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LUNEDÌ 3 MARZO 2014 ANNO 53 - N. 9
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Del lunedì
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www.corriere.it
Addio al regista
Resnais, il principe
della Nouvelle Vague
Il caso
Oggi
su
Processo Pistorius
E la tv diventa giudice
Previdenza
Pensioni più basse:
quanto perdiamo
di Giuseppina Manin
e Paolo Mereghetti
a pagina 31
di Aldo Grasso
a pagina 20
di Roberto E. Bagnoli
e Domenico Comegna
nell’inserto
CorrierEconomia
LE CAUSE (POLITICHE) DELLA DECRESCITA
Ucraina Richiamati i riservisti. L’ipotesi di escludere Mosca dal G8 spacca gli europei. Cauta anche l’Italia
IL CONSENSO
A CARO PREZZO
Kiev ha paura, Occidente diviso
di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
Gli Usa accusano la Russia, ma Berlino frena: Putin vuole dialogare
Q
Dopo le minacce russe, l’Ucraina richiama
i riservisti. Accuse americane a Mosca, ma
Berlino frena e l’Occidente si divide. Cauta
l’Italia. Putin apre al dialogo. DA PAGINA 2 A PAGINA 5
CONTINUA A PAGINA 28
Giannelli
NOI TRA IPOCRISIA
E INDIFFERENZA
di ANGELO PANEBIANCO
L’
Ucraina è solo a un passo dall’invasione
russa. È la più grave crisi europea del post
Guerra Fredda dopo le guerre iugoslave dei primi
anni Novanta e promette, quale che sia il suo
esito, di rimodellare in profondità gli equilibri
del Vecchio Continente. History is again on the
move, la storia è di nuovo in movimento: la
formula dello storico britannico Arnold Toynbee
ci ricorda che le grandi crisi internazionali
hanno la proprietà di rimettere in discussione le
credenze e gli automatismi mentali che, in tempi
normali, guidano le nostre scelte, e anche le
CONTINUA A PAGINA 28
nostre non-scelte.
di FRANCESCO BATTISTINI
di GIUSEPPE SARCINA
A
O
una a una, le basi s’arrendono.
La mossa, sacrificare la Crimea
A PAGINA 3
per salvare l’Ucraina.
ltre confine si muovono i soldati
del Cremlino e a Donetsk si
invocano i «fratelli russi». A PAGINA 4
Tariffe, consumi e contatori: cosa cambia
di STEFANO AGNOLI
V
Il Milan spreca, la Juventus vola
di FABIO MONTI e MARIO SCONCERTI
U
n Milan ben disposto in campo da Seedorf ma sprecone mette in soggezione la Juventus nella
prima metà della partita, ma i bianconeri vanno in rete nel finale del primo tempo e vincono 2-0
con un grande gol di Tevez dopo quello di Llorente (nella foto), aumentando il vantaggio sulla seconda
SERVIZI, COMMENTI E PAGELLE NELLO SPORT DA PAGINA 34 A PAGINA 39
in classifica, la Roma, e ipotecando lo scudetto.
di PAOLO DI STEFANO
A PAGINA 28 A PAGINA 17 Bardesono
Nell’Est che invoca
l’intervento armato
L’energia e le famiglie:
le bollette di luce e gas
in una sola pagina
La movida spirituale del vescovo
a parrocchia di San Salvario, il
quartiere multietnico di Torino, sabato sera ha aperto le porte
per una «movida spirituale». La
chiesa è rimasta deserta, e l’arcivescovo Cesare Nosiglia ha deciso di
andare in strada per incontrare i
giovani della notte nei pub, nei
caffè, nei ristoranti della zona. Se i
ragazzi non vanno alla Chiesa, la
Chiesa va ai ragazzi. È il nuovo corso pastorale suggerito da papa
Francesco.
Le truppe in Crimea
si sono già arrese
I bianconeri vincono 2-0 e vedono lo scudetto
Torino Notte in strada tra i giovani che disertano la chiesa aperta
L
I reportage
EPA / ALEXEY FURMAN
rato un preannuncio simbolicamente esemplare
ciò che a cominciare dagli
anni Ottanta avviene del
rapporto debito/Pil: da
circa il 60 per cento nel
1979 si passa in un solo decennio al 90, per arrivare
nel 1992 al 105 per cento.
Che cosa è successo per
giustificare la drammatica
inversione avutasi nello
sviluppo italiano? In queste pagine si danno parecchie spiegazioni (poche
grandi imprese, mancato
inserimento nell’imponente rivoluzione tecnologica e dei servizi di fine
Novecento, aumento eccessivo del costo del lavoro, eccetera), ma se ne affaccia di continuo, mi
sembra, una in particolare, benché mai sviscerata
fino in fondo. Vale a dire
che in Italia ciò che è venuto meno non è qualcosa
che attiene direttamente
all’economia, ma è piuttosto una generale «capacità
sociale di crescita» (Toniolo).
Diviene allora impossibile non collegare il ciclo
economico a quello politico, e chiedersi se negli Anni 70/80, data di inversione del primo, non sia cominciato ad accadere anche nel secondo qualcosa
di significativo che possa
essere messo in relazione
con esso. Ebbene, questo
qualcosa è senz’altro accaduto, e si chiama avvento
di un consenso elettorale
ad alto tasso di contrattazione. Mi spiego: fino a
quegli anni il voto appare
in gran parte determinato
da forti motivazioni di appartenenza ideologica. Il
voto mobile, cosiddetto
d’opinione, è piccola cosa,
e specialmente lo spostamento da uno all’altro dei
due grandi blocchi elettorali — democristiano e comunista — è decisamente
limitato dalla natura del
Pci quale partito sostanzialmente delegittimato a
governare.
AP / ANTONIO CALANNI
ual è la causa
profonda della
crisi italiana,
che ormai
sappiamo bene essere una crisi niente
affatto congiunturale? Un
filo per imbastire una risposta adeguata lo si trova
leggendo i saggi di un volume curato da Gianni Toniolo — L’Italia e l’economia mondiale dall’unità a
oggi — e pubblicato nella
bella collana storica della
Banca d’Italia. Come spesso capita, la prospettiva
dei tempi lunghi, soprattutto centrale nel saggio
introduttivo del curatore,
serve a far vedere meglio
le cose.
All’incirca verso il 1990
lo sviluppo del nostro Paese aveva più o meno raggiunto quello dell’Europa
occidentale. Un’impresa
ragguardevolissima, se si
considera che solo un secolo prima rispetto a quella parte del continente
non eravamo ancora usciti
dalla decadenza secolare
che ci aveva colpito dalla
fine del Cinquecento. Ma
dai primissimi del Novecento sopraggiunge una
crescita sostenuta e pressoché costante, divenuta
impetuosa a cominciare
dalla Grande Guerra alla
fine degli anni Venti e
quindi nel trentennio
1950-1980, durante il quale diminuirono anche — e
non di pochissimo — la
distanza tra Nord e Sud e
la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza tra i gruppi sociali.
Da allora, invece, se non
proprio un precipizio,
quasi. Basti dire che il rapporto tra il Prodotto interno lordo pro capite italiano e quello degli Usa è tornato nel 2010 ai livelli del
1973. In questo secolo, insomma, la nostra crescita
è semplicemente inesistente, e da un certo punto
in poi inizia addirittura
una decrescita. Un deterioramento complessivo
di cui può essere conside-
Anna Maria Tarantola
Il presidente Cir
«Con più donne
la nostra Rai
sarà un modello
per la parità»
«Sorgenia
è una questione
aziendale
e non politica»
di MARIA SILVIA SACCHI
A PAGINA 21
di RODOLFO DE BENEDETTI
A PAGINA 12 con un articolo di Fabrizio Massaro
errà realizzata quest’anno una prima selezione
del contatore «superintelligente»: si tratta di un sistema in grado di tenere insieme i conti di gas, luce, acqua
e magari teleriscaldamento.
È il futuro remoto: ma dalle
prossime settimane, per le
famiglie e i consumatori,
scatterà la «bolletta 2.0», capace di sostituire le sette-otto pagine spesso incomprensibili e pesanti, alle quali gli italiani sono ormai abituati. Un solo e sintetico
foglio formato A4 che conterrà tutto l’essenziale in una
o due facciate: anagrafiche,
spesa e dati per cambiare
operatore.
A PAGINA 13
I sottosegretari
Gentile resiste:
le accuse?
Soltanto fango
di CACCIA e PICCOLILLO
ALLE PAGINE 8 E 9
Quei guardiani
del ministro
sulla giustizia
di LUIGI FERRARELLA
A PAGINA 8
2
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Primo Piano
#
Guardia Soldati ucraini al
cancello della base di Perevalnoye, in Crimea (Ap)
Ucraina La crisi
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK — «Non ci si comporta nel Ventunesimo secolo come se fossimo nel Diciannovesimo, invadendo un altro Paese
sulla base di pretesti fabbricati ad
arte: quello della Russia è un incredibile atto di aggressione».
Nelle parole pronunciate ieri dal
segretario di Stato c’è tutta la volontà americana di dimostrare
che, anche se non reagirà militarmente, Washington userà tutto il
suo peso per cercare di isolare politicamente ed economicamente
Mosca, dopo l’invasione della
Crimea.
Kerry volerà domani a Kiev in
segno di appoggio al nuovo governo,mentre Obama nella notte
ha sentito i leader di Regno Unito,
Germania e Polonia per tentare di
concordare una linea comune. La
Casa Bianca ha sottolineato anche
che gli Usa lavoreranno con i
partner per fornire all’Ucraina
tutto il sostegno economico di
cui ha bisogno.
A una richiesta esplicita circa
una possibile reazione affidata al
Pentagono, cioè l’uso della forza,
comunque, il capo della diplomazia Usa ha risposto che «tutte le
opzioni sono sul tavolo del presidente Obama». Ma nelle parole di
Kerry c’è anche la sorpresa, lo
sbigottimento di Washington per
un attacco che i servizi di intelligence non avevano previsto e che
non era una delle opzioni considerate praticabili dal pur aggressivo Vladimir Putin.
Non è stato così e adesso gli
Stati Uniti si chiedono come rispondere all’invasione e alle richieste di aiuto che arrivano da
Kiev. Sono diverse le reazioni po-
Pressioni Usa su Putin
Germania alla ricerca
di una via per il dialogo
La Casa Bianca studia le possibili contromosse
«Aiuteremo l’Ucraina». Kerry domani a Kiev
litiche ed economiche allo studio,
mentre nessuno pensa davvero a
iniziative militari. Ma anche le
rappresaglie politiche più blande
— la cancellazione del G8 previsto per l’inizio di giugno a Sochi o
addirittura l’espulsione di Mosca
da questi vertici internazionali —
rischiano di avere effetti gravi,
fortemente destabilizzanti: oltre a
compromettere i rapporti UsaRussia anche su altri tavoli sui
quali Putin ha fin qui svolto un
ruolo costruttivo, dall’isolamento
dell’Iran sul nucleare all’Afghanistan, fino allo smantellamento
dell’arsenale chimico di Assad in
Siria, comincia a delinearsi una
spaccatura tra gli alleati europei.
Se Francia e Gran Bretagna sono per ora orientate a seguire gli
Usa sulla linea dura e hanno già
anche loro sospeso i lavori preparatori del G8, il nuovo ministro
degli Esteri tedesco Frank-Walter
Steinmeier ha detto ieri che i tra i
partner europei ci sono punti di
vista diversi su questa questione.
E ha aggiunto che Berlino considererebbe molto rischiosa
l’esclusione di Putin dal G8 perché questi vertici rappresentano
l’unica occasione di confronto
permanente dell’Occidente con la
Russia. Più tardi il governo tedesco ha reso noto che Putin avrebbe accettato una proposta della
cancelliera Angela Merkel per un
«gruppo di contatto» incaricato
Le posizioni
Linea dura di Usa
Francia, Gb e Canada
Gli Usa minacciano di
boicottare il G8 di Sochi
e l’espulsione di Mosca
dal club. Su questa linea
Francia, Gb e Canada
La Germania frena
e «tratta» con Putin
A frenare sull’ipotesi di
un’esclusione di Mosca
dal G8 è la Germania
che prosegue le
consultazioni con Putin
Roma chiede
soluzioni alla crisi
Per l’Italia è
«inaccettabile» la
violazione dell’integrità
territoriale dell’Ucraina,
Mosca deve dialogare
di avviare «un dialogo politico»
sull’Ucraina.
L’atteggiamento italiano —
condanna dell’invasione ma anche invito al dialogo Mosca-Kiev
— sembra più vicino a quello tedesco che all’asse franco-britannico.
Un rischio di spaccatura che
preoccupa Washington e anche la
Nato il cui capo, il danese Anders
Fogh Rasmussen, è sceso in campo ieri per accusare la Russia di
«minacciare la pace e la sicurezza
in Europa» con l’invasione di una
parte dell’Ucraina che «viola i
principi delle Nazioni Unite».
Rasmussen spera ancora che
Mosca si fermi e avvii, anzi, un
processo di «de-escalation» delle
tensioni che «consenta di disinnescare questa situazione pericolosissima». In questa direzione
dovrebbe andare la proposta della Nato di inviare in Ucraina una
missione di osservatori sotto
l’egida del Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite o dell’Osce,
l’Organizzazione per la Sicurezza
e la Cooperazione in Europa.
In realtà di opzioni a diposizione gli americani non ne hanno
molte: devono agire per contrastare l’immagine di impotenza
che si diffonde nel mondo davanti alla sfida aperta di Putin e del
Parlamento russo che ha autorizzato l’invasione dell’Ucraina dopo
il monito del presidente americano che aveva minacciato serie
conseguenze.
Ma, a parte il G8, la politica offre poco: la denuncia della Russia
davanti all’Onu, ma di certo non
arriveranno condanne dal Consiglio di Sicurezza dove Mosca ha
diritto di veto. L’unico vero effetto
sarà quello dell’isolamento oggettivo di una Russia che coi suoi
attacchi torna a essere un vicino
pericolo e inaffidabile per tutti i
Paesi alle sue frontiere. Ci sono,
poi, le rappresaglie economiche
— sanzioni, blocco dei patrimoni
russi all’estero, accordi commerciali congelati — ma sono complesse e avrebbero conseguenze
ancor più pesanti. E quelle militari, ancor più dirompenti, fino al
dispiegamento di nuove batterie
di missili antimissile nell’Est europeo chiesto dal repubblicano
John McCain.
Guarda il video con una chiamata gratuita al
+39 029 475 48 50
Assedio Truppe ucraine trasportano materassi nella base di Perevalnoye
1
milione I riservisti richiamati alle armi dalle
autorità di Kiev dopo che Mosca ha inviato
i suoi soldati in Crimea
Massimo Gaggi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
A Kiev I parenti ricordano i morti in piazza Maidan (Ap)
Roma Differenze di tono con gli Usa
L’Italia si allinea
a Berlino
Ed evita la rottura
con il Cremlino
ROMA – L’Italia si muove di concerto con gli alleati europei e atlantici nella crisi ucraina e segue «con
costante attenzione ed estrema
preoccupazione gli sviluppi della
situazione in Crimea».
