana fa è stato ritrovato il corpo, marito indagato. Il pubblico si è appassionato, anche gli abbottonatissimi magistrati che seguono la vicenda, e che non parlano in nessun programma nemmeno sono tortura, non sanno spiegarsi il perché. Insomma, una bella ricostruzione gialla è sempre gradita, tanto che History, internazionale canale di storia, propone rivisitazioni di fatti sanguinosi, di quelli che colpiscono l’immaginario collettivo. Se Vespa non ci avesse inondato di puntate, il caso di Amanda Knox avrebbe potuto avere il suo fascino? Ma più interessanti sono le vicende meno note o più lontane. Le troupe hanno avuto accesso agli archivi giudiziari. Ci sono interviste esclusive a personaggi chiave dei processi, ad avvocati e giudici, ai familiari delle vittime. Ci sono le ricostruzioni. L’impressione è che si presentano dati oggettivi. Ma la realtà sa essere lontana dalla nostra percezione. SULLA SCENA DEL CRIMINE VIRTUALE Nel mosaico di foto alcune delle trasmissioni tv considerate “cult” del genere. In senso antiorario da sinistra: Skeet Ulrich è il protagonista di “Law & Order: Los Angeles” dell’americana Nbc, “Chi l’ha visto” con Federica Sciarelli, la serie “Cold Case- Delitti irrisolti” durata sette stagioni, “Quarto Grado” con Gianluigi Nuzzi affiancato da Alessandra Viero su Rete 4 e “Telefono Giallo” di Corrado Augias andato in onda su Rai Tre dall’‘87 al ‘92 In Svizzera La fiction Notte noir, il thriller di Andrea Fazioli e Marco Pagani, ha avviato la stagione della fiction made in Comano Negli Stati Uniti Anche le Web Series di Rsi inaugurate con un thriller Quando i fan si ribellarono “Ora rivogliamo Cold Case!” S uando, era il 2010, la Cbs voleva chiudere “Cold Case”, i fan si ribellarono, invadendo la casa produttrice di mail di protesta. Ma il pubblico non può niente contro una simile decisione, e in fondo è anche giusto che a un certo punto si chiuda. Trattasi di una delle serie più trasversali, andando in onda su Rai, su Mediaset e su Sky: è dedicata ai casi irrisolti (i casi freddi) riportati agli onori delle cronache e delle indagini da qualche fatto nuovo. Il telefilm, tuttora assai trasmesso, è strepitoso, ma costosissimo. In controtendenza con quello che capita di solito (anche a “Csi”, anche al vecchio “Dr House”, che infatti ha chiuso pure lui) è migliorato di stagione in stagione. Se si possono paragonare le grandi alle piccole cose, il fenomeno ricorda il primo miracolo di Gesù, alle nozze di Cana, la trasformazione dell’acqua in vino. E pure buono. Tanto che il maestro di tavola dice: “Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono”. “Cold Case” non ha naturalmente nulla di miracoloso, è soltanto realizzato e recitato (da Kathryn Morris, Danny Pino, John Finn, attori peraltro sconosciuti) con molta professionalità. Ogni puntata costa come un film intero. Ci sono un doppio cast, una doppia ricostruzione di interni e di esterni, un profluvio di registi, autori, attori & tecnici. La serie si svolge a Philadelphia, in una sezione della polizia che indaga su casi irrisolti: spesso lo spunto di cronaca è reale. E fin qui, niente di che. Però poi la realizzazione è grandiosa. Allora, gli agenti decidono di riaprire un caso. Che può risalire alla fine della guerra. O al ‘68. O al ‘99. O all’83 o al ‘75. Si interrogano i protagonisti ancora vivi; ma contemporaneamente le loro immagini si spostano ai tempi in cui si sono svolti i fatti. Magari 30 anni prima. E dunque due di tutto: attori, costumi, ambientazione. Ogni episodio si chiude con un grande brano rock. a.c. e il futuro della Srg Ssr ha gà in cantiere la “colonizzazione” dello spazio online, producendo e proponendo contenuti appositamente studiati per il web e un nuovo pubblico di nativi digitali, ormai assuefatti dalla visione in streaming, i primi avamposti non potevano che essere all’insegna del giallo. Non è un caso infatti, che la tivù di Comano abbia inaugurato le sue “Web Series” con gli otto episodi originali, prodotti esclusivamente per la rete, di “Notte Noir”, un thriller di grande impatto. E in contemporanea sul canale più seguito in Svizzera sui devices mobili: YouTube. Come non è un caso che il noir, scritto da Andrea Fazioli e Marco Pagani, sia risultato uno dei due vincitori ticinesi (l’altro è “Fakebook” di Chris Guidotti e Alessandro Maccagni) nel concorso nazionale promosso nel 2013 dalla Srg Ssr per promuovere ed incentivare la produzione di opere espressamente realizzate per il web. Contest che ha visto la partecipazione di ben 180 concorrenti, e solo sei di questi selezionati. La Rsi, comunque, per il suo debutto nella direzione digitale della fiction, oltre al genere “crime” ha premiato anche quello stile poco amante del particolare evidente, nitido e a tutto schermo, che è proprio del giallo. “In realtà stiamo esplorando nuove piste, perche?si tratta di produrre in modo diverso, con un formato, un linguaggio e un taglio diverso - ricorda Gabriella De Gara, responsabile della produzione fiction Rsi -. Ma quel requisito un po’ ‘sporco’ che caratterizza la fiction per il web non deve trarre in inganno; se il prodotto è buono può trovare collocazione anche nel palinsesto televisivo”. Niente a che vedere coi B-movies, sia chiaro, ma è comunque significativo che il genere “crime”, dopo aver imperversato al box office del cinema e sul piccolo schermo, punti al pubblico più giovane della tivù online. Come del resto ha sottolineato Roger de Weck, direttore generale Srg Ssr: “Con Notte Noir si apre una nuova stagione attenta, come mai prima d’ora, al web”. e.r.b. Q La professionalità La serie non ha naturalmente nulla di miracoloso, è soltanto realizzata e recitata con professionalità NOVITÀ: PREZZO MINIMO, EQUIPAGGIAMENTO MASSIMO. NISSAN MICRA VISIA INCL. PACCHETTO COMFORT FR. 13 390.– • Climatizzatore • Sistema audio radio/CD • Dispositivo vivavoce Bluetooth® • Comandi al volante • Leasing al 3.9%, Fr. 129.–/mese1 LE PICCOLE E AGILI DI NISSAN. NISSAN MICRA VISIA da Fr. 11 790.– Leasing al 3.9% incl.2 NISSAN NOTE VISIA da Fr. 16 840.– Leasing al 3.9% incl.3 NISSAN MICRA, consumo ciclo misto: 4.3–5.4 l/100 km; emissioni di CO2: 99–125 g/km; cat. effi cienza energetica: A–D. NISSAN NOTE, consumo ciclo misto: 3.6–5.1 l/100 km; emissioni di CO2: 92–119 g/km; cat. effi cienza energetica: A–C. Ø di tutte le auto nuove: 144 g/km. 1NISSAN MICRA VISIA, 1.2 l 80 CV (59 kW), prezzo netto Fr. 13 390.–, incl. pacchetto Comfort Fr. 1600.–, acconto Fr. 3348.–, 48 rate leasing mensili di Fr. 129.–, tasso d’interesse annuo eff. 3.97%. Modello riprodotto: NISSAN MICRA TEKNA, 1.2 l DIG-S, 98 CV (72 kW), prezzo di listino Fr. 19 315.–. 2NISSAN MICRA VISIA, 1.2 l 80 CV (59 kW), prezzo netto Fr. 11 790.–, acconto Fr. 2906.–, 48 rate leasing mensili di Fr. 115.–, tasso d’interesse annuo eff. 3.97%. Modello riprodotto: NISSAN MICRA TEKNA, 1.2 l DIG-S, 98 CV (72 kW), prezzo di listino Fr. 19 315.–. 3NISSAN NOTE VISIA, 1.2 l DIG-S, 80 CV (59 kW), prezzo netto Fr. 16 840.–, acconto Fr. 4253.–, 48 rate leasing mensili di Fr. 155.–, tasso d’interesse annuo eff. 3.97%. Modello riprodotto: NISSAN NOTE TEKNA, 1.2 l DIG-S, 98 CV (72 kW), prezzo di listino Fr. 25 180.–. Condizioni leasing di RCI Finance SA, 8902 Urdorf: chilometraggio/anno: 10 000 km. Assicurazione debito residuo inclusa. L’assicurazione casco totale obbligatoria per contratti di leasing non è compresa. La concessione del credito è vietata se causa un indebitamento eccessivo del consumatore. Valevole per clienti privati fi no al 31.12.2014 o fi no a revoca. Lo studio L’incontro Dal Verbano al grande Po mezzo secolo di devastazioni La Svizzera è il Paese dell’ottimismo e della fiducia Marco Solari: “La mia lotta contro il kitsch nel turismo” ALLE PAGINE 34 e 35 A PAGINA 45 PIANCA A PAGINA 46 Supsi.ch Le alluvioni travirgolette ilcaffè 16 novembre 2014 SOCIETÀ | TENDENZE | PROTAGONISTI Una settimana una parola. Oltre il cibo Un’obiezione alimentare chiamata“vegan” MORO A PAGINA 36 Sanità pubblica Privatizzazioni, esternalizzazioni, liberalizzazioni. Organici ridotti pure nei settori più bisognosi di personale, gli ospedali. Gli attacchi alle attività statali si moltiplicano N egli ultimi vent’anni il servizio pubblico è stato oggetto di attacchi di ogni genere: ci sono state privatizzazioni, esternalizzazioni, liberalizzazioni, riduzioni di effettivi, anche nei settori bisognosi di più personale, come nella sanità. L’obiettivo non è più la fornitura ai cittadini di un servizio pubblico di qualità, bensì la realizzazione di profitti, da distribuire agli azionisti delle nuove società che hanno sostituito l’ente pubblico. Il motore di quella che potrebbe essere considerata una crociata contro il servizio pubblico sono i gruppi economici e finanziari, alla ricerca di nuove possibilità di guadagno. Essi hanno po- Beltraminelli, direttore del Dss, e Pellanda, dell’Ente ospedaliero, non difendono il ruolo dello Stato tuto contare sulla complicità della maggioranza delle autorità politiche, sia a livello nazionale che locale. Vediamo tre esempi di quanto successo e sta succedendo. Gli ospedali ticinesi. Prima del 1982, quando è stato istituito l’Ente ospedaliero cantonale (Eoc), la medicina ospedaliera nel nostro cantone era assicurata da una dozzina di ospedali privati. Il Civico apparteneva al Comune di Lugano. La qualità era scarsa, la situazione fallimentare. Molti ticinesi dovevano farsi curare oltr’Alpe. In questi anni l’Eoc ha fatto un lavoro enorme. Oggi la qualità è ottima, gli ospedali dell’Ente garantiscono prossimità, una medicina altamente specializzata e sono addirittura in grado di fare da supporto alla Facoltà di medicina. Si tratta di un modello vincente, da difendere e da consolidare. Il nuovo direttore del Dipartimento della sanità e della socialità, e di conseguenza il Consiglio Corbis GRAZIANO PESTONI presidente Unione sindacale Ticino e Moesa di Stato, nonché la nuova dirigenza dell’Eoc, hanno però deciso un cambiamento di rotta. La nuova pianificazione ospedaliera, attualmente in discussione in Gran Consiglio, prevede la cessione ai privati di importanti settori, crea doppioni, maggiori costi. La salute diventa una merce. A trarne profitto non saranno i cittadini e i pazienti ticinesi, bensì soltanto i gruppi speculativi, come la Genolier, la quale si sta accaparrando cliniche e alberghi in tutta la Svizzera. La vendita della clinica di Moncucco rientra in questo quadro. In un cantone in cui le cliniche private costituiscono una percentuale particolarmente elevata di posti letto e pone di conseguenza non pochi problemi per la messa in atto di un sistema efficace e razionale, la vendita della Moncucco avrebbe dovuto essere l’occasione per l’Eoc di aumentare la presenza pubblica sul territorio. Ma probabilmente non finirà così, non solo perché le lobby del privato sono potenti, ma anche perché, osiamo immaginare, l’Eoc non ha fatto il necessario per acquistare la clinica. Il ministro Paolo Beltraminelli e Giorgio Pellanda, rispettivamente presidente e direttore dell’Eoc, non sono grandi difensori del servizio pubblico: basti pensare che tutti e due erano in prima fila a combattere la cassa malati unica, utilizzando qualsiasi argomento, anche il più infondato. Il servizio pubblico si può minacciare anche indirettamente, ossia riducendo le risorse a sua disposizione. In questi ultimi decenni, è stata ridotta l’imposizione fiscale ai detentori di sostanze e redditi elevati. Oltre all’aspetto poco sociale di queste decisioni, le stesse hanno ridotto le entrate e sono all’origine di importanti disavanzi nelle finanze pubbliche. La nuova situazione è servita da pretesto per molte misure di risparmio, in particolare nelle funzione pubblica, in cui sono stati, ad esempio, ridotti gli effettivi, anche nei settori in cui sarebbe stato necessario un aumento, come nella sanità. La recente adozione del moltiplicatore cantonale da parte del Gran Consiglio, nella forma in cui è stato fatta, rientra in questa politica. Invece di servire per adeguare le entrate in funzione dei bisogni, sarà uno strumento per la diminuzione delle entrate. Infatti, per ridurre la fiscalità è necessaria la maggioranza semplice del Gran Consiglio, ma per aumentarla ci vuole una maggioranza dei 2/3. Sarà possibile quindi ridurre la fiscalità, ma quasi impossibile aumentarla. E se mancheranno risorse finanziarie, la maggioranza del Governo tenterà, come ha già fatto nel passato, di ridurre ulteriormente le prestazioni dell’ente pubblico. Il lavoro delle istituzioni può essere minacciato indirettamente, riducendone le risorse a disposizione Un terzo esempio lo offre il Consiglio federale. Proprio in questo momento sono in corso trattative, che avrebbero dovuto rimanere segrete, per concretizzare un accordo internazionale con Usa, Canada, Australia, Giappone e Unione europea, un accordo conosciuto con la sigla inglese Tisa (Accordo sul commercio dei servizi). Questo accordo prevede, ad esempio, che un settore privatizzato non può più essere gestito dall’ente pubblico, nemmeno se dovesse essere dimostrato che la privatizzazione ha dato risultati disastrosi. Qualora le autorità volessero comunque cambiare, la ri-nazionalizzazione sarebbe oggetto di pesanti penalità. Difendere il servizio pubblico significa difendere prestazioni adeguate, diritti, qualità di vita. Il suo smantellamento è utile solo agli azionisti delle aziende privatizzate, che possono aumentare i loro guadagni. DOMENICA LIBERO D’AGOSTINO NON PERDIAMO FINZI PASCA A Lugano la Lega di Attilio Bignasca è pronta a silurare con un ricorso, e magari anche con un referendum, il contributo della Città alla Compagnia di Daniele Finzi Pasca. Non si sta parlando di milioni, ma di 750mila franchi, sull’arco di tre anni, per il lavoro di un grande artista, famoso in tutto il mondo, che dovrebbe diventare il punto di forza del Lac, il nuovo grande centro culturale. È grazie anche alle opportunità offerte dal Lac se Finzi Pasca ha deciso di restare in Ticino e di non trasferire in Canada la sua compagnia come aveva pensato di fare. Per il regista questi sono stati anni di grandi successi internazionali, dalle Olimpiadi di Torino a Sochi, e il suo nome è ormai celebrato ovunque per la coinvolgente creatività. Sarebbe un peccato non solo per Lugano ma per tutto il Ticino, perderlo. C’è solo da augurarsi che Finzi Pasca da quell’estroso e geniale artista quale è, sappia guardare con intelligente distacco alle miserie della politichetta leghista. IL CAFFÈ 16 novembre 2014 34 IL POLESINE L’alluvione del Polesine iniziata il 14 novembre del 1951 Dal TicinoalPolesine scorremezzo secolo di devastazione Fiumi che straripano,argini che si sgretolano,laghi che esondano. E la colpa non sempre è dell’uomo Le alluvioni. La soglia limite di 196 metri sul livello del mare è stata superata dal Verbano venti volte negli ultimi cent’anni. Un fenomeno ciclico ogni cinque anni EZIO ROCCHI BALBI P ioggia, acqua. Tanta, troppa acqua. Fiumi che straripano, argini che si sgretolano, laghi che esondano. E forse è solo una coincidenza che proprio come oggi negli stessi giorni di novembre e quelli successivi, sessantatre anni fa, nel 1951, l’“onda del Po” diventò sinonimo di morte. Ci furono 88 vittime e migliaia di persone persero tutto. La tragica piena del Polesine. Le precipitazioni, allora come ora, coinvolsero tutto il bacino padano. Negli stessi giorni un’inondazione investiva il Ticino. Anche allora la stagione autunnale era stata caratterizzata da piogge superiori alla norma, coinvolgendo come centri di maggiore precipitazione le Prealpi lombarde, soprattutto nella zona del Piemonte compresa tra Ticino e Dora Baltea. Il fiume Ticino e il Lago Maggiore vivono in simbiosi, si accompagnano nel loro al- ternarsi di straripamenti e conseguenti esondazioni. A volte ci si mette pure la Maggia con effetti terribili. Del resto le alluvioni sono da sempre un fenomeno ciclico nella storia ticinese, anche prima dei mutamenti climatici denunciati solo negli ultimi anni. Bisogna risalire al lontano 1872 per ritrovare quote idrometriche