FEBRUAR 2014 Ibidem Das Blatt der Romanistik-Doktorierenden Der akademische Nachwuchs berichtet zu aktuellen Veranstaltungen “Vorrei un caffè potente”: il dizionario delle collocazioni Una sintesi della presentazione di Paola Tiberii “Le combinazioni delle parole in italiano. Il “Dizionario delle collocazioni”: uno strumento per sviluppare e arricchire la competenza lessicale”, tenuta il 19 novembre 2013. Ho letto un libro o un libro H o visto un film o un film Ho fatto un Remko Smid Ogni lingua ha le sue caratteristiche, strutture e convenzioni, che rispecchiano la cultura in questione e che variano fra culture diverse. Le collocazioni costituiscono uno di questi elementi: sono specifiche di una certa lingua e non sono uguali rispetto a quelle di un’altra lingua. Sono combinazioni ricorrenti di parole, che diventano poi abitudine nel linguaggio. Tutti gli italiani, per esempio, dicono “caffè forte” invece di “caffè potente”, a prescindere dalla loro educazione o classe sociale. “Caffè potente suona male” direbbero, ma spesso non sanno esattamente perché. Probabilmente un barista capirebbe il significato, ma reagirebbe con stupore. Per utilizzare le collocazioni ci vuole una padronanza linguistica al livello di un madrelingua. In effetti uno straniero può parlare benissimo l’italiano, ma se non è madrelingua (come me), sbaglia spesso l’uso delle collocazioni o proprio non le usa. Le collocazioni sono un segno della varietà e della ricchezza culturale della lingua, ma sono difficili da imparare. Inoltre troviamo nelle lingue straniere collocazioni che ci sembrano strane: in olandese, ad esempio, si dice “curva acuta” invece di “curva stretta”. Questo esempio indica che spesso non si può tradurre la collocazione letteralmente. Quello che sembra giusto ad uno straniero suona come un errore o un’imprecisione per un madrelingua. Ci vorrebbe un dizionario delle collocazioni soprattutto per i poveri stranieri che vorrebbero parlare o scrivere un ottimo italiano. viaggio o un viaggio bel avvincente bel entusiasmante bel avventuroso mano un’unità fraseologica che è determinata dall’uso. La definizione di Janek: “una combinazione di parole soggetta a una restrizione lessicale, per cui la scelta di una specifica parola (il collocato) per esprimere un determinato significato, è condizionata da una seconda parola (la base) alla quale questo significato è riferito” (treccani.it, l’enciclopedia italiana, www). È importante tenere a mente che si tratta di una combinazione riconoscibile, ma non fissa, come invece avviene per i modi dire e per le frasi idiomatiche. Inolte la collocazione non è determinata dalla logica o dalle regole. Si potrebbe dire che la collocazione si trova tra l’espressione idiomatica, con la quale non condivide normalmente la rigidità sintagmatica, e la combinazione libera, che conosce meno restrizioni rispetto alla collocazione. Si dice, quindi, in italiano “caffè forte” e non “caffè potente”; sarebbe logico se il contrario fosse “caffè debole”, invece gli italiani dicono “caffè lungo”. Le collocazioni non seguono la logica e perciò non è neanche sorprendente che non si possa sostituire una parte della collocazione con un sinonimo. Il significato di una collocazione non è quello della somma dei significati dei costituenti, ma presenta un elemento semantico aggiuntivo grazie alla loro co-occorenza. Al contrario delle espressioni ideomatiche, i costituenti sono relativamente autonomi, ovverosia i vari componenti mantengono le loro funzioni grammaticali anche quando è cambiato l’ordine Le collocazioni Ogni parola non solo ha un determinato significato presa da sola, ma assume anche un significato diverso quando è legata ad altre parole. Anche se ci sono innumerevoli combinazioni di parole, certi accostamenti sono più ricorrenti di altri. Infatti le collocazioni consistono nell’accompagnarsi di due o più parole che for1 Ibidem FEBRUAR 2014 MAI 2010 delle parole o quando sono inserite chelli. È stata un’amica inglese che, altre parole tra i costituenti. Un’alfacendo fatica con le collocazioni, tra caratteristica della collocazione ha inspirato Tiberii a scrivere il è l’inalterabilità semantica delle padizionario. Curiosamente non è il role, che mantengono il loro signiprimo