In Italia EURO 1,40 LUNEDÌ 3 MARZO 2014 ANNO 53 - N. 9 9 771120 498008 40 3 0 3> Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821 Servizio Clienti - Tel 02 63797510 Del lunedì Roma, Piazza Venezia 5 Tel. 06 688281 www.corriere.it Addio al regista Resnais, il principe della Nouvelle Vague Il caso Oggi su Processo Pistorius E la tv diventa giudice Previdenza Pensioni più basse: quanto perdiamo di Giuseppina Manin e Paolo Mereghetti a pagina 31 di Aldo Grasso a pagina 20 di Roberto E. Bagnoli e Domenico Comegna nell’inserto CorrierEconomia LE CAUSE (POLITICHE) DELLA DECRESCITA Ucraina Richiamati i riservisti. L’ipotesi di escludere Mosca dal G8 spacca gli europei. Cauta anche l’Italia IL CONSENSO A CARO PREZZO Kiev ha paura, Occidente diviso di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA Gli Usa accusano la Russia, ma Berlino frena: Putin vuole dialogare Q Dopo le minacce russe, l’Ucraina richiama i riservisti. Accuse americane a Mosca, ma Berlino frena e l’Occidente si divide. Cauta l’Italia. Putin apre al dialogo. DA PAGINA 2 A PAGINA 5 CONTINUA A PAGINA 28 Giannelli NOI TRA IPOCRISIA E INDIFFERENZA di ANGELO PANEBIANCO L’ Ucraina è solo a un passo dall’invasione russa. È la più grave crisi europea del post Guerra Fredda dopo le guerre iugoslave dei primi anni Novanta e promette, quale che sia il suo esito, di rimodellare in profondità gli equilibri del Vecchio Continente. History is again on the move, la storia è di nuovo in movimento: la formula dello storico britannico Arnold Toynbee ci ricorda che le grandi crisi internazionali hanno la proprietà di rimettere in discussione le credenze e gli automatismi mentali che, in tempi normali, guidano le nostre scelte, e anche le CONTINUA A PAGINA 28 nostre non-scelte. di FRANCESCO BATTISTINI di GIUSEPPE SARCINA A O una a una, le basi s’arrendono. La mossa, sacrificare la Crimea A PAGINA 3 per salvare l’Ucraina. ltre confine si muovono i soldati del Cremlino e a Donetsk si invocano i «fratelli russi». A PAGINA 4 Tariffe, consumi e contatori: cosa cambia di STEFANO AGNOLI V Il Milan spreca, la Juventus vola di FABIO MONTI e MARIO SCONCERTI U n Milan ben disposto in campo da Seedorf ma sprecone mette in soggezione la Juventus nella prima metà della partita, ma i bianconeri vanno in rete nel finale del primo tempo e vincono 2-0 con un grande gol di Tevez dopo quello di Llorente (nella foto), aumentando il vantaggio sulla seconda SERVIZI, COMMENTI E PAGELLE NELLO SPORT DA PAGINA 34 A PAGINA 39 in classifica, la Roma, e ipotecando lo scudetto. di PAOLO DI STEFANO A PAGINA 28 A PAGINA 17 Bardesono Nell’Est che invoca l’intervento armato L’energia e le famiglie: le bollette di luce e gas in una sola pagina La movida spirituale del vescovo a parrocchia di San Salvario, il quartiere multietnico di Torino, sabato sera ha aperto le porte per una «movida spirituale». La chiesa è rimasta deserta, e l’arcivescovo Cesare Nosiglia ha deciso di andare in strada per incontrare i giovani della notte nei pub, nei caffè, nei ristoranti della zona. Se i ragazzi non vanno alla Chiesa, la Chiesa va ai ragazzi. È il nuovo corso pastorale suggerito da papa Francesco. Le truppe in Crimea si sono già arrese I bianconeri vincono 2-0 e vedono lo scudetto Torino Notte in strada tra i giovani che disertano la chiesa aperta L I reportage EPA / ALEXEY FURMAN rato un preannuncio simbolicamente esemplare ciò che a cominciare dagli anni Ottanta avviene del rapporto debito/Pil: da circa il 60 per cento nel 1979 si passa in un solo decennio al 90, per arrivare nel 1992 al 105 per cento. Che cosa è successo per giustificare la drammatica inversione avutasi nello sviluppo italiano? In queste pagine si danno parecchie spiegazioni (poche grandi imprese, mancato inserimento nell’imponente rivoluzione tecnologica e dei servizi di fine Novecento, aumento eccessivo del costo del lavoro, eccetera), ma se ne affaccia di continuo, mi sembra, una in particolare, benché mai sviscerata fino in fondo. Vale a dire che in Italia ciò che è venuto meno non è qualcosa che attiene direttamente all’economia, ma è piuttosto una generale «capacità sociale di crescita» (Toniolo). Diviene allora impossibile non collegare il ciclo economico a quello politico, e chiedersi se negli Anni 70/80, data di inversione del primo, non sia cominciato ad accadere anche nel secondo qualcosa di significativo che possa essere messo in relazione con esso. Ebbene, questo qualcosa è senz’altro accaduto, e si chiama avvento di un consenso elettorale ad alto tasso di contrattazione. Mi spiego: fino a quegli anni il voto appare in gran parte determinato da forti motivazioni di appartenenza ideologica. Il voto mobile, cosiddetto d’opinione, è piccola cosa, e specialmente lo spostamento da uno all’altro dei due grandi blocchi elettorali — democristiano e comunista — è decisamente limitato dalla natura del Pci quale partito sostanzialmente delegittimato a governare. AP / ANTONIO CALANNI ual è la causa profonda della crisi italiana, che ormai sappiamo bene essere una crisi niente affatto congiunturale? Un filo per imbastire una risposta adeguata lo si trova leggendo i saggi di un volume curato da Gianni Toniolo — L’Italia e l’economia mondiale dall’unità a oggi — e pubblicato nella bella collana storica della Banca d’Italia. Come spesso capita, la prospettiva dei tempi lunghi, soprattutto centrale nel saggio introduttivo del curatore, serve a far vedere meglio le cose. All’incirca verso il 1990 lo sviluppo del nostro Paese aveva più o meno raggiunto quello dell’Europa occidentale. Un’impresa ragguardevolissima, se si considera che solo un secolo prima rispetto a quella parte del continente non eravamo ancora usciti dalla decadenza secolare che ci aveva colpito dalla fine del Cinquecento. Ma dai primissimi del Novecento sopraggiunge una crescita sostenuta e pressoché costante, divenuta impetuosa a cominciare dalla Grande Guerra alla fine degli anni Venti e quindi nel trentennio 1950-1980, durante il quale diminuirono anche — e non di pochissimo — la distanza tra Nord e Sud e la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza tra i gruppi sociali. Da allora, invece, se non proprio un precipizio, quasi. Basti dire che il rapporto tra il Prodotto interno lordo pro capite italiano e quello degli Usa è tornato nel 2010 ai livelli del 1973. In questo secolo, insomma, la nostra crescita è semplicemente inesistente, e da un certo punto in poi inizia addirittura una decrescita. Un deterioramento complessivo di cui può essere conside- Anna Maria Tarantola Il presidente Cir «Con più donne la nostra Rai sarà un modello per la parità» «Sorgenia è una questione aziendale e non politica» di MARIA SILVIA SACCHI A PAGINA 21 di RODOLFO DE BENEDETTI A PAGINA 12 con un articolo di Fabrizio Massaro errà realizzata quest’anno una prima selezione del contatore «superintelligente»: si tratta di un sistema in grado di tenere insieme i conti di gas, luce, acqua e magari teleriscaldamento. È il futuro remoto: ma dalle prossime settimane, per le famiglie e i consumatori, scatterà la «bolletta 2.0», capace di sostituire le sette-otto pagine spesso incomprensibili e pesanti, alle quali gli italiani sono ormai abituati. Un solo e sintetico foglio formato A4 che conterrà tutto l’essenziale in una o due facciate: anagrafiche, spesa e dati per cambiare operatore. A PAGINA 13 I sottosegretari Gentile resiste: le accuse? Soltanto fango di CACCIA e PICCOLILLO ALLE PAGINE 8 E 9 Quei guardiani del ministro sulla giustizia di LUIGI FERRARELLA A PAGINA 8 2 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Primo Piano # Guardia Soldati ucraini al cancello della base di Perevalnoye, in Crimea (Ap) Ucraina La crisi DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK — «Non ci si comporta nel Ventunesimo secolo come se fossimo nel Diciannovesimo, invadendo un altro Paese sulla base di pretesti fabbricati ad arte: quello della Russia è un incredibile atto di aggressione». Nelle parole pronunciate ieri dal segretario di Stato c’è tutta la volontà americana di dimostrare che, anche se non reagirà militarmente, Washington userà tutto il suo peso per cercare di isolare politicamente ed economicamente Mosca, dopo l’invasione della Crimea. Kerry volerà domani a Kiev in segno di appoggio al nuovo governo,mentre Obama nella notte ha sentito i leader di Regno Unito, Germania e Polonia per tentare di concordare una linea comune. La Casa Bianca ha sottolineato anche che gli Usa lavoreranno con i partner per fornire all’Ucraina tutto il sostegno economico di cui ha bisogno. A una richiesta esplicita circa una possibile reazione affidata al Pentagono, cioè l’uso della forza, comunque, il capo della diplomazia Usa ha risposto che «tutte le opzioni sono sul tavolo del presidente Obama». Ma nelle parole di Kerry c’è anche la sorpresa, lo sbigottimento di Washington per un attacco che i servizi di intelligence non avevano previsto e che non era una delle opzioni considerate praticabili dal pur aggressivo Vladimir Putin. Non è stato così e adesso gli Stati Uniti si chiedono come rispondere all’invasione e alle richieste di aiuto che arrivano da Kiev. Sono diverse le reazioni po- Pressioni Usa su Putin Germania alla ricerca di una via per il dialogo La Casa Bianca studia le possibili contromosse «Aiuteremo l’Ucraina». Kerry domani a Kiev litiche ed economiche allo studio, mentre nessuno pensa davvero a iniziative militari. Ma anche le rappresaglie politiche più blande — la cancellazione del G8 previsto per l’inizio di giugno a Sochi o addirittura l’espulsione di Mosca da questi vertici internazionali — rischiano di avere effetti gravi, fortemente destabilizzanti: oltre a compromettere i rapporti UsaRussia anche su altri tavoli sui quali Putin ha fin qui svolto un ruolo costruttivo, dall’isolamento dell’Iran sul nucleare all’Afghanistan, fino allo smantellamento dell’arsenale chimico di Assad in Siria, comincia a delinearsi una spaccatura tra gli alleati europei. Se Francia e Gran Bretagna sono per ora orientate a seguire gli Usa sulla linea dura e hanno già anche loro sospeso i lavori preparatori del G8, il nuovo ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier ha detto ieri che i tra i partner europei ci sono punti di vista diversi su questa questione. E ha aggiunto che Berlino considererebbe molto rischiosa l’esclusione di Putin dal G8 perché questi vertici rappresentano l’unica occasione di confronto permanente dell’Occidente con la Russia. Più tardi il governo tedesco ha reso noto che Putin avrebbe accettato una proposta della cancelliera Angela Merkel per un «gruppo di contatto» incaricato Le posizioni Linea dura di Usa Francia, Gb e Canada Gli Usa minacciano di boicottare il G8 di Sochi e l’espulsione di Mosca dal club. Su questa linea Francia, Gb e Canada La Germania frena e «tratta» con Putin A frenare sull’ipotesi di un’esclusione di Mosca dal G8 è la Germania che prosegue le consultazioni con Putin Roma chiede soluzioni alla crisi Per l’Italia è «inaccettabile» la violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina, Mosca deve dialogare di avviare «un dialogo politico» sull’Ucraina. L’atteggiamento italiano — condanna dell’invasione ma anche invito al dialogo Mosca-Kiev — sembra più vicino a quello tedesco che all’asse franco-britannico. Un rischio di spaccatura che preoccupa Washington e anche la Nato il cui capo, il danese Anders Fogh Rasmussen, è sceso in campo ieri per accusare la Russia di «minacciare la pace e la sicurezza in Europa» con l’invasione di una parte dell’Ucraina che «viola i principi delle Nazioni Unite». Rasmussen spera ancora che Mosca si fermi e avvii, anzi, un processo di «de-escalation» delle tensioni che «consenta di disinnescare questa situazione pericolosissima». In questa direzione dovrebbe andare la proposta della Nato di inviare in Ucraina una missione di osservatori sotto l’egida del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite o dell’Osce, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. In realtà di opzioni a diposizione gli americani non ne hanno molte: devono agire per contrastare l’immagine di impotenza che si diffonde nel mondo davanti alla sfida aperta di Putin e del Parlamento russo che ha autorizzato l’invasione dell’Ucraina dopo il monito del presidente americano che aveva minacciato serie conseguenze. Ma, a parte il G8, la politica offre poco: la denuncia della Russia davanti all’Onu, ma di certo non arriveranno condanne dal Consiglio di Sicurezza dove Mosca ha diritto di veto. L’unico vero effetto sarà quello dell’isolamento oggettivo di una Russia che coi suoi attacchi torna a essere un vicino pericolo e inaffidabile per tutti i Paesi alle sue frontiere. Ci sono, poi, le rappresaglie economiche — sanzioni, blocco dei patrimoni russi all’estero, accordi commerciali congelati — ma sono complesse e avrebbero conseguenze ancor più pesanti. E quelle militari, ancor più dirompenti, fino al dispiegamento di nuove batterie di missili antimissile nell’Est europeo chiesto dal repubblicano John McCain. Guarda il video con una chiamata gratuita al +39 029 475 48 50 Assedio Truppe ucraine trasportano materassi nella base di Perevalnoye 1 milione I riservisti richiamati alle armi dalle autorità di Kiev dopo che Mosca ha inviato i suoi soldati in Crimea Massimo Gaggi © RIPRODUZIONE RISERVATA A Kiev I parenti ricordano i morti in piazza Maidan (Ap) Roma Differenze di tono con gli Usa L’Italia si allinea a Berlino Ed evita la rottura con il Cremlino ROMA – L’Italia si muove di concerto con gli alleati europei e atlantici nella crisi ucraina e segue «con costante attenzione ed estrema preoccupazione gli sviluppi della situazione in Crimea». Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha presieduto ieri a Palazzo Chigi una riunione d’emergenza, cui hanno partecipato il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, quello della Difesa, Roberta Pinotti, il sottosegretario Marco Minniti e il direttore dei servizi Giampiero Massolo. Il governo italiano, recita una nota diffusa al termine dell’incontro, «si associa alle pressanti richieste della comunità internazionale affinché sia rispettata la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina» Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 3 Primo Piano # Un Paese diviso Popolazione ucraina russofona RUSSIA meno del 20% Ucraina: dal 20 al 50% oltre il 50% 45 milioni di abitanti Kharkiv Kiev Donetsk UCRAINA RUSSIA Leopoli MOLDOVA Crimea Odessa ROMANIA Mar Nero Sebastopoli La regione più contesa Basi aeree 161 aerei ed elicotteri 388 navi e sommergibili Basi navali CRIMEA: 2 milioni di abitanti Superficie 26.000 km quadrati (poco più della Lombardia) Popolazione Crimea Feodosia Tatari 12,1 Altri 5 Russi 58,5 Gvardeyskaya Kacha Sebastopoli Balaklava Il reportage Simferopoli Parlamento e uffici governativi Yalta % Ucraini 24,4 Kiev richiama un milione di riservisti da affiancare ai 100 mila soldati della quinta armata d’Europa In Crimea le truppe si arrendono ai russi Il capo della Marina passa con Mosca SINFEROPOLI (Ucraina) — E’ un pdf protocollato 4336, data 02/03/2014. In cirillico. Firmato dal nuovo capo della Difesa ucraina. Riprende le proposte del deputato Sarubi, il barricadiero di Maidan. Alle 12.08, lo spediscono da Kiev al Comando generale delle forze armate ucraine in Crimea: pomposamente, al luogo dove si studiano le strategie sul campo per tamponare l’invasione russa; prosaicamente, in un ufficio sbarrato ai curiosi su via Subhi, sul marciapiede davanti il bazar degli stracciaioli e un poliziotto che ramazza, «oggi è domenica e a parte le riunioni d’emergenza, qui non c’è nessuno…». Il documento, avanti marsch, s’intitola: «Settore di registrazione dell’accordo. Risoluzione. Indicazioni per le operazioni militari e di altri gruppi a difesa dell’Ucraina». Otto punti. Primo, «la resistenza si prepara in modo segreto» (seguono dettagli e suggerimenti tattici…). Due, «l’addestramento delle forze non militari a disposizione sarà, con discrezione, di competenza dei comandanti territoriali» (s’allega l’elenco delle strutture messe a disposizione…). Tre, «il Consiglio dei ministri sostiene finanziariamente ogni iniziativa utile alla difesa» (più sotto, le spese urgenti…). Quattro, «protezione dei diritti dei cittadini e dell’unità territoriale...». Segretezza, silenzio… Carta straccia. La guardia è già bassa, s’ammaina il bicolore. A una a una, le basi s’arrendono. L’unico ordine è di non sparare. L’unica mossa, sacrificare la Crimea per salvare l’Ucraina. Tutti gli ufficiali delle guardie di frontiera finiscono agli arresti dei russi. Tre accerchiamenti e molte rese: a Sudak, sulle rampe missilistiche di Sebastopoli, la 36ma e la 39ma Brigata di artiglieria, negli hangar che riparano i caccia Su27… La quinta armata d’Europa si squaglia come un esercito di Franceschiello: pochi marò di Putin e la regione è subito presa. «Fate vedere come ci trattano!», twittano ai giornalisti i cadetti all’accademia militare Nachikov che promettono di tentare, almeno loro, una piccola resistenza. E’ un’occupazione ottocentesca, dice il segretario americano Kerry: l’epica dei social network cita il grido «resisteremo fino alla morte!» d’un piccolo contingente, il 36mo, assediato a Perevalnoye sulla strada per Yalta. Ma è tutto lì: non si spara, ci si ripara. «La cosa positiva è che la nostra Marina difende Balaklava!», è sicuro il deputato Dimitri Bilozerkovic, di Euromaidan: passano quattro ore e i russi dicono che dieci navi nemiche sono già salpate da Kerk e Sebastopoli, rotta su Odessa e Mariupol. L’ammiraglio Denis Berezovski, comandante della flotta del Mar Nero nominato soltanto venerdì, diserta addirittura con una conferenza stampa. Giurerà fedeltà al Esteri La ministra Federica Mogherini e considera «del tutto inaccettabili» eventuali violazioni di tali principi. Con questo obiettivo, l’Italia «rivolge alla Russia un forte appello a evitare azioni che comportino un ulteriore aggravamento della crisi e a perseguire con ogni mezzo la via del dialogo». Ma allo stesso tempo, il nostro Paese «esorta le autorità di Kiev a promuovere ogni sforzo volto alla stabilità e alla pacificazione del Paese, nel rispetto della legalità e della tutela delle minoranze». Dal comunicato di Palazzo Chigi traspare in modo evidente la preoccupazione di mantenere un certo equilibrio nei confronti di Mosca, lasciando aperta a Vladimir Putin la strada della diplomazia. La messa in guardia indirizzata al Cremlino sul pieno rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, si accompagna infatti all’invito, questo rivolto a Kiev, a lavorare per la conciliazione nazionale e tutelare i diritti delle minoranze, il che significa i cittadini di etnia russa. E’ il riconoscimento implicito che Putin, le cui azioni e minacce vanno condannate, respinte e fermate, abbia però dalla sua un argomento fondato, quando lancia l’allarme sullo status della minoranza russofona in Ucraina. E’ una linea, quella indicata dal governo italiano, che trova riscontro in tutte le cancellerie europee. Ieri Matteo Renzi lo ha constatato personalmente, nelle due telefonate con la Bundeskanzlerin Angela Merkel e con il Presidente francese François Hollande. DAL NOSTRO INVIATO nuovo governo filorusso di Sinferopoli. Non gl’importa di finire sotto processo: chiede ai suoi uomini di seguirlo. Si richiamano i riservisti. Un milione subito. E quattordici milioni sotto i 40, se sono sani e servirà. Esercito di Pulizie Un palazzo governativo in Crimea con uomini armati filorussi popolo, da affiancare a 100 mila soldati di professione e ai 50 mila della naja: «Questa non è la Georgia – scrive la rivista strategica Jane’s – e senz’armi moderne, l’unico modo per contrastare Putin è trascinarlo in un conflitto non limitato alla penisola, ma su un territorio vastissimo. Dove il numero di truppe conta». La disfatta di Crimea sciocca Kiev: com’è stato possibile? Il vuoto di potere, la cacciata dei vecchi generali legati a Yanukovich. E poi la sfortuna d’un infarto che venerdì ha colpito il nuovo capo delle forze armate, Ilyin, sostituito in corsa. In vent’anni, nessuno ha rinnovato gli arsenali: anzi, si gira ancora coi Bmp-1 dell’era sovietica. C’è qualche tank fatto in casa, ma chi ha seguito le missioni internazionali sa che i contingenti ucraini non hanno mai brillato per efficienza: a Sarajevo, furono pure scoperti in un traffico di prostitute e il contributo, in Libia o in Afghanistan, non è memorabile. La Nato tentò un addestramento, ma Yanukovich fermò tutto. I piloti hanno poche ore di volo. «E’ colpa del precedente regime – dice il premier Yatseniuk – , ha volutamente indebolito le nostre forze armate». Nella Penisola, sono di stanza quindicimila uomini. Ufficialmente. Perché al momento dell’invasione, nelle basi ce n’era la metà. Perché ai ragazzi di Soprattutto nella declinazione tedesca, è una linea che si segnala per la differenza di tono, rispetto a quella dura dell’Amministrazione americana. Il ministro degli Esteri di Berlino, Franz Walter Steinmeier, l’ha riassunta ieri bocciando l’ipotesi di escludere la Russia dal G8 come prima misura di rappresaglia nei confronti del Cremlino. Il vertice dei Paesi industrializzati, così Steinmeier, «è l’unico foro di dialogo nel quale l’Occidente parla direttamente con Mosca». Molto attiva anche la titolare della Farnesina, che ieri ha parlato proprio con Steinmeier, reduce da una visita di due giorni a Washington. E sempre di Ucraina, Federica Mogherini aveva discusso il giorno prima nella conference call con il segretario di Stato Usa John Kerry, Lady Ashton per l’Unione europea e i ministri degli Esteri di Francia, Due fronti Roma chiede a Mosca di rispettare la sovranità dell’Ucraina. Ma esorta anche Kiev a promuovere la pace La Farnesina La neoministra Mogherini dovrebbe essere a Parigi, mercoledì, per un incontro con il russo Lavrov Crimea è concesso di fare la naja sotto casa. E perché sono quasi tutti filorussi. Quando arriva Golia, Davide non ha nemmeno il tempo di prendere il sasso: sta davanti alla tv, da mamma, dorme, si volta dall’altra parte con una scusa, insomma non c’è… Non sono mancati i sabotaggi. In una base sul mare, la convivenza è tesa ma cordiale: dopo due giorni d’occupazione, i russi hanno chiesto ai colleghi ucraini rimasti dentro se potevano usare il wc. Senza esercito, si prepara il popolo. «C’è un po’ d’esaltazione – prevede l’ex ambasciatore Usa, Steven Piefer –, molti sognano già d’imitare il nonno Convivenza Dopo due giorni di occupazione i russi chiedono ai colleghi ucraini rimasti alla base se possono usare il wc che combatteva i comunisti». Comitati di difesa organizzati dall’ultradestra di Pravi Sektor, pronti a scendere da Kiev. Le mamme tatare che vanno davanti alle basi e fanno da scudi umani. Il loro leader radicale, intervistato ieri dal Corriere, che il ministro filorusso ora accusa d’organizzare «ronde terroristiche». Qualche pensionato antirusso si ritrova a Sinferopoli, dietro il monumento del poeta Tara Shevchenko. Un manipolo. Scrivono su un cartello un detto della Crimea: è l’uccello più veloce che prende il verme, non il più grande. Ce n’è da volare. Francesco Battistini © RIPRODUZIONE RISERVATA Gran Bretagna, Turchia e Polonia. Per il capo della nostra diplomazia si apre una settimana molto intensa. Mogherini sarà oggi a Bruxelles, dove i ministri degli Esteri dell’Ue dedicano una seduta straordinaria alla crisi della Crimea. Il giorno dopo, ma non c’è ancora alcuna conferma, anche la Nato potrebbe tenere una sessione d’emergenza del Consiglio Atlantico. Mercoledì Mogherini dovrebbe essere a Parigi, per un incontro programmato da tempo dell’International Support Group sul Libano. Una riunione di routine, ma che potrebbe diventare importante se fosse confermata la presenza di Sergei Lavrov, il ministro degli Esteri russo. Paolo Valentino © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Primo Piano # Ucraina La crisi Il reportage Nell’Est che invoca i «fratelli russi» Sulla piazza di Donetsk si raccolgono le firme per chiedere l’intervento E oltre confine si muovono come ombre 150 mila soldati del Cremlino DAL NOSTRO INVIATO DONETSK — Oggi potrebbe essere il giorno. Appuntamento alle 12 in piazza Lenin e nel viale Krusciov. I controrivoluzionari di Donetsk torneranno davanti al palazzo del governo regionale che hanno occupato sabato scorso, issando il tricolore russo sul pennone più alto. Oggi si potrebbe capire fin dove vuole (o può) spingersi il leader del movimento, Pavlo Hubarev, uomo d’affari del giro di Viktor Yanukovich e ora capo della «Milizia del Donbass». Sabato scorso la piazza invasa dalle bandiere russe lo ha proclamato Governatore voluto dal popolo, seguendo l’esempio della Crimea. La domenica è filata via senza incidenti. Nel primo pomeriggio, sotto la statua di Lenin si sono ritrovati non più di due-tremila manifestanti. Poca cosa rispetto ai venti, forse trentamila di sabato scorso. Hanno piazzato qualche tavolino con un foglio di carta da firmare: una petizione indirizzata direttamente a Vladimir Putin, anzi una richiesta di intervento militare per «salvare» l’Ucraina dai «fascisti» di Kiev. E’ quasi notte. Nella piazza, a tenere compagnia al rivoluzionario bolscevico restano solo due gazebo verdi, una bandiera rossa con falce e martello, due tricolori russi. A centro metri sul lato opposto l’edificio neoclassico del ministero delle Miniere è molto più allegro, con cinque gigantesche luminarie a forma di comete: coda blu, stella gialla. I colori dell’Ucraina, scelti per mettere insieme il cielo e il grano. Due strade in più là, dietro il teatro dell’Opera, lungo il viale Krusciov, otto agenti della milizia e una macchina della polizia sorvegliano da lontano le macchie nere che si muovono intorno a un bidone fiammeggiante, davanti alla se- Dimitry Medvedev «Yanukovich è il leader legittimo» MOSCA — «Il presidente Yanukovich non ha più autorità ma questo non nega il fatto che sia, per la Costituzione dell’Ucraina, il Capo di Stato legittimo». Lo ha scritto ieri su Facebook il premier russo, Dimitry Medvedev. «Se lui è colpevole — ha aggiunto Medvedev nel suo post riferendosi a Yanukovich — la Costituzione prevede che prima bisogna dichiarare l’impeachment e giudicarlo. Tutto il resto è illegalità. E questo significa che il nuovo ordine sarà estremamente instabile e ci potrebbe essere un nuovo colpo di Stato e nuovo sangue. La Russia ha bisogno di una Ucraina forte e stabile. Un partner prevedibile ed economicamente benestante». de del Governatorato locale: un blocco enorme plasmato secondo i canoni dell’architettura razionalista. Sulle due gigantesche colonne di cemento armato svettano le bandiere della regione e quella russa. Il tricolore di Mosca copre anche la vetrata di ingresso. Vlad è l’unico che parli un po’ di inglese. Ha 42 anni, produce e vende medaglie: minuto, barba in arretrato, giacca militare. Ma non ha nulla di marziale: «Stiamo proteggendo il nostro territorio, lo faremo fino alla vittoria». Ama la Russia, ma dice che i «veri» ucraini sapranno difendersi da soli. Per il momento qui non c’è nulla che ricordi neanche in miniatura i giorni di Maidan, nella capitale. Tre tende da campeggio e anche malmesse: non più di venti militanti. Si vedrà oggi. «Riempiremo questo viale e la piazza Lenin». Vlad e gli altri ne sono sicuri. Per intanto si allontano per strappare qualche ramo nei dintorni e alimentare il fuoco. A Donetsk, come a Kharkiv, nell’est profondo del Paese, è inevitabile fare anche altri calcoli. Ci sono ombre russe alle porte di queste città. Ombre che hanno il profilo minaccioso dei 90 Mig, dei 120 elicotteri da combattimento, degli 880 carri armati, dei 1.200 pezzi di artiglieria pesante e delle 80 navi che hanno partecipato a un’esercitazione straordinaria il 26 febbraio (all’indomani della vittoria di Kiev) per ordine del Presidente e del Supremo Comandante in Capo (le maiuscole sono obbligatorie) Vladimir Putin. Una forza complessiva di 150 mila soldati usciti dalle basi Sud-occidentali russe e che sarebbero ancora in movimento lungo il corridoio a ridosso della frontiera ucraina. E Donetsk dista 90 chilometri da quel confine e 700 da Kiev. Non occorre aggiungere altro. Che fare allora? Una domanda d’obbligo in Piazza Lenin. Aspettare l’armata di Putin? Proclamare una secessione di fatto? O, semplicemente, continuare a gridare? Ombre russe alle porte di una città che sembra più stordita che in allarme. Anche i simpatizzanti di Maidan (e ce ne sono) non si fanno vedere. I leader locali hanno chiesto a tutti di restare a casa, di non raccogliere «provocazioni», probabilmente obbedendo alle raccomandazioni inviate dalla capitale. L’aeroporto è libero e discretamente affollato. Non si vedono presidi militari lungo le arterie principali o agli incroci. Il centro è pulito, con le luminarie sugli alberi nei viali, sulle facciate dei teatri e dei ristoranti. La gente pare preoccuparsi soprattutto del freddo e accelera il passo per rientrare. Donetsk non è Kiev, ma non è neanche la Crimea. L’etnia russa copre il 48 per cento su un Strappo Rinat Akhemtov, l’uomo più ricco del Paese e di fatto «il proprietario» di Donetsk, ha rinnegato il sodalizio con Yanukovich Tricolore La bandiera di Mosca svetta sulla vetrata d’ingresso del Governatorato locale, enorme struttura in cemento armato milione di abitanti; quella ucraina il 46 per cento. Le altre minoranze, dai tatari ai bielorussi, aggiungono qualche sfumatura. I sentimenti di amicizia, di condivisione con il potente vicino toccano anche una parte degli ucraini, così come l’indipendenza di Donetsk, della regione è motivo di orgoglio anche per gli abitanti russi. Non è facile per gli europei. Ma non è semplice neanche per Putin. Proprio in questi giorni, per altro, il numero uno del Cremlino ha dovuto incassare una diserzione clamorosa. Rinat Akhemtov, l’oligarca più potente e l’uomo più ricco del Paese, ha rinnegato in modo clamoroso il sodalizio d’affari con Viktor Yanukovich. «Non ho affari in comune con lui e la sua famiglia», ha dichiarato. Ancora fino a metà febbraio Akhemtov controllava tra i 50 e gli 80 deputati (a seconda delle stime) sui 203 schierati con il Partito delle Regioni guidato dall’ex presidente. L’imprenditore è di fatto il proprietario materiale di Donetsk. Il tradimento dell’oligarca potrebbe avere un peso se in città e nella regione verrà il momento di schierarsi e contarsi. Fino a quando i suoi miliardi saranno custoditi nelle banche di Londra e del Principato di Monaco, Akhemtov sceglierà l’Europa. Giuseppe Sarcina © RIPRODUZIONE RISERVATA 150 mila: i soldati russi che stanno partecipando a imponenti esercitazioni militari (centinaia di carri armati in azione) in questi giorni al confine con l’Ucraina. Una prova di forza che non è certo casuale alla luce della crisi in corso Il caso Negli stadi il conflitto anticipato dai tifosi L’Ucraina sospende il campionato di calcio B.A.G. Spa DAL NOSTRO INVIATO INQUADRA IL QR CODE: NEROGIARDINI TI OFFRE IL VIDEO-MODA DIRETTAMENTE SUL TUO SMART PHONE! WWW.NEROGIARDINI.IT SINFEROPOLI (Ucraina) — Invasione di campo. Al vecchio stadio Lokomotiv del Tavrija, ventimila posti vuoti e muti, la custode Irina appende alla guardiola della palestra il calendario. I carri russi qui non si vedono, ma c’è da farci una croce che vale più del referendum di fine mese per la secessione. Di fianco alle partite, in pennarello rosso, Irina scrive tre volte «cancellata»: 8 marzo Sinferopoli-Karpati, 15 marzo Sinferopoli-Kiev, 25 marzo SinferopoliLeopoli (amichevole)… Non si gioca più. Il campionato è sospeso in tutta l’Ucraina, perché non è tempo, e soprattutto in Crimea non c’è tempo supplementare che valga: scherzi del sorteggio, i ragazzi dell’ S.C. Tavrija Sinferopoli hanno davanti partite che sono battaglie. Ordalie vere. La più filorussa delle tifoserie contro i più antirussi degli ultrà. Non c’è partita, ha deciso Lega calcio ucraina: si recupererà se si potrà, e se magari l’Ucraina non sarà slegata per sempre. A Svensson e a Neto, i gioiellini stranieri, hanno dovuto telefonare in Svezia e in Brasile. Per gli altri, non c’è stato bisogno: due o tre di loro erano andati in piazza ad applaudire le truppe russe. La guerra di Crimea, come spesso accade, è stata anticipata da quella del pallone. «Crimea Russia!», lo gridano da anni sulla curva: gli scambi di vedute con la Dinamo Kiev, e tutte le trasferte nell’ovest filoccidentale, diventano spesso campagne di Russia a bottigliate e a sprangate. Hanno avuto qualche giocatore tataro, musulmano, ma farselo piacere è un’altra cosa. Come lo storico presidente Serghei Kunitsyn, ricco oligarca che sta un po’ con Putin e un po’ con l’Europa. Dopo la rivolta di Maidan, fiutando l’aria, s’è fatto nominare subito rappresentante in Crimea del nuovo presidente di Kiev. Non aveva previsto le truppe russe: ieri mattina, sono entrate nel suo ufficio. La poltrona del club, l’aveva già persa. Francesco Battistini © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Primo Piano 5 # oli Sebastop ilim Una nave mena ss ru re ta a ieri tre entrav Sedi nel porto nel i, bastopol lla de d Su ella Crimea. N a ha in città ucra ta ot sede la Fl o di er del Mar N rtù di vi Mosca in sio rd co ac un Kiev glato con ape 92 19 l ne vato pena rinno 42 20 al o fin ) (Reuters L’intervista L’analista politico americano Charles Kupchan «Dalle sanzioni alla denuncia all’Onu: come mettere Putin con le spalle al muro» NEW YORK — «Non è una nuova Guerra fredda, ma potrebbe diventarla se, dopo la Crimea, la Russia dovesse invadere anche la parte orientale dell’Ucraina. Già così, comunque, è la crisi internazionale più grave dai tempi cupi del confronto NatoUrss lungo la “Cortina di ferro”. Una crisi che avrà conseguenze gravi per Putin — il fallimento del suo progetto imperiale di un’unione euro-asiatica per controbilanciare la Ue — ma, purtroppo, anche per il resto del mondo e gli Usa: la Russia è importante per la gestione di vari focolai di tensione, dalla Siria all’Iran all’Afghanistan. Punita e isolata, potrebbe smettere di cooperare. Un grosso problema, ma purtroppo, al punto in cui sono le cose, Obama e l’Occidente non possono fare diversamente». A differenza di altri analisti che accusano il presidente americano di aver lasciato spazio alle ambizioni neoimperiali di Putin col suo atteggiamento rinunciatario sulla scena internazionale, il celebre analista Charles Kupchan, senior Fellow del Council on Foreign Relations e docente di Affari internazionali alla Georgetown Uni- versity di Washington, è convinto che alla lunga il grande sconfitto dell’attuale fase politica sarà proprio il presidente russo. Eppure oggi si mostra sfrontato, addirittura desideroso di umiliare Obama. «La sconfitta di Putin sta tutta nella rivolta del popolo ucraino contro il leader che era stato scelto da Mosca per riportare quel Paese nella sua orbita. Ha scelto il leader sbagliato e ha fallito nei suoi sforzi diplomatici ed economici. La sollevazione dell’Ucraina è la fine del suo progetto: non può fare nessuna Unione senza l’Ucraina. E, usando la forza, ha perso ogni credibilità: non si creano organismi comuni con le minacce e la paura. L’attacco in Crimea è un gesto di rabbia: funziona tra i nazionalisti russi, lo squalifica altrove». Peggio dell’invasione della Georgia nel 2008? «Certamente sì. Allora il presidente Saakashvili aveva in una certa misura provocato Mosca e lo status di Ossezia e Abkhazia, le repubbliche occupate dai russi, aveva elementi di ambiguità. Qui invece la Crimea, benché con origini che ❜❜ Credibilità ❜❜ Compattezza È fallito il progetto di Mosca di un’unione euro-asiatica. E usando la forza il presidente ha perso ogni credibilità La spaccatura sul G8 di Sochi sarebbe grave. Mai come oggi serve compattezza tra gli alleati Nato DAL NOSTRO INVIATO affondano nella storia russa e sede di una base navale di Mosca, è parte integrante dell’Ucraina da tutti punti di vista. E l’Ucraina ha un’importanza strategica enormemente superiore. L’Occidente non può non reagire». Come? Già sulla possibile cancellazione del G8 di Sochi si delinea una spaccatura tra europei. «Sarebbe grave. Questa è una crisi seria, mai come oggi serve compattezza tra gli alleati Nato: questo è il vero momento della solidarietà transatlantica». Di strumenti di reazione efficaci sembrano essercene pochi. «E’ possibile agire a tre livelli. Il primo è politico: Russia fuori dal G8, ritiro degli ambasciatori, Mosca denunciata all’Onu: può evitare la condanna col suo diritto di veto, ma va comunque messa con le spalle al muro. Il secondo livello è economico ed è più rischioso: sanzioni contro il Paese e i suoi leader politici ed economici: patrimoni bloccati e visti d’ingresso negli Usa negati, oltre alle rappresaglie commerciaEsperto Charles Kupchan, 56 anni, insegna Relazioni Internazionali alla Georgetown University di Washington. Tra i suoi libri: «Nessuno controlla il mondo (Saggiatore 2013) li. Possibili ma ancor più pericolose sono, poi, le risposte militari». Sostegno in armi all’Ucraina? Il repubblicano McCain pensa, poi, addirittura al ripristino del progetto di disseminare batterie di missili antimissile nell’Est europeo, un’iniziativa sospesa da Obama. «Non credo sia ipotizzabile un intervento in Ucraina, ma con la Russia che invade i vicini si potrebbe pensare a fortificazioni Nato alle frontiere della Polonia e delle repubbliche baltiche. Anche ad esercitazioni militari nell’area. Sarebbe pesantissimo, è chiaro. Escluderei, invece, gli euromissili: abbiamo sempre sostenuto che quelle batterie dovevano servire a difendere l’Europa da minacce provenienti da Sud, non dalla Russia. Non si può certo capovolgere all’improvviso quello scenario». Massimo Gaggi © RIPRODUZIONE RISERVATA La storia Cinquecento anni fa Ivan il Terribile conquistò i loro regni sul Volga. Nel ‘700 Caterina la Grande occupò la Crimea. Poi le deportazioni di Stalin I Tatari eredi dell’Orda d’Oro, da sempre vittime di Mosca Dopo secoli di dominazione ora guardano all’Occidente di ETTORE CINNELLA All’inizio dell’ottobre 1552 un esercito russo comandato dallo zar Ivan IV il Terribile espugnava la città di Kazan, sul medio corso della Volga, capitale dell’omonimo canato tataro, uno dei regni nati dalla disgregazione dell’Orda d’Oro. Quattro anni dopo, con la conquista del canato di Astrachan, l’intera regione della Volga passava sotto il dominio di Mosca. Lo storico Andreas Kappeler Rinascita musulmana La pagina più interessante della loro storia fu nei secoli XVIII e XIX con il movimento di rinascita musulmana ha osservato a ragione che l’annessione dei canati di Kazan e di Astrachan dev’essere annoverata tra gli «avvenimenti epocali nella storia della Russia e di tutta l’Eurasia». Infatti, se fino allora i sovrani moscoviti avevano lottato per riprendersi i territori russi, conquistati da Gengis Khan e dai suoi successori nella prima metà del XIII secolo, l’espansione verso la Volga mutava radicalmente i tratti fondamentali della politica estera degli zar. Occupando quella regione, lo Stato russo veniva ad incorporare terre abitate da popoli di tradizioni e culture assai distanti dal mondo degli slavi. Inoltre, l’eredità del gigantesco impero mongolo, il quale si stava ora frantumando, imprimeva il suo inconfondibile marchio sull’espansionismo moscovita, attratto per forza di cose dal crescente vuoto di potere creatosi negl’immensi territori uralo-siberiani. Tra i canati eredi dell’impero tataro dell’Orda d’Ora, quello di Crimea sfuggì a lungo al dominio della Russia. Anche il nome della penisola, che i greci avevano chiamato Chersoneso Taurico (Chersónesos Tauriké, cioè Penisola dei Tauri), veniva dai conquistatori tatari e sarebbe rimasto in russo e in ucraino (Krym). Controllando le coste settentrionali del mar Nero, i padroni della piccola penisola erano in grado di condurre escursioni e razzie verso i territori dello Stato russo e dell’Ucraina (la quale, nel 1654, si unì al regno moscovita). Un ingegnere francese del Seicento, Guillaume Le Vasseur de Beauplan, autore di una vivida descrizione e di una dettagliatissima mappa dell’Ucraina, rievocò nella sua Description d’Ukranie anche le spedizioni militari approntate dai cosacchi contro i tatari. Fu Caterina II ad annettere la Crimea, nel 1783, dopo aver sconfitto militarmente l’impero ottomano, del quale il piccolo canato era vassallo. Per i tatari si trattò di un’esperienza drammatica, perché cominciò allora quella diaspora verso le province della Turchia che avrebbe assottigliato sempre più la popolazione locale turcofona e musulmana. L’importanza strategica della pe- nisola accelerò e inasprì il processo di russificazione. Le peripezie dei tatari di Crimea sotto il dominio russo furono, forse, ancor più amare di quelle subite da altri popoli non russi del vasto impero multietnico. I tatari rimasti in quella che, un tempo, era stata la loro terra furono anch’essi vittime e protagonisti delle vicende e dei travagli dell’impero russo fino alla Prima guerra mondiale. La pagina più interessante della loro storia fu la partecipazione al Movimento di rinascita musulmana, che si ebbe tra Otto e Novecento. Era originario della Crimea l’intellettuale tataro Ismail bey Gaspirali (18511914), il quale si batté per l’unità dei musulmani turcofoni ed enunciò un programma liberale, mirante anche all’emancipazione della donna. Se il sogno panturco di Gaspirali può apparirci ingenuo e magari torbido, ammirevole e fecondo fu senza dubbio il suo impegno pedagogico per la creazione di scuole moderne e basa- Nel passato Ivan il Terribile Un ritratto dello zar Ivan IV il Terribile (1530-1584). Nell’ottobre del 1552 il sovrano russo guidò la conquista del canato tartaro di Kazan, uno dei regni nati dalla disgregazione dell’Orda D’oro La testimonianza La copertina del libro scritto da Guillaume Le Vasseur de Beauplan (1600-1673), un ingegnere francese che nel Diciassettesimo secolo fu l’autore di una vivida «Description d’Ukranie» L’intellettuale Ismail bey Gaspirali (18511914), un intellettuale tataro che si battè per l’unità dei musulmani turcofoni e enunciò un programma liberale che mirava anche all’emancipazione della donna te su metodi innovativi. Uno spiraglio di autonomia parve aprirsi, per la gente tatara in Crimea, con l’avvio della politica sovietica di apertura verso le nazionalità non russe negli anni 20. Ma si trattò d’un breve sogno, al quale seguirono le atrocità della collettivizzazione forzata e le feroci repressioni politiche. Alla fine della Seconda guerra mondiale, poi, la deportazione verso l’Asia centrale della popolazione tatara, accusata di collaborazionismo con i tedeschi, fu vissuta come un genocidio, anche per l’altissimo numero di deceduti. La destalinizzazione portò ai tatari di Crimea meno benefici di quelli concessi alle altre nazionalità straziate da Stalin. Essi, infatti, ebbero difficoltà a tornare nelle loro terre e non ottennero il ripristino della regione autonoma, che li avrebbe meglio tutelati. La cose parvero migliorare per loro con la fine dell’Urss e la nascita dell’Ucraina indipendente. Essendo stata donata all’Ucraina da Krusciov nel 1954, la Crimea restava a far parte del nuovo Stato. Ma gli interessi militari del Cremlino e la volontà sopraffattrice della popolazione russofona hanno complicato le cose, come tutti sappiamo. Avendo patito molto nella Russia comunista, i tatari di Crimea non si aspettano nulla di buono dalla Russia di Putin. Possono solo sperare in un’Ucraina libera, democratica e legata all’Occidente. Università di Pisa © RIPRODUZIONE RISERVATA 6 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Primo Piano Il governo Le tasse Le misure 1 2 3 4 5 Varata la nuova Tasi fino all’11,4 per mille Le ipotesi sulle detrazioni Gli immobili della Chiesa Niente sconto sulle case affittate Come e quando si dovrà pagare Il consiglio dei ministri ha varato la nuova Tasi, la tassa sui servizi indivisibili, che prevede la possibilità per i comuni di elevare dal 2,5 al 3,3 per mille per le prime case e fino all’11,4 per mille per le seconde abitazioni il prelievo che sostituirà la vecchia Imu Saranno i comuni a decidere in che modalità e in che misura prevedere le detrazioni a favore della famiglie. Uno dei criteri ipotizzati è un bonus di 200 euro più 50 euro per ogni figlio. L’obiettivo è di conservare l’esenzione per 5 milioni di piccoli proprietari di abitazioni Per i 25 immobili indicati nei Patti lateranensi e per i luoghi di culto delle altre religioni non è previsto il pagamento della Tasi. Che invece verrà pagata per gli immobili commerciali che generano reddito. Allo stesso modo sarà dovuta la Tari, la tariffa sui rifiuti La vecchia normativa prevedeva un prelievo Imu agevolato per le case di proprietà date in affitto. Questa agevolazione non è più prevista, anche se bisognerà attendere il testo definitivo, con la Tasi, la tassa sui servizi indivisibili Permane l’incertezza assoluta su quanto e quando pagare. I Comuni hanno avuto una proroga al 30 aprile per decidere quale aliquota applicare. Solo allora si saprà se la Tasi sulla prima casa sarà al 2,5 per mille o salirà fino al 3,3 per mille. Due le possibili scadenze, semestrali, per il pagamento Addio sconto sulle seconde case affittate Squinzi: «La Tasi è un’altra botta. Renzi ha potenza nel motore, vediamo i fatti» ROMA — Seconde case affittate, salta la riduzione al 4 per mille dell’aliquota Imu sulle abitazioni locate a canone concordato. Nel decreto sull’edilizia abitativa, che il governo Renzi si appresta a varare questa settimana, non c’è più traccia della norma contenuta nella bozza che il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi aveva sottoposto a dicembre all’esame delle Regioni e degli Enti locali. Le spese Il presidente Confindustria: si aumenta il carico fiscale al posto di tagliare i costi L’articolo 6 di quella bozza fissava al 4 per mille l’aliquota Imu da applicare agli immobili locati a canone concordato, «rispetto a quella superiore al 9 per mille mediamente applicata per gli immobili locati», recitava la relazione tecnica che accompagnava l’articolato. Il costo dello sconto veniva calcolato in 70 milioni di euro e avrebbe riguardato poco più di 200 mila immobili affittati con quel tipo di contratto, secondo il «rapporto Ceriani». Ma in sede di verifica della Ragioneria sui costi del decreto, che ora ammontano a un mi- liardo e 350 milioni in quattro anni, reperiti da fondi del ministero, tali costi sarebbero lievitati a 400 milioni rendendo la norma troppo pesante. La verifica contabile sarebbe già stata conclusa due giorni prima della caduta del governo Letta. Il decreto rimasto così bloccato è il secondo in materia abitativa varato dal governo Renzi, dopo quello sull’aumento dell’aliquota Tasi dello 0,8 per mille. Aumento che ancora ieri ha raccolto molte critiche dall’opposizione, in particolare da Forza Italia, che l’ha definito una vera «patrimoniale». Sul tema non è stato tenero neanche il leader di Confindustria, Giorgio Squinzi, che ha valutato gli effetti del decreto Tasi con riferimento agli esborsi che riguarderanno le imprese e in particolare gli immobili produttivi, la cui aliquota potrà arrivare all’11,4 per mille. «Ho visto i numeri oggi (ieri per chi legge, ndr) — ha detto Squinzi —: la Tasi sembra un’altra botta. Ne sorrido, ma non c’è molto da sorridere. Ancora una volta si aumenta il carico fiscale per recuperare risorse al posto di incidere sui costi. Mi auguro che il lavoro che Cottarelli (commissario alla revisione della spesa, ndr) ha avviato sulla spending review sia portato fino in fondo». Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria Resta però l’apertura di credito nei confronti del neopremier: «Renzi potenza nel motore ce l’ha, auguriamoci che sia capace di scaricarla per terra» ha aggiunto il presidente di Confindustria, che ha chiesto «un intervento forte sul cuneo fiscale nel lavoro», perché «l’emergenza lavoro è quella numero uno di cui si deve occupare questo governo: da lì può venire occupazione». Non manca un accenno alla squadra di Renzi: «Alcuni ministri sono di ottimo livello, altri o non hanno esperienze specifiche di gestione amministrativa o politica, oppure sono io che non li conosco», «aspettiamo alcuni mesi per vedere come operano». Quanto al dilemma del gover- Imposte La web tax e il ritorno nella delega La web tax, introdotta nella legge di stabilità dal Parlamento, cancellata dal governo Renzi nell’ultima versione del decreto salva Roma , in realtà è in qualche modo contenuta nella delega fiscale, a sua volta approvata definitivamente dalla Camera giovedì scorso. Lo si evince dalla lettura del testo licenziato dal Parlamento. La norma prevede un confronto in sede europea per rivedere la tassazione dei gruppi internazionali. «Ma di cosa parliamo? È tempesta in un bicchiere con poca acqua», dice Daniele Capezzone, presidente della commissione finanze della Camera e relatore alla delega fiscale a proposito della web tax. «Di tutta evidenza — dice — nella norma c’è un’esplicito richiamo alla necessità di tenere conto di raccomandazioni internazionali e a eventuali decisioni dell’Ue». no se ridurre prima Irap o Irpef, Squinzi propende per gli interventi sull’imposta per le attività produttive: tagliare «l’Irap darebbe un impatto più forte nell’immediato sulla competitività delle imprese e sul costo del lavoro» ha spiegato. Più in generale, ha concluso, «penso che prioritario sia il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione: Matteo Renzi sembra aver centrato il problema dicendo nella dichiarazione programmatica che è una priorità. Ha detto che i 71 miliardi di debiti della pubblica amministrazione si possono pagare, per me si devono pagare». Tornando al decreto Casa, sugli affitti viene confermata per gli immobili locati a canone concordato la riduzione dell’aliquota della «cedolare secca» (l’imposta facoltativa che sostituisce quelle dovute sui redditi da locazione: Irpef e addizionali, imposta di registro e di bollo) dal 15% al 10%. Nella relazione tecnica si spiega che, secondo dati del Tesoro, nel 2011, anno d’introduzione della «cedolare secca», i contratti registrati sono stati quasi centomila in più, lo stesso aumento si è registrato nel 2012. Con ciò dimostrando, si dice, che l’imposta sostitutiva ridurrebbe il «sommerso». Antonella Baccaro © RIPRODUZIONE RISERVATA Il caso DA OGGI CON IL SISTEMA SISTRI ARRIVA UN TEST PER IL GOVERNO di DARIO DI VICO Il governo Renzi ha affermato in tutte le salse di puntare a drastiche semplificazioni e il premier ha affidato un’apposita delega al ministro Marianna Madia. Il guaio è che rischia di prendere subito un goal in contropiede perché proprio oggi entra in vigore la seconda fase del Sistri, 10 mesi Il periodo in cui è consentito il doppio regime di registrazione sia cartaceo sia digitale con l’entrata in vigore del Sistri, sterilizzando le sanzioni per lo stesso periodo il sistema telematico di tracciabilità dei rifiuti tossici e pericolosi che dovrebbe servire a combattere le ecomafie e che intanto però rischia di complicare la vita alle piccole e medie imprese dell’autotrasporto e dell’artigianato. Sono 350 mila i barbieri, le estetiste, i tipografi, gli orafi e gli orologiai che dal 3 marzo dovranno smaltire i rifiuti (lamette, cerette, toner, ecc.) come fossero un impianto siderurgico o un grande ospedale. In zona Cesarini il governo Letta ha fatto approvare una norma che consente di avere un doppio regime di registrazione sia cartaceo sia digitale per altri 10 mesi sterilizzando le sanzioni per lo stesso periodo. Ma i problemi non si risolvono a colpi di rinvii e il Sistri è diventano l’icona della burocrazia anti-Piccoli. La Cna ha reso noto nelle settimane scorse un accurato dossier sulle contraddizioni del sistema telematico e sugli effetti negativi che ha sull’attività degli artigiani. La Confcommercio in questi giorni ha stimato che in virtù dei nuovi obblighi amministrativi le aziende di autotrasporto sotto i 10 dipendenti accusano una perdita di fatturato medio di 20 mila euro annui con punte anche di 40-50 mila e sono costrette a dedicare 30 ore di lavoro agli adempimenti. La decisione di istituire il Sistri è di sette anni fa e la sua implementazione ha già subito numerose proroghe. Persino il vicepresidente di Legambiente, Stefano Ciafani, ammette che «il Sistri era nato con l’obiettivo di tracciare i rifiuti per tutelare l’ambiente, gli imprenditori onesti e colpire l’illegalità e la criminalità ma alla prova dei fatti è risultato in più occasioni non funzionante ed è stato prorogato più volte senza dare i risultati sperati». Il renziano Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della La parola Sistri ‘‘ Il Sistri, acronimo per Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, è nato nel 2009 per iniziativa del Ministero dell’Ambiente con l’obiettivo di monitorare i rifiuti pericolosi tramite la tracciabilità degli stessi. In pratica trasferisce in formato digitale tutti gli adempimenti documentali precedentemente svolti in forma cartacea, basati sul Mud (Modello unico di dichiarazione ambientale), sul Registro di carico e sul Fir. Camera definisce il Sistri «un legno storto» e riconosce che il sistema «rischia di essere un appesantimento burocratico e un sovraccarico organizzativo soprattutto per le Pmi, diversamente da quanto messo in atto negli altri paesi europei». Nel comizio finale della manifestazione di Rete Imprese Italia del 18 febbraio il presidente della Confartigianato Giorgio Merletti aveva denunciato dal palco come il Sistri fosse «una vergogna per il nostro Paese», un riferimento nemmeno troppo velato all’inchiesta della magistratura che ha come oggetto Luigi Pelaggi, ex capo della segreteria tecnica del ministero dell’Ambiente, chiamato in causa per tangenti e sovraffatturazioni legate al contratto da 400 milioni affidato alla Selex. Quel contratto a suo tempo fu secretato e prevede penali così onerose per la pubblica amministrazione che è impossibile smontarlo, come ha avuto modo di accertare anche di recente il ministro uscente Andrea Orlando. Adesso bisognerà vedere quali saranno i primi atti del suo successore, Gian Luca Galletti e se Matteo Renzi deciderà o meno di considerare il Sistri come un test della battaglia per la semplificazione. Come prova di buona volontà Cna e Confcommercio auspicano che il nuovo ministro «sospenda l’operatività del sistema in attesa di rendere effettive le semplificazioni discusse nei tavoli tecnici di lavoro» e azzeri il pagamento del contributo previsto per il 2014. © RIPRODUZIONE RISERVATA Bruxelles Il decreto Quote Bankitalia I dubbi Ue sulle riserve DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES — Per il Pd a Roma, «è stata un’operazione virtuosa». Ma i primi sussurri che trapelano da qualche fonte Ue, sulla rivalutazione delle quote Bankitalia, sembrano indicare che i dubbi di Bruxelles siano ancora più pesanti di quanto ipotizzato all’inizio. Altro che «richieste di informazioni» a Roma, le informazioni sarebbero in parte già qui. Solo sussurri, per ora, ma insistenti. In particolare, si conferma come «ovviamente scontato» che Bruxelles sa bene, e non riesce a dimenticare, che le riserve di Bankitalia sono esattamente come i lingotti d’oro custoditi nei suoi forzieri, cioè sono patrimonio dello Stato, dei cittadini italiani e non delle banche socie cui sono state attribuite. Ancora: la protezione delle riserve conta per la stabilità del sistema finanziario italiano, ma anche per quella dell’Eurozona. Con la rivalutazione in programma, queste riserve vengono «risucchiate» per legge nel capitale di Palazzo Koch, e perciò anche nella disponibilità dei soci “azionisti” (banche private): questo potrebbe aver già fatto saltare il commissario Ue Almunia sulla Joaquin Almunia poltrona. E innescato il sospetto Il patrimonio di un aiuto illegittimo di Stato. Ma La rivalutazione non è tutto: delle «L’operazione — partecipazioni riflette Massimo Alderighi, profesdelle banche sionista ora in pensione con un curriculum prima di revisore, poi cofondatore con l’ex ministro Fantozzi dell’omonimo studio tributario, poi titolare di un proprio studio — per come è stata presentata sembrerebbe avere trasformato un titolo di credito (l’azione Bankitalia) che dava statutariamente diritto solo ad una somma commisurata esclusivamente ai “frutti” delle riserve, in un titolo che invece ha dato diritto ad una parte del patrimonio (come se si fosse trasformata ex lege un’obbligazione in un titolo azionario). Dalle informazioni fornite al pubblico sembrerebbe che siano state portate ad incremento del capitale di Bankitalia riserve non di pertinenza delle banche socie, ma dello Stato, e che si sarebbero conseguentemente distribuite le azioni non al Tesoro che era titolare di quel patrimonio, ma alle banche che non ne erano statutariamente titolari». E adesso, la parola al tribunale di Almunia. Luigi Offeddu © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 7 8 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Primo Piano Il nuovo governo Il caso Crescono le tensioni su Gentile ma Ncd dice no alle dimissioni Lui: è la macchina del fango Bindi: è inaccettabile. La Lega: pronti a sfiduciare La vicenda L’esecutivo Dal giuramento alla lista dei ministri Il governo Renzi, il 63esimo della Repubblica e il secondo di questa XVII Legislatura, è in carica dal 22 febbraio scorso, giorno in cui ha prestato giuramento al Quirinale succedendo al governo Letta (che si era dimesso il 14 febbraio). La composizione del Consiglio dei ministri è stata comunicata da Renzi il 21 febbraio: dei 16 ministri della sua squadra 8 sono del suo partito, il Pd; 3 del Nuovo centrodestra, 1 di Scelta civica, 1 dell’Udc e 3 indipendenti Le altre nomine Gli equilibri di maggioranza e le scelte finali La nomina dei sottosegretari ha portato via al presidente del Consiglio Renzi diversi giorni: bisognava misurare ogni incarico per accontentare tutti i partiti che sostengono la maggioranza di governo. Il 28 febbraio il Consiglio dei ministri ha nominato 44 sottosegretari (il 45esimo è Graziano Delrio alla presidenza del Consiglio, che era stato nominato insieme ai ministri), 9 dei quali assumono funzioni di viceministro, e nella stessa serata prestano tutti giuramento Le polemiche Le accuse su alcuni nomi in squadra Alcune nomine all’incarico di sottosegretario hanno scatenato polemiche. Come quella dell’esponente del Ncd Antonio Gentile ai Trasporti, per il suo coinvolgimento nel caso dell’Ora della Calabria, e quella della pd Francesca Barracciu ai Beni culturali, a causa del ritiro della sua candidatura a governatore della Sardegna dopo l’inchiesta sui fondi regionali. Un caso anche la nomina ai Trasporti del pd Umberto Del Basso De Caro, nel mirino della «Rimborsopoli» campana ROMA — «Sono trasparente», grida il neosottosegretario alle Infrastrutture, Antonio Gentile. E dichiarandosi vittima di una «macchina del fango» locale che «ha contaminato anche la grande stampa», si aggrappa alla poltrona appena ottenuta dal premier Matteo Renzi, a dispetto delle accuse di aver fatto pressioni sull’editore dell’Ora della Calabria, per bloccare una notizia. Quella del coinvolgimento di suo figlio Andrea Gentile, manager Asl, in una inchiesta su consulenze d’oro (notizia pubblicata ugualmente malgrado la telefonata dell’intermediario, che paventava una reazione da «cinghiale ferito che ammazza» del senatore, ma mai giunta in edicola per un incidente alle rotative). Ma da ieri quella poltrona traballa. E a scuoterla, ampliando l’imbarazzo del presidente del Consiglio rottamatore, non è solo la Lega che con Matteo Salvini attacca: «Se questo è il nuovo che avanza, allora è un disastro. La Lega Nord è pronta a sfiduciare tutti gli indagati che Renzi ha messo al governo». O il Movimento 5 Stelle che, con Nicola Morra, ha già presentato in Senato una interpellanza contro Gentile e ora valuta una mozione di sfiducia. Il malcontento, infatti, cresce anche nella minoranza del Pd. E ieri è stata la presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi, a dargli voce: «Non è accettabile venir meno ad un principio di etica pubblica. Qualunque dubbio e ombra deve essere fugata quando un Parlamento si presenta all’insegna del cambiamento», ha detto a Maria Latella su SkyTg24. «Chi non può essere presentato alle elezioni non si 16 9 36 ministri Oltre al presidente del Consiglio Matteo Renzi, fanno parte del governo 16 ministri: 13 a capo di un dicastero e 3 senza portafoglio viceministri L’esecutivo conta anche 9 viceministri, così divisi tra i vari partiti: 4 del Pd, 2 del Ncd, 1 di Sc, 1 dei Popolari per l’Italia e 1 del Psi sottosegretari La pattuglia dei sottosegretari del governo Renzi è così divisa: 21 del Pd, 7 del Ncd, 3 di Sc, 3 dei Popolari per l’Italia e 2 indipendenti capisce perché debba stare nel retrobottega di un governo. Si deve applicare il principio delle regole che valgono per tutti», ha dichiarato. E sulla nomina ha chiesto «da subito un impegno da parte del presidente del Consiglio nel revocarla e direi anche dal ministro dell’Interno». Una richiesta di revoca formalizzata anche da più di 150 presidenti di circoli calabresi del Pd in una lettera a Renzi: «Crediamo davvero che sia la volta buona. Speriamo che il tuo governo possa rappresentare quella svolta che l’Italia e il Mezzogiorno attendono da tempo. Per questo non possiamo accettare la nomina di chi si è macchiato del peccato più grave in democrazia: cercare di imbavagliare la stampa». Mentre il leader della minoranza democrat Pippo Civati aggiunge: «Sul caso Gentile c’è conflitto più che di interesse di buonsenso. Ma sia su lui che su Guidi vorrei che si discutesse non a valle ma a monte». Alfano e gli alfaniani però fanno quadrato. Fino a tarda sera, ieri ne hanno discusso. Ma la posizione restava quella espressa per primo da Fabrizio Cicchitto: «Non capiamo le ragioni degli attacchi. Non c’è alcuna prova» che Gentile abbia bloccato la tipografia. Un altolà rafforzato dal presidente di Ncd, Renato Schifani: «Non accettiamo patenti di indegnità. È in atto un’operazione mediatica e politica violenta, palesemente fondata sul nulla». E dall’invito dell’ex ministro Gaetano Quagliariello a interrompere la «corsa a precipizio verso la barbarie». Ma i berlusconiani attaccano. Daniela Santanchè a Cicchitto replica: «Capisco difendere l’indifendibile, ma evocare il garanti- La lettera 150 presidenti di circoli del Pd calabresi hanno scritto a Renzi: nomina inaccettabile smo su una vicenda di mala politica significherebbe voler elevare Gentile al piano di Berlusconi». E sfida Renzi: «Non vedo cosa ci sia di nuovo se sottostare a ricatti incrociati e al manuale Cencelli». Intanto Gentile replica ai direttori delle più importanti testate che su il Fatto Quotidiano hanno chiesto le sue dimissioni per quelle pressioni testimoniate in una telefonata intercettata ora online. «Si sono prese per buone — assicura Gentile — delle accuse non vere ed infamanti, frutto di una campagna politica contro di me. I direttori dei grandi giornali che hanno chiesto le mie dimissioni sbagliano a prenderle per buone perché arrivano da un giornale che è espressione della corruttela più truce», aggiunge e getta ombre sul suicidio di un redattore dell’Ora della Calabria accusando l’editore di avergli fatto firmare un contratto capestro. «Se lo scopo di Tonino Gentile è intimorire o ridurre al silenzio me e tutta la redazione dell’Ora, — replica il direttore Luciano Regolo — sappia che è destinato a fallire. Piuttosto che fornire una spiegazione del fosco accaduto che ho denunciato, preferisce sparare fango per confondere le acque», mentre la Fnsi invita Gentile a «raccontare le sue verità in procura». Virginia Piccolillo © RIPRODUZIONE RISERVATA Il commento Le nomine sbagliate nascondono una grande ipocrisia QUELL’IDEA DI GIUSTIZIA CHE (PER ORA) MANCA Orlando, i sottosegretari guardiani e il derby giocato da una sola parte di LUIGI FERRARELLA Con La grande bellezza agli Oscar siamo applauditi, ma con «la grande ipocrisia» siamo imbattibili: tutti a impallinare il neosottosegretario alle Infrastrutture, senatore Gentile, al quale il direttore de l’Ora della Calabria aveva ricondotto le pressioni intermediate dallo stampatore del quotidiano per bloccare la pubblicazione di una notizia sul figlio indagato del senatore calabrese. Giustissimo, ma Gentile non si è nominato da solo. E, soprattutto, la storia delle pressioni sulla stampa nell’interesse del senatore che ieri ha però affermato di non averle mai chieste, non è stata una sorpresa sfortunatamente appresa dal premier dopo la nomina: era invece stata già da giorni ampiamente trattata sulle prime pagine dei giornali. Anzi, se si riascolta l’audio della telefonata pubblicato sul sito del giornale calabrese, la pressione sul direttore era motivata dallo stampatore del quotidiano proprio con la necessità di non ro- vinare l’immagine di Gentile nel momento in cui lo si sapeva appunto in corsa per un posto da sottosegretario. Ecco perché questa nomina, che oggettivamente ha premiato una pressione sul giornale anziché sanzionarla con il discredito reputazionale, più ancora di Gentile interpella il presidente del Consiglio, il cui frequente «ci metto io la faccia» mal si concilia ora con la goffa giustificazione da Prima Repubblica, per cui la nomina sarebbe stata frutto di una non rifiutabile indicazione del socio di maggioranza governativa Alfano, che di Gentile è il capopartito e lo sponsor. Tutto e il contrario di tutto, senza una rivisitazione critica o una condivisione argomentata, possono stare insieme solo e proprio perché la grande ipocrisia è l’unica cecità che permette di non voler vedere il vero nodo: e cioè l’assenza nel premier, almeno sinora, di una idea di giustizia che non si riduca all’aneddotica estemporanea sugli arresti da cambiare quando viene assolto un top manager che conosce o sui nuovi reati stradali da inventare quando emoziona la tragedia di un ragazzo investito; e che non si esaurisca nella promessa di intestarsi l’ultimo segmento di percorsi, come l’introduzione del reato di auto riciclaggio, in realtà ormai da tempo avviati perché dettati dall’Europa e elaborati già in dettaglio da tre apposite commissioni. È di questa assenza di una idea di giustizia che «parlano» certe nomine, alle quali peraltro il neoministro pd Orlando pare assistere con imbarazzo. A parole, ad esempio, il correntismo togato è unanimemente bollato come un morbo della magistratura, eppure il governo Renzi conferma Cosimo Ferri sottosegretario alla Giustizia, cioè proprio il magistrato proverbialmente leader di una delle più forti correnti, all’interno della quale sta crescendo il mal di pancia appunto per la commistione tra corrente come espressione culturale e corrente come veicolo politico. Tra ciò che sulla giustizia ha In via Arenula Cosimo Ferri 42 anni, magistrato, di Magistratura indipendente, sottosegretario alla Giustizia Enrico Costa 44 anni, avvocato, ex berlusconiano ora del Ncd, sottosegretario alla Giustizia operato Berlusconi e ciò che in questi 20 anni hanno opposto i suoi contraddittori, Renzi fa pari e patta con la sbrigativa espressione «basta con i derby ideologici, tanto nessuno cambierebbe idea»: poi però nomina un altro sottosegretario alla Giustizia in Enrico Costa, parlamentare che legittimamente è stato tra i massimi pasdaràn di una delle due fazioni asseritamente in derby, quella degli ultraberlusconiani (oggi neoalfaniani) in prima fila nelle leggi ad personam, contro una imprescindibile riforma dello scandalo di 130.000 prescrizioni l’anno, a favore di stringenti limiti alle intercettazioni, e all’attacco della giurisdizione se si esprime in processi sgraditi. Passa così quasi in secondo piano che, appena insediato e a dispetto dei propositi, nel governo una sola mano già cominci a non bastare più per contare gli indagati tra ministri e sottosegretari: si può in teoria ritenere che sia un problema, si può motivare invece che non lo sia mai, o a quali condizioni non lo sia, e sarebbero tutte posizioni legittime se argomentate e rivendicate. Ma il punto è che questo governo non si sa cosa pensi. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Primo Piano Sport e politica La maratona del ministro Pinotti Il ministro della Difesa Roberta Pinotti, 52 anni, prima di andare a Palazzo Chigi per il vertice sulla situazione in Ucraina con il premier Matteo Renzi e il ministro agli Affari esteri Federica Mogherini ha partecipato alla mezza maratona Roma-Ostia che si è svolta ieri mattina. «Non mi sento pronta perché mi sono potuta allenare poco negli ultimi tempi, ma penso di potercela fare — ha detto Pinotti prima della partenza —. È la prima mezza maratona che faccio fuori della Liguria, la mia regione, dove ne ho già fatte tre. E prima avevo corso la maratona di New York». Runner appassionata, tesserata per il «Montecitorio Running Club», il ministro della Difesa ha completato la gara in 2 ore, 2 minuti e 53 secondi. A vincere la mezza maratona maschile è stato il marocchino Lahbabi Aziz con il tempo di 59 minuti e 25 secondi; mentre la vittoria femminile è andata alla keniota Carolin Chepkwony con il tempo di un’ora, 8 minuti e 48 secondi. A tagliare il traguardo sono stati 11.268 partecipanti su 13.500 iscritti (Foto Ansa/Massimo Percossi) Il movimento del deputato di FI Il codice deontologico di Rotondi: no a candidati con avvisi di garanzia L’Assemblea costituente dell’Ump, l’Unione movimenti popolari, creatura del deputato di Forza Italia Gianfranco Rotondi, ha approvato all’unanimità il regolamento per le candidature alle prossime Politiche: «Non potranno essere presentate candidature di persone iscritte ad associazioni segrete o raggiunte da avvisi di garanzia per inchieste in corso». L’Ump non è un partito, ma un contenitore dove tutte le voci del centrodestra «potranno essere rappresentate», spiega Rotondi, che si candida anche a premier per il centrodestra: «Gli italiani hanno votato Berlusconi e rivogliono lui. Il candidato a capo del governo deve avere un profilo umile, da portavoce e garante. © RIPRODUZIONE RISERVATA Ecco perché mi sono convinto a farmi avanti». Il personaggio La carriera del sottosegretario che chiese il premio Nobel per Berlusconi Storia di Tonino, dal Bronx di Cosenza alla casa con piscina a forma di ostrica Citrigno, editore dell’«Ora della Calabria»: un’intimidazione contro di noi ROMA — In tanti ricordano ancora il suo discorso, nell’aula di Palazzo Madama, quando Tonino «u Nivuru», senatore di Cosenza oggi alfaniano e allora di Forza Italia — Tonino il Nero, dal colore dei suoi capelli — si alzò in piedi per chiedere allo Stato italiano di promuovere la candidatura di Silvio Berlusconi a Premio Nobel per la Pace. Il motivo? L’aver avvicinato all’Occidente l’amico Vladimir Putin. «Dici Gentile e la gente a Cosenza ha paura», sospira Alfredo Citrigno, il giovane editore del giornale l’Ora della Calabria a cui ieri il senatore ha dichiarato guerra. «Tonino Gentile ha appena detto che con la mia famiglia non ha rapporti — eccepisce Citrigno —. Beh allora vorrei ricordargli le quattro ville che mio padre Piero, quando ancora faceva il costruttore, edificò per lui, suo fratello Pino, sua figlia Lory e Katya la figlia di Pino, sulla collina di Muoiopiccolo, in via Girolamo Sambiase, la zona chic di Cosenza, una sorta di Vomero o di Parioli. Quando vado a trovare mio padre, che ha la casa attaccata a quella del senatore, vedo dalla terrazza la grande piscina a forma di ostrica...». «Questo intervento - prosegue - è una prova ulteriore dell’intimidazione espletata da un senatore della Repubblica ai danni della mia famiglia». Lui, Tonino, nel 2001, sbaragliò addirittura il superfavorito Achille Occhetto. Una famiglia potente, quella dei Gentile. «Famiglia simbolo dello spoils system di Calabria. Non c’è ente pubblico dove non sieda un Gentile», racconta Paolo Pollichieni, autore insieme ad Antonio Ricchio, Giampaolo Latella, Pablo Petrasso ed Eugenio Furia del libro Casta Calabra, un nome un programma. Segue elenco: il fratello Pino Gentile, da almeno 35 anni sulla scena, è assessore alle Infrastrutture e ai Lavori pubblici della Regione, una sorta di «Mister Preferenze», nel 2000 ottenne da solo 20 mila voti e per questo fu invitato ad Arcore da Berlusconi per una cena con i dieci amministratori più votati d’Italia. Un altro fratello, Raffaele Gentile, è segretario generale della Uil-Flp calabrese. Un altro ancora, Claudio, siede alla Camera di commercio. Eppoi figli, cugini e nipoti disseminati un po’ ovunque. Il figlio Andrea, la notizia del cui coinvolgimento nell’inchiesta sulle consulenze d’oro dell’azienda sanitaria, die- ci giorni fa, ebbe la forza di rompere le rotative dell’Ora della Calabria, siede pure nel collegio dei revisori dell’aeroporto di Lamezia Terme. «Partirono negli anni 70 tutti insieme dalle case popolari di via Popilia, il Bronx di Cosenza — racconta Pollichieni — e a forza di affari e politica sono cresciuti, sono saliti in alto, sono arrivati fino alla collina di Muoiopiccolo». Cominciarono a crescere con le cooperative di posteggiatori, fu quello il primo bacino di voti. I Gentile erano socialisti, erano «i craxiani di Calabria», amici della Dc di Misasi e nemici di Giacomo Mancini, il vecchio leone di Cosenza. «Stavano con l’ala di Fabrizio Cicchitto — continua l’autore di Casta Calabra — e quando il Psi sparì dopo Tangentopoli, ecco che i Gentile traghettarono con Cicchitto in Forza Italia. Berlusco- Chi è La carriera Cosentino, 63 anni, Antonio Gentile è eletto per la prima volta al Senato nel 2001 con Forza Italia, rieletto nel 2006 e, con il Pdl, nel 2008. Lo scorso novembre aderisce al Ncd di Alfano Al governo Il 28 febbraio viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti suscitando subito polemiche: l’esponente alfaniano è accusato di aver fatto pressioni sullo stampatore del quotidiano L’Ora della Calabria per impedire la pubblicazione della notizia di un’indagine sul figlio niani di ferro, fino all’ultima svolta, quando son tutti diventati di colpo alfaniani, fedelissimi di Beppe Scopelliti, il governatore». E non è casuale — dice ancora Pollichieni che oggi dirige il Corriere della Calabria — se Tonino Gentile è diventato sottosegretario alle Infrastrutture e ai Lavori Pubblici (le stesse competenze che ha suo fratello Pino in Regione). «Dei 5 senatori alfaniani espressi dalla Calabria — Gentile, Bilardi, Aiello, Caridi e D’Ascola — il governo di Matteo Renzi ha bisogno come il pane, sono il pacchetto di voti che tiene in piedi la maggioranza a Palazzo Madama. Ecco perché il premier non ha potuto dire di no ad Alfano». L’unico passo falso, fino ad oggi, il senatore Tonino, 63 anni, sposato con la prof di matematica Rosa Bombini, lo commise a metà degli anni ‘80 quando fu arrestato (ma poi prosciolto) per una storia legata alla Cassa di Risparmio della Calabria e della Lucania: il capo della Mobile di Cosenza era Nicola Calipari, il giudice istruttore si chiamava Nicola Gratteri. Così Gentile s’è preso la rivincita: lui ora è al governo, Gratteri invece no. Anche a Pollichieni, quasi 4 anni fa, successe quello che è accaduto la notte del 18 febbraio scorso all’Ora della Calabria, il suo ex giornale. «Era il 20 luglio 2010, allora si chiamava Calabria Ora e io lo dirigevo. Avevamo in pagina lo scoop di un incontro a Milano tra il neo eletto governatore Scopelliti e Paolo Martino, accusato di essere il “ministro del Tesoro” della cosca De Stefano. Beh, quel giornale non uscì mai, le rotative anche quella notte, con una sensibilità quasi umana, ebbero un guasto». Lo stampatore anche allora era Umberto De Rose, presidente della finanziaria regionale Fincalabra, dove per chiamata diretta, senza bando, è entrata di recente Lory Gentile, la figlia del senatore. «Tu lo sai come fa un cinghiale quand’è ferito? — così diceva De Rose nell’ultima telefonata all’editore Citrigno, la notte del 18 febbraio, prima che si bloccassero all’improvviso le rotative —. Il cinghiale, poi, colpisce per ammazzare». Fabrizio Caccia © RIPRODUZIONE RISERVATA Il Movimento Attacco sulla gestione del fondo per le imprese, il guru annuncia querele. Grillo si prepara alle Europee Il duello tra i Cinque Stelle finisce in tribunale Bocchino: impeachment preparato a tavolino dai legali di Casaleggio MILANO — Dall’aula del Senato a quella di un tribunale. La querelle tra gli ormai ex dissidenti e i leader del Movimento rischia di cambiare piano e trasformarsi (anche) in un caso giudiziario. Ieri Gianroberto Casaleggio ha preannunciato querela nei confronti di Fabrizio Bocchino per alcune dichiarazioni rilasciate in tv. Secondo il senatore il fondo per le piccole e medie imprese (dove vengono depositati i contributi dei parlamentari del M5S, ndr) «non aiuta le imprese in difficoltà, ma aiuta le imprese che non sono in difficoltà, perché c’è una commissione che decide e valuta il grado di affidabilità». Spiega l’ex pentastellato ad Agorà: «In questa commissione ci sono le imprese in cui è coinvolto Casaleggio, si apre la possibilità di un conflitto di interesse». Dura la replica del fondatore del Movimento: «Queste affermazioni sono false. L’ex portavoce Bocchino ne risponderà in tribunale». Anche Beppe Grillo — via Facebook — si è schierato al fianco di Casaleggio: «Il mio amico Gianroberto è stato diffamato in diretta tv», ha sostenuto. Non è la prima schermaglia tra Bocchino e il mondo dei Cinque Stelle dopo l’espulsione decretata dal sondaggio via web di mercoledì scorso. Il senatore ha minacciato di adire le vie legali per le «false accuse» rivoltegli dai colleghi parlamentari: «Per- sone come voi, per quello che avete fatto e per il tradimento degli ideali del M5S che avete operato, non meritano risposte, se non quelle mediate da studi legali», ha scritto sabato in un post su Facebook. E ieri Bocchino — in una lettera aperta a Marco Travaglio — ha rincarato la dose. «Grillo ha tirato troppo la corda», scrive. E parla di «impeachment al Presidente preparato a tavolino negli studi dei legali di Casaleggio». Il parlamentare siciliano si difende: «Non è vero che noi 4 espulsi abbiamo disatteso i nostri impegni con gli elettori». In queste ore intanto i pentastellati stanno cercando di rimarginare lo strappo con i dimissionari. L’ipotesi più probabile è che con almeno un paio di senatori si possano superare le divergenze, cercando «un nuovo approccio di dialogo e di ascolto». L’idea è quella — suggerita dallo stesso Grillo nel video sulla votazione online per le espulsioni — di essere più «coesi» in vista dell’imminente campagna elettorale per le Europee. E proprio per mettere a punto alcune strategie venerdì scorso una I parlamentari Venerdì scorso vertice a Milano per le strategie: previsti 800 eventi nelle ultime settimane di campagna elettorale I contrasti e gli addii Le critiche al fondatore dopo lo streaming 1 9 Dopo l’incontro in streaming tra Beppe Grillo e Matteo Renzi quattro senatori (Lorenzo Battista, Fabrizio Bocchino, Francesco Campanella, Luis Alberto Orellana) attaccano Grillo per il modo in cui ha condotto l’incontro. Il leader replica con un post sul blog: «Fuoco amico» I parlamentari votano per la linea dura 2 Dopo gli attacchi del blog (che annuncia anche la sfiducia di alcuni meet-up territoriali verso alcuni senatori coinvolti), martedì scorso un’assemblea congiunta dei parlamentari vota a favore dell’avvio dell’iter di espulsione per i quattro dissidenti Gli attivisti sul blog scelgono l’espulsione 3 Mercoledì l’esito della votazione sul blog di Grillo sancisce l’epurazione dei quattro senatori. Le polemiche tuttavia non si placano. Bocchino ipotizza di adire le vie legali contro gli ex colleghi, Casaleggio annuncia querela nei confronti del senatore pattuglia di parlamentari è stata protagonista di un piccolo vertice alla Casaleggio associati: un appuntamento in calendario da tempo, ma che ha acquistato un nuovo peso dopo le fuoriuscite dai gruppi. Deputati e senatori saranno infatti i veri protagonisti delle ultime settimane di comizi. I Cinque Stelle stanno cercando di organizzare una campagna massiccia, con circa ottocento eventi in tutta Italia concentrati in quaranta giorni. Grillo sarà sempre in prima linea, ma probabilmente il suo tour elettorale non sarà così capillare come quello del 2013. Intanto, si profila una partita doppia: il mantra rimane sempre «vincere», ma non si guarda solo all’Europa. C’è un interesse crescente verso le Regionali in Abruzzo e Piemonte. Quest’ultimo appuntamento sta attirando sempre più attenzione. Al punto da mettere in discussione anche l’idea del comizio conclusivo a Bruxelles. Si parla di Torino, insomma, e della possibilità di prendere in contropiede centrodestra e centrosinistra nella corsa a Palazzo Lascaris. Emanuele Buzzi © RIPRODUZIONE RISERVATA Europee Camilleri Spinelli, Ovadia e Prosperi in lista con Tsipras Andrea Camilleri, Barbara Spinelli, Moni Ovadia e Adriano Prosperi si candideranno alle prossime elezioni europee con la lista «L’altra Europa con Tsipras», il leader greco di Syriza e candidato per il Partito della sinistra europea alla presidenza della Commissione europea. Nella lettera in cui spiegano la loro scelta, i quattro scrivono che questa componente costituisce «uno straordinario elemento di novità: una lista della società civile, autonoma dai partiti, capace di dar vita, raccogliere, rilanciare le lotte civili e sociali, di opinione e di piazza, che nel corso del ventennio berlusconiano, e di compromessi di potere tutt’altro che estinti, hanno tenuto alta la bandiera dei principi di giustizia e libertà della nostra Costituzione repubblicana, indicandola come la “via maestra” da realizzare, anziché una carta obsoleta da calpestare». Camilleri, Spinelli, Ovadia e Prosperi sostengono di volersi rivolgere «ai cittadini delusi dalla politica e tentati dall’astensione. Ma siamo persuasi che tanti militanti ed elettori del Partito democratico e del Movimento 5 Stelle troveranno uno strumento più coerente con le aspirazioni che li hanno fin qui spinti ad appoggiare, magari criticamente, i rispettivi partiti e movimenti, tanto più che la nostra lista — sostengono nella nota — è la sola ad avere sul tema europeo una posizione inequivoca: no all’Europa delle oligarchie finanziarie e delle grandi intese fra socialisti e popolari, sì a un Parlamento costituente e all’Europa dei cittadini e della lotta contro i privilegi». Se eletti, i quattro annunciano che pur non considerandosi candidati di bandiera, lasceranno il posto «a candidati che più di noi hanno le energie e le competenze per portare a Bruxelles e Strasburgo la nostra voce e i nostri valori in un lavoro quotidiano che sarebbe al di sopra delle nostre forze». © RIPRODUZIONE RISERVATA 10 Primo Piano Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Il nuovo governo Le riforme Si tratta per applicare l’Italicum solo alla Camera ILLUSTRAZIONI DI EMANUELE LAMEDICA ROMA — «Ho ancora qualche ora di tempo. Ma con questo posso farcela. Possiamo farcela. E farcela vorrebbe dire vedere approvata la legge elettorale alla Camera entro venerdì prossimo». Sabato al tramonto, di ritorno dal congresso del Pse, Matteo Renzi conclude un giro di telefonate che aveva in mente dalla mattina. Nel silenzio di Palazzo Chigi, il presidente del Consiglio gira e rigira tra le mani un foglietto scritto a mano allegato a un testo — quest’ultimo, battuto al computer — in cui è visibile in alto a destra il logo della Camera dei deputati. Ne ha parlato con i fedelissimi, a cui ha chiesto il più assoluto riserbo. E ne ha parlato anche con Angelino Alfano, da cui avrebbe avuto il primo via libera. Perché non è un foglietto qualsiasi, «quello». Là dentro c’è la possibile soluzione del giallo della legge elettorale che domani va in Aula a Montecitorio. Una soluzione che, se arriva il disco verde di Silvio Berlusconi, potrebbe portare all’approvazione a larga maggioranza di un’ultima — e clamorosa — variazione dell’Italicum. E in tempi strettissimi. «Entro venerdì», appunto, perché abbiamo preso un impegno e dobbiamo andare avanti». Per capire come sia possibile Come funziona la riforma Renzi dopo il sì di Ncd attende l’ok di FI. L’obiettivo: approvazione entro venerdì Il caso Senato: se non si arriva all’abolizione, vale la legge che è nata dalla Consulta Seggi su base nazionale e circoscrizioni piccole Liste corte ma bloccate Niente preferenze Premio di maggioranza Le soglie di sbarramento La clausola che salva Possibile il doppio turno per le formazioni i partiti territoriali La proposta per la nuova legge elettorale prevede per la Camera la distribuzione dei seggi su base nazionale. Il Paese è ripartito in circoscrizioni piccole: ciascuna assegna da tre a sei seggi. Rimane il nodo della formula elettorale per tradurre i voti in seggi In ciascuna circoscrizione i partiti presentano liste bloccate corte, da 3 a 6 candidati. I seggi sono assegnati seguendo l’ordine della lista: non è previsto nell’accordo sull’Italicum il voto di preferenza, su cui insistono alcuni partiti. La minoranza pd vorrebbe primarie regolate per legge Il premio di maggioranza è assegnato al primo turno se un partito o una coalizione supera il 37%: ottiene così fino a 340 seggi su 630. Se nessuno raggiunge questa soglia si va al ballottaggio tra le prime due formazioni: in questo caso il bonus elettorale è più basso mettere d’accordo quello che sembra quanto mai distante, e cioè le posizioni di Forza Italia e Ncd, per individuare il grimaldello in grado di superare l’ormai celeberrimo «emendamento Lauricella», per scoprire la «soluzione» in grado di compattare un Pd diviso, per disinnescare la mina che intralcia l’approvazione dell’Italicum, in- somma, bisogna andare al contenuto di quel foglietto. Poche, clamorose, righe. «Emendamento per la soppressione dell’articolo 2 del testo sulla riforma elettorale, quello che contempla l’elezione del Senato. Se salta quello, l’ultima versione dell’Italicum prevederebbe che la legge elettorale entra in vigore solo per la Camera. Il Senato, se si tornasse alle urne prima della riforma istituzionale che cancellerebbe il bicameralismo, avrebbe un’altra legge elettorale rispetto a quella di Montecitorio. E cioè il proporzionale uscito dalla Consulta…». Gli uffici legislativi del Pd a Montecitorio — dove la proposta ha già ottenuto il placet del capogruppo Roberto Speranza, Sono tre le soglie di sbarramento: per entrare in Parlamento i partiti che corrono da soli dovranno superare l’8%, quelli coalizzati il 4,5%, mentre le coalizioni dovranno raggiungere il 12%. I piccoli partiti hanno protestato contro queste soglie, giudicate troppo alte l’ufficiale di collegamento tra Renzi e la minoranza interna — avrebbero fatto già tutte le verifiche del caso. È possibile votare per due rami del Parlamento con due leggi diverse. E quando Alfano, dopo il colloquio con Renzi, ha telefonato al superesperto di casa Ncd — e cioè Gaetano Quagliariello —, la risposta è stata più che affermativa. «Angelino», è stato il ragionamento con cui l’ex ministro ha replicato al titolare del Viminale, «per me questa soluzione non va bene. Va benissimo. Tra l’altro ero stato io, mesi fa, il primo a proporla… A noi serve soltanto che l’Italicum garantisca la Camera dei deputati. A queste condizioni, all’emendamento Lauri- Una clausola viene incontro ai partiti a vocazione regionale, come la Lega, ostacolati dallo sbarramento su base nazionale. Chi si presenta in non più di 7 Regioni potrà entrare in Parlamento ottenendo il 9% in 3 circoscrizioni. Potrà essere utile anche ad altri partiti piccoli cella possiamo rinunciare». E così, archiviato con successo il primo giro di boa nella maggioranza, Renzi ha chiuso il sabato sera col sorrisetto classico di chi sa di dover affrontare una mano decisiva di poker avendo almeno tre assi da calare sul tavolo. La clessidra gioca a suo favore. E, di emendamenti che abrogano l’articolo 2 dell’Italicum, alla Camera ne sono già stati predisposti più d’uno. Manca la firma finale sull’accordo politico. Ed è quella di Silvio Berlusconi, che prima di mezzogiorno potrebbe avere un ultimo colloquio col titolare di Palazzo Chigi. «Con l’emendamento Lauricella cade tutto», si leggeva ieri nel Mattinale, house organ del gruppo forzista alla Camera. «Mi batterò per cambiare la legge elettorale a viso aperto», commentava Rosy Bindi durante L’intervista con Maria Latella su Sky Tg24. «Gli accordi si cambiano sempre in due», scandiva il relatore della legge Francesco Sisto, di Forza Italia. Tutte posizioni che quel bigliettino, poggiato sulla scrivania di Renzi a Palazzo Chigi, è in grado di superare in un colpo solo. Ancora poche ore per capire se sarà così. Ancora poche ore per capire se il premier metterà a segno il primo colpo da biliardo da quando è a Palazzo. «Posso farcela entro venerdì. Possiamo farcela…». Tommaso Labate © RIPRODUZIONE RISERVATA Gli alleati Il deputato Ncd: bisogna introdurre le preferenze Cicchitto: il nodo politico resta la fine del bicameralismo ROMA — «Il nodo politico fondamentale è che la revisione della legge elettorale deve avvenire in modo organico con la riforma costituzionale che prevede il superamento del bicameralismo». Fabrizio Cicchitto, deputato del Nuovo centrodestra, ribadisce la sua posizione in vista dell’arrivo della riforma della legge elettorale, domani, nell’aula di Montecitorio. Perché devono andare di pari passo? «Il nuovo sistema elettorale è basato sul premio di maggioranza e sul doppio turno di coalizione. Considerato il carattere tripolare del nostro sistema politico, il doppio turno di ballottaggio è indispensabile per avere un vincitore ed evitare il ricorso obbligatorio a governi di larghe intese. Ma questo sistema elettorale è inapplicabile con due Camere che esprimono la fiducia al governo e che, oltretutto, hanno corpi elettorali diversi. Il rischio di dover attribuire i due premi di maggioranza di Camera e Senato a due coalizioni diverse — o dopo il primo turno o a seguito del ballottaggio — non è astratto ma concreto e rilevante, considerato il diverso orientamento politico per fascia d’età». Come si evita questo rischio? «Il nuovo sistema elettorale deve entrare in vigore dopo la modifica del bicameralismo, come prevede l’emendamento Lauricella. È un’esi- Alla Camera Fabrizio Cicchitto, 73 anni, deputato del Nuovo centrodestra ❜❜ Calci La legge non sia un calcio in bocca a pezzi della coalizione genza imprescindibile che discende dallo stesso accordo realizzato sull’Italicum». Chiedete modifiche alla bozza di legge che arriva in Aula? «Chiediamo le preferenze. E poi c’è un problema che riguarda l’attribuzione casuale dell’80-90% dei seggi per le sole liste medie e minori. Cioè l’attribuzione dei seggi nei collegi plurinominali dove queste liste hanno conseguito meno voti anziché più voti. I parlamentari in questi casi non vengono eletti sulla base della quantità di voti che raccolgono nella zona in cui stanno, ma con un’episodicità arbitraria che va evitata. Servono una norma “antiflipper”, circoscrizioni elettorali meno estese e un minor numero di collegi plurinominali». Tra i vostri timori c’è quello di un’intesa che vi scavalchi, tra il Partito democratico e Forza Italia. «C’è un problema politico di fondo: un conto è che sulla legge elettorale ci sia una convergenza assai più ampia della maggioranza di governo, un altro conto è che su elementi di essa si formi uno schieramento conflittuale con alcuni dei soggetti politici decisivi per la maggioranza che sostiene il governo. È importante una larga convergenza ma anche che pezzi della legge elettorale non rappresentino un calcio in bocca a pezzi della maggioranza di governo. Renzi deve farsi carico di questo rischio ed evitarlo». Alessandro Trocino © RIPRODUZIONE RISERVATA Primo Piano 11 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Il retroscena Il segretario e la necessità di cambiare le regole del voto In partenza Matteo Renzi esce da casa sua, a Pontassieve, per andare a Roma (Corbis) La partita del premier: ora agli italiani dobbiamo dare i fatti L’ipotesi delle urne anticipate al 2015 10 L’intervista i giorni del governo guidato da Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio e i ministri hanno giurato al Quirinale il 22 febbraio. Il 25 l’esecutivo ha ottenuto la fiducia alla Camera e il giorno successivo al Senato ROMA — Non sono giorni facili, questi, per Matteo Renzi. Il premier ha messo piede a Palazzo Chigi da poco e si trova già nel pieno di una gravissima crisi internazionale, alle prese con la grana dei sottosegretari e con le difficoltà che comporta il tentativo di riuscire a trovare una soluzione, sulla legge elettorale, che vada bene sia a Ncd che a FI. Come se non bastasse, in questo clima non propriamente favorevole, il premier deve prepararsi alle prove più difficili. La riforma del fisco e il «Jobs act», che vorrebbe portare in Consiglio il 14 marzo in modo che sia pronto quando volerà a Berlino per incontrare Angela Merkel. È normale, dunque, che in un’atmosfera come questa, si rincorrano le voci di elezioni anticipate e che questo argomento tenga banco nei conversari dei dirigenti politici e dei parlamentari. Perché tenere insieme la maggioranza delle «strette intese» è «impresa improba». Renzi lo sa bene ed è per questa ragione che non vuole rinunciare alla nuova legge elettorale. È l’arma con cui può costringere questa composita coalizione ad accettare le riforme che ha in mente di fare. E sono tante. Il che non vuol dire che il premier abbia rinunciato all’abolizione del bicameralismo perfetto. Tutt’altro. È convinto che sia «una riforma storica» e che sia di più facile e immediata comprensione per gli italiani di una riforma complessa come quella del titolo quinto della Costituzione. Renzi è conscio di giocarsi molto. Anzi, tutto. «So — spiega ai suoi — di aver suscitato delle aspettative e questa è una grandissima responsabilità. Ora tutti mi attendono alla prova dei fatti. E sono i fatti che dobbiamo dare agli italiani». E non c’è solo quel test all’orizzonte, per il premier. C’è una verifica a stretto giro di posta, il 25 maggio, quando si voterà per le Europee. Tutto sommato, Renzi ha superato le conseguenze della staffetta meglio di quanto potes- se immaginare. Secondo l’ultimo sondaggio di Euromedia research, la fiducia di cui gode è superiore a quella del suo governo: 43,8 contro 35,9. E nell’elettorato di Pd e Sel la percentuale sale addirittura all’85,4. Ma non basta. Si aspettano i sondaggi dopo le polemiche sui sottosegretari e, comunque, il trend del Partito democratico non è positivo nella maggior parte delle rilevazioni. Di fronte alla casa di Pontassieve I fiori in dono alla moglie del leader Spiccava un’orchidea rossa nel mazzo regalato ieri ad Agnese Landini, moglie di Matteo Renzi, di fronte alla loro casa di Pontassieve. A portare il dono è stato Giuseppe Rudatis, personaggio folcloristico di Belluno conosciuto come il «barone delle nevi». Aveva con sé un cesto di rose rosse per le donne ministro dell’esecutivo. © RIPRODUZIONE RISERVATA E, soprattutto, più del 40 per cento degli italiani pensa di non andare a votare, il che potrebbe favorire i grillini. Insomma, la situazione non è delle più rosee. E la scelta di entrare nel Pse e di sponsorizzare la candidatura di Schulz alla presidenza della Commissione europea è un’arma a doppio taglio. Da una parte, dopo le elezioni, consentirà a Renzi di combattere, soprattutto quando gli toccherà la presidenza del semestre europeo, il partito Ue pro-austerità, ma prima gli renderà più difficile la campagna elettorale. Già, perché mentre sia Grillo che Berlusconi si preparano a sparare contro l’Europa e la Germania, Renzi dovrà necessariamente tenere una linea filo-Ue e, come se non bastasse, sosterrà anche un politico tedesco per guidare la Commissione. Non sarà un compito facile, il suo. Per ora nel Pd le polemiche interne sembrano sopite, benché non manchino isolati segnali di guerra. Massimo D’Alema, che pure non ama il giovane premier («ma lo sentite come parla?», è uno dei suoi ritornelli preferiti), non lo sta contrastando. È proiettato al futuro, all’Europa, chissà che dopo le Europee non gli riesca di ottenere quel posto di Mister Pesc che Lady Ashton gli soffiò la volta scorsa. Enrico Letta, stando alle parole di Francesco Boccia, «farà politica in modo molto più distaccato e di certo non parteciperà più alle riunioni di partito». Resta Bersani, il quale, però, almeno per ora, non ha dissotterrato l’ascia di guerra. Se il Pd non andasse bene come ci si potrebbe aspettare, se, insomma, l’effetto Renzi mostrasse le prime incrinature, c’è da star sicuri che le cose nel partito cambierebbero. E che verrebbe riproposto il problema del «doppio incarico» segretario-premier. Per ora, invece, come fa Rosy Bindi, intervistata da Maria Latella per Sky, ci si limita a dire «che serve una gestione collegiale del partito». Per questa e per altre ragioni Renzi ha bisogno di superare «la prova dei fatti» già prima delle Europee. Maria Teresa Meli © RIPRODUZIONE RISERVATA Il professore che aveva collaborato con l’allora sindaco alla prima stesura della riforma elettorale: vanno corretti il premio e le soglie La bacchettata di D’Alimonte: testo da rivedere, ecco gli errori «Urgente intervenire sulla modifica di Palazzo Madama» ROMA — È stato il principale collaboratore tecnico di Matteo Renzi durante la fase calda della stesura di un testo di riforma elettorale. Ora i rapporti fra i due sono meno intensi. Però Roberto D’Alimonte, ordinario di Sistema politico italiano alla Luiss e direttore del Centro italiano studi elettorali, ha ancora qualcosa da dire su un testo che è nato troppo in fretta. A partire dal più cruciale punto del momento: il nuovo sistema di voto deve essere varato contestualmente alla riforma del Senato? «Credo che Renzi voglia una legge elettorale al più presto perché questo lo rafforzerebbe, mentre gli alleati di governo e la minoranza del Pd non mi sembrano così disponibili». Ma l’assenza di una nuova norma forse potrebbe anche essere un buon alibi per restare a Palazzo Chigi fino al 2018, come Renzi dice di voler fare. «Se questo sarà un esecutivo che produce, che attua le riforme, non è la nuova legge elettorale che farà la differenza». Chi è Politologo Roberto D’Alimonte, 66 anni, esperto di sistemi di voto, è professore alla facoltà di Scienze politiche della Luiss, dove insegna Sistema politico italiano. Dirige il Cise (Centro italiano studi elettorali) Torniamo agli alleati di governo e alla minoranza pd: chiedono di agganciare sistema di voto e riforma del Senato. «Mi rendo conto che il loro è un tentativo di rinviare tutto alle calende greche. Tuttavia l’argomento che usano non è sbagliato. Il Senato può essere riformato in un anno, e prima di 12 mesi è comunque assai improbabile che si vada alle urne anche se fosse approvata una nuova legge elettorale. Quindi andrebbe bene portare a compimento le due riforme contemporaneamente». Sul Senato non c’è ancora nessun testo, vero? «Infatti. La vera urgenza adesso è presentare immediatamente un disegno di legge per la modifica costituzionale di Palazzo Madama. Se fossi nei panni del presidente del Consiglio, incalzerei gli avversari proprio sul loro terreno. Non credo che un arroccamento gli sia vantaggioso. Anche perché lo schema attuale sul sistema elettorale contiene cose buone, ma anche diversi problemi». Ieri lei ha scritto sul Sole 24 Ore che si dovrebbe intervenire sul premio di maggioranza. «Sì. Il testo prevede un meccanismo che garantisce al vincitore 321 seggi alla Camera, a fronte di una maggioranza assoluta di 316 deputati: non si possono lasciare le sorti del Paese in mano a 6 persone, sarebbe una maggioranza troppo fragile». Quindi bisognerebbe tornare ai 340 seggi garantiti dal Porcellum? «Sì, e si può fare in due modi: o alzando al 40% la soglia di voti che fa scattare un premio di maggioranza del 15%; oppure, se si lascia la soglia al 37%, alzando il premio al 18. Ora abbiamo tempo, usiamolo per migliorare la legge elettorale. La fretta ha prodotto un processo non ordinato, troppe persone hanno messo mano al testo…». Altri errori da correggere? «Si prevedono troppe soglie e troppo complicate: ci sono le soglie con lo sconto, a seconda se un partito si presenti in coalizione o da solo; e soglie speciali per i partiti territoriali, il cosiddetto salva Lega. E c’è un fortissi- Il consigliere politico di Forza Italia Nuovo attacco di Toti all’esecutivo «Nato male e partito peggio» «Il governo Renzi, nato male e senza legittimazione popolare, è partito peggio». Questo il giudizio di Giovanni Toti, intervistato ieri da Studio Aperto. Il consigliere politico di Forza Italia critica l’avvio del nuovo esecutivo «con una serie di tasse che gravano sugli italiani, la casa e le accise della benzina» e la scelta dei sottosegretari «con il manuale Cencelli». Il credito di Renzi «è già quasi esaurito»: «Speriamo che quando la riforma elettorale arriverà in Parlamento il governo Renzi © RIPRODUZIONE RISERVATA trovi più coraggio». mo dubbio che siano tutte incostituzionali. Meglio fare una riflessione. Un’unica soglia uguale per tutti e fissata al 4% semplificherebbe il sistema e lo renderebbe più presentabile». Ancora altri punti? «Bisogna correggere la formula per la restituzione dei seggi alle Regioni, ai collegi e ai partiti dopo averli attribuiti a livello nazionale: il misterioso algoritmo di cui si è parlato recentemente. Il meccanismo attuale privilegia il criterio territoriale rispetto a quello politico, e crea un problema soprattutto per le piccole formazioni. Per loro il sistema elettorale diventa una specie di roulette. Per questo problema non esiste una soluzione ottimale. È la quadratura del cerchio. Ma si può lavorare su una formula più equilibrata mettendo insieme competenze diverse: politologiche, giuridiche, matematiche e informatiche. Ci sarebbe il tempo per farlo». Secondo qualcuno i senatori non voterebbero mai la propria «eutanasia», quindi per arrivare a una riforma di Palazzo