vicine a quelle recenti Solo per rinfrescare la memoria basta ricordare la prima piena del Verbano considerata “del secolo”, quella del 1993. Quell’anno il livello del lago Maggiore superò i 197 metri sul livello del mare, e per rientrare nel “rango” delle esondazioni bisogna superare i 196 metri. Quota abbondantemente superata, infatti, già il 13 novembre scorso. Quasi vent’anni fa, però, la portata secolare dell’evento era più che giustificata: bisognava risalire al lontano 1872 per ritrovare quote idrometriche del Verbano vicine a quelle raggiunte dall’alluvione del ‘93. Alluvione “del secolo”, quindi, nel cantone, ma a che a memoria d’uomo - oltre agli immaginabili danni economici e strutturali, s’intende - registra solo tre persone finite con la loro auto nel fiume Brenno, per le frane provocate dal maltempo. Il record d’esondazione era comunque più giustificato, anche se nel secolo precedente per ben una ventina di volte il Verbano era uscito dal suo alveo, superando i 196 metri. Praticamente un’esondazione ogni cinque anni, come nei 100 anni precedenti (anche se per gli esperti di idrologia i dati del livello d’acqua raggiunto sono attendibili solo a partire dal 1868),cosa che fa seriamente dubitare che la “mano dell’uomo”, con le sue costruzioni, la cementificazione, sia la sola e principale artefice della devastazione prodotta dagli elementi naturali. Un record, comunque destinato a durare ben poco visto che il 18 ottobre del 2000 il Verbano vide bene di alzare l’asticella del suo straripare a 197,55 metri. Anche in quel caso pioggia, acqua, troppa acqua. Prolungate piogge torrenziali provocarono un rigonfiamento pauroso di tutti i corsi fluviali, destinati a riversarsi nel lago Maggiore, provocandone l’inevitabile esondazione. La superficie d’acqua si innalzò di parecchi metri, allagando Locarno, Ascona e tutto il piano di Magadino. A salvare letteralmente la situazione, visto che le piogge dopo una settimana continuavano incessanti a cadere, fu il repentino abbassamento delle temperature e solo il limite delle nevicate, diminuì la portata dell’acqua a valle. E guarda caso, anche questa volta lungo l’asse Ticino-Verbano a farne le spese è il fiume Po. Diciannove i morti per l’alluvione, 18 i dispersi, quasi 40 mila gli sfollati. Il “grande fiume” nel Piacentino supera addirittura i livelli del 1951, 10 metri e 50 contro i 10,25 che avevano devastato il Polesine. Era sempre novembre, invece, quello di due anni fa, quando il Verbano superò il limite fatidico dei 196 metri. Per l’esattezza 196,27 frutto di un classico e intenso episo- Nelle vallate del versante sud alpino in poche ore caddero circa 600 litri per metro cubo dio alluvionale, dopo un settembre freddo e piovoso, cui aveva fatto seguito un ottobre tutto sommato mite e con poca pioggia. Danni economici e materiali ingenti visto che alla voce “ripristino da danni della natura” il Gran Consiglio stanziò in tempi record (nel luglio successivo) un credito che superò i diciotto milioni di franchi. Ma senza scomodare l’esuberanza delle acque del Verbano, Meteo Svizzera certifica che la peggiore delle alluvioni che sconvolse il Ticino (e la vicina Italia del Nord) si verificò inattesa nella notte tra il 7 e l’8 agosto del 1978. In pieno Festival del cinema, e dopo alcune belle giornate estive, con un clima caldo-afoso. Un’intensa perturbazione temporalesca improvvisamente innalzò con prepotenza il calore e l’umidità ristagnanti, e un autentico diluvio colpì il Ticino, la Val Vigezzo e i Grigioni italiani. Nelle vallate del versante sud alpino in poche ore si accumularono circa 600 litri per metro cubo e la Maggia “esplose” al ritmo di quasi quattro milioni di litri d’acqua al secondo. E con la Maggia strariparono molti altri corsi fluviali, fiume Ticino compreso, portando morte e distruzione. Il mattino dopo presentò uno scenario devastante. In una notte persero la vita cinque persone solo nel Locarnese e i danni ammontarono a oltre 200 milioni di franchi. [email protected] Q@EzioRocchiBalbi Il racconto Quell’acqua del Po “che fa i disastri” LAURA PARIANI Scrittrice S L’ALLUVIONE E LA PIENA Gli effetti della devastante alluvione dell’agosto 1978 nel Locarnese; a destra le piene storiche del Po nell’illustrazione realizzata da Emanuele La Medica per il Caffè L’emergenza Scongiurati i pericoli maggiori, dopo i ripetuti allarmi la meteo ritorna verso la normalità L’ingegneria Sette giorni di timori sotto la furia di precipitazioni con intensità record La pioggia,la legna,il fango una terribile pressione sulle dighe nelle vallate Per evitare pericoli il comando di Luino ha deciso di chiudere la caserma e trasferirsi armi e bagagli nelle scuole elementari, chiuse anch’esse per il cattivo tempo. Una settimana pazzesca, dunque. Siamo di fronte a precipitazioni eccezionali. Con piogge che in questo mese di novembre si situano tra i 300 e i 450 litri per metro quadro, con punte altissime in Vallemaggia e Centovalli. Tre volte le medie abituali. E con frane un po’ ovunque. A Brissago una famiglia è stata fatta evacuare dalla sua abitazione per uno smottamento. Scoscendimenti anche nel Mendrisiotto con frane a Seseglio, a Novazzano, tra Riva San Vitale e Brusino, tra Melano e Rovio. Il Ceresio è uscito a Lugano, allagando i marciapiedi in vari tratti, specialmente nella zona tra l’imbarcadero e il Parco Ciani. Lidi, campeggi sono finiti sott’acqua a Melano, Capolago, Riva San Vitale e Brusino. il livello del Lago di Lugano, anche se solo di 5 centimetri. Ciononostante i livelli dei due laghi rimangono molto elevati. Il lago di Lugano sino, ieri, sabato, è stato poco sotto il grado di pericolo 5 (pericolo molto forte). Tenuto conto delle precipitazioni in corso i livelli dei due laghi stanno però salendo di nuovo. Il lago Maggiore dovrebbe raggiungere il livello massimo entro oggi, domenica, mentre quello Lugano dovrebbe superare il picco raggiunto settimana scorsa (271,57 metri). Sono aumentati anche i livelli dei fiumi, con la Maggia e il Ticino di poco al di sotto del grado di pericolo 2. Un’eccezione è costituita dal fiume Tresa, la cui portata resterà elevata per far defluire acqua dal lago di Lugano. Per i fiumi minori sono possibili picchi di portata elevati a causa dell'intensificazione temporanea delle precipitazioni. Superata la preoccupazione per le esondazioni, resta qualche timore per possibili frane, soprattutto nelle zone più investite dalle copiose piogge di queste ultime settimane. c.m. L Ti-Press A rriverà il sole, ma solo a metà settimana, a spazzare via nuvole e preoccupazioni. Tutto in sette giorni. Doppia esondazione, evacuazione della clinica Santa Chiara a Locarno in poche ore. Intervento esemplare della protezione civile, quasi un’esercitazione di routine. Con la posa delle passerelle auto-galleggianti nel quartier Nuovo di Locarno. Una “meraviglia” tecnica guardata con ammirazione dai frontalieri che a Verbania sono alle prese con la stessa situazione, ma con minor mezzi. Apprezzate anche in quel di Luino, il cui lungolago è andato praticamente sott’acqua. La città di Piero Chiara, proprio nel giorno dell’alluvione ha vissuto una storia paradossale: la chiusura della caserma dei pompieri. L’edificio, ormai vetusto, sorge a pochi metri dal fiume Tresa, che riceve l’acqua dal lago Ceresio per immetterla nel lago Maggiore,. Molti gli interventi per gli scantinati allagati. Invasa gran parte del Quartier nuovo a Locarno e il Lungolago. Poi dopo la pausa di venerdì, e un leggero deflusso - in uscita dal lago, a Sesto Calende, in territorio italiano,sono state abbassate completamente le paratie - proprio in questo fine settimana la nuova esondazione che ha riportato tutto al livello di partenza. Le previsioni meteo danno bel tempo per metà settimana prossima e tranquillizzano. Mancato pericolo, dunque, dopo una settimana pazzesca. Tutta colpa di un tempo bizzoso con cui si fa sempre più fatica a convivere. E che necessita l’intervento intelligente e previdente dell’uomo. Tutto perché a partire dall’inizio di novembre, spiegano i meteorologi, il versante sudalpino si è trovato quasi costantemente sotto l'influsso di correnti sudoccidentali umide che hanno portato a delle prolungate situazioni di sbarramento, causando abbondanti piogge. In seguito al miglioramento del tempo a metà settimana, il livello del Lago Maggiore era sceso di oltre 15 centimetri così come è calato anche LA PAURA Anche il Ceresio (qui sopra) in questi giorni è esondato, come il Verbano (a sinistra). La diga della Verzasca sotto la pressione dell’acqua (a destra) e dighe sono numerose nelle valli e il Ticino, e il loro “lavoro” l’hanno sempre ben fatto. La prima, inaugurata quasi cento anni fa, nel 1920, ad essere edificata è stata quella del Lago Ritom, in Leventina. Nel secondo dopoguerra, altre sono spuntate come funghi, tutte dal 1947 al 1970. In termini di volume le più grandi sono quelle del Luzzone, con un bacino di 107 milioni di metri cubi d’acqua, della Verzasca, 85,5 milioni, e del Sambuco, 63 milioni. Queste opere d’ingegneria vengono periodicamente “testate” - oltre che dai servizi di manutenzione - soprattutto dalla natura, con le precipitazioni che ingrossano laghi e fiumi alimentando la pressione dell’acqua. Come sta avvendendo in questi giorni. E come è successo in altre circostanze, quando, ad esempio, il lago artificiale di Vogorno si è talmente ingrossato da far tracimare la diga della Verzasca. Le opere idrauliche di sbarramento concepite per reggere eventi eccezionali Una tracimazione minima, incomparabile con le immagini scolpite nella memoria della tragedia del Vajont, in Italia, quando, nell’ottobre del 1963, la diga del grande bacino idroelettrico collassò per una frana causando la morte di duemila persone. Situazione completamente diversa quella di Vogorno, dove la diga è assolutamente sicura: malgrado le piogge continuino ad cadere copiose, lo specchio d’acqua non desta alcuna preoccupazione. Anche perché l’acqua in questi giorni è tracimata solo di 200 metri cubi al secondo; un ottavo della quantità che la diga può sopportare prima di andare in crisi. Sono infatti 1.600 i metri cubi calcolati per il lavoro massimo degli “sfioratori”, gli strumenti di scarico della diga. Una situazione di quasi normalità, se pensiamo che episodi del genere, stando ai dati statistici, si verificano mediamente anche due o tre volte all’anno. L’eccezionalità è semmai legata alla frequenza ravvicinata delle piogge di forte intensità, che da un paio di settimane si abbattono sulla regione. Nessun pericolo, quindi, di ripetere una situazione assolutamente eccezionale come quella dell’agosto 1978, quando una massa di detriti legnosi riempì la diga di Palagnedra e il bacino artificiale tracimò. La responsabilità fu da addebitare all’inattesa mole di materiale che andò a depositarsi contro le pareti, ma la struttura della diga aveva comunque retto bene nonostante una situazione del tutto particolare, con precipitazioni abnormi, di forte intensità e concentrate in un periodo molto breve.Ma anche in altre circostanze le dighe furono messe a dura prova in questi ultimi decenni. In particolare nell’esondazione “storica” del 1993, quando le continue piogge fecero salire a livelli record il Lago Maggiore. In quell’autunno tutti gli sbarramenti reagirono bene, mentre la superficie lacustre del Verbano aveva superava i 197 metri sul livello del mare. Allo stesso modo confermarono la loro affidabilità anche nell’esondazione del 2000, quando si superò di nuovo il livello storico raggiunto pochi anni prima. La pressione provocata dalle copiose precipitazione sui laghetti artificiali e sulle pareti delle dighe preoccupò, ma la loro sicurezza venne confermata senza imprevisti. o.r. e abitate vicino a un fiume o un lago, sapete bene che la presenza dell’acqua dà un tocco particolare alla luce delle vostre giornate. D’estate fin dall’alba la luminosità parte dal brillio delle onde, maturando al culmine del giorno; poi, a partire dall’autunno, con la cortina della pioggia o il calare delle brume, le rive si perdono in una lontananza vaga: ombre, profili abitati dal silenzio e dalla solitudine. La gente che abita vicino all’acqua sa a memoria questi cambiamenti di atmosfera, ci è in qualche modo preparata. O perlomeno io lo sono dato che, avendo cambiato casa di frequente negli anni del precariato a scuola, ho abitato molto spesso in posti in riva all’acqua: sul Ticino sia nel Turbighese che presso il ponte della Becca di Pavia; sul Po a San Rocco al Porto, presso Piacenza; infine adesso sul lago d’Orta. Il Po l’ho conosciuto nel Piacentino ascoltando soprattutto i racconti del vecchio Aìdo, che aveva campato la vita in riva al fiume, ricavando tutto il necessario dal Po, pesce e legna; ché, quando poi veniva la piena, autunno o primavera che fosse, si rallegrava come di una vendemmia: con la barca affrontava le grosse piante trascinate dalla corrente, le allacciava con una specie di lazo, a mo’ dei gauchos argentini, eppoi, vogando a tutta forza, le tirava a riva. Sosteneva che ciò che la piena regalava gli bastava per una stagione di sbevazzi all’osteria. Ma questa era “la piena normale”. Diversa era l’alluvione, con la campana a martello, che lungo l’argine maestro segnalava l’emergenza e faceva scappare la gente... “Ma perché continuare a vivere qui, visto che è pericoloso?” chiedevo io. E lui immancabilmente borbottava nel suo dialetto qualcosa che si potrebbe tradurre così: “Non si ama il fiume, ma non se ne può fare a meno”. Non posso dimenticare l’Aido e i suoi racconti di “acqua che fa disastri”, forse perché sono nata nel novembre del 1951, il giorno in cui per l’onda di piena venne dato l’ordine di evacuare Rovigo, Adria, Cavarzere... Più di ottanta vittime, centottantamila sfollati senzatetto. E mio padre, giovane sindaco cattolico, non indugiò a mettersi a disposizione, in prima persona, della macchina dei soccorsi in nome di una solidarietà umana, non filtrata né mediata da apparati burocratici. Ma - e mia madre non glielo perdonò - era così impegnato nell’organizzazione dei soccorsi, che non solo non poté assistere alla nascita della sua prima figlia, ma ne venne a conoscenza molto troppo - tardi... Dunque per me, in un certo senso, ogni piena è una sorta di balzo all’indietro di decenni, fino alle origini. Così adesso ascolto con un certo timore lo scrosciare della pioggia. Ché il copione di questi giorni lo conosco a memoria: piove a dirotto, il livello dell’acqua si alza, fossi e canali esondano, le zone golenali si allagano, le strade vengono interrotte, col batticuore si tengono sotto osservazione gli argini sperando che il maltempo la smetta e che tutto torni alla normalità. Ma, come diceva mia nonna: “Tempo, culo e sciòr fan quel che voglion lòr”. La pioggia non cessa e allora i paesi rivieraschi rischiano grosso: di pressa si corre a distribuire sacchi di sabbia alle case più vicine all’acqua, si smontano e si traslocano ai piani alti cucine e attrezzature di bar e negozi, per evitare i danni che l’acqua provocherebbe agli impianti; oppure ci si trasferisce dagli amici. L’imperativo è salvare il salvabile. Ma soprattutto... si aspetta con rassegnazione l’inevitabile. Da quanti giorni viviano con l’occhio alle previsioni meteo? “Stato di allerta: il Po ha raggiunto i 6,50 metri”, “Record: è stata la giornata più piovosa degli ultimi quindici anni”, “Il Po sta raggiungendo i 7 metri e mezzo sopra lo zero idrometrico”. Centimetri di pioggia, monitoraggio delle arginature, non si parla d’altro. Dalla finestra guardo la frana che spezza in due la montagna dall’altra parte del lago; le papere che nuotano senza paura nella piazza allagata; i cigni che si lasciano galleggiare davanti alla porta, con il collo piegato come se fossero damine malate; i curiosi che approfittano per fare un giro in canoa tra le vie, fotografando la situazione col telefonino. E penso al percorso che l’acqua sta facendo: dal lago d’Orta all’emissario Nigoglia, che sfocia nello Strona, che va a finire nel Toce, che sbocca nel Lago