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha presieduto ieri a Palazzo Chigi una riunione d’emergenza,
cui hanno partecipato il ministro
degli Esteri, Federica Mogherini,
quello della Difesa, Roberta Pinotti,
il sottosegretario Marco Minniti e il
direttore dei servizi Giampiero
Massolo.
Il governo italiano, recita una
nota diffusa al termine dell’incontro, «si associa alle pressanti richieste della comunità internazionale
affinché sia rispettata la sovranità e
l’integrità territoriale dell’Ucraina»
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
3
Primo Piano
#
Un Paese diviso
Popolazione ucraina russofona
RUSSIA
meno del 20%
Ucraina:
dal 20 al 50%
oltre il 50%
45 milioni di abitanti
Kharkiv
Kiev
Donetsk
UCRAINA
RUSSIA
Leopoli
MOLDOVA
Crimea
Odessa
ROMANIA
Mar Nero
Sebastopoli
La regione più contesa
Basi aeree
161
aerei ed elicotteri
388
navi e sommergibili
Basi navali
CRIMEA:
2 milioni di abitanti
Superficie 26.000 km quadrati
(poco più della Lombardia)
Popolazione Crimea
Feodosia
Tatari
12,1
Altri 5
Russi
58,5
Gvardeyskaya
Kacha
Sebastopoli
Balaklava
Il reportage
Simferopoli
Parlamento
e uffici governativi
Yalta
%
Ucraini
24,4
Kiev richiama un milione di riservisti da affiancare ai 100 mila soldati della quinta armata d’Europa
In Crimea le truppe si arrendono ai russi
Il capo della Marina passa con Mosca
SINFEROPOLI (Ucraina) — E’ un
pdf protocollato 4336, data
02/03/2014. In cirillico. Firmato dal
nuovo capo della Difesa ucraina. Riprende le proposte del deputato Sarubi, il barricadiero di Maidan. Alle
12.08, lo spediscono da Kiev al Comando generale delle forze armate
ucraine in Crimea: pomposamente, al
luogo dove si studiano le strategie sul
campo per tamponare l’invasione russa; prosaicamente, in un ufficio sbarrato ai curiosi su via Subhi, sul marciapiede davanti il bazar degli stracciaioli e un poliziotto che ramazza,
«oggi è domenica e a parte le riunioni
d’emergenza, qui non c’è nessuno…».
Il documento, avanti marsch, s’intitola: «Settore di registrazione dell’accordo. Risoluzione. Indicazioni per le
operazioni militari e di altri gruppi a
difesa dell’Ucraina». Otto punti. Primo, «la resistenza si prepara in modo
segreto» (seguono dettagli e suggerimenti tattici…). Due, «l’addestramento delle forze non militari a disposizione sarà, con discrezione, di competenza dei comandanti territoriali»
(s’allega l’elenco delle strutture messe
a disposizione…). Tre, «il Consiglio
dei ministri sostiene finanziariamente
ogni iniziativa utile alla difesa» (più
sotto, le spese urgenti…). Quattro,
«protezione dei diritti dei cittadini e
dell’unità territoriale...».
Segretezza, silenzio… Carta straccia. La guardia è già bassa, s’ammaina
il bicolore. A una a una, le basi s’arrendono. L’unico ordine è di non sparare.
L’unica mossa, sacrificare la Crimea
per salvare l’Ucraina. Tutti gli ufficiali
delle guardie di frontiera finiscono
agli arresti dei russi. Tre accerchiamenti e molte rese: a Sudak, sulle rampe missilistiche di Sebastopoli, la
36ma e la 39ma Brigata di artiglieria,
negli hangar che riparano i caccia Su27… La quinta armata d’Europa si
squaglia come un esercito di Franceschiello: pochi marò di Putin e la regione è subito presa. «Fate vedere come ci trattano!», twittano ai giornalisti i cadetti all’accademia militare Nachikov che promettono di tentare,
almeno loro, una piccola resistenza. E’
un’occupazione ottocentesca, dice il
segretario americano Kerry: l’epica dei
social network cita il grido «resisteremo fino alla morte!» d’un piccolo contingente, il 36mo, assediato a Perevalnoye sulla strada per Yalta. Ma è tutto
lì: non si spara, ci si ripara. «La cosa
positiva è che la nostra Marina difende Balaklava!», è sicuro il deputato Dimitri Bilozerkovic, di Euromaidan:
passano quattro ore e i russi dicono
che dieci navi nemiche sono già salpate da Kerk e Sebastopoli, rotta su
Odessa e Mariupol. L’ammiraglio Denis Berezovski, comandante della flotta del Mar Nero nominato soltanto venerdì, diserta addirittura con una conferenza stampa. Giurerà fedeltà al
Esteri La ministra Federica Mogherini
e considera «del tutto inaccettabili»
eventuali violazioni di tali principi.
Con questo obiettivo, l’Italia «rivolge alla Russia un forte appello a
evitare azioni che comportino un
ulteriore aggravamento della crisi e
a perseguire con ogni mezzo la via
del dialogo». Ma allo stesso tempo,
il nostro Paese «esorta le autorità di
Kiev a promuovere ogni sforzo volto alla stabilità e alla pacificazione
del Paese, nel rispetto della legalità
e della tutela delle minoranze».
Dal comunicato di Palazzo Chigi
traspare in modo evidente la preoccupazione di mantenere un certo
equilibrio nei confronti di Mosca,
lasciando aperta a Vladimir Putin la
strada della diplomazia. La messa
in guardia indirizzata al Cremlino
sul pieno rispetto della sovranità e
dell’integrità territoriale dell’Ucraina, si accompagna infatti all’invito,
questo rivolto a Kiev, a lavorare per
la conciliazione nazionale e tutelare
i diritti delle minoranze, il che significa i cittadini di etnia russa. E’ il
riconoscimento implicito che Putin, le cui azioni e minacce vanno
condannate, respinte e fermate, abbia però dalla sua un argomento
fondato, quando lancia l’allarme
sullo status della minoranza russofona in Ucraina.
E’ una linea, quella indicata dal
governo italiano, che trova riscontro in tutte le cancellerie europee.
Ieri Matteo Renzi lo ha constatato
personalmente, nelle due telefonate con la Bundeskanzlerin Angela
Merkel e con il Presidente francese
François Hollande.
DAL NOSTRO INVIATO
nuovo governo filorusso di Sinferopoli. Non gl’importa di finire sotto processo: chiede ai suoi uomini di seguirlo.
Si richiamano i riservisti. Un milione subito. E quattordici milioni sotto i
40, se sono sani e servirà. Esercito di
Pulizie Un palazzo governativo in Crimea con uomini armati filorussi
popolo, da affiancare a 100 mila soldati di professione e ai 50 mila della naja:
«Questa non è la Georgia – scrive la rivista strategica Jane’s – e senz’armi
moderne, l’unico modo per contrastare Putin è trascinarlo in un conflitto
non limitato alla penisola, ma su un
territorio vastissimo. Dove il numero
di truppe conta». La disfatta di Crimea
sciocca Kiev: com’è stato possibile? Il
vuoto di potere, la cacciata dei vecchi
generali legati a Yanukovich. E poi la
sfortuna d’un infarto che venerdì ha
colpito il nuovo capo delle forze armate, Ilyin, sostituito in corsa. In vent’anni, nessuno ha rinnovato gli arsenali:
anzi, si gira ancora coi Bmp-1 dell’era
sovietica. C’è qualche tank fatto in casa, ma chi ha seguito le missioni internazionali sa che i contingenti ucraini
non hanno mai brillato per efficienza:
a Sarajevo, furono pure scoperti in un
traffico di prostitute e il contributo, in
Libia o in Afghanistan, non è memorabile. La Nato tentò un addestramento, ma Yanukovich fermò tutto. I piloti
hanno poche ore di volo. «E’ colpa del
precedente regime – dice il premier
Yatseniuk – , ha volutamente indebolito le nostre forze armate». Nella Penisola, sono di stanza quindicimila uomini. Ufficialmente. Perché al momento dell’invasione, nelle basi ce
n’era la metà. Perché ai ragazzi di
Soprattutto nella declinazione
tedesca, è una linea che si segnala
per la differenza di tono, rispetto a
quella dura dell’Amministrazione
americana. Il ministro degli Esteri
di Berlino, Franz Walter Steinmeier, l’ha riassunta ieri bocciando
l’ipotesi di escludere la Russia dal
G8 come prima misura di rappresaglia nei confronti del Cremlino. Il
vertice dei Paesi industrializzati,
così Steinmeier, «è l’unico foro di
dialogo nel quale l’Occidente parla
direttamente con Mosca».
Molto attiva anche la titolare della Farnesina, che ieri ha parlato
proprio con Steinmeier, reduce da
una visita di due giorni a Washington. E sempre di Ucraina, Federica
Mogherini aveva discusso il giorno
prima nella conference call con il
segretario di Stato Usa John Kerry,
Lady Ashton per l’Unione europea e
i ministri degli Esteri di Francia,
Due fronti
Roma chiede a Mosca di
rispettare la sovranità
dell’Ucraina. Ma esorta anche
Kiev a promuovere la pace
La Farnesina
La neoministra Mogherini
dovrebbe essere a Parigi,
mercoledì, per un incontro
con il russo Lavrov
Crimea è concesso di fare la naja sotto
casa. E perché sono quasi tutti filorussi. Quando arriva Golia, Davide non ha
nemmeno il tempo di prendere il sasso: sta davanti alla tv, da mamma, dorme, si volta dall’altra parte con una
scusa, insomma non c’è… Non sono
mancati i sabotaggi. In una base sul
mare, la convivenza è tesa ma cordiale:
dopo due giorni d’occupazione, i russi
hanno chiesto ai colleghi ucraini rimasti dentro se potevano usare il wc.
Senza esercito, si prepara il popolo.
«C’è un po’ d’esaltazione – prevede l’ex
ambasciatore Usa, Steven Piefer –,
molti sognano già d’imitare il nonno
Convivenza
Dopo due giorni di
occupazione i russi chiedono
ai colleghi ucraini rimasti alla
base se possono usare il wc
che combatteva i comunisti». Comitati di difesa organizzati dall’ultradestra
di Pravi Sektor, pronti a scendere da
Kiev. Le mamme tatare che vanno davanti alle basi e fanno da scudi umani.
Il loro leader radicale, intervistato ieri
dal Corriere, che il ministro filorusso
ora accusa d’organizzare «ronde terroristiche». Qualche pensionato antirusso si ritrova a Sinferopoli, dietro il
monumento del poeta Tara Shevchenko. Un manipolo. Scrivono su
un cartello un detto della Crimea: è
l’uccello più veloce che prende il verme, non il più grande. Ce n’è da volare.
Francesco Battistini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gran Bretagna, Turchia e Polonia.
Per il capo della nostra diplomazia
si apre una settimana molto intensa. Mogherini sarà oggi a Bruxelles,
dove i ministri degli Esteri dell’Ue
dedicano una seduta straordinaria
alla crisi della Crimea. Il giorno dopo, ma non c’è ancora alcuna conferma, anche la Nato potrebbe tenere una sessione d’emergenza del
Consiglio Atlantico. Mercoledì Mogherini dovrebbe essere a Parigi,
per un incontro programmato da
tempo dell’International Support
Group sul Libano. Una riunione di
routine, ma che potrebbe diventare
importante se fosse confermata la
presenza di Sergei Lavrov, il ministro degli Esteri russo.
Paolo Valentino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Primo Piano
#
Ucraina La crisi
Il reportage
Nell’Est che invoca i «fratelli russi»
Sulla piazza di Donetsk si raccolgono le firme per chiedere l’intervento
E oltre confine si muovono come ombre 150 mila soldati del Cremlino
DAL NOSTRO INVIATO
DONETSK — Oggi potrebbe essere il giorno.
Appuntamento alle 12 in piazza Lenin e nel viale Krusciov. I controrivoluzionari di Donetsk
torneranno davanti al palazzo del governo regionale che hanno occupato sabato scorso, issando il tricolore russo sul pennone più alto.
Oggi si potrebbe capire fin dove vuole (o può)
spingersi il leader del movimento, Pavlo Hubarev, uomo d’affari del giro di Viktor Yanukovich
e ora capo della «Milizia del Donbass». Sabato
scorso la piazza invasa dalle bandiere russe lo
ha proclamato Governatore voluto dal popolo,
seguendo l’esempio della Crimea.
La domenica è filata via senza incidenti. Nel
primo pomeriggio, sotto la statua di Lenin si
sono ritrovati non più di due-tremila manifestanti. Poca cosa rispetto ai venti, forse trentamila di sabato scorso. Hanno piazzato qualche
tavolino con un foglio di carta da firmare: una
petizione indirizzata direttamente a Vladimir
Putin, anzi una richiesta di intervento militare
per «salvare» l’Ucraina dai «fascisti» di Kiev.
E’ quasi notte. Nella piazza, a tenere compagnia al rivoluzionario bolscevico restano solo
due gazebo verdi, una bandiera rossa con falce
e martello, due tricolori russi. A centro metri
sul lato opposto l’edificio neoclassico del ministero delle Miniere è molto più allegro, con
cinque gigantesche luminarie a forma di comete: coda blu, stella gialla. I colori dell’Ucraina, scelti per mettere insieme il cielo e il grano.
Due strade in più là, dietro il teatro dell’Opera,
lungo il viale Krusciov, otto agenti della milizia
e una macchina della polizia sorvegliano da
lontano le macchie nere che si muovono intorno a un bidone fiammeggiante, davanti alla se-
Dimitry Medvedev
«Yanukovich
è il leader
legittimo»
MOSCA — «Il presidente
Yanukovich non ha più
autorità ma questo non
nega il fatto che sia, per la
Costituzione dell’Ucraina,
il Capo di Stato legittimo».
Lo ha scritto ieri su
Facebook il premier russo,
Dimitry Medvedev. «Se lui
è colpevole — ha aggiunto
Medvedev nel suo post
riferendosi a Yanukovich
— la Costituzione prevede
che prima bisogna
dichiarare l’impeachment
e giudicarlo. Tutto il resto
è illegalità. E questo
significa che il nuovo
ordine sarà estremamente
instabile e ci potrebbe
essere un nuovo colpo di
Stato e nuovo sangue. La
Russia ha bisogno di una
Ucraina forte e stabile. Un
partner prevedibile ed
economicamente
benestante».
de del Governatorato locale: un blocco enorme
plasmato secondo i canoni dell’architettura razionalista. Sulle due gigantesche colonne di cemento armato svettano le bandiere della regione e quella russa. Il tricolore di Mosca copre
anche la vetrata di ingresso.
Vlad è l’unico che parli un po’ di inglese. Ha
42 anni, produce e vende medaglie: minuto,
barba in arretrato, giacca militare. Ma non ha
nulla di marziale: «Stiamo proteggendo il nostro territorio, lo faremo fino alla vittoria».
Ama la Russia, ma dice che i «veri» ucraini sapranno difendersi da soli. Per il momento qui
non c’è nulla che ricordi neanche in miniatura i
giorni di Maidan, nella capitale. Tre tende da
campeggio e anche malmesse: non più di venti
militanti. Si vedrà oggi. «Riempiremo questo
viale e la piazza Lenin». Vlad e gli altri ne sono
sicuri. Per intanto si allontano per strappare
qualche ramo nei dintorni e alimentare il fuoco.