Madama si dovrebbe renderla operativa soltanto a partire da una legislatura successiva alla prossima. Potrebbe essere un’idea? «È del tutto inaccettabile. Possiamo dare ai cittadini il messaggio che i senatori vogliono conservare la poltrona e consentirlo? No. La riforma del Senato è un nodo che va sciolto subito. È ben più urgente della riforma elettorale». Daria Gorodisky © RIPRODUZIONE RISERVATA 12 Primo Piano Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Energia Le centrali D’ARCO I numeri del gruppo I CONTI Sorgenia, vertice con le banche L’ipotesi della conversione Il nodo dell’indebitamento da 1,9 miliardi di euro GLI IMPIANTI dati al terzo trimestre 2013 DATI IN MILIONI 1.734,2 (-1,4%) Ricavi Margine operativo lordo* -196,9 Risultato netto* -434,3 CENTRALI A CICLO COMBINATO DA 800 MW Anno di entrata in produzione Termoli (Campobasso) Modugno (Bari) Bertonico-Turano Lodigiano (Lodi) Aprilia (Latina) 2006 2010 2011 2012 1.863 Indebitamento netto** ENERGIE ALTERNATIVE impianti eolici tra Italia e Francia impianti fotovoltaici * post svalutazioni per circa 400 milioni ** a fine gennaio 2014 200 mw 8 mw Fonte: Sorgenia nia. Alla riunione, che potrebbe essere decisiva, parteciperanno i numeri uno di Mps, Unicredit, Banca Imi, Banco Popolare, Ubi Banca, Bpm e forse anche degli altri istituti coinvolti. Toccherà alla Cir ufficializzare la decisione in merito al suo contributo alla salvezza del gruppo: Sorgenia deve tamponare almeno 600 milioni di debiti considerati in eccesso, altrimenti a metà marzo finirà i soldi e sarà costretta a portare i libri in tribunale. Le banche sono disposte a fare la propria parte stralciando circa 300 milioni di prestiti, da trasformare in azioni o in «nuovi strumenti partecipativi». Alla Cir chiedono però di mettere 150 milioni di aumento di capitale e spingono perché De Benedetti usi parte dei 330 milioni netti incassati con il Lodo Mondadori. Gli altri 150 milioni verrebbero trasformati in un prestito “convertendo” o stralciati. Cir invece non vorrebbe mettere sul piatto più di 100 milioni anche perché il socio di Sorgenia al 46%, la società austriaca Verbund, ha già detto che non si impegnerà ancora, avendo svalutato a zero la partecipazione. Se passerà la li- L’aumento Allo studio un aumento di capitale da 450 milioni, gli istituti potrebbero arrivare al 67% nea di Cir, le banche potrebbero convertire solo 200 milioni. A seconda di come finirà la trattativa, potrebbero arrivare al 67% di Sorgenia, con Cir in minoranza. In altri scenari l’azienda resterebbe nelle mani dei De Benedetti, sia pure con una quota azionaria ridotta, e dell’amministratore delegato Andrea Mangoni (ex Telecom Italia, ex Acea). L’orientamento delle banche sarebbe quest’ultimo, ha fatto capire sabato Saviotti, visto che non sarebbe stato chiesto un cambio di strategia di Sorgenia. Ma sul punto non ci sarebbe ancora unanimità tra i banchieri. I debiti di Sorgenia risalgono a metà degli anni Duemila quando il gruppo avviò la co- struzione di quattro centrali a gas a ciclo combinato, finanziate in project financing. Ma da un lato il boom della rinnovabili, dall’altro il Pil in calo in Italia hanno ridotto la produzione al 20% circa della capacità. Per questo già a fine dicembre Mangoni aveva chiesto alle banche una moratoria (standstill) fino a luglio 2014, nell’ambito del piano di ristrutturazione che prevede fra le altre cose la cessione del ramo delle rinnovabili in Italia e in Francia e dell’attività di esplorazione e produzione di idrocarburi, un taglio del 20% dei costi e il contributo pubblico del «capacity payment» alle centrali a gas. ✒ MILANO — La linea delle banche sulla crisi di Sorgenia, la società elettrica del gruppo Cir presieduto da Rodolfo De Benedetti, l’ha esplicitata sabato un big come Pierfrancesco Saviotti, amministratore delegato del Banco Popolare: «Non siamo intenzionati a fare regali a nessuno, nemmeno alla famiglia De Benedetti. Siamo disponibili, ma a condizione che il gruppo partecipi con una percentuale corretta. Non possiamo essere chiamati solo noi a fare sacrifici se l’imprenditore, che è il principale artefice, non ne fa». Sarà questo il tema del summit che si tiene stamattina a Milano tra le 21 banche creditrici — esposte per complessivi 1,86 miliardi — e i vertici di Sorge- Fabrizio Massaro © RIPRODUZIONE RISERVATA La lettera De Benedetti: un problema aziendale non un caso politico ❜❜ Caro direttore, l’articolo «Il premier, Sorgenia e il salvataggio pagato dallo Stato» (Corriere della Sera, 2/3/2014), mette insieme in modo improprio la situazione di Sorgenia e la necessità di ristrutturarne il debito, il capacity payment per i produttori di energia elettrica, le presunte pressioni nei confronti dell’ex ministro Barca e addirittura le nomine ai vertici delle aziende pubbliche. Mi preme in primo luogo precisare che mio padre non ha alcun ruolo in Sorgenia: come ampiamente noto, lui ha lasciato ogni incarico esecutivo in Cir nel gennaio del 2009 e un anno fa ha trasferito la quota di controllo del gruppo industriale ai miei due fratelli e a me. Mio padre, pertanto, non è in alcun modo coinvolto nella situazione di Sorgenia né nelle trattative di recente intraprese per la ristrutturazione del suo debito, che vengono condotte dal management di Sorgenia e, per quanto riguarda l’azionista Cir, dal sottoscritto e dall’amministratore delegato Monica Mondardini. Entrando poi nel merito dei contenuti dell’articolo, si attribuisce al cosiddetto capacity payment il carattere di una misura «pro Sorgenia». Ciò è strumentale in quanto: 1) il capacity payment è un meccanismo di remunerazione di un servizio necessario alla sicurezza del sistema elettrico. Si tratta, infatti, di una misura legata al mercato, adottata o in corso di adozione anche in altri paesi d’Europa e in Nord America, che remunera impianti flessibili e in grado di garantire la sicurezza della rete Imprese compensando gli sbalzi di Le aziende domanda e in particolare coinvolte nel l’intermittenza delle fonti non capacity payment rinnovabili, programmabili e cresciute negli sono numerose ultimi anni in misura molto superiore alle previsioni; 2) il provvedimento, che è già in vigore dal 2003 e tornerà stabilmente dal 2017 (la discussione di oggi è sul periodo transitorio 2014-2016), riguarda determinati impianti di generazione e non le aziende. L’articolo cita esplicitamente la sola Sorgenia, ma le aziende con centrali coinvolte nel capacity payment sono numerose e di dimensioni anche maggiori. La Legge di Stabilità, peraltro, prevede che tale misura non pesi in alcun modo sulle bollette. Inoltre, è fuorviante accostare alle attuali difficoltà di Sorgenia il cosiddetto «caso Barca» e alcune posizioni espresse dal quotidiano «la Repubblica». La prima questione non esiste, in quanto mio padre ha dichiarato pubblicamente – senza essere stato in alcun modo smentito – di non avere contatti con l’ex ministro da diverso tempo. La seconda questione, che lega alcuni articoli di «Repubblica» al caso Sorgenia, è priva di fondamento: Cir non ha mai condizionato le autonome opinioni de «la Repubblica». E’, infine, infondata anche l’ipotesi di una integrazione di Sorgenia in Eni. Mi spiace constatare che si cerchi in tutti i modi, per ragioni che fatico a comprendere, di creare un «caso politico» su quello che, nei fatti, è unicamente un problema aziendale che coinvolge azionisti e istituti finanziatori. ❜❜ Rodolfo De Benedetti presidente Cir © RIPRODUZIONE RISERVATA Primo Piano 13 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Energia I consumatori Luce e gas, la bolletta tutta in una pagina Partita la fase di consultazione. Ci saranno i dati per poter cambiare operatore Il futuro remoto, di là da venire, è quello del contatore «superintelligente», per il quale si inizierà a fare una prima selezione già quest’anno. Un sistema in grado di tenere i conti di gas, luce, acqua tutti insieme. E perché no, teleriscaldamento e magari anche qualche consiglio ritagliato su misura per l’uso più razionale dell’energia. Ma il futuro prossimo, che scatta già dalle prossime settimane, sarà comunque sufficientemente rivoluzionario per tutte le famiglie e i consumatori italiani: si partirà dal- ❜❜ Bortoni (Aeeg) Giù i prezzi? Le rendite vanno abbandonate da tutte le parti, dando prova di responsabilità la nuova «bolletta 2.0», che sostituirà le sette-otto spesso incomprensibili e pesanti pagine alle quali gli italiani sono stati abituati fino ad oggi, con un solo, sintetico e possibilmente chiaro foglio in formato A4, che conterrà tutto l’essenziale (anagrafiche, spesa e dati per poter cambiare operatore) in una o due facciate. In parallelo si metteranno in movimento altri «cantieri»: quello per avviare comunque l’installazione nelle abitazioni dei contatori «intelligenti» per il gas (i «cugini» di quelli per l’elettricità già installati); un altro per riformare la tariffa sui servizi di rete in vi- Che cosa cambia gore dagli Anni 70, in modo da incentivare l’utilizzo di tecnologie efficienti come le cosiddette «pompe di calore» al posto delle tradizionali caldaie (e si parla anche delle cucine a induzione); infine la nuova tariffa per l’acqua, passata forse sotto silenzio, ma scattata dal primo gennaio scorso. Sono già due anni che l’Autorità per l’energia ha anche la competenza sull’acqua. Ora, con il nuovo sistema tariffario, l’obiettivo di contenere gli sprechi e di rilanciare gli investimenti per rimettere in sesto una rete conciata male, sembra essere a portata. Non che negli ultimi tre anni trascorsi dall’insediamento per l’attuale Autorità il lavoro non sia mancato. L’ultimo sforzo ha riguardato dodici mesi fa la riforma della materia prima gas, che sganciando il prezzo da quello del petrolio e legandolo all’andamento dei mercati «spot» ha fatto scendere nel 2013 le bollette dell’8%. «Quando ci siamo insediati — afferma il presidente dell’Autorità Guido Bortoni — abbiamo deciso di aprire una stagione di grandi e piccole riforme. Le maggiori, come quella gas, fanno parlare molto di sé, ma anche le tante piccole fanno il rumore di una foresta che cresce». L’attenzione rimane alta su diversi altri fronti, e non potrebbe essere altrimenti. Per le imprese e per i consumatori italiani i prezzi dell’energia continuano a rimanere drammaticamente alti, soprattutto PROVE DI BOLLETTA 2.0 Alcune possibili alternative alla bolletta attuale e il confronto con il modello americano Format semp lifi non più 7-8 cato pagin ma una o du e e Semplificazio ne delle voci Sostituisce la vo servizi di re ce te Sostituisce la servizi di ve voce ndita Maggior ev ide al peso di on nza er come incen i tiv alle rinnova i bil sconti alle im i/ pres energivore/ e smantellam ento del nuclear e Indicazione del costo m ed di elettricità io (kwh e di gas (m3 ) ) @ La bolletta bolllet l ttta ta Usa ta Usa Domani la videochat Tutti i confronti sul Web La nuova «bolletta 2.0», ma non solo. Domani dalle 14.30 il presidente dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, Guido Bortoni e il componente Luigi Carbone, risponderanno (su www.corriere.it) alle domande dei lettori su tutte le novità in arrivo. Il confronto tra la vecchia bolletta di luce e gas con un (possibile) modello della nuova fattura che le famiglie riceveranno dal 2015. Che cosa accadrà sul fronte delle tariffe, dei contatori «intelligenti» del gas, dell’acqua. Da questa mattina nello speciale «le Nuove Bollette» su www.corriere.it nel paragone europeo. Un differenziale che gioca contro le prospettive di rilancio dell’economia, soprattutto nel confronto con i «competitors». Nell’ambito delle sue attribuzioni anche il regolatore-Autorità è ben conscio del problema, che riguarda, tra l’altro, questioni sensibili come l’integrazione delle fonti rinnovabili nel sistema e la revisione degli «oneri di sistema», le voci «parafiscali» che appesantiscono la bolletta e che sono cresciute ben oltre le attese (oltre agli incentivi alle fonti rinnovabili anche gli sconti per le imprese energivore o i costi dello smantellamento del «vecchio» nucleare). Non è un mistero che la crescita della componente fiscale nelle bollette abbia come effetto quello di ridurre lo spazio lasciato alla concorrenza sul mercato tra le diverse aziende fornitrici di gas e elettricità. Uno spiraglio però si sta aprendo, visto che l’Autorità ha inserito nel suo programma anche questa riforma. Un obiettivo da raggiungere a tappe entro il 2016. «Che l’incremento degli oneri sia per noi un elemento di forte preoccupazione — dice Bortoni — lo diciamo da tempo. Ma per fare queste riforme ci vuole coraggio da parte di tutti, istituzioni e operatori. Se si vuole una vera riduzione dei prezzi dell’energia le posizioni di rendita vanno abbandonate da tutte le parti, dando prova di responsabilità». Va da sé che agli occhi dei consumatori l’iniziativa più evidente sarà quella della nuova bolletta, che dovrebbe essere più vicina al modello Usa piuttosto che a quello francese o tedesco. «Iniziamo la semplificazione dai servizi di maggior tutela ma è ovvio che anche il mercato libero non potrà ignorare questa nuova prassi», aggiunge Bortoni. Leggibilità e trasparenza saranno maggiori. Certo, per uguagliare il modello Usa bisognerebbe avere anche prezzi di elettricità e gas paragonabili. La strada è ancora lunga ma ben avviata: «È finita l’epoca in cui eravamo subalterni nell’Europa dell’energia, ora su parecchi temi le nostre regole sono prese ad esempio». Stefano Agnoli @stefanoagnoli © RIPRODUZIONE RISERVATA Le novità in arrivo sul fronte dell’energia. Si apre una stagione di innovazioni tecnologiche e di mercato Elettricità e gas, Più efficienza scatta l’operazione nei consumi, trasparenza cambia la tariffa Acqua, il rilancio Metano, arrivano degli investimenti i primi contatori e stop agli sprechi «intelligenti» Il difficile caso dei prezzi «biorari» Resteranno invariati È F I la novità che più di tutte riguarderà la vita di 30 milioni di famiglie italiane: l’addio alla vecchia, burocratica e poco comprensibile bolletta. Il 2015 sarà l’anno di avvio della «rivoluzione», visto che l’Autorità per l’energia ha appena dato l’ok alla procedura che prevede, come primo passo, la pubblicazione sul sito internet www.autorita.energia.it della «consultazione pubblica» che contiene gli orientamenti per arrivare a disegnare la «bolletta 2.0». L’obiettivo è ambizioso: superare l’attuale struttura per arrivare a un testo sintetico, snello, con voci chiare e semplici per tutti, sul modello delle bollette in vigore negli Stati Uniti. I tempi? La riforma dovrebbe entrare effettivamente in vigore dal prossimo anno. La prima innovazione riguarda il format: scompariranno le attuali sette/otto pagine, che si ridurranno ad una o due, con tutti gli elementi essenziali sulla spesa e le forniture di energia. Verranno semplificate e in qualche caso eliminate le voci meno comprensibili. Ad esempio gli attuali «servizi di vendita» si chiameranno «spesa per l’energia». I «servizi di rete» si trasformeranno in un meno criptico «spesa per il trasporto e gestione del contatore». Per maggior trasparenza si darà più evidenza ai cosiddetti «oneri parafiscali» (dagli incentivi alle fonti rinnovabili agli sconti per le imprese «energivore» fino alle spese per lo smantellamento delle centrali nucleari), che oggi non sono indicati e che incidono per oltre il 20% sulla spesa finale. © RIPRODUZIONE RISERVATA I n gergo la chiamano la «tariffa smart», arriverà in via sperimentale dal prossimo luglio e servirà a promuovere i consumi «ad alta efficienza». L’obiettivo è favorire l’adozione di apparecchiature che fanno consumare «meglio», risparmiando cioè energia primaria come il gas. Un esempio? La «pompa di calore», alternativa più efficace rispetto alla caldaia tradizionale e al climatizzatore. La nuova tariffa si chiamerà «D1» ed è molta diversa rispetto alle attuali tariffe D2, applicata per l’abitazione di residenza e alla D3 per le seconde case. Queste ultime sono progressive: il prezzo unitario cresce con la crescita dei consumi. Quando furono introdotte (Anni 70) avevano lo scopo di favorire il risparmio energetico. Ora, invece, questa onerosa progressività «blocca» l’adozione di una tecnologia come quella della pompa di calore, che necessita di maggior potenza ma che consente minor consumo di gas. L’Autorità ha deciso di partire in via sperimentale, con una tariffa non progressiva che fino a dicembre 2015 sarà applicata ai contratti di fornitura domestica (mercato libero e servizio di tutela) e che potrà essere scelta da chi utilizza pompe di calore elettriche per l’abitazione di residenza. Ma non finisce qui: la riforma prevede anche una revisione degli «oneri generali di sistema» (i contributi «parafiscali» dagli incentivi alle rinnovabili fino allo smaltimento del nucleare) che potrebbe concludersi nel 2016. © RIPRODUZIONE RISERVATA orse pochi ricordano che da due anni a questa parte l’Autorità per l’energia e il gas ha competenze anche per l’acqua. In questo periodo il Garante ha dapprima introdotto una tariffa transitoria, sulla base della quale sono state approvate le tariffe di oltre 22 milioni di abitanti (in 499 aree), e ha in seguito adottato i criteri per restituire ai consumatori la remunerazione del capitale investito che era stata abrogata dal referendum del 2010. Dal primo gennaio scorso, invece, è entrato in vigore il nuovo «Metodo tariffario idrico». Le nuove tariffe anche per l’acqua, insomma, che hanno due caratteristiche principali: l’introduzione di meccanismi antispreco, con tariffe di acquedotto agevolate per i bassi consumi, e le cosiddette «tariffe di eccedenza», che crescono al crescere dei consumi e che serviranno per rilanciare gli investimenti. Quello degli investimenti necessari sul sistema dell’acqua è diventato un nodo fondamentale: secondo alcune stime nel settore sono state realizzate meno del 56% delle opere necessarie, e serviranno oltre 25 miliardi di euro nei prossimi 5 anni. Da coprire non solo con le tariffe (che in Italia restano tra le più basse d’Europa: 1,5 euro al metro cubo contro i 4 del Regno Unito e i 3 di Francia, Grecia, Svizzera) ma anche con strumenti integrativi quali i cosiddetti «hydrobond» o i titoli di «efficienza idrica». © RIPRODUZIONE RISERVATA N el gas come nell’elettricità. Almeno per quanto riguarda l’obiettivo dei «contatori intelligenti». Nel settore elettrico la quasi totalità delle famiglie (il 97%) ha già un contatore «smart» e l’Italia è leader europeo con 34 milioni di meter elettronici in servizio. Ma anche per il gas il conto alla rovescia è iniziato: entro fine 2014 nelle case degli italiani dovranno essere installati almeno 450mila nuovi «smart meter gas». E da quella data anche le società di distribuzione del gas potranno installare solo i nuovi contatori teleletti e telegestiti. Entro il 2018 dovrà essere raggiunto il traguardo di 12 milioni di contatori intelligenti. Un enorme passo in avanti, visto che oggi la stragrande maggioranza dei contatori gas non sono elettronici e sono collocati all’interno delle abitazioni con difficoltà di accesso per chi deve rilevarne i consumi. Spesso, insomma, le aziende sono quasi costrette a ricorrere a stime, anche se l’Autorità ha stabilito l’obbligo di effettuare uno o due tentativi di lettura l’anno (con un indennizzo di 30 euro a cliente per ogni lettura non fatta). Ma il 2014 sarà anche l’anno dei progetti pilota per le soluzioni di contatori intelligenti «multiservizio», cioè adatti per gas, luce, acqua e magari anche per il teleriscaldamento. L’Autorità partirà con un bando e una selezione. Per i primi risultati occorrerà avere un po’ di pazienza. © RIPRODUZIONE RISERVATA prezzi biorari nascono nel 2010, per dare ai consumatori un segnale del costo dell’energia elettrica nei diversi momenti della giornata. Allora i prezzi sul mercato registravano un andamento differenziato, riconducibile a tre precisi segmenti: ore di punta, ore intermedie e ore fuori punta, con prezzi più alti (nelle prime) e più bassi (nelle altre) in funzione della domanda. Da allora, però, lo scenario è profondamente cambiato: le fonti rinnovabili sono cresciute, e la domanda di energia è calata. La dinamica dei prezzi si è modificata e la forbice tra ore di punta e altre ore si è parecchio ridotta, quasi vanificando il risparmio ottenibile (solo pochi euro per un consumatore tipo). Che fare? Sono state avanzate diverse ipotesi, dalla modifica dei raggruppamenti orari fino a nuove fasce orarie. Ma si sarebbero dovuti riprogrammare 30 milioni di contatori elettronici, un’operazione che avrebbe richiesto 9-12 mesi. Alla fine, considerando anche l’incertezza dell’evoluzione dei mercati, si è deciso di non modificare nulla. Si è scelto di non scegliere? In realtà, sostiene l’Autorità, il meccanismo delle biorarie continua a tutelare i consumatori, impedendo ai fornitori di approfittare dei momenti in cui l’energia all’ingrosso costa di meno per venderla allo stesso prezzo indifferenziato. E lascia inalterato il concetto di far pagare il dovuto a ogni singolo cliente in base ai suoi modi e momenti di consumo. © RIPRODUZIONE RISERVATA 14 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Nuovo H800 “Leonardo” Perfetta sintesi di tecnologia e bellezza € 388,00 ECO DRIVE: ENERGIA INESAURIBILE grazie alla carica della luce RADIOCONTROLLATO: PRECISIONE ASSOLUTA tolleranza 1 sec. ogni 10 milioni di anni VETRO ZAFFIRO: PREZIOSO E INSCALFIBILE € 368,00 € 398,00 15 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Esteri La mappa Lo Xinjiang è una provincia autonoma cinese grande cinque volte l’Italia: dei 22 milioni di abitanti, circa dieci sono di etnia uigura e religione islamica RUSSIA La reazione Il bilancio dell’attacco: 33 morti, compresi 4 attentatori. Fra di essi due donne Cina, accuse ai separatisti uiguri Xi: «Colpiremo con durezza» Urumqi XINJIANG Pechino C I N A YUNNAN INDIA Kunming Qui sabato sera, alla stazione centrale dei treni, è avvenuto l’attacco a colpi di coltello attribuito a una banda di separatisti uiguri La testimonianza: «Ho visto tagliare la gola a un uomo» L’attentato Candele Una veglia in memoria delle vittime dell’attacco terroristico di fronte alla stazione di Kunming, nel Sudovest della Cina Vestiti di nero La sera di sabato, alle 9 locali (le due del pomeriggio in Italia), un gruppo di dieci-dodici terroristi, vestiti di nero, hanno dato l’assalto alla stazione dei treni di Kunming, nel Sudovest della Cina Vittime Gli assalitori hanno colpito con coltelli i passeggeri in attesa, uccidendo 29 persone, ferendone 140. L’intervento della polizia ha fermato la carneficina: 4 terroristi sono morti cia sul grande piazzale della stazione. Secondo la prima ricostruzione, tra i quattro terroristi uccisi sul posto, uno era una donna e un’altra è stata ferita e catturata. Il gruppo sarebbe stato composto da dieci, forse dodici membri. Pare che due siano stati arrestati ieri mattina: se è così, cinque sono ancora in fuga. Il presidente cinese Xi Jinping ha detto che lo Stato «colpirà con durezza, secondo la legge» gli autori e gli organizzatori della carneficina, per prevenire nuove azioni; ma non ha commentato l’identificazione dei responsabili co- me separatisti dello Xinjiang. «Non contano le motivazioni di chi ha agito, chi versa tanto sangue di innocenti è nemico di ogni decenza e sarà ripagato con pugno di ferro», ha detto il ministro della Sicurezza spedito sul posto da Xi. Il fatto che l’accusa agli uiguri formulata dalle autorità dello Yunnan sia stata rilanciata dall’agenzia statale Xinhua, lascia intendere che è nello Xinjiang il terreno dove Pechino si prepara a reagire «con durezza» seguendo l’ordine di Xi Jinping. Già ieri la polizia ha rastrellato a Kunming le poche centinaia di residenti di etnia uigura per interrogarli. Sono anni che nello Xinjiang, all’estremo Ovest della Cina, si ripetono episodi di violenza: nel 2009 nella capitale Urumqi ci fu una sommossa durante la quale gli uiguri attaccarono i cinesi di etnia han, facendo almeno 200 morti. Da allora, dalla provincia arrivano spesso notizie di agguati e rappresaglie sanguinose. Ma sono episodi che trovano poco spazio sulla stampa cinese e anche su quello occidentale. Poi, lo scorso ottobre, gli uiguri hanno catturato l’attenzione con un attacco nel cuore di Pechino: una jeep ca- rica di taniche di benzina si è andata a schiantare sulla piazza Tienanmen davanti all’ingresso della Città Proibita, proprio sotto il grande quadro di Mao Zedong. Cinque morti tra cui i tre sul veicolo e una quarantina di turisti feriti. La polizia stabilì che i tre erano venuti dal lontano Xinjiang. A quanto pare gli uiguri stanno cambiando strategia e ora esportano la loro lotta senza quartiere nelle città della Cina. Kunming dista più di 1.600 chilometri dallo Xinjiang. Guido Santevecchi @guidosant © RIPRODUZIONE RISERVATA Escalation Dopo settimane di proteste per l’incapacità del Congresso generale nazionale di garantire la sicurezza Libia, assalto al parlamento: feriti due deputati La folla furiosa invade il Palazzo al grido «dimissioni» Ira per la proroga del mandato L’assalto al parlamento di Tripoli di decine di manifestanti armati, al grido «dimissioni!» rivolto ai deputati in sessione, due dei quali sono stati feriti. L’assassinio di un ingegnere francese a Bengasi, dove l’uomo lavorava nella ristrutturazione delle strutture sanitarie. E ancora: le dimissioni del capo della costituente, poche ore dopo l’annuncio dei risultati del voto per la commissione incaricata di mettere a punto la prima Costituzione democratica della Libia. Una Carta che dovrebbe segnare una svolta cruciale per l’ex Jamahiriya: a tre anni dalla rivoluzione il Paese è sempre più preda di divisioni politiche, tribali e regionali, con violenze quotidiane ovunque e un’economia in serio pericolo nonostante il petrolio. In questo scenario già cupo ieri è stato però un giorno davvero negativo per la Libia, culminato in quell’invasione del palazzo dove ha sede il Congresso generale nazionale (Cgn), la più alta autorità politica del Paese ovvero il parlamento ad interim che in febbraio avrebbe dovuto dimettersi ma che aveva invece deciso di prorogare il proprio mandato fino a dicembre. Il prolungamento al potere — ben poco potere in realtà, vista la scarsa influenza del Ggn sulle decine di milizie armate e su gran parte del Paese — aveva destato subito proteste «Sequestrati» I manifestanti chiedevano inoltre il rilascio dei loro compagni sequestrati sabato notte a un sit-in con migliaia di persone in piazza e richieste di dimissioni immediate per la palese incapacità del Cgn nel garantire la sicurezza e un futuro ai libici. Sabato di fronte all’edificio si era tenuto un nuovo sit-in, contemporaneo a una manifestazione nella piazza dei Martiri, l’ex piazza Verde di Gheddafi. E’ stato al primo raduno che sono scoppiate violenze nella notte di sabato: un gruppo di uomini armati hanno fatto irruzione sparando in aria e bruciando una tenda dei manifestanti. Secondo questi ultimi, gli assalitori apparterebbero alla «Cellula di operazioni rivoluzionarie», ex ribelli agli ordini del Cgn che avrebbero poi sequestrato alcuni loro compagni. E’ stato per chiedere il loro rilascio che ieri sera i manifestanti hanno dato l’assalto al parlamento, sfasciando mobili e bruciando la poltrona del presidente dell’assemblea. Per i loro compagni e per insistere che il Cgn si dimetta. «Sono entrati in decine, urlavano andatevene — ha detto alla France Presse una de- putata —. Molti di loro erano giovani e tanti avevano coltelli e bastoni». Non solo: due membri del Congresso sono stati feriti da armi da fuoco mentre cercavano di scappare Protesta Pneumatici in fiamme bloccano una strada di Tripoli. I manifestanti chiedono il rilascio dei compagni arrestati I terroristi puntano a colpire le città dell’Est DAL NOSTRO CORRISPONDENTE DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO — C’erano due donne nel gruppo di terroristi che sabato notte ha fatto una strage tra la folla alla stazione ferroviaria di Kunming, capoluogo della provincia meridionale cinese dello Yunnan. A terra, davanti alla biglietteria e nel piazzale della stazione, sono rimasti i corpi senza vita di 29 persone e 143 feriti, più quattro del commando abbattuti dal fuoco della polizia. Una caccia all’uomo durata una ventina di minuti; gli aggressori, che secondo le testimonianze erano vestiti con tute nere, erano armati di coltelli lunghi una ventina di centimetri, di quelli che si usano per spaccare a metà i cocomeri. I sopravvissuti raccontano che quelle ombre nere hanno cominciato a pugnalare metodicamente tutti quelli che si trovavano davanti. Le immagini rilanciate dai testimoni sui social media sono raccapriccianti: cadaveri martoriati, bagagli abbandonati, scie di sangue sul pavimento. «Erano ben addestrati, tutto è stato organizzato dai separatisti della prov i n c i a o cc i d e n ta l e d e l l o Xinjiang», hanno detto le autorità di Kunming. Lo Xinjiang è la terra della minoranza uigura, di fede musulmana. È stata una scena da film dell’orrore, con quei morti viventi che continuavano a tirare fendenti con i coltelli, difficili da individuare tra la folla impazzita di paura. Un poliziotto, finito spalle al muro dopo aver svuotato il caricatore della pistola, è stato fatto a pezzi. «Colpivano come animali, li ho visti mentre tagliavano la gola a un uomo a pochi metri da me», ha raccontato il cameriere di un ristorante che si affac- Strategie in auto. Altri sarebbero stati picchiati, alunne vetture date alle fiamme. Nessuna reazione politica è arrivata ieri sera dal Cgn, se non la tacita e ennesima constatazione dell’anarchia che regna in Libia. E delle difficoltà dell’autorità politica nata dal crollo del regime a gestire perfino la transizione, anche perché divisa al suo interno soprattutto tra islamici e laici. Un altro grave segnale d’allarme era arrivato poco prima con le dimissioni a sorpresa di Nuri Al Abari, seguite da quelle di altri due membri della costituente. Il voto in febbraio per eleggere la commissione di 60 uomini era stato segnato da violenze, in molti seggi non si era potuto votare e alla fine solo 47 nomi erano stati annunciati venerdì. Al Abari ieri non ha motivato la sua decisione di rinunciare all’incarico, che potrebbe essere respinta dal Cgn che ieri, al momento dell’assalto, stava dibattendo proprio questo dossier. Cecilia Zecchinelli © RIPRODUZIONE RISERVATA PECHINO — Il popolo cinese del Web è scosso. C’è chi ha paragonato la carneficina di Kunming all’11 settembre di New York. «Dobbiamo reagire a questi terroristi come fecero gli americani, siamo tutti di Kunming», ha scritto un blogger in un messaggio sul Quotidiano del Popolo. La reazione contro i terroristi annunciata da Pechino si svolgerà nella «Nuova Frontiera»: questo significa il nome Xinjiang. Le dinastie imperiali cinesi hanno combattuto secoli per conquistare quella nuova frontiera occidentale fatta di deserto, pascoli, montagne (e come si è scoperto di recente, giacimenti minerari importanti). In origine la maggioranza della popolazione era di etnia uigura, ma dopo la penetrazione cinese il ceppo più antico è diventato minoranza: 10 milioni circa di uiguri musulmani su una popolazione di 22 milioni. Alla fine della seconda guerra mondiale, appoggiati dai sovietici, gli uiguri proclamarono la Repubblica del Turkestan Orientale che sopravvisse fino al 1949, quando l’Esercito popolare di liberazione cinese ristabilì l’autorità di Pe- «Due Cine» Strettissime le misure di controllo nello Xinjang, ma altrove le maglie della sicurezza sono più larghe chino. Negli anni Novanta, spinti dalla proclamazione d’indipendenza delle vicine repubbliche dell’ex Urss, il movimento separatista uiguro riprese a farsi sentire. Pechino ha investito molto nello Xinjiang. L’anno scorso la crescita della regione è stata dell’11%, a fronte di un dato nazionale del 7,7. Ma in cambio dei progetti di modernizzazione e di valorizzazione delle risorse naturali, i cinesi hanno lanciato un programma di assimilazione che per una parte degli uiguri è sinonimo di colonizzazione e repressione. Le azioni violente si sono moltiplicate, con responsabilità difficili da verificare. Finora il sangue era stato versato solo nello Xinjiang: i fatti più gravi nel 2009, quando a Urumqi erano state uccise 200 persone, soprattutto cinesi han. Poi uno stillicidio di attacchi notturni a posti di polizia e di «terroristi eliminati». Ora la ferocia sconfina. Gli esperti di terrorismo se lo aspettavano: da mesi parlano di «due Cine» dal punto di vista della sicurezza, con una situazione militarizzata nello Xinjiang e maglie necessariamente più larghe nelle lontane città dell’Est. Per sfuggire al grande schieramento di forze cinesi nella loro regione e anche per trovare visibilità, i terroristi uiguri avevano bisogno di agire a Est: hanno cominciato con l’autobomba sulla Tienanmen e sabato è toccata a Kunming. E qualche analista teme che anche l’internazionale jihadista ora cominci a guardare ai separatisti della Nuova Frontiera. G. Sant. © RIPRODUZIONE RISERVATA 16 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Cronache Como Il movente del delitto è passionale, nella lista dei sospettati tutti gli uomini con cui aveva stretto amicizie recenti Lidia uccisa in stazione, c’è un video Una telecamera ha ripreso la scena. La donna aveva un appuntamento DAL NOSTRO INVIATO MOZZATE (Como) — L’uomo che percorre il sottopassaggio affianca la donna che lo sta attendendo e senza darle nemmeno il tempo di parlare le sferra due coltellate. L’assassino ha solo la fortuna di essere parzialmente riparato da un ombrello altrimenti a quest’ora la sua identità non avrebbe misteri. Una videocamera di sicurezza ha ripreso ogni istante dell’omicidio di Lidia Nusdorfi, la donna di 35 anni accoltellata a morte sabato sera nel sottopassaggio della stazione ferroviaria di Mozzate, e il ritrovamento di quelle immagini fa sperare con ragionevole ottimismo nella cattura dell’omicida. Nessun fiore, nel frattempo, per Lidia: ieri mattina il sangue della tragedia era già stato lavato via dalle mattonelle del tunnel e nessuno aveva avuto tempo e modo di deporre un piccolo omaggio alla vittima dell’ennesimo caso di femminicidio. L’altra sera Lidia stava aspettando un uomo, che si è presentato all’appuntamento armato di un coltello e di una premeditata voglia di uccidere. E questa è la seconda novità nelle indagini: oltre alla videocamera che ha memorizzato la sequenza del delitto, anche il telefonino della donna avrebbe aiutato i carabinieri di Como e di La sequenza L’incontro misterioso Lidia Nusdorfi, 35 anni, arriva sabato alle 19.30 alla stazione di Mozzate (Como) dove ha un appuntamento con un uomo misterioso. Nel sottopassaggio viene accoltellata a morte COMUNE DI BERGAMO AREA AFFARI ISTITUZIONALI DIREZIONE CONTRATTI E APPALTI AVVISO DI PROCEDURA APERTA PER ESTRATTO Il Comune di Bergamo, Piazza Matteotti n. 27, tel. 035/399111 - telefax 035/399031 indice procedura aperta per l’appalto dei lavori di restauro e valorizzazione della ex chiesa di Sant’Agostino - opere di completamento, per un importo a base d’appalto di Euro 2.246.659,69 di cui Euro 57.153,92 relativi agli oneri per la sicurezza non soggetti a ribasso per il giorno 28 aprile 2014 alle ore 9,15. L’aggiudicazione avverrà in base al criterio dell’offerta “economicamente più vantaggiosa” ai sensi dell’art. 83 comma 1 del D.Lgs. n. 163. Tutte le modalità di partecipazione alla procedura aperta sono contenute nel bando integrale di gara in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e all’Albo Pretorio del Comune. Detto bando unitamente al modello di autodichiarazione possono essere ritirati presso la locale Direzione Contratti e Appalti (piazza Matteotti n. 3) dal lunedì al giovedì dalle ore 9.00 alle ore 12.00, ovvero consultati e scaricati dal sito internet del Comune di Bergamo: www.comune.bergamo.it, link: gare e appalti. L’offerta, completa della documentazione richiesta, dovrà essere presentata al Servizio Gestione Documentale - Protocollo e Archivio del Comune di Bergamo - Piazza Matteotti n. 27, entro le ore 12,30 del giorno 22 aprile 2014, a pena di esclusione. IL DIRIGENTE - Dott. Giovanni Cappelluzzo PROVINCIA DI SIENA SETTORE OPERE PUBBLICHE E ASSETTO DEL TERRITORIO AVVISO APPALTO AGGIUDICATO Si rende noto che con determina n. 178 del 22/01/2014, efficace dal 10/02/2014, è stato aggiudicato l’appalto integrato “Lavori di completamento della variante della S.R.T. 429 nel tratto Poggibonsi - Certaldo per il collegamento con la vecchia S.R.T. 429 in località Zambra. 2° stralcio”. CIG 1235751DF8. Ditta Aggiudicataria: COOPERATIVA di COSTRUZIONI Soc. Coop.va con sede in Modena. Valore totale finale dell’appalto (IVA esclusa): € 5.601.789,45. Numero partecipanti: 8. L’esito di gara integrale è stato inviato alla GUCE il 18/02/2014 ed è pubblicato sulla G.U.R.I. Vª Serie S. n. 24 del 28/02/2014. IL DIRIGENTE AD INTERIM Dott. Tommaso STUFANO Per la pubb pubblicità finanziaria rivolgersi a: legale e fina Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano 6665/6256 - Fax 02 2588 6114 Tel. 02 2584 66 Via Valentino Mazzola, 66/D 00142 Roma 8650 - Fax 06 6882 8682 Tel. 06 6882 86 Nicola alla Dogana, 9 Vico II San N Napoli 80133 Napo Tel. 081 49 777 11 - Fax 081 49 777 12 Via Villari, 50 - 70122 Bari Tel. 080 5760 111 - Fax 080 5760 126 RCS MediaGroup S.p.A. Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano Le immagini Il filmato mostra l’aggressione ma il volto del killer è coperto da un ombrello nel forno dove lavora come panettiere. Nata a Garbagnate Milanese, la donna aveva vissuto molti anni a Rimini assieme all’uomo da cui aveva avuto due figli di 11 e 5 anni. Il legame era finito e lei nel frattempo aveva iniziato una relazione col cugino dell’ex compagno; poi era tornata in Lombar- L’occhio elettronico La videocamera all’ingresso del tunnel che ha ripreso la scena dell’aggressione. Le immagini sono state messe sotto sequestro Il cadavere viene trovato dal capostazione Carlo Covini (foto), una videocamera a due metri dal luogo del delitto riprende la scena, ma un ombrello copre il killer COMUNE DI COMO CITTA’ DI TORINO ci fosse proprio lui lì nel sottopassaggio» fa notare un investigatore invitando alla cautela. La sfera in cui si indaga è comunque ristretta alle relazioni sentimentale di Lidia Nusdorfi. Escluso dalla lista dei sospetti è Dritan Demiraj, il padre dei due figli di Lidia: sentito ieri a Rimini, per l’ora del delitto ha un alibi, era Un ombrello nasconde il killer Settore Cultura E’ indetta una procedura aperta, Allegato II B Codice dei Pubblici Contratti, per l’“affidamento in gestione dell’organizzazione della mostra 2014 a Villa Olmo” CIG n. 560110955D - periodo di apertura al pubblico della Mostra: dal 27 giugno 2014 al 16 novembre 2014 - criterio di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa: offerta tecnica punti 80 - offerta economica punti 20. E’ richiesto il sopralluogo obbligatorio certificato da parte della Stazione appaltante. Documentazione disponibile sul sito internet http: www.comune.como.it - link Albo Pretorio. Sezione Bandi di gara di servizi. Scadenza presentazione offerte: 07.04.2014 ore 13.00. La gara verrà espletata il giorno: 07/04/2014 ore 16.00 presso la Sede Comunale. Responsabile del procedimento: prof. Maurizio Ghioldi. Il Dirigente Settore Cultura Prof. Maurizio Ghioldi AVVISO DI RETTIFICA E PROROGA TERMINI PROCEDURA APERTA N. 9/2014 C.U.P. C19J13000490004 - CIG 5483817CEF C.P.V. 45454000-4 Bando pubblicato il 19 febbraio 2014 all’Albo Pretorio della Città di Torino e sulla G.U.R.I. n. 20 del 19 febbraio 2014. Oggetto: manutenzione ordinaria presso il Palazzo di Giustizia Bruno Caccia ed ex complesso carcerario Le Nuove. Anni 2013-2014. IMPORTO TOTALE DELL’APPALTO: Euro 777.448,18. Con il presente avviso si comunica che sul sito www.comune.torino.it/appalti è stato pubblicato un avviso di rettifica e proroga termini. Torino, 24 febbraio 2014 IL DIRIGENTE DEL SERVIZIO APPALTI LL.PP. Dott.ssa Magda IGUERA Cantù a orientarsi nelle indagini. L’analisi del traffico delle chiamate e degli sms fa ormai dire con certezza che Lidia sabato sera aveva un appuntamento con un uomo proprio alla stazione di Mozzate. I numeri di telefono dovrebbero rendere facile identificare il «mister X», «ma non è detto che Versilia Ambiente S.r.L. Vietta dei Comparini n. 186 55049 - Viareggio (LU) Tel. 0584/38601 - Fax 0584/3860244 http://www.versiliaambiente.it e-mail:[email protected] Versilia Ambiente S.r.L. comunica che in data 24 febbraio 2014 è stato inviato alla GUCE il bando di gara per servizio di trasporto del rifiuto CER 20 03 01, CER 20 03 03 e del CER 19 12 12 prodotto dalla selezione meccanica di rifiuti solidi urbani indifferenziati. L’importo complessivo dell’appalto è pari ad € 871.125 oltre IVA, di cui: € 853.702 a base d’asta e € 17.442,50 per oneri della sicurezza non soggetto a ribasso. SOCIETA’ DI GESTIONE AEROPORTO CAGLIARI ELMAS So.G.Aer. S.p.A. ESTRATTO AVVISO DI GARA ESPERITA La So.G.Aer. S.p.A., via dei Trasvolatori s.n., 09030 Elmas (CA), comunica l’affidamento, a mezzo di procedura aperta, della fornitura di energia elettrica per il periodo 01/02/14-31/01/15. Imprese partecipanti: 5. Criterio di aggiudicazione: prezzo più basso determinato mediante offerta a prezzi unitari. Data di aggiudicazione del contratto: 05/12/2013. Aggiudicatario: SEA Energia S.p.A., Aeroporto Milano Linate, 20090 Segrate (Milano). Importo di aggiudicazione: Euro 746.770,00 iva esclusa. L’avviso integrale è stato inviato alla GUCE in data 17/02/2014 ed è disponibile sul sito www.sogaer.it. Responsabile del Procedimento è l’Ing. Mario Orrù. Il Presidente Vincenzo Mareddu Il luogo dell’assassinio Il punto del sottopassaggio in cui è stato trovato il cadavere di Lidia Nusdorfi dia andando a vivere in casa di parenti a Mozzate e tentando di rifarsi una vita sotto ogni profilo. Obiettivo rimasto una chimera: i figli avevano continuato a stare a Rimini con il padre, e lei non aveva ancora trovato un lavoro né una nuova anima gemella. «Cerco il mio angelo custode» aveva postato Lidia sul suo profilo Facebook appena pochi giorni fa; in attesa di questa creatura la donna aveva provato ad avviare più di un’amicizia, nessuna a quanto pare sfociata in una relazione stabile. E questo intreccio l’ha condotta al tragico appuntamento. Alle 19.11 di due giorni fa un convoglio di Trenord è arrivato a Mozzate proveniente da Milano; Lidia non viaggiava là sopra ma proprio in quegli stessi minuti è arrivata in stazione in auto (la vettura sarebbe stata trovata parcheggiata nelle vicinanze). Sul treno c’era molto probabilmente l’uomo che lei doveva incontrare. Il resto è quanto raccontato dalla videocamera del sottopassaggio, un incontro durato pochi istanti e che per l’aggressore era già scritto dovesse concludersi nel sangue. Rimangono le parole cariche di spavento di Carlo Covini, il capostazione di Mozzate, tra i primi a soccorrere Lidia: «Sono arrivati due immigrati e hanno bussato sul vetro dell’ufficio: “C’è una donna là sotto... tanto sangue...”. In fondo alle scale l’ho vista: aveva il volto quasi tutto coperto di sangue e gli occhi sbarrati. I medici hanno tentato di rianimarla per una ventina di minuti, ma credo che quella poveretta fosse morta subito». Claudio Del Frate © RIPRODUZIONE RISERVATA Il caso L’atleta aveva preso parte a quattro corse in un mese Muore maratoneta dilettante «In 6 anni 592 vittime di sport» ISTITUTO PROFESSIONALE di STATO Servizi per l’Enogastronomia e l’Ospitalità Alberghiera “S. Francesco di Paola” PAOLA Istituto sede di progetti cofinanziati dal Fondo Sociale Europeo AVVISO PER ESTRATTO DEL BANDO DI GARA CUP F98G1000178/179/180/1810007 - CIG 5362497882 SEZIONE I: STAZIONE APPALTANTE - ISTITUTO PROFESSIONALE di STATO SERVIZI per l’Enogastronomia e l’Ospitalità Alberghiera “S. Francesco” PAOLA - Tel. 0982 610327; SEZIONE II: OGGETTO DELL’APPALTO - LAVORI DI MANUTENZIONE STRAORDINARIA; IMPORTO COMPLESSIVO DELL’APPALTO € 539.720,16 IVA ESCLUSA - così ripartito: - Importo oneri per l’attuazione dei piani di sicurezza: € 12.710,36 non soggetto a ribasso; - Importo lavori a base d’asta € 527.009,80 soggetto a ribasso; Categoria prevalente OG1: cl.I; SEZIONE III: INFORMAZIONI DI CARATTERE GIURIDICO, ECONOMICO, FINANZIARIO E TECNICO - Si rinvia al Bando ed al Disciplinare di Gara; SEZIONE IV: PROCEDURA aperta. TERMINE RICEZIONE OFFERTE: entro il 26 giorno dalla data di pubblicazione del Bando; SEZIONE VI: ALTRE INFORMAZIONI - Il Bando ed il Disciplinare di Gara sono pubblicati all’albo online dell’Istituto www.ipseoapaola.gov.it. - all’Albo online della Provincia www.provincia.cs.it - all’albo online Ministero Infrastrutture www.serviziocontrattipubblici.it Osservatorio Regionale. Il Dirigente Scolastico - Prof.ssa Paola Bisonni COMUNE DI VENEZIA DIREZIONE PATRIMONIO E CASA BANDO PUBBLICO DI GARA PER LA CONCESSIONE IN USO DEL “CENTRO LOGISTICO DI INTERSCAMBIO MERCI” PER CONTO TERZI SITO ALL’ISOLA NUOVA DEL TRONCHETTO L’Amministrazione Comunale ha pubblicato il bando pubblico di gara per la concessione in uso del “Centro Logistico di Interscambio Merci” per conto terzi sito all’Isola Nuova del Tronchetto - Venezia. Le domande di partecipazione dovranno essere presentate entro e non oltre le ore 13.00 del giorno 15 aprile 2014 secondo le modalità fissate nel Bando pubblicato all’Albo Pretorio del Comune di Venezia e nell’apposita sezione del sito istituzionale (http://www.comune.venezia.it). Il Direttore dott.ssa Alessandra Vettori Fineteam Advisors ltd società di brokeraggio internazionale di steel products: coils, wire rod, billett seriamente introdotta nel mercato siderurgico è in grado di proporre forniture dirette da Produttori ucraini e russi, a condizioni vantaggiose. Per informazioni e-mail [email protected] www.fineteam.weebly.com. ROMA — Si era innamorato tardi della corsa. A quarant’anni anni. All’inizio qualche breve allenamento, a passo lento, senza nessuna velleità. Voleva solo dimagrire, perdere quei tanti chili in più. Poi però è rimasto affascinato dal gusto di macinare chilometri d’asfalto, dall’adrenalina che comincia a circolare fino a trasmettere la sensazione dell’invincibilità, dal fisico che riacquista dimensioni normali. E dai tempi che migliorano. Trascinato da questa passione se ne è andato ieri mattina un podista dilettante, Fabrizio Bellucci, 44 anni, due figli, colpito presumibilmente da infarto (ma le cause sono ancora da accertare) subito dopo aver tagliato il traguardo della Roma-Ostia, mezza maratona di 22 chilometri. Gara impegnativa, dicono gli specialisti delle lunghe distanze. Bellucci è stato soccorso dai medici dell’organizzazione e trasportato all’ospedale Grassi. Ma non c’è stato niente da fare. E subito scoppiano le polemiche sui controlli di questi atleti per caso. Bellucci era stato visitato con accuratezza per ottenere la certificazione all’attività agonistica? Si era sottoposto a tutte le prove per valutare la salute cardiaca? Se lo chiede Francesco Fedele, presidente della Fondazione «Cuore e Circolazione»: «Non conosciamo i particolari di questa disgrazia, tutto è ancora da accertare. Prima di affrontare sforzi del genere bisogna essere sicuri di poterseli permettere, specie quando si entra in un’età a rischio come quella dello sfortunato atleta dilettante. Purtroppo spesso il cardiologo non viene chiamato in causa per un approfondito elettrocardiogramma». Bellucci apparteneva a una delle più grandi società podistiche amatoriali, la Lbm Sport di Roma, con sede in un negozio di via Tuscolana e 300 iscritti. Aveva cominciato a gareggiare nel 2012, con tempi molto alti. Uno stakanovista. A gennaio aveva partecipato a 4 corse, una delle quali sopra i 30 chilometri. Quest’anno alla sua seconda Ro- 60 20 mila Il numero medio delle persone che nel nostro Paese vengono colpite ogni anno da arresto cardiaco. A livello europeo le vittime sono circa 400 mila all’anno per cento Il tasso di sopravvivenza delle persone colpite da attacco cardiaco. Nel 70% dei casi l’arresto cardiaco avviene in presenza di testimoni, ma la maggior parte non sa come fare la rianimazione cardiopolmonare ma-Ostia aveva abbassato il tempo di 20 minuti. I Carabinieri hanno messo sotto sequestro l’archivio dei certificati sportivi della società romana per verificare se il suo è a posto. La sicurezza degli sportivi dilettanti è ancora un problema in Italia che pure è il Paese all’avanguardia per quanto riguarda la scrupolosità dei controlli sui professionisti. In sei anni, tra il 2006 e il 2012, i giornali hanno riportato notizie di 592 vittime per morte cardiaca improvvisa in ambito sportivo, di cui 102 tesserati, fasce più coinvolte tra 40 e 60 anni, quasi tutti uomini. Dunque il pericolo è per i dilettanti. I dati sono stati raccolti in base alle notizie date dalla stampa e riportati in uno studio firmato da Vincenzo Castelli, presidente dell’omonima Fondazione, pubblicati sul Giornale di cardiologia dello sport. La disciplina che conta il maggior numero di morti improvvise è il calcio, seguito da ciclismo, podismo, fitness, sci e tennis. Lo studio rileva inoltre che in soli due casi è stata tentata la defibrillazione precoce con apparecchi presenti sul luogo dell’incidente. Un’altra realtà negativa. Nelle conclusioni gli autori scrivono che «la morte improvvisa in Italia coinvolge quasi esclusivamente il mondo dilettantistico e amatoriale. La sua incidenza è sottostimata. Ancora molto scadente l’uso del defibrillatore». Margherita De Bac [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Cronache 17 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Torino La chiesa aperta di notte nel quartiere multietnico della città, fra moschea e discoteche Savona L’arcivescovo tra i ragazzi nei pub «Ho parlato di Dio e di rispetto» La sposa morta tre giorni dopo il sì in ospedale La movida di monsignor Nosiglia: non abusate dell’alcol TORINO — Con la coppola nera calata sulla fronte, l’arcivescovo Cesare Nosiglia è entrato, poco dopo la mezzanotte di sabato in un pub di San Salvario, il quartiere multietnico della città, luogo della movida. Ne è uscito dopo mezz’ora e si è recato in un secondo locale, poi in un terzo. Così fino alle due del mattino, «per parlare di Dio ai ragazzi». Un fuori programma; l’epilogo di un’iniziativa che qualche ora prima sembrava fallita. L’avevano organizzata i giovani dell’oratorio Santi Pietro e Paolo e l’idea era stata del parroco, don Mauro Mergola: «Se i ragazzi affollano la piazza ed esagerano con l’alcol, occorre offrire un’alternativa. Quindi apro la chiesa anche di notte, sarà la movida spirituale». Alle 23, quando l’arcivescovo è arrivato alla guida della sua vecchia Punto, ad attenderlo erano in pochi: i giovani dell’oratorio e il loro prete, qualche fedele e gli agenti del commissariato che con la loro presenza avevano allontanato i pusher che spesso spacciano in Largo Saluzzo, cuore del quartiere, a due passi dalla stazione. Lì c’è la chiesa di don Mauro, attorno sono fioriti pub