Maggiore che s’incanala nel Ticino, che finisce, sursum corda, nel Po. Siamo tutti sulla stessa barca, mi vien da dire. E, fin dai tempi dell’arca del vecchio Noè, questa è la frase che il genere umano si è abituato a ripetere con più frequenza IL CAFFÈ 16 novembre 2014 36 Oltre il cibo. Niente carne, latte,miele e uova. Per chi trova crudele usare e abusare degli animali La storia IL TERMINE La parola veganismo è un’italianizzazione dell’inglese “veganism”, derivante da “vegan”, neologismo ideato nel 1944 dal britannico Donald Watson. ELISABETTA MORO V egani non si nasce, ma si diventa. È quel che ha fatto Bill Clinton, neoconvertito al nuovo credo nutrizionale. Zero carne, latte, uova e miele. Una scelta radicale, maturata dopo alcuni disturbi al cuore. E soprattutto dopo la lettura di The China Study di Colin e Thomas Campbell. La bibbia del veganismo. Un libro che, nonostante venga considerato dalla maggior parte degli scienziati datato e approssimativo, è diventato un best seller. E quel che più conta ha spostato il baricentro di questa corrente di pensiero alimentare verso il salutismo, mentre originariamente si trattava di un’obiezione di coscienza animalista. Come dire che si può diventare vegani per due Vegan food Una scelta più che radicale di un’obiezione di coscienza ragioni diametralmente opposte. O per amore o per terrore degli animali. Quando nel 1944 Donald Watson e Elsie Shringley si staccarono, come la costola di Adamo, dalla Vegetarian Society di Londra, la più antica società filovegetariana dell’Occidente, lo fecero per dire che è crudele usare le altre specie per riempire i nostri frigoriferi. Ma è crudele anche rubare il miele alle api che faticosamente si preparano all’inverno stoccandolo negli alveari. E lo è altrettanto costringere le mucche a produrre ettolitri di latte non destinati ai vitellini che hanno partorito, come vuole la natura. E così via ragionando. Perciò un vegano doc non indossa scarpe di pelle, maglioni di lana o altri capi di origine animale. Il nome vegan nasce da un ragionamento elementare di Watson, che ha incollato l’inizio e la fine della parola vegetarian. Insomma l’alfa e l’omega della teoria matrice per chiudere, anche simbolicamente, il cerchio del ragionamento. Questi rinuncianti contemporanei sono gli eredi inconsapevoli dei boskoi, gli eremiti e anacoreti dei primi secoli dell’era cristiana che manifestavano il loro afflato solidale verso gli animali, condividendo il loro cibo. Frutti, bacche, erbe. Ma oggi si può contare anche sull’aiuto dell’industria alimentare che, fiutato il business, si è buttata sul vegan junk food. Merendine, snack, salse, gelati, biscotti, fish & chips e hotdogs. Apprezzatissimi dai teenagers. Così è possibile ravvedersi senza rinunciare totalmente alle vecchie, cattive abitudini. E transitare senza traumi dal cruento onnivorismo al mansueto veganismo. Insomma dalla dieta di Caino a quella di Abele. I PRECEDENTI I rappresentanti della pura cucina vegana sarebbero i “Jainisti” dell’India, religiosi iper-pacifisti, che fin dal VI secolo a.C. piuttosto di uccidere un animale preferirevano morire di fame. L’ETICA Già dagli inizi del 1900 l’etica del consumo di prodotti lattierocaseari era stata oggetto di forti dibattiti all’interno del movimento vegetariano più radicale. I NUMERI Si stima che nel mondo vegani e vegetariani siano circa un miliardo. In Europa è la Germania il Paese più “veg” (7 milioni di persone); in Svizzera circa nove su cento. ‘@6 Ôrr£Ô †6 r@’@ l˘íílÔÇÇ@lÔZ ‘@6 Ôrr£Ô †6 r@’@ ¾’Ô6£ÔZ pÔl ‘†Ôr£@ ’˘ +vv 6@6 Ü †6i˘rr¾†l˘ˇ@6Ô 1˘’˘££˘ SÔl ¾’Ô6£Z *Ô6r SÔl SÔlr@6ÔZ ‚ @îl˘1@ †6 rÔl˜ˇ@ Ç ¾@6r†’Ô6ˇ˘ 1ÔǾ˘ ül˘£†£@À fiš @lÔ r† fišZ ˘lÔ +˘’¾@’ ’ fiŁJôÄ Ç @ Ô ’ SlÔ1 Z¾rrZ¾ ~ü@ ¯¯¯ r¾ÔÇÔ£Ô ’˘ 6@r£l˘ ¾@6r†’Ô6ˇ˘Ä 6 †6˘ ÇÔ’’Ô JfiŁ ˘üÔ6ˇÔÀ ¾˘1˘6Ç@ ’@ ŁÙšš fizz fizz @ r† ¯¯¯Z¾rrZ¾Z vÔ1SlÔ SÔlr@6˘’ÔZ rr¾†l˘ˇ@6Ô IL CAFFÈ 16 novembre 2014 37 La cultura. La Svizzera spicca nella difesa del patrimonio artistico. L’Onu le affida il compito di custodire opere in pericolo in tutto il mondo I SITI DA TUTELARE L’inventario dei beni culturali in Svizzera La Confederazione diventa il“caveau” dei beni culturali B eni culturali inestimabili esistono da sampre. La loro salvaguardia, invece, è un’esigenza disciplinata molto tempo dopo. È solo dal 1954, infatti, che l’Unesco (l’organizzazione delle Nazioni unite per l’educazione, la scienza e la cultura) ha introdotto delle raccomandazioni internazionali per il loro riconoscimento. Da quel momento la Confederazione si è preoccupata di catalogare rigorosamente i valori da proteggere sul territorio nazionale. E nel 2009 - data dell’ultimo censimento del proprio “patrimonio” - l’inventario contava oltre 3.000 beni, disseminati in tutto il Paese. Dal piccolo Museo Onsernonese di Isorno, al Castello di Allaman nel canton Vaud, via via fino alla casa comunale di Weinfelden, nel canton Turgovia. La Svizzera si è dimostrata così diligente che l’Unesco ne ha fatto una delle nazioni che ospiteranno una sede per la protezione dei beni in pericolo provenienti da tutto il mondo. Un “caveau” ideale per la Bellezza, sicuro e in grado d’offrire tutta l’attenzione che questi beni inestimabili meritano. Un luogo in grado di proteggere le opere minacciate da guerre, eventi naturali o conflitti culturali su tutta la Terra. Con il coinvolgimento del Dipartimento militare e quello della Protezione della popolazione e dei beni culturali è stata individuata una “caverna” nei pressi di Affoltern am Albis, nel Canton Zurigo, finora adibita a magazzino militare. E sarà lì, dopo l’ok del Consiglio federale, che le opere d’arte minacciate potrebbero trovare rifugio. Un’iniziativa che fa della Svizzera un Paese pioniere in questo campo. “E non solo perché potremo ospitare, in un futuro non lontano opere importanti grazie alla sicurezza e alla competenza che abbiamo dimostratoconferma al Caffè Rino Büchel, caposezione per la Protezione dei beni culturali a Berna -, ma anche perché la nostra struttura è basata su una fitta rete di collaborazioni specifiche in ogni Gli esempi L’inventario nazionale dei beni culturali meritevoli di tutela è stato aggiornato per l’ultima volta nel 2009 e comprende attualmente 3202 “oggetti” suddivisi in tutta la Confederazione. L’idea di creare registri nazionali di questo tipo nasce dopo i disastri della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1954 l’Onu - attraverso l’Unesco - ha iniziato l’opera di promozione della tutela. LA STATUA DI ROUSSEAU A Ginevra, il monumento dedicato all’illustre pensatore e filosofo svizzero di fine Settecento rappresenta uno dei simboli della città affacciata sul Lemano 1 LA MADONNA DEL SASSO Il santuario mariano affacciato su Locarno è inserito a pieno titolo nel registro nazionale delle opere da tutelare. Sia per le sue origini nel ‘500, sia per i beni che contiene tra affreschi e libri 2 IL VIADOTTO LANDWASSER A poca distanza dalla stazione di Filisur sulla ferrovia dell’Albula, uno spettacolare viadotto in pietra a sei archi attraversa, curvando, la stretta gola del torrente Landwasser, nei Grigioni 3 ambito”. Basta pensare che nel progetto sono stati coinvolti non meno di una decina di istituzioni, tra cui le Guardie di frontiera, l’Ufficio federale della cultura e la stessa Unesco. Perché la Svizzera non è un esempio solo per la sua capacità di organizzazione, e collaborazione tra le sue diverse strutture, ma anche e soprattuto con quelle internazionali. “Abbiamo la fortuna di Fonte: Ufficio federale della protezione della popolazione UFPP avere un’ottima reputazione all’estero, e questo ci apre molte porte - ricorda Büchel -. Gli apprezzamenti dell’Unesco, ad esempio, ci agevolano nell’intavolare proposte di collaborazioni con istituzioni di altri Paesi. Dal grande museo fino alla speciale sezione dei Carabinieri che in Italia si occupa dei beni culturali, coi cui abbiamo ottimi rapporti”.Buoni rapporti che servono anche con i Cantoni, primi responsabili della tutela delle opere. “Col Ticino è stato fatto un bellissimo lavoro con la concretizzazione dell’Inventario cantonale”, precisa Buechel, tanto che il cantone vanta oltre duecento “beni” di interesse nazionale. Meglio fanno solo Berna (430), Zurigo (331), Argovia e Friborgo, entrambi con 238. o.r. L’intervista Il presidente della Stan Antonio Pisoni “Tanti edifici d’epoca rischiano di sparire” G li aiuti e il sostegno offerto ai beni culturali dalla Confederazione viene definito “encomiabile” da Antonio Pisoni, presidente della Stan, la Società ticinese per l’arte e la natura attiva da più di un secolo nell’ambito della divulgazione della conoscenza del patrimonio architettonico e paesaggistico. Nello stesso tempo, però, Pisoni lamenta una scarsità d’attenzione per molti edifici storici: “Abbiamo un sacco di edifici ottocenteschi con una storia, architettonica e umana, dove la gente ha vissuto e lavorato, che rischiano di essere spazzati via, come è già successo, per dei piani regolatori che vedono al loro posto un palazzo a più piani”. Eppure la banca dati del Cantone enumera circa 120mila beni culturali. “Attenzione, l’inventario va dal piccolo oggetto, una moneta, alla cattedrale. I beni culturali d’interesse cantonale tutelati sono circa 3000 e 200 d’interesse nazionale. Ma comprendono tutto, dalla collezione alle chiese, ai siti archeologici”. Ma sono molti anche gli edifici. “Sì, ma nessuno si sognerebbe di buttare un quadro, mentre una villa dell’800 o un borgo storico sono sempre a rischio. Ed è un peccato, anche perchè sarebbero di facile conservazione, non richiedono grandi investimenti”. Quindi è stato più facile proteggere gli insediamenti rurali della Valle di Muggio che i palazzi d’epoca. “Certo, anche se nel caso di Muggio l’importanza paesaggistica era indiscutibile e con gli aiuti di Berna è stata ben valorizzata”. Quanti sono gli edifici in Ticino che meriterebbero di essere tutelati e invece sono a rischio? “Un numero preciso non lo saprei indicare, ma siamo più vicini al migliaio che alle centinaia; basta dare un’occhiata al nostro sito per farsi un’idea”. e.r.b. Inserzione pubblicitaria La Svizzera in Europa Appello di cittadine e cittadini preoccupati Le Svizzere e gli Svizzeri che hanno firmato questo appello n profondamente preoccupati per la confusione che caratterizza oggi la politica della Svizzera nei confronti dei suoi partner europei, n desiderosi di evitare i danni economici e politici che il Paese rischia di subire se continua a mettere in causa i legami e lo spirito di cooperazione con l’Unione europea ed i suoi Stati membri, n coscienti che la chiusura della Svizzera non rafforzerebbe la sua sovranità, ma al contrario l’indebolirebbe, n convinti che soltanto un’ampia e dinamica cooperazione con l’Europa offre alla Svizzera una reale possibilità di assicurare il suo avvenire, * L’integrazione di fatto. L’economia svizzera reagisce bene agli impulsi dati dall’integrazione. Gli accordi bilaterali conclusi con Bruxelles, in particolare l’accordo sul libero scambio delle merci e quello sulla libera circolazione dei lavoratori, hanno stimolato la concorrenza e hanno sostenuto durevolmente la crescita. Le cifre dimostrano persino che la Svizzera de facto è oggi più integrata nello spazio economico europeo che numerosi Stati membri dell’UE. Le soluzioni globali. Nel corso di decenni, la Svizzera ha sempre cercato soluzioni globali, strutturate, per definire la sua partecipazione al processo di integrazione: la grande zona di libero scambio degli anni cinquanta (fallita nel 1958), la domanda di associazione della Svizzera nel 1961 (diventata senza oggetto), la creazione di un “ponte” per collegare l’AELS alla Comunità europea (soluzione abbandonata con l’adesione all’UE della maggior parte dei paesi dell’AELS), la proposta di intavolare delle trattative in vista della sua adesione all’UE nel 1992 (resi senza oggetto in virtù del rifiuto dello SEE), la partecipazione allo Spazio economico europeo (respinta il 6 dicembre1992), una soluzione istituzionale (attualmente in fase di negoziato). In fondo appare logico cercare simili soluzioni globali; ma ogni volta, sono sorti ostacoli quasi insormontabili. Il bilateralismo. Grazie ad una politica pragmatica, settore per settore, la Svizzera ha concluso circa 120 accordi bilaterali con l’Unione europea. Evidentemente, se questi risultati sono rimessi in questione dalla politica interna, la fiducia dei nostri partner si trova incrinata. Questa imprevedibilità colpisce negativamente anche l’economia. Nondimeno il bilateralismo sembra essere la forma di cooperazione che, a questo stadio, risponde meglio ai bisogni e interessi della Svizzera e offre le probabilità migliori di un consenso politico. invitano tutti i loro compatrioti e particolarmente i più giovani a partecipare a un ampio dibattito sull’Europa, a un dibattito sereno e fattuale, per permettere nuovamente alla Svizzera di offrire una politica coerente e orientata a lungo termine, una politica che permetterà al paese di fare valere i suoi interessi nel contesto europeo. *** Questo appello è sostenuto dalle seguenti considerazioni: 1. Quattro forti ragioni militano per un’Europa solidale Lo sappiamo tutti: la Svizzera fa parte dell’Europa, geograficamente, storicamente, politicamente, economicamente, culturalmente e socialmente. La Svizzera si è costruita nel grembo del suo ambiente naturale europeo. Dalla fine della Seconda Guerra mondiale, gli Europei discutono dell’“Europa”: quale avvenire per il nostro continente? Come fare per assicurare la pace, il diritto ed il benessere economico e sociale? Anche in Svizzera sono numerosi coloro che si sono stancati di questo dibattito: ma hanno torto! Per almeno quattro motivi la questione rimane importante: 3. La Svizzera e l’Europa: l’avvenire Verosimilmente la Svizzera e i suoi cittadini saranno confrontati sempre di più con le preoccupazioni europee, particolarmente con quattro questioni centrali: La storia. Dopo due guerre mondiali che sono costate la vita a circa 75 milioni di persone, tutti gli europei hanno proclamato “mai più!” La costruzione dell’Europa ha portato al continente più di un mezzo secolo di pace; è un’evoluzione unica nella storia, una conquista che si tratta di salvaguardare, una conquista che esige la partecipazione di tutti i paesi, i 28 Stati membri dell’Unione europea ed dei loro 500 milioni di abitanti, ma anche degli altri Stati europei. I valori. Dal nord al sud e dall’est all’ovest, i popoli europei sono diversi per le loro culture, le loro lingue, le loro storie, le loro tradizioni ed anche i loro temperamenti. Nonostante queste diversità condividono numerosi valori essenziali: lo Stato di diritto basato sulla democrazia, l’economia sociale di mercato, i Diritti dell’uomo, la protezione dell’ambiente naturale. La solidarietà degli Europei si è concretizzata grazie ad una lunga serie di decisioni. L’interdipendenza. All’epoca della mondializzazione e del rapido sviluppo delle scienze e delle tecniche, i paesi europei sono riusciti a forgiare un grande mercato continentale basato sulla concorrenza e la libera circolazione dei beni, delle persone, dei servizi e dei capitali; gli attori economici hanno saputo adattarsi e trarne profitto. Questo mercato esige condizioni quadro coerenti e politiche comuni. L’interdipendenza si è accentuata anche nel campo della sicurezza interna (terrorismo, cybercriminalità, flussi migratori non controllati, ecc.). L’Europa nel mondo: Ci fu un tempo, in cui l’Europa era il centro politico ed economico del mondo. Oggi, dopo la scomparsa degli imperi coloniali e la rapida crescita di potenze extraeuropee, i paesi europei assumono un ruolo più modesto al tavolo dei Grandi. Ai nostri giorni, l’Europa riesce a fare valere il suo punto di vista soltanto se i paesi europei coordinano la loro azione. Ciò vale anche per quanto attiene alla sicurezza. Corresponsabilità. Il dibattito nazionale nasconde troppo facilmente il fatto che la Svizzera assume già importanti responsabilità in Europa. Ciò vale per i problemi che, per la