Ibidem Februar 2014 (Nr. 29) (PDF, 737 KB)

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Ibidem
Das Blatt der Romanistik-Doktorierenden
Der akademische Nachwuchs berichtet zu aktuellen Veranstaltungen
“Vorrei un caffè potente”: il dizionario delle
collocazioni
Una sintesi della presentazione di Paola Tiberii “Le combinazioni delle parole in
italiano. Il “Dizionario delle collocazioni”: uno strumento per sviluppare e arricchire la
competenza lessicale”, tenuta il 19 novembre 2013.
Ho letto un
libro o un libro
H
o visto un
film o un film
Ho fatto un
Remko Smid
Ogni lingua ha le sue caratteristiche, strutture e convenzioni, che rispecchiano la cultura in questione
e che variano fra culture diverse. Le collocazioni costituiscono uno di questi elementi: sono specifiche di
una certa lingua e non sono uguali rispetto a quelle
di un’altra lingua. Sono combinazioni ricorrenti di parole, che diventano poi abitudine nel linguaggio. Tutti
gli italiani, per esempio, dicono “caffè forte” invece di
“caffè potente”, a prescindere dalla loro educazione o
classe sociale. “Caffè potente suona male” direbbero, ma
spesso non sanno esattamente perché. Probabilmente
un barista capirebbe il significato, ma reagirebbe con
stupore. Per utilizzare le collocazioni ci vuole una padronanza linguistica al livello di un madrelingua. In
effetti uno straniero può parlare benissimo l’italiano,
ma se non è madrelingua (come me), sbaglia spesso
l’uso delle collocazioni o proprio non le usa. Le collocazioni sono un segno della varietà e della ricchezza
culturale della lingua, ma sono difficili da imparare.
Inoltre troviamo nelle lingue straniere collocazioni che
ci sembrano strane: in olandese, ad esempio, si dice
“curva acuta” invece di “curva stretta”. Questo esempio indica che spesso non si può tradurre la collocazione letteralmente. Quello che sembra giusto ad uno
straniero suona come un errore o un’imprecisione per
un madrelingua. Ci vorrebbe un dizionario delle collocazioni soprattutto per i poveri stranieri che vorrebbero parlare o scrivere un ottimo italiano.
viaggio o
un viaggio
bel
avvincente
bel
entusiasmante
bel
avventuroso
mano un’unità fraseologica che è determinata dall’uso.
La definizione di Janek: “una combinazione di parole
soggetta a una restrizione lessicale, per cui la scelta di
una specifica parola (il collocato) per esprimere un determinato significato, è condizionata da una seconda
parola (la base) alla quale questo significato è riferito”
(treccani.it, l’enciclopedia italiana, www). È importante
tenere a mente che si tratta di una combinazione riconoscibile, ma non fissa, come invece avviene per i modi
dire e per le frasi idiomatiche. Inolte la collocazione non
è determinata dalla logica o dalle regole. Si potrebbe
dire che la collocazione si trova tra l’espressione idiomatica, con la quale non condivide normalmente la rigidità sintagmatica, e la combinazione libera, che conosce meno restrizioni rispetto alla collocazione. Si dice,
quindi, in italiano “caffè forte” e non “caffè potente”;
sarebbe logico se il contrario fosse “caffè debole”, invece gli italiani dicono “caffè lungo”. Le collocazioni non
seguono la logica e perciò non è neanche sorprendente
che non si possa sostituire una parte della collocazione
con un sinonimo. Il significato di una collocazione non
è quello della somma dei significati dei costituenti, ma
presenta un elemento semantico aggiuntivo grazie alla
loro co-occorenza. Al contrario delle espressioni ideomatiche, i costituenti sono relativamente autonomi,
ovverosia i vari componenti mantengono le loro funzioni grammaticali anche quando è cambiato l’ordine
Le collocazioni
Ogni parola non solo ha un determinato significato
presa da sola, ma assume anche un significato diverso
quando è legata ad altre parole. Anche se ci sono innumerevoli combinazioni di parole, certi accostamenti
sono più ricorrenti di altri. Infatti le collocazioni consistono nell’accompagnarsi di due o più parole che for1
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delle parole o quando sono inserite
chelli. È stata un’amica inglese che,
altre parole tra i costituenti. Un’alfacendo fatica con le collocazioni,
tra caratteristica della collocazione
ha inspirato Tiberii a scrivere il
è l’inalterabilità semantica delle padizionario. Curiosamente non è il
role, che mantengono il loro signiprimo dizionario delle collocazioficato letterale (treccani.it, l’encicloni dell’italiano, anche se è il primo
pedia italiana, www).