e discoteche In strada L’iniziativa Si è aperta sabato notte alle 23 la «movida spirituale» di Torino guidata dall’arcivescovo Cesare Nosiglia. L’alto prelato è entrato poco dopo la mezzanotte in un pub di San Salvario, il quartiere multietnico della città, e da lì dopo mezz’ora è andato in un secondo Gli incontri L’arcivescovo Nosiglia tra i giovani della movida sabato notte (foto di Francesca Lai) locale, poi in un terzo, fino alle due del mattino, «per parlare di Dio ai ragazzi» L’idea L’iniziativa era dei giovani dell’oratorio Santi Pietro e Paolo e l’idea era stata del parroco don Mauro Mergola dove di notte si ritrovano migliaia di giovani e a cento metri c’è la moschea più grande della città. Dunque una parrocchia isolata e circondata, da anni avamposto della fede. Sabato sera neppure il calciobalilla sul sagrato o la musica new age diffusa dagli altoparlanti, hanno attirato l’attenzio- ne del popolo della movida. Nosiglia è entrato in chiesa, si è inginocchiato e ha recitato il rosario. Tutto sembrava finito lì: «Le bettole sono piene, ma la chiesa è vuota», si lamentava agli inizi del 1800 Jean-Marie Baptiste Vianney, da poco curato d’Ars. «Ma se le osterie sono piene — rifletteva il santo che la Chiesa indica come il patrono dei parroci — è perché i cuori sono vuoti». Cesare Nosiglia, tra lo stupore di tutti, terminate le decine del rosario, si è alzato dal banco e ha detto: «E ora cominciamo la movida». L’accoglienza nei locali è stata calda. L’arcivescovo ha avuto modo di informare che «poco distante c’è una Il volantino L’iniziativa della «movida spirituale» chiesa aperta fino a tardi e sarebbe bello incontrarsi anche lì». Qualcuno lo ha chiamato Santità e ciò gli ha offerto la possibilità di spiegare in modo simpatico che «l’alcol può fare brutti scherzi e che è meglio non abusarne», benché la Chiesa non condanni i bevitori (moderati), tant’è che è con il vino che si celebra la messa. «Ma la moderazione e il rispetto sono necessari, ad esempio — ha detto Nosiglia — verso le persone che vivono in questo quartiere e che hanno il diritto di riposare, così da non essere vittime di schiamazzi per tutta la notte». L’arcivescovo ha anche ammesso che «la movida, con tutti gli eccessi, non riguarda soltanto persone che non conoscono Dio. Ci sono ragazzi che vanno in parrocchia, ma spesso si lasciano andare. Ci si può divertire senza mai dimenticare Dio. E la chiesa aperta è la testimonianza della Sua presenza». Quando poi il prelato si è ritirato, il messaggio era stato recepito con chiarezza: «Non basta aprire le porte del tempio, bisogna spalancare quelle del cuore». Marco Bardesono © RIPRODUZIONE RISERVATA IL COMMENTO di Paolo Di Stefano nelle Idee&Opinioni Si sono sposati mercoledì scorso nel reparto di rianimazione dove lei era ricoverata. Ma a soli tre giorni dalle nozze le sue condizioni sono peggiorate e la sposa di 33 anni è morta. Lei era malata da tempo, lui era rimasto sempre al suo fianco. Quando le sue condizioni si sono aggravate hanno deciso di sposarsi nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Savona, con parenti, medici e infermieri. © RIPRODUZIONE RISERVATA Massoneria In sedicimila per eleggere il Gran Maestro Sedicimila aderenti al Grande Oriente d’Italia ieri sono andati alle urne per eleggere il nuovo Gran Maestro che succederà a Gustavo Raffi, al timone dell’Obbedienza di Palazzo Giustiniani dal 1999. Per vincere serve il 40% di voti validi. Nel caso nessuno dei tre candidati in corsa — Stefano Bisi, Massimo Bianchi e Silverio Magno — raggiunga l’obiettivo, il 23 marzo si terrà il ballottaggio tra i due più votati. © RIPRODUZIONE RISERVATA 18 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 19 20 Cronache Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Il caso I giudici di Pretoria danno l’ok alle telecamere: scopi informativi e pedagogici PROCESSO PISTORIUS IN DIRETTA SE LA TV DIVENTA UN GIURATO Da O. J. Simpson al Sudafrica, tra audience e trasparenza di ALDO GRASSO I l processo che si è aperto questa mattina a carico di Oscar Pistorius rischia di trasformarsi, ancora una volta, in un grande evento mediatico. Com’è noto, l’atleta paraolimpico più conosciuto al mondo è accusato di aver ucciso il giorno di San Valentino di un anno fa la sua fidanzata Reeva Steenkamp. Pistorius ha ammesso di avere sparato, ma per errore, dopo avere scambiato Reeva per un ladro. Il dibattimento viene trasmesso integralmente in diretta radiofonica e parzialmente in tv, dopo che il tribunale ha dato l’autorizzazione, nonostante l’opposizione della difesa dell’atleta, per consentire al maggior numero possibile di persone di seguirlo «a titolo informativo ed educativo», soprattutto per «un processo che coinvolge una celebrità». In aula è prevista la presenza di 3 telecamere, che dovranno essere «posizionate in modo non intrusivo» e con la possibilità per il giudice, Thokozile Masipa, di interrompere il collegamento in qualsiasi momento. Le telecamere, inoltre, potranno essere azionate solo a distanza, e non saranno consentite inquadrature in primo piano. La memoria corre subito al processo O. J. Simpson: nell’ottobre del 1995, dopo 253 giorni di processo e 126 testimoni, la giuria dichiara il celebre giocatore di football O. J. Simpson non colpevole dell’omicidio di sua moglie Nicole Brown e del suo amico Ronald Goldman. Si disse allora che la tv, per la prima volta entrata con gran dovizia Programmi Dal 1988 «Un giorno in pretura» (foto) è un programma di cronaca giudiziaria che va in onda su Raitre dal 1988. La trasmissione si basa sulla presa in diretta dei processi nelle corti di giustizia italiane Le puntate Ogni puntata è composta da scene in presa diretta in aula intervallate da vecchi filmati di repertorio, servizi giornalistici, foto degli imputati o delle vittime di mezzi in un tribunale, giocò un ruolo fondamentale. Attorno all’«eroe» in manette si dispiegò un grande sceneggiato, dove l’imputato giocava un ruolo più decisivo delle prove stesse (la tv funziona per storie e per personaggi non per concetti astratti). Grazie alla presenza delle telecamere Simpson imparò subito come colpire, direttamente, i testimoni e, indirettamente, il cuore della giuria (in isolamento ma con la possibilità di comunicare con i propri congiunti). La tv, per sua natura, si rivolge all’opinione pubblica e sa come formarla. Siccome non esistono riprese neutrali non può nemmeno esistere una formazione imparziale dell’opinione. Giustamente, quindi, la tv fu definita il 15° membro della giura; forse il più importante. Dopo quel processo, e dopo la fioritura di molte serie appartenenti al genere «legal drama», in molte facoltà di legge negli Stati Uniti sono stati aperti corsi e centri studi dedicati all’influenza del sistema giudizia- In tribunale L’atleta sudafricano Oscar Pistorius davanti alla Corte di Pretoria il 19 agosto scorso. Pistorius deve rispondere di omicidio volontario dopo aver ucciso nel febbraio di un anno fa la sua fidanzata, la modella Reeva Steenkamp (foto Epa) rio nella cultura popolare e viceversa. Da allora, le domande che vengono poste sono più o meno queste: come la tv rappresenta un processo? Come la tv può influenzare un processo? È possibile conciliare lo svolgimento retorico che avviene all’interno di un’aula di giustizia con le necessità retoriche della tv? Gli avvocati e gli imputati se- Le immagini Non ci sono riprese neutrali e quindi non c’è una formazione imparziale delle opinioni In televisione Enimont È il principale processo della stagione di Mani pulite. Si è svolto a Milano tra il 1993 e il 2000 e ha coinvolto politici (nella foto Craxi) e imprenditori, ruotando sulla figura di Sergio Cusani O. J. Simpson Fu assolto nel 1995 dopo un processo di grande impatto sui media Usa. Era accusato del duplice omicidio della moglie Nicole Brown Simpson e del suo amico Ronald Goldman guono strategie prese a prestito da qualche telefilm? Il prof. David Papke, che insegna «Law and popular culture» alla scuola di legge della Marquette University, ha provato a dare alcune risposte, parlando di una narrativa che «modella le inclinazioni e soprattutto le aspettative della gente in un processo, perché se vedi ripetere certi meccanismi in serie tv costruite con grande fedeltà tendi a “normalizzarli”, a farne uno standard». Il processo è un genere (ne parlava già Aristotele) e quando viene inscenato in video ubbidisce a un doppio ordine di regole: quelle legali e quelle televisive. L’efficacia della rappresentazione e l’osservanza della giustizia dipendono appunto dal rispetto di questo duplice vincolo: cosa, per altro, non facile, basti pensare alle molte polemiche suscitate in Italia dalla trasmissione «Un giorno in pretura» (1988). Tutto quello che la tv fa nel nome del pubblico (anche «nel nome del popolo italiano»), lo fa sempre e soltanto in termine di audience. © RIPRODUZIONE RISERVATA Cronache 21 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Verso l’8 marzo La presidente: «Critiche alla governance? Cerco di ottenere il massimo di indipendenza nel rispetto dell’attuale legge. Pronta al confronto con governo e Parlamento» «Dalle fiction ai ruoli da dirigente così le donne stanno cambiando la Rai» Anna Maria Tarantola: abbiamo aumentato persino le concorrenti nei quiz «La Rai sa bene quali sono le cose da fare. Il piano strategico varato dal consiglio di amministrazione è frutto di un’analisi molto seria che va dal palinsesto alle news, dalle procedure interne alla digitalizzazione. Ci sono questioni che la Bbc, che abbiamo preso come punto di riferimento, sta iniziando a guardare adesso». Anna Maria Tarantola, presidente Rai, sottolinea con decisione quanto fatto dal cda insediato un anno e mezzo fa. «Abbiamo trovato un’azienda tecnologicamente molto arretrata — dice — ma con grandi potenzialità. Un’azienda che ha su di sé un’enorme responsabilità perché ciò che fa ha un impatto su tutto il Paese. Questo richiede equilibrio, capacità di capire e di prendere le decisioni; e anche di rallentare quando le modifiche sono delicate, per poi riprendere il cammino. L’importante è sapere dove si sta andando e noi l’abbiamo ben chiaro». La conversazione parte dalla due-giorni dedicata alla «differenza di genere come risorsa» che la Rai ha organizzato per mercoledì 5 e giovedì 6 marzo prossimi in occasione del 90° anniversario della radio e del 60° della televisione. Titolo dell’iniziativa «Donna è», cui seguirà sabato una serata dedicata alla violenza sulle donne. Il discorso, però, necessariamente si allarga. Anche se sulle polemiche in corso — da Sanremo alle nomine — Tarantola mette un freno, rispondendo che «queste sono questioni che devono essere discusse all’interno del cda». Perché un evento sulle donne? «Il convegno ha due grandi scopi. Il primo è svolgere il nostro ruolo di servizio pubblico e dare attuazione a un obbligo che abbiamo — sulla base del contratto di servizio 2010-2012 ancora in vigore — di dare spazio a una rappresentazione corretta e non stereotipata delle donne. Lo facciamo sia intervenendo sulla qualità della nostra programmazione, sia aumentando il peso delle donne nella Rai, sia con iniziative come questo convegno con il quale vogliamo acquisire informazioni, conoscere meglio il Paese e metterci a confronto con gli altri per aprire un grande dibattito». Il secondo scopo? «Mettere in evidenza modelli positivi per diffondere il valore delle donne. Tutte le ricerche economiche e politiche ci dicono, ormai da tempo, che per un Paese è importante avere più donne nei ruoli decisionali: c’è una migliore amministrazione, un aumento del Pil… Voglio essere chiara: non intendo dire che le donne sono migliori degli uomini, quello che funziona è il mix uomo-donna, il fatto di portare e condividere modi e pensieri diversi». La Rai ha approvato, prima in Europa tra i servizi pubblici, una policy di genere. Con quali risultati? «Dal monitoraggio commissionato all’Osservatorio di Pavia emergono risultati positivi. Abbiamo una qualità ottima sulle fiction, nelle quali oggi troviamo donne reali: nel comune sentire deve passare l’idea che è normale che una donna sia avvocato o tenente di vascello o magistrato e che abbia una sua vita e capacità di contribuire alla crescita del Paese. È aumentato il numero delle giornaliste, che ora rappresentano più del 40 per cento del totale, ed è cresciuta anche la loro presenza in video. Così come è aumentato il numero delle conduttrici e la presenza delle concorrenti nei quiz. Da settembre 2012, quando è entrato in carica questo cda, a settembre 2013, inoltre, sono state nominate 12 dirigenti donne». Le frasi ❜❜ Squilibri Tra gli esperti che consultiamo e le persone intervistate o di cui si parla molti sono ancora uomini ❜❜ Il giusto mix Quello che funziona è il mix tra uomini e donne, il fatto di portare modi e pensieri diversi ❜❜ Share e sobrietà Abbiam0 sempre uno share del 40% come media settimanale, anche se siamo sobri Tv di Stato Anna Maria Tarantola è presidente della Rai da luglio del 2012 (foto di Massimo Percossi/Ansa) Dove si deve fare di più? «Sulle esperte-donne che vengono consultate, un tema sul quale abbiamo comunque iniziato un lavoro di mappatura. E sulle persone intervistate e di cui si parla. Questo, purtroppo, non è un terreno sul quale la Rai può fare da sola: i portavoce dei politici sono prevalentemente uomini, così come i personaggi di cui si parla. È il riflesso del fatto che le posizioni apicali sono maschili. Noi possiamo fare di più ma dobbiamo fare i conti con la realtà». La realtà dice che la Rai, così, è in calo di ascolti. «La Rai ha sempre uno share del 40 per cento come media settimanale, che è di ben 5 punti sopra la concorrenza. Detto questo, se diamo una rappresentazione più sobria perdiamo ascolti? Ma noi siamo il servizio pubblico e il contratto di servizio ci dice che dobbiamo muoverci in questa direzione. Dobbiamo essere molto bravi. Io non sono una creativa e dico, con umiltà, che ho bisogno di autori che sappiano creare una fascinazione senza rappresentare la donna come un oggetto ma come una risorsa pensante. Si possono avere ottimi risultati, come con Don Matteo, Montalbano, anche con un tema triste come Braccialetti rossi». Per ogni promozione avete dato indicazione di esaminare il curriculum almeno di una donna. «È una parte della nostra policy di genere sulla quale c’è stato consenso in azienda e che stiamo attuando. Tante volte, infatti, la discriminazione è implicita: si è portati a non prendere in considerazione le donne anche senza avere intenzione di escluderle. È la discriminazione più subdola». Quali sono state le reazioni interne? «Nei grandi processi di cambiamento è normale che ci possa essere del disorientamento, ma la struttura Rai ci sta seguendo». La concorrenza è sempre più forte e le risorse scarse. «Quando il nuovo cda si è insediato si è posto tre obiettivi: il riequilibrio economico-finanziario, gli investiChi è menti in tecnologie e l’eccellenza dell’offerta. Su tutti e tre abbiamo perseguito buoni risultati, soprattutto sul riequilibrio economico-finanziario dove siamo in linea con il budLe origini get e, anzi, andiamo meglio. Anna Maria Quanto alle tecnologie, abbiaTarantola, 69 mo investito moltissimo nella anni, è nata digitalizzazione: abbiamo dia Casalpustergitalizzato il Tg2, in maggio lengo (Lodi) toccherà al Tg3, poi al Tg1 e alGli studi la Tgr. Abbiamo, inoltre, avNel 1969 viato un importante processo si è laureata di digitalizzazione aziendale. in Economia Sul fronte dell’offerta i miglioe commercio ramenti si vedono. Infine, atall’Università traverso Rai Fiction e Rai CiCattolica nema investiamo oltre 250 di Milano ed è milioni che vanno ai produtstata ricercatrice tori indipendenti, i casi sono alla London molti, per esempio Mamma School of imperfetta (co-prodotto con il Economics Corriere della Sera). Significa Il curriculum che la Rai crea valore». Nel 1971 è stata La consigliera di amminiassunta in Banca strazione Luisa Todini ha crid’Italia. Nel 2009 ticato la governance Rai e ha è stata nominata proposto di avere un ammivicedirettore nistratore delegato con diritgenerale e da to di voto e consiglieri con luglio 2012 è meno poteri di oggi. È d’acpresidente Rai cordo? «Sono una presidente di garanzia, devo tutelare tutti e rispettare il quadro normativo in cui tutti devono lavorare. La governance è l’argomento per cui sono stata chiamata qui: cerco di ottenere il massimo di indipendenza e di funzionalità nel rispetto dell’attuale legge. Se il Parlamento e il governo volessero chiedermi un’opinione la dirò in quelle sedi». Come è stato il suo impatto con la Rai? «Delicato, perché mi sono trovata in una realtà che non conoscevo e che aveva grandi complessità: alcune che riguardavano aspetti organizzativigestionali che sono comuni a tutte le aziende, altre completamente nuove. Ho passato i primi 6-8 mesi a studiare. Poi, questa è un’azienda che ha una grande potenzialità e una responsabilità enorme e che sta vivendo un momento di grande cambiamento. Forse va un po’ lentamente, ma non è che la Rai non ha capito che molto è cambiato. Anzi». Maria Silvia Sacchi © RIPRODUZIONE RISERVATA Napoli Imperia Segregata in casa La madre: «Mia figlia non voleva uscire» Invalido denuncia: «Equitalia pignora la mia pensione» NAPOLI — «Chiara non era sotto sequestro: non voleva uscire e rifiutava che altre persone entrassero nel suo appartamento». È con queste parole che Rosa, la madre della donna rimasta per otto anni chiusa in un appartamento nel quartiere napoletano del Vomero, ha raccontato ieri mattina al gip la sua versione della storia. L’ex insegnante settantenne — ora agli arresti domiciliari — si è difesa dalle accuse di sequestro di persona e abbandono di incapace: ha ammesso che la figlia non era in possesso delle chiavi di casa, ma ha aggiunto che si trattava di una precauzione visto che la giovane, affetta da disturbi psichici, avrebbe potuto chiudersi dentro. La figlia resta intanto in ospedale in attesa di accertamenti sulle sue condizioni psicofisiche. IMPERIA — Pensione di invalidità pignorata da Equitalia per contributi previdenziali non pagati che da un milione di lire sono ora diventati 10.963 euro. Succede a Imperia dove il provvedimento è stato impugnato dall’avvocato dell’invalido, visto che la pensione (919 euro al mese) è stata «congelata» e l’imprenditore dice di aver saputo del provvedimento solo quando è andato alle Poste per ritirarla. Oltre al pignoramento, all’uomo sarebbe stato bloccato anche il rimborso di 15 mila euro per i mesi nei quali la pensione, per un contenzioso con l’Inps, non era stata pagata. Equitalia ha fatto sapere che oggi cercherà di «capire la situazione». Per legge si può pignorare una pensione nei limiti di un 1/10 se l’importo non supera i 2.500 euro mensili. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA 22 Cronache Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Il caso L’Osservatorio: mancano piano generale e gestori A pezzi Quel che resta di una parte del muro di una tomba della necropoli di Porta Nocera all’interno del sito archeologico degli scavi di Pompei. Il pezzo di costruzione è crollato durante la notte tra sabato e domenica forse a causa delle forti precipitazioni. Un altro crollo ha riguardato il Tempio di Venere, sempre a Pompei (foto di Ciro Fusco/Ansa) Altri crolli per la pioggia nella città antica Così muore Pompei Domani vertice urgente con il ministro ROMA — Lentamente muore, Pompei. Sabato sera sono cadute pietre da una spalletta del Tempio di Venere, nell’ottava regione, ai confini della città antica. E ieri mattina si è sbriciolato un muro di quasi due metri della necropoli di Porta Nocera, il monumento funerario più importante degli scavi. Colpa della pioggia battente di questi giorni, sembra. Domani mattina il neoministro Dario Franceschini ci saprà dire qualcosa di più preciso, forse. Appena saputo dei crolli negli scavi (sono stati segnalati dalla soprintendenza) il titolare dei Beni culturali ha convocato una riunione urgente con il soprintendente incaricato Massimo Osanna, il direttore generale delle antichità Luigi Malnati, il direttore generale del Grande progetto Pompei, il generale Giovanni Nistri, tutti nominati dal precedente ministro Massimo Bray. Tutti ancora in attesa di diventare pienamente operativi. Lentamente muore, Pompei. Non si era finito di festeggiare la fine dei restauri della domus del Criptoportico che sono arrivati questi due nuovi Gli scavi I danni La pioggia di questi giorni ha causato nuovi danni agli scavi di Pompei. Sabato sera sono cadute pietre da una spalletta del Tempio di Venere, nell’ottava regione, ai confini della città antica, e ieri mattina si è sbriciolato un muro di quasi due metri della necropoli di Porta Nocera, il monumento funerario più importante degli scavi Il ministro Il titolare dei Beni culturali Dario Franceschini ha convocato una riunione urgente con il soprintendente incaricato Massimo Osanna, il direttore generale delle antichità Luigi Malnati, il direttore generale del Grande progetto Pompei, il generale Giovanni Nistri, tutti nominati dal precedente ministro Massimo Bray e ancora in attesa di diventare pienamente operativi crolli. Meglio: si stava festeggiando la fine della prima parte dei restauri, visto che i 370 giorni di lavori sono serviti soltanto per il consolidamento e per il restauro strutturale, mentre la seconda parte degli interventi di restauro degli apparati decorativi (stucchi, pitture parietali, pavimenti a mosaico) non solo deve ancora partire, ma deve proprio ancora essere fatto il bando di gara. La domus del Criptoportico è il primo dei cinque lotti di lavori previsti dal progetto Grande Pompei, quello finan- ROVITO (Cosenza) — Spariti nel nulla e, per ora, senza un motivo. Una mamma — Daniela Falcone, 43 anni — e il figlio di 10 hanno fatto perdere le loro tracce sabato, quando la donna è andata a scuola a prendere il piccolo prima della fine regolare delle lezioni. A dare l’allarme, nel primo pomeriggio dell’altro ieri, è stato il marito di Daniela. La donna, assieme al bambino, si sarebbe diretta, a bordo della sua piccola utilitaria di colore giallo, verso la località montana di Camigliatello Silano. Per ora l’ipotesi è che sia un allontanamento volontario, ma si indaga a 360 gradi. SELVA DI CADORE (Belluno) — Una bimba di 6 anni è in condizioni disperate dopo esser caduta in un torrente ghiacciato. La piccola, residente a Venezia, stava giocando quando si è allontanata all’improvviso. I genitori, non vedendola più, si sono messi a cercarla e poi hanno chiamato i carabinieri. I soccorritori hanno trovato la bimba scivolata nel torrente Loschiesuoi: qui un medico le ha prestato le prime cure per le conseguenze dell’immersione nell’acqua gelida. La piccola è stata poi trasportata all’ospedale di Trento. vi che tutto il mondo ci invidia è sufficiente fare un giro. Semplicemente una passeggiata. «Perché la verità è che per ogni crollo reso noto ce ne sono nove di cui non viene data notizia», garantisce Irlando, mentre alla notizia dei crolli si sono scatenate, immediatamente, le polemiche politiche, la più forte delle quali è quella di Elvira Savino, deputata di Forza Italia: «Il 10 novembre del 2010, l’allora capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini, intervenne in Aula per chiedere le dimissioni dell’allora ministro della Cultura Sandro Bondi. Oggi, per onestà intellettuale e coerenza, il ministro Franceschini si dovrebbe dimettere immediatamente». Il 6 novembre 2010 si sbriciolò a Pompei la domus dei Gladiatori. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Alessandra Arachi ziato dal commissario europeo Hahn, 105 milioni che sono stati sbloccati già nel novembre del 2011, ma che stiamo faticando a spendere. Per capire: per la prima fase dei lavori della domus del Criptoportico sono stati spesi 340 mila euro. Calabria «Manca un vero piano generale per gli scavi, ma soprattutto in questa fase mancano anche i gestori», sostiene Antonio Irlando, responsabile dell’Osservatorio del patrimonio culturale regionale. E spiega: «La nomina del soprintendente Osanna non è stata ancora perfezionata dalla Corte dei conti, mentre lo staff del Grande progetto Pompei non è stato ancora insediato, stiamo parlando di 25 persone che dovrebbero essere guidate dal generale Nistri». Per vedere lo stato di conservazione generale degli sca- Belluno Spariti madre e figlio di 10 anni Bimba nel torrente, è grave © RIPRODUZIONE RISERVATA arriva fixa superLuce, dedicata ai clienti eni gas 251111 con il costo della componente energia* bloccato per 2 anni e scontato del 50%** sia il primo mese di fornitura che ogni mese di giugno. passa a eni anche per la luce. *il costo della componente energia è pari a circa il 46% della spesa annua ante imposte di un cliente tipo (2.700 kWh all’anno per abitazioni di residenza con 3 kW). Le restanti componenti di spesa sono stabilite e periodicamente aggiornate dall’AEEG. ** sconto applicato sul costo della componente energia nel primo mese di fornitura e ogni giugno per due anni. L’incidenza percentuale media di ciascuno sconto riferita all’intero anno di fornitura è pari a circa il 2% della spesa annua ante imposte di un cliente tipo. Scopri l’offerta valida fino al 13/04/2014. eni gas e luce la soluzione più semplice chiama l’800 900 700, vai su eni.com o in un energy store eni esprimi la tua arte responsabilmente, solo negli spazi autorizzati eni.com Cronache 23 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 ✒ L’evento Sorrisi e coriandoli: la pattinatrice medaglia di bronzo all'Olimpiade e la spettacolare discesa dal campanile La Sicilia che si ribella contro il carro sessista di GIUSI FASANO D L’aquila di GAIA PICCARDI La pattinatrice 27enne Carolina Kostner durante la discesa del «Volo dell’Aquila» in piazza San Marco a Venezia (Ansa, LaPresse) L’ avevamo lasciata tremante e felice e trasparente come il ghiaccio dell’Olimpiade nel quale si era specchiata scoprendosi di bronzo, dieci giorni fa a Sochi, dépendance affacciata sul Mar Nero di Carolina Kostner. Quella bellissima espressione di stupore, Carolina se l’è portata dietro dalla Russia a Venezia: ieri l’ha indossata, insieme a un costume di brina, ghiaccio e licheni (design Francesco Briggi) intitolato alla natura, nel Volo dell’Aquila, lo «svolo» che nella seconda domenica del Carnevale replica quello dell’Angelo della prima domenica, tradizionale citazione dell’omaggio che veniva portato al Doge. «Mi hanno imbragata e dato un sacchetto di coriandoli in mano da lanciare sul pubblico» (meno folto del solito a causa della pioggia), ha spiegato una volta toccata terra, sulle note dell’Inverno di Antonio Vivaldi. Un volo, nel solco delle macchine sceniche rinascimentali della Serenissima — quando su Piazza San Marco «svolavano» turchi, barche e persino animali —, durato oltre quattro minuti. Hai avuto paura, Carolina? «Nessuna vertigine, nessun panico. Vedere Venezia dall’alto è stata un’esperienza unica» ha risposto l’Aquila di Orti- Quattro minuti di magia Il volo di Carolina a Venezia La Kostner a piazza San Marco per il carnevale sei, Val Gardena, Italy, con furore. Le ali che si è fatta crescere all’Olimpiade, quel viaggio dentro di sé alla fine del quale ha fatto pace con i Giochi e il podio di Olimpia (l’unico che fin qui era sfuggito al suo immenso curriculum), sono servite a Carolina per affrontare e reggere l’emozione di essere protagonista di un evento così seguito e popolare, ottanta metri di lentissima picchiata: il direttore artistico Davi- Dopo i Giochi La sorpresa sul volto e le ali diventate così forti da affrontare l’emozione sono le stesse di Sochi de Rampello aveva scelto un’atleta non casuale (dopo la ginnasta Fabrizia D’Ottavio e la pallavolista Federica Piccinini; Federica Pellegrini nel 2007 era stata invece Colombina nel Volo dell’Angelo), che passasse con disinvoltura dal ghiaccio al cielo. Il bronzo di Sochi non ha appesantito le ali di Carolina, l’angelo che dopo l’Ave Maria dell’Olimpiade è atterrato sul Carnevale più famoso del mondo con la leggerezza di chi non ha più nulla da chiedere. Rimane un ultimo impegno tra i sacrifici di una carriera cominciata a 12 anni nel buen retiro di Oberstdorf (dove vive e si allena da quando il palaghiaccio di Ortisei fu danneggiato da una frana) e il futuro. Il Mondiale in Giappone, a fine marzo, dove onorerà la medaglia di Sochi. Poi, dopo freddo, ghiaccio e voli a planare, finalmente, la vita. © RIPRODUZIONE RISERVATA ovremmo metterci tutte in fila e stringere la mano a Maria Vittoria Cerami, avvocatessa attiva dalle parti di Blufi, sulle Madonie. Dovremmo dirle grazie perché è stata capace di indignarsi e far sentire la sua voce che parlava per tutte noi, per tutte le volte che abbiamo subito un’offesa come donne, per quanto piccola fosse. È successo che nel Palermitano, a Blufi appunto, tra i carri allegorici che sfilavano per il carnevale, ce ne fosse uno che portava a spasso una enorme Betty Boop di cartapesta: in ginocchio, piegata in avanti, con le gambe aperte, vestita solo di scarpe rosse, perizoma e reggiseno in tinta. Non solo. Betty Polemica Il carro allegorico ispirato a Betty Boop fotografato per le vie di Blufi, in provincia di Palermo, durante il Carnevale delle Madonie (foto da Facebook) era stata creata ancora più esplicita di quanto suggerisse la sua posa: «vieni da me» invitava l’indice della sua mano destra curvo come un gancio. L’avvocatessa l’ha guardata un minuto e ha chiamato i carabinieri: «È un messaggio di umiliazione e violenza per il corpo femminile», in un paese in cui solo tre mesi fa una donna è stata assassinata brutalmente. Risultato: Betty è uscita una sola volta, gli altri giorni hanno sfilato al suo posto un bel po’ di polemiche, con Maria Vittoria Cerami che ha trasferito la questione su Facebook e ha ricevuto telefonate di insulti. Ora: dopo tanto parlare di femminicidio e diritti di genere, possibile che gli ideatori del pupazzo non abbiano pensato al messaggio sessista che hanno impastato con la cartapesta? Se fossero in buona fede, se avessero semplicemente passato il limite del buongusto senza voler alludere ad altro, oggi dovrebbero mettersi in fila anche loro, stringere la mano all’avvocatessa e dirle grazie. © RIPRODUZIONE RISERVATA 24 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Moda 25 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Sulla Senna Phoebe Philo evoca l’artista Hoch e il risultato è una armonica eleganza «femminista»: cappotto di maglia e pantaloni di lana scampanati Chloé Abiti midi scivolati e mantelle (Reuters) John Galliano Velluto color prugna (Afp) DAL NOSTRO INVIATO Ter et Bantine Giacconi over e ritorno del nero Neil Barrett Giubbotti imbottiti rubati a lui Celine dadaista Le donne noir di Kenzo PARIGI — Moda a confronto sulle passerelle Parigi. Veloce e commestibile da Kenzo; empatica e cerebrale da Celine. Fenomeni entrambi del momento, interpreti Humberto Leon e Carol Lim di un linguaggio più giovane, Phoebe Philo più concettuale e sottile. Facce di una stessa medaglia, l’arte del vestire. Gli scanzonati «dei» Kenzo, che tanti definiscono stylist più che stilisti (potrebbe anche essere vero ma certo stanno risollevando la maison), amici inseparabili dai tempi della scuola, hanno fatto un lavoro più profondo del solito, ben oltre quindi la felpa cool e la stampa del momento. David Lynch l’ispirazione, con i suoi film ossessione e le sue donne contorte: la buona Lula di Cuore selvaggio, la torbida Laura di Twin Peaks e la conturbante Dorothy di Blue Velvet. Lo stesso regista firma l’enorme testa d’uomo che fa da sfondo alla sfilata e le pareti curve a specchio che disorientano e inquietano lo spet- Leon e Lim si ispirano alle ossessioni di Lynch Come in un hammam Atmosfera da hammam per lo stilista libanese Kayrouz: lì si mescolano sensualità e intimità Kenzo PARIGI tatore: «Un po’ di mistero e un po’ di emozione», scrive Lynch di cui Humberto era fan sin da bambino. «Era il mio eroe — dice — sono cresciuto con i suoi film». E sono sensazioni più che didascaliche citazioni: l’atmosfera noir, soprattutto, non solo per il colore base che attraversa la collezione ma anche per quel coprire esasperando (le gonne a ruota sopra il tailleur, per esempio), salvo sottolineare la femminilità da manuale: la vita sottile e le lunghe gambe. Improvvise stampe colorate, spesso metalliche e fluo, di utensili, screziature e optical geometrici, come certe scene alla Lynch, attirano l’attenzione sui dettagli. Imbottiture, pelle, pelliccia, maglia, tessuti tecnici e la nuova borsa che è come una busta sulla quale sta scritto «Forever, no». Tutto passa, sì. Ma non sempre. Ecco che da Celine, Phoebe Philo, invita tutti con le immagini (volti, corpi, animai) di Hannah Hoch, artista e fotografa dada, che fu tra le prime usare negli anni Venti la tecnica del fotomontaggio: Londra proprio in questi mesi le sta dedicando una mostra importante Rabih Kayrouz Tuniche e cappotti avvolgenti Gioca su sovrapposizioni, stampe e volumi a contrasto la collezione di Kenzo, creata dagli americani Humberto Leon e Carol Lim. Per la loro sfilata si sono ispirati alle atmosfere di David Lynch (Afp) (oltre 100 opere) alla Whitechapel Gallery. La stilista lancia il sasso e non nasconde la mano, i suoi abiti sono come i collage dadaisti della Hoch, con il risultato che tutto è di un’armonica eleganza «femminista» : il manicotto di pelliccia colorata da lady, sul cappotto di maglia lungo dai grandi bottoni bianchi e il pantalone di lana scampanato. O la camicia Vichy, con la tunica sopra il ginocchio e la gonna alla caviglia tutto uno spacco. Le estremità (colli e bordi) esagerati al fine di allungare la silhouette. E ai piedi sandali (sì d’inverno) con la para o con la zeppa. Gli anni Venti e Trenta, ma anche i Settanta per un’indiscutibile identità contemporanea: un nuovo minimalismo dove sottraendo e arrivando anche a un solo un pezzo, lo stile è identificabile. Brava. Oltre. Manca un po’ di personalità alla nuova giovane donna Chloé di Claire Keller Waight. Abiti midi e scivolati di chiffon, pastrani, mantelle, gonne e bluse-tunica. Colori chiari e pastello e qualche animalier polveroso. Di tutt’altro impatto la collezione dello stilista libanese, ma ormai stabile a Parigi da tre anni, Rabih Kayrouz. Nella sua Mai- son lo stilista immagina una donna che porta dentro se la fierezza di certi paesi caldi e di abitudini così radicate. Come quello degli hammam: «Luoghi meravigliosi esteticamente ma anche come punto di incontro. Sensualità e intimità si mescolano senza barriere». Così il gesto del pareo annodato sul corpo diventa un abito in taffetà, il morbido accappatoio è un cappotto avvolgente di mohair bouclé che ricade sulle spalle, le lunghe tuniche di moment di relax in raso sono vesti per la sera, la salvietta attorno al collo è una stola di cachemire avvolgente. Seconda sfilata in terra francese dell’italianissima Ter et Bantin. Manuela Arcari la stilista, fa un lavoro completo sul nero che è l’unico colore della collezione interrotto solo da qualche bordo o interno bianchi e dal gioco di tessuti e jacquard che ne definiscono le mille sfumature. Cappe e cappotti, gilet e pantaloni maschili, abiti midi e leggings, bomber e t-shirt over, pellicce, pelle. Ai piedi ballerine o mocassini dalla punta di metallo. Non c’è pezzo che non verrebbe voglia di aggiungere al più aggiornato dei guardaroba in black. Paola Pollo © RIPRODUZIONE RISERVATA Celine Silhouette allungata per una moda senza taglie. La britannica Phoebe Philo da Celine porta avanti la sua eleganza rilassata. A destra la maglia abito con pantaloni a zampa (Reuters) Tendenze Yves Salomon La pelliccia è un gilet blu a pois. Poi, colori e rasature a contrasto. Nella foto, visone nero a pois blu davanti e, dietro, a campi inversi. Fuori la pelliccia è naturale, dentro rasata Delfina Delettrez Fanno parte della collezione Gold Vein gli anelli «Dots»: in oro, rielaborati con l’utilizzo di pietre preziose tra cui diamanti bianchi e neri, topazi multicolore e zaffiri Equipment Le nuove camicie in stile «school girls» hanno stampe check dallo spirito allegro, fantasie floreali nei toni del blu su fondo marrone. In alternativa, pennellate di rosso fragola e rosa intenso 26 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Cultura Scoperta una «Pompei di microbi» La placca dentaria (o tartaro) sarebbe tra le «fonti meglio conservate di colonie di microbi umani». La scoperta su quattro scheletri antichi di mille anni di una «Pompei microbica», ad opera di un team di ricercatori di sette Paesi, è stata pubblicata su «Nature Genetics» e costituisce un progresso notevole nello studio del Dna medievale. Il personaggio Scompare a 92 anni l’educatore che aprì l’insegnamento a una varietà di linguaggi. Senza arrendersi al declino Mario Lodi, tutti i colori della scuola Mostre, libri, film, incontri e giornali autogestiti: la scelta degli alunni protagonisti di ERMANNO PACCAGNINI La biografia C i sono autori curiosamente legati a un titolo. Mario Lodi, nonostante la settantina di titoli della sua bibliografia, per la maggior parte delle persone credo sia un nome legato soprattutto a tre titoli, nei quali però sono già riassunte le esperienze di una vita intera. Per i ragazzi — e per chi ha conservato l’animo del ragazzo – Mario Lodi è soprattutto Cipì, la storia di quel passerotto curiosissimo di tutto quanto gli accade attorno, che, come tutti i piccoli, si muove sventatamente, incappando in buoni e cattivi incontri, imparando però a proprie spese, dalle proprie esperienze, a crescere e maturare. Un classico della narrativa per ragazzi; ma anche qualcosa di più: perché in quel racconto del 1961 era riassunto un metodo di lavoro di quel maestro elementare cremonese quasi quarantenne (era nato il 17 febbraio 1922, è morto ieri) che poneva al centro d e l l ’e d u c a zione e dell’insegnamento l’esperienza vissuta quotidianamente dai ragazzi, protagonisti d’ogni pratica educativa. Era il principio d’un percorso d’apprendimento che, quale che fosse la materia scolastica, doveva prendere le mosse dal mondo del bambino, dalla sua quotidianità personale, familiare e sociale, dalle esperienze dei suoi stessi affetti. Un’esperienza positiva, approdata anni dopo nel celebre libro dal titolo che ha l’espressione d’un sorriso: C’è speranza se questo accade a Vho. Ossia: la speranza di crescere senza essere «costretti» dentro maglie che devono essere necessariamente uguali per tutti. Di crescere attraverso domande e ricerche, che si traducevano in inchieste, in giornalini scolastici, in possibilità di mettere nero su bianco il frutto delle proprie curiosità, di esprimersi attraverso scritti, disegni, musica, teatro, danza, gestualità. Un’esperienza e un progetto che ha fatto dire ieri sera al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che con Lodi «scompare uno di quei piccoli maestri che ha fatto grande l’Italia». Un lavorare «insieme» con i ragazzi La carriera Mario Lodi (sotto e a destra con i suoi alunni di Vho) nasce a Piadena nel ‘22. Inizia la carriera di maestro nel 1940. Dopo la guerra aderisce al Movimento di Cooperazione Educativa ispirato alla pedagogia popolare di Célestin Freinet affidato tra il 1964-1969 a diari di lavoro con testi e conversazioni tenute coi bambini, che nel 1970 si sarebbe concretizzato nell’altro testo pedagogicamente sconvolgente: Il Paese sbagliato. Diario di un’esperienza didattica (Premio Viareggio), nel quale quel modo stesso di lavorare veniva a suonare atto d’accusa contro una scuola vecchia, burocratizzata, autoritaria. E questo in un anno significativo, proprio perché interveniva dialogicamente con i movimenti di contestazione, mostrando la possibilità che, anziché esser distrutta, la scuola poteva invece essere trasformata in qualcosa che attuava concretamente spirito e valori di quella Costituzione italiana, di cui Lodi avrebbe approntato una edizione per bambini. Ciò che altro non era se non il logico approdo di un’esperienza non solo di maestro, ma soprattutto di uomo: di chi, dall’immediato dopoguerra, è impegnato socialmente nel processo di ri- L’invenzione Molti lo conoscevano soprattutto per «Cipì», la storia di un passerotto curioso di tutto, che incappa in buoni e cattivi incontri I progetti In 22 anni di insegnamento a Vho di Piadena realizza molti libri: alcuni scritti insieme ai suoi alunni; molti dedicati alla sua esperienza pedagogica. Il Paese sbagliato (Einaudi) vince il Viareggio nel 1971. Nel 1989 fonda la Casa delle Arti e del Gioco in una cascina a Drizzona (Cremona) riguardano, anziché tracce di temi su conoscenze preconfezionate nei libri di testo. I bambini muovevano con le loro braccia la macchina tipografica per vederne uscire il simbolo della libertà (perché questo pensava Lodi della stampa): la loro. Così Lodi insegnava ai suoi bambini prima di tutto a pensare, chiedere e dubitare, allenandone la capacità di pensare, chiedere e dubitare su ciò che si sa. Lodi non ha mai smesso una volta di allertarci «se i bambini non parlano», e per lui parlare era dipingere, scolpire, giocare e molto altro, con ogni mezzo. Perché un bambino che tace è un bambino in cui il ben-essere e il ben-diventare sono compromessi dall’assenza di qualcuno che ascolta. alcuni scritti insieme ai suoi alunni, come Bandiera, Cipì, La mongolfiera, senza dimenticare l’indagine condotta nel 1980 in Italia, raccogliendo cinquemila fiabe inventate dai bambini a dimostrazione della loro creatività in tempi di televisione, con conseguente fondazione del giornale «A&B» scritto e illustrato interamente dai bambini. Sino a quel 1989 in cui, coi soldi del Premio internazionale Lego a Drizzona, presso Piadena, crea la Casa delle Arti e del Gioco, vero laboratorio sperimentale che studia tutti i linguaggi dell’uomo, compresi i multimediali. Una vita per la scuola, quella di Mario Lodi. E coi ragazzi. Perché, come ha scritto: «Ero un maestro unico che insieme ai bambini allargava il mondo reale del Paese fino a scoprire i grandi problemi planetari come quello delle migrazioni, dell’inquinamento, della raccolta dei rifiuti. Avevo trovato tanti amici esperti dai quali imparavo tante cose». © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA La testimonianza Il suo modello educativo resiste attraverso le generazioni Un «maestro ignorante» e i diritti dei bambini di MARINA SANTI N on ho incontrato Mario Lodi e ora so che non lo potrò mai incontrare. Eppure la sua voce è vicina a me e agli studenti del corso di Didattica Generale dell’università dove insegno, a Padova, nel video di una intervista che proietto in aula per spiegare cosa sia stata e cosa possa essere una «scuola attiva». Lì il maestro Lodi racconta con i suoi modi gentili e insieme forti dell’autorevolezza, e dell’esperienza, i valori che hanno animato il suo impegno verso il diritto dei bambini ad avere voce nel mondo, a dare ad esso la propria voce e a far parlare il mondo di loro. Vi traspare la sapienza di un «maestro ignorante», che sa cogliere l’importanza di imparare dai bambi- ni e dal loro modo di leggere il mondo. Lì Lodi denuncia l’arroganza di una cultura e una società che non sanno apprendere e attingere dalla parte più creativa, aperta e generativa dell’umanità, che abdicano alla responsabilità di nutrirla con la scuola. In quell’intervista rimpiange le occasioni perdute — il mezzo televisivo lo è — per portare ricchezza di idee ai meno ricchi e privilegiati, ciò che seppe fare un compagno di strada come Alberto Manzi. Lodi ci ricorda quanto sia sciocco non cogliere nella ricerca di senso e di esperienza dei bambini non solo l’espressione di un diritto, ma un’opportunità di crescita collettiva. Egli insegnò a scrivere ai bambini stampando giornali di classe tra i banchi; giornali pieni di domande e risposte dei bambini sui problemi che li Società Laicità e fede, Marco Ventura pubblica «Creduli e credenti», lucida analisi a partire dal Concordato dell’84 Il declino della Chiesa. E anche dello Stato Trent’anni fa una speranza che non si realizzò di ARMANDO TORNO I l discorso lo cominciamo con un classico, Alexis de Tocqueville. Ne La democrazia in America lasciò una considerazione che conserva una sua attualità. Anche se sono passati quasi due secoli: «Alleandosi a un potere politico, la religione aumenta il suo potere su alcuni uomini, ma perde la speranza di regnare su tutti». Il passo ci è venuto in mente leggendo l’acuto saggio di Marco Ventura Creduli e credenti. Il declino di Stato e Chiesa come questione di fede (Einaudi, pp. 234, 18). Colpisce in queste pagine, documentate con sintetiche e attente ricostruzioni di fatti recenti — dal caso del divorzio di Maria Grazia Pellegrini a Susanna Maiolo che si getta su papa Ratzinger il giorno di Natale del 2009, dalla lectio magistralis alla Lateranense del maggio 2004 di Marcello Pera alla professione di costruzione di una cosciente e convinta società democratica a partire dalla scuola, attraverso la creazione del Movimento di Cooperazione Educativa. Una società che può essere tale grazie a iniziative culturali, come la costituzione nel suo piccolo centro di una Biblioteca Popolare (ne verranno i Quaderni di Piadena) o del Gruppo Padano, per la conservazione della memoria della cultura popolare, in quegli anni a rischio emarginazione per la calamitante curiosità della nascente televisione. Quella televisione con cui Lodi ha fatto i conti di continuo, soprattutto nell’ottica del rapporto con essa dei bambini: senza preventiva demonizzazione, ma attento a quanto ne poteva venire loro di positivo e di negativo. E non solo i bambini, come ricorda in A tv spenta. Diario del ritorno del 2002: nel quale sono gli adulti a esser sollecitati a riappropriarsi della quotidianità, dando libero gioco alla curiosità per una mostra, un libro, un film, una passeggiata, un incontro con gli amici. Un impegno costante, proseguito negli anni con una produzione che annovera interventi, saggi, racconti e fiabe, fede buddhista di Roberto Baggio — la lucida analisi di quanto è avvento dopo il 18 febbraio 1984. In quel giorno a Villa Madama la Santa Sede e il governo italiano, ovvero il cardinale Casaroli e Bettino Craxi, firmarono l’accordo sostitutivo dei Patti Lateranensi del 1929. Una settimana più tardi verrà siglato anche quello con Valdesi e Metodisti, il primo con dei non-cattolici della storia italiana. Momenti da leggere in chiave di libertà: il Belpaese non era più uno Stato (soltanto) cattolico e ogni cittadino avrebbe potuto scegliere a quale Chiesa donare l’otto per mille, l’ora di religione, quale fede professare. Ventura coglie il declino dell’istituzione romana dopo il 1984, allorché si cercò di ristabilire una certa «identità cattolica». Nota, tra l’altro, che in questi ultimi trent’anni «la Chiesa ha scelto il credere contro il non credere». Non ha cercato un dialogo come quello avviato dal cardinale Martini con la catte- dra dei non credenti, con il quale si desiderava capire le ragioni del rifiuto della fede e trovare valori di incontro. Piuttosto c’è stato un ritorno ai «punti fermi» (usiamo un’espressione di Hans Urs von Balthasar) della tradizione: «Il credere nella verità del Dio cattolico contro la falsità di ogni altro Dio: quello relativista e secolarizzato, anzitutto; poi quello dei cattolici eretici; poi quello protestante, anglicano e ortodosso; infine quello islamico ed ebraico, hindu e buddhista. In questi tre decenni, Joseph Ratzinger ha amato la tradizione in pericolo, e ha messo tutto il cuore per farla amare». D’altro lato l’Italia ha conosciuto un analogo fenomeno, visibilmente più marcato, tra crisi economiche soffocanti e interventi dall’alto dell’Unione europea che hanno trasformato i suoi contribuenti in sudditi. Ventura sottolinea: «In profondità, il declino dello Stato coincide con il tradimento delle pre- Il presidente del Consiglio Bettino Craxi e il Segretario di Stato vaticano Agostino Casaroli alla firma della revisione del Concordato tra Italia e Santa Sede il 18 febbraio 1984 messe del 1984: con l’incapacità del Paese di riconoscere la propria fisionomia secolarizzata e multireligiosa e di trarre da essa le energie per il rinnovamento della società e per la riforma dello Stato». Il libro è scritto per chi spera in una Chiesa e in un’Italia migliori, non indugia sulle critiche di coloro che utilizzano se stessi come parametro di verità. Parte da fatti concreti per evidenziare il disagio di un mondo che, con l’aiuto dei salotti, si è aperto ai creduli e non ai credenti. Tra gli uni e gli altri la differenza è abissale: i primi professano una fede che «giustifica ogni tattica» e vincono sempre, anche quando perdono, giacché sono protesi del potere; i secondi hanno «limpidi i sensi» e soprattutto sanno che «senza il dubbio non c’è la fede». Tra loro ci sarà «la lotta decisiva». Certo, ora dovrà svolgersi alla presenza di papa Francesco. Il quale, nota Ventura, ha operato una svolta epocale. Già, ci sarebbe da aggiungere qualcosa sullo Stato italiano. Ma qui, non in ossequio agli scettici ma per elementare buon senso, sospendiamo il giudizio. Il libro offre osservazioni preziose. Se qualche inquilino del Palazzo del Potere desiderasse migliorare le proprie letture acquistandolo, lo ricorderemo nelle nostre preghiere. © RIPRODUZIONE RISERVATA Terza Pagina 27 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Anteprima Sul «Mulino» una riflessione che parte dall’appello della filosofa ai popoli dopo la guerra Elzeviro «Manon Lescaut» all’Opera di Roma LA MALEDIZIONE DELL’EROS La lezione della Arendt: oltre i risentimenti c’è un futuro di PAOLO ISOTTA S e si paragona allo svolgimento del romanzo dell’Abate Prévost e della Manon di Massenet, la «disperata passione» della Manon Lescaut di Puccini mostra come per l’Autore l’eros sia solo una maledizione e non possa esser concepito che infelice. La fanciulla del West rappresenta l’eccezione; ma si pensi alla Rondine: è un’Operetta eppure si termina peggio che con la morte, con la morte delle illusioni. La Manon Lescaut è vista siccome la prima Opera nella quale Puccini è compiutamente se stesso; e se si considera quanto adesso ricordato possiamo gettare una luce sulla Grande Incompiuta, la Turandot: non è vero ch’essa non venne terminata pel sopraggiungere della morte, è vero che la morte sopraggiunse quando Puccini non riusciva a terminarla perché non riusciva a trovare termini artistici per lui soddisfacenti a dipingere il «disgelo» della «principessa di gelo», la sua trasformazione in un essere di umane passioni. Or la Manon Lescaut è anda- ❜❜ La direzione di Muti e il ricordo di Toscanini ta in scena al Teatro dell’Opera di Roma dopo giorni di polemiche per via d’un annunciato sciopero che avrebbe portato all’annullamento delle recite: e a proposito delle polemiche vien di citare un proverbio napoletano raccolto dal Basile, pure ‘e pulece tenon’ ‘a tosse, ossia anche le pulci hanno la tosse, visto che un giovane direttore d’orchestra agente sulla romana piazza ha voluto suggerire a Riccardo