A Donetsk, come a Kharkiv, nell’est profondo del Paese, è inevitabile fare anche altri calcoli. Ci sono ombre russe alle porte di queste
città. Ombre che hanno il profilo minaccioso
dei 90 Mig, dei 120 elicotteri da combattimento, degli 880 carri armati, dei 1.200 pezzi di artiglieria pesante e delle 80 navi che hanno partecipato a un’esercitazione straordinaria il 26
febbraio (all’indomani della vittoria di Kiev)
per ordine del Presidente e del Supremo Comandante in Capo (le maiuscole sono obbligatorie) Vladimir Putin. Una forza complessiva di
150 mila soldati usciti dalle basi Sud-occidentali russe e che sarebbero ancora in movimento
lungo il corridoio a ridosso della frontiera
ucraina. E Donetsk dista 90 chilometri da quel
confine e 700 da Kiev. Non occorre aggiungere
altro.
Che fare allora? Una domanda d’obbligo in
Piazza Lenin. Aspettare l’armata di Putin? Proclamare una secessione di fatto? O, semplicemente, continuare a gridare?
Ombre russe alle porte di una città che sembra più stordita che in allarme. Anche i simpatizzanti di Maidan (e ce ne sono) non si fanno
vedere. I leader locali hanno chiesto a tutti di
restare a casa, di non raccogliere «provocazioni», probabilmente obbedendo alle raccomandazioni inviate dalla capitale. L’aeroporto è libero e discretamente affollato. Non si vedono
presidi militari lungo le arterie principali o agli
incroci. Il centro è pulito, con le luminarie sugli
alberi nei viali, sulle facciate dei teatri e dei ristoranti. La gente pare preoccuparsi soprattutto del freddo e accelera il passo per rientrare.
Donetsk non è Kiev, ma non è neanche la
Crimea. L’etnia russa copre il 48 per cento su un
Strappo
Rinat Akhemtov, l’uomo più ricco del
Paese e di fatto «il proprietario» di
Donetsk, ha rinnegato il sodalizio con
Yanukovich
Tricolore
La bandiera di Mosca svetta sulla
vetrata d’ingresso del Governatorato
locale, enorme struttura in cemento
armato
milione di abitanti; quella ucraina il 46 per cento. Le altre minoranze, dai tatari ai bielorussi,
aggiungono qualche sfumatura. I sentimenti di
amicizia, di condivisione con il potente vicino
toccano anche una parte degli ucraini, così come l’indipendenza di Donetsk, della regione è
motivo di orgoglio anche per gli abitanti russi.
Non è facile per gli europei. Ma non è semplice neanche per Putin. Proprio in questi giorni, per altro, il numero uno del Cremlino ha
dovuto incassare una diserzione clamorosa.
Rinat Akhemtov, l’oligarca più potente e l’uomo più ricco del Paese, ha rinnegato in modo
clamoroso il sodalizio d’affari con Viktor
Yanukovich. «Non ho affari in comune con lui e
la sua famiglia», ha dichiarato. Ancora fino a
metà febbraio Akhemtov controllava tra i 50 e
gli 80 deputati (a seconda delle stime) sui 203
schierati con il Partito delle Regioni guidato
dall’ex presidente.
L’imprenditore è di fatto il proprietario materiale di Donetsk. Il tradimento dell’oligarca
potrebbe avere un peso se in città e nella regione verrà il momento di schierarsi e contarsi. Fino a quando i suoi miliardi saranno custoditi
nelle banche di Londra e del Principato di Monaco, Akhemtov sceglierà l’Europa.
Giuseppe Sarcina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
150
mila: i soldati russi che stanno
partecipando a imponenti
esercitazioni militari (centinaia di carri armati in azione) in
questi giorni al confine con
l’Ucraina. Una prova di forza
che non è certo casuale alla
luce della crisi in corso
Il caso
Negli stadi il conflitto anticipato dai tifosi
L’Ucraina sospende il campionato di calcio
B.A.G. Spa
DAL NOSTRO INVIATO
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SINFEROPOLI (Ucraina) — Invasione di campo.
Al vecchio stadio Lokomotiv del Tavrija,
ventimila posti vuoti e muti, la custode Irina
appende alla guardiola della palestra il
calendario. I carri russi qui non si vedono, ma c’è
da farci una croce che vale più del referendum di
fine mese per la secessione. Di fianco alle partite,
in pennarello rosso, Irina scrive tre volte
«cancellata»: 8 marzo Sinferopoli-Karpati, 15
marzo Sinferopoli-Kiev, 25 marzo SinferopoliLeopoli (amichevole)… Non si gioca più. Il
campionato è sospeso in tutta l’Ucraina, perché
non è tempo, e soprattutto in Crimea non c’è
tempo supplementare che valga: scherzi del
sorteggio, i ragazzi dell’ S.C. Tavrija Sinferopoli
hanno davanti partite che sono battaglie. Ordalie
vere. La più filorussa delle tifoserie contro i più
antirussi degli ultrà. Non c’è partita, ha deciso
Lega calcio ucraina: si recupererà se si potrà, e se
magari l’Ucraina non sarà slegata per sempre. A
Svensson e a Neto, i gioiellini stranieri, hanno
dovuto telefonare in Svezia e in Brasile. Per gli
altri, non c’è stato bisogno: due o tre di loro
erano andati in piazza ad applaudire le truppe
russe. La guerra di Crimea, come spesso accade,
è stata anticipata da quella del pallone. «Crimea
Russia!», lo gridano da anni sulla curva: gli
scambi di vedute con la Dinamo Kiev, e tutte le
trasferte nell’ovest filoccidentale, diventano
spesso campagne di Russia a bottigliate e a
sprangate. Hanno avuto qualche giocatore
tataro, musulmano, ma farselo piacere è un’altra
cosa. Come lo storico presidente Serghei
Kunitsyn, ricco oligarca che sta un po’ con Putin
e un po’ con l’Europa. Dopo la rivolta di Maidan,
fiutando l’aria, s’è fatto nominare subito
rappresentante in Crimea del nuovo presidente
di Kiev. Non aveva previsto le truppe russe: ieri
mattina, sono entrate nel suo ufficio. La
poltrona del club, l’aveva già persa.
Francesco Battistini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
Primo Piano
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(Reuters
L’intervista L’analista politico americano Charles Kupchan
«Dalle sanzioni
alla denuncia all’Onu:
come mettere Putin
con le spalle al muro»
NEW YORK — «Non è una nuova Guerra fredda, ma potrebbe diventarla se, dopo
la Crimea, la Russia dovesse invadere anche la parte orientale dell’Ucraina. Già così, comunque, è la crisi internazionale più
grave dai tempi cupi del confronto NatoUrss lungo la “Cortina di ferro”. Una crisi
che avrà conseguenze gravi per Putin — il
fallimento del suo progetto imperiale di
un’unione euro-asiatica per controbilanciare la Ue — ma, purtroppo, anche per il
resto del mondo e gli Usa: la Russia è importante per la gestione di vari focolai di
tensione, dalla Siria all’Iran all’Afghanistan. Punita e isolata, potrebbe smettere
di cooperare. Un grosso problema, ma
purtroppo, al punto in cui sono le cose,
Obama e l’Occidente non possono fare diversamente».
A differenza di altri analisti che accusano il presidente americano di aver lasciato
spazio alle ambizioni neoimperiali di Putin col suo atteggiamento rinunciatario
sulla scena internazionale, il celebre analista Charles Kupchan, senior Fellow del
Council on Foreign Relations e docente di
Affari internazionali alla Georgetown Uni-
versity di Washington, è convinto che alla
lunga il grande sconfitto dell’attuale fase
politica sarà proprio il presidente russo.
Eppure oggi si mostra sfrontato, addirittura desideroso di umiliare Obama.
«La sconfitta di Putin sta tutta nella rivolta del popolo ucraino contro il leader
che era stato scelto da Mosca per riportare
quel Paese nella sua orbita. Ha scelto il leader sbagliato e ha fallito nei
suoi sforzi diplomatici ed economici. La sollevazione dell’Ucraina è la fine del suo progetto: non può fare nessuna
Unione senza l’Ucraina. E,
usando la forza, ha perso ogni
credibilità: non si creano organismi comuni con le minacce e
la paura. L’attacco in Crimea è un gesto di
rabbia: funziona tra i nazionalisti russi, lo
squalifica altrove».
Peggio dell’invasione della Georgia
nel 2008?
«Certamente sì. Allora il presidente
Saakashvili aveva in una certa misura provocato Mosca e lo status di Ossezia e
Abkhazia, le repubbliche occupate dai
russi, aveva elementi di ambiguità. Qui
invece la Crimea, benché con origini che
❜❜
Credibilità
❜❜
Compattezza
È fallito il progetto di Mosca
di un’unione euro-asiatica. E
usando la forza il presidente
ha perso ogni credibilità
La spaccatura sul G8 di Sochi
sarebbe grave. Mai come
oggi serve compattezza tra
gli alleati Nato
DAL NOSTRO INVIATO
affondano nella storia russa e sede di una
base navale di Mosca, è parte integrante
dell’Ucraina da tutti punti di vista. E
l’Ucraina ha un’importanza strategica
enormemente superiore. L’Occidente non
può non reagire».
Come? Già sulla possibile cancellazione del G8 di Sochi si delinea una spaccatura tra europei.
«Sarebbe grave. Questa è una crisi seria,
mai come oggi serve compattezza tra gli
alleati Nato: questo è il vero momento della solidarietà transatlantica».
Di strumenti di reazione efficaci sembrano essercene pochi.
«E’ possibile agire a tre livelli. Il primo è
politico: Russia fuori dal G8, ritiro degli
ambasciatori, Mosca denunciata all’Onu:
può evitare la condanna col suo diritto di
veto, ma va comunque messa con le spalle
al muro. Il secondo livello è economico ed
è più rischioso: sanzioni contro il Paese e i
suoi leader politici ed economici: patrimoni bloccati e visti d’ingresso negli Usa
negati, oltre alle rappresaglie commerciaEsperto Charles Kupchan, 56
anni, insegna Relazioni Internazionali alla Georgetown University di Washington. Tra i
suoi libri: «Nessuno controlla il
mondo (Saggiatore 2013)
li. Possibili ma ancor più pericolose sono,
poi, le risposte militari».
Sostegno in armi all’Ucraina? Il repubblicano McCain pensa, poi, addirittura al ripristino del progetto di disseminare batterie di missili antimissile
nell’Est europeo, un’iniziativa sospesa
da Obama.
«Non credo sia ipotizzabile un intervento in Ucraina, ma con la Russia che invade i vicini si potrebbe pensare a fortificazioni Nato alle frontiere della Polonia e
delle repubbliche baltiche. Anche ad esercitazioni militari nell’area. Sarebbe pesantissimo, è chiaro. Escluderei, invece, gli
euromissili: abbiamo sempre sostenuto
che quelle batterie dovevano servire a difendere l’Europa da minacce provenienti
da Sud, non dalla Russia. Non si può certo
capovolgere all’improvviso quello scenario».
Massimo Gaggi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La storia
Cinquecento anni fa Ivan il Terribile conquistò i loro regni sul Volga. Nel ‘700 Caterina la Grande occupò la Crimea. Poi le deportazioni di Stalin
I Tatari eredi dell’Orda d’Oro, da sempre vittime di Mosca
Dopo secoli di dominazione
ora guardano all’Occidente
di ETTORE CINNELLA
All’inizio dell’ottobre 1552 un
esercito russo comandato dallo zar
Ivan IV il Terribile espugnava la città
di Kazan, sul medio corso della Volga, capitale dell’omonimo canato tataro, uno dei regni nati dalla disgregazione dell’Orda d’Oro. Quattro anni dopo, con la conquista del canato
di Astrachan, l’intera regione della
Volga passava sotto il dominio di
Mosca. Lo storico Andreas Kappeler
Rinascita musulmana
La pagina più interessante
della loro storia fu nei secoli
XVIII e XIX con il movimento
di rinascita musulmana
ha osservato a ragione che l’annessione dei canati di Kazan e di Astrachan dev’essere annoverata tra gli
«avvenimenti epocali nella storia
della Russia e di tutta l’Eurasia». Infatti, se fino allora i sovrani moscoviti avevano lottato per riprendersi i
territori russi, conquistati da Gengis
Khan e dai suoi successori nella prima metà del XIII secolo, l’espansione
verso la Volga mutava radicalmente i
tratti fondamentali della politica
estera degli zar. Occupando quella
regione, lo Stato russo veniva ad incorporare terre abitate da popoli di
tradizioni e culture assai distanti dal
mondo degli slavi. Inoltre, l’eredità
del gigantesco impero mongolo, il
quale si stava ora frantumando, imprimeva il suo inconfondibile marchio sull’espansionismo moscovita,
attratto per forza di cose dal crescente vuoto di potere creatosi negl’immensi territori uralo-siberiani.
Tra i canati eredi dell’impero tataro dell’Orda d’Ora, quello di Crimea
sfuggì a lungo al dominio della Russia. Anche il nome della penisola,
che i greci avevano chiamato Chersoneso Taurico (Chersónesos Tauriké, cioè Penisola dei Tauri), veniva
dai conquistatori tatari e sarebbe rimasto in russo e in ucraino (Krym).
Controllando le coste settentrionali
del mar Nero, i padroni della piccola
penisola erano in grado di condurre
escursioni e razzie verso i territori
dello Stato russo e dell’Ucraina (la
quale, nel 1654, si unì al regno moscovita). Un ingegnere francese del
Seicento, Guillaume Le Vasseur de
Beauplan, autore di una vivida descrizione e di una dettagliatissima
mappa dell’Ucraina, rievocò nella
sua Description d’Ukranie anche le
spedizioni militari approntate dai
cosacchi contro i tatari.
Fu Caterina II ad annettere la
Crimea, nel 1783, dopo aver sconfitto militarmente l’impero ottomano,
del quale il piccolo canato era vassallo. Per i tatari si trattò di un’esperienza drammatica, perché cominciò allora quella diaspora verso le
province della Turchia che avrebbe
assottigliato sempre più la popolazione locale turcofona e musulmana. L’importanza strategica della pe-
nisola accelerò e inasprì il processo
di russificazione. Le peripezie dei tatari di Crimea sotto il dominio russo
furono, forse, ancor più amare di
quelle subite da altri popoli non russi del vasto impero multietnico.
I tatari rimasti in quella che, un
tempo, era stata la loro terra furono
anch’essi vittime e protagonisti delle
vicende e dei travagli dell’impero
russo fino alla Prima guerra mondiale. La pagina più interessante della loro storia fu la partecipazione al
Movimento di rinascita musulmana,
che si ebbe tra Otto e Novecento. Era
originario della Crimea l’intellettuale tataro Ismail bey Gaspirali (18511914), il quale si batté per l’unità dei
musulmani turcofoni ed enunciò un
programma liberale, mirante anche
all’emancipazione della donna. Se il
sogno panturco di Gaspirali può apparirci ingenuo e magari torbido,
ammirevole e fecondo fu senza dubbio il suo impegno pedagogico per la
creazione di scuole moderne e basa-
Nel passato
Ivan il Terribile
Un ritratto dello zar Ivan IV il
Terribile (1530-1584).