dizionario di questo tipo prodotto
Si distinguono vari tipi di colin Italia. Le altre due pubblicazioni
locazione: la combinazione di un
sono una lussemburghese e l’altra
sostantivo e un aggettivo (come per
olandese. Esistono invece molti
esempio “sorpresa piacevole” o “erdizionari delle collocazioni per
rore clamoroso”), quella di un verla lingua inglese, anche perché si
bo e un sostantivo ( “sposare un’itratta di una lingua che ricopre un
dea”, “trascorrere una vacanza”),
ruolo importante al livello internaun sostantivo seguito da un verbo
zionale. Tuttavia secondo Tiberii
Tiberii durante un lancio del dizionario
(“lo stomaco brontola”, “il tempo Paola
esiste un bisogno crescente di un
in Polonia. Fonte: www.iiccracovia.esteri.it
dizionario delle collocazioni per
stringe”), un verbo e un avverbio
l’italiano (Radio radicale, www).
(“dormire placidamente”, “fallire miseramente”),
Il lemmario è composto da oltre 6000 entrate che
un avverbio e un aggettivo (“fermamente convinto”,
sono suddivise in tre categorie grammaticali, ovvero
“perdutamente innamorato”), e, infine, la combii sostantivi (1), i verbi (2) e gli aggettivi (3). Per ogni
nazione di due sostantivi (“parola chiave”, “guerra
lampo”). La collocazione verbo + sostantivo è quella
lemma è proposta una scelta di collocazioni organizpiù frequente, in cui i verbi coinvolti sono non solo
zate in modo diverso a seconda dell’uso e della catefrequenti, ma anche fortemente polisemici. Spesso il
goria grammaticale di appartenenza. Per i sostantivi
sostantivo in questo tipo di collocazione descrive uno
(1) vengono indicate le collocazioni con aggettivi, verstato o un evento. I verbi e gli aggettivi delle collobi e costruzioni. Questi aggettivi sono sempre presencazioni hanno significati molto specifici, che limitatati al maschile singolare, a meno che il lemma non
no il numero di entità per le quali sono appropriati.
sia espressivamente femminile o plurale, e sono diAll’interno della collocazione la base non assume un
stinti in tre categorie a seconda della loro collocazione
significato particolare, cioè diverso dal solito signifipiù comune rispetto al sostantivo. I verbi collegati ai
cato, mentre il collocato assume un significato diverso
sostantivi sono differenziati in base alla loro funziorispetto a quando si combina ad altre parole. Inolte
ne sintattica: verbi che si collocano con il sostantivo
Benson distingue due categorie di collocazioni: quelcome complemento e che sono espressi all’infinito
la lessicale e quella grammaticale (treccani.it, L’enci(per esempio “imparare a memoria”) e verbi che si
clopedia italiana, www). Mentre la collocazione lescollocano con il sostantivo come soggetto e che sono
sicale contiene elementi dello stesso livello sintattico
coniugati in accordo con il lemma (“la memoria tra(“scolare la pasta”), quella grammaticale combina una
disce”). Le costruzioni includono locuzioni e usi fraparola dominante e una grammaticale, spesso una
seologici (“memoria da elefante”). Per i verbi (2) sono
preposizione. Perciò si possono aggiungere due altri
indicate le collocazioni con avverbi e locuzioni avvertipi di collocazione a quelli già indicati: sostantivo +
biali (“attraversare a fatica”), aggettivi (“attraversare
preposizione + sostantivo (“pizzico di sale”) e verbo +
incolume”) e altri verbi (“riuscire ad aggirare”). Per
preposizione + sostantivo (“mettere in moto”).
gli aggettivi (3) sono indicate le collocazioni con avverbi e locuzioni avverbiali (“del tutto casuale”), verIl dizionario
bi (“risultare assente”), e in alcuni casi altri aggettivi
(“assente giustificato”).