dizionario delle collocazioficato letterale (treccani.it, l’encicloni dell’italiano, anche se è il primo pedia italiana, www). dizionario di questo tipo prodotto Si distinguono vari tipi di colin Italia. Le altre due pubblicazioni locazione: la combinazione di un sono una lussemburghese e l’altra sostantivo e un aggettivo (come per olandese. Esistono invece molti esempio “sorpresa piacevole” o “erdizionari delle collocazioni per rore clamoroso”), quella di un verla lingua inglese, anche perché si bo e un sostantivo ( “sposare un’itratta di una lingua che ricopre un dea”, “trascorrere una vacanza”), ruolo importante al livello internaun sostantivo seguito da un verbo zionale. Tuttavia secondo Tiberii Tiberii durante un lancio del dizionario (“lo stomaco brontola”, “il tempo Paola esiste un bisogno crescente di un in Polonia. Fonte: www.iiccracovia.esteri.it dizionario delle collocazioni per stringe”), un verbo e un avverbio l’italiano (Radio radicale, www). (“dormire placidamente”, “fallire miseramente”), Il lemmario è composto da oltre 6000 entrate che un avverbio e un aggettivo (“fermamente convinto”, sono suddivise in tre categorie grammaticali, ovvero “perdutamente innamorato”), e, infine, la combii sostantivi (1), i verbi (2) e gli aggettivi (3). Per ogni nazione di due sostantivi (“parola chiave”, “guerra lampo”). La collocazione verbo + sostantivo è quella lemma è proposta una scelta di collocazioni organizpiù frequente, in cui i verbi coinvolti sono non solo zate in modo diverso a seconda dell’uso e della catefrequenti, ma anche fortemente polisemici. Spesso il goria grammaticale di appartenenza. Per i sostantivi sostantivo in questo tipo di collocazione descrive uno (1) vengono indicate le collocazioni con aggettivi, verstato o un evento. I verbi e gli aggettivi delle collobi e costruzioni. Questi aggettivi sono sempre presencazioni hanno significati molto specifici, che limitatati al maschile singolare, a meno che il lemma non no il numero di entità per le quali sono appropriati. sia espressivamente femminile o plurale, e sono diAll’interno della collocazione la base non assume un stinti in tre categorie a seconda della loro collocazione significato particolare, cioè diverso dal solito signifipiù comune rispetto al sostantivo. I verbi collegati ai cato, mentre il collocato assume un significato diverso sostantivi sono differenziati in base alla loro funziorispetto a quando si combina ad altre parole. Inolte ne sintattica: verbi che si collocano con il sostantivo Benson distingue due categorie di collocazioni: quelcome complemento e che sono espressi all’infinito la lessicale e quella grammaticale (treccani.it, L’enci(per esempio “imparare a memoria”) e verbi che si clopedia italiana, www). Mentre la collocazione lescollocano con il sostantivo come soggetto e che sono sicale contiene elementi dello stesso livello sintattico coniugati in accordo con il lemma (“la memoria tra(“scolare la pasta”), quella grammaticale combina una disce”). Le costruzioni includono locuzioni e usi fraparola dominante e una grammaticale, spesso una seologici (“memoria da elefante”). Per i verbi (2) sono preposizione. Perciò si possono aggiungere due altri indicate le collocazioni con avverbi e locuzioni avvertipi di collocazione a quelli già indicati: sostantivo + biali (“attraversare a fatica”), aggettivi (“attraversare preposizione + sostantivo (“pizzico di sale”) e verbo + incolume”) e altri verbi (“riuscire ad aggirare”). Per preposizione + sostantivo (“mettere in moto”). gli aggettivi (3) sono indicate le collocazioni con avverbi e locuzioni avverbiali (“del tutto casuale”), verIl dizionario bi (“risultare assente”), e in alcuni casi altri aggettivi (“assente giustificato”). L’autrice pescarese Paola Tiberii si è laureata al DAMS Tiberii non ha soltanto collezionato tantissimo madell’università di Bologna e lavora nell’ambito del teriale, ma ha anche usato numerose fonti diverse, dal music management. Il suo interessamento della lindizionario di base a internet. La maggior parte del lagua l’ha portata a un lavoro immenso: in 10 anni ha raccolto 6000 voci e 200.000 combinazioni di parole in voro è stata costituita dall’organizzazione e dal met640 pagine nel Dizionario delle collocazione. Le