loro natura, hanno acquisito una dimensione paneuropea come la protezione dell’ambiente naturale, l’energia, i trasporti, la migrazione, la formazione e la ricerca, la stabilità monetaria e finanziaria e beninteso, anche la salvaguardia della democrazia e dello Stato di diritto, come pure la sicurezza interna ed esterna del continente. Gli interessi economici. La Svizzera è un paese privo di materie prime e di energie fossili. La sua prosperità dipende dalla capacità delle sue imprese di mantenere la loro posizione sui mercati europei e mondiali; è dunque importante che le nostre aziende possano agire ad armi uguali nei confronti dei loro concorrenti. I paesi dell’Unione europea rappresentano di gran lunga il mercato più importante per la Svizzera. Per prendere soltanto un solo esempio, la Svizzera non può mantenere una piazza finanziaria importante senza un libero accesso ai mercati europei nell’ambito di una regolamentazione comune o concertata. Coerenza e continuità. Qualunque sia la forma che si desidera dare alle nostre relazioni con l’UE, bisogna rendersi conto che, in un mercato di dimensione continentale, tutto è interconnesso. In altre parole, le nostre complesse relazioni con l’UE devono essere coerenti, globali, stabili e prevedibili. Volere “la botte piena e la moglie ubriaca” non costituisce una base solida per una politica di lungo termine. Ed infine: l’adesione della Svizzera all’UE non dovrebbe essere scartata di primo acchito e definitivamente dal dibattito politico nel nostro paese. Un simile atteggiamento non sarebbe solo inadatto, ma anche pericoloso. Dobbiamo essere coscienti che, in ultima analisi, soltanto la codecisione permetterà alla Svizzera di avere un influsso corrispondente alla sua importanza sulle politiche europee e sul diritto europeo. Invitiamo soprattutto i più giovani a partecipare a un ampio dibattito sereno e fattuale L’adesione della Confederazione all’UE non dovrebbe essere scartata dal dibattito 2. La Svizzera e l’Europa: gli insegnamenti del passato Queste affermazioni non costituiscono un’arringa in favore di una o l’altra delle opzioni possibili per le nostre relazioni con l’UE; si tratta unicamente di identificare i punti che devono permettere un dibattito democratico serio. In questo contesto, è imperativo poter offrire alla giovane generazione un quadro di riflessione e di impegno per l’avvenire. La storia delle relazioni tra la Svizzera e l’Unione europea non è purtroppo caratterizzata da grande coerenza: avvicinamenti, affermazioni di obiettivi condivisi, manifestazioni di interessi comuni, esitazioni varie, addirittura passi indietro. In un certo qual senso, la pace che regna tra vicini in Europa ha fatto perdere alla Svizzera le sue impronte. Quattro fenomeni sono da rilevare: La democrazia diretta. Gli svizzeri sono giustamente fieri della loro democrazia diretta. Sanno che in questa forma è unica al mondo: va rispettata non solo quando si tratta di approvare trattati con l’UE, ma anche nella loro applicazione interna. Due pericoli minacciano la Svizzera: da un canto deve evitare di essere considerata, dai suoi partners, come non affidabile; d’altro canto, deve evitare una satellizzazione nonché una partecipazione senza diritti. La risposta a questo dilemma non consiste certamente in un’abolizione della democrazia diretta, ma in un suo uso ponderato. Un paese è sovrano non tanto perché si permette di rifiutare degli impegni internazionali; è veramente sovrano se è in grado, in quanto membro della comunità dei popoli, di fissarsi degli obiettivi adatti alla sua epoca, di partecipare all’elaborazione delle strategie collettive e di far valere i suoi interessi nei processi decisionali tra gli Stati. L’irradiamento e la prosperità della Svizzera in quanto Stato dipende dalla sua capacità di assumere il suo ruolo e la sua parte di responsabilità in un progetto europeo che sia conforme ai suoi valori fondamentali. Ginevra, 13 ottobre 2014 * www.ch-in-europa.ch per sottoscrivere l’appello IL CAFFÈ 16 novembre 2014 ilcaffètravirgolette 39 3/Il dibattito. Dalla pericolosa tentazione protezionistica alla rinuncia della modernità.I rischi di una devastante deriva innescata dal leghismo, che ha però contagiato pure altri partiti Un imbarbarimento politico e sociale Se Plrt e Ppd cedono alle lusinghe del populismo e rinunciano alla democrazia liberale I l territorio come perimetro identitario, come sicuro ridotto di un ordine antico da proteggere da ogni possibile insidia esterna. È il passaggio chiave del populismo leghista, un movimento alle origini con una vocazione libertaria, che con gli anni e alle prese con responsabilità governative si è lacerato in mille contraddizione, ma che ritrova oggi nella minaccia di un nemico esterno, sia esso la Berna dei balivi o la Fallitalia dei frontalieri, il suo collante, la sua ragione sociale, co- me ha messo in luce il primo servizio del Caffè da cui si è sviluppata un’analisi arricchita da stimolanti contributi. Come quelli dell’economista Sergio Rossi che ha indicato i pericoli della chiusura protezionistica che oggi tenta il Ticino o sugli ef- fetti di una devastante demodernizzazione denunciati dallo storico Pompeo Macaluso. Una regressione culturale e sociale, su cui intervengono anche il filosofo Fabio Merlini e lo storico Andrea Ghiringhelli per sottolineare come la deriva populi- sta abbia contagiato pure altre forze politiche. Sul prossimo numero si toccherà un altro nervo scoperto: i rapporti tra Svizzera e Ue, al centro di un Manifesto-appello firmato da numerose personalità. 3. continua La parola Il servizio Il protezionismo La Lega ha perso ogni misura Protezionismo neopopulista, è così che l’economista Sergio Rossi ha definito il dibattito politico sulle emergenze economiche del cantone. Una chiusura pericolosa per l’economia ticinese Sull’edizione di domenica 26 ottobre, il Caffè ha dato spazio alle analisi sulle contraddizioni politiche della Lega. Posteggi, rifiuti, appalti, ecuadoregni, radar, stranieri, prostituzione...Così la Lega ha perso ogni misura politica. L’analisi Il manifesto La demodernizzazione La Svizzera e l’Europa Corbis In questa edizione il Caffè pubblica il Manifesto-appello che un gruppo di personalità da qualche settimana ha proposto sul tema dei rapporti Svizzera-Europa Demodernizzazione: l’impossibile ritorno ad un ordine antico. È questo il concetto sociale e politico sviluppato la scorsa settimane sulle pagine del Caffè dallo storico Pompeo Macaluso. “Viviamo una regressione culturale” STEFANO PIANCA A ttanagliato dalle incertezze tipiche di un’economia aperta, il Ticino, come altre realtà in crisi, s’è chiuso. Un’involuzione che Pompeo Macaluso, sul Caffè, ha definito “demodernizzazione”, cavalcata ad arte dal populismo della Lega, la quale rimanda a un mitizzato “ordine antico” regolato dagli Arci-ticinesi. La regressione è anche culturale, come conferma il filosofo Fabio Merlini: “È sicuramente in atto un processo che va nella direzione di un nuovo imbarbarimento. Le situazioni e gli stili di vita cui siamo confrontati rendono in molti casi superfluo il ricorso alla cultura in senso tradizionale, quel ‘bagaglio culturale’ che la mia e le generazioni precedenti consideravano una risorsa preziosa. Un effetto palese di questo è il declino della funzione della memoria collettiva. In che cosa il sapere storico mi è davvero di aiuto oggi nella mia relazione quoti- Per il filosofo Merlini forze come la Lega seguono logiche incantatorie prese dal mercato La difesa “La cultura non ripara dalle barbarie, ma senza di essa non può essere attenuato il peso della volgarità” diana con il mondo? Diciamo così: all’apparenza, per il tipo di prassi nel quale siamo immersi, la Bildung serve a poco. Perché è il presente stesso ad offrirci le risorse, se solo siamo in grado di coglierle, per azioni di successo. La società dell’immediatezza si risolve nella cultura nell’informazione: il monitor sostituisce la biblioteca, la frantuma in segmenti informativi a portata di mano. E però sul piano politico, là dove vige l’immediatezza, viene meno la capacità riflessiva”. Infatti è proprio a questo livello che il fenomeno si è fatto allarmante. “La crisi della democrazia dei partiti oggi è evidente - commenta lo storico Andrea Ghiringhelli -. Una crisi che ha portato alla cosiddetta ‘democrazia del pubblico’, caratterizzata dallo stretto legame che si stabilisce tra i ‘leader‘ e la gente, ma anche dal rifiuto dei partiti come intermediari. Inevitabilmente questo porta a una degenerazione della democrazia parlamentare in populismo. Prima dell’89, e della caduta delle ideologie, ogni partito poteva contare su un solido e stabile elettorato di appartenza. Nella ‘democrazia del pubblico’ l’elettorato è invece molto mutevole e la conquista del consenso diventa una specie di mercato”. Si potrebbe sospettare che lo smarrimento degli strumenti critici atti a smascherare i venditori di fumo abbia spianato la strada ai movimenti del facile consenso? Merlini mette in guardia dalla semplificazione: “È doloroso constatarlo, ma la cultura non offre alcun riparo dalla barbarie, oggi come ieri. Nell’epoca forse più buia della storia europea, persone che incarnavano il male assoluto potevano tranquillamente, la sera di rientro dai campi di sterminio, accomodarsi a teatro e commuoversi sino alle lacrime sul canto della Morte di Isotta”. E tuttavia, continua il filosofo, “possiamo stare certi che, nonostante il fatto che la più solida cultura possa allearsi alla peggiore vigliaccheria e crudeltà, se viene meno la capacità di istituire una differenza critica tra sé e ciò che chiamiamo la “realtà”, l’esposizione alla volgarità si priva di qualsiasi possibilità di attenuazione”. Ma il processo di deriva populistica in Ticino è stato accelerato, secondo Andrea Ghiringhelli, anche dalla logica di “un sistema che, fino alla caduta delle ideologie a fine anni ‘80, era immobilizzato dai partiti storici che vivevano di rendita sul proprio elettorato. Svanito il freno ideologico i partiti hanno perso l’elettorato di appartenenza e c’è stata una nuova mobilità. La Lega, raggiunta rapidamente una certa soglia ha ambito al potere, entrando così in contraddizione con se stessa. È il dilemma presente, in cui al Governo fa esattamente il contrario di ciò che come movimento proponeva”. Una soluzione per correggere il sistema, secondo lo storico, ci sarebbe: “Sono un sostenitore del maggioritario, in cui uno vince e governa. Il nostro proporzionale invece fa sì che chi raggiunge una certa quota aspira subito a entrare nella stanza dei bottoni. Ed è lì che sorgono le contraddizioni, come mostra bene l’esempio leghista. Col maggioritario chi è al potere non può più nascondersi, dando la colpa agli altri”. La caccia al nemico esterno conduce, secondo Ghiringhelli, “a una stra- ordinaria semplificazione della realtà. Un movimento demagogico fa leva sui malcontenti, sulle rivendicazioni inevase e sulle istanze irrazionali”. Ma la conquista del consenso nella ‘democrazia del pubblico’ ha contagiato anche i vecchi partiti: “Anche Plrt e Ppd hanno ceduto a molte lusinghe del populismo, accettando questa semplificazione che la Lega presenta con un linguaggio arcaico, brutale e inaccettabile sul piano politico. I partiti dovrebbero invece recuperare il senso della democrazia liberale attraverso un’etica delle idee forti e della responsabilità, fatta di programmi attuabili e applicabili alla realtà. Non servono capipopolo, ma leader autorevoli, carismatici, che capiscano e studino i problemi. Purtroppo nel bosco della politica ticinese oggi ci sono pochissime piante d’alto fusto”. Forse non è casuale che nelle democrazie occidentali, come ricorda Fabio Merlini, “la lenta ascesa dei populismi coincide non con la cosiddetta fine delle ideologie, ma con Per lo storico Ghiringhelli si assiste ad una straordinaria semplificazione della realtà l’avvento di una ideologia ancora più subdola. Quella che immagina la possibilità di una presa diretta sul reale, diffondendo la credenza secondo cui riconoscere le leggi del mercato come unica logica del reale sia segno di una crescita capace di emancipazione. Il fatto è che proprio il mercato come unica legge della storia è stata la grande narrazione di questi anni. La devastante crisi del 2008 ha infine spianato completamente la strada ai populismi, dando loro la possibilità di approfittare di quella sub-cultura dell’immediatezza già disponibile con le tele-tecnologie. Come dire: catturo il tuo disorientamento e il tuo malessere e ti prospetto, immediatamente, una soluzione. I populismi si rivolgono all’elettorato esattamente come l’economia più irresponsabile cerca, attraverso il suo linguaggio incantatorio, un rapporto immediato con il consumatore o con l’azionista”. [email protected] Q@StefanoPianca Il vuoto “Purtroppo nel bosco della politica ticinese non vedo piante di alto fusto. Leader autorevoli che capiscano e studino i veri problemi” Ù I P I D O M A I L VOG LDI! O S O N E M PER I N O I Z A R O L O LI E C L E P A C I E D URA C A L R E P I * . E DOTT T O R N P E A N R A T 0 M R E P O OLTRE 26 S S A B I RI D % 0 1 L I A I D E M N I N O C <wm>10CAsNsjY0MDQx0TUšMzMšswQAepUEOQ8AAAA=</wm> <wm>10CFXKKQ7DQBBE0RP1qKqnl4wbRmaWQRQ©JArO_ZEXFvClD96šlTfcPdf9vb6KoJn0iB6jHqoNlkW1bGpFIvQEC©kOTeifFyB9APMyQgpiEuIQuyYS8NF©n©8BVAlD7HcAAAA=</wm> *La Migros ribassa in modo permanente i prezzi di oltre 260 tra prodotti per la cura dei capelli e colorazioni. Per es. shampoo Nivea Hydro Care, 250 ml, ora a fr. 3.95 invece di 4.40 (–10,2%). Offerte valide dal 17.11.2014. IL CAFFÈ 16 novembre 2014 ilcaffètravirgolette 41 L’allarme. Dalle percosse alla morte. In tre mesi in Svizzera tre drammi familiari con sette vittime.E il 25 novembre la giornata mondiale di riflessione dell’Onu “Non si batte la violenza con il silenzio” L’appello dei gruppi femminili per incoraggiare le donne a denunciare le brutalità MAURO SPIGNESI C i sono percosse, molestie e violenze di ogni tipo. Ci sono minacce, pedinamenti, telefonate insistenti. E ci sono anche le coltellate mortali, come è successo recentemente a Genestrerio. Solo da settembre in Svizzera ci sono stati tre tragici episodi che hanno avuto come sfondo la violenza familiare, con sette morti. Le vittime soprattutto donne. Fatti gravi che ormai si ripetono con drammatica frequenza in ogni Paese e su cui le Nazioni Unite chiamano tutti a riflettere il prossimo 25 novembre, quando verrà celebrata nel mondo la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. “Un momento importante, ma che deve durare tutto l’anno”, spiega Pepita Vera Conforti, presidente della Commissione cantonale per le pari op- portunità. La Commissione, insieme alle associazioni sul territorio, anche quest’anno lancia la sua campagna “Oltre il silenzio”, con migliaia di volantini in cui sono riportati i numeri di emergenza che saranno distribuiti in bar, farmacie, studi medici e luoghi di lavoro. “Oltre il silenzio - riprende Conforti - è un invito a uscire dalla spirale di paura e chiedere aiuto. È un appello diretto non solo alle vittime, ma anche agli autori delle violenze che possono chiedere assistenza, seguire un percorso di accompagnamento e recupero”. Proprio per andare in questa direzione il governo ha creato un gruppo di accompagnamento con il compito di coadiuvare la polizia e formulare proposte concrete per migliorare il sostegno alle vittime di violenza, ha ricordato il ministro delle Istituzioni Norman Gobbi in un recente dibattito, “Vincere la violenza sulle donne”, promosso dal Soroptimist. “Allo stesso tempo - ha precisato Gobbi - hanno visto la luce anche consultori e programmi per gli autori di questo tipo di reati. Dietro ogni vittima vi è infatti un autore che deve essere considerato e curato per prevenire violenze future”. Da aprile nei locali dell’Ufficio assistenza riabilitativa a Lugano è stata creata una struttura per chi Creata a Lugano una struttura per partner allontanati da casa; da aprile sono stati assistiti in nove è colpito da decisione