L’autrice pescarese Paola Tiberii si è laureata al DAMS
Tiberii non ha soltanto collezionato tantissimo madell’università di Bologna e lavora nell’ambito del
teriale, ma ha anche usato numerose fonti diverse, dal
music management. Il suo interessamento della lindizionario di base a internet. La maggior parte del lagua l’ha portata a un lavoro immenso: in 10 anni ha
raccolto 6000 voci e 200.000 combinazioni di parole in
voro è stata costituita dall’organizzazione e dal met640 pagine nel Dizionario delle collocazione. Le combinatere in ordine il materiale raccolto in modo che risulzioni delle parole in italiano, pubblicato nel 2012 da Zanitasse un’opera semplice da consultare. Doveva essere
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selettiva, rispettando alcune condizioni qualitative e quantitative: la fonte
doveva essere affidabile per quanto
riguarda la qualità dell’italiano. Le influenze dialettali sono state evitate e
combinazioni superflue e “soggettive”
sono state scartate. Per esempio, “comprare un libro” è una combinazione di
parole che non si trova nel dizionario,
perché non aveva senso inserirla; si
possono comprare tante cose e il verbo
“comprare” non è specifico per il sostantivo “libro”. Per questa ragione gli
elementi più semplici e scontati come
gli aggettivi “bello”, “grande” e “piccolo”, e i verbi “essere” e “avere” non sono stati presi in considerazione. Nel dizionario non si trovano i
modi di dire e le frasi idiomatiche, che sono diversi
rispetto alle collocazioni, anche se la differenza tra la
frase idiomatica e la collocazione non è sempre chiara. È inclusa nel dizionario una versione digitale su
DVD-ROM, che contiene anche un “assistente linguistico”. Questa possibilità ci permette di digitare un
testo come in un comune word processor, per il quale
l’assistente linguistico poi suggerisce varie possibilità
di collocazioni.
Lo scopo era quello di fornire un aiuto “per un
lessico più efficace e ricercato” (come c’è scritto sulla
copertina del dizionario) e infatti con il dizionario si
può partire da una frase semplice per poi finire con
una molto più raffinata, da per esempio “ho avuto
una grande delusione” si finisce a “ho fronteggiato una
profonda delusione”. Questo esempio ci mostra che si
può anche costruire una frase con più collocazioni.
L’approccio del dizionario è pratico e non scientifico.
È facile da usare e può essere utilizzato, ad esempio, anche da bambini della scuola elementare. L’uso
quotidiano è centrale, perciò non sono state inserite
le collocazioni letterarie o quelle più complesse. Non
contiene né tutte le possibilità, né informazioni sintattiche, grammaticali o etimologiche, che avrebbero
reso l’opera più scientifica. In effetti il dizionario non
è rivolto ai specialisti di linguistica. Inoltre le parole
sono ordinate secondo l’alfabeto e non, per esempio,
secondo la frequenza nell’uso. È proprio la mancanza
dell’elemento scientifico che ha reso il dizionario utile
per bambini, perché non è troppo ‘pesante’. Questa
è stata la prima edizione del dizionario delle collocazioni di Zanichelli. Tiberii è ancora indecisa se ci
sarà una seconda: ci vorrebbe prima feedback e una
versione più ampia non è per forza una cosa positiva,
perché il dizionario dovrebbe essere
maneggevole. Tuttavia le collocazioni
cambiano col passare del tempo e un
dizionario più scientifico sarebbe anche molto interessante.
L’uso del dizionario aiuta sicuramente nel comporre testi, soprattutto
per gli stranieri, però ci si può chiedere
se quest’attenzione per la collocazione
non sia limitativa. L’uso eccessivo di
collocazioni produce un linguaggio
artificiale e stereotipato e si potrebbe voler evitare la collocazione nella
scrittura di testi. In questo caso sarebbe giusto parlare di abuso delle collocazioni, una forma di pigrizia linguistica che incontriamo da tanto in tanto nel giornalismo. Tuttavia il
dizionario non intenti prescrittivi e, secondo Tiberii,
“conoscere non è mai un limite”. Le collocazioni sono
importanti per la padronanza di una lingua, perché
le competenze linguistiche dipendono anche dall’abilità nell’unire parole in modo corretto. La comprensione della lingua è l’elemento centrale. Infine, come
aveva affermato il Dalai Lama XIV, “know the rules
well, so you can break them effectively”. In ogni caso
il dizionario si presta all’uso su vari livelli e ognuno userà il dizionario secondo le proprie competenze
linguistiche e i propri scopi.
Nell’ambito del suo lavoro di dottorato in letteratura italiana, seguito dal prof. Dr. Johannes Bartuschat, Remko
Smid si sta occupando della «memoria e storia nelle opere di
Claudio Magris: verso una nuova identità transnazionale».