combinatere in ordine il materiale raccolto in modo che risulzioni delle parole in italiano, pubblicato nel 2012 da Zanitasse un’opera semplice da consultare. Doveva essere 2 Ibidem FEBRUAR 2014 MAI 2010 selettiva, rispettando alcune condizioni qualitative e quantitative: la fonte doveva essere affidabile per quanto riguarda la qualità dell’italiano. Le influenze dialettali sono state evitate e combinazioni superflue e “soggettive” sono state scartate. Per esempio, “comprare un libro” è una combinazione di parole che non si trova nel dizionario, perché non aveva senso inserirla; si possono comprare tante cose e il verbo “comprare” non è specifico per il sostantivo “libro”. Per questa ragione gli elementi più semplici e scontati come gli aggettivi “bello”, “grande” e “piccolo”, e i verbi “essere” e “avere” non sono stati presi in considerazione. Nel dizionario non si trovano i modi di dire e le frasi idiomatiche, che sono diversi rispetto alle collocazioni, anche se la differenza tra la frase idiomatica e la collocazione non è sempre chiara. È inclusa nel dizionario una versione digitale su DVD-ROM, che contiene anche un “assistente linguistico”. Questa possibilità ci permette di digitare un testo come in un comune word processor, per il quale l’assistente linguistico poi suggerisce varie possibilità di collocazioni. Lo scopo era quello di fornire un aiuto “per un lessico più efficace e ricercato” (come c’è scritto sulla copertina del dizionario) e infatti con il dizionario si può partire da una frase semplice per poi finire con una molto più raffinata, da per esempio “ho avuto una grande delusione” si finisce a “ho fronteggiato una profonda delusione”. Questo esempio ci mostra che si può anche costruire una frase con più collocazioni. L’approccio del dizionario è pratico e non scientifico. È facile da usare e può essere utilizzato, ad esempio, anche da bambini della scuola elementare. L’uso quotidiano è centrale, perciò non sono state inserite le collocazioni letterarie o quelle più complesse. Non contiene né tutte le possibilità, né informazioni sintattiche, grammaticali o etimologiche, che avrebbero reso l’opera più scientifica. In effetti il dizionario non è rivolto ai specialisti di linguistica. Inoltre le parole sono ordinate secondo l’alfabeto e non, per esempio, secondo la frequenza nell’uso. È proprio la mancanza dell’elemento scientifico che ha reso il dizionario utile per bambini, perché non è troppo ‘pesante’. Questa è stata la prima edizione del dizionario delle collocazioni di Zanichelli. Tiberii è ancora indecisa se ci sarà una seconda: ci vorrebbe prima feedback e una versione più ampia non è per forza una cosa positiva, perché il dizionario dovrebbe essere maneggevole. Tuttavia le collocazioni cambiano col passare del tempo e un dizionario più scientifico sarebbe anche molto interessante. L’uso del dizionario aiuta sicuramente nel comporre testi, soprattutto per gli stranieri, però ci si può chiedere se quest’attenzione per la collocazione non sia limitativa. L’uso eccessivo di collocazioni produce un linguaggio artificiale e stereotipato e si potrebbe voler evitare la collocazione nella scrittura di testi. In questo caso sarebbe giusto parlare di abuso delle collocazioni, una forma di pigrizia linguistica che incontriamo da tanto in tanto nel giornalismo. Tuttavia il dizionario non intenti prescrittivi e, secondo Tiberii, “conoscere non è mai un limite”. Le collocazioni sono importanti per la padronanza di una lingua, perché le competenze linguistiche dipendono anche dall’abilità nell’unire parole in modo corretto. La comprensione della lingua è l’elemento centrale. Infine, come aveva affermato il Dalai Lama XIV, “know the rules well, so you can break them effectively”. In ogni caso il dizionario si presta all’uso su vari livelli e ognuno userà il dizionario secondo le proprie competenze linguistiche e i propri scopi. Nell’ambito del suo lavoro di dottorato in letteratura italiana, seguito dal prof. Dr. Johannes Bartuschat, Remko Smid si sta occupando della «memoria e storia nelle opere di Claudio Magris: verso una nuova identità transnazionale». Definire le collocazioni http://people.lett.unitn.it/baroni/collocazioni/materiali/definire_le_collocazioni.pdf