SINTESI DELLA TRACCIA PER IL CAMMINO VERSO IL 5° CONVEGNO ECCLESIALE NAZIONALE IN GESÙ CRISTO IL NUOVO UMANESIMO Sintesi della traccia per il cammino verso il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale Premessa Il testo della Traccia - elaborato dal Comitato Preparatorio del Convegno di Firenze presieduto da Mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino - è uno strumento con il quale si invitano le Chiese locali a “rileggere” la propria esperienza di fede a partire dal tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo” e ad offrire testimonianze, suggerimenti, sollecitazioni che rendano il cammino verso il Convegno veramente un “convenire insieme”. Si divide in quattro parti, di cui le prime due contengono una sintesi dei contributi già pervenuti dalle diocesi relativamente al tema in oggetto e al contesto storico in cui esse si trovano ad operare. Parte prima: Il “di più” dello sguardo cristiano Che cosa è emerso dalle Chiese locali relativamente al tema? Il tema è stato giudicato cruciale e insieme problematico: cruciale, perché vuole rimettere a fuoco la novità e integralità dello sguardo cristiano sull’uomo rispetto alla cultura del nostro tempo; problematico, perché contiene dei rischi, dei pericoli, che è necessario evitare tenendo presenti alcune raccomandazioni. 1. Rischio di parlare dell’uomo in modo astratto, teorico, prescrittivo (come di un “dover essere” dell’uomo di là da venire). La prima raccomandazione perciò è che si parta dal vissuto, dall’ascolto di quello che già c’è, che è in atto (umanesimo in ascolto e concreto) e che si colgano non solo le difficoltà incontrate, ma soprattutto il “di più” di umanità, la bellezza che si sprigiona dalle esperienze di fede. 2. Rischio di parlare dell’uomo in modo monolitico, come se ci fosse un modello unico di uomo in Cristo. La seconda raccomandazione pertanto è che si presenti l’umanesimo cristiano come un umanesimo plurale e prismatico (in Cristo trovano pari dignità il vecchio e il giovane, il sano e il malato, l’italiano e l’immigrato...) secondo l’immagine di don Puglisi per il quale ogni uomo è come uno dei tanti vetrini che compongono il volto del Cristo Pantocratore del mosaico di Monreale. 3. Rischio di parlare dell’uomo in modo settoriale e parziale. La terza raccomandazione perciò è che si presenti un umanesimo integrale, che richieda una “pastorale integrata” e sottolinei la componente trascendente, divina dell’uomo, avendo come modello Cristo, pienamente uomo perché pienamente Dio. Parte seconda: Lo scenario dell’annuncio del Vangelo Che cosa è emerso dalle Chiese locali relativamente al contesto storico in cui si trovano ad operare e ad annunciare il nuovo umanesimo in Cristo? E’ emerso un contesto complesso di luci e di ombre, nel quale, se da un lato emerge una drammatica “crisi dell’umano” manifestantesi in varie forme, dall’altro permangono e si rafforzano segni visibili di “difesa dell’umano”. Alcuni esempi: - da un lato c’è una forte crisi economica gravida di dolorose conseguenze; dall’altro sta riemergendo all’interno delle famiglie una solidarietà intergenerazionale che si era persa (nonni e genitori che aiutano i figli); l’approccio ai consumi è diventato più sobrio; si tentano esperienze innovative di imprenditorialità giovanile che ripartono dalla terra... - da un lato ci sono i fenomeni drammatici delle guerre e dei flussi migratori; dall’altro ci sono tanti uomini che offrono splendidi esempi di accoglienza e solidarietà… - da un lato c’è tanta corruzione e illegalità; dall’altro si avverte sempre più nettamente che la legalità è un bene comune da tutelare… - da un lato la scuola presenta tanti problemi; dall’altro ci sono molte persone che si dedicano con passione e competenza alla crescita dei giovani… - da un lato c’è una cultura “liquida”, priva di riferimenti certi, che crea tanta confusione soprattutto tra i giovani; dall’altro i giovani continuano ancora oggi a desiderare certezze, significati, relazioni... Parte terza: Le ragioni della nostra speranza La terza parte entra nel vivo del tema presentando la figura di Gesù come “ragione della nostra speranza”. In Gesù Dio si è fatto uomo, accogliendolo e amandolo soprattutto nella sua fragilità: fisica (vedi i malati, gli storpi, i ciechi, i lebbrosi), sociale (i poveri, gli emarginati, le persone più umili), morale (pubblicani, prostitute); esistenziale (folle sbandate come pecore senza pastore). Fino ad assumere la condizione umile e umiliata del condannato. Pur privilegiando la fragilità, tuttavia, quella del cristianesimo non è una visione vittimistica dell’uomo, ma vincente: in Gesù, crocifisso e risorto, ogni uomo ferito, rifiutato, scartato è più uomo, abbracciato “nella figliolanza del Figlio” dal Padre. L’umanesimo cristiano è dunque un umanesimo segnato dal paradosso: non è quindi immediatamente evidente e bisogna scoprirlo, individuarlo dentro le pieghe e le piaghe della storia. Implica un cammino e un lavoro di discernimento. Parte quarta: La persona al centro dell’agire ecclesiale La quarta parte si concentra sul rapporto tra Chiesa e uomo (“via della Chiesa” come lo ha definito Giovanni Paolo II): la Chiesa deve rimanere fedele all’umanità per rimanere fedele al Dio di Gesù Cristo. Vengono date cinque indicazioni: 1. Uscire verso quelle “periferie esistenziali” che sono gli “ambienti da noi quotidianamente abitati”: la famiglia, la scuola, il lavoro, la città, i mezzi di comunicazione, i poveri. Lì occorre ascoltare, prendere sul serio le domande delle persone, averne cura con gesti di tenerezza, attenzione, buona umanità. 2. Annunciare, aiutando a chiarire dentro le tante domande delle persone, la domanda di fondo di cui Cristo è risposta. 3. Abitare il proprio territorio, con una presenza che si esprima anche in opere caritative, culturali, educative. 4. Educare: azione centrale nella costruzione della persona e del nuovo umanesimo. 5. Trasfigurare la propria azione con la preghiera, i sacramenti e la vita liturgica, affinché essa non si riduca ad attivismo o generico umanitarismo. Occorre che ognuno risponda personalmente alla domanda che ancora Gesù rivolge “E voi chi dite che io sia?”. Perché “il Vangelo non si diffonde se gli annunciatori non si convertono”. Domande 1. Le nostre comunità vivono intensamente l’Eucaristia, l’ascolto della Parola, la preghiera, la comunione e la testimonianza? 2. Sono luoghi in cui la nuova umanità in Cristo si manifesta al mondo? Sono in grado di esprimere, con umiltà ma anche con fermezza, la propria fede nello spazio pubblico? 3. Sanno trasmettere una predilezione per i poveri e una passione per l’educazione dei giovani? 4. Le nostre liturgie sono capaci di parlare al popolo, che le celebra ancora numeroso, dentro la cultura di oggi? 5. Come introduciamo alla fede un popolo molteplice per provenienza, storia, culture?
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