Nell’ottobre del 1552 il
sovrano russo guidò la
conquista del canato tartaro di
Kazan, uno dei regni nati dalla
disgregazione dell’Orda D’oro
La testimonianza
La copertina del libro scritto da
Guillaume Le Vasseur de
Beauplan (1600-1673), un
ingegnere francese che nel
Diciassettesimo secolo fu
l’autore di una vivida
«Description d’Ukranie»
L’intellettuale
Ismail bey Gaspirali (18511914), un intellettuale tataro
che si battè per l’unità dei
musulmani turcofoni e
enunciò un programma
liberale che mirava anche
all’emancipazione della donna
te su metodi innovativi.
Uno spiraglio di autonomia parve
aprirsi, per la gente tatara in Crimea,
con l’avvio della politica sovietica di
apertura verso le nazionalità non
russe negli anni 20. Ma si trattò d’un
breve sogno, al quale seguirono le
atrocità della collettivizzazione forzata e le feroci repressioni politiche.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, poi, la deportazione verso
l’Asia centrale della popolazione tatara, accusata di collaborazionismo
con i tedeschi, fu vissuta come un
genocidio, anche per l’altissimo numero di deceduti.
La destalinizzazione portò ai tatari di Crimea meno benefici di quelli
concessi alle altre nazionalità straziate da Stalin. Essi, infatti, ebbero
difficoltà a tornare nelle loro terre e
non ottennero il ripristino della regione autonoma, che li avrebbe meglio tutelati. La cose parvero migliorare per loro con la fine dell’Urss e la
nascita dell’Ucraina indipendente.
Essendo stata donata all’Ucraina da
Krusciov nel 1954, la Crimea restava
a far parte del nuovo Stato. Ma gli interessi militari del Cremlino e la volontà sopraffattrice della popolazione russofona hanno complicato le
cose, come tutti sappiamo.
Avendo patito molto nella Russia
comunista, i tatari di Crimea non si
aspettano nulla di buono dalla Russia di Putin. Possono solo sperare in
un’Ucraina libera, democratica e legata all’Occidente.
Università di Pisa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
6
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Primo Piano
Il governo Le tasse
Le misure
1 2 3 4 5
Varata la nuova Tasi
fino all’11,4 per mille
Le ipotesi sulle
detrazioni
Gli immobili
della Chiesa
Niente sconto
sulle case affittate
Come e quando
si dovrà pagare
Il consiglio dei ministri
ha varato la nuova
Tasi, la tassa sui servizi
indivisibili, che
prevede la possibilità
per i comuni di elevare
dal 2,5 al 3,3 per mille
per le prime case e
fino all’11,4 per mille
per le seconde
abitazioni il prelievo
che sostituirà la
vecchia Imu
Saranno i comuni a
decidere in che
modalità e in che
misura prevedere le
detrazioni a favore della
famiglie. Uno dei criteri
ipotizzati è un bonus di
200 euro più 50 euro
per ogni figlio.
L’obiettivo è di
conservare l’esenzione
per 5 milioni di piccoli
proprietari di abitazioni
Per i 25 immobili
indicati nei Patti
lateranensi e per i luoghi
di culto delle altre
religioni non è previsto il
pagamento della Tasi.
Che invece verrà pagata
per gli immobili
commerciali che
generano reddito. Allo
stesso modo sarà
dovuta la Tari, la tariffa
sui rifiuti
La vecchia normativa
prevedeva
un prelievo Imu
agevolato
per le case
di proprietà date in
affitto. Questa
agevolazione non è più
prevista, anche se
bisognerà attendere il
testo definitivo, con la
Tasi, la tassa sui servizi
indivisibili
Permane l’incertezza
assoluta su quanto e
quando pagare. I Comuni
hanno avuto una proroga
al 30 aprile per decidere
quale aliquota applicare.
Solo allora si saprà se la
Tasi sulla prima casa
sarà al 2,5 per mille o
salirà fino al 3,3 per mille.
Due le possibili scadenze,
semestrali, per il
pagamento
Addio sconto sulle seconde case affittate
Squinzi: «La Tasi è un’altra botta. Renzi ha potenza nel motore, vediamo i fatti»
ROMA — Seconde case affittate, salta la riduzione al 4
per mille dell’aliquota Imu
sulle abitazioni locate a canone concordato. Nel decreto
sull’edilizia abitativa, che il
governo Renzi si appresta a
varare questa settimana, non
c’è più traccia della norma
contenuta nella bozza che il
ministro delle Infrastrutture
Maurizio Lupi aveva sottoposto a dicembre all’esame delle
Regioni e degli Enti locali.
Le spese
Il presidente
Confindustria: si
aumenta il carico fiscale
al posto di tagliare i costi
L’articolo 6 di quella bozza fissava al 4 per mille l’aliquota
Imu da applicare agli immobili locati a canone concordato,
«rispetto a quella superiore al
9 per mille mediamente applicata per gli immobili locati»,
recitava la relazione tecnica
che accompagnava l’articolato. Il costo dello sconto veniva
calcolato in 70 milioni di euro
e avrebbe riguardato poco più
di 200 mila immobili affittati
con quel tipo di contratto, secondo il «rapporto Ceriani».
Ma in sede di verifica della Ragioneria sui costi del decreto,
che ora ammontano a un mi-
liardo e 350 milioni in quattro
anni, reperiti da fondi del ministero, tali costi sarebbero
lievitati a 400 milioni rendendo la norma troppo pesante.
La verifica contabile sarebbe già stata conclusa due giorni prima della caduta del governo Letta. Il decreto rimasto
così bloccato è il secondo in
materia abitativa varato dal
governo Renzi, dopo quello
sull’aumento dell’aliquota Tasi dello 0,8 per mille. Aumento
che ancora ieri ha raccolto
molte critiche dall’opposizione, in particolare da Forza Italia, che l’ha definito una vera
«patrimoniale».
Sul tema non è stato tenero
neanche il leader di Confindustria, Giorgio Squinzi, che ha
valutato gli effetti del decreto
Tasi con riferimento agli
esborsi che riguarderanno le
imprese e in particolare gli
immobili produttivi, la cui aliquota potrà arrivare all’11,4
per mille. «Ho visto i numeri
oggi (ieri per chi legge, ndr)
— ha detto Squinzi —: la Tasi
sembra un’altra botta. Ne sorrido, ma non c’è molto da sorridere. Ancora una volta si aumenta il carico fiscale per recuperare risorse al posto di incidere sui costi. Mi auguro che
il lavoro che Cottarelli (commissario alla revisione della
spesa, ndr) ha avviato sulla
spending review sia portato fino in fondo».
Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria
Resta però l’apertura di credito nei confronti del neopremier: «Renzi potenza nel motore ce l’ha, auguriamoci che
sia capace di scaricarla per terra» ha aggiunto il presidente
di Confindustria, che ha chiesto «un intervento forte sul
cuneo fiscale nel lavoro», perché «l’emergenza lavoro è
quella numero uno di cui si
deve occupare questo governo: da lì può venire occupazione». Non manca un accenno alla squadra di Renzi: «Alcuni ministri sono di ottimo
livello, altri o non hanno esperienze specifiche di gestione
amministrativa o politica, oppure sono io che non li conosco», «aspettiamo alcuni mesi
per vedere come operano».
Quanto al dilemma del gover-
Imposte
La web tax e il ritorno nella delega
La web tax, introdotta nella legge di
stabilità dal Parlamento, cancellata dal
governo Renzi nell’ultima versione
del decreto salva Roma , in realtà è in
qualche modo contenuta nella delega
fiscale, a sua volta approvata
definitivamente dalla Camera giovedì
scorso. Lo si evince dalla lettura del
testo licenziato dal Parlamento. La
norma prevede un confronto in sede
europea per rivedere la tassazione dei
gruppi internazionali. «Ma di cosa
parliamo? È tempesta in un bicchiere
con poca acqua», dice Daniele
Capezzone, presidente della
commissione finanze della Camera e
relatore alla delega fiscale a proposito
della web tax. «Di tutta evidenza —
dice — nella norma c’è un’esplicito
richiamo alla necessità di tenere conto
di raccomandazioni internazionali e a
eventuali decisioni dell’Ue».
no se ridurre prima Irap o Irpef, Squinzi propende per gli
interventi sull’imposta per le
attività produttive: tagliare
«l’Irap darebbe un impatto più
forte nell’immediato sulla
competitività delle imprese e
sul costo del lavoro» ha spiegato. Più in generale, ha concluso, «penso che prioritario
sia il pagamento dei debiti
della pubblica amministrazione: Matteo Renzi sembra aver
centrato il problema dicendo
nella dichiarazione programmatica che è una priorità. Ha
detto che i 71 miliardi di debiti
della pubblica amministrazione si possono pagare, per me
si devono pagare».
Tornando al decreto Casa,
sugli affitti viene confermata
per gli immobili locati a canone concordato la riduzione
dell’aliquota della «cedolare
secca» (l’imposta facoltativa
che sostituisce quelle dovute
sui redditi da locazione: Irpef e
addizionali, imposta di registro e di bollo) dal 15% al 10%.
Nella relazione tecnica si spiega che, secondo dati del Tesoro, nel 2011, anno d’introduzione della «cedolare secca», i
contratti registrati sono stati
quasi centomila in più, lo stesso aumento si è registrato nel
2012. Con ciò dimostrando, si
dice, che l’imposta sostitutiva
ridurrebbe il «sommerso».
Antonella Baccaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il caso
DA OGGI CON IL SISTEMA SISTRI
ARRIVA UN TEST PER IL GOVERNO
di DARIO DI VICO
Il governo Renzi ha affermato in tutte
le salse di puntare a drastiche semplificazioni e il premier ha affidato un’apposita
delega al ministro Marianna Madia. Il
guaio è che rischia di prendere subito un
goal in contropiede perché proprio oggi
entra in vigore la seconda fase del Sistri,
10 mesi
Il periodo in cui è consentito il doppio
regime di registrazione sia cartaceo sia
digitale con l’entrata in vigore del Sistri,
sterilizzando le sanzioni per lo stesso
periodo
il sistema telematico di tracciabilità dei
rifiuti tossici e pericolosi che dovrebbe
servire a combattere le ecomafie e che intanto però rischia di complicare la vita
alle piccole e medie imprese dell’autotrasporto e dell’artigianato. Sono 350 mila i
barbieri, le estetiste, i tipografi, gli orafi e
gli orologiai che dal 3 marzo dovranno
smaltire i rifiuti (lamette, cerette, toner,
ecc.) come fossero un impianto siderurgico o un grande ospedale. In zona Cesarini il governo Letta ha fatto approvare
una norma che consente di avere un
doppio regime di registrazione sia cartaceo sia digitale per altri 10 mesi sterilizzando le sanzioni per lo stesso periodo.
Ma i problemi non si risolvono a colpi di
rinvii e il Sistri è diventano l’icona della
burocrazia anti-Piccoli. La Cna ha reso
noto nelle settimane scorse un accurato
dossier sulle contraddizioni del sistema
telematico e sugli effetti negativi che ha
sull’attività degli artigiani. La Confcommercio in questi giorni ha stimato che in
virtù dei nuovi obblighi amministrativi
le aziende di autotrasporto sotto i 10 dipendenti accusano una perdita di fatturato medio di 20 mila euro annui con
punte anche di 40-50 mila e sono costrette a dedicare 30 ore di lavoro agli
adempimenti.
La decisione di istituire il Sistri è di
sette anni fa e la sua implementazione ha
già subito numerose proroghe. Persino il
vicepresidente di Legambiente, Stefano
Ciafani, ammette che «il Sistri era nato
con l’obiettivo di tracciare i rifiuti per tutelare l’ambiente, gli imprenditori onesti
e colpire l’illegalità e la criminalità ma alla prova dei fatti è risultato in più occasioni non funzionante ed è stato prorogato più volte senza dare i risultati sperati». Il renziano Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della
La parola
Sistri
‘‘
Il Sistri, acronimo per Sistema di
controllo della tracciabilità dei
rifiuti, è nato nel 2009 per iniziativa
del Ministero dell’Ambiente con
l’obiettivo di monitorare i rifiuti
pericolosi tramite la tracciabilità degli
stessi. In pratica trasferisce in formato
digitale tutti gli adempimenti
documentali precedentemente svolti in
forma cartacea, basati sul Mud
(Modello unico di dichiarazione
ambientale), sul Registro di carico e
sul Fir.
Camera definisce il Sistri «un legno storto» e riconosce che il sistema «rischia di
essere un appesantimento burocratico e
un sovraccarico organizzativo soprattutto per le Pmi, diversamente da quanto
messo in atto negli altri paesi europei».
Nel comizio finale della manifestazione
di Rete Imprese Italia del 18 febbraio il
presidente della Confartigianato Giorgio
Merletti aveva denunciato dal palco come il Sistri fosse «una vergogna per il nostro Paese», un riferimento nemmeno
troppo velato all’inchiesta della magistratura che ha come oggetto Luigi Pelaggi, ex capo della segreteria tecnica del
ministero dell’Ambiente, chiamato in
causa per tangenti e sovraffatturazioni
legate al contratto da 400 milioni affidato
alla Selex.
Quel contratto a suo tempo fu secretato
e prevede penali così onerose per la pubblica amministrazione che è impossibile
smontarlo, come ha avuto modo di accertare anche di recente il ministro uscente
Andrea Orlando. Adesso bisognerà vedere quali saranno i primi atti del suo successore, Gian Luca Galletti e se Matteo
Renzi deciderà o meno di considerare il
Sistri come un test della battaglia per la
semplificazione. Come prova di buona
volontà Cna e Confcommercio auspicano
che il nuovo ministro «sospenda l’operatività del sistema in attesa di rendere effettive le semplificazioni discusse nei tavoli tecnici di lavoro» e azzeri il pagamento del contributo previsto per il 2014.
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Bruxelles Il decreto
Quote Bankitalia
I dubbi Ue
sulle riserve
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES — Per il Pd a Roma, «è
stata un’operazione virtuosa». Ma i
primi sussurri che trapelano da qualche fonte Ue, sulla rivalutazione delle
quote Bankitalia, sembrano indicare
che i dubbi di Bruxelles siano ancora
più pesanti di quanto ipotizzato all’inizio. Altro che «richieste di informazioni» a Roma, le informazioni sarebbero
in parte già qui. Solo sussurri, per ora,
ma insistenti. In particolare, si conferma come «ovviamente scontato» che
Bruxelles sa bene, e non riesce a dimenticare, che le riserve di Bankitalia
sono esattamente come i lingotti d’oro
custoditi nei suoi forzieri, cioè sono
patrimonio dello Stato, dei cittadini
italiani e non delle banche socie cui
sono state attribuite. Ancora: la protezione delle riserve conta per la stabilità
del sistema finanziario italiano, ma
anche per quella dell’Eurozona. Con la
rivalutazione in programma, queste
riserve vengono
«risucchiate» per
legge nel capitale
di Palazzo Koch, e
perciò anche nella disponibilità
dei soci “azionisti” (banche private): questo potrebbe aver già
fatto saltare il
commissario Ue
Almunia sulla
Joaquin Almunia
poltrona. E innescato il sospetto
Il patrimonio
di un aiuto illegittimo di Stato. Ma
La rivalutazione
non è tutto:
delle
«L’operazione —
partecipazioni
riflette Massimo
Alderighi, profesdelle banche
sionista ora in
pensione con un
curriculum prima di revisore, poi cofondatore con l’ex ministro Fantozzi
dell’omonimo studio tributario, poi
titolare di un proprio studio — per
come è stata presentata sembrerebbe
avere trasformato un titolo di credito
(l’azione Bankitalia) che dava statutariamente diritto solo ad una somma
commisurata esclusivamente ai “frutti”
delle riserve, in un titolo che invece ha
dato diritto ad una parte del patrimonio (come se si fosse trasformata ex
lege un’obbligazione in un titolo azionario). Dalle informazioni fornite al
pubblico sembrerebbe che siano state
portate ad incremento del capitale di
Bankitalia riserve non di pertinenza
delle banche socie, ma dello Stato, e
che si sarebbero conseguentemente
distribuite le azioni non al Tesoro che
era titolare di quel patrimonio, ma alle
banche che non ne erano statutariamente titolari». E adesso, la parola al
tribunale di Almunia.