Dizionario delle collocazioni http://italicus.com.pl/pdf/specimen_collocazioni.pdf Radio radicale, 20-11-2012 http://www.radioradicale.it/scheda/366123/il-dizionario-delle-collocazioni-intervista-a-paola-tiberii Treccani.it L’enciclopedia italiana http://www.treccani.it/enciclopedia/collocazioni_(Enciclopedia-dell’Italiano)/ IMPRESSUM Herausgegeben vom «Doktoratsprogramm Romanistik: Methoden und Perspektiven» der UZH. Autorinnen und Autoren sind die RomanistikDoktorierenden der Universität Zürich. Layout und Gestaltung: Paul Sutermeister Kontakt: [email protected] Online: www.rose.uzh.ch/doktorat/ibidem.html 3 Ibidem FEBRUAR 2014 MAI 2010 En cuanto al problema de legibilidad o de inteligibilidad que plantean en su mayoría los escritos de Picasso, Douls señaló la típica ausencia de puntuación y el uso de los pronombres como elementos que crean ambigüedad y dificultan la comprensión del texto, aunque, como el lector comprueba, en ningún momento la impiden. Lo que llamó pequeña fábula o apólogo trata de un pintor y ególatra que, en vez de reconocer en la evolución de la imagen por él pintada la consumación de la infidelidad conyugal, se envanece por la calidad del dibujo hasta sentir que lo consagra como artista y llega a creerse digno de pasar a los anales de la historia del arte y a ocupar un lugar en el mayor museo de Francia. Douls señaló que los tres actores de la estructura narrativa - «un peintre», «une femme très jolie», «un autre peintre» - cobran sentido en relación con los otros. Así, el primer pintor juega sucesivamente el rol de marido posesivo, de marido pintor, de amigo insoportable y, luego, de megalómano por amor excesivo de sí mismo. Es el héroe desgraciado, dos veces engañado: por el adulterio de su mujer y por la copia del pintor amante. La figura femenina asume los roles de mujer, de mentirosa, de lienzo, de enamorada de otro pintor, de objeto de voyerismo. El segundo pintor es el enamorado loco, el amante, el pintor de talento. Sobre este esquema actorial, próximo al del cuento libertino, se implanta un campo léxico de la neurosis paranoica: «jaloux», «furieux», «à la folie», «insupportable», «qu’il croyait avoir fait lui», «se crut le plus grand». Los celos, la cólera, la alienación, la Lectura de un apólogo de Picasso Informe de la exposición realizada por Fabienne Douls Eicher el 5 de noviembre de 2013 en el marco del Coloquio para doctorandos del Programa Doctoral del Instituto de Lenguas y Literaturas Románicas de la UZH. Cristina Quintas Una faceta aún poco conocida de Pablo Picasso (18811973) es la de escritor. El célebre pintor se lanzó a escribir a la edad de 54 años y siguió haciéndolo, en español y en francés, hasta el final de su vida. Su legado literario se compone de unos 400 poemas y de dos obras de teatro de estilo surrealista accessible al público desde la publicación en 1989 de la obra Ecrits, editada por Marie-Laure Bernadac y Christine Piot. Los escritos de Picasso han suscitado el interés de un pequeño grupo de investigadores entre los que se encuentra Fabienne Douls Eicher, que realiza una tesis doctoral titulada «Poésie et théâtre: l’écriture de Pablo Picasso à l’épreuve de sa peinture» en la que estudia la obra literaria del pintor desde el ángulo de la significación utilizando el procedimiento de microanálisis textuales. En el Coloquio para doctorandos del semestre de otoño 2013, Douls presentó una lectura semiótica del apólogo de Picasso, fechado en 1935 y repertoriado en « Un peintre avait une femme très jolie il était jaloux el capítulo «Phrases et extraits isolés» de elle devait sortir ce jour pour aller voir sa mère. Le la obra citada Ecrits (véase el texto citado peintre dit à sa femme qu’il allait lui peindre sur le en esta página). petit chat un lion furieux qu’elle devait ramener en En su lectura estudió el aspecto de la rentrant le soir dans le même état. Elle aimait un aulegibilidad del apólogo frente al hermetre peintre qui l’aimait à la folie. Elle alla le trouver tismo característico de la mayor parte de et l’après-midi se passa en caresses et baisers et le los escritos de Picasso; analizó las isotolion fut effacé et alors le peintre amant de la femme pías relativas a la estética y al erotismo presentes en el