Definire le collocazioni http://people.lett.unitn.it/baroni/collocazioni/materiali/definire_le_collocazioni.pdf
Dizionario delle collocazioni http://italicus.com.pl/pdf/specimen_collocazioni.pdf
Radio radicale, 20-11-2012 http://www.radioradicale.it/scheda/366123/il-dizionario-delle-collocazioni-intervista-a-paola-tiberii
Treccani.it L’enciclopedia italiana http://www.treccani.it/enciclopedia/collocazioni_(Enciclopedia-dell’Italiano)/
IMPRESSUM
Herausgegeben vom «Doktoratsprogramm
Romanistik: Methoden und Perspektiven» der UZH.
Autorinnen und Autoren sind die RomanistikDoktorierenden der Universität Zürich.
Layout und Gestaltung: Paul Sutermeister
Kontakt: [email protected]
Online: www.rose.uzh.ch/doktorat/ibidem.html
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En cuanto al problema de legibilidad o de inteligibilidad que plantean en su mayoría los escritos de
Picasso, Douls señaló la típica ausencia de puntuación y el uso de los pronombres como elementos que
crean ambigüedad y dificultan la comprensión del
texto, aunque, como el lector comprueba, en ningún
momento la impiden. Lo que llamó pequeña fábula
o apólogo trata de un pintor y ególatra que, en vez
de reconocer en la evolución de la imagen por él pintada la consumación de la infidelidad conyugal, se
envanece por la calidad del dibujo hasta sentir que
lo consagra como artista y llega a creerse digno de
pasar a los anales de la historia del arte y a ocupar
un lugar en el mayor museo de Francia.
Douls señaló que los tres actores de la estructura
narrativa - «un peintre», «une femme très jolie», «un
autre peintre» - cobran sentido en relación con los
otros. Así, el primer pintor juega sucesivamente el
rol de marido posesivo, de marido pintor, de amigo insoportable y, luego, de megalómano por amor
excesivo de sí mismo. Es el héroe desgraciado, dos
veces engañado: por el adulterio de su mujer y por la
copia del pintor amante. La figura femenina asume
los roles de mujer, de mentirosa, de lienzo, de enamorada de otro pintor, de objeto de voyerismo. El
segundo pintor es el enamorado loco, el amante, el
pintor de talento.
Sobre este esquema actorial, próximo al del cuento libertino, se implanta un campo léxico de la neurosis paranoica: «jaloux», «furieux», «à la folie», «insupportable», «qu’il croyait avoir fait lui», «se crut
le plus grand». Los celos, la cólera, la alienación, la
Lectura de un apólogo
de Picasso
Informe de la exposición realizada por
Fabienne Douls Eicher el 5 de noviembre
de 2013 en el marco del Coloquio para
doctorandos del Programa Doctoral
del Instituto de Lenguas y Literaturas
Románicas de la UZH.
Cristina Quintas
Una faceta aún poco conocida de Pablo Picasso (18811973) es la de escritor. El célebre pintor se lanzó a
escribir a la edad de 54 años y siguió haciéndolo, en
español y en francés, hasta el final de su vida. Su legado literario se compone de unos 400 poemas y de
dos obras de teatro de estilo surrealista accessible al
público desde la publicación en 1989 de la obra Ecrits,
editada por Marie-Laure Bernadac y Christine Piot.
Los escritos de Picasso han suscitado el interés de
un pequeño grupo de investigadores entre los que
se encuentra Fabienne Douls Eicher, que realiza una
tesis doctoral titulada «Poésie et théâtre: l’écriture de
Pablo Picasso à l’épreuve de sa peinture» en la que
estudia la obra literaria del pintor desde el ángulo
de la significación utilizando el procedimiento de
microanálisis textuales. En el Coloquio para doctorandos del semestre de otoño 2013, Douls presentó
una lectura semiótica del apólogo de Picasso, fechado en 1935 y repertoriado en
« Un peintre avait une femme très jolie il était jaloux
el capítulo «Phrases et extraits isolés» de
elle devait sortir ce jour pour aller voir sa mère. Le
la obra citada Ecrits (véase el texto citado
peintre dit à sa femme qu’il allait lui peindre sur le
en esta página).