Muti le modalità onde esercitare il compito di direttore musicale: il che egli esercita dal 1968. Nella qualità al Teatro dell’Opera, Muti ha concertato e diretto il capolavoro di Puccini per la seconda volta nella sua vita dopo averlo fatto alla Scala nel 1998. Io c’ero e posso dire che anche in questa circostanza si mostra come il passare del tempo sia da Muti colto come occasione meliorativa. Le sue cose più belle ce le ha date tra i 65 e i 72 anni grazie al costante perfezionamento delle sue qualità dovuto allo studio e alla grazia di Dio. Il suo gusto strumentale è qui eccelso: egli prosciuga la partitura e ne rivela la smagliante veste strumentale. Ma poi fa questo con una gelosa attenzione al canto la quale non solo porta i protagonisti di là da se stessi ma aiuta ogni singolo comprimario. Per esempio, il maestro di ballo o l’ufficiale del terzo atto vedono le loro battute trasformate nella verità drammatico-musicale. L’agilità ritmica di Muti è qui impareggiabile e si esplica in L’Europa rinasce dal perdono di MAURIZIO FERRERA libertà che nulla hanno da fare colla cosiddetta tradizione, spesso deteriore: e può apprezzarsi anche nell’Intermezzo, esecuzione paragonabile a quella dello stesso Toscanini. La sua cultura può vedersi anche nel pastiche settecentesco: e per il Madrigale va lodato il maestro del coro Roberto Gabbiani. Io credo che l’accostamento toscaniniano derivi non solo dalle qualità di Muti ma anche da circostanze felicissime che hanno presieduto alla sua preparazione alla vita artistica. Egli è stato allievo di Antonino Votto il quale la Manon Lescaut direttamente apprese da Arturo Toscanini; e mi è caro ricordare le parole di Puccini in una lettera al «Corriere della Sera» del 1922. Toscanini aveva ripreso l’Opera alla Scala nel trentennale della «prima» e il nostro critico musicale, Gaetano Cesari, aveva parlato di miglioramenti all’orchestrazione. Nulla ho ritoccato, disse Puccini; quello che a Cesari è parso miglioramento è solo la concertazione fatta da Toscanini. La regia è della figlia del Maestro, Chiara: e io, che non avevo mai assistito a manifestazioni artistiche di questa giovane signora, temevo non fossi per prorompere nel rimprovero di nepotismo. Non è così giacché Chiara Muti si dimostra artista di grandi sensibilità e intelligenza e anche di cognizione drammaturgica profonda. Ella ci dà un Settecento francese così plausibile da farmi credere che sarebbe atta persino alla regia d’un Cavaliere della rosa: il momento del secondo atto ove si vede il parrucchiere acconciare Manon è già di quest’Opera. Notevole il fatto che ovunque incombano le sabbie del deserto ove la giovane puttana morirà disperatamente piangendo di voler vivere. Le scene, di un gusto squisito, sono di Carlo Centolavigna, mentre i costumi di Alessandro Lai s’ispirano magistralmente a Fragonard: e tutto il quadro del secondo atto cita il dipinto del tardo ottocentesco Adolph von Menzel Concerto a Sanssouci. La protagonista Anna Netrebko pare un’altra cantante rispetto alla Donn’Anna del Don Giovanni della Scala diretto da Daniel Barenboim; Yusif Eyazov fa un Des Grieux, parte quanto mai impervia, accettabile; Giorgio Caoduro è un buon sergente Lescaut. Poiché ho assistito anche alla prova con la seconda compagnia, posso dire gran bene di Serena Farnocchia e Francesco Landolfi, l’altro sergente; e debbo lodare Carlo Lepore siccome Geronte. I cosiddetti comprimari sono di prima categoria: Alessandro Liberatore, Edmondo, Andrea Giovannini, il maestro di ballo, Giorgio Trucco, il lampionaio, Gianfranco Montresor, il sergente, Paolo Battaglia, il comandante, e Roxana Costantinescu nel difficile ruolo del Musico. © RIPRODUZIONE RISERVATA Alla Gnam di Roma Ventisette artisti da copertina per la rivista «Mass Media» S’intitola «Ventisette artisti e una rivista» la mostra delle copertine del periodico «Mass Media», Capone editore (da oggi al 2 giugno alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma). La rassegna, curata da Mariastella Margozzi, espone opere realizzate per la rivista fondata nel 1982 da Gino Agnese, tra cui lavori di Burri, Noland, Tàpies, Accardi, Ràfols-Casamada (a destra), Perilli e Munari. I l carattere democratico di una comunità federativa dipende dal coinvolgimento dei cittadini, tanto nel processo costituente quanto nei processi decisionali disciplinati dalle norme costituite. Pur con tutti i suoi limiti, riconoscendo una sovranità condivisa fra cittadini e Stati, il Trattato di Lisbona ha già indicato la strada per risolvere il deficit democratico dell’Unione europea. L’organizzazione dei poteri nel Trattato non è tuttavia pienamente coerente: l’equilibrio fra Parlamento e Consiglio non è completo, il diritto d’iniziativa resta esclusivamente nelle mani della Commissione, il Consiglio europeo ha un peso eccessivo. Inoltre l’Unione post-Lisbona presenta una vistosa asimmetria di fatto fra le opportunità di partecipazione, da un lato, dei cittadini nel loro ruolo «nazionale» a quel che i loro governi fanno dietro i sipari della scena di Bruxelles e l’esercizio concreto di partecipazione da parte dei cittadini nel loro ruolo «europeo» a Stra- La rivista sburgo. La crisi ha esacerbato la situazione raf Questi due forzando il modello del brani sono tratti «federalismo fra esecutida articoli di vi». Maurizio Ferrera Se questa diagnosi è e Michele Salvati corretta, allora mettere in pubblicati sul coerenza il sistema euro nuovo numero con la sfera della rappredella rivista «Il sentanza significa riavMulino», nelle viare il processo costilibrerie in questi tuente basato sulla sovragiorni nità condivisa, correggere gli squilibri mantenuti dal Trattato del 2009, riportare nell’alveo di questo processo la moltitudine di procedure e istituti intergovernativi creati durante la crisi. (…) La grande recessione ha creato sentimenti di profonda sfiducia e persino di risentimento reciproco che sarà difficile superare. Ciò che occorre è una «massima di transizione», una bussola normativa che possa spegnere l’incendio. Dove trovarla? In un discorso tenuto nel 2010 Jacques Delors pronunciò le seguenti parole: «Dalla guerra gli europei uscirono trafitti da memorie tragiche, risentimento e sfiducia. Il progetto d’integrazione offrì loro una possibilità di riconciliazione, riconoscimento reciproco e tolleranza. Vennero in mente le parole della grande sociologa ebrea Hannah Arendt: perdonare e promettere. La promessa era che le generazioni venute dopo la grande tragedia sarebbero state tutte egualmente benvenute nella nuova comunità che si stava creando». La grande recessione non è (stata) una guerra, ma il parallelo non è così azzardato. Può la massima della Arendt (perdonare e promettere) esserci di nuovo d’aiuto? Credo di sì. L’Unio- Le chiavi del perdono e dell’amore nell’installazione «Personal ground» (2012) dell’artista americana Susan Lenz ne monetaria (Uem) ha prodotto effetti inattesi e proprietà emergenti, di fatto irreversibili. Ciascun Paese è entrato nell’euro con il suo carico di problemi, in parte non dichiarati (pensiamo alle reali condizioni della finanza pubblica greca). Negli anni le regole non sono state pienamente rispettate (Francia e Germania sforarono il tetto del deficit e non furono sanzionate). L’imputazione di responsabilità (per non parlare di «colpe») è complicata, scivolosa, politicamente inopportuna dopo l’incendio della crisi. Nell’anno in corso l’Ue dovrà affrontare passaggi delicatissimi: le elezioni per il Parlamento, la formazione di una nuova Commissione, la definizione del nuovo sistema di accordi contrattuali (le «promesse»…) che dovrebbero incentivare, ma anche facilitare (il «perdoHannah Arendt (Linden, 14 ottobre 1906 - New York, 4 dicembre 1975) è stata una filosofa e storica tedesca naturalizzata statunitense. È autrice, tra l’altro, del testo La banalità del male no»…) l’agenda delle riforme nei vari Paesi, soprattutto i periferici. Se presa sul serio, la riflessione che ho cercato di abbozzare può produrre risorse preziose per ribattere ai molti argomenti empiricamente falsi avanzati dagli euroscettici. Potrà servire per dare una prospettiva agli elettori pro-europei (e a molti incerti) che ascoltano le invettive euroscettiche e non sanno bene come reagire. Il grosso rischio è infatti che gli elettori pro-europei non siano consapevoli della posta in gioco, non vadano a votare e lascino il campo a chi vuole disfare l’Uem. © RIPRODUZIONE RISERVATA Società I cittadini hanno un compito: trasformare la politica in risorsa La casa brucia, Buddha insegna: dobbiamo reagire per non morire di MICHELE SALVATI I l compito della politica in Italia è convincere gli elettori della gravità della situazione. Oggi i nostri concittadini non si rendono conto appieno che il Paese non è in grado di garantire loro le condizioni di benessere cui aspirano e che in passato erano state sostenute (anche) tramite un’espansione dissennata dei disavanzi pubblici e da un’insostenibile accumulazione di debito. Non dovrebbe essere difficile far capire che i redditi di cui l’insieme dei cittadini può disporre sono solo il corrispettivo dei beni e servizi che le imprese producono e vendono, in Italia e all’estero, oltre che dei servizi che il settore pubblico finanzia mediante imposte. L’ampiezza e la crescita di questi redditi e del conseguente benessere dipende dunque dal numero di imprese ad alta produttività e dalla maggiore efficienza dei servizi non soggetti alla concorrenza. Oggi operano in Italia circa 4.000 medie imprese con capacità di innovazione e livelli di produttività in grado di resistere alla concorrenza internazionale: dovrebbero essere molte di più per soddisfare i livelli di reddito e di occupazione cui gli italiani aspirano. E i settori non esposti alla concorrenza, ma cruciali per il benessere delle famiglie e la concorrenzialità delle impre- se, sono per qualità al di sotto, e per costo dei servizi spesso al di sopra, dei loro omologhi esteri. Gli italiani cominciano ad avvedersi che questa è la situazione, ma esitano a tirarne le conseguenze. Realismo vorrebbe che essi premiassero forze le quali, riconosciuta la gravità della situazione, propongono progetti di riforme strutturali, sul lungo periodo nel quale la crisi economica è destinata a durare: un disegno di manutenzione straordinaria, che contrasti gli effetti della mancata manutenzione ordinaria del passato. Reagiscono invece premiando partiti che agitano poche bandierine, pseudo-riforme insufficienti o addirittura dannose. Ancor peggio, reagiscono premiando movimenti che danno voce soltanto al rancore contro politica e politici. Se la situazione economico-sociale è grave come l’ho descritta e se la politica è oggi parte dell’incognita più che della soluzione, segue che è dall’assetto politico che bisogna partire, dalle regole costituzionali e dalle regole elettorali. Potrebbe sembrare una contraddizione: non ho appena detto che la politica è parte del problema? Vero, ma non è necessario che sia così: in altri Paesi essa funziona meglio che da noi. E poi quale altra via è possibile seguire se si escludono soluzioni autoritarie? Governi «tecnici» o «governi del presidente»? Ne abbiamo avuti, sono stati utili in una situazione di emergenza, ma questo tipo di governo non ha la legittimazione democratica e il fiato politico necessari a reggere un disegno di riforme straordinarie. Credo che ci sia ancora il tempo, poco, per riforme che possano trasformare la politica: regole che incentivino una competizione su programmi e attribuiscano al governo strumenti efficaci per governare. Lo scetticismo è comprensibile, ma allora non resta che ricordare l’apologo sul Gautama Buddha e la casa in fiamme. «Maestro — accorrono i discepoli — c’è una casa che brucia ma gli abitanti si rifiutano di uscire. Alcuni dicono che fuori fa freddo. Altri che non riuscirebbero a salvare i loro beni. Che cosa dobbiamo fare?». «Nulla — risponde il Buddha — Chi, avvisato del pericolo, si rifiuta di reagire, merita di morire». © RIPRODUZIONE RISERVATA Quasi gialli Un’altra prova di intrattenimento alto in «Andorra», scritto da Peter Cameron nel 1997 e edito ora in Italia La nuova vita (già vecchia) di Alexander Fox di CRISTINA TAGLIETTI L a facilità con cui si può cambiare la vita, volendo o avendone la necessità, è incredibile. Ma forse è altrettanto facile rendersi conto della velocità con cui le nuove vite diventato vecchie. In Andorra (traduzione di Giuseppina Oneto, pp. 236, 18), romanzo che Peter Cameron («il più britannico degli scrittori americani») scrisse nel 1997 e che ora esce da Adelphi, ciò avviene in poco più di 200 pagine. La nuova vita di Alexander Fox, libraio di San Francisco che arriva a La Plata, capitale di un’Andorra di fantasia, lasciandosi alle spalle quel che era necessario lasciarsi alle spalle — cioè tutto — è destinata a durare poco. Andorra (che ispirò anche una satira di Max Frisch del 1962) rimane una sorta di luogo della mente, più simile a un paesino della Costa Azzurra che al principato sui Pirenei. Il libro, ambientato in un passato imprecisato (potrebbero essere gli anni 50) è un’altra prova Sopra: un’opera di John Booton sulla Costa Azzurra (dal sito pastelpictures.com) della capacità di Cameron di creare romanzi di intrattenimento alto, storie d’amore, imprevisti e coincidenze che nascono, come questo, sotto il nume tutelare di Marcel Proust (usato come esergo) e Jane Austen (esplicitamente omaggiata), ma anche nella scia di certi romanzi per signora della letteratura inglese, iniettati di una dose omeopatica di cattiveria, quella che ogni animo può contenere. Ad Andorra Alexander arriva in treno con un baule e un segreto, ma d’altronde, quasi tutti quelli che incontra sembrano averne uno. Di sicuro ce l’hanno i coniugi Dent che vengono dall’Australia e vivono in una villa con il loro cagnone Dino: entrambi si chiamano Ricky, entrambi si innamorano del protagonista. Lei mangia sempre da sola alla taverna, lui rimane in casa a comporre un’opera musicale ispirata all’Immoralista di Gide, tormentati da una vita che non può essere compiuta. Ci sono le Quay, «buona vecchia famiglia con tanti quattrini», guidata dalla matriarca che tutte le mattine fa kajak in mare e con una figlia trentottenne che ha conosciuto (ed è stata costretta a reprimere) i palpiti del cuore e forse è in cerca di marito (anche lei si innamora di Alexander). E poi c’è il tenente Afgroni, figura necessaria perché il mare di La Plata restituisce due cadaveri. Come Coral Glynn, anche questo romanzo di Cameron prende un andamento giallo che sarà il protagonista, poco alla volta, a svelare. Ma a dominare, più che la trama, amministrata in modo un po’ frettoloso, è come sempre la capacità di Cameron di surfare, con parole essenziali, sulla superficie senza essere superficiale, di raccontare le abitudini e gli stili di vita di una certa buona società che ha visto tramontare i fasti del passato e ne mantiene soltanto le bizzarrie, di creare il set giusto, poco più di un fondale, che permette la messa in scena di situazioni, personaggi, dialoghi, a volte inverosimili, ma sempre coerenti. © RIPRODUZIONE RISERVATA 28 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera SMS Idee&opinioni Le news più importanti in anteprima sul tuo cellulare. Invia un sms con la parola CORRIERE al 4898984 Servizio in abbonamento (4 euro a settimana). Per disattivarlo invia RCSMOBILE OFF al 4898984 Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile TRA INDIFFERENZA E IPOCRISIA ✒ Se la montagna non va a Maometto, Maometto va alla montagna. Ma qui non c’entra il profeta dell’Islam. Siamo a Torino e il protagonista è l’arcivescovo Cesare Nosiglia. Proprio lui che qualche giorno fa, all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico piemontese, aveva detto, a proposito delle coppie non consacrate dal sacramento del matrimonio: «Bisogna avvicinarle con amicizia e serenità di dialogo, offrire loro la possibilità di confrontarsi sulla parola di Dio e sulle loro scelte di vita». Più o meno le parole pronunciate in quelle stesse ore da papa Francesco. Ebbene, sabato, nella notte della movida di San Salvario, il quartiere torinese multietnico, pullulante di locali, pub, caffè, ristoranti e soprattutto la zona dello spaccio e dei pusher, la parrocchia dei santi Pietro e Paolo aveva aperto il portone per lasciare entrare i giovani fedeli che volessero interrompere l’estasi festaiola per concedersi un momento di riflessione e di intimità spirituale. Un’iniziativa, appunto la «Movida spirituale», promossa dal parroco e dai ragazzi dell’oratorio. Per la Prima era stato invitato l’arcivescovo, come per le grandi occasioni istituzionali. Ma neanche il calcio balilla collocato lì davanti aveva attirato grandi folle, anzi. Insomma, sembrava una iniziativa fallita. È stato così che monsignor Nosiglia ha deciso di rompere l’imbarazzo, si è messo sulla testa bianca il berretto ed è uscito sulla strada per affrontare l’allegria mondanissima della notte. Se i giovani non vanno in Chiesa, la Chiesa va ai giovani... Forse memore della lezione di don Milani («m’ero fatto prete per correre verso il male sulla strada»), forse guidato dall’alto, forse interpretando la filosofia francescana di Bergoglio, «uomo disarmato» (come don Luisito Bianchi), fornito solo del suo sorriso e della sua dottrina, con l’abito nero di un prete di campagna, ha avvicinato le «anime smarrite» nella speranza che lo fossero solo provvisoriamente. Dunque, l’arcivescovo di Torino appare nelle fotografie, a futura memoria, tra bicchieri semivuoti, alle sue spalle i tag di graffiti incomprensibili, come un E.T. in veste di missionario in città, circondato da nugoli di ragazzi e ragazze sorridenti e pronti ad ascoltarlo. E l’ascolto, si sa, è il primo passo. Il resto, semmai, verrà. Paolo Di Stefano © RIPRODUZIONE RISERVATA DALLA CONSERVAZIONE ALLA PROMOZIONE IL SALTO CULTURALE DELLE SOVRINTENDENZE ✒ «Abbiamo la cultura in mano a una struttura ottocentesca, non può basarsi sul sistema delle sovrintendenze». Le sovrintendenze come paradigma del viziato approccio italiano alla gestione del patrimonio: che mettono in ogni occasione avanti quasi esclusivamente la conservazione, piuttosto che la promozione: bene, così diceva Renzi quando ancora non aveva titolo per riformarle davvero. Hic Rhodus, hic salta: ora qualche titolo lo avrebbe, resta da vedere se questo governo sarà capace di sopprimere le sovrintendenze. Come sostituirle? Praticamente tutte le Regioni hanno oggi una facoltà di Architettura che ha tra i propri docenti professori di Storia dell’architettura e di Restauro dei monumenti, i cui titolari sono lì per aver vinto un concorso e possiamo supporre abbiano almeno la medesima competenza dei soprintendenti. Che poi, una volta assunti i compiti delle sovrintendenze, siano virtualmente corrivi con una sfera politica in questi campi forse disinvolta mi sembra difficile da sostenere, neppure le Commissioni edilizie mi sem- bra lo siano. Il fatto è che la riforma della burocrazia ministeriale non ha a che vedere tanto con la riorganizzazione strumentale del Mibac (ministero dei Beni e delle attività culturali), come ha tentato Bray, ma con la revisione delle norme sulle quali è andata annidandosi in questi cent’anni. Mi riferisco a norme adatte a uno Stato accentuatamente centralizzato che non corrisponde più alla società contemporanea, dove sorgono di continuo iniziative locali per salvaguardare e rigenerare i propri antichi monumenti che spesso trovano nelle sovrintendenze un intralcio anziché un appoggio: e, diciamolo pure, spesso con funzionari alimentati più dal loro potere che dalla loro competenza. È in questo quadro che in Europa si è sviluppato nell’ultimo decennio un intenso dibattito sulla decentralizzazione dei ministeri centrali — soprattutto in Francia, il modello seguito in Italia — e forse sarebbe il caso di mettere il naso fuori dal palazzo del Collegio romano e innestarsi su questo dibattito. Marco Romano © RIPRODUZIONE RISERVATA TOPOLINO CONTRO I BOY SCOUT ANTI GAY MODELLO DELLE GIOVANI MARMOTTE ✒ Era un mascalzone. Un ribaldo. Un avventuriero. Con qualche tratto di arroganza. Furbo e simpatico come la sua giovinezza. Con il passare degli anni si è trasformato in un collaboratore di giustizia, confidente fidato del Commissario Basettoni e garante assoluto dell’ordine costituito. È la parabola di Topolino, alias Mickey Mouse. Il Topo scorretto e irrispettoso si è trasformato negli anni in un pioniere del politically correct. Chapeau se si trattasse di una questione etica, qualche sospetto se invece fosse solo una questione di marketing legata a una multinazionale che opera a livello mondiale. Lungo preambolo per raccontare l’ultima avventura della Disney: Topolino ha boicottato i Boy Scout: niente più finanziamenti all’organizzazione creata da Baden-Powell perché non ammette tra i propri capi persone gay. La Disney, seguendo il proprio statuto, per cui nessuna organizzazione può ricevere finanziamenti se «discrimina nella prestazione di servizi illegalmente o in modo incompatibile con le politiche della Disney, sulla base della razza, religione, colore, sesso, nazionalità, età, stato civile, capacità mentale o fisica, o l’orientamento sessuale», ha tagliato i finanziamenti agli Scout perché penalizzano i gay. Significa un taglio netto di 5 milioni di dollari. Segnale importante. Una svolta decisiva perché arriva da chi forma bambini e ragazzi. Peccato però che per tanti anni la Disney non si fosse accorta assolutamente delle discriminazioni che avvenivano nel mondo degli Scout, tanto da aver creato nel proprio universo parallelo, uno che ricalcava esattamente quello che adesso è messo sotto indice. Che cosa sono le Giovani Marmotte e le Giovani Esploratrici se non la riproduzione delle dinamiche scout nel mondo Disney? Il «Manuale delle Giovani Marmotte» ha portato nelle casse di Disney milioni e milioni di lire. E che dire del rifiuto sessuofobico di creare legami tra i personaggi che popolano Topolinia e Paperopoli? Esistono solo parentele indirette. Zii, nipoti, cugini. Il sesso è bandito. Forse, ora è il momento di riscrivere il Manuale delle Giovani Marmotte. Con un filo d’onestà in più. Maurizio Giannattasio © RIPRODUZIONE RISERVATA Italiani tiepidi sul dramma ucraino Manca lo stimolo del nemico interno di ANGELO PANEBIANCO SEGUE DALLA PRIMA C’è da chiedersi che cosa i nostri atteggiamenti verso questa crisi rivelino a noi europei su noi stessi. Tolto il caso dei due Paesi europei più coinvolti, Germania e Polonia, ciò che ha più impressionato, dall’inizio, nel novembre scorso, della rivolta popolare filoccidentale contro il presidente Yanukovich, ora deposto, è stata, se non l’indifferenza, la relativa freddezza delle nostre opinioni pubbliche. Nessun serio movimento d’opinione che facesse sentire alta e forte la sua voce, nessuna attività ben visibile di comitati per la libertà dell’Ucraina, niente manifesti di intellettuali di prestigio, niente manifestazioni di protesta di fronte alle ambasciate ucraine o russe. Eppure, le ragioni c’erano tutte: la lotta in piazza contro le leggi autoritarie (poi ritirate) di Yanukovich, le uccisioni e le sparizioni di molti antigovernativi, i cecchini del regime che sparavano sulla folla dai tetti, eccetera. Le opinioni pubbliche europee si sono generosamente spese in passato per le cause più diverse. Questa volta no. Almeno fino ad ora. Se si confrontano le due vicende, si constata che gli europei seguirono con assai più partecipazione ed emozione gli eventi del 2011 di piazza Tahrir in Egitto che quelli del 2014 di piazza Maidan a Kiev, la rivolta anti Mubarak molto più di quella anti Yanukovich. Eppure, stiamo parlando di Europa, di noi. Forse, un insieme di circostanze contribuisce a spiegare questo fatto. C’entra, in parte, l’accresciuta difficoltà di interpretare gli eventi europei dopo la fine dell’Urss. Al mondo semplice (o di qua o di là, con gli americani o con i sovietici) della Guerra Fredda, ove tutti sapevano, dato un qualsiasi evento, come interpretarlo e schierarsi, è subentrato un mondo complicato, ambiguo, opaco: qui il bianco e il nero (il rosso) non sono più di casa, predominano le diverse sfumature del grigio. A questa difficoltà se ne somma un’altra: ha a che fare con l’ipocrisia che sempre accompagna l’agire politico. Riguarda il carattere, selettivo e partigiano, delle mobilitazioni per la libertà altrui o per gli altrui diritti umani calpestati. Prendiamo il caso dell’Italia, che porta spesso all’esasperazione certi tratti presenti, solo con minore evidenza, anche in altri Paesi europei. È troppo malizioso ipotizzare che se al governo ci fosse ancora CONC L’ARCIVESCOVO NELLA MOVIDA DI TORINO UNA CHIESA CHE SA PARLARE AI GIOVANI Berlusconi, il grande amico di Putin, avremmo assistito, in queste settimane, a una consistente mobilitazione della sinistra a sostegno dei filooccidentali ucraini? E non è forse vero che, a parti invertite, la destra farebbe di tutto per mobilitare il Paese in difesa di una qualsivoglia buona causa, se ciò servisse a mettere in difficoltà un governo di sinistra? La verità è che quasi tutte le mobilitazioni in favore di «giuste cause» hanno, al fondo, come bersaglio, un nemico politico interno. Se il nemico interno non è identificabile, la giusta causa potrà anche essere riconosciuta come tale, ma nessuno si darà la pena di muovere un dito in suo favore. Il terzo fattore in gioco riguarda la forza dei vincoli geopolitici e la capacità che in certe occasioni mostriamo, di aggiustare i nostri giudizi su ciò che è giusto o sbagliato, in modo da renderli compatibili con quei vincoli. Nella migliore delle ipotesi, sappiamo che l’Ucraina resterà uno Statocuscinetto fra Occidente e Russia. Nella peggiore, verrà reinglobata nell’Impero russo o smembrata con prezzi, politici e di sangue, altissimi. È vero che non possiamo illudere gli ucraini filoccidentali che ciò che essi sognano (l’ingresso dell’Ucraina nella Nato e nell’Unione Europea) sia realizzabile. È vero che le carte che ha in mano Putin sono migliori delle nostre, si tratti della partita dell’energia (il gas russo) o dell’ammontare degli aiuti che possiamo offrire per rimettere in piedi l’economia ucraina. In un «Paese in bilico» (definizione del politologo Samuel Huntington che già nel 1996 prevedeva per l’Ucraina un futuro di guerre civili), il compromesso fra gli interessi russi e i nostri, e fra le aspirazioni degli ucraini filoccidentali e quelle dei filorussi, è certamente la soluzione su cui puntare (se non è già troppo tardi). Ma i compromessi si fanno quando entrambe le parti vogliono. E solo se non c’è uno squilibrio di forze eccessivo a vantaggio dell’uno o dell’altro. La Germania di Angela Merkel ha alcune carte di qualche pregio e le sta giocando per impedire l’irrimediabile: l’invasione russa. Se le opinioni pubbliche degli altri Paesi europei si svegliassero esercitando una visibile pressione a sostegno delle nuove autorità filoccidentali di Kiev, farebbero cosa utile. Mostrando una certa coerenza fra i valori sbandierati e i comportamenti, e dando una mano nella individuazione di un punto di equilibrio. Se c’è un modo per salvaguardare la richiesta di libertà degli ucraini occidentali, pur riconoscendo l’impossibilità (soprattutto in tempi di declino dell’influenza americana) di opporsi a certe pretese del nazionalimperialismo russo, è nostro dovere ricercarlo. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL CONSENSO A CARO PREZZO Le cause politiche della decrescita di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA SEGUE DALLA PRIMA Le cose però cominciano a cambiare dopo il Sessantotto. Gruppi sempre più consistenti di elettorato «d’ordine» si staccano dalla vecchia fedeltà elettorale; gli strati giovanili in quanto tali mostrano una spiccata tendenza a sinistra; la sindacalizzazione coinvolge vasti strati del ceto medio; si alza in generale il livello di richiesta di servizi e di garanzie sociali (previdenza, assistenza, eccetera). Al tempo stesso l’immagine del Partito comunista va perdendo i caratteri negativi che fin lì aveva avuto ed esso pertanto diviene un competitore credibile al governo del Paese. Questo svolgersi delle cose rappresentava di certo una crescita democratica, un positivo ampliamento degli spazi di azione sociale: da una dimensione ideologicamente ingessata e asfissiante a una assai più libera. Ma come sempre maggiore libertà avrebbe richiesto maggiore responsabilità. Di cui invece, per varie ragioni qui troppo lunghe a dirsi, la società italiana non era certo pronta a farsi carico. In Italia maggiori spazi di democrazia vollero dire che a partire dagli anni Settanta si aprì un mercato elettorale nel quale diveniva sempre più difficile per il compratore politico opporsi alle richieste molteplici e inevitabilmente settoriali dei diversi gruppi sociali decisi a sfruttare al meglio il proprio voto. Si spiega in questo modo tutta una serie di fenomeni destinati nei decenni successivi ad aggravarsi e a produrre conseguenze negative molto importanti: l’espansione caotica e costosa dello Stato sociale, i sussidi indiscriminati alle imprese, il peggioramento della qualità dell’istruzione e della Pubblica amministrazione a causa di concessioni «permissiviste» dall’alto e pansindacalismi e agitazioni democraticiste dal basso. Nel mentre l’istituzione delle Regioni e le varie «riforme» non mancavano di produrre una progressiva perdita di controllo del centro su tutte le periferie e su tutti gli insiemi. Storicamente, dal ’45 in poi, la democrazia italiana ha voluto dire i partiti, non la società: che anzi, nel lungo Dopoguerra, è stata piuttosto da essi dominata, organizzata e disciplinata. È peraltro impossibile negare che, in una misura significativa, il grande sviluppo economico del Paese fu reso possibile proprio grazie ai partiti: all’efficacia delle loro scelte e della loro direzione. Ma a partire dagli Anni 70/80 la tendenza si rovescia. In un certo senso la società reclama il suo primato «democratico» e comincia a sfuggire ai partiti, i quali ne perdono progressivamente il controllo fino a conoscere la virtuale dissoluzione del loro sistema con le inchieste di Mani pulite. E da allora in avanti, non a caso, essi vivono e sono vissuti soprattutto come qual- cosa di superfluo, di parassitario, precisamente come una «casta». A questo punto, però, la società che prende il sopravvento si rivela per ciò che è: una società con un assai debole «capitale civico», familistica e corporativizzata, complessivamente poco istruita e poco interessata a informarsi, il cui interesse per la libera discussione è scarsissimo, dislocata geograficamente, divisa in interessi particolari accanitamente decisi ad autotutelarsi; dove il privato tende sempre a prevalere su ciò che è pubblico o a piegarlo al proprio servizio; dove non esistono élite sociali e culturali unanimemente riconosciute. Dove sì, le energie non mancano, ma dove si manifesta sempre fortissima la resistenza al cambiamento, al merito, alla mobilità. È compatibile — questo è il punto — una società del genere con un moderno sviluppo economico? E soprattutto: può riuscire a esprimere una strategia appena appena coerente rispetto allo sviluppo anzidetto un sistema politico che deve operare in un tale clima «democratico»? Che è costretto a contrattare periodicamente il proprio consenso con una tale società? Ecco altrettanti interrogativi cruciali a cui peraltro s’incarica la realtà, mi sembra, di dare una risposta ogni giorno più netta. © RIPRODUZIONE RISERVATA 29 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Lettere al Corriere ESPULSI DALLA SPAGNA Discendenti degli ebrei Caro Romano, nel Corriere della Sera del 13 febbraio si riferiva di una bozza di legge del governo spagnolo per conferire la cittadinanza spagnola ai discendenti degli ebrei espulsi dalla Spagna ai tempi di Isabella e Ferdinando (i cosiddetti sefarditi). A quanto risulta dal libro di Luis Suarez España, Franco y la segunda guerra mondial, il governo di Franco dette disposizioni ai consolati di accettare le richieste di cittadinanza dei sefarditi nei vari Paesi occupati dai tedeschi o dai loro alleati, per salvarli dalla deportazione, basandosi su una legge emanata nel periodo della dittatura di Primo de Rivera. Sembra che anche il nostro Giorgio Perlasca, spacciandosi per console spagnolo, abbia usato queste disposizioni per salvare migliaia di ebrei a Budapest. Perché, allora, c’è la necessità di una nuova legge in materia? Forse la legge di partito, decidesse di uscirne o fosse espulso, dovrebbe automaticamente decadere dalla carica ed essere sostituito dal partito, che provvederà a nominarne un altro. È corretto questo modo di ragionare? Giovanni Scotto di Tella, Roma Caro Scotto di Tella, lla sua domanda rispondo che è «apparentemente» corretto e che esistono tuttavia altre considerazioni non meno importanti. Quando fecero la loro apparizione sulla scena politica europea, i partiti di massa non piacquero ai liberali perché trasformavano il cittadino elettore in un cittadino militante e gli chiedevano una fedeltà non diversa da quella che le Chiese pretendono dai loro seguaci. I liberali non avevano torto. Nelle loro incarnazioni A più estreme i partiti di massa hanno generato regimi autoritari e totalitari. Quando sono entrati nei Parlamenti, soprattutto dopo la Prima guerra mondiale, hanno imposto ai loro deputati una disciplina che impediva il libero confronto delle idee. Ma non sarebbe giusto dimenticare che vi sono state anche ricadute positive. Hanno contribuito alla consapevolezza politica dei cittadini e alla difesa dei loro interessi. Hanno formulato programmi di governo e perseguito obiettivi di lungo respiro. Non sono geneticamente liberali, ma pretendere la loro scomparsa sarebbe certamente illiberale. Senza grandi partiti politici l’esercizio della democrazia Primo de Rivera è stata abrogata o forse la nuova legge vuole essere più chiara? Mario Serra, studio@ serraeassociati.com Non conosco il testo della legge a cui lei si riferisce, ma sappiamo che Perlasca prese coraggiose iniziative personali valendosi spesso del beneplacito delle autorità spagnole. La nuova legge, se approvata, darebbe la cittadinanza spagnola a tutti i discendenti che ne facessero richiesta. A chi chiede quali documenti occorrerà presentare, ricordo che molti ebrei espulsi dalla Spagna hanno appeso al muro delle loro abitazioni, soprattutto nel Mediterraneo orientale, la chiave della casa che era stati costretti ad abbando- La tua opinione su sonar.corriere.it La Russia autorizza Putin all’intervento armato in Ucraina. L’Europa sarà in grado di fermare l’escalation? nare. Quale documento più convincente di quella chiave? moderna sarebbe impossibile. Bisogna evitare tuttavia che il partito in Parlamento, per meglio organizzare le proprie truppe, abbia un diritto di vita e di morte. Bisogna permettere che anche all’interno dei singoli partiti vi sia una certa varietà di posizioni. Dopo l’esperienza fatta in molti pseudoParlamenti europei del periodo fra le due guerre — fra gli altri il Soviet supremo sovietico, il Reichstag nazista, la Camera dei fasci e delle corporazioni — i costituenti vollero nella Carta un articolo (n. 67) in cui è scritto che «ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione senza vincolo di mandato». Quell’articolo è diretto in primo luogo contro il «mandato imperativo», caratteristico di quasi tutte le assemblee dell’Ancien Régime, ma ha anche il merito d’impedire che il parlamentare diventi una semplice cinghia di tra- smissione nell’ingranaggio del partito a cui appartiene. Secondo lei tuttavia, caro Scotto di Tella, questa regola non deve valere se il parlamentare, anziché essere scelto dagli elettori, è nominato dal suo partito, come accadeva con la legge Calderoli. Capisco la sua obiezione. Il parlamentare nominato non può rivendicare l’esistenza di un rapporto fiduciario con gli elettori e i suoi cambiamenti di campo possono essere il risultato di calcoli opportunistici. Ma se devo scegliere tra il rischio di un deputato opportunista e un partito a cui è concesso il diritto di cacciare i propri parlamentari dalle Camere, scelgo senza esitare il candidato opportunista. In una democrazia il solo modo per espellere dal Parlamento una persona o un partito è quello di non votarli alla prossime elezioni. decidere sul proprio destino. Gli organismi internazionali e l’Europa, mai come oggi, hanno la possibilità e il dovere di intervenire con tutto il loro peso, anche per riscattarsi degli errori di un passato anche recente. non è assolutamente possibile continuare a fare finta di non vedere! Luca Soldi, Prato Un ministro del governo Renzi ha affermato che il prossimo anno non si andrà alle urne perché è necessario diminuire le tasse, snellire la burocrazie, eccetera, per cui ci vuole del tempo. Ci si chiede: perché non diminuire subito le tasse e andare al voto nel 2018? ALLARME A KIEV L’aiuto di Putin SPESE DEL COMUNE DI ROMA L’«aiuto fraterno» di Mosca ci riporta alla mente altri eventi drammatici che hanno martoriato, in un passato non troppo lontano, l’Europa. L’«aiuto» di Putin rischia di portare di nuovo guerra, morte e limitazione dei diritti e di essere controproducente anche per la popolazione di quella stessa Crimea che vorrebbe, legittimamente, Basta fingere Gli ingenti debiti accumulati nel corso degli anni dal Comune di Roma spaventano non solo per essere tanti, ma anche per aver finanziato servizi pubblici considerati di bassa qualità da parte degli utenti. Grande spesa e scarsa soddisfazione sono un binomio che non regge più: SUL WEB Risposte alle 19 di ieri La domanda di oggi Si Il Partito democratico chiede le dimissioni del sottosegretario alle Infrastrutture, Antonio Gentile (di Ncd). Ha ragione? 16 No 84 © RIPRODUZIONE RISERVATA Vittorio GervasI, Pescara RIFORME E VOTO Auspicio di un elettore Mario Pastore [email protected] CANONE RAI Decoder per gli utenti Sono anni che si chiede agli italiani di pagare il canone Rai. Credo che basterebbe semplicemente dare a ogni utente un decoder con tessera come avviene con le tv a pagamento, così tutti pagherebbero e si potrebbe pure ridurre la quota del canone tv. Abbiamo apprezzato l’articolo «Quel mito della velocità dai socialisti al leader dem» di Dario Di Vico (Corriere, 28 febbraio) e le considerazioni di Bruno Pellegrino. Il convegno su «Velocità e politica» del 1983 a Napoli al Salone Margherita, appena riaperto, lo organizzò Rodolfo Falvo per conto del club socialista «Alessandro Panagulis» fondato da Freddy Scalfati, mentre Giulio de Martino nel 1984 dirigeva il mensile socialista Velocità. Oggi siamo in un’epoca molto diversa da quella: sia sul piano politico che su quello tecnologico. Osserviamo che un aspetto, però, ci sembra collegarle. Abbiamo sotto gli occhi le enormi difficoltà in cui si dibatte il nostro sistema politico centrale. Il nodo del problema sta nel cortocircuito fra Parlamento ed esecutivo: la mancata e netta separazione fra queste due funzioni crea continui e drammatici ostacoli alla guida politica del Paese. La velocità in politica non è «velocismo», non è cancellazione della democrazia rappresentativa e parlamentare. È piuttosto la separazione fra le due facce del potere politico e l’articolazione migliore dei loro rapporti. È un tema che non può essere scaricato sulla legge elettorale e richiede una riforma della Costituzione. A noi — che andavamo in «velocipede» nel 1983 — il premier come «sindaco d’Italia» e un tipo di legge che separi l’elezione dell’esecutivo dall’elezione dell’assemblea piacerebbero. Freddy Scalfati e Giulio de Martino [email protected] Composizione del governo La mappa della composizione territoriale del governo Renzi (Corriere, 2 marzo) illustra chiaramente quanto sia ridotta la presenza delle sei regioni meridionali nell’attuale esecutivo. Soltanto la Calabria riesce a esprimere un ministro (Carmela Lanzetta) su 16; Campania, Puglia, Abruzzo, Molise e Basilicata devono accontentarsi di viceministri e sottosegretari (11 su © 2014 RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DIRETTORE RESPONSABILE PRESIDENTE Angelo Provasoli Ferruccio de Bortoli VICE PRESIDENTE Roland Berger Luciano Fontana VICEDIRETTORI Antonio Macaluso Daniele Manca Giangiacomo Schiavi Barbara Stefanelli AMMINISTRATORE DELEGATO Pietro Scott Jovane Sede legale: Via Angelo Rizzoli, 8 - Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 5825 del 3 febbraio 1962 Responsabile del trattamento dei dati (D. Lgs. 196/2003): Ferruccio de Bortoli [email protected] - fax 02-6205.8011 © COPYRIGHT RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge. CONSIGLIERI DIREZIONE, REDAZIONE E TIPOGRAFIA 20121 Milano - Via Solferino, 28 Tel. 02-62821 Fulvio Conti, Luca Garavoglia, Attilio Guarneri, Piergaetano Marchetti, Laura Mengoni DISTRIBUZIONE m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Cazzaniga, 19 - 20132 Milano - Tel. 02-2582.1 - Fax 02-2582.5306 DIRETTORE GENERALE DIVISIONE QUOTIDIANI Alessandro Bompieri L’«intercettato» finisce nel girone dei colpevoli A desso al Fatto Quotidiano hanno coniato l’etichetta infamante: «intercettato». Fino a poco tempo fa, per additare al pubblico ludibrio qualcuno non ancora condannato da una sentenza definitiva, e dunque (purtroppo, dicono i forcaioli seriali) secondo dettato costituzionale da considerarsi «innocente» a tutti gli effetti, si adoperavano arbitrariamente termini come: «indagato, «inquisito», «iscritto nel registro degli indagati» (e dove, altrimenti?), addirittura «imputato» se il reprobo, superata la fase delle indagini, riusciva addirittura a godere del privilegio di un processo con diritto di difesa almeno sulla carta garantito. Adesso si fa un passo indietro, mentre lo Stato di diritto sprofonda nel baratro, e persino l’«intercettato» non indagato, ma semplicemente entrato nel vortice delle intercettazioni cosiddette a strascico, viene incluso nel girone degli appestati. Ora, è del tutto indifferente chi sia l’«intercettato» in questione: potrebbe essere anche un pericoloso criminale, sempre che un processo riuscisse a provarlo in modo fondato. Ed è anche indifferente stabilire, visto che si sta parlando di un ne0sottosegretario del governo Renzi, se il criterio dell’opportunità politica non avrebbe dovuto suggerire una certa prudenza nelle nomine. Può darsi che sia così, ma non è questo il punto. Il punto è la desolante deriva antigarantista del discorso pubblico, della sensibilità comune, degli usi lessicali correnti. Dare dell’«intercettato» a qualcuno, per condannarlo in via preventiva e non semplicemente per descrivere un dato di fatto, è semplicemente un obbrobrio. Già era un obbrobrio che si La desolante dessero in pasto all’opinione deriva pubblica intercettazioni di cittadini non indagati, con il sotterantigarantista fugio della pubblicazione di una del discorso quantità smisurata di «allegati» alla portata di tutti, e senza più il pubblico vincolo del segreto investigativo. Già rappresentava uno strappo violento all’articolo 15 della Costituzione la violazione di ogni comunicazione privata. Già sembrava un crollo del rispetto per le persone l’abuso di un’altra categoria impropria come «coinvolto» (salvo scrivere anni dopo, con un certo rammarico e anche una certa stizza, «coinvolto ma poi assolto»). Già una soglia di tutela della sfera privata delle persone è stata travolta con la pubblicazione sui giornali di registrazioni telefoniche totalmente private (poi usate da privati per consumare una vendetta privata) e nemmeno salite al rango di «atti giudiziari», come è accaduto recentemente ai danni del sindaco di Napoli Luigi De Magistris e dell’ex ministro Nunzia De Girolamo. Adesso la beffa: l’«intercettato» viene trattato come un «indagato» a sua volta maltrattato come «colpevole» anche in mancanza di una condanna definitiva della magistratura. L’Italia scende un ulteriore gradino in un’ipotetica classifica della qualità degli Stati di diritto. Nel linguaggio pubblico siamo molto al di qua dell’Habeas corpus. E la chiamavano la «culla del diritto». ❜❜ © RIPRODUZIONE RISERVATA Bozzetto DEL LUNEDÌ CONDIRETTORE E-mail: [email protected] oppure: www.corriere.it oppure: [email protected] Nicola Fanelli, [email protected] Interventi & Repliche Velocità e politica @ I DILEMMI DELLA DEMOCRAZIA Particelle elementari TRA DISCIPLINA E LIBERA COSCIENZA di Pierluigi Battista Risponde Sergio Romano Mi sembra di aver capito che per la nostra Costituzione i deputati, in quanto «eletti», hanno ricevuto un mandato dagli elettori, e pertanto sono considerati inamovibili dal Parlamento anche se si contrappongono alle indicazioni del partito di appartenenza e ne fuoriescono, contraddicendo gli orientamenti forniti durante la campagna elettorale e anche, al limite, per formare altri movimenti. Tutto ciò può essere corretto se effettivamente eletti (e la preferenza data dall’elettore nell’ambito delle liste del partito può legittimare tale elezione); ma se le liste sono elaborate dai partiti e inibite alle scelte degli elettori, i deputati sono nominati dai partiti stessi e non eletti. Ne consegue che se un parlamentare, in contrasto con le decisioni del suo Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a: «Lettere al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79 PUBBLICITÀ RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano - Tel. 02-25846543 - www.rcspubblicita.it PREZZI DI VENDITA ALL’ESTERO: Albania € 2,00; Argentina $ 10,50 (recargo envio al interior $ 1,00); Austria € 2,00; Belgio € 2,00; Canada CAD 3,50; CH Fr. 3,00; CH Tic. 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Antonio Frattasi [email protected] EDIZIONI TELETRASMESSE: Tipografia Divisione Quotidiani RCS MediaGroup S.p.A. 20060 Pessano con Bornago - Via R. Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma - Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • Seregni Padova s.r.l. 35100 Padova - Corso Stati Uniti 23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) - Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana S.p.A. 95030 Catania - Strada 5ª n. 35 - Tel. 095-59.13.03 • L’Unione Sarda S.p.A. 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Il Mito” € 11,39; con “Giorgio Scerbanenco e il giallo italiano” € 8,30; con “Le grandi storie Disney” € 9,39; con “Barenboim, il mio Beethoven” € 8,39; con “Grandangolo” € 7,30; con “Sampei” € 11,39; con “Il Cosmo” € 12,30; con “I dolci di Benedetta” € 9,39; con “Manara, maestro dell’Eros” € 12,39; con “Holly e Benji” € 11,39; con “Il commissario Montalbano” € 11,39; con “Luigi Pirandello. Romanzi, novelle e teatro” € 9,30; con “English da Zero” € 12,39; con “Biblioteca della Montagna” € 10,30; con “Il Mondo” € 4,40 30 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera 31 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Spettacoli La carriera, i capolavori, il gioco Alain Resnais era nato a Vannes, in Francia, il 3 giugno 1922. Tra i film da ricordare «Hiroshima mon amour», «Muriel, il tempo di un ritorno», «L’anno scorso a Marienbad» in cui varie sequenze sono dedicate ad un gioco (il Nim) che si fa con i fiammiferi. Il gioco oggi è anche noto come Marienbad, proprio in seguito al film 1922-2014 L’autore di «Hiroshima mon amour» è morto a Parigi. Premiato all’ultimo Festival di Berlino per «l’opera più innovativa» Ciak Resnais e la compagna Sabine Azéma sul set de «Gli amori folli» (2009). Nella foto piccola, il regista negli anni 50 di PAOLO MEREGHETTI I l più francese (e il più letterato) dei registi della Nouvelle Vague se ne è andato sabato notte a Parigi. Avrebbe compiuto 92 anni il prossimo 3 giugno ma per lui l’età non era mai stata un ostacolo: all’ultimo Festival di Berlino, meno di un mese fa, aveva presentato il suo 19esimo lungometraggio, Aimer, boire et chanter, e tra gli applausi di tutti si era aggiudicato il premio «per il film più innovativo», un inno all’intelligenza, alla creatività, all’invenzione. Oltre che al piacere della visione. Figlio di un farmacista, Alain Resnais nasce a Vannes, in Bretagna, il 3 giugno 1922 rivelando ben presto una salute piuttosto delicata che lo spinge verso le letture e la musica. Non ancora diciottenne si trasferisce a Parigi, dove nel 1943 si iscrive alla neonata scuola di cinema Idhec e si specializza in fotografia e montaggio. Le sue prime prove affrontano i temi dell’arte (i documentari Van Gogh, 1948; Paul Gauguin e Guernica, 1950; Les Statues meurent aussi, 1953) e della memoria (Toute la mémoire du monde, 1956, sulla Bibliothèque Nationale, e Notte e nebbia, sempre 1956, «per non dimenticare e invitare alla vigilanza. Senza sosta» sulla tragedia dell’Olocausto). Che insieme a un curioso elogio dei composti chimici (su testo di Queneau: Le Chant du Styrène, 1958), mettono in mostra i valori fondanti del suo cinema —la «bellezza» (dell’arte e della letteratura), la «memoria» (come ricordo ma anche guida) e la «politica» (vicino ai Cahiers du Cinéma, ne incarnava l’ala «sinistra», con Agnès Varda e Chris Marker) — oltre a un’attenzione particolare alle forme narrative non tradizionali («Occorre trattare l’immaginario all’interno del quotidiano»). Tutti temi che si intrecciano mirabilmente nei suoi primi film: in Hiroshima mon amour (1959, scritto da Marguerite Duras) l’amore tra una Addio a Resnais Il regista della Nouvelle Vague che rivoluzionò il cinema tra passioni, solitudini e guerra francese e un giapponese rimanda al legame che la donna aveva avuto quindici anni prima per un soldato tedesco, mescolando guerra, memoria e morale; in L’anno scorso a Marienbad (1961) i testi di Alain RobbeGrillet aiutano il regista a riflettere sulla forza ingannevole della memoria (e dividono il pubblico della Mostra di Venezia, dove vinse il Leone d’oro tra applausi e insulti); in Mu- Leggerezza Peripezie sentimentali e leggerezza al centro dei suoi lavori più recenti da «Parole, parole, parole...» a «Cuori» riel, il tempo di un ritorno (1963, scritto con Jean Cayrol) il gioco di scambi e di tensioni tra i personaggi fa emergere la memoria che la Francia vorrebbe censurare della guerra d’Algeria e della tortura; e infine in La guerra è finita (1966, scritto da Jorge Semprun) un militante comunista tra Francia e Spagna — e tra passato e presente — interroga la Politica sulle sue «vere virtù». Il discutibile risultato di Je t’aime je t’aime - Anatomia di un suicidio (1968, specie di divagazione fantascientifica «à la Borges») e il fallimento delle tensioni politiche che avevano attraversato la Francia negli anni Sessanta, spingono Resnais verso film meno emotivamente coinvolgenti, come se un certo scetticismo e disincanto finissero per prevalere su tutto. Sono gli anni di film interessanti ma più involuti, come Stavisky il grande truffatore (1974, su un banchiere-squalo, realmente esistito, amante del teatro), Providence (1976, sulle ossessioni di un vecchio scrittore che «regna» sui figli e la famiglia), Mon oncle d’Amérique (1980, dove le teorie del biologo Laborit offrono lo spunto per riflettere sui comportamenti del cervello) e La vita è un romanzo (1983, dove la ricerca — impossibile — della felicità è costruita come un puzzle temporale). Con Melò (1984, da una pièce di Henri Bernstein) prende sempre più spazio la rilettura e reinvenzione di un testo teatrale, a volte volutamente Album Hiroshima mon amour (1959) Eiji Okada ed Emmanuelle Riva nel film scritto dalla Duras La vita è un romanzo (1983) Fanny Ardant e André Dussollier sono i protagonisti del film datato e fuori moda, che offre a Resnais l’occasione di lavorare con un gruppo ricorrente di attori (Sabine Azéma, ultima compagna del regista, Pierre Arditi, André Dussolier, Lambert Wilson) con i quali l’eleganza della messa in scena e la sottolineatura del gioco delle parti finisce per portare lo spettatore verso una riflessione sul cinema, i suoi limiti e le sue possibilità narrative. In Voglio tornare a casa! (1989), per esempio, sfrutta la sceneggiatura di Jules Feiffer per invadere il campo dei fumetti. Con Smoking/No Smoking (1993) usa la commedia di Alan Ayckbourn per stravolgere le convenzioni della messa in scena (due soli attori, Sabine Azéma e Pierre Arditi, interpretano nove ruoli) e per giocare con gli scherzi del destino perché la storia cambia a secondo che lei si fermi o no a fumare in giardino. Con Parole, parole, parole... (1997) sfrutta mezzo secolo di canzoni popolari per continuare la sua riflessione sulle apparenze dei sentimenti. Con Cuori (2006, interpretata anche dalla nostra Laura Morante), un’altra pièce di Ayckbourn, sottolinea come spesso la ricerca della felicità finisca nella solitudine e nel fallimento. E se Gli amori folli (2009) rischia di sfiancare lo spettatore tra capricci del caso e peripezie sentimentali, la sua penultima opera, Vous n’avez encore rien vu (2012), è una specie di summaomaggio sulle passioni di tutta una vita: un gioco di specchi e di citazioni, di rimandi e di riletture, che con una freschezza sorprendente intrecciano teatro, letteratura e naturalmente cinema, in una specie di film-saggio che ribadisce la fiducia, coltivata per tutta una vita, sulla centralità del ruolo del regista, le ambiguità della visione e l’amore per un cinema di parola. Amore che si ritrova in Aimer, chanter et boire (2013) ma questa volta con un tocco di leggerezza in più e un piacere quasi infantile nel contraddire i sogni d’amore delle tre donne che devono contendersi le grazie di un personaggio invisibile. Un’ultima, meravigliosa e sorprendente dimostrazione di una vitalità e di una intelligenza che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del cinema. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’intervista Albertazzi, protagonista del controverso «L’anno scorso a Marienbad»: sul set non capivo nulla «Noi vincitori a Venezia con un film-enigma» «M i aspettava per il suo prossimo film. Alain avrebbe voluto parlare delle tre età dell’uomo. E a me naturalmente sarebbe toccata l’ultima» svela Giorgio Albertazzi, 90 anni, memorabile protagonista de L’anno scorso a Marienbad, Leone d’oro, contestato, a Venezia nel ‘61. «Sarebbe stata l’occasione tanto attesa per ritrovarci su un nuovo set. Ci eravamo sentiti un mese fa, me ne aveva parlato con entusiasmo. Avremmo dovuto iniziare la prossima estate». Invece… «Senza di lui il mondo è diventato più piccolo. Resnais è stato davvero tra i più geniali innovatori del cinema. E in più una persona speciale. Un bretone apparentemente rigido, dalla voce profonda e i modi squisiti. Con gli anni il suo carattere chiuso si era addolcito. Ironico, si esprimeva con il cinema ma adorava il teatro. Difatti molti suoi film hanno origine da una pièce». E anche Marienbad inizia con una serata teatrale, con due attori in scena a scambiarsi battute irreali come quelle dei due protagonisti, Delphine Seyrig, donna fascinosa alle prese con un viaggio insidioso nella memoria, e Albertazzi, enigmatico Mister X che dice di averla conosciuta un anno prima nel grande albergo termale. «Sono diventato Mister X per uno strano caso. Alain aveva visto su Figaro una mia foto da I sequestrati di Altona di Sartre con Anna Proclemer. L’aveva ritagliata e me- Leone d’oro nel 1961 Delphine Seyrig (1932 – 1990) e Giorgio Albertazzi (oggi 90 anni) in una scena di «L’anno scorso a Marienbad» di Alain Resnais scolata con quelle di una cinquantina di attori. Poi aveva chiamato Robbe-Grillet, autore della sceneggiatura, chiedendogli chi tra tutti fosse il volto giusto per la parte. E lo scrittore senza esitare indicò me. Quando Resnais venne a Roma per conoscermi, gli suggerii di guardare una puntata dell’“Idiota” che avevo girato per la tv. Lui si chiuse in uno studio della Rai e volle vederlo tutto. Ci ritrovammo poi a Parigi, nella sua casa di rue des Plantes, e lì scoprii il suo amore segreto per i fumetti. Ne collezionava da tutto il mondo. Da L’avventuroso a Mandrake, ma anche strisce ritagliate dalla Gazzetta del Popolo che incollava su un album traducendo in francese le battute». Le riprese di Marienbad restano tra i ricordi indelebili. «Anche perché non capivo niente di quello che stavo girando. Una sera chiesi lumi Cuori (2006) Laura Morante e Lambert Wilson attraversano una crisi di coppia Aimer, boire et chanter (2013) L’ultimo film di Resnais è tratto da una pièce di Alan Ayckbourn a Delphine. “Non so che dirti — rispose — siamo degli oggetti nelle sue mani”». «Se mi avesse chiesto di lavorare solo con lui e nessun altro, gli avrei detto subito sì», aggiunge Laura Morante, che nel 2006 girò con Resnais Cuori, sinfonia sulla solitudine amorosa. «Sul suo set c’era un’energia magica, tutto avveniva in studio, in un continuo scambio tra realtà e invenzione. L’intesa era tale che pareva di stare in famiglia. Lui si divertiva a raccontarci il passato dei nostri personaggi, dov’erano nati, che studi avevano fatto… Tutte cose che poi non comparivano sullo schermo ma servivano a entrare nel ruolo. Non dava indicazioni precise sulla recitazione ma creava attorno a te un’atmosfera tale che finivi per fare esattamente quel che voleva. L’ultimo giorno delle riprese ognuno di noi ha voluto fare un breve discorso di commiato. E tutti avevamo le lacrime agli occhi». Giuseppina Manin © RIPRODUZIONE RISERVATA 32 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Spettacoli 33 I personaggi Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Lo scrittore Carlo Verdone (63 anni) interpreta Romano, uno scrittore teatrale che non è mai riuscito a realizzarsi nella vita La stripper Sabrina Ferilli (49) nel film è una spogliarellista che nasconde un passato molto doloroso e pieno di misteri Il cardinale Roberto Herlitzka (76) interpreta il cardinale Bellucci, un alto prelato appassionato di cucina forse più che di fede L’amica Isabella Ferrari (49) è una vecchia amica di Jep: con lui rivive una notte che fa riflettere tra passato e presente Il custode Giorgio Pasotti (40) interpreta un misterioso custode che, in una valigetta, ha le chiavi dei palazzi più belli di Roma Sorrentino a Hollywood Le selezioni, il Golden Globe, la nomination. Poi è arrivato il verdetto dell’Oscar La corsa della «Grande bellezza» e un’emozione lunga tre mesi Da Verdone a Isabella Ferrari: i segreti di un set straordinario L a lunga corsa de La grande bellezza è finita poche ore fa con il verdetto degli Oscar. L’Italia è in ogni caso visibile all’estero grazie a un film feroce sulla volgarità del nostro tempo. La cavalcata di questa serie di quadri su una Roma alla deriva che rappresenta il Paese intero, una Roma oggi ferita dalle buche mai riparate dalla pioggia e dal rischio default, è durata quasi tre mesi: dalla selezione dell’Academy che comprende 9 titoli, alla nomination nella cinquina come miglior film straniero, passando per i trionfi agli Efa, ai Golden Globe e ai Bafta inglesi. Fino alla notte delle stelle. Piccolo inedito: il primo titolo scelto da Paolo Sorrentino era L’apparato umano; La grande bellezza è un dono dell’attore Roberto De Francesco, che aveva scritto un copione chiamato così. Piccola polemica: gli esercenti protestano per la messa in onda del film, domani su Canale 5, che «rischia di penalizzare l’ulteriore sfruttamento nelle sale». Riuscito in 25 copie dopo la nomination, da metà gennaio ha incassato altri 200 mila euro. Due attrici del cast, Pamela Villoresi e Galatea Ranzi, hanno seguito la notte degli Oscar dalla Casa del Cinema, dove si sono radunati cinefili e amici di Paolo Sorrentino. «A Los Angeles siamo stati invitati tutti, ma è giusto così, Paolo e Toni sono molto amici, non cambia nulla se abbiamo tifato dall’Italia», dice Carlo Verdone, nei panni di un autore teatrale fallito. Perché secondo lei Il giornalista Toni Servillo, 54 anni, dà il volto al giornalista mondano e scrittore Jep Gambardella in USA hanno amato così tanto il film? «C’è una scenografia imponente, c’è un mix potente nel contrasto tra i grandi ideali del passato e l’assenza di etica di oggi». Gli americani hanno un’idea romantica e hanno rivisto l’ombra di La dolce vita più di noi? «Fellini aveva uno sguardo affettuoso, Sorrentino è spietato verso un’umanità allo sbando. E via Veneto è diventata una strada normale, banale, semideserta». In un impianto corale, Massimo Popolizio fa lo straordinario Le frasi cult ❜❜ Il bla bla bla ❜❜ La mondanità Finisce tutto così, con la morte. Prima però c’era la vita, nascosta dal bla bla bla... per nascondere i nostri veri pensieri Volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alle feste, io volevo avere il potere di farle fallire! cameo del chirurgo plastico: «È un cast fondamentalmente teatrale e questo dimostra che anche i film importanti non si fanno con i tronisti o con chi viene dal Grande fratello ma con gli attori, vengo da 30 anni con Ronconi, questo è un super sdoganamento per il teatro. E poi basta considerare gli americani come degli Ufo che non sanno riconoscere le cose belle degli altri». Galatea Ranzi (la radical-chic), ricorda «il dibattito pazzesco suscitato in Italia da questo film tra chi è contro e chi è pro, io lo vivo come qualcosa di cui essere contenti e orgogliosi. Il paragone tra Servillo e Mastroianni? «Secondo me è forzato, e il Paese è cambiato. Delle analogie tra i due personaggi, entrambi giornalisti, possono esserci, ma nella Dolce vita Fellini aveva un suo mondo. Mi piace che qui non ci sia un plot vero e proprio, si passa da una storia all’altra, i personaggi ti prendono e non ti esauriscono la curiosità». Roberto Herlitzka è il cardinale che parla di ricette prelibate: «È un film estremo, non semplice da capire, prevale il senso dell’immagine più che il messaggio. Si polarizzano la volgarità e la bellezza». Pamela Villoresi è la madre del ragazzo che muore: «Il cinema italiano deve riprendere il suo posto nella Storia. Quando portiamo la nostra identità con impegno, siamo imbattibili, apriamo il nostro scrigno con una profondità di cui solo noi siamo capaci. Penso a Le baruffe chiozzotte che recitai diretta da Strehler a Parigi: nessuno capiva il dialetto veneto, ma c’era la fila di un chilometro per vederci». Giorgio Pasotti (il personaggio misterioso che ha la chiave dei palazzi più belli, ha la chiave della Grande bellezza): «È un successo comunque, per un film difficile da realizzare in Italia, il cinema è pressato dal disimpegno e dalle commedie a non finire». Isabella Ferrari (la benestante signora del Nord: le chiedono, cosa fai tu? E lei: «Io sono ricca»): «L’orgoglio di aver fatto parte di un grande affresco me lo tengo nel cuore. Mi auguro che questo film sia una prima svolta per l’Italia, che diventi un sentimento collettivo per tutti noi, un primo passo per non avere più paura del futuro e guardare avanti». L’annuncio sul web Vasco esclude il suo chitarrista dal nuovo tour I fan si dividono I fan non se la prendano per il paragone. Ma è come se Bruce Springsteen e Little Steven divorziassero. Lo hanno già fatto in passato quando Bruce ha mollato per strada la E Street Band dal 1989 al 1999. Era accaduto anche a Vasco Rossi e Maurizio Solieri nell’89. E visto che il legame fra il Boss e il suo chitarrista vacilla — quello è sempre più impegnato in tv e l’ex Rage Against the Machine Tom Morello è stato chiamato a svecchiare il suono alla E Street Band — anche Vasco si sente libero di dare il benservito al vecchio compagno e annuncia una nuova band senza la sua presenza. Cambiamento, spiega su Facebook, motivato «dall’urgenza artistica di ottenere rinnovati arrangiamenti con sonorità più heavy riff-oriented». Solieri viene congedato senza nemmeno un grazie per il servizio prestato (manco Renzi con Letta) e forse è anche questo il motivo che scatena la protesta dei fan in rete. Non sarà sostituito — ci sarà solo un solista, il confermato Stef Burns, e il nuovo innesto Vince Pastano sarà alla chitarra ritmica; non è l’unica modifica alla band che sarà in tour quest’estate — alla batteria al posto di Matt Laug arriva Will Hunt — ma è la fine di un rapporto storico, iniziato nel 1977. Già due anni fa Vasco aveva maltrattato Solieri via social network dandogli dell’irriconoscente, scrivendo che era rimasto fermo agli anni 80 e che non era mai riuscito a diventare un professionista. Poi tutto era rientrato e la scorsa estate quel faccione da indiano padano era sul palco del Live Kom Tour. Per Solieri ora c’è un nuovo progetto. Il 18 marzo uscirà «Non si muore mai», Ep di debutto della Solieri Gang. E se fosse questo il motivo dell’addio? Una scenata di gelosia da vera coppia scoppiata. Valerio Cappelli Andrea Laffranchi © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Spirit Awards Cinque trofei al film sugli afroamericani. Il co-produttore: riconoscimento alla lotta per l’eguaglianza e fiore all’occhiello della mia carriera «12 anni schiavo», la saga voluta da Pitt sbanca i premi del cinema indipendente LOS ANGELES — In anticipo sugli Oscar, gli Independent Spirit Awards, i massimi premi dati al cinema indipendente, hanno consacrato 12 anni schiavo. Un’affermazione incontrastata, sancita da cinque premi e continui festeggiamenti al tavolo a cui l’altra sera erano seduti gli attori del film, il regista Steve McQueen oltre che il co-produttore Brad Pitt (non è l’unico, ma ha impegnato molto del suo denaro oltre ad avere un piccolo ma significativo ruolo) assieme ad Angelina Jolie, arrivata dall’Australia. Anche lei, contentissima: «Mi rende felice per Brad e per il pubblico la vittoria di un film che affronta il tema delle ingiustizie sociali». Anche Pitt ha ribadito: «Ho creduto al progetto dal primo momento in cui il regista McQueen me ne ha parlato. Comunque andranno le cose Gli altri Gli attori Matthew McConaughey (nella foto con la moglie, Camila Alves) ha vinto come miglior attore protagonista per «Dallas Buyers Club» mentre quello come miglior attrice è andato a Cate Blanchett per «Blue Jasmine». Premiati come non protagonisti Jared Leto («Dallas Buyers Club») e Lupita Nyong’o («12 anni schiavo») agli Oscar, si tratta di una vicenda vera, fondamentale per la storia e la cultura, sulle discriminazioni razziali d’America. Dagli schermi può parlare al mondo». Il divo-produttore ha anche spiegato: «Quando McQueen mi ha dato il piccolo libro che raccoglieva le memorie dello schiavo Solomon Northup — che aveva trovato casualmente in un negozietto di libri usati —, mi sono immerso in un periodo storico che mi ha sempre affascinato: quello degli anni che hanno preceduto la Guerra Civile Usa. Mi sono assegnato il ruolo dell’abolizionista canadese e lo considero un fiore all’occhiello della mia carriera». Segno di quanto Pitt tenga a questo film. «Anche se a volte - spiega - ho scelto di defilarmi dalla campagna pubblicitaria: non volevo distrarre con la mia presenza. Ma ora non potevo mancare. Il bene della libertà, la lotta per l’eguaglianza dei diritti umani, l’orrore per un uomo rapito e venduto come schiavo non vanno dimenticati mai». Tutte cose che «vanno ricordate anche ai ragazzi». Il film è diventato pochi giorni fa una materia di studio obbligatoria in tutti i licei americani ma, secondo il divo, i più giovani «devono studiare e non solo vedere queste pa- Insieme Da sinistra il co-produttore Brad Pitt (50 anni), l’attrice Lupita Nyong’o (31) e il regista Steve McQueen (44): trionfo di «12 anni schiavo» gine di vita, di sofferenze, frustate, umiliazioni ma anche di speranza per un mondo migliore. Quando al Festival di Toronto ci hanno applau- I peggiori dell’anno «Pernacchia d’oro» a Will Smith In attesa degli Oscar, sono stati assegnati i Razzie Awards ai peggiori film dell’anno. Ha vinto la Pernacchia d’oro Comic Movie con un cast stellare (Halle Berry, Hugh Jackman, Naomi Watts, Richard Gere, Gerald Butler). I peggiori attori? La coppia padre-figlio Will-Jaden Smith, interpreti di After Earth. dito all’infinito è stato un momento benaugurante. Ma poi la pellicola ha camminato con le sue gambe, specialmente in Europa». Oltre al trionfo di 12 anni schiavo, la serata condotta dal comico Patton Oswalt ha visto la conferma di altre vittorie preannunciate, come quelle per i migliori attori a Cate Blanchett per Blue Jasmine di Woody Allen e Matthew McConaughey nel ruolo di un malato di Aids per Dallas Buyers Club, film che ha consacrato anche Jared Leto come migliore interprete non protagonista. Non è stata premiata invece La grande bellezza che era nella cinquina dei film stranieri. Il riconoscimento è andato a La vita di Adele di Kechiche (già vincitore al Festival di Cannes) che la Francia ha invece escluso dalla corsa agli Oscar. Applauditissimi infine anche i premi a Fruitvale Station (miglior opera prima) e al documentario 20 Feet from Stardom. Giovanna Grassi © RIPRODUZIONE RISERVATA 34 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera # Sportlunedì Serie A ATALANTA-CHIEVO CAGLIARI-UDINESE FIORENTINA-LAZIO GENOA-CATANIA LIVORNO-NAPOLI 26a giornata 2-1 3-0 0-1 2-0 1-1 MILAN-JUVENTUS ROMA-INTER SASSUOLO-PARMA TORINO-SAMPDORIA VERONA-BOLOGNA 0-2 0-0 0-1 0-2 0-0 Classifica JUVENTUS ROMA* NAPOLI FIORENTINA INTER *una partita in meno 69 58 52 45 41 VERONA PARMA* LAZIO TORINO MILAN 40 40 38 36 35 GENOA SAMPDORIA ATALANTA CAGLIARI UDINESE 35 31 31 28 28 BOLOGNA CHIEVO LIVORNO CATANIA SASSUOLO 22 21 21 19 17 La supersfida I bianconeri continuano la marcia record in testa alla classifica: adesso hanno 11 punti di vantaggio sulla Roma Cinica Signora Il Milan gioca una grande partita e mette in difficoltà la Juventus che però vince con Llorente e Tevez MILANO — La Juve balla con le punte. L’11° gol di Fernando Llorente in campionato e il 15° di Tevez (capocannoniere) avvicinano Antonio Conte al 3° scudetto consecutivo. Il Milan non avrebbe meritato di perdere, per quanto ha corso e per quanto ha costruito, spingendosi in avanti prima con lucidità e poi con disperazione, quando ha capito che il pallone non entrava, ma la differenza l’hanno fatta gli attaccanti della Juve, spietati e implacabili nell’inquadrare la porta, cogliendo l’attimo per essere decisivi. Il Milan ha dimostrando che Seedorf sta costruendo qualcosa di importante, soprattutto nella fa- se offensiva, ma la forza della Juve è stata quella di saper soffrire per un tempo e poi di saper colpire: 4 occasioni costruite fino alla rete di Tevez e 2 gol. Il Milan ha giocato un grandissimo primo tempo, prendendo subito in mano la partita, ma chiudendolo in svantaggio. È successo che al 44’, quando Conte stava chiedendo ai suoi di mantenere le posizioni per andare all’intervallo e risistemare la squadra, Rami si è lasciato indurre in tentazione: il retropassaggio di testa è finito a Marchisio, Tevez ha ricevuto il pallone, ha spaccato la difesa rossonera, con un tocco magnifico per Lichtsteiner, che ha spinto il pallone verso Llorente: troppo facile per lui segnare a porta (quasi) vuota. La Juve era già andata a un passo dal vantaggio al 19’ (superparata di Abbiati su Lichtsteiner), ma prima e dopo è stato solo Milan. Che ha buttato in campo tutto quanto aveva: qualità, intensità, ritmo, aggressività. E che ha costruito non meno di 5 nitide palle-gol, la più clamo- Milan Juventus 0 2 Marcatori: Llorente 44’ p.t.; Tevez 23’ s.t. MILAN (4-2-3-1): Abbiati 6,5; Abate 6, Bonera 5,5, Rami 5, Emanuelson 6; Montolivo 6 (Honda 5,5 26’ s.t.), De Jong 5; Taarabt 6,5 (Robinho 5,5 30’ s.t.), Poli 6 (Saponara 6 16’ s.t.), Kakà 5,5; Pazzini 6,5. All.: Seedorf 6 JUVENTUS (3-5-2): Buffon 7; Barzagli 6,5, Bonucci 6,5, Caceres 6,5; Lichtsteiner 6,5 (Padoin s.v. 39’ s.t.), Pogba 5, Pirlo 6, Marchisio 6,5, Asamoah 6; Llorente 7 (Osvaldo s.v. 45’ s.t.), Tevez 7,5 (Giovinco s.v. 47’ s.t.). All.: Conte 7 Arbitro: Guida 7 Ammoniti: Marchisio, Pirlo Recuperi: 1’ più 4’ Coppia gol Fernando Llorente e Carlitos Tevez, fantastica coppia gol della Juventus: con le due reti messe a segno ieri contro il Milan, sono arrivati a quota 26 in campionato, 11 lo spagnolo e 15 l’argentino bomber della A (Ansa) rosa e doppia con Kakà: prima la respinta di Buffon, poi quella di Bonucci sulla Linea. La Juve ha sofferto le fatiche di Europa League: pensando che 58 ore prima di giocare a San Siro era in volo dalla Turchia, si capisce perché corresse meno dell’avversario, sebbene non abbia mai rinunciato a sentirsi una grande squadra, che gioca a memoria e che sa leggere la partita attimo dopo attimo. Il Milan ha fatto di tutto per andare in vantaggio, spendendo energie e giocando un calcio ca- pace di unire la corsa, la forza fisica e lo spettacolo, ma ogni volta che si è avvicinato al gol, o ha trovato la ferrea opposizione juventina (da Buffon in su) oppure è mancato in qualche dettaglio decisivo. Ritrovarsi sotto di un gol, dopo tutti gli sforzi fatti nel primo tempo, è stato un mezzo choc per il Milan, anche se è ripartito con coraggio: in un contesto tattico molto diverso da quello di partenza, prima ha rischiato di prendere lo 0-2 (Abbiati su Tevez), poi si è avvicinato per due volte al pareggio e sul secondo tentativo, Poli ha rischiato la vita, colpendo il pallone di testa e andando poi a sbattere su Caceres. Un contatto terribile: lo juventino se l’è cavata con una brutta ferita, Poli, colpito alla tempia, è uscito in barella, con grande spavento dei 75.589 spettatori. Perso Poli, implacabile su Pirlo (che poi ha rischiato l’espulsione), il Milan ha dato i primi segni di cedimento fisico (comprensibile): la squadra si è allungata, il pressing è stato me- no deciso, la corsa meno vigorosa. La Juve ha cominciato a salire e ha chiuso la partita a metà ripresa, su un tiro perfetto di Tevez, con De Jong in leggero ritardo nella chiusura e palla sotto la traversa. Il Milan ha avuto il merito di non arrendersi, ma in una situazione sempre più complicata, se non compromessa, perché i bianconeri hanno governato la partita con autorevolezza. Buffon ha preso anche il tiro di Emanuelson; Pirlo ha sfiorato il tris L’analisi Kakà e compagni stanno crescendo, ma faticano a costruire il gol. Tevez e Llorente sono il valore aggiunto di Conte I rossoneri hanno la squadra, i bianconeri i solisti di MARIO SCONCERTI E’ Positivo Adel Taarabt si è battuto contro la Juventus (Kines) una di quelle sere in cui si vincono i campionati. La Juve sembrava non meritare nemmeno il piccolo vantaggio iniziale, poi ha finito per spegnere il Milan quasi soltanto con Tevez. Le grandi squadre hanno questo, i giocatori decisivi. Non li ha il Milan che è stato invece più squadra, ma inutilmente. Con il pareggio della Roma con l’Inter, questo successo ha l’aria di essere l’ultimo, il più importante. D’altra parte il dominio della Juve è assordante. Non ha più brillantezza, il numero delle partite si fa sentire, ma al nostro livello le basta resistere e affidarsi poi a uno dei suoi solisti. Seedorf aveva azzeccato la partita, almeno cinque i suoi giocatori addetti alla fase offensiva, alcuni con compito doppio come Montolivo e Poli, più Abate ed Emanuelsson. Taarabt ha spesso saltato l’uomo e Pazzini ha giocato per un’ora la partita perfetta. La Juve è stata a lungo confusa dal movimento inaspettato del Milan, abbastanza in difficoltà sui triangoli stretti dei trequartisti e sull’impegno fisico di Pazzini. Ha lasciato al Milan almeno un paio di occasioni evidenti, per lunghi momenti sembrava che la difesa non sapesse trovare il tempo corretto per inter- La capolista soffre La Juve sta finendo di vincere il campionato. È in difficoltà, ma sa aspettare, resistere e ripartire venire sul pressing del Milan, ma il Milan ha sbagliato troppo. La differenza tra gli avversari è questa: quelli veri sanno usare i pochi spazi che hanno. È stato così con l’Atletico, è stato così stavolta con la Juve. Il Milan cresce, adesso è certamente un’ottima squadra, ma non ha ancora spontaneamente il gol, deve sempre costruirlo con fatica. La Juve ha due grandi attaccanti. Tevez è evidente, indiscutibile, è anzi migliorato quasi ogni partita, ha preso dimestichezza con le conclusioni difficili. Ha qualcosa di più e di diverso rispetto agli attaccanti del nostro campionato. Parte in modo normale, quasi ovvio, al difensore sembra sempre di avere il vantaggio. Poi chiude improvvisamente. Di tutto il resto ha mezzi in abbondanza. Un attaccante atipico nei movi- menti, che non conosciamo, a cui non siamo abituati. Aguero, per fare un esempio, ha più tecnica, più fantasia, ma non tradisce, fa sempre quello che ti aspetti. Tevez ha un passo sordo, esplode di colpo. Davanti ad Aguero si applaude, davanti a Tevez si resta sorpresi. Il risultato finale è che la Juve sta finendo di vincere il campionato. È in difficoltà, Pogba è senza corsa, Pirlo stanco, ma sa aspettare, sa resistere e ripartire. Una Caccia al quarto posto Tramonta la Fiorentina, si ferma il Napoli. L’ultimo posto ancora aperto del campionato è il quarto grande squadra ormai completa. Llorente e Tevez hanno dato il di più senza il quale quest’anno forse non avrebbe vinto. Ora, per il calcio italiano almeno, è davvero troppo. Tatticamente la partita è finita con l’uscita di Poli. Saponara ha tolto equilibrio al Milan, la Juve è rimasta con un uomo in più in mezzo al campo, dove si poteva rallentare il gioco. Il Milan cresce bene, ragiona da grande squadra, ma le mancano grandi attaccanti, nel senso della facilità complessiva del gol. Tramonta la Fiorentina, involuta e complessa, senza più facilità di tiro. Si ferma di nuovo il Napoli. L’unica tra le prime ad aver vinto è ancora una volta la Juve. Mi sembra che l’ultimo posto ancora aperto sia ormai soltanto il quarto. © RIPRODUZIONE RISERVATA Sport 35 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 # il sondaggio La Juventus ha vinto anche a San Siro contro il Milan. A questo punto secondo voi i bianconeri hanno messo la parola fine al campionato (A), o la Roma ha ancora qualche chance pe lo scudetto (B)? Vota con uno squillo. Chiamata gratuita A +39 029 475 4851 B Madrid, derby pari Ancelotti: «Attenti, Atletico violento» Finisce 2-2 il derby di Madrid al Vicente Calderon, dove mercoledì il Milan cercherà di ribaltare lo 01 di San Siro nel ritorno degli ottavi di Champions contro l’Atletico di Simeone (foto). Real di Ancelotti in vantaggio dopo 2’ con Benzema, ma la squadra di Simeone, che reclama due rigori, pareggia con Koke al 28’ e passa in vantaggio con Gabi al 46’. Il gol del pari è di Ronaldo a 8’ dalla fine. Per il Real 28ª gara di fila senza sconfitte e vantaggio di 3 punti mantenuto sui «colchoneros». E Ancelotti avvisa il Milan: «L’Atletico gioca in modo violento, entrando duro. Abbiamo cercato di giocare ma non è stato facile venirne a capo». © RIPRODUZIONE RISERVATA +39 029 475 4852 Il protagonista Non aveva mai vinto a Milano, ora è più vicino al terzo scudetto consecutivo Conte, la prima volta a San Siro «E io che pensavo di perdere punti» Seedorf: «Per fermarli servirebbe un carro armato» su punizione, Pogba ha colpito il palo esterno, nel momento in cui la Juve ha rischiato di stravincere fra gli olé dei suoi tifosi. Ma i giochi erano chiusi da un pezzo e la traversa finale di Robinho è Andrea Poli esce in barella dopo lo scontro stata la dimostrazione con Caceres, per il milanista che le stelle non guardavala diagnosi è no dalla parte del Milan. trauma cranico Poli, trauma cranico Fabio Monti (LaPresse) © RIPRODUZIONE RISERVATA MILANO — Clarence Seedorf aveva un compito ieri sera: inventarsi una storia per la sopravvivenza, non certo sua — la protezione presidenziale è salda —, ma la sopravvivenza del campionato, desideroso di durare almeno una notte in più. Sembrava che, nelle vesti di insolita Scheherazade, ieri notte volesse raccontare una bella storia, uno di quei solidi romanzi di formazione, che parlano della crescita di un Milan che diventa grande, trova un suo equilibrio e riesce finalmente ad affrontare le grandi prove della vita. Invece, gli riesce una storia interrotta che dura un po’ meno di 45’. Ne esce un paradosso, il paradosso di Clarenzio, già sperimentato con l’Atletico: più il suo Milan sembra promettere, più viene beffato. Antonio Conte aveva un compito ieri sera: dopo la frenata della Roma, gli bastava inventarsi un modo per sopravvivere alla fatica della trasferta turca. «Era una domenica in cui temevo di poter perdere qualche punto verso le inseguitrici, invece…». Invece torna a Torino con lo scalpo del campionato in mano. Dopo una gara vinta alla maniera di Trapattoni, con spirito di sacrificio, capacità di difendersi quando serve e di colpire quando si deve, volendo si potrebbe anche scrivere «the end» in fondo alla pagina. O forse no, perché, come si dice, l’importante non è la meta ma il viaggio, e allora sarà appassionante vedere come la Juve imporrà il suo dominio. Per fermarla, dice Seedorf, «serve un carro armato». «Speriamo di non incontrarlo — replica Conte —, ieri sera abbiamo trovato un mezzo carro armato, che ha giocato con ritmi molto alti nei primi 45’». Il dominio non consente di fare prigionieri, nemmeno se si chiamano Cesare Prandelli. Così, la felicità per la vittoria svanisce non appena l’argomento cade sulla convocazione di Chiellini: «Sono tre settimane che non si allena, vederlo convocato mi rammarica e mi dispiace. Tante volte il c.t. chiede collaborazione e disponibilità, noi gliela diamo, mi sarei aspettato almeno una mezza chiamata, del tipo “oh stupido, come sta Giorgio?”. Ho trovato questo comportamento poco garbato, poco educato. E ora titolate pure che Conte attacca Prandelli». Difficile trovare un altro titolo. E pensare che la Juve di spunti ne darebbe: 11 punti sulla Roma (che deve recuperare una partita), 69 conquistati sui 78 disponibili, una proiezione che la porterebbe a finire sopra quota 100, un cammino persino migliore della squadra di Ca p e l l o 2 0 0 5 - 2 0 0 6 , c h e a l l a 26esima giornata si riposò, pareggiando. La Juve di Conte, invece, non si riposa mai: neanche se 58 ore prima del via era ancora in aereo di ritorno da Trebisonda. Cinque vittorie di fila, da quattro gare senza subire gol. Riuscirci dopo un primo tempo così, è stato il segreto. «In fase difensiva le cose non funzionavano: l’obiettivo era arrivare allo 0-0 negli spogliatoi e poi portare qualche modifica. Il vantaggio ci ha permesso di gestire». D’altronde il protagonista della storia di Seedorf è il ragazzo stanco Kakà, mentre quello di Conte è il bomber del popolo Carlitos Tevez, «un leone», lo chiama il suo allenatore quasi commosso, «uno che si esalta quando la gara diventa cal- Prima volta Antonio Conte al suo primo successo da allenatore a San Siro (Sport Image) ❜❜ Polemica con Prandelli Chiellini da tre settimane non gioca. Vederlo convocato in nazionale mi rammarica. E dal c.t. nemmeno una telefonata. Non è giusto: è stato poco educato da». Seedorf e Conte escono dal campo abbracciati. Oggi si ritroveranno a Coverciano, per la Panchina d’oro: il primo da matricola di lusso, il secondo minimo da vincitore morale. L’olandese è contento per aver visto la crescita che voleva, Antonio, che magari ama meno i concetti astratti, si nutre dell’unica cosa che lo sazia: la vittoria. Ma contento non è mai. Ed era il secondo titolo suggerito dall’allenatore juventino: anche questo ineccepibile. Arianna Ravelli © RIPRODUZIONE RISERVATA Il dopopartita Il tecnico: «La sconfitta c’è, il risultato è stato questo, ma la prestazione è stata buona davanti a una grande squadra» Seedorf ottimista: «Siamo sulla strada giusta» MILANO — Spietata, cinica, cattiva. La Juventus chiude a doppia mandata il campionato battendo a San Siro il Milan, reduce dal primo tempo più convincente della stagione. Si temeva una squadra stanca dopo la trasferta a Trebisonda? Forse, ma il calo di forze non ha cancellato la freddezza sotto porta delle punte bianconere. Nel primo tempo ci ha pensato Fernando Llorente a gelare lo stadio: «È stata una partita tosta, anche se a tratti non siamo riusciti a giocare il calcio che sappiamo. Abbiamo avuto fortuna a non prendere gol: sono contento di averne segnato uno importante». Buffon — cuore, anima e mani della Juve —, non vuole parlare di scudetto in cassaforte. «Abbiamo 11 punti di vantaggio sulla Roma, è un buon margine ma i giallorossi restano avversari forti che non hanno impegni in settimana». Ma bomber Tevez non è d’accordo: «Questa partita vale più di 3 punti: tre quarti di scudetto è nostro...». Nel commentare la gara Buffon ammette le difficoltà: «I miei interventi? In queste partite bisogna far vedere che l’esperienza, nei momenti clou della stagione, è fondamentale». Finito il match Andrea Agnelli e Adriano Galliani sono saliti insieme in ascensore. «Anche il presidente della Juve ha detto che avremmo meritato di chiudere il primo tempo in vantaggio» racconta l’ad milanista. «Abbiamo giocato un grande prima frazione di gioco, la squadra è in crescita. Lo pensa anche il presidente Berlusconi con cui ho appena parlato. Era sereno, soddisfatto della prestazione del Milan. La chiave tattica della gara è stata la marcatura di Poli su Pirlo: finché è stato in campo (poi è stato portato al Niguarda per accertamenti dopo il trauma cranico, ndr), lo juventino non ha toccato palla». Nello spogliatoio Seedorf (uscito dal campo abbracciato a Conte) ha parlato alla squadra rincuorandola: «La sconfitta c’è, il risultato è questo Verso la Champions L’allenatore pensa al ritorno con l’Atletico: «Per la partita di Madrid saremo pronti» Ok Il Milan di Seedorf ha perso ma giocando bene (Fotopress) ma la prestazione è stata buona davanti a una grande squadra. Cosa serve per fermarla se sottotono vince a San Siro? Un carro armato. Il gol di Llorente ha condizionato l’andamento, perché dopo il vantaggio la Juve ha potuto aspettarci ancora di più. Comunque un’opportunità per dimostrare a noi stessi che siamo sulla strada giusta». Fra otto giorni è in programma la notte di Champions e a Madrid non si potrà sbagliare. «Ho visto il derby con il Real: è stata una gara cattiva — dice Galliani —. Ci sarà da battagliare ma possiamo giocarcela». Seedorf per l’euro-appuntamento non ha tremori: «Per quella gara saremo pronti». Monica Colombo © RIPRODUZIONE RISERVATA Espulsi e prove tv Ora è tempo del pugno (ma di ferro) di PIERGIORGIO LUCIONI L a chiamano la «nobile arte» ma, forse, qualcuno dovrebbe pigliarsi la briga di spiegare che non sempre e non ovunque tirare di boxe nobilita l’uomo. E neppure lo sport. Il fare a pugni sembra diventata un’attività abituale sui campi di calcio. Sabato sera, sul ring di RomaInter sono saliti Daniele De Rossi e Juan Jesus. Il primo ha vinto ai punti dopo aver abbattuto con un gancio Mauro Icardi; il secondo per k.o. facendo stramazzare con un diretto Alessio Romagnoli . E tutti a invocare la prova tv. Ma per non perdere tempo con noiosi controlli sul video ieri Domenico Berardi, uno che di fretta pare averne molta, sul ring di Sassuolo-Parma ci ha messo meno di un minuto a entrare in campo e farsi cacciare per una gomitata al malcapitato Molinaro. Protagonista, questa volta sul quadrato di Verona-Bologna, anche Jonathan Cristaldo, che in 60 secondi rimedia un giallo per uno schiaffetto a Moras e poi il rosso per una gomitata allo stesso difensore. Altro ring, stesso finale per Cesar, che chiude AtalantaChievo con due gialli e un rosso per due falli su Denis: l’ultimo una manata a palla lontana. Fin qui la cronaca, che nulla ha di sportivo. Poi ci saranno le sanzioni e le pene aggiuntive, poiché De Rossi e Berardi, in base al codice etico di Prandelli, non saranno convocati per la prossima gara della nazionale maggiore e della under 21. Furente la Roma: perché condannare De Rossi prima della sentenza del giudice? Sottile la riflessione di Malesani, che rischia la panchina del Sassuolo: «Sotto esame devono essere anche i giocatori che si comportano così, non solo gli allenatori». Esegesi semplice e veloce: se perdo una partita anche per colpa di chi lascia stupidamente la squadra in dieci, perché devo pagare io? Al di là dell’interesse personale c’è del vero. Chi viola così clamorosamente la prima regola dell’agonismo, quella della sportività, non può avere sconti. Un pugno all’avversario colpisce anche i compagni, l’etica, il fine della competizione. E la fiducia degli arbitri spesso accusati (anche a ragione) di incapacità, ma poi sottoposti al perenne imbroglio di chi picchia vigliaccamente e invariabilmente nega. È arrivato il momento di dare una mano allo sport. Una mano, non una manata. © RIPRODUZIONE RISERVATA 36 Gli annunci si ricevono tutti i giorni su: www.piccoliannunci.rcs.it [email protected] oppure nei giorni feriali presso l’agenzia: Milano Via Solferino, 36 tel.02/6282.7555 - 02/6282.7422, fax 02/6552.436 Si precisa che ai sensi dell’Art. 1, Legge 903 del 9/12/1977 le inserzioni di ricerca di personale inserite in queste pagine devono sempre intendersi rivolte ad entrambi i sessi ed in osservanza della Legge sulla privacy (L.196/03). ABILE esperta referenziata impiegata ufficio commerciale customer care inglese francese pc offerte ordini offresi. 331.12.23.422 ADDETTA paghe contributi pluriennale esperienza offresi. Contattare 334.16.25.041 dalle 18 alle 19,30 ADDETTO alla segreteria/fattorino, pluriennale esperienza, buona conoscenza inglese, francese, uso Pc, esamina proposte. 340.80.20.088 ASSISTENZA Excel integrato da Access. 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Sport 37 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 I protagonisti La difesa juventina non sbaglia un colpo, Buffon in testa, quella milanista ha buone risposte soprattutto da Abate Tevez c’è sempre, Taarabt c’è finché regge La coppia d’attaccanti bianconera è incontenibile, Pazzini però regge il confronto ABBIATI Le pagelle Milan BUFFON 6,5 7 Kakà simbolo dell’incompiuta ABATE Rami di testa va in confusione 6 BONERA 5,5 RAMI 5 EMANUELSON 6 MONTOLIVO 6 DE JONG 5 TAARABT 6,5 POLI 6 KAKÁ 5,5 PAZZINI 6,5 SAPONARA 6 HONDA 5,5 ROBINHO 5,5 SEEDORF BARZAGLI ABBIATI Per la serie: vattela a pigliare. La frustata di Tevez è micidiale e anche la dinamica del primo gol taglia fuori il portiere rossonero. Sullo 0-0 aveva stoppato alla grande Lichtsteiner con la gamba: almeno l’onore è salvo. ABATE Sul gol di Llorente va sulla palla invece che sullo spagnolo: peccato non veniale. L’intesa sulla destra con Taarabt però è interessante. Lui gioca alto, non teme il confronto con Asamoah, al primo varco va al cross. Presente. RAMI Appena c’è da usare la testa va in confusione: non si capisce cosa voglia fare sul pallone che tocca all’indietro, da cui nasce il gol che spacca la partita. Poi può fare poco sull’inserimento di Lichtsteiner. Rischia il patatrac anche nell’uno contro su Tevez nella ripresa. BONERA Lascia quasi tutte le pratiche sul tavolo di Rami e magari se ne pente. Prezioso un recupero su Llorente prima del 2-0. EMANUELSON Come Abate, interpreta in modo propositivo il suo ruolo nel modulo di Seedorf. Certo Lichtsteiner è un osso duro: la sfida sui cross è alla pari, ma quando lo svizzero entra in area per servire Llorente, lui è disperso. MONTOLIVO Un assist da brivido in area per Llorente lo scuote: recupera alcuni palloni chiave, va al tiro (non impossibile da parare per Buffon) e nella ripresa è tra i più determinati. Seedorf però lo toglie presto. DE JONG Mostra denti da mastino sul molle puledro Pogba. Quando il gioco si fa duro e davanti c’è Tevez che si prepara tutto solo il tiro del 2-0, lui si dimostra un cattivo dal cuore troppo tenero. TAARABT Finché la gamba lo assiste crea sempre qualche pericolo, piccolo o grande che sia: foraggia Abate, Pazzini, Kakà, ma davanti lo spreco è eccessivo e i viveri non bastano mai. Esce con le tasche ormai vuote. POLI Tuta blu generosa su Pirlo, non ha tempo per indossare lo smoking davanti alla porta: sbaglia due gol, soprattutto il primo con un piattone troppo largo, che gridano vendetta. Esce in barella dopo una brutta zuccata con Caceres. Succede a chi non si tira mai indietro. KAKÁ Entra in quasi tutte le azioni migliori del Milan, ma gli manca sempre qualcosa: la doppia grande occasione — prima parata da Buffon e poi respinta sulla linea da Bonucci — è il simbolo di una serata incompiuta. A cui si aggiunge anche un tiro a giro, ancora parato. Chissà qualche anno fa come sarebbe finita. PAZZINI Partenza da gran ballo in maschera, con una sponda perfetta non sfruttata da Kakà e un colpo di testa pericoloso. Dà sempre profondità alla squadra, anche se questo modulo per la punta è una trappola: c’è troppo lavoro per non perdere la lucidità. Lui però resiste bene. SAPONARA Azzoppato da Pirlo, dimostra buona volontà, ma la stanchezza dei compagni diventa presto anche la sua. HONDA Non ha il passo per cambiare una partita già decisa. ROBINHO Nella serata dei troppi gol sbagliati, lui non poteva certo esimersi: in condizioni favorevoli scheggia la traversa. BONUCCI 6,5 CACERES 6,5 LICHTSTEINER 6,5 POGBA 5 PIRLO 6 MARCHISIO 6,5 ASAMOAH 6 LLORENTE Combattenti Pazzini con la maschera e Caceres con la testa fasciata (LaPresse) La pagella dell’arbitro di Paolo Casarin Impegno difficile, ma Guida è all’altezza Paolo Tomaselli © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA GUIDA 7 7 TEVEZ Guida, designato per Milan-Juventus. L’ impegno, della massima difficoltà per chiunque, viene affrontato con apparente freddezza e passa attraverso alcuni errori di valutazione dei falli di gioco di Montolivo su Marchisio e Bonucci su Pazzini. Con il passare dei minuti e grazie alla correttezza dei calciatori, Guida cresce in disinvoltura e appare all’altezza del compito. Sembra perfino che i 22, attenti anche nelle situazioni d’area, cerchino di arbitrarsi da soli. Roma-Inter, invece, aveva bisogno di un arbitro ogni volta che il gioco si svolgeva nelle aree: Bergonzi e De Marco, sbagliando, hanno scelto di privilegiare solo i difensori anche di fronte a falli evidenti degli stessi. Nel secondo tempo Guida continua ad arbitrare con semplicità e puntualità. Gialli meritati a Marchisio, Pirlo (da arancione) e Bonera. La correttezza dei calciatori è anche merito suo. Pertanto bene Guida, torna a casa con molta esperienza in più. SEEDORF Di fronte all’impietoso potere juventino, la strada rossonera sembra quella giusta. Ma ciò non toglie che sia in salita. 6 6,5 7,5 OSVALDO S.V. PADOIN S.V. GIOVINCO S.V. CONTE Le pagelle Juventus Bonucci, salvataggio decisivo Pogba, periodo di involuzione BUFFON Salva su Kakà, poi Bonucci salva lui, quindi respinge un tentativo di Montolivo, infine impedisce un destro a giro di Kakà. Certo, intuiva che non sarebbe stata una partita facile, ma un primo tempo come quello che vive non l’avrebbe mai immaginato. Nel secondo è meno sotto pressione deve stare attento anche qui. La traversa lo salva nel finale. BARZAGLI Un po’ di mestiere in mezzo alla sofferenza, così riesce a contenere il pericoloso rapporto tra Emanuelson e Kakà che aggrediscono la sua zona. E quando gli avversari si spengono non offre più varchi. BONUCCI Comunque lo si giudichi (bene), la sua respinta su Kakà a porta vuota si iscrive tra le migliori parate della partita. Decisivo. CACERES Anche lui come gli altri della retroguardia bianconera è in forte difficoltà contro questo Milan avanguardista. Tenta una spaccatona su corner e per poco non gli va bene. Scontro di teste con Poli, il milanista esce in barella, lui gioca con il turbante e ma le prende tutte, sempre. LICHTSTEINER Ha sul piede la palla d’oro dell’1-0; un po’ lui, un po’ la grande risposta di Abbiati e l’occasione sfuma. Limitato sulla fascia dall’effervescenza di Emanuelson non per questo ha perso i tempi degli inserimenti: si infila perfettamente in un dialogo tra Marchisio e Tevez per lo strepitoso assist a Llorente. POGBA Il ragazzo attraversa un momento di involuzione tra narcisismo e pressapochismo che ne zavorrano la naturale esplosività. Si riscatta, leggermente, nel finale con una bella conclusione (palo esterno). PIRLO Un po’ limitato dalla gabbia prevista da Seedorf, meno preciso del solito ma sempre centrale. Ammonito, salterà il matinée con la Fiorentina. MARCHISIO Combattivo, in un centrocampo che il Milan ha scombussolato, difende e cerca di riavviare l’azione. Va a inseguire, pugnace, un pallone che diventa il vantaggio della Juventus. ASAMOAH Zolla o piede di ghisa? Il primo pallone è un liscio fantasioso. Però, sebbene non sia in perfette condizioni, esce alla distanza. Meglio nel finale. Gagliardo. LLORENTE Di testa è il re del gol, ma quello che scardina una partita che la Juventus sta soffrendo lo segna di piede (destro). Sponda assassina, goleador (11 reti in campionato), interditore. Per tutte le situazioni. TEVEZ Spesso non trova il compagno con cui dialogare, spesso si trova sepolto da tre avversari, ma non rinuncia mai a cercare la palla. C’è sempre. C’è sul vantaggio di Llorente. C’è a rilanciare l’azione, c’è a sostenere la squadra che arretra. C’è a tramortire il Milan e la traversa su cui il pallone rimbalza prima di spegnersi in rete dopo un colpo di spingarda da una ventina di metri. Monumentale. Con il quindicesimo gol in campionato è il primo attaccante juventino che può vincere la classifica marcatori dal 2008. CONTE Ha fatto imparare molte cose ai suoi giocatori, ora anche l’arte della metamorfosi. Juventus aggressiva a Trabzon, sulla difensiva se l’avversario deborda come a Milano. Saper soffrire, aver fame, edificare l’autostima, soprattutto. Il metodo Conte. 