texto y su relación con el si jolie fit un autre lion d’un dessin si pur d’une coudiscurso estético; y, por último, expuso leur si vraie qu’il était digne d’être au Louvre. Quand una serie de relaciones entre el apólogo elle rentra le mari peintre voulut regarder sa femme de Picasso y otros textos literarios y miet trouva le dessin qu’il croyait avoir fait lui si beau tológicos que atestiguan la variedad de si vrai qu’il devint insupportable pour tous les amis. referencias literarias del pintor, en gran Depuis ce jour il se crut le plus grand peintre de son parte determinadas por su actividad de époque. » (Pablo Picasso) ilustrador de obras literarias. 4 Ibidem FEBRUAR 2014 MAI 2010 megalomanía, el delirio marcado por el verbo «croire» son rasgos que sitúan a las figuras masculinas en un desarreglo creciente de las emociones. En cuanto a la figura femenina, que aparece en el texto como «une femme très jolie», «la femme si jolie», se asocia, por paronomasia, con «folie», es decir, con la locura. El tema de la neurosis se cruza con la trama narrativa de la metamorfosis: la mujer se transforma en gato, el gato en león, el león borrado en león más bello. Además, al creciente problema masculino se superpone una masculinización de la figura femenina por torsión metafórica entre animalización de la mujer - que se transforma en «petit chat», luego en «lion furieux» - y humanización paralela del león «furieux». La metamorfosis que se opera con las tres ocurrencias de la figura del león -«peindre sur le petit chat un lion representación mental del animal furioso, y por tanto animado, y representación del animal inanimado dibujado sobre el cuerpo de la mujer. Con respecto a la figura del león, Douls mencionó que el sema /fiera/ (/fauve/) que contiene es un indicio que permite una posible identificación de dos figuras de pintores referenciales. Picasso recogió en 1942 un comentario de Derain a propósito de Vlaminck, calificándolo de “león que come hierba”: «Equinoxe / Derain a dit / Vlaminck est / un lion qui mange / de l’herbe», de modo que podría estar evocando aquí a dos pintores del fauvismo. A favor de esta referencia al fauvismo adujo los calificativos «d’un dessin si pur d’une couleur si vraie», que remiten al estilo fauvista, caracterizado por el empleo agresivo de colores puros y dibujos simplificados. El discurso sobre el arte Al hilo de la isotopía estética se entreteje en el relato un discurso sobre el arte. La situación de enunciación presenta dos actantes (el marido pintor y el pintor amante) y un enunciador-pintor que hace un comentario de orden estético. Sin embargo, en contraste con el discurso de un experto, el texto presenta estereotipos verbales del discurso colectivo. Douls reflexionó que cabe preguntarse si constituyen indicios de un cuestionamiento del discurso artístico convencional o si deben interpretarse como la dificultad de expresar el arte en palabras para decantarse por la primera hipótesis, señalando que el predicado «effacer» en el contexto de un escrito puede entenderse en su acepción plena, a la vez pictórica (‘enlever’, quitar) y escritural (‘gommer’, tachar, disimular). El cuestionamiento del discurso convencional sobre el arte aparece en el paralelismo que se establece entre las frases “Le peintre amant de la femme si jolie fit un autre lion d’un dessin si pur d’une couleur si vraie qu’il était digne d’être au Louvre” y “Le mari peintre (...) trouva le dessin qu’il croyait avoir fait lui si beau si vrai qu’il devint insupportable pour tous les amis.” Douls mencionó la presencia de cuatro componentes del discurso minimalista sobre el arte a los que Picasso se refiere con ironía. Primero, la asociación clásica de bello y bueno («dessin» - «pur» - «couleur» - «vraie» - «beau» - «vrai» - «le plus grand»). Luego, la incertidumbre en cuanto a la finalidad del arte, situada entre verdad e ilusion («vraie» – «vrai» – «croyait» - «crut»). Después, la redundancia del adverbio de cantidad en los sintagmas «si jolie», «si pur», «si vraie», «si beau» et «si vrai» que instaura un Fabienne Douls Eicher furieux», «le lion fut effacé», «fit un autre lion»- corresponde a los tres niveles de articulación de la narración, que son los celos, el adulterio y la falsificación. La