Luigi Offeddu
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Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
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Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Primo Piano
Il nuovo governo Il caso
Crescono le tensioni su Gentile
ma Ncd dice no alle dimissioni
Lui: è la macchina del fango
Bindi: è inaccettabile. La Lega: pronti a sfiduciare
La vicenda
L’esecutivo
Dal giuramento
alla lista
dei ministri
Il governo Renzi, il 63esimo
della Repubblica e il secondo
di questa XVII Legislatura,
è in carica dal 22 febbraio
scorso, giorno in cui ha
prestato giuramento al
Quirinale succedendo al
governo Letta (che si era
dimesso il 14 febbraio).
La composizione del Consiglio
dei ministri è stata
comunicata da Renzi il 21
febbraio: dei 16 ministri della
sua squadra 8 sono del suo
partito, il Pd; 3 del Nuovo
centrodestra, 1 di Scelta civica,
1 dell’Udc e 3 indipendenti
Le altre nomine
Gli equilibri
di maggioranza
e le scelte finali
La nomina dei sottosegretari
ha portato via al presidente del
Consiglio Renzi diversi giorni:
bisognava misurare ogni
incarico per accontentare tutti
i partiti che sostengono la
maggioranza di governo. Il 28
febbraio il Consiglio dei
ministri ha nominato 44
sottosegretari (il 45esimo è
Graziano Delrio alla presidenza
del Consiglio, che era stato
nominato insieme ai ministri),
9 dei quali assumono funzioni
di viceministro, e nella stessa
serata prestano tutti
giuramento
Le polemiche
Le accuse
su alcuni nomi
in squadra
Alcune nomine all’incarico di
sottosegretario hanno
scatenato polemiche. Come
quella dell’esponente del Ncd
Antonio Gentile ai Trasporti,
per il suo coinvolgimento nel
caso dell’Ora della Calabria, e
quella della pd Francesca
Barracciu ai Beni culturali, a
causa del ritiro della sua
candidatura a governatore
della Sardegna dopo
l’inchiesta sui fondi regionali.
Un caso anche la nomina ai
Trasporti del pd Umberto Del
Basso De Caro, nel mirino della
«Rimborsopoli» campana
ROMA — «Sono trasparente»,
grida il neosottosegretario alle
Infrastrutture, Antonio Gentile.
E dichiarandosi vittima di una
«macchina del fango» locale che
«ha contaminato anche la grande stampa», si aggrappa alla poltrona appena ottenuta dal premier Matteo Renzi, a dispetto
delle accuse di aver fatto pressioni sull’editore dell’Ora della Calabria, per bloccare una notizia.
Quella del coinvolgimento di suo
figlio Andrea Gentile, manager
Asl, in una inchiesta su consulenze d’oro (notizia pubblicata
ugualmente malgrado la telefonata dell’intermediario, che paventava una reazione da «cinghiale ferito che ammazza» del
senatore, ma mai giunta in edicola per un incidente alle rotative).
Ma da ieri quella poltrona traballa. E a scuoterla, ampliando
l’imbarazzo del presidente del
Consiglio rottamatore, non è solo la Lega che con Matteo Salvini
attacca: «Se questo è il nuovo che
avanza, allora è un disastro. La
Lega Nord è pronta a sfiduciare
tutti gli indagati che Renzi ha
messo al governo». O il Movimento 5 Stelle che, con Nicola
Morra, ha già presentato in Senato una interpellanza contro
Gentile e ora valuta una mozione
di sfiducia.
Il malcontento, infatti, cresce
anche nella minoranza del Pd. E
ieri è stata la presidente della
commissione Antimafia, Rosy
Bindi, a dargli voce: «Non è accettabile venir meno ad un principio di etica pubblica. Qualunque dubbio e ombra deve essere
fugata quando un Parlamento si
presenta all’insegna del cambiamento», ha detto a Maria Latella
su SkyTg24. «Chi non può essere
presentato alle elezioni non si
16
9
36
ministri
Oltre al presidente
del Consiglio Matteo
Renzi, fanno parte
del governo 16
ministri: 13 a capo
di un dicastero e
3 senza portafoglio
viceministri
L’esecutivo conta
anche 9 viceministri,
così divisi tra i vari
partiti: 4 del Pd,
2 del Ncd, 1 di Sc,
1 dei Popolari per
l’Italia e 1 del Psi
sottosegretari
La pattuglia dei
sottosegretari del
governo Renzi è così
divisa: 21 del Pd, 7
del Ncd, 3 di Sc, 3 dei
Popolari per l’Italia
e 2 indipendenti
capisce perché debba stare nel
retrobottega di un governo. Si
deve applicare il principio delle
regole che valgono per tutti», ha
dichiarato. E sulla nomina ha
chiesto «da subito un impegno
da parte del presidente del Consiglio nel revocarla e direi anche
dal ministro dell’Interno». Una
richiesta di revoca formalizzata
anche da più di 150 presidenti di
circoli calabresi del Pd in una lettera a Renzi: «Crediamo davvero
che sia la volta buona. Speriamo
che il tuo governo possa rappresentare quella svolta che l’Italia e
il Mezzogiorno attendono da
tempo. Per questo non possiamo
accettare la nomina di chi si è
macchiato del peccato più grave
in democrazia: cercare di imbavagliare la stampa». Mentre il
leader della minoranza democrat
Pippo Civati aggiunge: «Sul caso
Gentile c’è conflitto più che di
interesse di buonsenso. Ma sia
su lui che su Guidi vorrei che si
discutesse non a valle ma a monte».
Alfano e gli alfaniani però fanno quadrato. Fino a tarda sera,
ieri ne hanno discusso. Ma la posizione restava quella espressa
per primo da Fabrizio Cicchitto:
«Non capiamo le ragioni degli
attacchi. Non c’è alcuna prova»
che Gentile abbia bloccato la tipografia. Un altolà rafforzato dal
presidente di Ncd, Renato Schifani: «Non accettiamo patenti di
indegnità. È in atto un’operazione mediatica e politica violenta,
palesemente fondata sul nulla».
E dall’invito dell’ex ministro Gaetano Quagliariello a interrompere la «corsa a precipizio verso
la barbarie».
Ma i berlusconiani attaccano.
Daniela Santanchè a Cicchitto replica: «Capisco difendere l’indifendibile, ma evocare il garanti-
La lettera
150 presidenti
di circoli del Pd
calabresi
hanno scritto a
Renzi: nomina
inaccettabile
smo su una vicenda di mala politica significherebbe voler elevare
Gentile al piano di Berlusconi». E
sfida Renzi: «Non vedo cosa ci
sia di nuovo se sottostare a ricatti
incrociati e al manuale Cencelli».
Intanto Gentile replica ai direttori delle più importanti testate che su il Fatto Quotidiano
hanno chiesto le sue dimissioni
per quelle pressioni testimoniate
in una telefonata intercettata ora
online. «Si sono prese per buone
— assicura Gentile — delle accuse non vere ed infamanti, frutto
di una campagna politica contro
di me. I direttori dei grandi giornali che hanno chiesto le mie dimissioni sbagliano a prenderle
per buone perché arrivano da un
giornale che è espressione della
corruttela più truce», aggiunge e
getta ombre sul suicidio di un redattore dell’Ora della Calabria
accusando l’editore di avergli
fatto firmare un contratto capestro. «Se lo scopo di Tonino Gentile è intimorire o ridurre al silenzio me e tutta la redazione
dell’Ora, — replica il direttore
Luciano Regolo — sappia che è
destinato a fallire. Piuttosto che
fornire una spiegazione del fosco
accaduto che ho denunciato,
preferisce sparare fango per confondere le acque», mentre la Fnsi
invita Gentile a «raccontare le
sue verità in procura».
Virginia Piccolillo
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Il commento Le nomine sbagliate nascondono una grande ipocrisia
QUELL’IDEA DI GIUSTIZIA CHE (PER ORA) MANCA
Orlando, i sottosegretari guardiani
e il derby giocato da una sola parte
di LUIGI FERRARELLA
Con La grande bellezza agli
Oscar siamo applauditi, ma con «la
grande ipocrisia» siamo imbattibili: tutti a impallinare il neosottosegretario alle Infrastrutture, senatore Gentile, al quale il direttore de
l’Ora della Calabria aveva ricondotto le pressioni intermediate
dallo stampatore del quotidiano
per bloccare la pubblicazione di
una notizia sul figlio indagato del
senatore calabrese.
Giustissimo, ma Gentile non si è
nominato da solo. E, soprattutto, la
storia delle pressioni sulla stampa
nell’interesse del senatore che ieri
ha però affermato di non averle
mai chieste, non è stata una sorpresa sfortunatamente appresa dal
premier dopo la nomina: era invece stata già da giorni ampiamente
trattata sulle prime pagine dei
giornali. Anzi, se si riascolta l’audio della telefonata pubblicato sul
sito del giornale calabrese, la pressione sul direttore era motivata
dallo stampatore del quotidiano
proprio con la necessità di non ro-
vinare l’immagine di Gentile nel
momento in cui lo si sapeva appunto in corsa per un posto da sottosegretario. Ecco perché questa
nomina, che oggettivamente ha
premiato una pressione sul giornale anziché sanzionarla con il discredito reputazionale, più ancora
di Gentile interpella il presidente
del Consiglio, il cui frequente «ci
metto io la faccia» mal si concilia
ora con la goffa giustificazione da
Prima Repubblica, per cui la nomina sarebbe stata frutto di una non
rifiutabile indicazione del socio di
maggioranza governativa Alfano,
che di Gentile è il capopartito e lo
sponsor.
Tutto e il contrario di tutto, senza una rivisitazione critica o una
condivisione argomentata, possono stare insieme solo e proprio
perché la grande ipocrisia è l’unica
cecità che permette di non voler
vedere il vero nodo: e cioè l’assenza nel premier, almeno sinora, di
una idea di giustizia che non si riduca all’aneddotica estemporanea
sugli arresti da cambiare quando
viene assolto un top manager che
conosce o sui nuovi reati stradali
da inventare quando emoziona la
tragedia di un ragazzo investito; e
che non si esaurisca nella promessa di intestarsi l’ultimo segmento
di percorsi, come l’introduzione
del reato di auto riciclaggio, in realtà ormai da tempo avviati perché
dettati dall’Europa e elaborati già
in dettaglio da tre apposite commissioni.
È di questa assenza di una idea
di giustizia che «parlano» certe nomine, alle quali peraltro il neoministro pd Orlando pare assistere
con imbarazzo. A parole, ad esempio, il correntismo togato è unanimemente bollato come un morbo
della magistratura, eppure il governo Renzi conferma Cosimo Ferri sottosegretario alla Giustizia,
cioè proprio il magistrato proverbialmente leader di una delle più
forti correnti, all’interno della quale sta crescendo il mal di pancia
appunto per la commistione tra
corrente come espressione culturale e corrente come veicolo politico.
Tra ciò che sulla giustizia ha
In via Arenula
Cosimo Ferri 42 anni, magistrato,
di Magistratura indipendente,
sottosegretario alla Giustizia
Enrico Costa 44 anni, avvocato,
ex berlusconiano ora del Ncd,
sottosegretario alla Giustizia
operato Berlusconi e ciò che in
questi 20 anni hanno opposto i
suoi contraddittori, Renzi fa pari e
patta con la sbrigativa espressione
«basta con i derby ideologici, tanto
nessuno cambierebbe idea»: poi
però nomina un altro sottosegretario alla Giustizia in Enrico Costa,
parlamentare che legittimamente
è stato tra i massimi pasdaràn di
una delle due fazioni asseritamente in derby, quella degli ultraberlusconiani (oggi neoalfaniani) in
prima fila nelle leggi ad personam,
contro una imprescindibile riforma dello scandalo di 130.000 prescrizioni l’anno, a favore di stringenti limiti alle intercettazioni, e
all’attacco della giurisdizione se si
esprime in processi sgraditi.
Passa così quasi in secondo piano che, appena insediato e a dispetto dei propositi, nel governo
una sola mano già cominci a non
bastare più per contare gli indagati
tra ministri e sottosegretari: si può
in teoria ritenere che sia un problema, si può motivare invece che
non lo sia mai, o a quali condizioni
non lo sia, e sarebbero tutte posizioni legittime se argomentate e rivendicate. Ma il punto è che questo
governo non si sa cosa pensi.
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Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
Primo Piano
Sport e politica
La maratona
del ministro
Pinotti
Il ministro della Difesa
Roberta Pinotti, 52 anni,
prima di andare a Palazzo
Chigi per il vertice sulla
situazione in Ucraina con il
premier Matteo Renzi e il
ministro agli Affari esteri
Federica Mogherini ha
partecipato alla mezza
maratona Roma-Ostia che si è
svolta ieri mattina. «Non mi
sento pronta perché mi sono
potuta allenare poco negli
ultimi tempi, ma penso di
potercela fare — ha detto
Pinotti prima della partenza
—. È la prima mezza maratona
che faccio fuori della Liguria,
la mia regione, dove ne ho già
fatte tre. E prima avevo corso
la maratona di New York».
Runner appassionata,
tesserata per il «Montecitorio
Running Club», il ministro
della Difesa ha completato la
gara in 2 ore, 2 minuti e 53
secondi. A vincere la mezza
maratona maschile è stato il
marocchino Lahbabi Aziz con
il tempo di 59 minuti e 25
secondi; mentre la vittoria
femminile è andata alla
keniota Carolin Chepkwony
con il tempo di un’ora, 8
minuti e 48 secondi. A tagliare
il traguardo sono stati 11.268
partecipanti su 13.500 iscritti
(Foto Ansa/Massimo Percossi)
Il movimento del deputato di FI
Il codice deontologico di Rotondi:
no a candidati con avvisi di garanzia
L’Assemblea costituente dell’Ump, l’Unione movimenti
popolari, creatura del deputato di Forza Italia Gianfranco
Rotondi, ha approvato all’unanimità il regolamento per le
candidature alle prossime Politiche: «Non potranno essere
presentate candidature di persone iscritte ad associazioni
segrete o raggiunte da avvisi di garanzia per inchieste in corso».