petit chat un lion furieux qu’elle devait ramener en
En su lectura estudió el aspecto de la
rentrant le soir dans le même état. Elle aimait un aulegibilidad del apólogo frente al hermetre peintre qui l’aimait à la folie. Elle alla le trouver
tismo característico de la mayor parte de
et l’après-midi se passa en caresses et baisers et le
los escritos de Picasso; analizó las isotolion fut effacé et alors le peintre amant de la femme
pías relativas a la estética y al erotismo
presentes en el texto y su relación con el
si jolie fit un autre lion d’un dessin si pur d’une coudiscurso estético; y, por último, expuso
leur si vraie qu’il était digne d’être au Louvre. Quand
una serie de relaciones entre el apólogo
elle rentra le mari peintre voulut regarder sa femme
de Picasso y otros textos literarios y miet trouva le dessin qu’il croyait avoir fait lui si beau
tológicos que atestiguan la variedad de
si vrai qu’il devint insupportable pour tous les amis.
referencias literarias del pintor, en gran
Depuis ce jour il se crut le plus grand peintre de son
parte determinadas por su actividad de
époque. » (Pablo Picasso)
ilustrador de obras literarias.
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megalomanía, el delirio marcado por el verbo «croire» son rasgos que sitúan a las figuras masculinas en
un desarreglo creciente de las emociones. En cuanto
a la figura femenina, que aparece en el texto como
«une femme très jolie», «la femme si jolie», se asocia,
por paronomasia, con «folie», es decir, con la locura.
El tema de la neurosis se cruza con la trama narrativa de la metamorfosis: la mujer se transforma en
gato, el gato en león, el león borrado en león más bello. Además, al creciente problema masculino se superpone una masculinización de la figura femenina
por torsión metafórica entre animalización de la mujer
- que se transforma en «petit chat», luego en «lion furieux» - y humanización paralela del león «furieux». La
metamorfosis que se opera con las tres ocurrencias de
la figura del león -«peindre sur le petit chat un lion
representación mental del animal furioso, y por tanto
animado, y representación del animal inanimado dibujado sobre el cuerpo de la mujer.
Con respecto a la figura del león, Douls mencionó
que el sema /fiera/ (/fauve/) que contiene es un indicio que permite una posible identificación de dos figuras de pintores referenciales. Picasso recogió en 1942
un comentario de Derain a propósito de Vlaminck,
calificándolo de “león que come hierba”: «Equinoxe /
Derain a dit / Vlaminck est / un lion qui mange / de
l’herbe», de modo que podría estar evocando aquí a
dos pintores del fauvismo. A favor de esta referencia
al fauvismo adujo los calificativos «d’un dessin si pur
d’une couleur si vraie», que remiten al estilo fauvista,
caracterizado por el empleo agresivo de colores puros
y dibujos simplificados.
El discurso sobre el arte
Al hilo de la isotopía estética se entreteje en el relato
un discurso sobre el arte. La situación de enunciación
presenta dos actantes (el marido pintor y el pintor
amante) y un enunciador-pintor que hace un comentario de orden estético. Sin embargo, en contraste con
el discurso de un experto, el texto presenta estereotipos verbales del discurso colectivo. Douls reflexionó
que cabe preguntarse si constituyen indicios de un
cuestionamiento del discurso artístico convencional
o si deben interpretarse como la dificultad de expresar el arte en palabras para decantarse por la primera
hipótesis, señalando que el predicado «effacer» en el
contexto de un escrito puede entenderse en su acepción plena, a la vez pictórica (‘enlever’, quitar) y escritural (‘gommer’, tachar, disimular).
El cuestionamiento del discurso convencional sobre el arte aparece en el paralelismo que se establece
entre las frases “Le peintre amant de la femme si jolie
fit un autre lion d’un dessin si pur d’une couleur si
vraie qu’il était digne d’être au Louvre” y “Le mari
peintre (...) trouva le dessin qu’il croyait avoir fait lui
si beau si vrai qu’il devint insupportable pour tous les
amis.” Douls mencionó la presencia de cuatro componentes del discurso minimalista sobre el arte a los
que Picasso se refiere con ironía. Primero, la asociación clásica de bello y bueno («dessin» - «pur» - «couleur» - «vraie» - «beau» - «vrai» - «le plus grand»).