figura del león furioso En el texto, Douls destacó la isotopía de la estética y la del erotismo como constitutivas del fondo del texto. Con el sema común del placer visual resultan ser comparante y comparado, respectivamente. Junto a ellas mencionó las subisotopías de la animalidad y la emoción, cuya antinomia, derivada del rasgo humano presente en la emoción, se resuelve en la figura del león furioso. En ella se articulan las cuatro isotopías mencionadas y en ella ve Douls la clave de lectura del texto por su doble referencialidad textual, pues designa a la vez el sexo de la mujer y el motivo pintado por su marido. La representación del león es, además, 5 Ibidem FEBRUAR 2014 MAI 2010 efecto irónico de énfasis con respecto a un juicio más afectivo que razonado sobre el arte. Por último, la institucionalización del arte con «Louvre» y «époque». La expresión «le plus grand peintre de son époque» es uno de los tópicos del discurso artístico convencional, al igual que «être au Louvre», y ambos avalan socialmente el estatuto reconocido de artista. Apuntó también que aunque Picasso estaba en la cima de su notoriedad en los años treinta, su obra no tuvo los honores del Louvre. La obra de Picasso fue ignorada por la administración de los museos franceses hasta la Exposición internacional de 1937 y la creación del Musée d’Art Moderne. Pero más tarde tuvo una exposición de menos de una semana en 1947 y en 1971 en las galerías del Louvre. Partiendo del paralelismo entre «si vraie [...] au Louvre» et «si vrai [...] insupportable», Douls caracteriza el discurso artístico que prevalece en el relato: el enunciador denigra la pintura que se aplica a parecerse a lo verdadero y que sería la que se encuentra en el Louvre. El juicio de valor emitido por el marido-pintor sobre la verosimilitud del león «si beau si vrai» es un cuestionamiento irónico de la noción de realismo. La pintura figurativa no es más que la ilusión de lo real, como expresa la relativa «qu’il croyait avoir fait lui». Si bien Picasso estuvo siempre ligado a lo figurativo, la pintura era para él transfiguración, como se aprecia en las siguientes consideraciones del pintor recogidas por Roland Penrose en su obra Picasso (Flammarion, 1982, p. 499): el pronombre «il» crean una incertidumbre respecto al sentido: ¿es el amante o el león el «digne de figurer au Louvre»? El efecto de epéntesis entre louve y Louvre permitiría pensar que se trata del león. ¿Es el marido o el dibujo el que resulta «insupportable pour les amis»? La relación de sinonimia entre «dessin» y el radical –support- del adjetivo «insupportable» autoriza a pensar que no es el marido sino el dibujo el así calificado. Si bien la redundancia de la anáfora pronominal apoya el efecto de realidad por el efecto distanciador que conlleva, al mismo tiempo rompe el código destinado a asegurar la desambiguación. En las dos frases la ambivalencia alcanza al artista y a su dibujo, como para plantear simbólicamente su indisociabilidad. En la segunda construcción se acentúa esta simbiosis por efecto de entimema. La secuencia es alusiva y hay que reconstruir el argumento que falta: «il devint insupportable» porque el marido no deja de presumir de su talento o bien porque no deja de presumir de la belleza del león. Relaciones transtextuales Fabienne Douls completó su interesante y exhaustiva lectura analizando una serie de relaciones entre el apólogo de Picasso y otros textos literarios y mitológicos que atestiguan la variedad de referencias literarias del pintor, en gran parte determinadas por su actividad de ilustrador de obras literarias. Expuso las coincidencias, la reescritura y el comentario metatextual que presenta el apólogo de Picasso con respecto al cuento «Le Bât» de Jean de la Fontaine, a textos de las Metamorfosis de Ovidio, a la anécdota de Plinio el Viejo sobre los pintores griego Zeuxis y Parrasius, y al relato de Balzac «Le Chef d’oeuvre inconnu». Por razones de espacio, el presente artículo se limita a la primera parte de la exposición y remitimos al lector interesado en la intertexualidad a la lectura de la tesis que Fabienne Douls proyecta terminar en el curso de 2014. La réalité est plus que la chose elle-même. Je cherche toujours sa surréalité. La