L’Ump non è un partito, ma un contenitore dove tutte le voci del
centrodestra «potranno essere rappresentate», spiega Rotondi,
che si candida anche a premier per il centrodestra: «Gli italiani
hanno votato Berlusconi e rivogliono lui. Il candidato a capo del
governo deve avere un profilo umile, da portavoce e garante.
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Ecco perché mi sono convinto a farmi avanti».
Il personaggio La carriera del sottosegretario che chiese il premio Nobel per Berlusconi
Storia di Tonino, dal Bronx di Cosenza
alla casa con piscina a forma di ostrica
Citrigno, editore dell’«Ora della Calabria»: un’intimidazione contro di noi
ROMA — In tanti ricordano ancora il suo
discorso, nell’aula di Palazzo Madama,
quando Tonino «u Nivuru», senatore di Cosenza oggi alfaniano e allora di Forza Italia
— Tonino il Nero, dal colore dei suoi capelli
— si alzò in piedi per chiedere allo Stato italiano di promuovere la candidatura di Silvio
Berlusconi a Premio Nobel per la Pace. Il motivo? L’aver avvicinato all’Occidente l’amico
Vladimir Putin.
«Dici Gentile e la gente a Cosenza ha paura», sospira Alfredo Citrigno, il giovane editore del giornale l’Ora della Calabria a cui ieri il senatore ha dichiarato guerra. «Tonino
Gentile ha appena detto che con la mia famiglia non ha rapporti — eccepisce Citrigno
—. Beh allora vorrei ricordargli le quattro
ville che mio padre Piero, quando ancora faceva il costruttore, edificò per lui, suo fratello Pino, sua figlia Lory e Katya la figlia di Pino, sulla collina di Muoiopiccolo, in via Girolamo Sambiase, la zona chic di Cosenza,
una sorta di Vomero o di Parioli. Quando vado a trovare mio padre, che ha la casa attaccata a quella del senatore, vedo dalla terrazza
la grande piscina a forma di ostrica...».
«Questo intervento - prosegue - è una prova
ulteriore dell’intimidazione espletata da un
senatore della Repubblica ai danni della mia
famiglia».
Lui, Tonino, nel 2001, sbaragliò addirittura il superfavorito Achille Occhetto. Una famiglia potente, quella dei Gentile. «Famiglia
simbolo dello spoils system di Calabria. Non
c’è ente pubblico dove non sieda un Gentile», racconta Paolo Pollichieni, autore insieme ad Antonio Ricchio, Giampaolo Latella,
Pablo Petrasso ed Eugenio Furia del libro Casta Calabra, un nome un programma. Segue
elenco: il fratello Pino Gentile, da almeno 35
anni sulla scena, è assessore alle Infrastrutture e ai Lavori pubblici della Regione, una
sorta di «Mister Preferenze», nel 2000 ottenne da solo 20 mila voti e per questo fu invitato ad Arcore da Berlusconi per una cena con i
dieci amministratori più votati d’Italia. Un
altro fratello, Raffaele Gentile, è segretario
generale della Uil-Flp calabrese. Un altro ancora, Claudio, siede alla Camera di commercio. Eppoi figli, cugini e nipoti disseminati
un po’ ovunque. Il figlio Andrea, la notizia
del cui coinvolgimento nell’inchiesta sulle
consulenze d’oro dell’azienda sanitaria, die-
ci giorni fa, ebbe la forza di rompere le rotative dell’Ora della Calabria, siede pure nel
collegio dei revisori dell’aeroporto di Lamezia Terme.
«Partirono negli anni 70 tutti insieme
dalle case popolari di via Popilia, il Bronx di
Cosenza — racconta Pollichieni — e a forza
di affari e politica sono cresciuti, sono saliti
in alto, sono arrivati fino alla collina di Muoiopiccolo». Cominciarono a crescere con le
cooperative di posteggiatori, fu quello il primo bacino di voti. I Gentile erano socialisti,
erano «i craxiani di Calabria», amici della Dc
di Misasi e nemici di Giacomo Mancini, il
vecchio leone di Cosenza. «Stavano con l’ala
di Fabrizio Cicchitto — continua l’autore di
Casta Calabra — e quando il Psi sparì dopo
Tangentopoli, ecco che i Gentile traghettarono con Cicchitto in Forza Italia. Berlusco-
Chi è
La carriera Cosentino, 63 anni, Antonio
Gentile è eletto per la prima volta al
Senato nel 2001 con Forza Italia, rieletto
nel 2006 e, con il Pdl, nel 2008. Lo scorso
novembre aderisce al Ncd di Alfano
Al governo Il 28 febbraio viene
nominato sottosegretario alle
Infrastrutture e ai Trasporti suscitando
subito polemiche: l’esponente alfaniano
è accusato di aver fatto pressioni sullo
stampatore del quotidiano L’Ora della
Calabria per impedire la pubblicazione
della notizia di un’indagine sul figlio
niani di ferro, fino all’ultima svolta, quando
son tutti diventati di colpo alfaniani, fedelissimi di Beppe Scopelliti, il governatore». E
non è casuale — dice ancora Pollichieni che
oggi dirige il Corriere della Calabria — se
Tonino Gentile è diventato sottosegretario
alle Infrastrutture e ai Lavori Pubblici (le
stesse competenze che ha suo fratello Pino
in Regione). «Dei 5 senatori alfaniani
espressi dalla Calabria — Gentile, Bilardi,
Aiello, Caridi e D’Ascola — il governo di
Matteo Renzi ha bisogno come il pane, sono
il pacchetto di voti che tiene in piedi la maggioranza a Palazzo Madama. Ecco perché il
premier non ha potuto dire di no ad Alfano».
L’unico passo falso, fino ad oggi, il senatore
Tonino, 63 anni, sposato con la prof di matematica Rosa Bombini, lo commise a metà
degli anni ‘80 quando fu arrestato (ma poi
prosciolto) per una storia legata alla Cassa di
Risparmio della Calabria e della Lucania: il
capo della Mobile di Cosenza era Nicola Calipari, il giudice istruttore si chiamava Nicola Gratteri. Così Gentile
s’è preso la rivincita: lui ora è al
governo, Gratteri invece no.
Anche a Pollichieni, quasi 4 anni fa, successe quello che è accaduto la notte del 18 febbraio scorso all’Ora della Calabria, il suo ex
giornale. «Era il 20 luglio 2010, allora si chiamava Calabria Ora e io
lo dirigevo. Avevamo in pagina lo
scoop di un incontro a Milano tra
il neo eletto governatore Scopelliti
e Paolo Martino, accusato di essere il “ministro del Tesoro” della
cosca De Stefano. Beh, quel giornale non uscì mai, le rotative anche quella notte, con una sensibilità quasi
umana, ebbero un guasto». Lo stampatore
anche allora era Umberto De Rose, presidente della finanziaria regionale Fincalabra, dove per chiamata diretta, senza bando, è entrata di recente Lory Gentile, la figlia del senatore. «Tu lo sai come fa un cinghiale
quand’è ferito? — così diceva De Rose nell’ultima telefonata all’editore Citrigno, la
notte del 18 febbraio, prima che si bloccassero all’improvviso le rotative —. Il cinghiale, poi, colpisce per ammazzare».
Fabrizio Caccia
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Il Movimento Attacco sulla gestione del fondo per le imprese, il guru annuncia querele. Grillo si prepara alle Europee
Il duello tra i Cinque Stelle finisce in tribunale
Bocchino: impeachment preparato
a tavolino dai legali di Casaleggio
MILANO — Dall’aula del Senato a quella di un tribunale. La
querelle tra gli ormai ex dissidenti e i leader del Movimento
rischia di cambiare piano e trasformarsi (anche) in un caso
giudiziario. Ieri Gianroberto Casaleggio ha preannunciato querela nei confronti di Fabrizio
Bocchino per alcune dichiarazioni rilasciate in tv. Secondo il
senatore il fondo per le piccole e
medie imprese (dove vengono
depositati i contributi dei parlamentari del M5S, ndr) «non aiuta le imprese in difficoltà, ma
aiuta le imprese che non sono in
difficoltà, perché c’è una commissione che decide e valuta il
grado di affidabilità». Spiega
l’ex pentastellato ad Agorà: «In
questa commissione ci sono le
imprese in cui è coinvolto Casaleggio, si apre la possibilità di
un conflitto di interesse». Dura
la replica del fondatore del Movimento: «Queste affermazioni
sono false. L’ex portavoce Bocchino ne risponderà in tribunale». Anche Beppe Grillo — via
Facebook — si è schierato al
fianco di Casaleggio: «Il mio
amico Gianroberto è stato diffamato in diretta tv», ha sostenuto. Non è la prima schermaglia
tra Bocchino e il mondo dei Cinque Stelle dopo l’espulsione decretata dal sondaggio via web di
mercoledì scorso. Il senatore ha
minacciato di adire le vie legali
per le «false accuse» rivoltegli
dai colleghi parlamentari: «Per-
sone come voi, per quello che
avete fatto e per il tradimento
degli ideali del M5S che avete
operato, non meritano risposte,
se non quelle mediate da studi
legali», ha scritto sabato in un
post su Facebook. E ieri Bocchino — in una lettera aperta a
Marco Travaglio — ha rincarato
la dose. «Grillo ha tirato troppo
la corda», scrive. E parla di «impeachment al Presidente preparato a tavolino negli studi dei legali di Casaleggio». Il parlamentare siciliano si difende: «Non è
vero che noi 4 espulsi abbiamo
disatteso i nostri impegni con
gli elettori».
In queste ore intanto i pentastellati stanno cercando di rimarginare lo strappo con i dimissionari. L’ipotesi più probabile è che con almeno un paio di
senatori si possano superare le
divergenze, cercando «un nuovo
approccio di dialogo e di ascolto». L’idea è quella — suggerita
dallo stesso Grillo nel video sulla votazione online per le espulsioni — di essere più «coesi» in
vista dell’imminente campagna
elettorale per le Europee. E proprio per mettere a punto alcune
strategie venerdì scorso una
I parlamentari
Venerdì scorso
vertice a Milano per
le strategie: previsti
800 eventi nelle
ultime settimane di
campagna elettorale
I contrasti e gli addii
Le critiche al fondatore
dopo lo streaming
1
9
Dopo l’incontro in streaming tra
Beppe Grillo e Matteo Renzi
quattro senatori (Lorenzo
Battista, Fabrizio Bocchino,
Francesco Campanella, Luis
Alberto Orellana) attaccano Grillo
per il modo in cui ha condotto
l’incontro. Il leader replica con un
post sul blog: «Fuoco amico»
I parlamentari votano
per la linea dura
2
Dopo gli attacchi del blog (che
annuncia anche la sfiducia di
alcuni meet-up territoriali
verso alcuni senatori coinvolti),
martedì scorso un’assemblea
congiunta dei parlamentari
vota a favore dell’avvio
dell’iter di espulsione per i
quattro dissidenti
Gli attivisti sul blog
scelgono l’espulsione
3
Mercoledì l’esito della
votazione sul blog di Grillo
sancisce l’epurazione dei
quattro senatori. Le polemiche
tuttavia non si placano.
Bocchino ipotizza di adire le vie
legali contro gli ex colleghi,
Casaleggio annuncia querela
nei confronti del senatore
pattuglia di parlamentari è stata
protagonista di un piccolo vertice alla Casaleggio associati: un
appuntamento in calendario da
tempo, ma che ha acquistato un
nuovo peso dopo le fuoriuscite
dai gruppi. Deputati e senatori
saranno infatti i veri protagonisti delle ultime settimane di comizi. I Cinque Stelle stanno cercando di organizzare una campagna massiccia, con circa ottocento eventi in tutta Italia
concentrati in quaranta giorni.
Grillo sarà sempre in prima linea, ma probabilmente il suo
tour elettorale non sarà così capillare come quello del 2013. Intanto, si profila una partita doppia: il mantra rimane sempre
«vincere», ma non si guarda solo all’Europa. C’è un interesse
crescente verso le Regionali in
Abruzzo e Piemonte. Quest’ultimo appuntamento sta attirando
sempre più attenzione. Al punto
da mettere in discussione anche
l’idea del comizio conclusivo a
Bruxelles. Si parla di Torino, insomma, e della possibilità di
prendere in contropiede centrodestra e centrosinistra nella corsa a Palazzo Lascaris.
Emanuele Buzzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Europee
Camilleri
Spinelli, Ovadia
e Prosperi in lista
con Tsipras
Andrea Camilleri, Barbara
Spinelli, Moni Ovadia e
Adriano Prosperi si
candideranno alle
prossime elezioni europee
con la lista «L’altra Europa
con Tsipras», il leader
greco di Syriza e candidato
per il Partito della sinistra
europea alla presidenza
della Commissione
europea. Nella lettera in
cui spiegano la loro scelta,
i quattro scrivono che
questa componente
costituisce «uno
straordinario elemento di
novità: una lista della
società civile, autonoma
dai partiti, capace di dar
vita, raccogliere, rilanciare
le lotte civili e sociali, di
opinione e di piazza, che
nel corso del ventennio
berlusconiano, e di
compromessi di potere
tutt’altro che estinti,
hanno tenuto alta la
bandiera dei principi di
giustizia e libertà della
nostra Costituzione
repubblicana, indicandola
come la “via maestra” da
realizzare, anziché una
carta obsoleta da
calpestare». Camilleri,
Spinelli, Ovadia e Prosperi
sostengono di volersi
rivolgere «ai cittadini
delusi dalla politica e
tentati dall’astensione. Ma
siamo persuasi che tanti
militanti ed elettori del
Partito democratico e del
Movimento 5 Stelle
troveranno uno
strumento più coerente
con le aspirazioni che li
hanno fin qui spinti ad
appoggiare, magari
criticamente, i rispettivi
partiti e movimenti, tanto
più che la nostra lista —
sostengono nella nota — è
la sola ad avere sul tema
europeo una posizione
inequivoca: no all’Europa
delle oligarchie
finanziarie e delle grandi
intese fra socialisti e
popolari, sì a un
Parlamento costituente e
all’Europa dei cittadini e
della lotta contro i
privilegi». Se eletti, i
quattro annunciano che
pur non considerandosi
candidati di bandiera,
lasceranno il posto «a
candidati che più di noi
hanno le energie e le
competenze per portare a
Bruxelles e Strasburgo la
nostra voce e i nostri
valori in un lavoro
quotidiano che sarebbe al
di sopra delle nostre
forze».
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10 Primo Piano
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Il nuovo governo Le riforme
Si tratta per applicare l’Italicum solo alla Camera
ILLUSTRAZIONI DI EMANUELE LAMEDICA
ROMA — «Ho ancora qualche
ora di tempo. Ma con questo
posso farcela. Possiamo farcela.
E farcela vorrebbe dire vedere
approvata la legge elettorale alla
Camera entro venerdì prossimo». Sabato al tramonto, di ritorno dal congresso del Pse,
Matteo Renzi conclude un giro
di telefonate che aveva in mente
dalla mattina. Nel silenzio di Palazzo Chigi, il presidente del
Consiglio gira e rigira tra le mani
un foglietto scritto a mano allegato a un testo — quest’ultimo,
battuto al computer — in cui è
visibile in alto a destra il logo
della Camera dei deputati. Ne ha
parlato con i fedelissimi, a cui ha
chiesto il più assoluto riserbo. E
ne ha parlato anche con Angelino Alfano, da cui avrebbe avuto
il primo via libera. Perché non è
un foglietto qualsiasi, «quello».