Luego, la incertidumbre en cuanto a la finalidad del
arte, situada entre verdad e ilusion («vraie» – «vrai»
– «croyait» - «crut»). Después, la redundancia del
adverbio de cantidad en los sintagmas «si jolie», «si
pur», «si vraie», «si beau» et «si vrai» que instaura un
Fabienne Douls Eicher
furieux», «le lion fut effacé», «fit un autre lion»- corresponde a los tres niveles de articulación de la narración, que son los celos, el adulterio y la falsificación.
La figura del león furioso
En el texto, Douls destacó la isotopía de la estética y
la del erotismo como constitutivas del fondo del texto. Con el sema común del placer visual resultan ser
comparante y comparado, respectivamente. Junto a
ellas mencionó las subisotopías de la animalidad y la
emoción, cuya antinomia, derivada del rasgo humano
presente en la emoción, se resuelve en la figura del
león furioso. En ella se articulan las cuatro isotopías
mencionadas y en ella ve Douls la clave de lectura del
texto por su doble referencialidad textual, pues designa a la vez el sexo de la mujer y el motivo pintado
por su marido. La representación del león es, además,
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efecto irónico de énfasis con respecto a un juicio más
afectivo que razonado sobre el arte. Por último, la institucionalización del arte con «Louvre» y «époque».
La expresión «le plus grand peintre de son époque»
es uno de los tópicos del discurso artístico convencional, al igual que «être au Louvre», y ambos avalan
socialmente el estatuto reconocido de artista. Apuntó también que aunque Picasso estaba en la cima de
su notoriedad en los años treinta, su obra no tuvo los
honores del Louvre. La obra de Picasso fue ignorada
por la administración de los museos franceses hasta
la Exposición internacional de 1937 y la creación del
Musée d’Art Moderne. Pero más tarde tuvo una exposición de menos de una semana en 1947 y en 1971 en
las galerías del Louvre.
Partiendo del paralelismo entre «si vraie [...] au
Louvre» et «si vrai [...] insupportable», Douls caracteriza el discurso artístico que prevalece en el relato: el
enunciador denigra la pintura que se aplica a parecerse a lo verdadero y que sería la que se encuentra en el
Louvre. El juicio de valor emitido por el marido-pintor
sobre la verosimilitud del león «si beau si vrai» es un
cuestionamiento irónico de la noción de realismo. La
pintura figurativa no es más que la ilusión de lo real,
como expresa la relativa «qu’il croyait avoir fait lui».
Si bien Picasso estuvo siempre ligado a lo figurativo,
la pintura era para él transfiguración, como se aprecia
en las siguientes consideraciones del pintor recogidas
por Roland Penrose en su obra Picasso (Flammarion,
1982, p. 499):
el pronombre «il» crean una incertidumbre respecto
al sentido: ¿es el amante o el león el «digne de figurer au Louvre»? El efecto de epéntesis entre louve y
Louvre permitiría pensar que se trata del león. ¿Es el
marido o el dibujo el que resulta «insupportable pour
les amis»? La relación de sinonimia entre «dessin» y
el radical –support- del adjetivo «insupportable» autoriza a pensar que no es el marido sino el dibujo el así
calificado.
Si bien la redundancia de la anáfora pronominal
apoya el efecto de realidad por el efecto distanciador
que conlleva, al mismo tiempo rompe el código destinado a asegurar la desambiguación. En las dos frases
la ambivalencia alcanza al artista y a su dibujo, como
para plantear simbólicamente su indisociabilidad. En
la segunda construcción se acentúa esta simbiosis por
efecto de entimema. La secuencia es alusiva y hay que
reconstruir el argumento que falta: «il devint insupportable» porque el marido no deja de presumir de
su talento o bien porque no deja de presumir de la
belleza del león.
Relaciones transtextuales
Fabienne Douls completó su interesante y exhaustiva lectura analizando una serie de relaciones entre el
apólogo de Picasso y otros textos literarios y mitológicos que atestiguan la variedad de referencias literarias del pintor, en gran parte determinadas por su
actividad de ilustrador de obras literarias. Expuso las
coincidencias, la reescritura y el comentario metatextual que presenta el apólogo de Picasso con respecto
al cuento «Le Bât» de Jean de la Fontaine, a textos de
las Metamorfosis de Ovidio, a la anécdota de Plinio el
Viejo sobre los pintores griego Zeuxis y Parrasius, y
al relato de Balzac «Le Chef d’oeuvre inconnu». Por
razones de espacio, el presente artículo se limita a la
primera parte de la exposición y remitimos al lector
interesado en la intertexualidad a la lectura de la tesis
que Fabienne Douls proyecta terminar en el curso de
2014.