réalité, c’est la façon dont on voit les choses [...] Un peintre qui copie un arbre, s’interdit de voir sa réalité. Je vois les choses autrement. Un palmier peut devenir un cheval. (La realidad es más que la cosa en sí. Yo busco siempre su surrealidad. La realidad es la manera de ver las cosas [...] Un pintor que copia un árbol, se prohíbe ver su realidad. Yo veo las cosas de otro modo. Una palmera puede convertirse en caballo.) Cristina Quintas forma parte del programa doctoral “Métodos y perspectivas” de la UZH. En su proyecto de doctorado, dirigido por las profesoras María-Paz Yáñez e Itzíar López Guil, estudia “La configuración geométrica en la obra narrativa de Rafael Dieste”. La cita interesa porque traduce lo que se observa en la escritura en las dos frases citadas: el texto no es lo que se ofrece a la lectura. Las dos construcciones con el adverbio intensivo «si» seguido de una subordinada consecutiva introducida por la conjunción «qu’», BERNADAC, M.-C. y PIOT, C. (eds.): Picasso, Écrits, Réunion des Musées nationaux / Gallimard, 1989. PENROSE, R., Picasso, Flammarion, 1982. 6 Ibidem FEBRUAR 2014 MAI 2010 no son homogéneas, sino que dependen crucialmente de la situación socio-política de cada área. En algunas zonas la frontera es imperceptible y podemos encontrarnos con que, en la misma calle, una acera pertenece a Brasil y la otra a Uruguay o con que solo haya que cruzar un pequeño río para dejar Brasil y aparecer en Paraguay. Sin embargo, en otros lugares es necesario un estricto control para cruzar de, por ejemplo, Argentina a Brasil. Estas condiciones se reflejan directamente en la exposición de los hablantes de una lengua a la otra y determinan la aparición de unos u otros fenómenos lingüísticos. El español en contacto: crónica de la visita de John Lipski Durante los días 5 y 6 de diciembre 2013, el RoSe contó con la presencia del profesor John Lipski, profesor en la Pennsylvania State University y experto en el español en contacto con otras lenguas. Su visita fue organizada en el marco del programa doctoral por la cátedra de Lingüística Iberorrománica de la Universidad de Zúrich. El caso del spanglish El seminario del viernes, El español en contacto: nuevos enfoques, se dividió en tres apasionantes sesiones. En la primera, el profesor Lipski expuso el caso del español en contacto con el inglés en los EEUU. La pregunta alrededor de la cual giraban sus reflexiones se parecía a la del día anterior: ¿es el spanglish una lengua diferente del español y del inglés? Y, como ya había ocurrido apenas unas hora antes, el profesor Lipski volvió a mostrar que no nos hallamos ante una nueva variedad lingüística. Los hispanos de los EEUU son generalmente bilingües de alto nivel que hablan inglés y español (un español con bastantes préstamos del inglés, como es típico de cualquier situación de contacto). Pero, precisamente por tener dos lenguas disponibles, hay ocasiones en las que hacen uso de ellas en la misma conversación. Este fenómeno se conoce como codeswitching y es muy habitual en las situaciones de bilingüismo. El spanglish no es más (ni menos) que esta mezcla, que no debemos considerar como una nueva variedad porque, como mostró el profesor Carlota de Benito Moreno La visita de John Lipski se estructuró en dos acontecimientos distintos: una conferencia en inglés el jueves, 5 de diciembre, y un seminario compuesto por tres charlas el día siguiente, el viernes 6 de diciembre. Ambos eventos provocaron una entusiasta acogida, como mostró la abundancia de público, compuesto por alumnos y doctorandos de la Universidad de Zúrich, así como por numerosos profesores de esta y otras universidades, tanto suizas como alemanas. Lenguas sin fronteras En la conferencia del jueves, Language without borders: Spanish and Portuguese at the crossroads, el profesor Lipski se centró en el portuñol y en la controvertida cuestión de si esta variedad conforma una lengua distinta del español y el portugués. Durante la charla, amenizada con fotos y anécdotas de las muchas estancias del profesor Lipski en las fronteras de Brasil con otros países hispanohablantes, este explicó que el portuñol no es una lengua distinta, sino que el nombre engloba una serie de fenómenos de interferencia que surgen