Là dentro c’è la possibile soluzione del giallo della legge elettorale che domani va in Aula a
Montecitorio. Una soluzione
che, se arriva il disco verde di
Silvio Berlusconi, potrebbe portare all’approvazione a larga
maggioranza di un’ultima — e
clamorosa — variazione dell’Italicum. E in tempi strettissimi.
«Entro venerdì», appunto, perché abbiamo preso un impegno
e dobbiamo andare avanti».
Per capire come sia possibile
Come funziona la riforma
Renzi dopo il sì di Ncd attende l’ok di FI. L’obiettivo: approvazione entro venerdì
Il caso Senato: se non si arriva all’abolizione, vale la legge che è nata dalla Consulta
Seggi su base nazionale
e circoscrizioni piccole
Liste corte ma bloccate
Niente preferenze
Premio di maggioranza Le soglie di sbarramento La clausola che salva
Possibile il doppio turno per le formazioni
i partiti territoriali
La proposta per la nuova legge
elettorale prevede per la Camera
la distribuzione dei seggi su base
nazionale. Il Paese è ripartito in
circoscrizioni piccole: ciascuna
assegna da tre a sei seggi. Rimane
il nodo della formula elettorale per
tradurre i voti in seggi
In ciascuna circoscrizione i partiti
presentano liste bloccate corte, da 3
a 6 candidati. I seggi sono assegnati
seguendo l’ordine della lista: non è
previsto nell’accordo sull’Italicum il
voto di preferenza, su cui insistono
alcuni partiti. La minoranza pd
vorrebbe primarie regolate per legge
Il premio di maggioranza è
assegnato al primo turno se un
partito o una coalizione supera il
37%: ottiene così fino a 340 seggi su
630. Se nessuno raggiunge questa
soglia si va al ballottaggio tra le
prime due formazioni: in questo caso
il bonus elettorale è più basso
mettere d’accordo quello che
sembra quanto mai distante, e
cioè le posizioni di Forza Italia e
Ncd, per individuare il grimaldello in grado di superare l’ormai celeberrimo «emendamento Lauricella», per scoprire la
«soluzione» in grado di compattare un Pd diviso, per disinnescare la mina che intralcia l’approvazione dell’Italicum, in-
somma, bisogna andare al contenuto di quel foglietto. Poche,
clamorose, righe. «Emendamento per la soppressione dell’articolo 2 del testo sulla riforma
elettorale, quello che contempla
l’elezione del Senato. Se salta
quello, l’ultima versione dell’Italicum prevederebbe che la legge
elettorale entra in vigore solo
per la Camera. Il Senato, se si
tornasse alle urne prima della riforma istituzionale che cancellerebbe il bicameralismo, avrebbe
un’altra legge elettorale rispetto
a quella di Montecitorio. E cioè il
proporzionale uscito dalla Consulta…».
Gli uffici legislativi del Pd a
Montecitorio — dove la proposta ha già ottenuto il placet del
capogruppo Roberto Speranza,
Sono tre le soglie di sbarramento:
per entrare in Parlamento i partiti
che corrono da soli dovranno
superare l’8%, quelli coalizzati il
4,5%, mentre le coalizioni dovranno
raggiungere il 12%. I piccoli partiti
hanno protestato contro queste
soglie, giudicate troppo alte
l’ufficiale di collegamento tra
Renzi e la minoranza interna —
avrebbero fatto già tutte le verifiche del caso. È possibile votare
per due rami del Parlamento con
due leggi diverse.
E quando Alfano, dopo il colloquio con Renzi, ha telefonato
al superesperto di casa Ncd — e
cioè Gaetano Quagliariello —, la
risposta è stata più che affermativa. «Angelino», è stato il ragionamento con cui l’ex ministro ha
replicato al titolare del Viminale,
«per me questa soluzione non va
bene. Va benissimo. Tra l’altro
ero stato io, mesi fa, il primo a
proporla… A noi serve soltanto
che l’Italicum garantisca la Camera dei deputati. A queste condizioni, all’emendamento Lauri-
Una clausola viene incontro ai partiti
a vocazione regionale, come la
Lega, ostacolati dallo sbarramento
su base nazionale. Chi si presenta in
non più di 7 Regioni potrà entrare in
Parlamento ottenendo il 9% in 3
circoscrizioni. Potrà essere utile
anche ad altri partiti piccoli
cella possiamo rinunciare». E
così, archiviato con successo il
primo giro di boa nella maggioranza, Renzi ha chiuso il sabato
sera col sorrisetto classico di chi
sa di dover affrontare una mano
decisiva di poker avendo almeno
tre assi da calare sul tavolo. La
clessidra gioca a suo favore. E, di
emendamenti che abrogano
l’articolo 2 dell’Italicum, alla Camera ne sono già stati predisposti più d’uno. Manca la firma finale sull’accordo politico. Ed è
quella di Silvio Berlusconi, che
prima di mezzogiorno potrebbe
avere un ultimo colloquio col titolare di Palazzo Chigi. «Con
l’emendamento Lauricella cade
tutto», si leggeva ieri nel Mattinale, house organ del gruppo
forzista alla Camera. «Mi batterò
per cambiare la legge elettorale a
viso aperto», commentava Rosy
Bindi durante L’intervista con
Maria Latella su Sky Tg24. «Gli
accordi si cambiano sempre in
due», scandiva il relatore della
legge Francesco Sisto, di Forza
Italia. Tutte posizioni che quel
bigliettino, poggiato sulla scrivania di Renzi a Palazzo Chigi, è
in grado di superare in un colpo
solo. Ancora poche ore per capire se sarà così. Ancora poche ore
per capire se il premier metterà a
segno il primo colpo da biliardo
da quando è a Palazzo. «Posso
farcela entro venerdì. Possiamo
farcela…».
Tommaso Labate
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Gli alleati Il deputato Ncd: bisogna introdurre le preferenze
Cicchitto: il nodo politico
resta la fine del bicameralismo
ROMA — «Il nodo politico fondamentale è che la revisione della legge
elettorale deve avvenire in modo organico con la riforma costituzionale
che prevede il superamento del bicameralismo». Fabrizio Cicchitto, deputato del Nuovo centrodestra, ribadisce la sua posizione in vista dell’arrivo della riforma della legge elettorale, domani, nell’aula di Montecitorio.
Perché devono andare di pari passo?
«Il nuovo sistema elettorale è basato sul premio di maggioranza e sul doppio turno di
coalizione. Considerato il
carattere tripolare del nostro sistema politico, il
doppio turno di ballottaggio è indispensabile per
avere un vincitore ed evitare il ricorso obbligatorio
a governi di larghe intese.
Ma questo sistema elettorale è inapplicabile con due Camere
che esprimono la fiducia al governo e
che, oltretutto, hanno corpi elettorali
diversi. Il rischio di dover attribuire i
due premi di maggioranza di Camera
e Senato a due coalizioni diverse — o
dopo il primo turno o a seguito del
ballottaggio — non è astratto ma
concreto e rilevante, considerato il
diverso orientamento politico per fascia d’età».
Come si evita questo rischio?
«Il nuovo sistema elettorale deve
entrare in vigore dopo la modifica del
bicameralismo, come prevede
l’emendamento Lauricella. È un’esi-
Alla Camera
Fabrizio
Cicchitto,
73 anni,
deputato
del Nuovo
centrodestra
❜❜
Calci
La legge
non sia
un calcio
in bocca
a pezzi
della
coalizione
genza imprescindibile che discende
dallo stesso accordo realizzato sull’Italicum».
Chiedete modifiche alla bozza di
legge che arriva in Aula?
«Chiediamo le preferenze. E poi c’è
un problema che riguarda l’attribuzione casuale dell’80-90% dei seggi
per le sole liste medie e minori. Cioè
l’attribuzione dei seggi nei collegi
plurinominali dove queste liste hanno conseguito meno voti anziché più
voti. I parlamentari in questi casi non
vengono eletti sulla base della quantità di voti che raccolgono nella zona
in cui stanno, ma con un’episodicità
arbitraria che va evitata. Servono una
norma “antiflipper”, circoscrizioni
elettorali meno estese e un minor numero di collegi plurinominali».
Tra i vostri timori c’è quello di
un’intesa che vi scavalchi, tra il Partito democratico e Forza Italia.
«C’è un problema politico di fondo: un conto è che sulla legge elettorale ci sia una convergenza assai più
ampia della maggioranza di governo,
un altro conto è che su elementi di essa si formi uno schieramento conflittuale con alcuni dei soggetti politici
decisivi per la maggioranza che sostiene il governo. È importante una
larga convergenza ma anche che pezzi della legge elettorale non rappresentino un calcio in bocca a pezzi della maggioranza di governo. Renzi deve farsi carico di questo rischio ed
evitarlo».
Alessandro Trocino
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Primo Piano 11
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
Il retroscena Il segretario e la necessità di cambiare le regole del voto
In partenza Matteo
Renzi esce da casa sua,
a Pontassieve, per andare a Roma (Corbis)
La partita del premier:
ora agli italiani
dobbiamo dare i fatti
L’ipotesi delle urne anticipate al 2015
10
L’intervista
i giorni del governo guidato da Matteo
Renzi. Il presidente del Consiglio e i ministri
hanno giurato al Quirinale il 22 febbraio.
Il 25 l’esecutivo ha ottenuto la fiducia alla
Camera e il giorno successivo al Senato
ROMA — Non sono giorni facili, questi, per Matteo Renzi. Il
premier ha messo piede a Palazzo
Chigi da poco e si trova già nel
pieno di una gravissima crisi internazionale, alle prese con la
grana dei sottosegretari e con le
difficoltà che comporta il tentativo di riuscire a trovare una soluzione, sulla legge elettorale, che
vada bene sia a Ncd che a FI.
Come se non bastasse, in questo clima non propriamente favorevole, il premier deve prepararsi alle prove più difficili. La riforma del fisco e il «Jobs act», che
vorrebbe portare in Consiglio il
14 marzo in modo che sia pronto
quando volerà a Berlino per incontrare Angela Merkel.
È normale, dunque, che in
un’atmosfera come questa, si rincorrano le voci di elezioni anticipate e che questo argomento tenga banco nei conversari dei dirigenti politici e dei parlamentari.
Perché tenere insieme la maggioranza delle «strette intese» è
«impresa improba». Renzi lo sa
bene ed è per questa ragione che
non vuole rinunciare alla nuova
legge elettorale. È l’arma con cui
può costringere questa composita coalizione ad accettare le riforme che ha in mente di fare. E sono tante. Il che non vuol dire che
il premier abbia rinunciato all’abolizione del bicameralismo
perfetto. Tutt’altro. È convinto
che sia «una riforma storica» e
che sia di più facile e immediata
comprensione per gli italiani di
una riforma complessa come
quella del titolo quinto della Costituzione.
Renzi è conscio di giocarsi
molto. Anzi, tutto. «So — spiega
ai suoi — di aver suscitato delle
aspettative e questa è una grandissima responsabilità. Ora tutti
mi attendono alla prova dei fatti.
E sono i fatti che dobbiamo dare
agli italiani».
E non c’è solo quel test all’orizzonte, per il premier. C’è una verifica a stretto giro di posta, il 25
maggio, quando si voterà per le
Europee. Tutto sommato, Renzi
ha superato le conseguenze della
staffetta meglio di quanto potes-
se immaginare. Secondo l’ultimo
sondaggio di Euromedia research, la fiducia di cui gode è superiore a quella del suo governo:
43,8 contro 35,9. E nell’elettorato
di Pd e Sel la percentuale sale addirittura all’85,4. Ma non basta.
Si aspettano i sondaggi dopo le
polemiche sui sottosegretari e,
comunque, il trend del Partito
democratico non è positivo nella
maggior parte delle rilevazioni.
Di fronte alla casa di Pontassieve
I fiori in dono alla moglie del leader
Spiccava un’orchidea rossa nel mazzo regalato ieri ad Agnese Landini,
moglie di Matteo Renzi, di fronte alla loro casa di Pontassieve. A
portare il dono è stato Giuseppe Rudatis, personaggio folcloristico di
Belluno conosciuto come il «barone delle nevi». Aveva con sé un cesto
di rose rosse per le donne ministro dell’esecutivo.
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E, soprattutto, più del 40 per cento degli italiani pensa di non andare a votare, il che potrebbe favorire i grillini.
Insomma, la situazione non è
delle più rosee. E la scelta di entrare nel Pse e di sponsorizzare la
candidatura di Schulz alla presidenza della Commissione europea è un’arma a doppio taglio. Da
una parte, dopo le elezioni, consentirà a Renzi di combattere, soprattutto quando gli toccherà la
presidenza del semestre europeo,
il partito Ue pro-austerità, ma
prima gli renderà più difficile la
campagna elettorale. Già, perché
mentre sia Grillo che Berlusconi
si preparano a sparare contro
l’Europa e la Germania, Renzi dovrà necessariamente tenere una
linea filo-Ue e, come se non bastasse, sosterrà anche un politico
tedesco per guidare la Commissione. Non sarà un compito facile, il suo.
Per ora nel Pd le polemiche interne sembrano sopite, benché
non manchino isolati segnali di
guerra. Massimo D’Alema, che
pure non ama il giovane premier
(«ma lo sentite come parla?», è
uno dei suoi ritornelli preferiti),
non lo sta contrastando. È proiettato al futuro, all’Europa, chissà
che dopo le Europee non gli riesca di ottenere quel posto di Mister Pesc che Lady Ashton gli soffiò la volta scorsa. Enrico Letta,
stando alle parole di Francesco
Boccia, «farà politica in modo
molto più distaccato e di certo
non parteciperà più alle riunioni
di partito». Resta Bersani, il quale, però, almeno per ora, non ha
dissotterrato l’ascia di guerra. Se
il Pd non andasse bene come ci si
potrebbe aspettare, se, insomma,
l’effetto Renzi mostrasse le prime
incrinature, c’è da star sicuri che
le cose nel partito cambierebbero. E che verrebbe riproposto il
problema del «doppio incarico»
segretario-premier. Per ora, invece, come fa Rosy Bindi, intervistata da Maria Latella per Sky, ci
si limita a dire «che serve una gestione collegiale del partito».
Per questa e per altre ragioni
Renzi ha bisogno di superare «la
prova dei fatti» già prima delle
Europee.
Maria Teresa Meli
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Il professore che aveva collaborato con l’allora sindaco alla prima stesura della riforma elettorale: vanno corretti il premio e le soglie
La bacchettata di D’Alimonte:
testo da rivedere, ecco gli errori
«Urgente intervenire sulla modifica di Palazzo Madama»
ROMA — È stato il principale collaboratore tecnico di Matteo Renzi durante la fase calda della stesura di un
testo di riforma elettorale. Ora i rapporti fra i due sono meno intensi. Però
Roberto D’Alimonte, ordinario di Sistema politico italiano alla Luiss e direttore del Centro italiano studi elettorali, ha ancora qualcosa da dire su un
testo che è nato troppo in fretta. A partire dal più cruciale punto del momento: il nuovo sistema di voto deve essere
varato contestualmente alla riforma
del Senato?