La réalité est plus que la chose elle-même.
Je cherche toujours sa surréalité. La réalité,
c’est la façon dont on voit les choses [...] Un
peintre qui copie un arbre, s’interdit de voir
sa réalité. Je vois les choses autrement. Un
palmier peut devenir un cheval. (La realidad
es más que la cosa en sí. Yo busco siempre su
surrealidad. La realidad es la manera de ver
las cosas [...] Un pintor que copia un árbol, se
prohíbe ver su realidad. Yo veo las cosas de
otro modo. Una palmera puede convertirse
en caballo.)
Cristina Quintas forma parte del programa doctoral “Métodos y perspectivas” de la UZH. En su proyecto de doctorado, dirigido por las profesoras María-Paz Yáñez e Itzíar
López Guil, estudia “La configuración geométrica en la
obra narrativa de Rafael Dieste”.
La cita interesa porque traduce lo que se observa en
la escritura en las dos frases citadas: el texto no es lo
que se ofrece a la lectura. Las dos construcciones con
el adverbio intensivo «si» seguido de una subordinada consecutiva introducida por la conjunción «qu’»,
BERNADAC, M.-C. y PIOT, C. (eds.): Picasso, Écrits, Réunion
des Musées nationaux / Gallimard, 1989.
PENROSE, R., Picasso, Flammarion, 1982.
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no son homogéneas, sino que dependen crucialmente de la situación socio-política de cada área. En algunas zonas la frontera es imperceptible y podemos
encontrarnos con que, en la misma calle, una acera
pertenece a Brasil y la otra a Uruguay o con que solo
haya que cruzar un pequeño río para dejar Brasil y
aparecer en Paraguay. Sin embargo, en otros lugares
es necesario un estricto control para cruzar de, por
ejemplo, Argentina a Brasil. Estas condiciones se reflejan directamente en la exposición de los hablantes
de una lengua a la otra y determinan la aparición de
unos u otros fenómenos lingüísticos.
El español en contacto:
crónica de la visita de
John Lipski
Durante los días 5 y 6 de diciembre
2013, el RoSe contó con la presencia
del profesor John Lipski, profesor en la
Pennsylvania State University y experto
en el español en contacto con otras
lenguas. Su visita fue organizada en
el marco del programa doctoral por la
cátedra de Lingüística Iberorrománica de
la Universidad de Zúrich.
El caso del spanglish
El seminario del viernes, El español en contacto: nuevos enfoques, se dividió en tres apasionantes sesiones.
En la primera, el profesor Lipski expuso el caso del
español en contacto con el inglés en los EEUU. La
pregunta alrededor de la cual giraban sus reflexiones se parecía a la del día anterior: ¿es el spanglish
una lengua diferente del español y del inglés? Y,
como ya había ocurrido apenas unas hora antes, el
profesor Lipski volvió a mostrar que no nos hallamos ante una nueva variedad lingüística.
Los hispanos de los EEUU son generalmente bilingües de alto nivel que hablan inglés y español (un
español con bastantes préstamos del inglés, como es
típico de cualquier situación de contacto). Pero, precisamente por tener dos lenguas disponibles, hay
ocasiones en las que hacen uso de ellas en la misma
conversación. Este fenómeno se conoce como codeswitching y es muy habitual en las situaciones de bilingüismo. El spanglish no es más (ni menos) que
esta mezcla, que no debemos considerar como una
nueva variedad porque, como mostró el profesor
Carlota de Benito Moreno
La visita de John Lipski se estructuró en dos acontecimientos distintos: una conferencia en inglés el
jueves, 5 de diciembre, y un seminario compuesto
por tres charlas el día siguiente, el viernes 6 de diciembre. Ambos eventos provocaron una entusiasta acogida, como mostró la abundancia de público,
compuesto por alumnos y doctorandos de la Universidad de Zúrich, así como por numerosos profesores de esta y otras universidades, tanto suizas como
alemanas.