inconscientemente cuando hablantes de dos lenguas tan similares como el español y el portugués hablan entre sí empleando la que no es su lengua materna. Especialmente interesante, por ser prueba de que la lengua no puede estudiarse aislada de su entorno social, resultó la demostración de que las características del portuñol Los profesores Kabatek y Lipski 7 Ibidem FEBRUAR 2014 MAI 2010 Lipski en su exposición, cada fragmento emitido en una de las dos lenguas se ajusta absolutamente a la gramática de dicha lengua y no se rige por nuevas reglas gramaticales. El profesor Lispki insistió especialmente en que estos fenómenos de combinación de lenguas no suponen un menoscabo de ninguna de ellas, sino que son una habilidad extra que tienen los hablantes bilingües. Este hecho debe resaltarse siempre, pues son comunes las ocasiones en que se hace una valoración negativa de estos fenómenos, lo que suele conllevar una discriminación de los hablantes que los producen. El chaupi shimi, una lengua híbrida El apéro - espacio de encuentro El criollo palenquero llevados a América debió de surgir un pidgin: una lengua simplificada con elementos del español y de las lenguas maternas de los esclavos que hablaban estos. La siguiente generación, que adquiere el pidgin como lengua materna, dota a este de una estructura gramatical sistemática de la que hasta entonces carecía y este se convierte así en una lengua criolla. El profesor Lipski nos ofreció una detallada descripción de algunos de los rasgos del palenquero, como la conservación de algunos elementos africanos en el paradigma de los pronombres personales, el uso de partículas verbales descendientes de verbos del español (bo ta trabahá ‘presente/progresivo’; bo trabahá ‘presente’, bo a trabahá ‘perfectivo’) como marcadores de tiempo o el uso de la negación pospuesta a toda la oración, por medio de la forma nu. Tras tan interesante e intenso seminario, los asistentes pudieron disfrutar de un (delicioso) apéro en el RoSe. En él, además de comer y disfrutar, los participantes pudieron charlar más relajadamente entre ellos y con el profesor Lipski y comentar sus intervenciones, de las que no solo aprendimos acerca de diferentes situaciones de contacto del español en América: sus honestas reflexiones acerca de la recogida de datos y sobre cómo un buen análisis lingüístico puede (y debe) ayudar a desterrar los tópicos sobre las variedades que surgen del contacto, generalmente maltratadas socialmente, fueron, con toda probabilidad, una de las enseñanzas más valiosas del seminario. El palenquero también es una lengua nacida fruto del contacto entre lenguas: es un criollo del español. Esto es, a partir del contacto del español, que era la lengua hablada por la capa social dominante, y las lenguas originales de los esclavos africanos Carlota de Benito Moreno es asistente del RoSe en la cátedra de Lingüística Iberorromance del profesor Johannes Kabatek y está preparando una tesis sobre los verbos reflexivos en español, asturiano y gallego desde una perspectiva dialectal. En la segunda sesión, el profesor Lipski se centró en la llamada media lengua (o chaupi shimi), hablada en Ecuador. La media lengua es una variedad fruto del contacto entre el español y el quechua, pero en esta ocasión sí nos hallamos ante una lengua distinta. En media lengua, las palabras léxicas (los sustantivos, los verbos, los adjetivos: casa, silla, querer, comer, guapo y carismática) vienen del español, pero los morfemas gramaticales y la estructura sintáctica (las preposiciones, los morfemas de caso…) son los del quechua. Es, por lo tanto, una de las llamadas lenguas híbridas, que son muy poco comunes. A continuación podemos ver algunos ejemplos que muestran cómo funciona la combinación entre ambas lenguas: Español: Vivo en Quito. Quechua: Quitu-pi causa-ni Media Lengua: Quitu-pi vivi-ni Español: Como pan Quechua: tanda-ta micu-ni Media Lengua: pan-ta cumi-ni La tercera y última sesión comenzó tras un descanso en el que pudimos coger fuerzas, gracias a la merienda que nos esperaba fuera. Nos esperaba una sesión dedicada al palenquero, lengua hablada en San Basilio de Palenque, Colombia, por descendientes de esclavos cimarrones. 8
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