7 Roberto Perrone © RIPRODUZIONE RISERVATA Inter L’attaccante, che sembra aver definitivamente convinto il suo allenatore, ricorda i falli subiti e non sanzionati dai direttori di gara Icardi conta su Facebook i rigori che non gli sono stati concessi MILANO — La lista si allunga. Un rigore negato contro il Cagliari, due con la Roma. Mauro Icardi si interroga perplesso e un tantino sconcertato: non appartiene alla categoria dei simulatori, anzi per qualcuno ha, addirittura, il torto di cercare di non cadere in area, eppure di rigori non se ne parla. L’attaccante argentino non alza la voce, tiene anzi la bocca chiusa e ha affidato al proprio profilo ufficiale Facebook la sua silenziosa protesta pubblicando il fermo immagine del pugno che ha ricevuto in area da De Rossi. In precedenza Benatia era stato più gentile con lui: mano destra sulla sua spalla sinistra, mano sinistra intorno alla vita: vistosa trattenu- ta. Altro rigore da dare e non dato, proprio come quello col Cagliari a San Siro dopo che Rossettini e Astori gli avevano impedito di segnare di testa a porta vuota. Icardi prende atto che c’erano due rigori pure per la Roma, però nel secondo tempo mentre quelli per l’Inter erano nel primo con tutto quello che ne consegue. E, allora, meglio consolarsi ripensando che in 119 minuti è riuscito a procurarsi ben tre rigori anche se Russo e Bergonzi e i loro assistenti d’aria non se ne sono accorti. E se non bastasse, a Icardi resta pure la consapevolezza di essere riuscito a creare seri grattacapi alla difesa meno battuta del campionato pur avendo Discussione L’arbitro Bergonzi e l’interista Icardi (Ansa) un’autonomia fisica ancora ridotta. Mazzarri si è deciso a puntare sull’argentino, facendolo debuttare dal primo minuto, convinto che possa aiutare l’Inter a guarire l’Inter dal mal di gol. A patto di metterlo nelle condizioni di sfruttare le sue caratteristiche a cominciare dal colpo di testa, che resta il punto di forza di Icardi. Durante la partita con la Roma il tecnico interista è stato sorpreso dalle telecamere a imprecare coi suoi assistenti: «Ma cosa dobbiamo fare per segnare?». E in effetti è già la quarta volta nel 2014 che l’Inter non riesce a segnare neppure un gol in trasferta: Lazio, Udine (Coppa Italia), Genoa e Roma. In compenso col ritorno di Walter Samuel e le convincenti prestazioni di Rolando e Juan Jesus la difesa dell’Inter è tornata un reparto affidabile: con loro tre in campo la squadra non ha mai perso: due vittorie e tre pari. Domenica contro il Torino, però, Mazzarri sarà costretto a cambiare perché Samuel, che era diffidato, è stato ammonito e Juan Jesus rischia di essere squalificato con la prova tv per il Il rinnovo Cambiasso chiama Thohir per il rinnovo: «Non ha mai tempo, ma io sarò nerazzurro per sempre» pugno rifilato a Romagnoli. Intanto Esteban Cambiasso, ritrovata una maglia da titolare, dopo due partite in panchina, ha fatto sapere ai microfoni di Sky di non essere ancora riuscito a parlare con Thohir riguardo al rinnovo del suo contratto, in scadenza nel prossimo mese di giugno. «Sapete che ci sono tante cose da sistemare ma ogni volta che viene a Milano il presidente è sempre molto impegnato. In ogni caso, al di là di quello che potrà accadere, io sarò sempre dell’Inter, sia che possa avere un ruolo da calciatore, un altro ruolo, o anche un ruolo soltanto da tifoso». Franco Fiocchini © RIPRODUZIONE RISERVATA 38 Sport Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Caduta Seconda sconfitta consecutiva in casa per i viola. I tifosi contestano Braschi con 25 mila volantini Pareggio poco convincente Il Verona senza il comandante Toni è un vascello in balia del Bologna Prodezza DAL NOSTRO INVIATO L’acrobazia di Cana che dopo appena 5’ ha deciso la sfida con la Fiorentina. Il kosovaro naturalizzato albanese della Lazio ha scelto il modo più spettacolare per segnare il suo primo gol stagionale (LaPresse) VERONA — La verità è che senza padron Toni la nave dei sogni battente bandiera veronese è più simile a un peschereccio, fa sembrare i porti d’Europa un po’ più lontani, i mari più insidiosi. La verità è che contro un Bologna davvero pugnace il Verona ha sofferto maledettamente l’assenza per il turno di squalifica del suo capopopolo e deve ringraziare la reattività del portiere Rafael che al 2’ del secondo tempo ha ribattuto un calcio di rigore di Bianchi. Finisce con un pareggio che il Bentegodi non gradisce, ma per come si è sviluppata la contesa è un buon risultato perché il Bologna ha fatto qualcosa in più e non solo per il rigore sprecato. Con Ballardini, 7 punti in 8 partite, l’idea di gioco è più semplice e si fonda su un 3-5-1-1 scrupoloso e con direttive contate: ai due esterni Garics e Morleo viene consegnato il mandato a marcare alla vecchia maniera, sostanzialmente a uomo, le mezzepunte Iturbe e Jankovic, in modo da attutire come un materasso le irruzioni collettive del Verona. Bloccati gli esterni, tappato il Verona corridoio centrale con Donadel e l’ottimo Romulo, non c’è più Bologna spazio: è una strategia semplice ma redditizia, perché là davanti in VERONA (4-3-3): Rafael 7; mezzo all’attacco il Cacciatore 5,5, Moras 6, Marques 6, riservista ceco Rabusic, Albertazzi 6; Romulo 6,5, Donadel 6, 24 anni, che è arrivato Marquinho 5,5; Iturbe 5,5 giusto un mese fa dallo (Hallfredsson s.v. 32’ s.t.), Rabusic 5 Slovan Liberec e non (Gomez 5,5 18’ s.t.), Jankovic 5,5 conosce una parola (Martinho 5,5 18’ s.t.). All.: d’italiano con Mandorlini 6 immaginabili conseguenze sul feeling BOLOGNA (3-5-1-1): Curci 6; con i compari, non è Antonsson 6, Natali 6,5, Mantovani all’altezza del titolare e 6,5; Garics 6, Krhin 6,5, Perez 6 affoga nell’area ospite. (Ibson 6 25’ s.t.), Christodoulopoulos «Siamo stati lenti, poco 7; Morleo 6; Kone 6 (Cristaldo 5 33’ convinti — le parole di p.t.); Bianchi 5 (Moscardelli 5,5 21’ Mandorlini — però s.t.). All.: Ballardini 6,5 siamo arrivati a 40 punti, l’obiettivo di inizio campionato. Ora ci serve Arbitro: Tommasi 6 un cambio di mentalità». Ammoniti: Perez, Morleo, C’è una statistica Mantovani, Moras, Cristaldo, significativa: senza Toni Christodoulopoulos schierato dal 1’, il Verona Espulsi: Cristaldo 37’ s.t. ha vinto una volta sola Recuperi: 2’ più 3’ su 4, alla 3ª giornata col Sassuolo, 2-0. Detto questo, lagnarsi per l’occasione sprecata come ha fatto il pubblico è umano e legittimo, soprattutto perché una vittoria sarebbe valsa il 5° posto davanti all’Inter, ma è innegabile che l’annata sia già magnifica così com’è. Vero che la vittoria interna manca da oltre 2 mesi (22 dicembre, 4-1 all’ultima Lazio di Petkovic) ma nemmeno i più ottimisti avrebbero immaginato una salvezza certificata al 2 marzo. Chi invece deve ancora sudarsela è il Bologna che però mostra progressi nonostante la dipartita sportiva di Diamanti, la cui cessione consente ad altri giocatori di mettersi in luce, tipo Christodoulopoulos, mezz’ala notevole. È lui a scucire con astuzia all’arbitro Tommasi — la trattenuta di Cacciatore è roba da educande — il rigorino che Bianchi sciuperà. «Meritavamo qualcosa in più — il commento di Ballardini— peccato per il rigore e per l’espulsione di Cristaldo,ma è una domenica che ci avvicina alla salvezza». La moneta sottratta dalla stiva del vascello gialloblù dà più speranza che sostanza. La lotta, laggiù, si fa scivolosa e profonda. Un lampo di Cana acceca una Fiorentina molle e senza idee La Lazio colpisce anche una traversa DAL NOSTRO INVIATO FIRENZE — Se marzo è il mese decisivo, la Fiorentina lo comincia nel peggiore dei modi, con la sconfitta casalinga contro la Lazio, la terza stagionale al Franchi, la seconda consecutiva dopo l’Inter. La squadra di Reja segna con Cana dopo appena cinque minuti, approfittando della colossale dormita della difesa viola, colpisce una traversa con Konko e nella ripresa spreca almeno quattro clamorosi contropiede. Una partita ordinata, saggia, piena di cose buone e qualche errore negli ultimi sedici metri. E la Fiorentina? Un sussulto al 37’ della ripresa, due occasioni nel giro di un minuto, un tiro da fuori di Anderson e un colpo di testa all’incrocio dei pali di Aquilani, giusto per consentire a Marchetti di poter gridare al mondo che è ancora lui, e con merito, il portiere della Lazio. Mai vista una Fiorentina così: lunga, molle, imprecisa, distratta. Non vince un contrasto, non porta in fondo un’azione, ha smarrito il senso di squadra. I biancocelesti sono in piena cor- sa per un posto in Europa League. I viola, invece, non sfruttano il mezzo passo falso del Napoli a Livorno, ma considerando lo score dell’ultimo periodo (una vittoria nelle ultime sei gare) dovrebbero preoccuparsi di cosa succede dietro. La sensazione è che tutte le polemiche arbitrali abbiano sgonfiato la squadra di Montella, non l’hanno resa solo più antipatica, ma anche più fragile e insicura. For- se è il momento di concentrarsi solo sul lavoro di campo. La contestazione di Firenze al mondo arbitrale e al designatore Braschi si trasforma in una specie di boomerang. I mille motorini che accompagnano il pullman viola sino allo stadio ottengono l’effetto di far arrivare la squadra con venticinque minuti di ritardo e la scelta di rimanere fuori dieci minuti (in realtà dentro l’impianto, ma sotto la cur- Lazio Marcatore: Cana 5’ p.t. FIORENTINA (4-3-3): Neto 6,5; Tomovic 4,5, Gonzalo Rodriguez 5,5, Savic 6, Pasqual 5,5; Ambrosini 5 (Anderson 6 12’ s.t.), Aquilani 6, Mati Fernandez 6,5; Joaquin 5 (Gomez 5 12’ s.t.), Matri 4,5 (Wolski s.v. 28’ s.t.), Cuadrado 5. All.: Russo 5 LAZIO (4-3-3): Marchetti 6,5; Konko 6,5 (Novaretti 6 18’ s.t.), Ciani 6,5, Cana 6,5, Radu 6,5; Gonzalez 6,5, Ledesma 6 (Onazi 6 1’ s.t.), Biglia 6; Candreva 7, Perea 5,5 (Keita s.v. 45’ s.t.), Lulic 6. All.: Reja 7 Arbitro: Banti 5,5 Ammoniti: Ambrosini, Ciani, Lulic, Tomovic, Pasqual Recuperi: 2’più 3’ Al Manchester City la Coppa di Lega inglese Campbell: «Fossi bianco, capitano per 10 anni» «Se fossi stato bianco sarei stato capitano della nazionale inglese per più di dieci anni». Il 39enne ex difensore e nazionale di colore Sol Campbell ha accusato di razzismo la Football Association nel suo libro autobiografico di cui il Sunday Times ha pubblicato alcuni estratti in anteprima. Campbell, che ha militato soprattutto nel Tottenham e nell’Arsenal, ha disputato 73 gare con l’Inghilterra fra il 1996 e il 2007, quando capitano era Michael Owen. «La Federazione preferiva che fossi bianco. È folle ma penso che la situazione non cambierà in futuro, perché non lo vogliono nemmeno i tifosi». Ieri il Manchester City ha vinto la sua quarta Coppa di Lega inglese battendo 3-1 in finale il Sunderland, che aveva chiuso in vantaggio il primo tempo grazie a una rete di Fabio Borini e che in precedenza aveva eliminato Chelsea e Manchester United. Nella ripresa la rimonta del City con le reti di Yaya Touré al 10’, Nasri all’11’ e Jesus Navas all’ultimo minuto. È il primo trofeo conquistato da Pellegrini a Manchester. © RIPRODUZIONE RISERVATA va) serve soltanto a lasciare sola la squadra nel momento del bisogno. La Fiorentina ha giocato altre volte con Aquilani regista, ma mai senza i due centrocampisti di maggior talento, vale a dire Pizarro e Borja Valero. Il risultato è disastroso: la difesa sbanda, la squadra si allunga, l’attacco viene mal servito. La Lazio, rivoluzionata da Reja rispetto alle previsioni e senza lo spauracchio Klose, fermato da un problema al costato, si cala subito dentro la realtà della partita. Cana segna con una mezza girata dopo appena cinque minuti, Neto evita il raddoppio sul destro angolato di Candreva meno di sessanta secondi dopo. Con l’incoraggiamento dei suoi tifosi, finalmente sugli spalti, la Fiorentina ritrova almeno la voglia di attaccare, ma non riesce a graffiare: Cuadrado e Joaquin sono fumosi, Matri resta stritolato dalla difesa avversaria. Così l’occasione migliore è ancora della Lazio in contropiede. Sul cross teso da sinistra di Candreva, Konko al volo colpisce la traversa. Stesso copione nel secondo tempo. La Fiorentina senza idee e senza logica controlla il gioco, la Lazio è fulminante in contropiede. Lulic cicca il cross teso sul secondo palo di Candreva, Gonzalo Rodriguez in scivolata salva su Perea. Il moto d’orgoglio viola, affidato a Anderson e Aquilani, è un fuoco di paglia e non vale a scaldare i rimpianti. I tifosi, attraverso 25 mila volantini, chiedono rispetto a Braschi. Ma ora la Fiorentina deve solo ritrovare se stessa. Tutto il resto conta poco. 0 0 Carlos Passerini Alessandro Bocci © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Le altre Vince il Cagliari, il Catania e il Sassuolo di Malesani sempre più giù La Sampdoria affonda il Torino Il Parma non si ferma più: è 6° TORINO — La Sampdoria vola verso la salvezza e frena i sogni europei del Torino. I blucerchiati conquistano 3 punti d’oro grazie ai gol in apertura di Okaka (in fuorigioco) e nel finale di Gabbiadini (7° stagionale), con una stupenda punizione da 27 metri alla velocità di 99 chilometri orari. In mezzo una grande prova della squadra di Mihajlovic, che ha mostrato organizzazione e solidità difensiva. Ottimi Mustafi e Regini, che ha annullato Cerci. Il fantasista granata ha risposto con un gesto di stizza a fine gara ai fischi dei tifosi, salvo poi scusarsi. Brillante invece Immobile ma è stata l’unica nota lieta di un To- 0 1 Fiorentina ro apparso molle e senza idee. Vola il Parma che sale al sesto posto a 40 punti: 14° risultato utile consecutivo per la squadra di Donadoni firmato da Parolo. Sassuolo in confusione: Berardi espulso 20 secondi dopo essere entrato in campo, 5ª sconfitta in 5 gare per il tecnico Malesani, ora in bilico. Pronto il ritorno di Di Francesco. Sale anche il Genoa che affossa il Catania penultimo (rosso a Bellusci) con Antonelli e il giovane Sturaro, al primo gol in A. Il Cagliari aggancia l’Udinese a quota 28 punti: vittoria firmata da Ibarbo, Vecino e Ibraimi; traversa di Di Natale per i friulani. Abbraccio Mihajlovic conforta Cerci dopo la partita (Ansa) Filippo Bonsignore © RIPRODUZIONE RISERVATA Torino Sampdoria 0 2 Cagliari Udinese 3 0 Genoa Catania 2 0 Sassuolo Parma 0 1 Marcatore: Parolo 1’ p.t. Marcatori: Okaka 7’ p.t.; Gabbiadini 34’ s.t. Marcatori: Ibarbo 18’ p.t.; Vecino 36’, Ibraimi 43’ s.t.. Marcatori: Antonelli 14’ p.t.; Sturaro 40’ s.t. TORINO (3-5-2): Padelli 5; Maksimovic 6, Glik 5,5, Bovo 5,5 (Barreto 5 11’ s.t.); Darmian 6, Kurtic 5,5, Vives 6 (Basha s.v. 31’ s.t.), Farnerud 5 (Meggiorini 5,5 23’ s.t.), Pasquale 5; Cerci 5, Immobile 6,5. All.: Ventura 5 CAGLIARI (4-3-1-2): Avramov 6; Pisano 6, Rossettini 6, Astori 6,5, Avelar 6; Dessena 6,5, Cossu 6,5 (Ibraimi 7 32’ s.t.), Vecino 6,5; Adryan 5 (Eriksson 6 1’ s.t.); Pinilla 6 (Nenè 6 22’ s.t.), Ibarbo 6,5. All.: Lopez 6,5 GENOA (3-4-3): Perin 6; Antonini 6 (Calaiò s.v. 38’ s.t.), Portanova 6, Burdisso 6,5; Motta 6, Sturaro 6,5, Bertolacci 5,5 (Fetfatzidis 6,5 1’ s.t.), Antonelli 7; Konaté 6, Gilardino 5, Sculli 6 (Cabral 5,5 15’ s.t.). All.: Gasperini 6,5 SAMPDORIA (4-2-3-1): Da Costa 6,5; De Silvestri 6,5, Mustafi 7, Gastaldello 6,5 (Fornasier 6,5 16’ s.t.), Regini 7; Obiang 6, Renan 6,5 (Krsticic 6 28’ s.t.); Gabbiadini 6,5, Eder 6 (Bjarnason s.v. 39’ s.t.), Soriano 6,5; Okaka 7. All.: Mihajlovic 7 UDINESE (3-5-1-1): Scuffet 6; Heurtaux 6, Danilo 6, Naldo 5 (Maicosuel 5,5 30’ s.t.); Basta 6, Pinzi 6, Yebda 5,5, Pereyra 5,5, Da Silva 5,5 (Widmer 5,5 16’ s.t.); Fernandes 5 (Nico Lopez 5,5 6’ s.t.); Di Natale 6. All.: Guidolin 5,5 CATANIA (3-5-1-1): Andujar 5,5; Bellusci 4, Rolin 5,5, Spolli 5; Peruzzi 6, Izco 6, Lodi 5 (Monzon 5 20’ s.t.), Rinaudo 6, Biraghi 5,5; Keko 6 (Leto s.v. 28’ s.t.); Plasil 5 (Fedato 5,5 20’ s.t.). All.: Maran 5,5 PARMA (4-3-3): Mirante 7; Cassani 6, Paletta 6,5, Lucarelli 6,5, Molinaro 6; Gargano 6,5, Marchionni 5,5 (Acquah 5 23’ s.t.), Parolo 6,5; Biabiany 6, Amauri 6,5, Cassano 6 (Schelotto 6 25’ s.t.). All.: Donadoni 6 Arbitro: Irrati 5,5 Espulso: Bellusci 39’ p.t. Ammoniti: Bertolacci, Sturaro, Burdisso Recuperi: 1’ più 4’ Arbitro: Tagliavento 6,5 Espulso: Berardi 27’ s.t. Ammoniti: Zaza, Lucarelli, Gazzoli Recuperi: 1’ più 4’ Arbitro: Damato 6 Espulso: Sullo 36’ p.t. Ammoniti: Renan, Okaka, Bovo, Glik, Obiang, Maksimovic Recuperi: 1’ più 4’ Arbitro: Valeri 6 Ammoniti: Pinilla, Cossu, Danilo, Ibraimi Recuperi: 1’ più 3’ SASSUOLO (3-5-2): Pegolo 6; Ariaudo 5,5, Cannavaro 5,5, Mendes 6; Pucino 5,5 (Berardi 3 26’ s.t.), Biondini 5,5, Magnanelli 5, Brighi 5 (Marrone 6 1’ s.t.), Gazzola 6; Floccari 5, Zaza 5,5 (Floro Flores 6 15’ s.t.). All.: Malesani 5 Sport 39 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Incompiuta Non basta un rigore di Mertens, il Livorno pareggia su autogol di Reina Lotta Veneti in 10 Il Napoli si fa ancora del male Il salto di qualità non arriva Jolly di Cigarini e l’Atalanta mette nei guai il Chievo Occasione mancata Benitez: «Sono deluso, dovevamo fare di più e vincere» DAL NOSTRO INVIATO 1 1 Livorno LIVORNO — Avanti così, piano, facendosi del male. Con il pareggio dell’Ardenza — che il Livorno ha strameritato — diventano 20 i punti gettati dal Napoli contro le avversarie cosiddette medio-piccole della serie A. È una sindrome calcistica grave, dalla cura a quanto pare introvabile e dagli effetti indesiderati: su tutti, l’incapacità di accorciare sulla Roma, anche se domenica i giallorossi saranno al San Paolo e lo scenario Champions potrebbe cambiare. LIVORNO (5-3-2): Bardi 6,5; Mbaye 6, Ceccherini 5,5, Emerson 7, Coda 6,5, Mesbah 6,5; Benassi 6,5, Biagianti 6, Greco 6,5 (Duncan s.v. 37’ s.t.); Paulinho 6 (Castellini s.v. 46’ s.t.), Belfodil 6,5 (Emeghara s.v. 32’ s.t.) All.: Di Carlo 7 Impressione In vantaggio, gli azzurri danno l’impressione di poter controllare ma finiscono per incartarsi NAPOLI (4-2-3-1): Reina 6; Maggio 5,5, Fernandez 6, Britos 6, Ghoulam 6; Jorginho 6, Inler 5,5; Callejon 5,5, Hamsik 5,5 (Zapata 5,5 37’ s.t.), Mertens 6,5; Pandev 5,5 (Insigne s.v. 25’ s.t.). All.: Benitez 5,5 Finalmente in maglia azzurra, il Napoli ha trovato l’ostacolo che Benitez aveva illustrato alla vigilia: un’avversaria tonica, corta, che chiude tutti gli spazi e ti obbliga a inventare pertugi dove non ci sono, manco tu fossi Valentino Rossi che cerca di sorpassare Marquez al Cavatappi. Così, di fronte alla perfetta organizzazione del Livorno (linea difensiva a cinque, il trio di mediana Greco-Biagianti-Benassi sempre in battaglia e le punte Paulinho e Belfodil ben disposte al pressing), il Napoli ha provato a lavorare con pazienza: bloccato sulla fasce intasate dai raddoppi, ha virato sul lancio lungo centrale, l’imbucata bassa oppure certi interscambi di posizione tra Hamsik e Pandev, ancora falli- Serie A / 26ª giornata Napoli Marcatori: Mertens (rigore) 32’, Reina (autogol)’39’ p.t. Arbitro: Mazzoleni 6 Ammoniti: Benassi, Mbaye, Britos, Maggio Recuperi: 0’ più 3’ Rarità L’autogol di Reina, portiere del Napoli, che ha regalato il pari al Livorno (Ansa) mentare nel tentativo impossibile di travestirsi da Higuain, assente per squalifica. Tutto avveniva a ritmo lento, ma la qualità sembrava poter fare la differenza: dopo una autotraversa di Mbaye (bravo però in anticipo su Hamsik, partito bene e poi spentosi), due tentativi di Mertens (parata di Bardi, molto positivo) e di Callejon sembravano i prodromi del gol. Che infatti è arrivato, anche se in ma- niera fortunosa. Mbaye in area ha svirgolato facendo un assist per Pandev, Ceccherini preoccupatissimo lo ha spinto e il macedone, che non vedeva l’ora, si è lasciato cadere, realizzando così la cosa migliore della sua brutta partita: guadagnare il rigore che Mertens al 32’ ha trasformato. Vista la situazione, pareva che il Napoli potesse governare il vantaggio o magari aumen■ Punti totali ■ In casa ■ Fuori casa Serie A Classifica 20 tarlo. Sbagliato. Perché, dopo un’altra parata di Bardi su Mertens, al 39’ il Livorno ha pareggiato nella sua prima azione d’attacco: Mesbah sfonda a sinistra dietro l’impacciato Maggio, palla secca dal fondo al centro, tacco di Mbaye in cerca di riscatto e carambolone da dopolavoro addosso a Reina che, sfortunato, si sbatte la palla in porta da solo. La grande squadra avrebbe i punti lasciati dal Napoli contro le avversarie cosiddette medio-piccole INTER 0-0 Arbitro: Bergonzi di Genova CAGLIARI UDINESE 3-0 Ibarbo (Ca) 18’, Vecino (Ca) 36’ s.t., Ibraimi (Ca) 43’ s.t. Arbitro: Valeri di Roma ATALANTA CHIEVO 2-1 Carmona (At) 21’, Dainelli (Ch) 27’ s.t., Cigarini (At) 41’ s.t. Arbitro: Celi di Cambobasso GENOA CATANIA 2-0 Antonelli (Ge) 14’, Sturaro (Ge) 40’ s.t. Arbitro: Irrati di Pistoia VERONA BOLOGNA 0-0 Arbitro: Tommasi di Bassano del Grappa (Vi) SASSUOLO PARMA 0-1 Parolo (Pa) 1’ Arbitro: Tagliavento di Terni TORINO SAMPDORIA 0-2 Okaka (Sa) 7’, Gabbiadini (Sa) 34’ s.t. Arbitro: Damato di Barletta LIVORNO NAPOLI 1-1 JUVENTUS ROMA NAPOLI FIORENTINA INTER PARMA VERONA LAZIO TORINO MILAN GENOA SAMPDORIA ATALANTA CAGLIARI UDINESE BOLOGNA CHIEVO LIVORNO CATANIA SASSUOLO Punti 69 58 52 45 41 40 40 38 36 35 35 31 31 28 28 22 21 21 19 17 G 26 25 26 26 26 25 26 26 26 26 26 26 26 26 26 26 26 26 26 26 V 22 17 15 13 10 10 12 10 9 9 9 8 9 6 8 4 5 5 4 4 N 3 7 7 6 11 10 4 8 9 8 8 7 4 10 4 10 6 6 7 5 P 1 1 4 7 5 5 10 8 8 9 9 11 13 10 14 12 15 15 15 17 V 13 10 8 7 6 5 8 7 5 6 6 4 8 6 5 2 3 3 4 3 N 0 3 4 3 6 6 2 3 5 4 4 4 2 4 2 6 2 4 5 1 P 0 0 1 3 1 2 4 2 3 3 3 5 3 4 5 5 7 7 3 9 V 9 7 7 6 4 5 4 3 4 3 3 4 1 0 3 2 2 2 0 1 N P F S 3 1 62 19 4 1 49 11 3 3 51 29 3 4 45 29 5 4 43 29 4 3 39 29 2 6 43 42 5 6 34 34 4 5 39 34 4 6 39 37 4 6 30 32 3 6 29 37 2 10 27 38 6 6 26 35 2 9 29 39 4 7 22 41 4 8 20 37 2 8 27 46 2 12 19 45 4 8 25 55 reagito; il Napoli, come spesso gli accade, si è incartato. E nel secondo tempo, quando il Livorno ha alzato ritmo e baricentro, ha incontrato il secondo problema della sua brutta serata: l’appannamento post Europa League, altra sindrome che, come si sa, non risparmia mai le squadre italiane. Benitez forse temeva pure questo, ecco perché sabato aveva chiesto di partire forte e prendere vantaggio. Dunque, mentre le gambe azzurre si cementificavano e le già poche idee svanivano, il Livorno al 15’ ha pure avuto la grande palla gol con Paulinho, fermato però da un grande Reina. L’aria di pari adesso era chiara e gli interventi dei tecnici non l’hanno cambiata: il Livorno (dove crescevano Emerson, Belfodil e Greco, ma dove il migliore è stato il tecnico Di Carlo) è passato al 4-3-3; Benitez ha inserito Insigne e Zapata sperando di trovare il coniglio nel cappello. Peccato per lui che l’ultima chance al 44’ sia capitata al colombiano, il quale è arrivato in ritardo sull’assist di Mertens, l’unico brillante in un gruppo grigio. Così è finita come doveva, ma non come voleva Benitez, assai contrariato per la controperformance dei suoi: «Sono deluso, dovevamo fare di più, dovevamo vincere». Perché Rafa, che conosce il calcio, lo sa bene: anche se non ha vinto nessuno, ieri il Napoli ha perso. Alessandro Pasini Punti 50 46 44 43 42 42 41 40 39 38 37 36 36 35 35 32 29 28 23 22 21 15 G 27 27 27 27 27 27 27 27 27 26 27 27 27 27 27 27 27 27 27 27 26 27 V 14 12 12 10 10 10 10 10 11 11 8 10 9 9 9 7 8 6 4 5 5 2 N 8 10 8 13 12 12 11 10 6 5 13 13 9 8 8 11 8 10 11 7 6 9 P 5 5 7 4 5 5 6 7 10 10 6 4 9 10 10 9 11 11 12 15 15 16 V 9 5 6 5 6 7 8 5 6 4 4 8 6 8 4 6 6 5 2 4 4 1 N 3 7 6 7 5 4 4 6 4 3 7 4 6 2 4 4 4 4 6 4 5 5 P 2 1 2 2 2 2 2 3 3 6 3 2 1 3 5 4 3 4 6 6 4 7 V 5 7 6 5 4 3 2 5 5 7 4 2 3 1 5 1 2 1 2 1 1 1 N P F 5 3 38 3 4 36 2 5 27 6 2 33 7 3 37 8 3 27 7 4 32 4 4 31 2 7 37 2 4 32 6 3 37 9 2 41 3 8 37 6 7 35 4 5 35 7 5 35 4 8 27 6 7 25 5 6 24 3 9 23 1 11 19 4 9 23 S 20 21 22 22 29 20 29 34 37 32 35 30 37 27 34 34 33 36 37 41 38 43 MARCATORI: 15 RETI: Tevez (JUV) 14 RETI: Rossi (FIO) 13 RETI: Immobile (TOR), Toni (VER), Higuain (NAP) 12 RETI: Berardi (SAS) 11 RETI: Llorente (JUV), Palacio (INT), Vidal (JUV), Gilardino (GEN), Cerci (TOR) 10 RETI: Balotelli (MIL), Paulinho (LIV) 9 RETI: Callejon (NAP), Cassano (PAR), Denis (ATA), Eder (SAM) 8 RETI: Gabbiadini (SAM) 7 RETI: Parolo (PAR), Candreva (LAZ), Di Natale (UDI), Jorginho (NAP) 6 RETI: Destro (ROM), Hamsik (NAP), Klose (LAZ), Pandev (NAP), Pogba (JUV), Mertens (NAP) 27ª giornata LATINA-PADOVA CITTADELLA-NOVARA REGGINA-VARESE VIRTUS LANCIANO-JUVE STABIA Llorente (Ju) 44’, Tevez (Ju) 23’ s.t. Arbitro: Guida di Torre Annunziata (Na) PROSSIMO TURNO: Sabato 8/3, ore 18.00: Udinese-Milan. ore 20.45: Catania-Cagliari. Domenica 9/3, ore 12.30: Juventus-Fiorentina. ore 15.00: Bologna-Sassuolo, Chievo-Genoa, Inter-Torino, Lazio-Atalanta, Parma-Verona, Sampdoria-Livorno. ore 20.45: Napoli-Roma. PROSSIMO TURNO: Venerdì 7/3, ore 20.30: Empoli-Avellino. Sabato 8/3, ore 15.00: Bari-Virtus Lanciano, Brescia-Latina, Carpi-Reggina, Crotone-Cittadella, Novara-Spezia, Padova-Modena, Pescara-Cesena, Ternana-Varese, Trapani-Siena. Lunedì 10/3, ore 20.30: Juve Stabia-Palermo. Spagna Inghilterra Lega Pro 1ª div./A Mertens (Na) rig. 32’, Reina (Na) aut. 39’ Arbitro: Mazzoleni di Bergamo FIORENTINA LAZIO 0-1 Cana (La) 5’ Arbitro: Banti di Livorno MILAN JUVENTUS 0-2 ATHLETIC BILBAO GRANADA 4-0 MALAGA REAL VALLADOLID 1-1 LEVANTE OSASUNA 2-0 GETAFE ESPANYOL 0-0 ELCHE CELTA VIGO 1-0 VILLARREAL REAL BETIS 1-1 ATLETICO MADRID REAL MADRID 2-2 SIVIGLIA REAL SOCIEDAD 1-0 BARCELLONA ALMERIA RAYO VALLECANO VALENCIA Classifica: 64 Real Madrid 61 Atletico Madrid 60 Barcellona 50 Athletic Bilbao 44 Villarreal 43 Real Sociedad 38 Siviglia 36 Levante 35 Valencia 33 Espanyol 30 Celta Vigo 29 Elche, Osasuna 27 Granada, Getafe 26 Almeria, Malaga 23 Real Valladolid 20 Rayo Vallecano 15 Real Betis EVERTON WEST HAM UNITED 1-0 FULHAM CHELSEA 1-3 HULL CITY NEWCASTLE UNITED 1-4 STOKE CITY ARSENAL 1-0 SUNDERLAND WEST BROMWICH ALBION Rinviata SOUTHAMPTON LIVERPOOL 0-3 ASTON VILLA NORWICH CITY 4-1 SWANSEA CRYSTAL PALACE 1-1 TOTTENHAM HOTSPUR CARDIFF CITY 1-0 MANCHESTER UNITED MANCHESTER CITY 25/3 - 20.45 Classifica: 63 Chelsea 59 Liverpool, Arsenal 57 Manchester City 53 Tottenham Hotspur 48 Everton 45 Manchester United 43 Newcastle United 39 Southampton 31 West Ham United, Aston Villa 30 Hull City, Stoke City 29 Swansea 28 Norwich City 27 Crystal Palace 25 West Bromwich Albion 24 Sunderland 22 Cardiff City 21 Fulham Germania HERTHA BERLINO FRIBURGO 0-0 AUGSBURG HANNOVER 96 1-1 BAYER LEVERKUSEN MAINZ 05 0-1 BORUSSIA DORTMUND NORIMBERGA 3-0 EINTRACHT BRAUNSCHWEIG BORUSSIA MÖNCHENGLADBACH 1-1 WERDER BREMA AMBURGO 1-0 BAYERN MONACO SCHALKE 04 5-1 HOFFENHEIM WOLFSBURG 6-2 EINTRACHT FRANCOFORTE STOCCARDA 2-1 Classifica: 65 Bayern Monaco 45 Borussia Dortmund 43 Bayer Leverkusen 41 Schalke 04 39 Wolfsburg 37 Mainz 05 36 Borussia Mönchengladbach 35 Hertha Berlino, Augsburg 29 Hoffenheim 25 Hannover 96, Eintracht Francoforte, Werder Brema 23 Norimberga 19 Stoccarda, Amburgo, Friburgo 16 Eintracht Braunschweig Matteo Magri © RIPRODUZIONE RISERVATA Atalanta Chievo 2 1 Marcatori: Carmona 21’ p.t., Dainelli 27’, Cigarini 41’ s.t. ATALANTA (4-4-1-1): Consigli 6,5; Benalouane 6, Stendardo 6,5, Yepes 6, Brivio 6; Raimondi 5,5 (Brienza s.v. 29’ s.t.), Carmona 7, Baselli 6 (Cigarini 7 37’ s.t.), Bonaventura 6,5; Moralez 5 (Migliaccio s.v. 42’ s.t.); Denis 6. All.: Colantuono 6,5 CHIEVO (4-3-1-2): Agazzi 6; Frey 5,5, Dainelli 6,5, Cesar 4,5, Rubin 6; Guana 6 (Canini s.v. 25’ s.t.), Rigoni 5,5, Guarente 6; Hetemaj 6; Paloschi 6 (Bernardini s.v. 34’ s.t.), Thereau 5,5 (Pellissier 6 10’ s.t.). All.: Corini 5,5 Arbitro: Celi 5,5 Espulso: Cesar 23’ s.t. Ammoniti: Dainelli, Rigoni, Carmona Recuperi: 1’ più 4’ © RIPRODUZIONE RISERVATA G giocate V vinte N nulle P perse F reti fatte S reti subite PALERMO EMPOLI VIRTUS LANCIANO CESENA TRAPANI LATINA AVELLINO SPEZIA CROTONE CARPI BRESCIA SIENA (-7) VARESE MODENA PESCARA TERNANA BARI (-3) NOVARA CITTADELLA REGGINA PADOVA JUVE STABIA BERGAMO — L’Atalanta ritrova la vittoria dopo un mese grazie a un jolly di Cigarini. Tre punti meritati per i bergamaschi contro il Chievo. Corini era venuto al Comunale con le idee chiare: difesa e contropiede. La tattica funziona per 20’, fino al gol di Carmona con un tiro velenoso dal limite. Nella ripresa i nerazzurri buttano all’aria il raddoppio con Raimondi, che da due passi spara alto l’assist di Bonaventura. Al 23’ veneti in dieci (gomitata di Cesar a Denis) ma dopo 4’ pareggiano con Dainelli. L’Atalanta continua a spingere, Colantuono butta nella mischia Cigarini che al 41’ trova la conclusione vincente. ■ Punti totali ■ In casa ■ Fuori casa Serie B Classifica G giocate V vinte N nulle P perse F reti fatte S reti subite ROMA Rafa Benitez si aspettava di più dal suo Napoli: a Livorno aveva un’occasione per avvicinarsi alla Roma ma la sua squadra non ha saputo sfruttarla (LaPresse) 3-0 2-2 3-4 1-0 BRESCIA-CARPI MODENA-CROTONE SIENA-EMPOLI AVELLINO-PESCARA CARRARESE LUMEZZANE 0-0 COMO FERALPI SALÒ 1-0 CREMONESE SÜDTIROL 1-1 PAVIA VIRTUS ENTELLA 0-2 SAN MARINO PRO VERCELLI 0-0 VENEZIA PRO PATRIA 3-0 VICENZA ALBINOLEFFE 3-2 REGGIANA SAVONA oggi 20 Classifica: 47 Virtus Entella 40 Pro Vercelli 39 Vicenza (-4) 38 Cremonese 36 Como, Venezia 33 AlbinoLeffe (-1) 32 Savona 31 Südtirol 29 Feralpi Salò 27 Lumezzane 23 Carrarese, Pro Patria (-1) 22 Reggiana 16 San Marino 15 Pavia 0-2 CESENA-TRAPANI 2-0 PALERMO-BARI 1-1 SPEZIA-TERNANA 1-1 2-2 2-1 2-2 Lega Pro 1ª div./B LECCE BARLETTA CATANZARO FROSINONE NOCERINA PISA PRATO SALERNITANA ASCOLI 2-1 PAGANESE PERUGIA GROSSETO PONTEDERA GUBBIO VIAREGGIO BENEVENTO 3-2 1-0 3-0 0-3 1-0 1-0 2-1 Classifica: 51 Frosinone 46 Perugia, Lecce 42 Pisa 41 Catanzaro 39 L’Aquila 38 Benevento 37 Salernitana 36 Prato, Pontedera 31 Grosseto 29 Gubbio 21 Barletta, Viareggio 15 Ascoli (-4) 13 Paganese 12 Nocerina (-2) Rossonero, un colore che sembrano due di LUCA BOTTURA FULL METAL CARLO «Pazzini mastica filo spinato! Mastica filo spinato!» (Carlo Pellegatti, Premium) CHE SONO POI DUE «Partita monocromatica! Un solo colore: il rossonero!» (Pellegatti, idem) L’ISOLA CHE NON C’E’ «È un tiro al bersaglio: sembra di essere a Long Island… no, a Disneyland» (Pellegatti, ibidem) BRITISH HUMOUR «Paddy Power, quando il gioco si fa duro» (slogan della nuova campagna con Rocco Siffredi, Sky) PER UN VELO Comunicato Fifa: «Non solo le giocatrici islamiche potranno giocare col velo, ma è meglio se se lo mette pure Nainggolan così non si vede quella specie di partita a tris che ha sulla testa». SCHERZI DEL CASSIUS Dopo il montante rifilato a Icardi, svolta religiosa di De Rossi. Diventa anche lui musulmano e prenderà il nome di Mohammed Ali. ANGOLO FAIR PLAY «Queste cose qua non si possono più fare adesso, le facevamo noi negli anni 80, adesso se non vuoi farlo partire gli schiacci il piede o altre situazioni». «Sì ma non dai il cazzotto!» (Bergomi e Panucci sul pugno di Juan Jesus a Romagnoli, Roma-Inter, Sky) FRUTTO LIBERO «Il mio lavoro finalmente sta avendo dei frutti che sto lavorando da due anni» (Ciro Immobile, «Benedetta Domenica», Sky) IL MAREK D’INVERNO Continua il parapiglia sulle foto di Hamsik vestito da donna a una festa di carnevale: Giovanardi ha invitato il Vaticano a scomunicare il Napoli. NON CI SONO PIÙ LE MEZZE MISURE «Amauri dal limite, una conclusione che passa non di molto altissima» (Lucio Rizzica, Sassuolo-Parma, «Sky Diretta Gol») PINK DIFFERENT Apple specifica che il nuovo software per la Ferrari non sarà per la vettura, ma per Paola. Si chiametà I-vistocheluci? (chiedo scusa a Paoletta, che si arrabbia sempre: si gioca) BELLI DENTRO Una curiosità, quando è stato chiesto a Donadel del Verona e Christodoloupolos del Bologna cosa pensassero della Grande Bellezza hanno risposto: «La grande che cosa?». © RIPRODUZIONE RISERVATA 40 Sport Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera A 100 giorni dal Mondiale Il c.t. fa valere il codice etico: è la quarta volta Prandelli ferma De Rossi dopo il pugno a Icardi Niente amichevole Cesare Prandelli e Daniele De Rossi (Epa) Il romanista resta a casa per la sfida con la Spagna La reazione del club Pugno De Rossi colpisce Icardi con un pugno durante Roma-Inter (Sky) I giallorossi infuriati: con questa decisione si influenza il giudice ROMA — Il pareggio del Napoli a Livorno ha fatto sorridere la Roma, l’esclusione di Daniele De Rossi dalle convocazioni azzurre l’ha fatta infuriare. A tutti i livelli: tra i tifosi la percentuale di gradimento di Prandelli è pari a quella di Angela Merkel in Grecia, tra i dirigenti c’è la volontà fortissima di difendere il giocatore in tutti i modi. Ieri si era sparsa la voce di un comunicato ufficiale della società, poi si è preferito aspettare perché da parte della Federcalcio non è stata usato ufficialmente il concetto di «codice etico» per la mancata convocazione. Se oggi Prandelli lo farà, con parole sue, la Roma risponderà. La comunicazione a De Rossi non è arrivata direttamente dal commissario tecnico, ma dal segretario della Federcalcio, Mauro Vladovich. Il Giudice sportivo renderà pubbliche soltanto oggi pomeriggio le sue decisioni e, secondo i legali giallorossi, De Rossi non dovrebbe essere squalificato perché il suo intervento non avrebbe caratteristiche di «violenza», tanto che Icardi ha continuato nell’azione e poi non si è rivolto all’arbitro per protestare. Una tesi che non è considerata dalla giustizia sportiva un’esimente. Ugualmente, però, la non convocazione in nazionale è vista come una sentenza già scritta e un’ingerenza sul lavoro del giudice sportivo. Se De Rossi sarà squalificato attraverso la prova tv (sono previste tre giornate di stop) la Roma farà ricorso avverso alla sentenza, a differenza di quanto accaduto in La difesa della società passato sotto la gestioneBaldini. De Rossi è I legali: il giocatore non va squalificato perché incappato nel «codice etico» per tre volte: l’8 l’intervento non aveva marzo 2011 (gomitata a caratteristiche di violenza Srna in Shakhtar Donetsk-Roma di Champions League, squalificato con prova tv), il 1 maggio 2011 (gomitata a Bentivoglio in Bari-Roma, espulso) e l’11 novembre 2012 (pugno a Mauri in Lazio-Roma). A Roma fanno notare che in altri casi (Chiellini, Candreva che ha colpito Torosidis nell’ultimo derby) non è scattato né il codice etico né la prova televisiva. In un momento di grande conflittualità, la Roma aspetta oggi il giudice sportivo, domani la Giunta Coni e mercoledì il Consiglio nazionale del Coni. L’Alta Corte, rigettando il ricorso giallorosso contro la chiusura delle due curve e dei Distinti sud per la partita contro l’Inter, ha comunque aperto uno spiraglio per la discussione sulla norma dei «cori di discriminazione territoriale», rimandando un’eventuale approfondimento alla Federcalcio, proprio attraverso il Coni. Difficile dire se ci potranno essere sviluppi entro la fine di questo campionato, quello che è certo è che nella prossima stagione la norma sarà riscritta. Napoli-Roma si avvicina a grandi passi: sarà il posticipo della prossima giornata, con le due squadre ancora divise da 6 punti (e la Roma deve recuperare, il 2 aprile, la partita contro il Parma) e in lotta per il secondo posto che qualifica direttamente alla fase a gironi della Champions League. Un incrocio da brividi. Luca Valdiserri © RIPRODUZIONE RISERVATA Domani mancheranno cento giorni al Mondiale e giovedì cento all’esordio dell’Italia a Manaus contro l’Inghilterra. Nel mezzo, cioè mercoledì, gli azzurri giocheranno contro la Spagna l’ultima partita, o meglio l’unica del 2014, prima che Prandelli possa radunare il gruppo dei convocati a Coverciano alla fine del campionato. Ma il giorno delle convocazioni è stato polarizzato dal caso De Rossi. Daniele, dopo il pugno rifilato a Icardi, durante Roma-Inter, è stato escluso dall’elenco dei convocati. Il codice etico lo ha fermato ancora ed è la quarta volta. Il centrocampista non l’avrebbe presa bene. La Roma è furiosa perché il c.t. ha anticipato il giudice sportivo e la questione avvelenerà questi tre giorni di lavoro. Ma la situazione della nazionale non è buona in senso assoluto. Prandelli vive giorni agitati e la storia del suo futuro, ancora da definire ma chiaro entro fine mese, c’entra zero. A preoccupare l’allenatore azzurro è l’allestimento della squadra che gli si sta sbriciolando tra le mani: l’attacco è quasi a zero, in difesa uno dietro l’altro stanno fallendo quasi tutti i rincalzi dei titolari e un po’ dappertutto elementi affidabili del gruppo hanno perso posizioni nei rispettivi club. Oggi più che mai ci può salvare il gioco più che i giocatori. Vediamo a che punto siamo a meno di ottanta giorni dalle convocazioni del gruppo allargato che si radunerà a Coverciano per la preparazione alla spedizione brasiliana. Portieri. Buffon, a volte criticato, è il capitano, l’anima e il punto di riferimento della squadra. Intoccabile. Ma nessuno dei suoi eredi fa stare sereno Prandelli: Sirigu, che sta vincendo il campionato con il Psg, ha scavalcato Marchetti. Il portiere della Lazio, bocciato dopo la partita con l’Armenia, non sarà chiamato neppure come terzo. Tornerà De Sanctis, altrimenti occhio ai giovani: soprattutto Perin del Genoa (nei convocati per la Spagna ed è la prima volta) e Scuffet dell’Udinese. Verso il Brasile Questo il cammino degli azzurri verso il Mondiale che prendera il via tra 100 giorni Oggi entro le 12 raduno alla Malpensa dei convocati. Nel pomeriggio partenza per Madrid 5 marzo ore 22: Spagna-Italia, stadio Vicente Calderon 10-12 marzo Raduno alla Borghesiana di un gruppo di giocatori delle squadre non impegnate nelle coppe europee che Prandelli vuole valutare in vista del Mondiale 15-16 aprile Raduno a Coverciano per i test medico-atletici 12 maggio lista (non vincolante) dei 30 azzurri da consegnare alla Fifa 19 maggio lista allargata dei convocati per il Mondiale 25 maggio raduno a Coverciano per l’inizio della preparazione 29 maggio amichevole (probabilmente a Londra) con l’Irlanda del Nord 2 giugno lista definitiva dei 23 per il Mondiale 4 giugno amichevole (forse a Verona) con il Lussemburgo 5 giugno partenza da Roma per il Brasile 6 giugno inizio del ritiro brasiliano a Mangaratiba 10 giugno amichevole di allenamento contro una squadra brasiliana 14 giugno esordio Mondiale a Manaus (ore 24 italiane) contro l’Inghilterra Difensori L’acciaccato Barzagli, Bo- nucci e Chiellini non si toccano: formano sia la difesa della Juve, sia quella della nazionale. Dietro, però, regna l’incertezza: Ogbonna non cresce e gioca poco, Ranocchia è stato estromesso da Mazzarri dopo mesi poco convincenti all’Inter e adesso è un panchinaro fisso, Astori ha sprecato la sua occasione in nazionale (a Napoli contro l’Armenia) anche se fa ancora parte del gruppo. Ecco perché contro la Spagna è stato convocato l’oriundo Paletta, leader della difesa di ferro del Parma. La situazione non è migliore sulle fasce: Balzaretti è infortunato, Pasqual ha deluso Prandelli, lo stesso Criscito non sta brillando nello Zenit. Maggio e De Sciglio hanno chances altissime, Abate solo se giocherà con continuità. Sotto osservazione Antonelli, De Silvestri e soprattutto Darmian, che dovrebbero essere convocati la prossima settimana allo stage in programma alla Borghesiana. Centrocampo De Rossi, nonostante l’esclusione contro la Spagna, è intoccabile. Come Pirlo e come Montolivo e Marchisio, anche se il capitano rossonero non ha un ruolo preciso nel 42-3-1 di Seedorf e lo juventino non è più titolare nella Juventus. Anche Candreva è sicuro di un posto, al pari di Thiago Motta, protagonista di una ec- cellente stagione a Parigi. Crescono le possibilità di Parolo e Verratti (tornato in nazionale per l’amichevole con la Spagna), in ribasso Aquilani, Giaccherini e Diamanti che è andato in Cina e adesso non è più sotto la stretta osservazione dei tecnici federali. 26 i convocati per l’amichevole Questi i 26 convocati per la partita amichevole con la Spagna, in programma mercoledì prossimo alle 22 a Madrid. Due i giocatori alla prima convocazione: Ciro Immobile e Gabriel Paletta Portieri Gianluigi Buffon (Juventus) Mattia Perin (Genoa) Salvatore Sirigu (Paris Saint Germain) Difensori Ignazio Abate (Milan) Davide Astori (Cagliari) Andrea Barzagli (Juventus) Leonardo Bonucci (Juventus) Giorgio Chiellini (Juventus) Domenico Criscito (Zenit San Pietroburgo) Mattia De Sciglio (Milan) Christian Maggio (Napoli) Gabriel Paletta (Parma) Centrocampisti Antonio Candreva (Lazio) Emanuele Giaccherini (Sunderland) Claudio Marchisio (Juventus) Riccardo Montolivo (Milan) Thiago Motta (Paris Saint Germain) Marco Parolo (Parma) Andrea Pirlo (Juventus) Marco Verratti (Paris Saint Germain) Attaccanti Alessio Cerci (Torino) Mattia Destro (Roma) Alberto Gilardino (Genoa) Ciro Immobile (Torino) Lorenzo Insigne (Napoli) Pablo Daniel Osvaldo (Juventus) Facce nuove Giovani in lotta per un posto in Brasile Non c’è solo Diego Costa Speranze e scommesse nell’ultima chiamata dei c.t. Il pacco a sorpresa più ingombrante ce lo troviamo noi, nel bel mezzo dell’area di rigore, già pronto anzi prontissimo a conquistare il suo nuovo Paese: Diego Costa dell’Atletico Madrid ha stracciato il passaporto brasiliano e dopo aver esordito contro l’Italia a Ginevra meno di un anno fa ci riprova con la Spagna di Del Bosque. Il killer del Milan nell’andata degli ottavi di Champions è la novità più intrigante, ma l’ultima chiamata delle nazionali prima delle convocazioni per il Mondiale è affollata di facce nuove, in maggioranza sbarbate, perché mettere in valigia un po’ di futuro potrebbe rivelarsi utile. Soprattutto se il presente è fatto di 15 gol nella Liga: Antoine Griezmann della Real Sociedad (23 anni) è un altro debuttante molto atteso, nella Francia di Deschamps, che ha convocato per la prima volta anche Lucas Digne, difensore del Psg. L’atterraggio di Griezmann sulla pista dei Bleus era atteso, a dir poco. Antoine, che si è formato in Spagna dove è arrivato a 14 anni, era una delle stelline incandescenti dell’Under 21, in campo e anche sulla pista da ballo: per una fuga in discoteca con alcuni compagni (tra cui l’ex milanista Niang) il giocatore è stato squalificato per 13 mesi da tutte le nazionali. Appena l’esilio è terminato, Deschamps ha chiamato questo esterno mancino rapido e incisivo. Joachim Low e Louis Van Gaal allenano in due Paesi, Germania e Olanda, in cui la cura dei giovani è particolare. E non è quindi un caso che per le gare di questa settimana (contro Cile e Francia) abbiano entrambi chiamato 4 debuttanti. I tedeschi scopriranno così l’esistenza del difensore sampdoriano Shkodran Mustafi (21 anni) e potranno testare la consistenza della gioventù emergente in Bundesliga: Pierre Michel Lassoga (22) attaccante dell’Amburgo, Mathias Ginter (20), difensore del Friburgo e di Andrè Hahn (23) centrocampista dell’Augsburg. Low comunque non fa promesse: «È un’occasione per vedere facce nuove e considerare opzioni differenti in caso d’emergenza». Van Gaal invece è più possibilista: «Voglio vedere quelli nuovi all’opera, per capire chi portare in Brasile». I debuttanti sono Jean Paul Boetius, attaccante 20enne del Feyenoord, Quincy Promes (22), ala destra del Twente, Davy Klassen (21) centrocampista offensivo dell’Ajax e il difensore del Psv, Karim Rekik (19), già chiamato in precedenza ma fermato da un infortunio al momento del dunque. Roy Hodgson, primo avversario dell’Italia, punta forte su Luke Shaw, 18enne terzino sinistro del Southampton: «Un brillante talento — dice il c.t. — tutti quelli che lo hanno visto non possono negare che si meriti la chiamata». Guadagnarsi il Brasile, sarà più difficile. Ma le Sport 41 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 A Belo Horizonte F1 Conclusi i test invernali. Una curva di Sakhir intitolata a Schumacher In pista la Formula guasti Anche la Mercedes soffre VOLLEY Piacenza tiene botta Alonso: «Non siamo dove vorremmo essere» Vola il tetto del Mineirão E il governo tappa i buchi Attaccanti È il reparto che desta maggiori preoccupazioni. Del Bosque, per la sfida agli azzurri, si è permesso il lusso di lasciare fuori Torres, Llorente, Mata e Villa che da noi sarebbero titolari sicuri. Prandelli è alle prese con la crisi e l’emergenza. Balotelli, fuori con il Milan, non è stato convocato per la Spagna. E Giuseppe Rossi più che un progetto, al momento, è solo una speranza. Così come è una speranza che Osvaldo possa ritrovare se stesso alla Juve. Intanto Prandelli lo ha chiamato, insieme ai giovani Destro (un ritorno), Immobile (una novità)e Insigne (una conferma). Berardi, dopo aver segnato 4 gol al Milan, è sprofondato insieme al Sassuolo e ieri si è fatto espellere dopo un minuto per una brutta manata a Molinaro. Gilardino non molla, ma occhio a Pazzini. I grandi vecchi, per il momento, restano in sospeso: vale per Totti, così come per Toni e Di Natale. Tra due mesi, si vedrà anche se è difficile che siano chiamati. Cassano invece è fuori: ora e anche a maggio. RIO DE JANEIRO — (r.co.) L’ultimo pasticcio è successo sabato a Belo Horizonte, poco prima di una partita di campionato: due pezzi della copertura dello stadio sono volati via per il vento, finendo in campo. Il prato si è inzuppato e l’incontro è iniziato con un’ora di ritardo. E pensare che il Mineirão era uno dei pochi stadi brasiliani dove finora era filato tutto liscio: consegnato in tempo, un anno fa, ha funzionato bene anche nella Confederations Cup. Niente di grave, assicurano da Belo Horizonte, le lastre saranno rimesse a posto in pochi giorni. Ma a 100 giorni dal calcio di inizio è un’altra tegola — è il caso di dire — che cade sulla testa dell’organizzazione. La Fifa aveva smesso di sgolarsi contro i brasiliani qualche settimana fa, quando aveva minacciato di escludere Curitiba dal Mondiale. Lo stadio di quella città era praticamente paralizzato per mancanza di fondi: è dovuto intervenire il governo di Brasilia. È quello che è successo un po’ ovunque. Se la promessa, fatta anni fa, di costruire tutto con soldi privati fosse stata mantenuta, il Mondiale non si sarebbe mai giocato. Prestiti e finanziamenti pubblici a fondo perduto hanno tappato i buchi nella costruzione degli stadi, e ne hanno fatto le spese altri investimenti promessi per il torneo, dai trasporti pubblici agli aeroporti: quasi tutti gli scali saranno ultimati solo quando i Mondiali saranno un ricordo. A Curitiba, per evitare l’ignominia dell’esclusione, i soldi per finire lo stadio sono stati addirittura tolti alla costruzione di scuole promesse da tempo. Tutta benzina per il malcontento popolare, che potrebbe riesplodere nei giorni della «Copa» e che non fa dormire di notte il governo di Brasilia, in un anno di elezioni presidenziali. Alessandro Bocci © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA SuperG a Jansrud Otto bandiere rosse, otto interruzioni per cause tecniche soltanto ieri, nell’ultima giornata delle prove invernali in Bahrein sul circuito di Sakhir, che ha intitolato la curva numero 1 a Michael Schumacher. In teoria, l’affidabilità avrebbe ormai dovuto essere a posto. Invece questa F1 che va in pista fra meno di due settimane non dà garanzie a nessuno. Come ha detto l’ingegnere di un team, «per far funzionare in armonia le nuove unità motrici, col sei cilindri più due motori elettrici, ci vorrebbe Von Karajan». Il guasto è sempre dietro l’angolo e neppure la MercedesGp di Ha- Hamilton primo Le Frecce d’argento in vetta con Hamilton. Poi Bottas (Williams) e la Ferrari dello spagnolo milton e Rosberg, probabilmente il team più preparato in questo momento, ne è esente. Ieri Hamilton ha perso la mattina per problemi al cambio a 8 marce. Poi, nel finale, ha montato gomme soft usate e ha realizzato la migliore prestazione della giornata: 1’33”278, appena due centesimi peggio del record di questi test, fatto segnare sabato da Massa con la Williams-Mercedes. Non è certo un caso se i motori tedeschi sono stati regolarmente davanti nella lista cronometrica. Un po’ è la filosofia del presidente Niki Lauda («se non vai al limite non impari niente») che porta le squadre equipaggiate con questi propulsori ad avvicinarsi di più al regime consentito di 15mila giri. Ma c’è pure un indiscusso vantaggio prestazionale, anche se forse non siamo ai 75 cavalli in più rispetto alla concorrenza riportati da alcune voci. La domanda è: conterà davvero, nel 2014, la prestazione assoluta? Ieri, ma con le supersoft, la Ferrari di Fernando Alonso si è fermata a un secondo di distanza da Hamilton (1’34”280) dopo essersi anche arrestata in pista: 74 giri e terza prestazione, dietro anche alla Wil- Incertezza La stagione della F1 parte all’insegna delle incertezze e dei guasti tecnici: nemmeno la Mercedes ne è esente (LaPresse) La grande confusione Seguire i Gran premi diventerà un’impresa A fine rodaggio abbiamo capito che, di questa F1, non capiamo, non capiremo un tubo. Come interagiscono il motore con il turbo; il turbo con un motore che recupera i gas di scarico chiamato MGU-H, con un altro motore che si chiama, MGU-K che recupera energia cinetica, a sua volta connessi a una batteria di stoccaggio energia, e ad un inedito sistema di trazione? Solo l’elenco — molto semplificato — genera mal di testa. Persino ai tecnici, impegnati a comprendere cosa diavolo è successo ogni volta che una macchina va in tilt, viste le centraline, circa 30, dati i chilometri di cavi a bordo. È una rivoluzione utile, si spera: meno inquinamento, meno rumore. Ma intanto, è un rebus. Un solo elemento a favore: sono scomparse parole tipo «gomme» e «aerodinamica», inflazionate sino a ieri. Anzi, proprio queste complicazioni relative al Power Unit (parlare di semplice «motore» non ha più senso) hanno forse permesso a squadre meno attrezzate in termini di flussi e diffusori, di far bene sin qui, dalla Williams alla Force India. Non si capisce e non si capirà chi e come, in gara, sta usando la benzina, quanta ne ha consumata al giro 37 o 52, visto che 100 litri non basteranno ad arrivare in fondo; come entra in gioco l’energia elettrica, capace di fornire un plus di 160 cavalli. Si correrà al risparmio, cercando di arrivare in fondo nelle prime tappe e non a caso la Red Bull, nei guai ora, gode pensando ai doppi punti assegnati nell’ultimo Gp, colpo di fortuna nella prima stagione rognata al via. Comunque, per chi guarda, nebbia fitta. L’ha compreso subito Ecclestone, che vorrebbe aiutare il pubblico tv fornendo in grafica informazioni adeguate. Un’utopia, per ora, visto che i team non mostrano mai le proprie carte. Ora non lo farebbero nemmeno sotto tortura. Giorgio Terruzzi liams, stavolta affidata a Bottas. Significa che la F14 T è inferiore ai team Mercedes? O che a Maranello stanno svolgendo un lavoro diverso? Ieri Alonso ha ammesso: «Stiamo imparando molte cose di queste unità motrici, ma non siamo ancora dove dobbiamo essere». Stefano Domenicali aggiunge: «Le Mercedes e le Williams sono leggermente davanti a noi. Hanno fatto più chilometri, sono meglio preparate e più veloci». Anche la Ferrari, fra l’altro, ha dovuto sostituire la trasmissione, che è un punto debole di tutte queste monoposto a causa delle forti sollecitazioni che la coppia motrice «ibrida» trasmette a ogni accelerazione. In Bahrein, però, la Rossa è stata spesso molto veloce in rettilineo: 336 Km/h, 22 più dell’anno scorso. Se non sono i cavalli motore, significa che la resistenza aerodinamica è stata ridotta al minimo. E questo è un vantaggio per la «formula consumi»: a Melbourne, tante monoposto arriveranno (forse) al traguardo con i vapori della benzina nel serbatoio. In ogni caso, se come prestazioni la Ferrari non uguaglia i team Mercedes nei tempi sul giro, di certo non sfigura davanti alla Red Bull e ai team motorizzati Lotus. «Per adesso non va bene per niente», si sfoga Vettel. Eppure la RB10 riscuote l’ammirazione degli avversari: «È velocissima in curva», dicono alla Mercedes. Il problema è che di curve ne fa poche, prima di fermarsi. E quando gira, non può spingere a fondo. Ieri, in 77 giri, Sebastian è rimasto a oltre 4 secondi (1’37”468). Se non sono le batterie — autocostruite — è il turbo, o più spesso il motore elettrico. Ieri persino un disco freno. In Australia il team quattro volte iridato dovrà faticare. a.a. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Milano soffre ma vince con Venezia Da sinistra, Diego Costa, 25 anni, ha scelto la Spagna; i talenti francesi Antoine Griezmann (23) e Lucas Digne (20) e il sampdoriano Shkodran Mustafi (21), convocato dalla Germania (Afp, Ansa) scelte sono ancora aperte, come dimostra la sfida laboratorio Portogallo-Camerun. Paulo Bento ha richiamato ben 5 giocatori che non hanno partecipato alle qualificazioni (tra cui l’interista Rolando) assieme a 2 novità assolute: il 19enne Ivan Cavaleiro, attaccante del Benfica e Rafa (20), centrocampista del Braga. Tra gli africani, il c.t. Finke ha convocato a sorpresa due 18enni: il difensore centrale Macky Bagnack e l’attaccante Jean Marie Dongou Tsafack. Segni particolari? Sono arrivati al Barcellona (dove giocano nella squadra B) a 12 anni, attraverso l’accademia-fondazione di Samuel Eto’o. Paolo Tomaselli © RIPRODUZIONE RISERVATA Serie A1 maschile di volley, 8a di ritorno, continua la marcia della coppia al comando: Trentino-Vibo Valentia 3-1, Macerata-Verona 3-0, Molfetta-Piacenza 1-3, Perugia-Ravenna 3-0, CuneoCittà di Castello 3-0; 11/3, ore 20.30: Modena-Latina. Classifica: Macerata 52; Piacenza 51; Perugia 42; Trentino 36; Cuneo 29; Città di Castello, Verona e Modena 25; Ravenna 20; Vibo Valentia 19; Molfetta e Latina 15. Modena, Ravenna, Molfetta e Latina hanno disputato una partita in meno. SCI Basket Decimo successo consecutivo per la capolista. Ok Brindisi, Cantù e Siena Talenti Fotofinish Milano, alla decima vittoria consecutiva in campionato, naviga ancora sola dopo aver affondatoil vascello pirata della Reyer Venezia, che ha portato insidie nel porto inviolato del Forum. Nel regno della forza, tutto e solo il cuore di Daniel Hacket, trascinatore del primo pareggio Armani dopo 20’ (4444), ha spezzato la tela del ragno tessuta dall’ex Luca Vitali (Milano è stata sotto anche di 13: 2134). Poi Melli e Gentile hanno spaccato la partita lanciando l’EA7 fino al +15 (70-55). Sembrava una partita della nazionale: di fronte ai tre alfieri milanesi, sul fronte lagunare si battevano come leoni, oltre a Vitali, Rosselli e Magro, valorosi riservisti azzurri. Milano, ormai, ha soltanto il problema delle rica- Leader Daniel Hackett, 19 punti contro Venezia (Ipp) dute, che anche ieri hanno tenuto in corsa l’avversario: 82-78 a 1’30’’ dalla fine, prima che un siluro di Hackett risolvesse. Hanno vinto tutte le prime in classifica. Qualcuna troppo facilmente, come Brindisi che contro Varese ha spiegato ad urbi, e soprattutto agli orbi, che il difetto della Cimberio non era nella conduzione dell’esonerato Frates. Altre, invece, si sono imposte con grande dignità. Come Siena, passata a Montegranaro, nel «derby dei morti viventi» tra due società condannate fuori dal campo dagli apprendisti stregoni dei bilanci. Non si sa se a giugno la Mens Sana ci sarà ancora; ma di certo nei playoff la vedremo. Werther Pedrazzi © RIPRODUZIONE RISERVATA 21ª giornata Bologna-Roma Montegranaro-Siena Brindisi-Varese Pistoia-Reggio Emilia Milano-Venezia Cantù-Cremona Sassari-Pesaro Caserta-Avellino Classifica Milano Brindisi Cantù Siena Roma Sassari Reggio E. Caserta 85-89 50-78 96-70 72-66 91-82 87-72 102-78 76-57 32 Avellino 20 30 Venezia 18 30 Pistoia 18 28 Varese 16 26 Bologna 16 26 Cremona 14 20 Montegranaro12 20 Pesaro 10 Oro olimpico nella specialità, Jansrud (Nor) fa suo il superG di Kvitfjell su Kueng (Svi) e Mayer (Aut). Svindal (Nor), quarto, rivince la coppa di superG e va a + 38 su Hirscher (Aut) nella coppa generale. Azzurri ancora sotto tono, ma si rivede Marsaglia (10°). Discesa donne a Crans Montana: doppietta austriaca Fischbacher-Fenninger; terza la Maze (Merighetti 12a) FONDO — Nella 10 km t.l. di Lahti, successo numero 65 della Bjoergen (Nor); è norvegese anche la 15 km t.l. maschile: vince Sundby(Nor). SALTO Insam sul podio Evelyn Insam conferma lo stato di forma sottolineato dal quinto posto all’Olimpiade di Sochi e sale per la seconda volta in carriera sul podio della Coppa di salto. La 20enne di Selva Val Gardena si è piazzata terza a Rasnov, in Romania, nella gara vinta (12a volta in 17 prove) dalla giapponese Sara Takanashi. CICLISMO — Finetto, Colbrelli, Ulissi: podio tutto tricolore al Gran Premio di Lugano. Mondiali donne a Calì (Colombia): Bronzini 7a nella corsa a punti. TENNIS Lorenzi finisce k.o. Poca fortuna per Paolo Lorenzi, sconfitto nella finale del torneo di San Paolo (terra battuta al coperto, 474 mila dollari di montepremi) dall’argentino Federico Delbonis, in tre set: 4-6, 6-3, 6-4. Per Lorenzi, romano trapiantato a Siena, 32 anni, 49esimo come miglior ranking (marzo 2013), oggi numero 114 del mondo, si trattava della prima finale Atp in carriera. Ad Acapulco, titolo al bulgaro Gregor Dimitrov: 7-6, 3-6, 7-6 al sudafricano Anderson. SCHERMA Baldini va a segno L’Italia del fioretto fa tris a San Pietroburgo. Dopo l’1-2 Errigo-Di Francisca tra le donne e dopo il successo nella prova a squadre femminile, ecco il primo posto di Andrea Baldini nell’individuale maschile: il toscano ha superato il francese Lefort (15-12), che in semifinale aveva battuto Aspromonte, giunto così terzo. Nella sciabola femminile (a Bolzano), gara a squadre alla Russia e Italia seconda. Le spadiste, invece, sono quarte a Saint Maur. 42 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera CorriereMotori Tendenze Un segmento di mercato, in continua crescita in tutta l’Europa, protagonista dell’esposizione internazionale svizzera che apre giovedì Lexus CT 200h, l’ibrida che fa 26 km al litro e ha un prezzo «normale» La Fiat Panda Cross (arriverà in autunno) è un piccolo suv: di serie ha la trazione integrale e il blocco elettronico del differenziale. Motori 1.3 Multijet II da 80 cv e 0.9 Twinair Turbo da 90 cv con cambio a 6 marce. Rispetto alla 4x4, monta pneumatici maggiorati (185/65R15 All Seasons) ed è un po’ più alta da terra La Mini Clubman Concept è 26 cm più lunga e 17 più larga dell’attuale. Di nuovo c’è anche la pratica configurazione a quattro porte, anziché a tre. Confermato, dietro, il portellone a doppio battente Citycar show GINEVRA — Com’è lontana Ginevra. Quella delle Bentley cabrio con i sedili in pelle chiara, pronte a scivolare, nel giro di poche ore, dai riflettori di uno stand alle passerelle di Montecarlo o Saint Tropez. Dal 6 al 16 marzo, l’edizione numero 84 del Salone di Ginevra proverà a raccontare un’altra storia, quella delle city car. Facendolo però a modo suo, in versione patinata. D’altronde in Svizzera non va in scena la vecchia dura e cruda utilitaria, ma una «piccola» con pochi compromessi. Prendiamo la nuova Renault Twingo. La differenza con il passato è nel prologo: la prima generazione (1992) nacque dopo il rifiuto di Volkswagen di farne il progetto comune di un’auto popolare. Quella di Ginevra nasce dall’alleanza con Mercedes, che quell’immagine popolare non l’ha mai avuta: la piattaforma (a trazione poste- Il Salone di Ginevra battezza la nuova Twingo e le sue rivali, dalla 108 alla C1 riore) della Twingo sarà condivisa con la prossima Smart Forfour. Una francese con la Stella. Chissà cosa dirà il designer Patrick le Quément, che per la prima Twingo aveva puntato su praticità ed essenzialità: non è allora forse un caso che, nome a parte, quella di Ginevra sia piuttosto la riedizione della R5. Con la tecnologia di oggi: fari a led, connettività per smartphone e tablet, app dei principali social media e motori a 3 cilindri turbo benzina, sportivi anche ai bassi regimi, parsimoniosi e attenti all’ambiente. Punterà verso l’alto anche la nuova Peugeot 108, di fatto una 107 più uno, dove quell’uno è lo stile personalizzabile: tetto e capote in tela (novità) in colori a contrasto con la carrozzeria, adesivi, particolari interni ed esterni... Anche per lei un 3 cilindri benzina in due versioni: 1.0 da 68 cavalli (cambio manuale o automatico) e 1.2 da 82. Le stesse caratteristiche della 108 si ritroveranno sulle «sorelle» Citroën C1 e Toyota Aygo: la differenza tra le tre, in particolare per Aygo, sarà però più netta rispetto al passato. Le rivali non stanno alla finestra. D’altronde il mercato delle citycar in Europa vale oltre 1,1 milioni di unità ed è destinato a crescere da qui al 2016. Difficile starne fuori, anche se da soli è dura far quadrare i conti. Ci prova la Suzuki Celerio, che potrà contare sulle economie di scala generate da mercati emergenti come l’India. Ballano invece da sole Fiat e Opel, che quei numeri li devono intercettare moltiplican- Vendite in aumento Il mercato delle auto cittadine nella Ue vale oltre 1,1 milioni di unità l’anno. Ed è in crescita do le versioni. Magari andando a cercare pubblico nel segmento dei crossover con le novità di Panda Cross e Opel Adam Rocks. Non ha problemi il gruppo Volkswagen, che la condivisione dei costi per la produzione di piccole può giocarla in casa: se per la up! non ci saranno novità, Seat Mii e Skoda Citigo si presenteranno in due versioni speciali, la Mango e la Montecarlo. Spostando l’asticella sopra i 4 metri, all’offensiva ginevrina delle citycar partecipa anche l’industria dell’alto di gamma. La Mini ha già il timbro sul passaporto dai Saloni più lontani, Los Angeles e Tokyo, ma a Ginevra si presenta per la prima volta nella versione Clubman: intatti la linea da wagon e il portellone posteriore a doppio battente, con l’innovazione delle quattro porte. I passeggeri posteriori ringraziano. Può considerarsi cittadina, nono- Twingo, ispiia», ecco la nuova Renault Vent’anni dopo la «ranocch (stesso piae sviluppata con Mercedes posteriori rata sia a quella sia alla R5 ne 5 porte, con motore e trazio nale della nuova Smart): Prova Honda è l’unico costruttore a proporlo, per ora. È di serie sulla recente NC750X, un enduro stradale facile, pratico e parsimonioso Il cambio a doppia frizione si fa largo anche tra le moto ATENE — L’unica soluzione intelligente che i costruttori di moto non «ruberanno» mai a quelli di auto sono le quattro ruote. Per il resto, dal mondo dell’auto si assiste ad un continuo travaso di soluzioni e tecnologie. È il caso di Honda, che ha presentato il terzo aggiornamento del suo cambio a doppia frizione. Si chiama Dct (dual clutch transmission) e funziona come il cambio automatico a doppia frizione che molte case automobilistiche usano da anni: ci sono due alberi che comandano uno i rapporti pari e l’altro quelli dispari ed ognuno di questi è gestito da una frizione. I vantaggi del cambio manuale, più quelli dell’automatico, senza i difetti dell’uno e dell’altro: cambiate più rapide, minori consumi di carburante, minori costi di gestione e maggiore confort. In cambio c’è solo un po’ di peso in più: per il Dct Honda parliamo di 10 kg. Se nelle auto il cambio a doppia frizione è ormai diffuso, per le moto il discorso cambia: Honda è stata la prima casa ad adottarlo, tre anni fa, riscontrando l’interesse dei motociclisti. Tanto che almeno altri due costruttori europei starebbero lavorando per proporlo. Il Dct Honda si può usare in modalità completamente automatica con due mappature distinte, la più attenta ai consumi «Drive» o la più divertente «Sport». È una centralina a decidere quale sia il mo- La scheda MOTORE bicilindrico parallelo, 745 cc, raffreddato a liquido, 55 cv di potenza a 6.250 giri/minuto. Coppia massima: 68 Nm a 4.750 giri/minuto PESO 203 kg ALTEZZA SELLA 790 mm SERBATOIO 14.1 litri PREZZO 6.990 euro (7.990 euro con Dct) La Honda NC750X: il serbatoio (finto) può contenere un casco integrale mento migliore per cambiare rapporto e lo fa quasi senza che il pilota se ne accorga. In alternativa alla comoda funzione automatica c’è quella manuale, con l’inserimento dei rapporti tramite i pulsanti «+» e «-» collocati sul manubrio. Non serve nemmeno «chiudere il gas»: le marce entrano in un istante. Il cambio a doppia frizione è disponibile come optional su sei modelli Honda, mentre l’Integra (un ibrido moto-scooter) lo ha di serie. Lo abbiamo provato sulla NC750X, l’aggiornamento della moto risultata seconda nelle classifiche di vendita nel 2013 e prima (considerando insieme le ultime NC700X vendute e la nuova 750) a gennaio di que- st’anno. Si tratta di una enduro stradale che costa relativamente poco (6.990 euro la base, con Abs di serie; 7.990 euro con il Dct) e consuma moderatamente: la casa dichiara 28,9 litri/100 km nel ciclo misto e durante il nostro test abbiamo potuto raggiungere i 25 senza mai metterci alla ricerca di una guida parsimoniosa. Una moto «intelligente» (lo testimonia anche il vano di carico nel finto serbatoio, capace di ospitare un casco integrale), ma con le carte in regola per fare anche divertire. Merito della coppia sempre sufficiente, della ciclistica che nell’uso non esasperato si dimostra efficace e dell’ergonomia, migliorata grazie ad alcuni affinamenti sulla 750. Risultato: non ci si stanca nemmeno dopo alcune ore in sella. Stefano Marzola © RIPRODUZIONE RISERVATA Motori 43 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 ROMA — Se fosse un tweet, avrebbe l’hashtag #eccezione. La Lexus CT 200h (foto a destra) è l’unica rivale delle tedesche nel segmento delle «compatte premium». Una contro tutti. Tanto più che la giapponese è anche l’unica ibrida della categoria: motore 1.8 a benzina da 99 cavalli, abbinato a un elettrico da 60 kW. L’eccezione continua con il cambio. Al doppia frizione delle rivali, la CT 200h risponde con il CVT, un automatico a variazione continua (simile a quello di uno scooter): «Garantisce la vibrazioni, come un’ammiraglia di categoria superiore. L’eccezione è anche nel prezzo: un’ibrida che costa come un’auto tradizionale. Da 22.900 euro. A parità di equipaggiamento, «il 9% in meno rispetto alle rivali», affermano. Poi ci sono i vantaggi locali (da verificare con il Comune di residenza): parcheggio gratis nelle strisce blu, ingresso ibero in ZTL e 3 anni di esenzione dal bollo... migliore efficienza del sistema ibrido», spiega Chika Kako, ingegnere capo della CT 200h. I risultati sembrano darle ragione: l’auto viaggia a 26 km/litro con emissioni di CO2 di 88 g/km (valori misurati con cerchi da 16”). Qualcosa si perde in termini di sportività, ma «rispetto alla precedente generazione il motore elettrico entra in azione più spesso, dando più coppia e spinta ai regimi medio-bassi e un comportamento più fluido», continua la Kako. Il punto di forza della berlina è il confort: viaggia silenziosa e senza a.m.t. © RIPRODUZIONE RISERVATA Anniversari La produzione del modello, con sette posti, cominciò nel 1984 Trent’anni fa nasceva l’Espace La rivoluzione francese in auto Ma la grande monovolume ha un precedente italiano Erede della 107, la Peugeot 108 è lunga 347 cm: proposta a 3 e 5 porte (nella foto, la bicolore), c’è anche nella variante con un ampio tetto (76x80 cm) in tela ripiegabile Gruppo Fiat-Chrysler Ecco la Panda Cross Debutta la nuova Jeep si chiamerà Renegade? stante i suoi 434 centimetri, anche la Bmw Serie 2 ActiveTourer, sviluppata sul pianale della nuova Mini con contenuti tecnici finora incompatibili con la tradizione dei tedeschi: trazione anteriore e motore 3 cilindri (il 1.5 turbo benzina da 136 cv). Poco sopra i 4 metri è anche la Citroën C4 Cactus. Scendendo un po’, ecco la Volkswagen Polo ristilizzata e in quattro nuove versioni: le due BlueMotion, entrambe 3 cilindri (1.0 TSI benzina da 95 cv e 1.2 TDI da 75), la BlueGT e la Cross. Bisognerà invece attendere per la nuova Mazda 2, anticipata dal concept Hazumi. Tutte citycar che contendono la scena alle Ferrari California T, Lamborghini Huracàn e McLaren 650s, ma per queste la ribalta sarà ben più lunga dello spazio di un Salone. Alessandro Marchetti Tricamo GINEVRA — Fiat Chrysler, per la prima volta a Ginevra, unite, un solo gruppo che mette sul tavolo una tavolozza di modelli inediti (saranno smentiti tutti gli scettici?). Il più atteso è il suv del segmento B della Jeep (si chiamerà Renegade?), costruito a Melfi, che verrà rivelato solo domani con l’Alfa Romeo 4C spider. Il brand americano svela la variante europea della Cherokee che dopo aver sbancato negli Stati Uniti — da ottobre a gennaio ne state vendute circa unità 45mila — è commercializzata, dal secondo trimestre dell’anno, anche da noi. La sua vera chicca è un diesel 2.0 Multijet II con 170 cavalli, abbinato – prima volta in assoluto – al cambio automatico a nove marce della ZF. Sarà disponibile con trazione anteriore o integrale, in tre allestimenti Longitude, Limited e Traihawk. Nello stand Fiat é esposta la 500 Cult, versione lussuosa della city car, un Model Year 2014 che verrà commercializzata prima dell’estate. Presente la Panda Cross, una variante 4x4, la sua vera base progettuale, enfatizzata da ganci di traino rossi, dal frontale inedito, con un paraurti caratterizzato da un ampio pannello per proteggere le parti meccaniche. Il sistema di trasmissione di tipo «Torque on demand» si avvale di due differenziali e di un giunto controllato elettronicamente, una trazione integrale permanente, gestita da una centralina elettronica che ripartisce la coppia sui due assali, anteriore e posteriore, assecondando le condizioni di aderenza della strada. Due i motori, dotati di Start&Stop, il 0.9 TwinAir Turbo, da 90 cavalli ed il diesel 1.3 Multijet II da 80 cavalli. Anche il grande crossover Freemont è esposto in una versione Cross, paraurti, griglia anteriore, cornici dei fari fendinebbia, minigonne e barre sul tetto, paraurti posteriori e cerchi in lega . Un 2.0 Multijet II da 140 cavalli, abbinato al cambio manuale a sei rapporti e trazione anteriore ed un 2.0 Multijet II da 170 cavalli montato nella versione 4x2 con cambio manuale ed in quella integrale abbinata ad un automatico a sei rapporti. Alfa Romeo lancia le versioni Quadrifoglio Verde per la Giulietta e la MiTo, la prima in grigio Magnesio opaco, in tiratura limitata, su cui debutta l’inedito 1750 turbo benzina da 240 cavalli, con iniezione diretta e basamento in alluminio, cambio sei marce con doppia frizione a secco. Bianca Carretto © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA MILANO — Al Salone di Torino del 1978 i riflettori sono puntati sulla Ritmo. La nuova Fiat offre una linea molto personale e una serie di contenuti sperimentali, a cominciare dal ciclo produttivo robotizzato e l’uso dei materiali plastici. Poche le novità dall’estero, nel numero di maggio Quattroruote giudica «andante, ma non troppo» anche il lavoro dei carrozzieri: si nota appena la proposta di Giugiaro, «polemica, ma con una filosofia interessante su linea e abitabilità». Questa è la scena su cui viene svelato il progetto Megagamma, l’anello mancante tra berlina e mini-van. Un anello chiuso intorno alla meccanica di una vettura già sul mercato, la Lancia Gamma 2500, per realizzare la prima carrozzeria rigorosamente funzionalista, producibile in grande serie. Uno slancio verso il monovolume. Ma come spesso accade per le idee il cui tempo specifico è più avanti del tempo corrente, il condizionale è rimasto. Il producibile non è diventato prodotto. «Ci sono voluti sei anni — dice oggi Giugiaro — perché l’automobilista potesse acquistare un veicolo che seguiva e sviluppava le nostre intuizioni». Era l’Espace di Renault, lanciato nel maggio 1984: una pietra miliare nella storia dell’auto. Concepito alla Matra di Philippe Guédon all’inizio degli anni 80, l’Espace è stato preso al volo dai manager Renault, dopo che Peugeot e Citroën lo avevano rifiutato. «In quei mesi — ricorda Michael Cheinisse, allora direttore di prodotto Renault — eravamo alla ricerca di nuovi architetture di interni. Dove e come mettere i bambini era diventato un chiodo fisso. Avevamo già l’idea dei sedili girevoli, di un ambiente più ampio e vivibile, ma non c’era la carrozzeria in cui metterli». Espace nascerà come un perfetto lavoro di équipe, con Matra e Renault Giorgetto Giugiaro nel 1978, al lavoro sul progetto Megagamma. Sopra, il prototipo dell‘Espace costruito nell’81 dalla Matra. Nella foto grande in alto, la quarta generazione della monovolume Renault Espace che si dividono gli obbiettivi. «Non mi ricordo di aver sentito parlare allora della Megagamma di Giugiaro — continua Cheinisse —, guardavamo i mini-van americani ed eravamo spaventati all’idea che la nostra vettura potesse essere scambiata per un furgone. Per questo scegliemmo le porte incernierate e non scorrevoli». Rispetto all’Espace, la Megagamma è più berlina. Lo sforzo di farne una forma prima di tutto ergonomica ha disorientato i primi osservatori. Le leggi del basso, del piatto e dello slanciato erano contraddette. Ricorda Giugiaro: «Umberto Agnelli mi disse: bisognerebbe avere il coraggio di produrre anche un’auto del genere! Altri chiedevano sorridendo perché avessi disegnato il camioncino dell’elettricista». Di fatto, in quel Salone si perde l’opportunità italiana di inaugurare un nuovo segmento. Tanti presupposti della Megagamma sono vantaggi per il consumatore: il pavimento piatto, i sedili ad altezza ideale, l’alto padiglione che permette di accedere senza piegare la testa. Il tutto su una meccanica quattroporte. Ma il concept della Megagamma, così come quello dell’Espace, hanno un altro precedente negli studi della Italdesign. È la proposta per un nuovo taxi di New York, nata a Torino nel 1976. «Ogni volta che arrivavo all’aeroporto Kennedy — ricorda Giugiaro — mi stupivo per la follia dei taxi americani, enormi e poco confortevoli». Così nacque l’idea di un mezzo dedicato, per portare a spasso la gente di Manhattan, comodamente, con tante valigie e un tetto di vetro per guardare i grattacieli. Visto oggi, il taxi Alfa Romeo è ancora bello. La porta scorrevole, le grandi superfici vetrate, le forme compatte e proporzionate hanno attraversato il tempo. Ma non hanno attraversato New York. «L’innovazione da sola non basta — conclude Giugiaro —. In molti casi l’uomo deve essere aiutato a prendere decisioni coraggiose. Ci vogliono le leggi. Altrimenti, anche per ragioni di convenienza immediata, tutto rimane come prima». Giosuè Boetto Cohen © RIPRODUZIONE RISERVATA Tecnologia Il sistema IdentiTag si evolve e affida la sicurezza dell’auto al web. Solo gli haker potrebbero aggirare le protezioni L’antifurto? È una tesserina con chip da tenere nel portafoglio MILANO — Nell’era del Web e del digitale anche gli antifurti per auto si adeguano. Internet ha reso popolare la parola «hashtag» in Italia, termine utilizzato per indicare l’etichetta virtuale che segnala l’argomento di un messaggio sui social network o sui blog. Qualcuno ha pensato di sfruttare la popolarità della parola e tutto quello che evoca per prenderla a prestito e applicarla in ambito automobilistico. In questo caso, non per facilitare l’accesso ai contenuti, ma per evitare che questi finiscano nelle mani sbagliate. I.Car è l’azienda italiana che ha inventato IdentiTag, un antifurto costato otto anni di lavoro e ricerche, un siste- ma che utilizza dei chip per creare un certificato elettronico d’identità dell’auto, un esempio d’eccellenza italiana in ambito hi-tech e imprenditoriale. «Quando abbiamo inventato l’antifurto con serigrafia sui cristalli, l’idea era marchiare le auto come facevano i cowboy con le mucche — spiega Roberto Muriana, presidente di I.Car — Ora abbiamo cercato di migliorare il prodotto lavorando sull’innovazione e la tecnologia». Il cuore di IdentiTag è una carta chip con le dimensioni di una carta di credito, questa contiene tutti i dati dell’automobilista e dell’auto, a partire da quelli del libretto e dell’assicurazione Rca, fino ad Sicurezza Qashqai, promossa ai «crash test» La nuova Nissan Qashqai, lanciata da poco, supera i test Euro Ncap (nella foto, l’urto frontale) a pieni voti: 5 stelle. In dettaglio: 88% nella protezione occupanti, 83 in quella dei bambini, 79 nei sistemi di assistenza e 69 per i pedoni. arrivare a quelli sugli pneumatici ed il tipo di freni. Sul tradizionale libretto cartaceo è applicato un chip che ne certifica la validità, un secondo è posto sul parabrezza per consentire agli addetti ai lavori (meccanici o periti per esempio) un accesso facilitato alla lettura del dati. A svolgere la vera e propria funzione di sicurezza è il terzo circuito elettronico, questo rimane nascosto in un punto dell’abitacolo scelto dall’automobilista. Il Tag Segreto è accessibile solo tramite segnali radio e la lettura avviene con un apposito scanner. Solo così è possibile vedere il numero di telaio conservato sulla memoria elettronica, lo stesso marchiato sui cristalli e riportato sulla carta di circolazione. L’installazione del sistema non prevede alcun intervento sull’elettronica e sulla meccanica della vettura, il prezzo totale a listino è di 270 euro, ma sono stati previsti sconti per chi intende sottoscrivere anche un’assicurazione Rca. La tecnologia assicura maggiore sicurezza, ma por- Lo spunto «L’idea iniziale era quella di marchiare i vetri delle auto come facevano i cowboy con le vacche» ta anche nuovi possibili nemici. Non i classici ladri d’auto, ma dei veri e propri hacker, pirati informatici. Il rischio che pirati hi-tech provino a portarsi via l’auto infatti non è totalmente escluso, ma l’operazione richiederebbe tempi talmente lunghi e un’apparecchiatura sofisticata tali da scoraggiare buona parte dei malintenzionati. I dati identificativi del veicolo sono inseriti e crittografati con un procedimento a sette livelli di sicurezza all’interno della Card e dei tre Tag. Tutti i dati sono accessibili – tramite una semplice password — da parte dell’automobilista per la gestione e l’aggiornamento via Web e con un’app dedicata grazie ad un sistema chiamato Identibox. Lino Garbellini © RIPRODUZIONE RISERVATA 44 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Il Presidente Angelo Provasoli, l'Amministratore Delegato Pietro Scott Jovane, il Consiglio di Amministrazione, il Collegio Sindacale, il Management di RCS MediaGroup esprimono partecipazione e cordoglio al lutto che ha colpito il Dottor Alberto Hazan per la scomparsa della mamma sig.ra Renée Hazan - Milano, 2 marzo 2014. La famiglia Dolce partecipa al dolore della famiglia Hazan per la scomparsa della mamma Renée - Milano, 1 marzo 2014. Claudio Emanuela Elena Alessandra partecipano con affetto al dolore di Alberto Edoardo e Jenny per la perdita della mamma Renée Hazan - Milano, 1 marzo 2014. Selma con Steven Barbara Elliot Daniela Joyce Enrico è vicina con affetto a Jenny Alberto Eddy per la perdita della cara Renée - Milano, 2 marzo 2014. Partecipa al lutto: Mimi Zinsenheim. È mancato all'amore dei suoi cari il dott. Enrico Bergonzini Lo annunciano con profondo dolore la moglie Lisetta, la figlia Nadia con Antonio, la sorella Ginevra e i parenti tutti.- La famiglia ringrazia sentitamente gli amici e tutti coloro che sono stati vicini al loro caro e in particolare la signora Gabriella Sartoni, il dottor Ugo Garbarini, il dottor Sandro Zambotti, il dottor Pietro Marino, la dottoressa Nadia Scolari e i medici tutti unitamente al personale infermieristico che lo hanno assististo in questo ultimo difficile periodo.- Per le esequie contattare il numero 347.0654535. - Milano, 2 marzo 2014. Ciao papà sarai sempre nel mio cuore.- Desidero ricordarti felice nel nostro mare di Cavi.- Caro papà riposa in pace, Snowy, Lordy, Baby e Sissi ti terranno compagnia.- Nadia. - Milano, 2 marzo 2014. Il 1 marzo è mancata Emma Brunello Sanfilippo Con triste e profondo dolore lo annunciano il marito Angelo, le figlie Chiara e Manuela, il nipote Davide, il genero Walter.- Donna di straordinaria generosità, entusiasta della vita e riferimento certo per tutti, sempre nei nostri cuori.- I funerali avranno luogo martedì 4 marzo 2014 alle ore 10 direttamente nella parrocchia di San Giuseppe ove avranno luogo le esequie, indi la cara salma sarà accompagnata al nuovo cimitero.- La cara salma è esposta presso la camera ardente dell'Ospedale di Sesto San Giovanni. - Sesto San Giovanni, 1 marzo 2014. Il fratello Marco sua moglie Giovanna e la figlia Viviana annunciano con profondo dolore la scomparsa di Zeno Birolli storico dell'arte e scrittore. - Ameglia, 2 marzo 2014. Duilio Luisa Paola Claudia Stefania ed i generi profondamente addolorati piangono la scomparsa dell'amico fraterno Profondamente colpiti dal dolore Duilio Ettore Enzo Andrea Giovanni Tonino Mauro Massimo e Mimmo ricordano con affetto e con amicizia eterna l'indimenticabile amico Piero - Milano, 2 marzo 2014. Mia amata, insostituibile e unica Diana (Dianina) De Lorenzi Ciao, Severino.- L'ultimo saluto a Diana verrà dato oggi alle 14 alle cappelle del commiato di Careggi. - Firenze, 3 marzo 2014. Giuseppe Vettori abbraccia Severino che ha perduto con Diana un amore perfetto. - Firenze, 2 marzo 2014. Enrico Appiotti Gianfranco Bruno piange la scomparsa del carissimo amico Zeno Birolli valente studioso d'arte, di cui ricorda inoltre con gratitudine gesti di grande generosità. - Genova, 2 marzo 2014. Enrica e Lino Prandin sono vicini al loro figlio Ermanno e a Marcello e Jacopo per la perdita della cara Vanna Travaglia - Milano, 2 marzo 2014. Federico Lattuada e famiglia si stringono al dolore di Jacopo per la perdita della carissima zia Vanna Nel decennale della tua scomparsa la mamma ti ha sempre nel suo cuore e ti ricorda con amore grandissimo.- Alle ore 18 del giorno 8 marzo 2014 verrà celebrata la Messa in suffragio presso la chiesa di San Gregorio Magno a Milano. - Milano, 3 marzo 2014. Afrodite Thiveu Albarello A undici anni dalla scomparsa i figli ed i nipoti la ricordano sempre con profondo affetto.- Una Santa Messa in suffragio il giorno 4 marzo alle ore 9 parrocchia Corpus Domini. - Milano, 3 marzo 2014. A dieci anni dalla scomparsa la famiglia ricorda Giuseppe Del Bo con affetto e nostalgia. - Milano, 3 marzo 2014. - Castelletto Sopra Ticino, 2 marzo 2014. 2010 - 2014 È mancato all'affetto dei suoi cari Giacinto Nardilli Addolorati lo comunicano le figlie Ingrid e Vittoria e il fratello Romeo. - Trani, 2 marzo 2014. Giacinto Nardilli Ingrid cara ti abbracciamo forte forte.- Patrizia con Sofia e Michele. - Courmayeur, 2 marzo 2014. È mancato all'affetto dei suoi cari Agostino Boria Lo annunciano le figlie Maria Daniela, Paola con Giampietro, Anna con Paolo, i nipoti Marta, Maddalena, Elisabetta, Francesca, Brando e Carlo.- I funerali avranno luogo in Monza presso la parrocchia di Santa Gemma martedì 4 marzo alle ore 10.30. - Monza, 3 marzo 2014. È mancato all'affetto dei suoi cari Gino Magonio Ne danno il triste annuncio la moglie Luciana, i figli Fabrizio con Miriam e Rebecca, Fabio con Daniela, Massimo con Gilda, Antonella con Roberto Giorgia e Francesca.- Per volontà della famiglia i funerali verranno celebrati in forma strettamente privata. - Milano, 1 marzo 2014. Carlo Giltri Una carezza al mio ragazzo, Lassù.- Vilma. - Milano, 3 marzo 2014. Carissimo Marco, il tempo corre ma non si spegne in noi l’eco dei valori di umanità, educazione ed amore per la vita che ci hai trasmesso e che hanno sempre permeato la tua esistenza. Nel dodicesimo anniversario della scomparsa del dott. MARCO CIANI medico neurologo i suoi cari lo ricordano con infinito rimpianto a tutti coloro che gli vollero bene e ne apprezzarono la dirittura morale e la professionalità. Milano, 3 marzo 2014 RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli,8 - 20132 Milano SERVIZIO ACQUISIZIONE NECROLOGIE ATTIVO DA LUNEDI A DOMENICA 13.30-19.30 CON SUPPLEMENTO 20% SULLA TARIFFA BASE Tel. 02 50984519 - Fax 02 25846003 www.necrologi.corriere.it - e-mail: [email protected] SI ACCETTANO RICHIESTE VIA WEB, E-MAIL E CHIAMATE DA CELLULARI SOLO DIETRO PAGAMENTO CON CARTA DI CREDITO L’INVIO DI UN FAX DEVE ESSERE ACCOMPAGNATO DA COPIA DI UN DOCUMENTO DI IDENTITA’ Piero Marcolin e si uniscono al dolore di Zina Raffaella e Chiara. - Milano, 2 marzo 2014. 3 marzo 2004 - 3 marzo 2014 Partecipano al lutto: Elena Pontiggia. Aldo e Barbara Bartoli. Emma ti ho amato infinitamente.- Addio amore.- Angelo. - Sesto San Giovanni, 1 marzo 2014. Mario Daniele Ciao Mario.- I tuoi cugini Luciana Laura Giorgio Guido con le rispettive famiglie. - Milano - Valdossola, 1 marzo 2014. TARIFFE BASE IVA ESCLUSA: Corriere della Sera Gazzetta dello Sport PER PAROLA: Necrologie: € 5,00 Adesioni al lutto: € 10,00 Necrologie: € 1,90 Adesioni al lutto: € 3,70 A MODULO: Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 540,00 Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 258,00 Diritto di trasmissione: pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00 L’accettazione delle adesioni è subordinata al pagamento con carta di credito Servizio fatturazione necrologie: tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30 fax 02 25886632 - e-mail: [email protected] Informativa ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 196/2003 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”). Conformemente all’impegno e alla cura che la nostra società dedica alla tutela dei dati personali, La informiamo sulle modalità, finalità e ambito di comunicazione e diffusione dei Suoi dati personali e sui Suoi diritti, in conformità all’art. 13 del D. Lgs. 196/2003. Per permetterle di usufruire dei servizi offerti da RCS MediaGroup S.p.A., la stessa deve trattare alcuni Suoi dati. I dati personali che Lei fornirà al Titolare, verranno registrati e conservati su supporti elettronici protetti e trattati con adeguate misure di sicurezza. I dati saranno trattati da RCS MediaGroup S.p.A. esclusivamente con modalità e procedure necessarie per fornirLe il servizio da Lei richiesto. I dati non saranno diffusi ma potranno essere comunicati, sempre per la predetta finalità, a RCS MediaGroup S.p.A., oltre che a società che svolgono per nostro conto compiti di natura tecnica od organizzativa strumentali alla fornitura del servizio richiesto, e che sono stati nominati Responsabili del Trattamento. Lei ha diritto di conoscere, in ogni momento, quali sono i Suoi dati e come essi sono utilizzati. Ha anche il diritto di farli aggiornare, integrare, rettificare o cancellare, chiederne il blocco ed opporsi al loro trattamento. Ricordiamo che questi diritti sono previsti dal Art.7 del D. Lgs 196/2003. Per ogni informazione riguardo ai diritti può rivolgersi, a tal fine, al Responsabile del trattamento dei dati personali di RCS MediaGroup S.p.A. scrivendo allo stesso c/o RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano. 45 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Il Tempo Ogni giorno le PREVISIONI della tua città sempre con te Digita: mobile.corriere.it nel browser del telefonino Il servizio è gratuito salvo i costi di connessione internet previsti dal piano tariffario del proprio operatore Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile 487 *3 47 *=* 3=7 ** 477 *3 4 * *=8 43 **8 4 ** 4 *= 4 *= 4 *== .'3) .#/3 )/3 ';# #%') ).#') )%)' ')7 #.'; ')' .6# '+) %( +!!%)0'(6) 19&& ()160 +(%1)& 91 % 9( (9); +0690<%)( # +)06 +%)!! %91 1)+066966) & )0 19&& 0 6%00(%# 19&& %1)& '!!%)0% (;%6 1% 19 &+% # 19 ++((%(%, )'(% )%(;)&!%'(6) (# & 016) & (60), '6 166%'( & %0)&<%)( +011%)(0% 10 ;% ;% 1'+0 +%: &)&%<<6 19&& 0 (60)$'0%%)(&% '(60 & )0 %& 6'+) '%!&%)00 %1'(6 )( &%' +%: '%6, -,6#% &+)//) .# )3'; +)%# 3';.) %#.# )16 %&() )0%() 0(6) (<% 0%16 (); )&)!( )' '+)11) , &0% 6(% %0(< 09!% ()( .-9%& +)&% 0% )6(< 6 %.&) &0') &!#0) !&%0% 90 % &% )& 9;)&) )+06) %)!!% );1% '+)0&% ; )06) )06 )&6) )06 &') ()( )16 0% )&)!( )&<() 01% !&%0% 0() 4 5 1 5 &#' &9 *5 ( *4 *< *< ** * %)!!% '+)11) 6(% 0)6)( 9() %0(< (); '+0% 9;)&)1) *4 * ( *4 ** * .-9%& 11%( %&() +)&% &% &0') '+)0& &#' &9 "4 0 1 ( *4 * ** ** *4 *4 )+06) 0' 09!% 10 %1 )6(< , &0% %'%(% ; &#' &9 0 * * 0 1 *< *4 *4 1 * *5 );1% )' )0%() 0(6) 0%16 %( (<% 0)( &#' &9 4 ( 0 0 ** ** ** *5 *5 ** ** % Sudoku Difficile 5 1 6 3 8 9 1 9 4 6 3 Puzzles by Pappocom 5 9 1 5 7 2 LA SOLUZIONE DI IERI 7 8 7 6 2 Altri giochi su www.corriere.it 3 2 9 5 4 5 1 6 9 2 8 3 7 2 3 9 8 1 7 6 5 4 5 2 8 4 7 3 9 6 1 9 6 4 1 5 8 3 7 2 3 1 7 9 2 6 5 4 8 6 7 2 3 8 9 4 1 5 1 9 3 7 4 5 2 8 6 #7 .%#') ./7# . )'. &/3.& 3))%& )+'!' 6%#') #'' %.) .## #%') '$. 6./3 )& .%%)' .# #/)' #.' 3' 6'#/# %.# 8 4 5 2 6 1 7 9 3 %!# !'!# a 9,90 euro più il prezzo del quotidiano ')67. :': !#) '3#) 8 ).$ % #.) ' .'#/) )/ '%/ /%' #& #.3 Da giovedì in edicola con il Corriere della Sera il primo volume della collana La grande cucina italiana, le ricette regionali presentate da Carlo Cracco. Disponibile «Toscana». )$:) '$)$ ./ ))3 6% !#') Da giovedì con il Corriere Ricette toscane: Cracco racconta la grande cucina Come si gioca Bisogna riempire la griglia in modo che ogni riga, colonna e riquadro contengano una sola volta i numeri da 1 a 9 7 8 6 5 3 4 1 2 9 %/#'$# /%) #&6.) !%66) &9 < 5 0 * 0 1 )11) &#' )& % ( 11 +011%)( +01(6 ;16 && 0)(&(% %(&9(< %& 6'+) 19&&/90)+ )%(6& )( 9( )(6%(9) 1911!9%01% % +0690<%)(%, & )(6'+) 19% 166)0% )0%(6&% +01(6 &/(6%%&)( 0911)$1%0%() # +)06 +%: 16%&%62 6& 16096690 1% 16 +0&60) %()&() &9(!) %& 19) &6) )%(6& ;)0() &/%(!011) % (9% +%)!! % &(% %( ;01) %& 0 0), #) '#.) 6')/ #./ #.)# )/ 6' #33 % +) #33 % //#) Oggi su www.corriere.it I più letti Pompei Nuovi crolli Gli Oscar Due cedimenti: Tempio di Venere e un muro a Porta Nocera. Foto Tutti i premiati Casa Versace a Miami Russia-Ucraina, 1 Crisi «Sull’orlo del disastro» La lunga telefonata 2 tra Putin e Obama che lavora 3 Ilunveterinario minuto alla settimana Insulti sul web alla figlia 4 del marò che sogna il GF con i machete 5 Assalto a Kunming: 33 morti Beckham compra La dimora dove venne ucciso Versace ora è della famiglia Beckham Ex premier Villa Yanukovich Sfarzo: vicino a Kiev con uno zoo e una collezioni di automobili. Guarda Le foto , i video e i commenti della lunga notte del cinema che assegna i riconoscimenti nella passerella più ambita. Le schede e i voti con tutti i pronostici dei lettori di Corriere.it 46 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera Tv in chiaro Teleraccomando ,>£ di Maria Volpe PER DISTRARSI PER CONOSCERE Torna la casa Caccia nelle paludi più spiata d’Italia della Louisiana Per molti è inguardabile, per molti è divertente, per molti è lo specchio del Paese. Oggi la prima puntata della tredicesima edizione del reality che nel Duemila ha cambiato la tv. Saranno 15 i concorrenti che entreranno nella casa più spiata d’Italia, per aggiudicarsi il montepremi di 250.000 euro. Al timone Alessia Marcuzzi ( foto), padrona di casa per l’ottavo anno consecutivo. Accanto a lei due nuovi opinionisti d’eccezione: Manuela Arcuri e il giornalista di moda Cesare Cunaccia. Li hanno definiti gli «ultimi pionieri americani». Sono i cajun, vivono in Louisiana, Stati Uniti, ma abitano vicino alle paludi. E sono i protagonisti di questo nuovo docu-reality. Negli Usa la serie è stata un grande successo. Ma cosa fanno questi Swamp People? Alcuni sono cacciatori di professione, uomini rudi e con pochi fronzoli (foto). La loro preda, e principale fonte di guadagno, è l’alligatore, che popola numeroso il bayou della Louisiana, mettendo spesso a repentaglio la vita di chi ci abita. Devono catturarlo anche a mani nude e affrontare la concorrenza agguerrita dei bracconieri. Grande Fratello Canale 5, ore 21.10 Swamp People History Channel, ore 21 >>ix ,iÌi{ ,>Î ,>Ó >Ç Ì>>£ /Û À>°Ì À>°Ì i`>ÃiÌ°ÌÉÀiÌi{ i`>ÃiÌ°ÌÉV>>ix i`>ÃiÌ°ÌÉÌ>>£ >Ç°Ì ÌÛ°Ì È°ää 1," 7-° ÌÌÕ>ÌD È°£ä 1 "// ° ÌÌÕ>ÌD È°Îä / £° *,6-" -1 6/ -6, ",/° È°{x 1 "// ° ÌÌÕ>ÌD £ä°ää 1 "// -/", 6,° ÌÌÕ>ÌD £ä°Îä 1 "// 6,° ÌÌÕ>ÌD /*" ° ££°ää / £° ££°Óx 1 "// < ° ÌÌÕ>ÌD £Ó°ää *,"6 1" "° 6>ÀiÌD £Î°Îä /", ° £{°ää / £ " "° ÌÌÕ>ÌD £{°£ä 6,//" ° ÌÌÕ>ÌD £x°Óä 6/ ,//° ÌÌÕ>ÌD £n°xä ½,/° +Õâ -, Óä°ää /", ° Óä°Îä , /1"° 6>ÀiÌD Ó£°£ä 1 - "° À>>ÌV] Ì>>] Óä£{®° ,i}> ` >À >Ài° ÕV> <}>ÀiÌÌ] ÕÃ> ,>iÀ Óΰ£x *",/ *",/° ÌÌ° È°Îx ,/"" -° ,>}>ââ n°äx -", / 6/° ÌÌÕ>ÌD n°Îx -*,/ "1-76- -,/ 7-/, ° /iiv £ä°ää /Ó -° ÌÌÕ>ÌD ££°ää // 6"-/,° ÌÌÕ>ÌD £Î°ää / Ó ", "° £Î°Îä / Ó "-/1 -" /° ÌÌÕ>ÌD £Î°xä Îΰ ,ÕLÀV> ` >ÌÌÕ>ÌD £{°ää //" //"° ÌÌÕ>ÌD £È°£x " - // ,,-"/° /iiv £Ç°{x / Ó - °°-° /" Ó° £Ç°xä , / -*",/° £n°£x / Ó° £n°{x -+1, -* ", ££° /iiv n°ää ",° ÌÌÕ>ÌD £ä°äx , *, /" -*<","° ÌÌ° £ä°£x ,/,° ÌÌÕ>ÌD ££°£ä /Î 1/° ££°£x -,° ÌÌÕ>ÌD £Ó°ää / ΰ £Ó°Óx /Î 1", /° ÌÌÕ>ÌD £Ó°{x * +1"/ "° ÌÌÕ>ÌD £Î°£ä /*" -/",° ÌÌÕ>ÌD £{°ää / ," ° / ," /"° £{°Óä / ΰ /" ΰ £{°xä /, " ,"° ÌÌ° £x°ää / Î -° £x°äx /, *<< ,° ÌÌÕ>ÌD £x°£ä /,, "-/,° /v £È°ää -*// " "° VÕiÌ £È°{ä "° VÕiÌ £°ää / ΰ £°Îä / ," ° / ," /"° Ç°Óä 6 ° /iiv n°Óä 1 /,° /iiv °{ä , ,° /iiv £ä°{ä - "- ¶ ÌÌÕ>ÌD £ä°xä , // ½/ ° ÌÌÕ>ÌD ££°Îä / { /"°/ £Ó°ää / /6 ",-° /iiv £Ó°xx - ", "° /iiv £{°ää " -*",/" ",1° ÌÌÕ>ÌD £x°Îä 1, -/,//" Ó£° /iiv £È°Îx 9 -,/ *--" ° /iiÛi> £È°xä " / ", /° /iiv £n°xx / { /"°/ £°Îx -,/"° /ii° Óä°Îä /*-/ ½",° ->« "«iÀ> È°ää / x *, * ° ÌÌÕ>ÌD n°ää / x // ° n°{x /" / */,"° ÌÌÕ>ÌD n°xä // " +1° ÌÌÕ>ÌD £ä°äx / x ", £ä° ££°ää ",1° ÌÌÕ>ÌD £Î°ää / x° /"°/ £Î°{ä 1/1° ->« £{°£ä /"6/, ° ->« £{°{x 1" " ° /> Ã Ü £È°£ä -,/"° /iiÛi> £È°xx *"," +1° ÌÌÕ>ÌD £Ç°xä /x 1/° £n°xä 6 / 1 /,"t +Õâ° `ÕVi *> Ã] ÕV> >ÕÀiÌ° i «À}À>>\ ÌV«>âi /} x Óä°ää / x° /"°/ Óä°{ä -/,- "/< 6" È°äx /t /iiv È°xx , -° -iÀi Ç°{ä 1 *, ° /iiv °Îä 6,7""° /iiv ££°Óx ,° "1- 6-" ° /v £Ó°Óx -/1" *,/"° /"°/ -*",/ -/ / *<" ° £Î°ää -*",/ -/° £Î°{ä 1/1,° >ÀÌ £{°äx -*-" ° >ÀÌ £{°Îä ," /° >ÀÌ £{°xx /",9 ° -iÀi £x°{x 1 1" £ÉÓ° -iÀi £È°Îx "7 / 9"1, "/,° /iiv £Ç°ää /° /iiv £n°Îä -/1" *,/"° /"°/° £°Óä °-°° - , ° /iiv È°ää / Ç° Ç°xä " 1- /"° ÌÌÕ>ÌD Ç°xx " 1-° ÌÌÕ>ÌD °{x " ,° ÌÌÕ>ÌD ££°ää ½, /,° ÌÌÕ>ÌD £Î°Îä / Ç° £{°ää / Ç ," ° £{°{ä -/, - , - "° /iiv° >À >`i] V >i Õ}>à £È°{ä / -/, /° /iiv £n°£ä "--," ",,° /iiv° *iÀÀi `Þ] ÀÕ >`iÀ] Ìi> Õ>` Óä°ää / Ç° Óä°Îä "//" <<"° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi ÀÕLiÀ ££°ää ", 9° /iiv ££°Îä £È /° 6>ÀiÌD £Ó°Óä ° 6>ÀiÌD £Î°Óä ," 1 , -1*,-/,° /iiv £{°£x - ,1-° -iÀi £x°£ä ", 9° /iiv £È°ää -/ 6/ *,° 6>ÀiÌD £È°xä / "° 6>ÀiÌD £n°Óä -/ 6/ *,° 6>ÀiÌD £°Óä - ,1-° -iÀi Óä°£x ", 9° /iiv Ó£°£ä ,<< , 6 ° 6>ÀiÌD Óä°Îä / Ó Óä°Îä° Ó£°ää " \®° -iÀi Ó£°£ä ,8 È° /iiv° À>ViÃV ÀV>] Õ}ÕÃÌ <ÕVV ] *>À Li> ÓÓ°xx / "" 7° /iiv° Õ>> >À}ÕiÃ] >ÌÌ âÕV ÀÞ Óä°ää "° ÌÌÕ>ÌD Óä°£ä - " "- 1/° ,i>ÌÞ Óä°Îx 1 *"-/" -"° ->« Ó£°äx *,-,//° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi ,VV>À` >V> Óΰ£ä "/ È -/° VÕVÌ Ó£°£x +1 / "" ° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi *> i iLL Óΰxx /,,° ÌÌÕ>ÌD ä°xx " 66 /1,° ÌÌÕ>ÌD £°{x / { / 7-° Ó°äx 1- -* ° ÕÃV>i ½,,1 <° /} ->ÌÀV Ó£°£ä , ,/" £Î° ,i>ÌÞ ä°{ä , ,/" 6° ,i>ÌÞ £°£ä / x "//° i «À}À>>\ ,>ÃÃi}> ÃÌ>«>Æ iÌi°Ì Ó£°£ä ,/ ",/° âi] ÕÃÌÀ>>ÉÕÃ>] Óä䣮° ,i}> ` `Àâi >ÀÌÜ>° -ÌiÛi -i>}>] 8] Ã>> 7>à }Ì° i «À}À>>\ /}VÆ iÌi°Ì Ó£°£ä *<<*1/° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi ÀÀ>` À} Ó{°ää / Ç / -° ÌÌÕ>ÌD £°£ä "6 -° ÌÌÕ>ÌD £°£x *,"--" 1""° ÛÛiÌÕÀ>] 1Ã>] £ÇÈ® Óΰ{ä / Ó° Óΰxx ,<< 1 ° ÌÌÕ>ÌD ä°xä , *, /" /", ° £°ää *,"/-/ /-"° Ó{°ää / Î "//° ä°£ä / ," ° i «À}À>>\ iÌi Î £°äx 1", ",,"° "- ® 6-/° ΰää " ° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi -µÕ ΰxä 6<" 66,° À>>ÌV® ÓΰÓä / / " "-/," " "° -«ÀÌ £°xä -/1" *,/" ", /° Ó°{x ,"-° /iiv Ó°xä ½, /,° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi ÞÀÌ> iÀ {°Îä " 1-° ÌÌÕ>ÌD ,>x ,> -ÌÀ> ä°xä £°Óä £°Óx £°xx Ó°Óx /£ "//° /*" ° -"//"6" ° ÌÌÕ>ÌD /,< * ° ÌÌ° *",/ -1 1"° /iiv À>°Ì £°xä -/,- "/< 6" ½,,1 <° /} ->ÌÀV° `ÕVi â >VV iÌÌ] â Ài}} ii>Þ /6 £x°ää " 1*9 9° ÕÃV>i £È°£x 1", ,"° 6>ÀiÌD £È°{x ,"" ° 6>ÀiÌD £Ç°ää 9 /-° ÕÃV>i £n°ää *,"*"-/" , ° /iiv £°ää *,// " /,"**"° -iÀi £°Îä -- E "9° / Óä°ää ", *-1° Õð Óä°Óä 1", ,"° 6>ÀiÌD Óä°{x ,"" ° 6>ÀiÌD Ó£°ää ,6 ° /iiv ÓÓ°ää 9 / ° 6>ÀiÌD 2 -/$/ ?$! $/!2 "*1/ Film e programmi L’astronauta Hanks ha un problema Theron nasconde un doloroso segreto ,>{ Prigionieri di una navicella spaziale in avaria, gli astronauti Jim (Tom Hanks, foto), Fred e Jack cercano di sopravvivere mentre sulla Terra si lotta contro il tempo per riportarli a casa. Apollo 13 Iris, ore 21.05 Un misterioso e silenzioso osservatore segue l’inquieta Sylvia (Charlize Theron, foto), costringendola a ripensare a un passato doloroso e oscuro. The burning plain - Il confine della solitudine La 5, ore 21.10 Cambiare l’Italia: ci riuscirà Renzi? Rosi indaga sulla morte di Mattei Al centro del programma condotto da Corrado Formigli le riforme sul piatto del governo Renzi e il nodo delle coperture. Tra gli ospiti: Civati, Friedman, Formigoni e Casarini. Piazza pulita La7, ore 21.10 Grand Prix a Cannes, il film (1972) di Francesco Rosi è dedicato al presidente dell’Eni Enrico Mattei e ai misteri che ruotano intorno alla sua morte avvenuta il 27 ottobre 1962. Il caso Mattei Rai Storia, ore 22.15 Ç°£ä n°Îx °Óx £ä°£ä £ä°xx ££°Îx £Î°äx £Î°xx £{°{ä £x°Óä £È°äx £È°xä £Ç°Îx £Ç°{ä £°Óä Óä°Óx Ó£°£ä ÓÓ°xx Óΰäx ä°äx À>°Ì À>°Ì -/,° -iÀi "-/ 7",° -iÀi 8 ° -iÀi *,6/ *, / ° -iÀi ,"/,- --/,-° /iiv -/,° -iÀi ,1-° /iiv *,6/ *, / ° -iÀi ,"/,- --/,-° /iiv äÓ£ä° -iÀi " /, ° -iÀi 8 ° -iÀi , 7- ", "° -/,° -iÀi - /1,9° -iÀi ,"-° -iÀi " 1,",° âi®° ,i}> ` 7i° 7" , ° ÌÌÕ>ÌD " /," -° -iÀi " /," -° -iÀi £n°£x , 7- ", "° £n°Óä 6 //, -"7° /> Ã Ü £°£ä "<,/° ÕÃV> Óä°Îx *--*,/"1/° ÌÌ° Ó£°£x x 1" "/6° ÌÌÕ>ÌD Ó£°Óä " -"//" ""° /i>ÌÀ ÓΰÓä 6 " ",° VÕiÌ>À £n°Îä 79 *"6,/9¶1 /" 1 /" ° VÕiÌ £°Îä ,- -/ //° VÕiÌ Óä°ää , x{° VÕiÌ Óä°Îä /*" -/",° VÕiÌ Ó£°£x ",,6 ½ "° VÕiÌ ,> ,> *ÀiÕÀ>°Ì Ûi £n°{ä * 6/° /iiÛi> £°Óx ,9 76-\ " // 1",° -iÀi Óä°£ä ,- " ," ° -iÀi Ó£°£ä 1 " " 6 /"° /iiv ÓÓ°xx --, //",° ÌÌÕ>ÌD À>°Ì À>°Ì £È°ää " ° £Ç°{x , 7- ", "° £Ç°xä ,"1// ,1--° £°Îä /"<< -1- ",° Ó£°£ä *--" ", "6-/° Óΰ£x 6"1 ° ,> Õ« À>°Ì ,i> /i Ài>ÌiÌÛ°Ì >Ãà /Û >Ý >Ç` `>Ý°Ì V>ÃÃ°Ì >Ç°Ì £Ç°Îä 1 1 * ° >ÀÌ £Ç°xx 7 8 1° >ÀÌ £n°Óä 1* , Óä£ÎÉÓä£{° ÌÌÕ>ÌD £n°{x , ° /iiv £°Îä 6"//° /iiv Óä°Óä 6 /","1-° /iiv Ó£°£ä 7 8 1° >ÀÌ ÓÓ°ää 1 1 * ° >ÀÌ £Ç°{ä 1 / *, 1 -*"-° ÌÌÕ>ÌD £n°£ä , **° ÌÌÕ>ÌD £°£ä /" -*"- , -° ÌÌÕ>ÌD Óä°£ä -/ ,9° ÌÌÕ>ÌD Ó£°£ä 8/, "6,\ / /" ° ÌÌÕ>ÌD £{°ää +1 1 ° ,ÕLÀV> ëÀÌÛ> £È°ää / ", "° ÌÌÕ>ÌD £È°Îä / -*",/° ÌÌÕ>ÌD £Ç°xä 7E",,° /iiv £°Îä *1 /" *"° ÌÌÕ>ÌD Ó£°ää , -/ / £Î° /iiv £°Îä , /1// "-/° V° £°xx , /1// "-/° V° Óä°Óä " *1 ° VÕiÌ>À Óä°{x " *1 ° VÕiÌ>À Ó£°£ä /"* ,° ÌÌÕ>ÌD ÓÓ°ää - , -,-° ÌÌÕ>ÌD £Ç°£ä / ,° "< -"7° 6>ÀiÌD £n°äx " "° ,i>ÌÞ £n°xx / Ç° £°ää 5 //° ÌÌÕ>ÌD Óä°äx 1" ° ÌÌÕ>ÌD Ó£°£ä -°"°-° //° ,i>ÌÞ ä°£ä / ,° "< -"7° ,> 99 Àà i >x /Û Óäää À>°Ì Àði`>ÃiÌ°Ì ViÌÛ°Ì £°xä ,/" " < " ","° >ÀÌ Óä°£ä *** *° >ÀÌ Ó£°Óä * "" *, *° >ÀÌ Ó£°{x 1" "// " 6" 9" 9"° ÌÌÕ>ÌD ÓÓ°ää *** *° >ÀÌ ÓÓ°äx *** *° >ÀÌ £Ç°xx - "*,<" ",° £°Îx /° /iiv Óä°Óä /° /iiv Ó£°äx *"" £Î° ÓΰÎä ,"-/É 8" 1"° £°{x " -",° ΰÓä 7-° ΰÓx 1 " / ° £°£ä , 1"° VÕiÌ>À Óä°äx , ° 6>ÀiÌD Ó£°äx *, --1- ½1"" 6"6 , 6""° ÓΰÓä "// "- ,° ÌÌÕ>ÌD £°ää ½- / ° i`>ÃiÌ°Ì £Ç°Îx - -1 /1" 1",° /iiÛi> £n°Óx " /" -*"-° V° £°Îä ° /iiv Óä°Óä 1 *, ° /iiv Ó£°£ä / 1, * " -"/1 ° Æ iÌi°Ì ÌÛÓäää°Ì Óä°Îä 1", ", "° ÌÌ° Óä°xx / /° Ó£°Óä ", , "° Óΰää "° /iiv Óΰxä ",<" 1 ,-/ ,"-," - /1," *"*° ,i}i 47 Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014 Pay Tv Film e programmi Hanks e suo figlio legati per sempre Oskar (Thomas Horn) ha perso il padre (Tom Hanks, foto con Horn) nell’attentato alle Torri Gemelle. Tra le cose dell’uomo trova una chiave e decide di scoprire che cosa apre. Molto forte, incredibilmente vicino Cinema Emotion, ore 21.15 Perlman combatte le forze del male -Þ i> -«ÀÌ £n°xx 1 ,/ >ÀÌ >] `« iÃÃiÀi vÕ}}Ì> `> Õ> ÃiÌÌ>] ÌiÌ> ` ÀÌÀÛ>Ài Õ> ÛÌ> À>i ViÀV>` ½>ÕÌ ` ÃÕ> ÃÀi> >}}Ài ÕVÞ° -Þ i> ÕÌ £°ää /- ,-/-° / /, 1 « µÕ>ÌÌÀ >] > v>}> 7 Ìvi` à ÀÕÃVi «iÀ >Ì>i° ->ÀD ½VV>Ãi ÀÃÛiÀi µÕiÃÌ v>>À À>ÃÌi Ãëið -Þ i> *>Ãà £°£x ,/ 1", ½ "-/," /À>ÌÌ `>½ À>â ` Ài> Õi] i>ÀÌ m `ÀiÌÌ `> ° -vÌiÞ] V ° ÀÀi] ° «i iiÌÌ i *° iÌÌ>Þ° -Þ i> £ **1 / /" " ½---- " « Õ> ÀÃÃ> V Î >ÛÛiÌ] *>Õ À«Ài`i VÃViâ> i à >VVÀ}i V i VÀ> > ÕVVà ÃÕ> }i i ÃÕ> v}>° -Þ i> >ÃÃVà £°Óä - > ÛÌ> ` >Û` iv}ÌÌ] «>ÃÌ> ÃÕ }iiÀð *Ài "ÃV>À > ivvÀiÞ ,Õà «iÀ > }Ài ÌiÀ«ÀiÌ>âi >ÃV i° -Þ i> "ÃV>À £°Óx , 9, ",/ LÕi "Ìà à `D >> «>ââ> }> V } >ÌÀ >> `i> v>ÌÌÀ>\ «>`Ài m >ÃÃiÌi° >âi° -Þ i> >Þ £°Îä , 9 ,° V`>Ã] }D ÛÃÌ> ºÓ Ã}i > ââi»] m > «ÀÌ>}ÃÌ> `i Ì ÀiÀ `ÀiÌÌ `> 7° À>Ûi i Óääx° -Þ i> >Ý Ó£°ää "* " " " +ÕÌ v `i> ÃiÀi] V j ÕÌ] V > ÃÌÀV> V««> V«ÃÌ> `> iÀ>`i >® i ° iÀÛ *i««i®° -Þ i> >ÃÃVà / " , / /1// ,"" Ì>] >ÕÌÃÌ> ` V>ÀÀ vÕiLÀ] à ÌÀÛ> VÛÌ Õ> ÃÌiÀÃ> «>ÀÌÌ> ` «iÀ V i V>LiÀD «iÀ Ãi«Ài > ÃÕ> ÛÌ>° -Þ i> ÕÌ "/ /, -96 VV>Ãi `i ££nc V«i> `i> v}>] À>VÕ>] «À«ÀiÌ>À `i½Ìi /À>ÃÞÛ>>] ÛÌ> } >V «Ù ÃÌÀiÌÌ i iÃÃÕ Õ>° -Þ i> >Þ "9 > L>L `>i ÃiL>âi `i>V i] iLÞ `ÛiÌiÀD Õ }À>`i `iÌiVÌÛi] `Ì>Ì ` «ÌiÀ «>À>À>° ° i /À° -Þ i> >Ý " /, -1<" " -ëiÌÌ>` `i½vi`iÌD `i >ÀÌ] >Ì iÀi ° Ài® >ÃÃ`> Õ> iÃVÀÌ «iÀ Ãi`ÕÀ i à ÌÀÛ> «ÀiÃÌ > V`ÕÀi } VÌÀ°°° -Þ i> *>Ãà ӣ°£ä 7", 7, < « Õ> ÃÌiÀÃ> i«`i> V i > ÌÀ>ÃvÀ>Ì } Õ âLi] Õ «i}>Ì `ii >â 1Ìi Û>}}> ViÀV> ` ÀëÃÌi° -Þ i> £ ÓÓ°Îx ,/< ->à >] >`i] 9>à i i à i µÕ>ÌÌÀ >`iÃViÌ `i }ÀÕ«« `ii À>Ìâ] >««i> }ÕÌi >> } ÃV ° -Þ i> >Þ ÓÓ°{x ,9 i ÃVÕÀiââi] v>ÃV] i «>ÕÀi `i> >ÀÞ `> ÛÃÌi >ÌÌÀ>ÛiÀà } VV `i ÛiÌÌÀiii >À° Ó >Ì >} "ÃV>À° -Þ i> *>Ãà ÓÓ°xä , " 1 ë>VV>ÌÀi ` ÓÓ > }>}}> i «iÀ] «âÌÌÉiÀ] «iÀ ÕVV`iÀi ÃÕ> >`Ài i V>ÃÃ>Ài ½>ÃÃVÕÀ>âi ÃÕ> ÛÌ>° -Þ i> ÕÌ / -" /7", > ÃÌÀ> ` >À <ÕViÀLiÀ} i `i> >ÃVÌ> `i> ÃÕ> ºVÀi>ÌÕÀ>» >À>\ ÃV> iÌÜÀ >ViL° -Þ i> "ÃV>À ÓÓ°xx - < " *iÕÌ v ` ° *° iÛi\ À«iÀVÀÀi v}V>iÌi > }À>>ÌV> `i À° *ÀÌ>}ÃÌ ° i] ° ° 6Ìj i 9° Ì>`° -Þ i> >ÃÃVà Óΰäx -*," 1 «ÃÌiÀ] ½>V i Õ> À>}>ââ> VÌÀ Õ VÀ>i° ° >`iÀ>Ã] -° >Þi i +° />À>Ì i v `ÀiÌÌ `> ,° ,`À}Õiâ° -Þ i> >Ý °Îä "\ " / -iÀi -Þ -«ÀÌ £ £ä°Îä - " "\ £x / , ««> `i ` ÕÀëÀÌ "\ ", / <" -iÀi -Þ -«ÀÌ £ -/\ "," 7- /" -Þ -«ÀÌ Ó 6\ 9,- 7 9>V Ì E -> £Ó°Îä / -\ /° ,9 ° 7// 7À` /ià >Þ° ÀiÌÌ> ÕÀëÀÌ £{°Îä / -\ ° -° -/"-1, 7À` /ià >Þ° ÀiÌÌ> ÕÀëÀÌ "\ 16 /1- -iÀi -Þ -«ÀÌ £ £È°£x "\ ," /, -iÀi -Þ -«ÀÌ £ £È°{x -/" " - \ - £ÓÇ ««> `i ` ° ÀiÌÌ> ÕÀëÀÌ "\ / / 6" -iÀi -Þ -«ÀÌ £ £n°£x "\ *," ,>-«ÀÌ £ "\ 16 /1- -iÀi -Þ -«ÀÌ £ Óä°Îä / -\ *° - ° 7À` /ià >Þ° ÀiÌÌ> ÕÀëÀÌ Ó£°Îä -/\ " 7 9", -Þ -«ÀÌ Ó ÓÓ°ää / -\ ° -- *° -*,7À` /ià >Þ° ÀiÌÌ> ÕÀëÀÌ ÓÓ°{x "\ ," /, -iÀi -Þ -«ÀÌ £ -iÀi /Û ÌÀ>ÌÌiiÌ ,>}>ââ VÕiÌ>À £°Óä £°Îä £°{ä £°{x Óä°äx £°{ä -/, < Î -Þ 1 £°xä 1 " "<, " Ý vi Óä°ää -/, < Î -Þ 1 Óä°Óx / 8 /", 1-\ *° ÓÓ -Þ 1 Óä°{x /"/ 7*"1/ *," / /1//" Ó Ó£°ää " 1" " Ó£°£ä / 8 /", 1-\ *° ÓÎ -Þ 1 ÓÓ°ää 1,, /",/ ÓÓ°{ä / 8 /", 1-\ *° Ó{ -Þ 1 ÓÓ°xä *," / ,1 79 / Ý vi Óΰäx /"1, ÃiÞ >i Óΰ£ä /"1, ÃiÞ >i £Ç°Óx // //,- 8*, Ó £Ç°xx " -/,", ," " " 1 >ÀÌ iÌÜÀ 7 8 1 ,> Õ« £n°Óx -/- Î i`à /- - /79 Vi`i £°Óä "9 // - , i`à £°xx /" Ó Óä°ää /" i`à ӣ°£x / ,1, -"7 >ÀÌ iÌÜÀ Ó£°Óä /- - /79 Vi`i Ó£°Îx "9 // - , Ó 7 8 1 ,> Õ« Ó£°{ä 6 /1, / >ÀÌ £°Îä , 1" ÃÌÀÞ >i 1° ,"*",/" >Ì> i}À>« V £°{x , - 9>V Ì E -> Óä°ää , +1//," ,1"/ ÃVÛiÀÞ >i , ÃÌÀÞ >i Óä°£x "-/,1<" ÃVÛiÀÞ -ViVi Óä°Óx /", >Ì> i}À>« V Óä°Îä , ÃÌÀÞ >i Óä°xx , "/" >Ì> i}À>« V Ó£°ää , " , ÃVÛiÀÞ >i -7* *"*\ 1 - 1 ," ÃÌÀÞ >i £È°xä 1 ° /iiv " £È°xx 1 / ,"° /Û 9 £Ç°äx ,,9 *<<° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £Ç°£{ ,"° *ÀiÕ i> £n°ÎÇ " /, ° /iiv 9 £n°{x /" ° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £°£n ---° /iiv " £°ÓÈ , *, ° /iiv 9 £°Î{ "-/ 1 +1- 1° *ÀiÕ i> Óä°£Ç ---° /iiv " Óä°£n , *, ° /iiv 9 Óä°{ä " * ",/"° - Ü -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> Óä°x , ,*/° ,ÕLÀV> *ÀiÕ ° Ó£°£x ", ",/° *ÀiÕ i> Ó£°£x 1," ",,° /iiv " Ó£°£x *, /""° /iiv 9 Ó£°£x **" ° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> ÓÓ°äÈ 1," ",,° /iiv " ÓÓ°äÈ , 9° /iiv 9 ÓÓ°xn 9° /iiv 9 ÓÓ°x 6,° /iiv " ÓΰÎä 9° /iiv 9 Fuggito dagli inferi, il demone Hellboy (Ron Perlman, foto) viene arruolato nei servizi segreti da un soldato americano. Grazie ai suoi poteri combatterà le forze del male. Dirige Guillermo Del Toro. Hellboy Sky Cinema Max, ore 21 Tutte le emozioni della Notte degli Oscar Dal Dolby Theatre di Hollywood, una ricca sintesi con i momenti salienti della Notte degli Oscar 2014, presentata da Ellen DeGeneres (foto). Il meglio della Notte degli Oscar 2014 Sky Cinema Oscar, ore 21.10 Óä°£ä Óä°Óä Óä°Îä Óä°{ä Óä°{x Óä°xx Ó£°ää Ó£°äx 6 E ÃiÞ >i 6"// ,> Õ« -*-" Ý -- ÃiÞ >i , - Ý Ài -*-" Ý -/ Ý vi -1, 9- ÃiÞ >i 6 /","1- ,> Õ« / /",9 Ý 7""" - 1 1*" ÃiÞ >i 6 /","1- ,> Õ« - E / Vi`i ° °°-° Ý Ài / 7 Ý ,9½- /"9 Ý vi 1" ",/1 ,t ÃiÞ >i Brad Pitt combatte contro gli zombie i`>ÃiÌ *ÀiÕ Brad Pitt è un ex funzionario delle nazioni unite che deve provare a fronteggiare una situazione da incubo: per colpa di un’epidemia gli esseri umani si stanno trasformando in zombie. World War Z Sky Cinema 1, ore 21.10 £{°ÎÈ - -,-° *ÀiÕ i> £{°xx ° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £x°££ ,° "1- 6-" ° /iiv " £x°£x 1 *, ° /iiv 9 £x°x 1 ° /iiv " £È°äÎ -° /iiv 9 A fil di rete di Aldo Grasso Brignano e la furbizia degli autori italiani P er dire come sono svegli gli autori italiani. Venerdì mattina, la Farnesina diffonde un avviso con il quale sconsiglia ai cittadini italiani di viaggiare in questo periodo nella penisola del Sinai, incluse le celebri località balneari come Sharm el-Sheik. C’è la possibilità di azioni terroristiche. La sera, su Rai1, nel suo programma «Il meglio d’Italia», Enrico Brignano si lancia in un lungo monologo comico su una vacanza a Sharm, prendendo in giro il poliziotto incaricato della sicurezza. Giusto per non Vincitori e vinti fare nomi, gli autori del programma sono Riccardo Cassini, Daniel Manuela D’Angelo, Alberto Di Radcliffe Risio, Mario Scaletta e PiergiorHarry Potter gio Paterlini, con la collaborabatte zione di Max Orfei e Mirko SetaDonato Carrisi. ro. Il monologo finisce così: Sabato sera in «Quando vado in vacanza, mi televisione: Italia 1 punta manca l’Italia. Mi manca un cafsu «Harry Potter e il fè che sappia di caffè, una pasta Principe Mezzosangue» che non sappia di colla, una cricon Daniel Radcliffe si di governo che sia di governel panni del celebre no...» (ore 21.17). maghetto: gli spettatori «Il meglio d’Italia» sceglie sono 2.029.000, 8,4% come valletta una modella ardi share gentina, Liz Solari, e per giustificare la sua presenza il povero Donato Brignano è costretto a collezioCarrisi nare il meglio dei luoghi comuDonato ni sugli italiani. In una scenoCarrisi grafia dove spiccano frasi celesuperato bri pronunciate da italiani illuda Harry Potter. stri (ma l’epigramma «odio e Sabato sera in tv: amo» di Catullo deve considesu Rai3 la prima rarsi italiano o inglobiamo anpuntata di «Il sesto che latini, sabini ed etruschi?) senso», con lo scrittore si esibiscono anche Giorgia Donato Carrisi. Gli (perché la più bella voce italiaspettatori sono na non cerca mai canzoni popo1.051.000, per una lari come faceva Mina?), i tre teshare del 4,2% norini de «Il Volo» che cantano «‘O sole mio» e un’imbarazzante «Nella vecchia fattoria», Pippo Baudo, Rocco Hunt (ci viene spiegato che Hunt, nel gergo dei graffitari, sta per antipatico), persino Alberto Angela il meglio del familismo italiano. «Il meglio d’Italia» è un varietà rassegnato, scritto forse dieci anni fa, in cui circolano battute del genere: «Io non amo le supposte ma da italiano mi ci devo abituare». Pensa noi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv ÓΰÎÈ "*,<" <," , /,/9° *ÀiÕ i> Óΰ{ 6,° /iiv " Óΰxä *< / -° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> ä°äÓ "--* ,° /iiv 9 ä°Î{ +1 "° - Ü " ä°{x ,° "1- 6-" ° /iiv " ä°xÎ " /, ° /iiv 9 £°ÎÓ ,° "1- 6-" ° /iiv " £°{{ *, /""° /iiv 9 Ó°£{ x < /"° *ÀiÕ i> Ó°Îx -½- -" "69 "- , ° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> Ó°ÎÈ , 9° /iiv 9 ΰä{ -* "° ,ÕLÀV> " ΰ££ 1," ",,° /iiv " 48 Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
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