Lenguas sin fronteras
En la conferencia del jueves, Language without borders: Spanish and Portuguese at the crossroads, el profesor Lipski se centró en el portuñol y en la controvertida cuestión de si esta variedad conforma una
lengua distinta del español y el portugués. Durante
la charla, amenizada con fotos y anécdotas de las
muchas estancias del profesor Lipski en las fronteras de Brasil con otros países hispanohablantes, este
explicó que el portuñol no es una lengua distinta,
sino que el nombre engloba una serie de fenómenos de interferencia que surgen inconscientemente
cuando hablantes de dos lenguas tan similares como
el español y el portugués hablan entre sí empleando la que no es su lengua materna. Especialmente
interesante, por ser prueba de que la lengua no puede estudiarse aislada de su entorno social, resultó la
demostración de que las características del portuñol
Los profesores Kabatek y Lipski
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MAI 2010
Lipski en su exposición, cada fragmento emitido en
una de las dos lenguas se ajusta absolutamente a la
gramática de dicha lengua y no se rige por nuevas
reglas gramaticales.
El profesor Lispki insistió especialmente en que
estos fenómenos de combinación de lenguas no suponen un menoscabo de ninguna de ellas, sino que
son una habilidad extra que tienen los hablantes
bilingües. Este hecho debe resaltarse siempre, pues
son comunes las ocasiones en que se hace una valoración negativa de estos fenómenos, lo que suele
conllevar una discriminación de los hablantes que
los producen.
El chaupi shimi, una lengua híbrida
El apéro - espacio de encuentro
El criollo palenquero
llevados a América debió de surgir un pidgin: una
lengua simplificada con elementos del español y de
las lenguas maternas de los esclavos que hablaban
estos. La siguiente generación, que adquiere el pidgin como lengua materna, dota a este de una estructura gramatical sistemática de la que hasta entonces
carecía y este se convierte así en una lengua criolla.
El profesor Lipski nos ofreció una detallada descripción de algunos de los rasgos del palenquero, como
la conservación de algunos elementos africanos en el
paradigma de los pronombres personales, el uso de
partículas verbales descendientes de verbos del español (bo ta trabahá ‘presente/progresivo’; bo trabahá
‘presente’, bo a trabahá ‘perfectivo’) como marcadores
de tiempo o el uso de la negación pospuesta a toda
la oración, por medio de la forma nu.
Tras tan interesante e intenso seminario, los asistentes pudieron disfrutar de un (delicioso) apéro
en el RoSe. En él, además de comer y disfrutar, los
participantes pudieron charlar más relajadamente
entre ellos y con el profesor Lipski y comentar sus
intervenciones, de las que no solo aprendimos acerca de diferentes situaciones de contacto del español en América: sus honestas reflexiones acerca de
la recogida de datos y sobre cómo un buen análisis
lingüístico puede (y debe) ayudar a desterrar los tópicos sobre las variedades que surgen del contacto,
generalmente maltratadas socialmente, fueron, con
toda probabilidad, una de las enseñanzas más valiosas del seminario.
El palenquero también es una lengua nacida fruto
del contacto entre lenguas: es un criollo del español. Esto es, a partir del contacto del español, que
era la lengua hablada por la capa social dominante, y las lenguas originales de los esclavos africanos
Carlota de Benito Moreno es asistente del RoSe en la cátedra de Lingüística Iberorromance del profesor Johannes
Kabatek y está preparando una tesis sobre los verbos reflexivos en español, asturiano y gallego desde una perspectiva dialectal.
En la segunda sesión, el profesor Lipski se centró en
la llamada media lengua (o chaupi shimi), hablada en
Ecuador. La media lengua es una variedad fruto del
contacto entre el español y el quechua, pero en esta
ocasión sí nos hallamos ante una lengua distinta. En
media lengua, las palabras léxicas (los sustantivos,
los verbos, los adjetivos: casa, silla, querer, comer, guapo
y carismática) vienen del español, pero los morfemas
gramaticales y la estructura sintáctica (las preposiciones, los morfemas de caso…) son los del quechua.
Es, por lo tanto, una de las llamadas lenguas híbridas,
que son muy poco comunes. A continuación podemos ver algunos ejemplos que muestran cómo funciona la combinación entre ambas lenguas:
Español: Vivo en Quito.
Quechua: Quitu-pi causa-ni
Media Lengua: Quitu-pi vivi-ni
Español: Como pan
Quechua: tanda-ta micu-ni
Media Lengua: pan-ta cumi-ni
La tercera y última sesión comenzó tras un descanso
en el que pudimos coger fuerzas, gracias a la merienda que nos esperaba fuera. Nos esperaba una sesión dedicada al palenquero, lengua hablada en San
Basilio de Palenque, Colombia, por descendientes de
esclavos cimarrones.
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