di allontanamento. Sino a oggi sono state accolte 9 persone, per un totale di permanenza di 254 giorni. Ma la strada da fare è lunga. Secondo i dati delle Nazioni Unite, in Svizzera la percentuale di vittime di reati gravi di sesso femminile è del 49.1%. Una violenza a volte portata all’estremo, con omicidio e suicidio, ma anche quotidiana che nasce all’interno degli appartamenti, dove la polizia, come accade in Ticino, deve intervenire in media ogni 12 ore per bloccare un partner violento e ogni settimana ne deve allontanare uno. “Le statistiche - precisa Conforti - dicono che prima di denunciare, una donna in media ha già subito venti atti di violenza, cioè si è già innescato quel ciclo perverso che ha avvelenato il clima familiare o di coppia. In certi contesti si riesce a intervenire, in altri, dove sono coinvolti parenti o figli, o entrano in ballo situazioni particolari, è più difficile”. Ma quello che emerge è solo il 20% circa di una realtà che resta ancora in gran parte sommersa. Di positivo c’è che le denunce continuano ad aumentare. Per Gobbi, ciò è anche frutto di un maggior coraggio delle vittime che “si sentono sempre più tutelate ed assistite dalle istituzioni, consultori e organizzazioni”. [email protected] Q@maurospignes La psichiatria L’aguzzino e il difficile pentimento È La criminologia Le tragedie Legami distrutti per la difficoltà di affrontare la vita quotidiana U DA WILDERSWIL A GENESTRERIO OMICIDI SEGUITI DA SUICIDI Lunedì 3 novembre A Wilderswil un portoghese uccide la ex moglie e il nuovo compagno. A Stabio giovedì 6 novembre Un 60enne, dopo un violento litigio ha ucciso la sua compagna. Poi il suicidio col fuoco Le analisi e le interpretazioni della scienza sull’aggressività nella vita di coppia na telefonata alla polizia, un lungo, inquietante silenzio, la porta che viene giù e la scoperta di due cadaveri. È successo a metà settembre, a Lucerna. “Omicidiosuicidio” lo ha catalogato la polizia chiudendo le indagini su un 69enne che ha ammazzato la moglie e, dopo aver lanciato l’allarme, si è sparato con la stessa pistola. Un dramma, l’inizio di una lunga parentesi di dolore che s’è ripetuta a Wilderswil, sino a chiudersi davanti al cimitero di Genestrerio, dentro un’auto in fiamme. Stavolta le vittime sono una coppia di origine tamil e anche qui la polizia sospetta un “omicidio-suicidio”. “Dietro fatti come questi che stanno capitando in successione in Svizzera, ma che sono purtroppo comuni in molti Paesi, c’è sempre un disagio, una seria difficoltà nell’affrontare la quotidianità, in definitiva i problemi che la vita ti mette davanti”, spiega Francesco Bruno, criminologo e psichiatra, che ha studiato a lungo origine e modalità di questi drammi, nonché autore di saggi come “Ti amo e ti uccido”. Per Francesco Bruno queste tragedie “si potrebbero definire impropriamente suicidi allargati. Perché il suicidio un tempo non aveva legittimità sociale, non era riconosciuto e accettato socialmente, mentre oggi con le forme di ‘suicidio’ assistito, sta cadendo la barriera psicologica, c’è una maggiore accettazione che spinge tanti a fare follie”. Tragedie che trovano le motivazioni scatenanti, al di là dei dati che restituisce la cronaca o le conclusioni della polizia, all’interno della famiglia o comunque all’interno di gruppi familiari, di parenti. “Alcune volte, e su questo esiste una vasta letteratura in criminologia, gli omicidi che si concludono con il suicidio dell’assassino - aggiunge Bruno - hanno dietro un delirio, un disturbo non affrontato. Ci sono stati casi in cui padri di famiglia che pensavano d’essere finiti, con la paura di non avere neppure i soldi per mangiare, e che non volevano condannare a una vita infelice figli e moglie, si sono spinti al gesto estremo condannando tutti a morte”. Ma alla base di fatti di sangue così drammatici e devastanti, ci sono anche motivi passionali. “Che sono - spiega Bruno quelli apparentemente più facili da capire, ma anche più difficili da intuire. Perché alla fine la follia omicida può scattare all’improvviso, senza segnali premonitori. Questo tipo di omicidiosuicidio è prettamente maschile, è un uomo che uccide e si uccide. Ma ci sono stati anche episodi con protagoniste le donne”. Nel momento in cui si pensa di farla finita si toglie la vita a una persona cara, perché non la si vuole lasciare sola, perché altrimenti starebbe male, hanno spiegato alcuni che poi non sono riusciti a portare all’estremo il loro folle gesto. “E questo capita - spiega Bruno - quando all’omicidio non segue subito il suicidio, perché chi ha ucciso ha il tempo di prendere coscienza di quanto ha fatto, ha uno scossone, si rende conto della gravità e si blocca. Soprattutto se è spinto da un disagio, se è stato lasciato e vive un delirio frutto di una psicopatologia dettata dalla famosa logica: o è mia/mio o non è più di nessuno”. I drammi che si sono ripetuti da settembre sino a pochi giorni fa, forse hanno le loro radici in queste situazioni. Forse la molla che ha fatto scattare le tragedie ha motivazioni passionali, paure, o malattie o chissà ancora “Ogni fatto ruota attorno alla personalità del protagonista che lo ha innescato” cosa. “Ogni fatto - precisa Bruno - è particolare, unico, perché ruota attorno alla personalità del protagonista che lo ha innescato. Certo, la famiglia alcune volte diventa una pentola a pressione pronta ad esplodere. Ma ci possono essere anche altri motivi esterni scatenanti, come è successo, ad esempio, in Italia con la crisi e con i casi, ripetuti purtroppo, che hanno avuto per protagonisti di molte tragedie familiari imprenditori schiacciati dalle difficoltà economiche”. più difficile per le vittime o per i violenti? Per uscire dalla spirale quotidiana di botte, maltrattamenti, urla, basta spesso una denuncia. Ma per superare certi momenti difficili o sconfiggere l’aggressività, ci vuole tempo. “Vittima o carnefice? Io penso che sia difficile per entrambe queste figure ritrovare una propria dimensione”, spiega Giacomo Cruciani, psichiatra e psicoterapeuta con studio a Lugano. “Perché se è difficile superare il trauma per le vittime - aggiunge Cruciani - non è neanche semplice, per chi si è reso responsabile di gravi comportamenti violenti, riuscire a rielaborarli, capire quello che si è fatto”. Certo le vittime sono quelle che soffrono di più. Quelle che perdono la vita quando certi comportamenti degenerano, come è accaduto recentemente. Ma i responsabili delle violenze soffrono spesso di problemi comportamentali, per quanto siano integrati nel funzionamento generale della società e, secondo Cruciani, non è semplice riuscire ad elaborare modalità di reazione per accompagnarli in un percorso che consenta loro di riconoscere il male che hanno provocato. “E nello stesso tempo stimolarli, creare con loro le condizioni perché possano uscire da certe situazioni e riprendere un cammino senza violenza”. È chiaro che la vittima soffra molto di più del suo aguzzino, ma a sua volta quest’ultimo può essere vittima di situazioni di disagio, di traumi, di problemi caratteriali. “Perciò dico che il discorso sulla violenza familiare è complesso e delicato - avverte Cruciani -, richiede tempo e sensibilità”. LO SCIACALLO Jake Gyllenhaal, con il volto scavato e gli occhi allucinati, nel film di Dan Gilroy IL CAFFÈ 16 novembre 2014 ilcaffètravirgolette 42 Schermi. Malvagi.Scorretti. Per quando disonesti e perfidi gli antieroi sullo schermo sono più interessanti dei buoni Libri. Il mondo tignoso di un gentleman MARCO BAZZI “O Alla fine a vincere è il cattivo Il cinema affascinante dei personaggi negativi MARIAROSA MANCUSO I cattivi sono più interessanti dei buoni. Non è una scoperta recente, lo sapeva già benissimo William Shakespeare. Per esempio quando piazzava il suo Riccardo III, deforme e mal riuscito, come se lo avessero estratto dal forno di cottura troppo presto, a corteggiare Lady Anna. Il re malvagio le ha ucciso il marito e pure un figlio. Ma lei cede alle parole lusinghiere del seduttore, alla forza delle sue argomentazioni, a una sfacciataggine che rasenta la follia. E anche lo spettatore si convince che la capitolazione amorosa non sia poi tanto bizzarra. Il regista Richard Loncraine, che nel suo film del 1995 trasportò il dramma nel Novecento, ambienta la scaramuccia amorosa davanti al tavolo marmoreo di un obitorio. Quando Riccardo III, l’attore Ian McKellen, entra in scena per declamare “L’inverno del nostro scontento...” lo fa davanti a un microfono tale e quale agli aggeggi cromati che terrorizzavano il neoincoronato re Giorgio V in “Il discorso del re” (diretto da Tom Hooper, quattro Oscar, ed è l’ideale seguito del film che Madonna ha dedicato a Wallis Simpson). I cattivi sono più interessanti dei buoni, ed è per questo che, invece di affrontare la fantascienza confusa e buonista di “Interstellar”, questa settimana conviene scegliere “Lo sciacallo” di Dan Gilroy. “Nightcrawler” era il più neutro titolo originale, quando il film fu presentato al Sundance. Un verme che striscia nella notte, anche nel senso figurato di “adulatore”. Prima contrattando il prezzo del rame rubato, poi cercando di farsi assumere dal ricettatore (”io non assumo ladri”, è la risposta). Scornato, continua a vagare finché non arriva sul luogo di un incidente stradale. Le macchine accartocciate, i feriti, e soprattutto gli stringer-reporter con la macchina da presa che intercettano le frequenze della polizia, si precipitano sul posto, e cercano poi di vendere il filmato al miglior offerente. Più sangue, più soldi. Più alti sono i quartieri, più i delitti fanno audience in tv. A nessuno interessa sapere se in una zona malfamata due ubriachi si sono accoltellati. Ma se in un quartiere bene girano rapinatori, la notizia ti farà diventare ricco, se non famoso. Il film è molto bello, per niente moralista. Jake Gyllenhaal, magro, con il volto scavato e gli occhi allucinati, è bravissimo. Non a fare lo “sciacallo”, come suggerisce il titolo italiano, ma a fare il pazzo solitario e ambizioso che ti intorta con le parole, quasi sempre imparate ascoltando l’interlocutore precedente. LA VITA E LE OPINIONI DI TRISTRAM SHANDY, GENTILUOMO Laurence Sterne (Mondadori) ra, per quel che il mondo può pensare di questa giaculatoria, non darei un soldo olandese”. Inizio e fine del nono capitolo dell’ultimo volume di “La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo”. Il capolavoro di Laurence Sterne è un romanzo ardito. Ed è impossibile non vedere un parallelo tra Shandy e l’Ulisse di Joyce, irlandese come Sterne. Come l’Ulisse, Shandy fu pubblicato a puntate dal reverendo Sterne tra il 1759 e il 1767. Ma a unire le due opere ci sono soprattutto la quasi assenza di trama e la sperimentazione verbale: pagine bianche e nere, capitoli di una sola frase, ghirigori e simboli tipografici assolutamente inusuali. La vita e le opinioni è un ritratto umoristico-filosofico della famiglia Shandy e della sua cerchia, dallo zio Toby al parroco Yorick, alla vedova Waldman. Il romanzo inizia prima della nascita di Tristram: “Fui concepito nella notte fra la prima domenica e il primo lunedì del mese di marzo, nell’anno di Nostro Signore 1718; di esserlo stato non ho dubbi (...) il 5 novembre 1718, data che si avvicinava di nove mesi all’epoca fissata quanto qualsiasi marito avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi, io, Tristram Shandy, gentiluomo, venni partorito in questo nostro mondo malaugurato e tignoso”. Un modo difficile, come la vita stessa tra gli uomini. “La Vendetta ti prenderà di mira da qualche angolo con una storia velenosa e disonorevole che nessuna innocenza di cuore o integrità di condotta riuscirà a smentire (…). Si metterà in dubbio la tua fede, - si calunnierà il tuo lavoro -, si calpesterà il tuo sapere”. E a rendere ancora più “tignoso” il mondo c’è il tempo che vola via. “Ogni lettera che traccio mi dice con quanta rapidità la Vita segua la mia penna: i suoi giorni e le sue ore, più preziosi, mia cara Jenny! dei rubini che porti al collo, fuggono sulle nostre teste come nubi leggere in un giorno di vento”. 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La notizia di una prossima apertura anche in Ticino di un centro per il suicidio assistito ha scatenato polemiche e discussioni.In un mondo in cui la medicina è spesso interpretata come sfida alla malattia ad ogni costo,sempre più persone si ritrovano prigioniere di una vita che non sentono più loro. O di una mente senza più coscienza.E allora... I NUM ERI 90mila 10% È il numero dei membri di Exit. Nella Svizzera tedesca 68.500, in Romandia 20mila (in Ticino 1500). Dignitas, 2000; altre organizzazioni più piccole insieme ne hanno circa altri 4mila Gli specialisti di cure palliative affermano che circa il 10 per cento dei loro pazienti (e della popolazione in generale) prenderebbe in considerazione l’eventualità di un suicidio assistito 1942 L’anno da quando la Svizzera - che ha una lunga tradizione di sostegno all'autodeterminazione non persegue più l’assistenza al suicidio, se non per motivi egoistici Eutanasia Etica,società,libertà...le tensioni sul“turismo della dolce morte” PATRIZIA GUENZI P rigionieri di una medicina spesso interpretata come sfida alla morte ad ogni costo, capita di trovarsi incatenati alla vita, prigionieri di noi stessi, di un corpo che non ci appartiene più, che non riusciamo più comandare, o di una mente senza più ombra di ragione. Costretti in un letto d’ospedale, completamente dipendenti dagli altri, senza più dignità. Una vita che per molti non vale più la pena vivere. E allora, l’unica via d’uscita praticabile resta il ricorso alla “dolce morte”, scelta che innesca forti tensioni nella sensibilità etica, sociale e sui diritti della libertà individuale. Una soluzione praticabile in Svizzera (dal 1942 la Confederazione non persegue l’assistenza al suicidio, se non avviene per motivi egoistici), con strutture che accettano anche stranieri. E di anno in anno, le persone Il trend In Svizzera non solo per star bene, anche per l’addio definitivo alla vita U EMILIO COVERI E FRANCO CAVALLI Nella foto qui sopra, Emlio Cover, 63 anni, presidente fondatore di Exit Italia; a destra, l’oncologo Franco Cavalli, 72 anni n business fiorente quello della dolce morte in Svizzera. Tra il 2008 e il 2012, il numero dei “turisti” del suicidio assistito è raddoppiato. Emerge da uno studio pilota pubblicato sul Journal of Medical Ethics, che ha analizzato età, sesso, Paese di origine e genere di malattia di cui queste persone soffrivano. L’età media era di 69 anni, oltre la metà donne e in quasi la metà dei casi chi ha fatto ricorso al suicidio assistito soffriva di malattie neurologiche, come paralisi e sclerosi laterale amiotrofica (Sla), Parkinson e sclerosi multipla. Altre cause scatenanti per la decisione, tumori e malattie reumatiche. Anche i ricercatori dell’Università di Zurigo, lo scorso agosto, hanno fornito dati significativi: gli stranieri che arrivano nella più grande città svizzera per ottenere assistenza al suicidio sono raddoppiati tra il 2008 e il 2012, toccando a quota 172, tra cui 77 tedeschi e 29 britannici. Insomma, si viene in Svizzera non solo per una sanità eccellente, ma anche per mettere fine ai propri giorni quando si ritiene che la vita non sia più degna di essere vissuta. E i numeri lo confermano: Dignitas, l’associazione più grande che offre assistenza anche ai non residenti, ha registrato 198 casi in tutto il Paese nel 2012. Dal 1998 al 2013, complessi- La scelta Tra il 2008 e il 2012 il numero dei “turisti” della dolce morte è raddoppiato. Età media 69 anni vamente 1701 persone si sono recate nelle loro strutture. I più numerosi sono i tedeschi, con 840 decessi, seguiti da britannici (244), francesi (159), svizzeri (150), italiani (69) e statunitensi (44). Il primo cittadino inglese a ricorrere al suicidio assistito presso un centro Dignitas fu, nell’ottobre 2002, un uomo, di cui non è mai stato diffuso il nome. Invece, il primo di cui si è conosciuta l’identità fu Reg Crew, morto nel gennaio 2003. Le statistiche dimostrano che in queste strutture elvetiche arrivano ormai persone da tutto il mondo, persino da Canada (25), Israele (19), Australia (18), Sudafrica (4), Uruguay, Libano e India. Exit, l’altra grande associazione svizzera di aiuto al suicidio, durante una sua recente assemblea generale per la Svizzera tedesca, cui hanno preso parte 700 soci, ha deciso di aggiungere nei suoi statuti un impegno “a favore della libertà di morire, legata all’età”. Infatti, negli ultimi anni le organizzazioni di assistenza alla dolce morte sono sempre più confrontate con richieste di persone anziane che non sono affette da malattie incurabili o da sofferenze insopportabili, ma da un insieme di patologie che minano fortemente la qualità della loro vita. Recentemente, c’è chi ha auspicato di “aprire” le porte della dolce morte anche ai depressi. che decidono di farvi ricorso aumentano, mentre le associazioni che offrono il suicidio assistito rafforzano la loro presenza. E aprono nuove sedi. Come quella che dovrebbe sorgere a Lugano, “succursale” di Exit Italia in collaborazione con la neonata associazione luganese Liberty Life. “Una sede che consentirà a molti italiani di evitare di far capo a strutture oltre Gottardo e di trovare qui personale che parla la stessa lingua - spiega Emilio Coveri, presidente fondatore di Exit Italia -. Attualmente, la maggior parte degli italiani fa capo a Dignitas, alle sue tre sedi di Forch, vicino a Zurigo, Berna e Basilea. Negli ultimi tre anni ne abbiamo contati una cinquantina di connazionali, ma il trend è in forte aumento”. La notizia di una prossima apertura in Ticino di una struttura in cui poter dare un addio definitivo alla vita non poteva passare sotto silenzio. Le discussioni si sono riaccese. “È una questione di civiltà - osserva l’oncologo Franco Cavalli, che già nel 2001, allora consigliere nazionale socialista, propose di depenalizzare l’eutanasia attiva, proposta respinta con forza da Ppd, Udc e Plr -. Da tempo ripeto anche che la soluzione migliore sarebbe che gli ospedali potessero praticare l’eutanasia passiva, si eviterebbero tante sofferenze”. In questa direzione va la proposta dei Verdi ticinesi che con un’iniziativa parlamentare generica chiedono che nella legge cantonale sia inserito “un esplicito diritto al suicidio assissito per i pazenti degenti in strutture sanitarie, case per anziani comprese”. In sostanza, gli iniziativisti, sostengono che “al di là delle sensibilità e delle convinzioni religiose sia giusto che ogni persona possa scegliere con dignità e consapevolezza il modo in cui porre fine alle sofferenze”. “Prendiamo esempio dai cantoni Zurigo e Neuchâtel - suggerisce Cavalli -, che hanno accolto una revisione legislativa che prevede per chi è degente in una casa per anziani medicalizzata di poter beneficiare dell’aiuto al suicidio senza dover uscire dalla struttura, mettendo a disposizione una camera”. Insomma, la volontà di chi vuol mettere fine ai propri giorni dovrebbe essere considerata preminente. “Se abbiamo un diritto alla vita- afferma Coveri- dobbiamo avere pure un diritto alla morte”. [email protected] Q@PatriziaGuenzi Pagina a cura di GastroSuisse e GastroTicino LARISTORAZIONE L’ALBERGHERIA Dal 21 al 30 novembre all’Osteria in Piazza Da inoltrare entro il 30 dicembre A Vernate rassegna sulla carne d’asino Cazzoeula, iscrizioni aperte Nell’antico nucleo di Vernate scoprite la piccola “Osteria in Piazza”, che nel 2013 Flavio e Fatima hanno ristrutturato e che ora si presenta accogliente e luminosa. Fatima è in sala, mentre Flavio propone una cucina solare, mediterranea, dove tutto è preparato al momento. Le specialità sono di pesce, ma non mancano piatti cucinati con prodotti locali, accompagnati da una misurata ma eccellente carta dei vini, ticinesi e italiani. Ora per viziare i propri clienti, Fatima e Flavio hanno pensato di cucinare una carne non sempre facile da trovare in Ticino: quella di asino. Dal 21 al 30 novembre la rassegna dedicata all’asino proporrà un menu che prevede: salametto di asino con marmellata di fichi; pappardelle al ragout di asino; stracotto di asino con polenta; dessert autunnale. Il tutto per 38 franchi a persona. E non dimentichiamo le specialità di selvaggina e la possibilità di organizzare feste, rinfreschi, matrimoni o cene di lavoro e natalizie per privati e aziende. Vedi a lato GastroNews. Dopo lo straordinario successo della prima edizione, il “Cazzoeula Club”, in collaborazione con Ticino a Tavola, organizza la seconda “Settimana ticinese della Cazzoeula nei giorni della merla”, vale a dire dal 23 gennaio al 1° febbraio 2015, con possibilità di proporre il tipico piatto invernale (eventualmente accanto a trippa e busecca). La “cazzoeula” è un piatto tipico lombardo invernale legato alla fine del periodo di macellazione dei maiali, che coincideva con il 17 gennaio, giorno di sant’Antonio Abate. Gli ingredienti classici (ma esistono innumerevoli ricette) sono piedini, costine, cotenne, testa, i salamini detti “verzini”, e naturalmente tanta verza, quella che ha subito la prima gelata invernale, diventando così più tenera. I ristoranti interessati possono inviare entro il 30 dicembre un mail a [email protected] per ottenere maggiori informazioni anche sui minimi costi di partecipazione. Giubileo della Sezione ticinese dell’Amira con riconoscimenti a Sergio Dondoli e William Randini Maître 40 anni UN ONORE Introzzi riceve la “lampada” dal presidente Hassan e dal past presidente Speri di impegno Serata densa di ricordi e amicizia quella organizzata di recente all’Hotel Villa Principe Leopoldo di Lugano, per festeggiare il 40°dell’Amira Ticino (Associazione Maître Italiani Ristoranti e Alberghi). Quattro decenni di impegno vissuti attraverso le testimonianze delle molte personalità presenti, ringraziate dal fiduciario Rodolfo Introzzi e da tutto il Comitato: il Gran Maestro della ristorazione Piero Tenca e la sua brigata di sommelier Assp, e il Gran Maestro Claudio Recchia con lo chef Dario Ranza per la perfetta riuscita della serata. Il nuovo presidente di GastroTicino, Massimo Suter, anche a nome del segretario cantonale Gabriele Beltrami e del presidente di GastroLugano Daniele Meni, ha spiegato come sia importante la figura del maître per i ristoranti e gli alberghi. Un grazie speciale è andato alla famiglia Benedos (che ha festeggiato anche il proprio 40° di attività nella vendita e distribuzione di vini), da sempre vicina, partecipe e generosa con la sezione. Un brindisi anche a Giuseppe Lupi (autore de “Il cameriere perfetto”, pratico compendio sul servizio regalato ai presenti), agli amici giornalisti Giacomo Newlin, Alberto dell’Acqua e Alessandro Pesce (Pr dell’Amira), e a Oscar Simao della consorella Usmh. Levando il calice in segno di augurio, Introzzi ha sottolineato che “oggi si può festeggiare il giubileo grazie al lavoro di tante personalità che si sono messe al servizio della sezione”. Sezione nata nel 1974 quando da Ginevra giunse in Ticino con due sogni l’affermato maître Sergio Dondoli: diventare un commerciante gastronomico di successo e fondare una sezione Amira. “Lo fece riunendo personaggi del calibro di Mario Campanile, Francesco Arcini, Giancarlo Locher, Antonio Vanacore, Franco Vachelli, Paolo Andreatta, Franco Guidotti e Girolamo Benedos”. Una sezione cresciuta grazie anche ai fiduciari che si sono susseguiti negli anni: Sergio Dondoli (1974-1986), Giuseppe Rampinelli (fino al 1992), e quindi Franco Guidotti, Claudio Recchia, Gabriele Speziale, Flavio Riva e Franco Coppini. Auguri alla sezione ticinese anche da parte del Console Generale di Lugano Ministro Marcello Fondi, del past presidente Raffaello Speri e del presidente centrale Carlo Hassan, orgoglioso di poter contare su una sezione così dinamica e professionale: “Un esempio per tutta l’associazione”. Importanti poi i riconoscimenti. Il primo - grazie a Giovanni Frey direttore dell’Ambassadeur Lugano e ad Alberto dell’Acqua direttore della rivista Gastronomie & Tourisme - è il “Memorial Rampinelli” che premia una persona distintasi a livello associativo; quale miglior occasione del 40° per consegnarlo al fondatore Sergio Dondoli. Il titolo di Gran Maestro della Ristorazione, è stato invece attribuito a William Randini del Piccolo Vigneto di Albonago, che nella sua brillante carriera ha sempre valorizzato la figura del maître. Figura importante perché “non c’è sala senza cucina - ha detto Hassan - ma non c’è cucina senza sala“. a.p. Osteria Enoteca Ferriroli Patricia e Antonio vi accolgono a Contra nel regno della carne alla griglia Settimana dopo settimana l’analisi di tutti i temi, gli studi, gli argomenti, i problemi e le norme dell’offerta di ristoranti e alberghi. Una pagina indispensabile per gli operatori del settore & GastroNews Qr-Code Per dare risalto alle notizie dei soci e a quelle che possono incuriosire clienti e lettori, ecco un nuovo sistema di comunicazione. Scaricando con un qualsiasi smartphone un’applicazione per la lettura dei Qr-code e facendo la scansione del Qr-code che vedete in questo articolo, sarete indirizzati sul sito di GastroTicino. Troverete il simbolo del Qr-code e potrete cliccare sulla notizia per leggere questa settimana: > inizia la Rassegna del piatto nostrano della Valle di Muggio > scopri più informazioni sulla rassegna dedicata alla carne di asino. Paolo Basso “vola” in alto e sceglie i vini di Air France La compagnia aerea Air France ha affidato al ticinese Paolo Basso, “miglior sommelier del mondo”, l’incarico di selezionare con il suo eccezionale palato i vini che saranno serviti a bordo dei propri aerei per il prossimo triennio. È la prima volta nella storia di Air France che un sommelier non-francese piloterà la carta dei vini per l’insieme della compagnia, che ogni anno delizia i propri passeggeri con un milione e mezzo di bottiglie di vino pregiato, delle quali la metà composta di champagne. Il compito di Paolo Basso sarà sopprattutto di ricercare dei vini eccellenti per valorizzare le specialità della grande cucina francese servita a bordo. Dopo il trionfo mondiale a Tokyo nel 2013, l’ascesa professionale di Paolo Basso è stata inarrestabile e contraddistinta da strordinarie opportunità che lo vedono sempre protagonista del mondo del vino e della gastronomia. Chef svizzero tedesco al Caffè Sociale per 10 giorni di berner platte Ancora una rassegna gustosa al Ristorante Caffè Sociale di Riva San Vitale. Sino al 23 novembre uno chef proveniente da Oltre San Gottardo, cucinerà il piatto tradizionale a base di rippli, prosciutto affumicato, pancetta affumicata, costine di maiale, piedini di maiale, midollo, salsiccia vodese, salsiccia di lingua, aletta di vitello lessata. Il tutto accompagnato dai crauti tradizionali, fagiolini e patate al vapore. Prenotazioni al numero 091 648 17 89. L’oste della qualità che va oltre i soliti schemi Se siete buongustai predisposti alle emozioni, allora le carni di Antonio Ferriroli possono provocarvi piacevoli effetti collaterali quali sensazioni di estremo benessere, profondo godimento fisico, stimolo a bere grandi vini rossi, risveglio dei sensi amorosi… con tutto quello che ne deriva. Sì, perché ad Antonio piace definirsi un oste che da oltre 22 anni cerca e propone qualità, selezionando le carni migliori per offrire sempre il meglio ai clienti ed esaltare così il suo lavoro. Insomma, lo scrive anche sul menu, se vi sedete a tavola all’Osteria Ferriroli di Contra, dovete tener conto della passione di Antonio nel ri- cercare prodotti di eccellenza e della sua passione per la carne “oltre ai soliti schemi”. Il viaggio enogastronomico inizia da Tenero, salendo verso Contra, dove a lato in un cur- Comitato «No a Ecopop», Casella postale 5563, 6901 Lugano GT24102014 Affittasi da subito, causa cessazione attività, Ristorante a Contone con inventario da concordare e con ampio parcheggio. Solo seri interessati scrivere a cifra. vone con ampio parcheggio, trovate l’Osteria Enoteca Ferriroli aperta nel 1870 dalla famiglia Dadami, e gestita dal 1900 al 1961 dalla famiglia Giudici e dal 1963 al 1992 dalla famiglia Brack. È invece dal 1992 che Antonio e Patricia accolgono il buongustaio con una simpatia innata e una cortesia che fanno sentire subito a proprio agio. Nei mesi caldi, l’Osteria permette all’ospite di godere della frescura sull’ampia terrazza coperta e con tavoli in granito, da dove si può ammirare Antonio mentre cucina alla griglia oltre 14 qualità di carni, tutte di prima scelta. È proprio la carne, infatti, la specialità della casa, oltre ai GT05112014 Vendesi Ristorante Pizzeria nel luganese, caratteristico, in ottime condizioni, con intentario. Parcheggio privato. Solo seri interessati scrivere a cifra. risotti cucinati da Mino ed Elvis sempre in modo diverso: dal foie-gras allo Zincarlin o alle lumache. Belle e accoglienti anche le sale interne, rustiche e curate in ogni dettaglio. Nell’enoteca situata nella cantina, un’ampia scelta di vini pregiati ticinesi e italiani; l’enoteca si presta anche per aperitivi e degustazioni prima di una buona cena all’osteria a base di piatti dal sapore casalingo, con accenti internazionali e del territorio. Una sosta dal “Brüsabisteck” è sempre un’emozione che non si dimentica anche durante i molti eventi speciali che si susseguono durante l’anno. a.p. Eventuali interessati potranno contattarci al seguente indirizzo: GASTROTICINO - Via Gemmo 11 - 6900 Lugano Tel. 091 961 83 11 - Fax 091 961 83 25 www.gastroticino.ch OFFERTE SCRITTE CON INDICAZIONE DELLA CIFRA. NON SONO DATE INFORMAZIONI TELEFONICHE Assurda e dannosa. www.ecopopno.ch 30 novembre Ancora più traffico e più manodopera non residente? presenta: SCEF 045 INTOLLERANZA AL LATTOSIO: PERCHÉ RINUNCIARE? Obiettivi essere in grado di identificare i prodotti causanti l'intolleranza, conoscere gli alimenti privi di lattosio e la loro reperibilità, saper cucinare alimenti per una cucina priva di lattosio osservando i criteri di una cucina sana e variegata senza rinunciare al gusto. Programma spiegazione e significato dell'intolleranza e/o allergia, esercizi pratici sul come sostituire gli alimenti con lattosio, preparazione di svariate ricette prive di lattosio. Portare un grembiule o abiti da lavoro. Degustazione finale. Insegnante Davide Rossatti, cuoco in dietetica Date e orario 19 e 20 novembre 2014, 16.00-21.00 Costo Chf 160.00 soci Chf 210.00 non soci EVENT PLANNER Obiettivi acquisire nuove tecniche organizzative per realizzare un evento, saper utilizzare alcuni strumenti per l'ottimizzazione della creazione di un evento ed essere in grado di gestirlo nei minimi dettagli. Programma i tipi di manifestazioni, il contatto con il cliente, la preparazione dell'offerta, l'analisi e l'utilizzo degli strumenti a disposizione (infrastruttura e logistica, materiale necessario, decorazioni, risorse umane, ecc.), la mise en place, il servizio, l'intrattenimento e le attività accessorie, la tempistica e la gestione finanziaria. Alla fine del corso il partecipante sarà in grado di organizzare e coordinare queste attività con le diverse tecniche apprese durante il corso. Insegnante William Randini, formatore aziendale ed esercente Data e orario 20 e 21 novembre 2014, 13.30-17.00 Costo Chf 170.00 soci Chf 220.00 non soci IL CAFFÈ 16 novembre 2014 I l cielo perennemente grigio, le ore trascorse incolonnati e, poi, i timori per l’occupazione? Preoccupazioni certo, ma relative, visto che non hanno impedito alla Svizzera di issarsi al secondo posto della classifica che misura la “joie de vivre”, l’ottimismo e la visione rosea sul domani. Meglio si piazzano solo i norvegesi tra i 142 Paesi del mondo presi in esame dal “Prosperity Index 2014”, l’indice con cui il Legatum Institute, pensatoio indipendente di Londra, misura l’altra faccia del Pil, il prodotto interno lordo. A motivare la ricerca degli studiosi è la constatazione che la prosperità di una nazione non dipenda solo dalla ricchezza materiale, ma anche dalla felicità di tutti i giorni e dalla prospettiva di una vita migliore. Per quantificare questo valore, in parte impalpabile, lo studio ha preso in esame nove categorie: in questo indice comparativo gli svizzeri figurano addirittura al primo posto alla voce “economia” e “governance”, e si piazzano al terzo per “opportunità imprenditoriali” e “salute”. La nostra palla al piede? L’”educazione” che ci vede sprofondare verso un comunque dignitoso 21esimo posto. Senza infamia né lode il risultato nelle categorie “sicurezza” (11°), “libertà personale” (12°) e “capitale sociale” (9°), che si potrebbe definire come l’insieme delle relazioni interpersonali. Dal confronto si rileva che il primato norvegese è frutto di un posizionamento in media Educazione Sicurezza Governance ed economia spingono gli elvetici al secondo posto del“Prosperity Index”globale Economia La società. Salute Governance ilcaffètravirgolette 45 Un popolo di grandi ottimisti Svizzeri tra i primi al mondo per gioia di vivere soltanto i norvegesi vedono più rosa il futuro migliore nelle varie categorie, ma senza nessun acuto salvo per il “capitale sociale”. La classifica certifica pure che la Svizzera ha attraversato gli ultimi cinque anni di crisi globale con una certa leggerezza: il trend mostra infatti un Paese sempre più consapevole della propria felicità. Dall’ottavo posto del triennio 2009-2011, e dopo un anno al nono, il grande balzo al secondo posto nel 2013, mantenuto anche quest’anno. Non sarà il Pil, ma è comunque l’economia nel suo insieme a far volare in alto la Confederazione. Anche se, esaminando lo studio, qualche scricchiolio giunge dalle istituzioni finanziarie, nelle quali ormai solo il 50,5% degli intervistati dichiara di avere fiducia (meno del 59,8% registrato a livello globale). Il 94,9% degli svizzeri afferma di essere soddisfatto del L’antropologo proprio standard di vita (la media delle nazioni esaminate si ferma al 59,4%). A mettere di buon umore è anche la governance: larga fiducia nel fatto che le elezioni si tengano in maniera onesta (85,4% rispetto al 49,9% globale); e ci si fida anche di chi go- Il sociologo “Su fiducia e pessimismo “Felicità e condivisione la variabile è la misura” non vanno di pari passo” L Marino Niola, 61 anni, docente di antropologia all’Università di Napoli ’ottimismo è un motore del progresso? “Lo è. Ma - rileva l’antropologo Marino Niola - non si tratta di categorie fisse”. E non sono solo le variabili climatiche, o magari un contemporaneo fatto di cronaca, a modificare l’esito di un rilevamento: “Quando si parla di ottimismo o pessimismo, bisogna sempre tenere presente gli indici che usiamo per misurarli. Se il parametro è quello economico, è chiaro che, ad esempio, gli italiani in questo momento possano risultare meno ottimisti. Ma questo non significa necessariamente che siano i più depressi” afferma Niola. “Perché quella cosa che noi chiamiamo ‘pessimismo’ è semplicemente una sorta di calcolo sulla realtà. Da qui il pessimismo della ragione a cui non è detto che in altri momenti non possa corrispondere un ottimismo della volontà”. Perché spesso in queste inchieste, conclude l’antropologo, “i parametri scelti contengono già la risposta. Ci sono comunque popoli a cui per consolarsi basta il bicchiere mezzo vuoto, altri, i tedeschi, lo vogliono sempre pieno”. O Sandro Cattacin, 51 anni, docente all’Università di Ginevra ttimisti sì, ma in termini relativi. Come spiega il professor Sandro Cattacin, “bisogna sempre tenere conto che si tratta di classifiche comparative. Ovviamente non esiste Paese senza preoccupazioni. Ma in Svizzera ce ne sono meno che altrove”. Premesso ciò, il sentimento di guardare senza timori al futuro appare “più solido quando c’è una stabilità economica e politica. Se le istituzioni crollano, se la disoccupazione aumenta, anche la visione sul futuro ne risente. È il caso dell’Italia, dove gli anni d’oro sono ormai un ricordo”. Ma la prosperità avverte il sociologo non sempre fa coppia con generosità e apertura: “Felicità e condivisione non vanno forzatamente insieme. Prendiamo la Norvegia, gran parte della sua ricchezza arriva dalle imprese statali che estraggono petrolio, i cui ricavi finiscono nelle casse pubbliche. Difficile che i norvegesi vogliano condividere. Se chiediamo ai cittadini perché la Svizzera va bene, una metà risponderà perché siamo aperti, un’altra perché siamo chiusi”. verna (81.9% rispetto al 51,7%). La salute è la terza perla che contribuisce al la percezione del benessere elvetico, anche se costa un occhio - l’Index segnala una spesa pro capite di 6’062 dollari, quando la media complessiva è di 1’273 dollari -, ma i risultati sono lì, se il 91,4% degli interpellati si dichiara soddisfatto del proprio stato di salute. Del resto anche per l’”educazione”, che zavorra in parte l’ottimo risultato, ben l’84,6% si dichiara contento della qualità del sistema scolastico svizzero. L’ottimismo regna sovrano, visto che il 94,5% dei connazionali crede pure che si possa fare affidamento sugli altri nel momento del bisogno. In questo Bengodi un segnale d’allarme giunge dall’occupazione: solo il 41,7% pensa che questo sia un buon momento per trovare un lavoro. Consola il fatto che la media mondiale è del 34,6%. Va peggio soprattutto l’Italia: alla stessa domanda, se sia il momento propizio per ottenere un impiego, solo il 3,1% ha risposto positivamente. Il “Prosperity Index” raffigura un’Italia sfiduciata, che nell’ultimo lustro è retrocessa dal 26° 37° rango mondiale. “Ci superano in ottimismo anche ucraini e thailandesi” ha commentato il giornalista Beppe Severgnini. Ma in Europa sorride meno pure la Francia (scesa, in cinque anni, dal 18° a 21° posto) e la Spagna (dal 20° al 26°). E la Germania? Al 14 rango. Quanto basta per intonare, un po’ sottotono, il loro Inno alla gioia. s.pi. LUCERNE FESTIVAL AL PIANO 22 – 30 novembre 2014 Momenti musicali indimenticabili con i maestri del pianoforte Pierre-Laurent Aimard | Benjamin Grosvenor | Marc-André Hamelin | Martin Helmchen | Evgeny Kissin | Paul Lewis | Mahler Chamber Orchestra, Leif Ove Andsnes | Sophie Pacini | Maurizio Pollini | Vestard Shimkus ... e lunghe notti jazz nei locali più belli di Lucerna (Foto: Priska Ketterer/LUCERNE FESTIVAL) Piano Of-Stage 25 – 30 novembre 2014 Biglietti d’ingresso e informazioni: +41 (0)41 226 44 80 | www.lucernefestival.ch | Punti vendita r il ingresso pe Biglietti d’ squa 2015 Pa di al iv Fest dal disponibili 2013 e br m ve 4 no Sponsor principale IL CAFFÈ 16 novembre 2014 46 Chi è Il presidente dell’Ente ticinese per il turismo, 69 anni, è stato insignito col premio Milestone per il suo costante impegno a favore dello sviluppo turistico del cantone Ti-Press L’incontro. “La lotta al finto folklore è iniziata con un insulto” STEFANO PIANCA “C’ è un detto: il ciabattino porta le scarpe rotte”. Questo proverbio, che Marco Solari usa per descriversi, calza a pennello per definire il suo singolare rapporto col viaggiare per piacere. O meglio il suo non-rapporto: “Il presidente dell’Ente ticinese per il turismo, per grande cruccio di mia moglie Michela, non sa fare vacanze” ammette. Eppure si potrebbe dire che la sua è stata fin da subito, e sino a oggi che va per i 70 anni, una vita spesa nel turismo. “Per finanziarmi gli studi ho sempre fatto la guida turistica. Era un’epoca, quella degli anni ‘60, in cui era bellissimo viaggiare. È capitato, però, che una volta sposato ho proposto a mia moglie un viaggio in Egitto. Eravamo in comitiva e il primo giorno ho notato che la guida non valeva niente, dopo due che valeva meno di niente e dopo tre avevo preso in mano il gruppo. Da lì ho capito che non avrei più potuto fare vacanze in vita mia”. In verità però, a bazzicare nell’ambiente, Solari aveva iniziato molto prima: “Ho avuto la fortuna, sin da piccolo, di trascorrere molte vacanze nel Gran Hotel a San Pellegrino Terme, gestito dai miei zii, dove dai 10-12 anni in su ho potuto provare tutti i lavori dell’albergheria. Poi a Berna, dove vivevo, ho iniziato a portare in stazione le valigie dei turisti americani. Ricordo che feci una piccola ‘fortuna’, perché erano molto generosi, in dollari. Più tardi ancora ho fatto la guida nelle città svizzere e poi del mondo”. È il 1972 quando Solari giunge ad una tappa cruciale della sua carriera. “Quell’anno partecipai al concorso per dirigere il nascente Ente ticinese per il turismo. Allora, già sposato e con due figli, ero responsabile dell’ufficio viaggi Kuoni a Las Palmas alle Canarie. Ricordo che eravamo in due candidati. Oggi per lo stesso posto si presenterebbero in 150”. Senza essere irriverenti l’immagine che a quell’epoca il Ticino veicolava per attirare visitatori era da villaggio dei Puffi, insomma una landa avvolta dalla melassa di una tipicità posticcia. Ma un piccolo fatto capitato a un bambino, che si aggirava in bici per la capitale federale, avrebbe esercitato un’influenza decisiva sull’immagine del cantone nei decenni successi. “A Berna avevo vissuto un episodio che mi aveva profondamente marcato. Sono sempre stato orgoglioso di mostrare la mia ticinesità e da ragazzino sulla mia bicicletta avevo messo una bandierina coi colori rosso e blu. Un giorno venni bloccato dai ragazzi di una banda di quartiere abbastanza tosta che mi insultarono con quella parola, ‘Tschingg’ (cinque nel linguaggio della morra, ndr), la quale ancora oggi è spregiativa per definire l’italiano. L’indomani misi due bandierine. Questa era la situazione del Ti- Marco Solari cino negli anni ‘50 e ‘60. Si veniva visti in Svizzera tedesca ancora dall’alto in basso. Era un’attititudine paternalistica, che andava oltre il nostro territorio perché risultava profondamente radicata nella gente del Nord verso la gente del Sud”. L’insulto di quel giorno fu per Solari un piccolo seme che germogliò una volta giunto al timone dell’Ente turistico: “Magari in forma più intuitiva che razionale, mi dissi che in Ticino stavamo perpetuando un’immagine che inseguiva gli stereotipi di un folklorismo completamente fasullo, posticcio, apocrifo. Perciò decisi che questa immagine, la quale oltretutto era umiliante per il nostro cantone, andava sostituita con qualcosa di più concreto e dignitoso. Cosa c’era di meglio dell’arte e della nostra storia? In quel momento mi aiutò molto Piero Bianconi, il grandissimo critico di cui ero diventato amico. Ma mi lasciai consigliare anche da Virgilio Gilardoni e da Vincenzo Snider”. Col sostegno di questi intellettuali il presidente dell’Ente propone al suo consiglio d’amministrazione il fortunato slogan della svolta, “Ticino: terra d’artisti”. Era la ventata d’aria nuova, ben rappresentata su un manifesto di Orio Galli del 1984, che univa in una sola immagine una casa progettata da Mario Botta con degli affreschi romanici: il passato e il presente di un territorio alla ricerca di una propria identità. Uno slogan che trent’anni dopo rappresenta ancora un faro che segna la rotta. Ed è bello pensare, siccome da un male può nascere un bene, che tutto parta da “quella bandierina sulla bici e da quell’insulto che ha marcato tutta una vita”. E anche un territorio, visto che il “tentativo”, attenua Solari, di riqualificare il Ticino attraverso la sua offerta culturale prosegue ancora oggi e anzi siamo alla vigilia di inaugurazioni importanti, come quella del Lac, il centro culturale di Lugano. Naturalmente la speranza è che le nuove proposte possano portare ora anche una ricchezza reale e non solo ideale. “Il turismo ha sempre due aspetti: uno rappresentato dall’incontro con altre culture per conoscersi meglio; l’altro materiale, che significa pure guadagno. Io sono convinto che questi due obiettivi debbano correre in parallelo”. Ma per capire l’oggi può essere utile voltarsi indietro e Solari ricorda il Ticino della grande nevicata del ‘78: “Gli spazzaneve che venivano da sud e quelli provenienti da nord si incontra- rono in cima al passo del Monte Ceneri. Restavano 300 metri di strada da sgomberare, litigarono e per un giorno e mezzo il cantone fu diviso in due e nessuno protestò. In quel Ticino il turismo era importante, ma completamente diverso da quello odierno, di quando cominciarono ad arrivare i capitali dall’Italia. L’immobiliare divenne più appetibile, con la conseguenza che alcuni alberghi risalenti alla Belle Epoque si ritrovano in difficoltà. Iniziò in quel momento la trasformazione strutturale su più livelli: mentre la crescita della piazza finanziaria ticinese assestava il colpo di grazia all’agricoltura, il turismo diventò sempre meno importante”. Sono anche gli anni, quelli successivi ai ‘70, del completamento della rete autostradale, seguiti dall’offerta dei voli low cost e il Ticino si fa terra di passaggio. “Un passaggio - sottolinea Solari - che doveva anche essere di mentalità. Eravamo ancora ai quindici giorni a pensione completa, prenotati a Natale e, per l’amor del cielo, che sia la camera 143 del terzo piano. Tutto questo turismo è scomparso e noi dobbiamo adeguarci al cambiamento” spiega Solari. Oggi si deve puntare ad altro: “Ho sempre contestato che il turismo ticinese sia in una crisi irreversibile. Ma deve cambiare da stanziale a turismo di eventi capaci di regalare emozioni. Il tempo libero e quello lavorativo sono sempre più intrecciati, per cui nel weekend, magari prolungato, il visitatore cerca di vivere qualcosa di completamente diverso dalla sua quotidianità. Per questo il Ticino è l’ideale, ma occorre un programma intenso. Il turismo del futuro, a mio modo di vedere, deve passare necessariamente dalle emozioni, dagli avvenimenti e dalla cultura. Da qui il bisogno di riuscire a creare i prodotti da offrire: questo è stato ciò che da sempre mi ha animato a portare avanti il Festival del film di Locarno. Perché il prodotto deve essere di altissima qualità, per uno mediocre non si sposta nessuno. Ma, attenzione, anche il piccolo evento locale dà il proprio contributo, purché non sia banale”. Il turismo deve cavalcare l’onda, e quella più alta si staglia davanti: il Lac. “In queste ultime settimane ci si sta rendendo conto di come la cultura non sia fine a se stessa ma, oltre che un mezzo per la crescita personale di ognuno, ma anche un’interessante piattaforma di indotto economico. Però attenzione, e mi ripeto, purché ci sia la qualità” sottolinea Solari, che è appena stato insignito del ‘Milestone’, il principale riconoscimento del settore turistico svizzero. Ma, in chiusura, è lui a dare i premi: “Al sindaco di Locarno Carla Speziali per la Casa del cinema e il Fevi; al consigliere di Stato Manuele Bertoli per il sostegno alla cultura; e all’ex sindaco di Lugano Giorgio Giudici, oggi attaccato per la difficile situazione finanziaria della Città, ma che ha avuto l’intuizione giusta col Lac, che sarà il fiore all’occhiello per la clientela da nord e da sud che ama l’italianità e l’altissima qualità”. [email protected] Q@StefanoPianca IL CAFFÈ 16 novembre 2014 LE OPINIONI Quest’anno ho compiuto sessantacinque anni. Tempo di andare in pensione? Non ci penso nemmeno! Il mio lavoro mi piace ancora, per cui continuerò ad affiancare mio figlio Matteo, che si occuperà della gestione aziendale, per dedicarmi ai giornali - perché il mio cuore continua a battere per il giornalismo - e ad alcuni progetti editoriali turistici che mi appassionano. Alla vigilia dell’età del pensionamento si è comunque portati a guardare indietro e a fare certi consuntivi. Vi risparmio quelli personali e giornalistici (senza nascondere il mio disappunto per la chiusura e per la deriva populista di questo cantone, contro cui i giornali sembrano essere impotenti) e mi soffermo su un aspetto curioso, quello dei cambiamenti editoriali intercorsi dal 1980 - quando ho raggiunto ilcaffètravirgolette 47 FUORI DAL CORO In un trentennio più novità di quante viste in 500 anni l’azienda di famiglia dopo gli studi universitari e alcune esperienze giornalistiche alla radio della Svizzera italiana e al Corriere del Ticino - ad oggi. Quando ho iniziato a lavorare all’Eco di Locarno - il nostro giornale a quei tempi era quello, fusionato poi con il Dovere per diventare laRegione - si lavorava ancora all’incirca come all’epoca di Gutenberg 500 anni prima. Tutta la produzione del giornale, dal momento in cui le notizie venivano IL DIARIO battute sulla macchina da scrivere fino alla stampa e alla spedizione, si svolgeva sotto lo stesso tetto. Quando vengono delle scolaresche a visitare la nostra casa editrice fatico a far capire loro come si lavorava. A cominciare dalla macchina per scrivere, che non sanno più cosa sia. Una volta scritti, gli articoli venivano trascritti dai linotipisti su una macchina, la Linotype appunto, che produceva una matrice in piombo per ogni riga di giornale. Le varie righe venivano fisicamente assemblate e messe su un grande tavolo in attesa dell’impaginazione. Il mattino o la sera, un paio d’ore prima che iniziasse la stampa, mio padre si recava in tipografia e dava istruzione ai tipografi sulla sistemazione in pagina dei blocchi di piombo. Quando si correggevano gli articoli si sostituiva la riga-matrice in piombo che conteneva l’errore. Se il tipografo sbagliava l’inserimento, l’articolo risul- FOGLI IN LIBERTÀ COLPI DI TESTA GIUSEPPE ZOIS GIÒ REZZONICO tava illeggibile. E purtroppo, nella fretta, succedeva. Le pesantissime pagine venivano poi fissate nella rotativa e stampate. Da quando io sono entrato in azienda sono passati poco più di 30 anni. Ho vissuto tutte le transizioni alcune molto complesse - alla situazione attuale. Oggi tutto, dalla scrittura degli articoli all’impaginazione, avviene su computer. Le pagine sono poi inviate via mail alla sede della Ringier ad Adligenswil, dove il giornale viene stampato. Un numero sempre maggiore di lettori legge il giornale direttamente sullo schermo dell’iPad o simili senza nemmeno più sfogliarlo su carta. Insomma, nella produzione dei giornali si sono fatti più progressi nel corso degli ultimi trent’anni che nei cinque secoli precedenti. LIDO CONTEMORI RENATO MARTINONI Buttare il termometro e non curare la febbre La crisi degli insegnanti e le colpe dei genitori Caro Diario, il Conza di Lugano è stato un primo importante test del voto per il rinnovo dei poteri cantonali. Era una novità il congresso dei liberali radicali di domenica, come pure il ritorno a Lugano, con propositi di riscossa. Le cronache hanno rispolverato sostantivi in disuso, come il dissotterrato “orgoglio dell’appartenenza“, il padiglione “gremito“, i “discorsi delle grandi occasioni“. i segnali sono da studiare, ora si tratta di dar corso alla volontà di cambiamento. PER RITORNARE in sella bisogna disarcionare chi vi è montato e il primo avversario da battere è la Lega. Con quali strategie si capirà, strada facendo. Certo è che si vuole andare al confronto con la schiena di nuovo diritta. Un nome storico del partito, Claudio Generali, già consigliere di Stato, non ha usato perifrasi. Con il movimento di via Boglia, saracinesche abbassate. Lui da vent’anni ignora tout court la Lega. È una scelta, resta da vedere “come” praticabile. Il fatto è che di diverso avviso sembrano gli elettori, che alla Lega sorta dal niente e con il megafono di un solo foglio settimanale - hanno attribuito consensi crescenti, fino a maggioranze impensate e impensabili, forse dagli stessi progenitori. CHI FA POLITICA può scegliere benissimo di andare avanti per la sua strada, di portare avanti il proprio cartello, con relativi programmi e modalità per farsi voce e azione dei cittadini. Sarebbe anche bello e interessante, finalmente, vedere un ritorno al futuro con un po’ d’antico, recuperando una vicinanza concreta con gli elettori. E sarebbe un incoraggiante segnale anche quello di ritrovare politici o aspiranti tali che non puntano solo su immagini e slogan costruiti da ghostwriter, candidati cioè che non si limitano alle apparizioni massmediatiche e non inviano messaggi solo via facebook e twitter, ma che si mischiano alla gente. SI AVVERTE quasi nostalgia di quegli elettorati che perdevano il sonno per non sprecare un solo voto alle elezioni. Più dell’immagine personale, contavano allora l’Idea e l’Ideale, la persona e il suo impegno. I partiti si sono via via chiusi nel loro Olimpo, lontani dalla quotidianità. La Lega, fra ombre, responsabilità e anche colpe, ha avuto però l’innegabile merito di saper leggere la febbre e interpretare i malesseri del popolo, quando le forze storiche, strasicure di sé, preferivano buttar via il termometro. Si legge sempre più spesso di insegnanti, specie fra quelli confrontati con le classi scolastiche di età più giovane, che non ce la fanno più. C’è chi è in crisi, chi finisce sotto i ferri dello psichiatra e chi getta la spugna. Ma come?, dice la gente. I docenti fanno poche ore di scuola, sono spesso in vacanza, ripetono per tutta la vita le stesse cose, senza dover spargere una sola goccia di sudore! Dio bono! E hanno ancora la faccia tosta di lamentarsi? Sono soltanto persone viziate che tengono il culo al caldo. Che cosa devono dire allora gli altri? Così ragionano in molti. In realtà è necessario guardare le cose in modo un po’ diverso. Perché insegnare vuol dire tutto fuorché vivere di rendita. Tanto più che per farlo bene bisogna avere la vocazione giusta (né più né meno come chi entra in convento), essere ben preparati, avere un sacco di pazienza e soprattutto credere nel proprio mestiere. E poi l’insegnante non è soltanto chi è chiamato a impartire delle conoscenze e a educare: insomma a istradare gli allievi dentro i labirinti ingarbugliati della vita. È, sempre più, una persona che, pur facendo il proprio onesto lavoro (è vero: chi con più chi con meno passione), sta sotto gli occhi non sempre benigni di chi gli è sopra (i superiori), di chi gli è sotto (gli allievi), di chi gli sta da parte (i genitori). Genitori che a volte, invece di essere degli alleati in un comune lavoro votato al bene dei loro figli, sono i peggiori aguzzini che si possano immaginare: perché si ergono a difensori dei loro pargoli, anche quando hanno torto, e perché, illudendosi di saperne più (la presunzione va spesso a braccetto con l’ignoranza), pensano di potersi sostituire ai docenti. Ma c’è di più. Perché, oltre a dover fare il proprio lavoro, l’insegnante non di rado è costretto a prendere il posto dei genitori. Occupandosi di allievi problematici o abituati a vivere sotto una campana di vetro, tappando i buchi di un’educazione mancata, facendo magari anche da magnete per le aggressività che gli allievi accumulano nella vita. Non sorprendiamoci troppo, allora, se un docente su cinque si trova in difficoltà, se uno su tre dice che a volte soffre di depressione e se uno su tre è al limite del tracollo. (Altro che culo al caldo!) Morale della favola: una società seria e responsabile non può non domandarsi perché questo accada. Almeno per capire se non si debba cambiare al più presto, come è giusto, qualcosa. Per il bene di tutti. I CONTI DELLA DOMENICA Una lettera arriva dal futuro a mezzo secolo da Ecopop ANGELO ROSSI Egregio direttore del Caffé, non le capiterà tutti i giorni di ricevere una lettera dal futuro. Tuttavia io, ticinese del 2064, a pochi giorni dalla celebrazione del 50esimo anniversario dell’iniziativa Ecopop, sono invogliato a mettermi in contatto con coloro che vivevano qui 50 anni fa per spiegar loro cosa è capitato in Ticino da quando la Svizzera ha deciso di tagliarsi fuori dal resto del mondo. Si chiederà come possa uno, che potrebbe essere suo nipote, scriverle dall’avvenire. Le dirò, il servizio della comunicazione col passato è offerto dalle Ffs, che non perdono occasione per fare concorrenza alla Posta. Le ilcaffè Settimanale di attualità, politica, sport e cultura Direttore responsabile Vicedirettore Caporedattore Caposervizio grafico scrivo, dunque, per far sapere a lei e ai suoi lettori che il processo di decadenza, avviato da Ecopop, dura oramai da quasi cinque decenni. Purtroppo i risultati son lì da vedere. Poco dopo l’approvazione dell’iniziativa, il Ticino riuscì a raggiungere una popolazione di 350mila abitanti. Ma, poi cominciò a perderne. Dapprima furono qualche centinaio all’anno. Poi, con l’invecchiamento demografico, toccarono i mille e, ora, stiamo avviandoci verso i 1500. In 45 anni il Ticino ha perso quasi 40mila abitanti, anche se, anno per anno, i contingenti immigratori consentiti sono stati sfruttati al 100%. Le conseguenze, purtroppo, sono Lillo Alaimo Libero D’Agostino Stefano Pianca Ricky Petrozzi poco divertenti. Per far fronte alla domanda di forza-lavoro, l’età del pensionamento è stata alzata a 75 anni. Ma anche questo provvedimento non è riuscito a soddisfare le richieste dei datori di lavoro, quindi molti servizi sono stati automatizzati. Trasporti, ri storanti, strutture del tempo libero, ma anche ospedali e case per anziani, funzionano oggi secondo il principio del self service. Per fortuna l’industria ha sviluppato una serie di robot per aiutarci. Ma per utilizzarli bisogna, fatica ingrata, ricordarsi come funzionano perché non c’è in giro nessuno che possa dare una spiegazione. Siccome circolano solo persone anziane, scuo- Società editrice 2R Media Presidente consiglio d’amministrazione Marco Blaser Direttore editoriale Giò Rezzonico DIREZIONE, REDAZIONE E IMPAGINAZIONE Centro Editoriale Rezzonico Editore Via B. Luini 19 - 6600 Locarno Tel. 091 756 24 40 - Fax 091 756 24 39 [email protected] - [email protected] PUBBLICITÀ Via Luini 19 - 6600 Locarno Tel. 091 756 24 12 Fax 091 756 24 19 [email protected] le, asili e palestre sono state trasformati in centri di riunioni e assistenza per gli anziani. Non le sto a dire dei problemi di cui soffrono gli enti pubblici. Il debito del Cantone Ticino ha superato i 15 miliardi di franchi e certamente non si fermerà lì: ci sono troppi assistiti e troppo pochi contribuenti! A crescere, in questa società che si restringe, sono solo le imposte e gli effettivi della polizia federale di controllo dell’immigrazione. Alla frontiera contiamo già più di mille persone che cercano di impedire l’accesso ai clandestini. Ma, purtroppo i “sans papiers” sono dappertutto: sotto i ponti, RESPONSABILE MARKETING Maurizio Jolli Tel. 091 756 24 00 – Fax 091 756 24 97 DISTRIBUZIONE Maribel Arranz [email protected] Tel. 091 756 24 08 Fax 091 756 24 97 nei camping abbandonati, nei capannoni industriali non più utilizzati, ma anche in vecchie chiese e scuole fuori uso. Che miseria! Ogni mattina si riuniscono sui parcheggi di qualche centro commerciale, dove vengono a prenderli i negrieri che li porteranno sui luoghi del lavoro alla giornata. Qui devo chiudere, anche se piuttosto bruscamente, la mia descrizione. Il fatto è che ho promesso a mio nonno (115 anni) di portarlo a vedere il derby tra gli Old Fellows della Magliasina e la squadra più giovane del campionato, i Pardi grigi del delta della Maggia (età media 48 anni). Non posso mancare all’appuntamento! STAMPA Ringier Print - Adligenswil AG - Druckzentrum Adligenswil 6043 Adligenswil - Tel. 041 375 11 11 - Fax 041 375 16 55 Tiratura (dati Remp ‘12) 56’545 Lettori (dati Mach ‘13-’14) 87’000 Abbonamento annuo Fr. 59.– (prezzo promozionale) 16 novembre 2014 ilcaffè La finestra sul cortile Gli eBook del Caffè Il Paese tra cronaca e fantasia 341/bis Racconto di ANONYMOUS, illustrazioni di Marco Scuto Il micidiale effetto domino VENTUNESIMA PUNTATA La comedy noir del Caffè Una serie di colpi di scena settimana dopo settimana La storia “341bis” è un romanzo breve cui non è facile attribuire un genere. Fosse un film potrebbe essere definito una “comedy noir”. Elementi di giallo che si stemperano nella commedia, o meglio ancora, una commedia che assume involontariamente i contorni del giallo. Una serie di fortuite circostanze, che Il riassunto compongono un puzzle dai contorni inimmaginabili. Riassunto delle puntate Franco Remondini, 55enne manager bancario luganese, conduce una doppia esistenza. Convocato dai Carabinieri di Intra per un verbale sulla strada del Verbano, che percorre spesso all’insaputa della moglie Iris, Remondini si ritrova faccia a faccia con Agnese, la madre dei suoi figli. Figli che ha dichiarato di non avere. Scoppia un putiferio. E viene a galla una mega frode fiscale caffe.ch/comedy Tutte le puntate oline L L’e-book Tutte le puntate di “341bis”, corredate dalle illustazioni di Marco Scuto, possono essere lette online sul sito caffè.ch nelle pagine web dedicate alla serie. Come tutti i racconti pubblicati dal Caffè, anche “341bis” alla fine della serie diventerà un e-book gratuito (il primo pubblicato in Ticino con testo scritto e graphic novel d’autore). a cartellina verde stava sempre lì. Per il maresciallo era una sorta di medaglia al valore. Dalla scrivania non voleva proprio toglierla. In due mesi, in soli due mesi quel banale verbale di controllo sulla statale 34 del Lago Maggiore, all’altezza di Ghiffa, come per un inaspettato e micidiale effetto domino, aveva dato filo da torcere all’economia e alla finanza corrotta. Aveva fatto andare in galera, in attesa che le indagini facessero luce, una dozzina tra imprenditori e finanzieri e nove politici lombardi. Aveva dato una scossa al gover- Aveva fatto andare in galera una dozzina tra imprenditori e finanzieri e nove politici no romano perché trovasse un accordo con la Svizzera per la tassazione dei capitali sfuggiti al fisco italiano. Aveva imposto al ‘private baking’ della piazza finanziaria luganese una serie di controlli e selezioni della clientela italiana. E aveva fatto avviare alla Tenenza di Omegna della Guardia di finanza - quella coordinata dal capitano Schirru, l’amico del Carletti - un’indagine sui ricchi pagamenti effettuati da alcune aziende del Cusio, casalinghi e rubinetterie, in favore di società svizzere fantasma, le “cartiere”. Fra gli arrestati non poteva non esserci il Remondini Franco. Era finito dietro le sbarre, a Bollate, dalla sera del 19 giugno. Era lui l’“architetto finanziario italo-svizzero”, scrivevano i giornali italiani, di quella filiera di evasione e corruzione che ruotava attorno ai milionari appalti di edilizia pubblica in quasi tutto il nord Italia. Anche in Svizzera la magistratura aprì un’inchiesta. Sospetto riciclaggio. Fra gli arrestati, naturalmente, anche quel poco che era rimasto della famiglia Sanfilippo... Il Rota finì in galera a San Vittore perchè presidente dell’Impresa generale, considerata dai magistrati la piattaforma girevole del sistema. Sua moglie Melina andò dietro la sbarre a Cagliari in quanto amministratore delegato del resort in Sardegna (le tangenti erano a volte pagate con soggiorni di lusso). E Agnese? Anche la Sanfilippo Agnese, la donna dalle cui dichiarazioni al maresciallo Carletti partì l’intera inchiesta, finì in carcere a Novara. Lei era vice presidente dell’Impresa generale. Una vice presidente consapevolissima - non avrebbe potuto essere altrimenti dato sfogo di quel pomeriggio in caserma - di quanto il Remondini aveva illegalmente costruito negli anni. Ne aveva ben donde il Carletti di tene- re sulla scrivania quella cartelletta verde! Ogni tanto l’apriva, leggeva il verbale e si gloriava di quanto era accaduto solo tre mesi prima. Se non fosse stato per la pattuglia in servizio sulla statale 34, quella con l’appuntato Jaquinta e il carabiniere scelto Pirinoli, col cavolo, pensava il maresciallo, che il procuratore Rossetti e il pool finanziario di Milano sarebbero arrivati a tanto! Giá, proprio col cavolo! E se l’articolo 341 bis non fosse stato contestato al Remondini, nulla, ma proprio nulla sarebbe accaduto in quella calda e umida estate Se non fosse stato, tre mesi prima, per la pattuglia in servizio sulla statale 34... 2013. D’altra parte è anche vero, pensava il maresciallo, che le storie più incredibili, sono quelle in cui ci si lascia coinvolgere quasi per caso. Magari senza essere pienamente convinti. E poi uscirne, come succedeva al suo Maigret, diventa difficile. In verità il Carletti da quell’inchiesta non avrebbe certo voluto essere estromesso già la sera del 19 giugno quando il tutto, data la delicatezza e la complessità della cosa, passó al comando regionale di Torino. 21- continua
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