«Credo che Renzi voglia una legge
elettorale al più presto perché questo
lo rafforzerebbe, mentre gli alleati di
governo e la minoranza del Pd non mi
sembrano così disponibili».
Ma l’assenza di una nuova norma
forse potrebbe anche essere un buon
alibi per restare a Palazzo Chigi fino
al 2018, come Renzi dice di voler fare.
«Se questo sarà un esecutivo che
produce, che attua le riforme, non è la
nuova legge elettorale che farà la differenza».
Chi è
Politologo
Roberto
D’Alimonte, 66
anni, esperto di
sistemi di voto,
è professore
alla facoltà di
Scienze
politiche della
Luiss, dove
insegna
Sistema politico
italiano. Dirige il
Cise (Centro
italiano studi
elettorali)
Torniamo agli alleati di governo e
alla minoranza pd: chiedono di agganciare sistema di voto e riforma del
Senato.
«Mi rendo conto che il loro è un tentativo di rinviare tutto alle calende greche. Tuttavia l’argomento che usano
non è sbagliato. Il Senato può essere riformato in un anno, e prima di 12 mesi
è comunque assai improbabile che si
vada alle urne anche se fosse approvata
una nuova legge elettorale. Quindi andrebbe bene portare a compimento le
due riforme contemporaneamente».
Sul Senato non c’è ancora nessun
testo, vero?
«Infatti. La vera urgenza adesso è
presentare immediatamente un disegno di legge per la modifica costituzionale di Palazzo Madama. Se fossi nei
panni del presidente del Consiglio, incalzerei gli avversari proprio sul loro
terreno. Non credo che un arroccamento gli sia vantaggioso. Anche perché lo schema attuale sul sistema elettorale contiene cose buone, ma anche
diversi problemi».
Ieri lei ha scritto sul Sole 24 Ore che
si dovrebbe intervenire sul premio di
maggioranza.
«Sì. Il testo prevede un meccanismo
che garantisce al vincitore 321 seggi alla Camera, a fronte di una maggioranza
assoluta di 316 deputati: non si possono lasciare le sorti del Paese in mano a
6 persone, sarebbe una maggioranza
troppo fragile».
Quindi bisognerebbe tornare ai
340 seggi garantiti dal Porcellum?
«Sì, e si può fare in due modi: o alzando al 40% la soglia di voti che fa
scattare un premio di maggioranza
del 15%; oppure, se si lascia la soglia al
37%, alzando il premio al 18. Ora abbiamo tempo, usiamolo per migliorare la legge elettorale. La fretta ha prodotto un processo non ordinato, troppe persone hanno messo mano al testo…».
Altri errori da correggere?
«Si prevedono troppe soglie e troppo complicate: ci sono le soglie con lo
sconto, a seconda se un partito si presenti in coalizione o da solo; e soglie
speciali per i partiti territoriali, il cosiddetto salva Lega. E c’è un fortissi-
Il consigliere politico di Forza Italia
Nuovo attacco di Toti all’esecutivo
«Nato male e partito peggio»
«Il governo Renzi, nato male e senza
legittimazione popolare, è partito
peggio». Questo il giudizio di Giovanni
Toti, intervistato ieri da Studio Aperto.
Il consigliere politico di Forza Italia
critica l’avvio del nuovo esecutivo «con
una serie di tasse che gravano sugli
italiani, la casa e le accise della
benzina» e la scelta dei sottosegretari
«con il manuale Cencelli». Il credito di
Renzi «è già quasi esaurito»: «Speriamo
che quando la riforma elettorale
arriverà in Parlamento il governo Renzi
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trovi più coraggio».
mo dubbio che siano tutte incostituzionali. Meglio fare una riflessione.
Un’unica soglia uguale per tutti e fissata al 4% semplificherebbe il sistema
e lo renderebbe più presentabile».
Ancora altri punti?
«Bisogna correggere la formula per
la restituzione dei seggi alle Regioni,
ai collegi e ai partiti dopo averli attribuiti a livello nazionale: il misterioso
algoritmo di cui si è parlato recentemente. Il meccanismo attuale privilegia il criterio territoriale rispetto a
quello politico, e crea un problema soprattutto per le piccole formazioni.
Per loro il sistema elettorale diventa
una specie di roulette. Per questo problema non esiste una soluzione ottimale. È la quadratura del cerchio. Ma
si può lavorare su una formula più
equilibrata mettendo insieme competenze diverse: politologiche, giuridiche, matematiche e informatiche. Ci
sarebbe il tempo per farlo».
Secondo qualcuno i senatori non
voterebbero mai la propria «eutanasia», quindi per arrivare a una riforma di Palazzo Madama si dovrebbe
renderla operativa soltanto a partire
da una legislatura successiva alla
prossima. Potrebbe essere un’idea?
«È del tutto inaccettabile. Possiamo
dare ai cittadini il messaggio che i senatori vogliono conservare la poltrona e consentirlo? No. La riforma del
Senato è un nodo che va sciolto subito. È ben più urgente della riforma
elettorale».
Daria Gorodisky
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12 Primo Piano
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Energia Le centrali
D’ARCO
I numeri del gruppo
I CONTI
Sorgenia, vertice con le banche
L’ipotesi della conversione
Il nodo dell’indebitamento da 1,9 miliardi di euro
GLI IMPIANTI
dati al terzo trimestre 2013
DATI IN MILIONI
1.734,2 (-1,4%)
Ricavi
Margine operativo lordo* -196,9
Risultato netto*
-434,3
CENTRALI A CICLO COMBINATO DA 800 MW
Anno di entrata in produzione
Termoli (Campobasso)
Modugno (Bari)
Bertonico-Turano Lodigiano (Lodi)
Aprilia (Latina)
2006
2010
2011
2012
1.863
Indebitamento netto**
ENERGIE ALTERNATIVE
impianti eolici tra Italia e Francia
impianti fotovoltaici
* post svalutazioni per circa 400 milioni
** a fine gennaio 2014
200 mw
8 mw
Fonte: Sorgenia
nia. Alla riunione, che potrebbe
essere decisiva, parteciperanno
i numeri uno di Mps, Unicredit,
Banca Imi, Banco Popolare, Ubi
Banca, Bpm e forse anche degli
altri istituti coinvolti.
Toccherà alla Cir ufficializzare la decisione in merito al suo
contributo alla salvezza del
gruppo: Sorgenia deve tamponare almeno 600 milioni di debiti considerati in eccesso, altrimenti a metà marzo finirà i soldi e sarà costretta a portare i libri in tribunale. Le banche sono
disposte a fare la propria parte
stralciando circa 300 milioni di
prestiti, da trasformare in azioni o in «nuovi strumenti partecipativi». Alla Cir chiedono però di mettere 150 milioni di aumento di capitale e spingono
perché De Benedetti usi parte
dei 330 milioni netti incassati
con il Lodo Mondadori. Gli altri
150 milioni verrebbero trasformati in un prestito “convertendo” o stralciati. Cir invece non
vorrebbe mettere sul piatto più
di 100 milioni anche perché il
socio di Sorgenia al 46%, la società austriaca Verbund, ha già
detto che non si impegnerà ancora, avendo svalutato a zero la
partecipazione. Se passerà la li-
L’aumento
Allo studio un aumento
di capitale da 450 milioni,
gli istituti potrebbero
arrivare al 67%
nea di Cir, le banche potrebbero
convertire solo 200 milioni. A
seconda di come finirà la trattativa, potrebbero arrivare al 67%
di Sorgenia, con Cir in minoranza. In altri scenari l’azienda
resterebbe nelle mani dei De
Benedetti, sia pure con una
quota azionaria ridotta, e dell’amministratore delegato Andrea Mangoni (ex Telecom Italia, ex Acea). L’orientamento
delle banche sarebbe quest’ultimo, ha fatto capire sabato Saviotti, visto che non sarebbe
stato chiesto un cambio di strategia di Sorgenia. Ma sul punto
non ci sarebbe ancora unanimità tra i banchieri.
I debiti di Sorgenia risalgono
a metà degli anni Duemila
quando il gruppo avviò la co-
struzione di quattro centrali a
gas a ciclo combinato, finanziate in project financing. Ma da un
lato il boom della rinnovabili,
dall’altro il Pil in calo in Italia
hanno ridotto la produzione al
20% circa della capacità. Per
questo già a fine dicembre
Mangoni aveva chiesto alle
banche una moratoria (standstill) fino a luglio 2014, nell’ambito del piano di ristrutturazione che prevede fra le altre
cose la cessione del ramo delle
rinnovabili in Italia e in Francia
e dell’attività di esplorazione e
produzione di idrocarburi, un
taglio del 20% dei costi e il contributo pubblico del «capacity
payment» alle centrali a gas.
✒
MILANO — La linea delle
banche sulla crisi di Sorgenia, la
società elettrica del gruppo Cir
presieduto da Rodolfo De Benedetti, l’ha esplicitata sabato un
big come Pierfrancesco Saviotti, amministratore delegato del
Banco Popolare: «Non siamo
intenzionati a fare regali a nessuno, nemmeno alla famiglia
De Benedetti. Siamo disponibili, ma a condizione che il gruppo partecipi con una percentuale corretta. Non possiamo essere chiamati solo noi a fare sacrifici se l’imprenditore, che è il
principale artefice, non ne fa».
Sarà questo il tema del summit
che si tiene stamattina a Milano
tra le 21 banche creditrici —
esposte per complessivi 1,86
miliardi — e i vertici di Sorge-
Fabrizio Massaro
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La lettera
De Benedetti:
un problema aziendale
non un caso politico
❜❜
Caro direttore,
l’articolo «Il premier, Sorgenia e il salvataggio
pagato dallo Stato» (Corriere della Sera,
2/3/2014), mette insieme in modo improprio la
situazione di Sorgenia e la necessità di
ristrutturarne il debito, il capacity payment per
i produttori di energia elettrica, le presunte
pressioni nei confronti dell’ex ministro Barca e
addirittura le nomine ai vertici delle aziende
pubbliche.
Mi preme in primo luogo precisare che mio
padre non ha alcun ruolo in Sorgenia: come
ampiamente noto, lui ha lasciato ogni incarico
esecutivo in Cir nel gennaio del 2009 e un anno
fa ha trasferito la quota di controllo del gruppo
industriale ai miei due fratelli e a me. Mio
padre, pertanto, non è in alcun modo coinvolto
nella situazione di Sorgenia né nelle trattative
di recente intraprese per la ristrutturazione del
suo debito, che vengono condotte dal
management di Sorgenia e, per quanto
riguarda l’azionista Cir, dal sottoscritto e
dall’amministratore delegato Monica
Mondardini.
Entrando poi nel merito dei contenuti
dell’articolo, si attribuisce al cosiddetto
capacity payment il carattere di
una misura «pro Sorgenia».
Ciò è strumentale in quanto:
1) il capacity payment è un
meccanismo di remunerazione
di un servizio necessario alla
sicurezza del sistema elettrico.
Si tratta, infatti, di una misura
legata al mercato, adottata o in
corso di adozione anche in altri
paesi d’Europa e in Nord
America, che remunera
impianti flessibili e in grado di
garantire la sicurezza della rete
Imprese
compensando gli sbalzi di
Le aziende
domanda e in particolare
coinvolte nel
l’intermittenza delle fonti
non
capacity payment rinnovabili,
programmabili e cresciute negli
sono numerose
ultimi anni in misura molto
superiore alle previsioni;
2) il provvedimento, che è già in
vigore dal 2003 e tornerà stabilmente dal 2017
(la discussione di oggi è sul periodo transitorio
2014-2016), riguarda determinati impianti di
generazione e non le aziende. L’articolo cita
esplicitamente la sola Sorgenia, ma le aziende
con centrali coinvolte nel capacity payment
sono numerose e di dimensioni anche maggiori.
La Legge di Stabilità, peraltro, prevede che tale
misura non pesi in alcun modo sulle bollette.
Inoltre, è fuorviante accostare alle attuali
difficoltà di Sorgenia il cosiddetto «caso Barca»
e alcune posizioni espresse dal quotidiano «la
Repubblica». La prima questione non esiste, in
quanto mio padre ha dichiarato pubblicamente
– senza essere stato in alcun modo smentito –
di non avere contatti con l’ex ministro da
diverso tempo. La seconda questione, che lega
alcuni articoli di «Repubblica» al caso
Sorgenia, è priva di fondamento: Cir non ha
mai condizionato le autonome opinioni de «la
Repubblica». E’, infine, infondata anche
l’ipotesi di una integrazione di Sorgenia in Eni.
Mi spiace constatare che si cerchi in tutti i
modi, per ragioni che fatico a comprendere, di
creare un «caso politico» su quello che, nei
fatti, è unicamente un problema aziendale che
coinvolge azionisti e istituti finanziatori.
❜❜
Rodolfo De Benedetti
presidente Cir
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Primo Piano 13
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
Energia I consumatori
Luce e gas, la bolletta tutta in una pagina
Partita la fase di consultazione. Ci saranno i dati per poter cambiare operatore
Il futuro remoto, di là da venire,
è quello del contatore «superintelligente», per il quale si inizierà a fare una prima selezione già quest’anno. Un sistema in grado di tenere i conti di gas, luce, acqua tutti
insieme. E perché no, teleriscaldamento e magari anche qualche
consiglio ritagliato su misura per
l’uso più razionale dell’energia. Ma
il futuro prossimo, che scatta già
dalle prossime settimane, sarà comunque sufficientemente rivoluzionario per tutte le famiglie e i
consumatori italiani: si partirà dal-
❜❜
Bortoni (Aeeg)
Giù i prezzi? Le rendite
vanno abbandonate da
tutte le parti, dando
prova di responsabilità
la nuova «bolletta 2.0», che sostituirà le sette-otto spesso incomprensibili e pesanti pagine alle quali gli italiani sono stati abituati fino
ad oggi, con un solo, sintetico e
possibilmente chiaro foglio in formato A4, che conterrà tutto l’essenziale (anagrafiche, spesa e dati per
poter cambiare operatore) in una o
due facciate. In parallelo si metteranno in movimento altri «cantieri»: quello per avviare comunque
l’installazione nelle abitazioni dei
contatori «intelligenti» per il gas (i
«cugini» di quelli per l’elettricità
già installati); un altro per riformare la tariffa sui servizi di rete in vi-
Che cosa cambia
gore dagli Anni 70, in modo da incentivare l’utilizzo di tecnologie efficienti come le cosiddette «pompe
di calore» al posto delle tradizionali
caldaie (e si parla anche delle cucine a induzione); infine la nuova tariffa per l’acqua, passata forse sotto
silenzio, ma scattata dal primo gennaio scorso. Sono già due anni che
l’Autorità per l’energia ha anche la
competenza sull’acqua. Ora, con il
nuovo sistema tariffario, l’obiettivo
di contenere gli sprechi e di rilanciare gli investimenti per rimettere
in sesto una rete conciata male,
sembra essere a portata.
Non che negli ultimi tre anni trascorsi dall’insediamento per l’attuale Autorità il lavoro non sia
mancato. L’ultimo sforzo ha riguardato dodici mesi fa la riforma della
materia prima gas, che sganciando
il prezzo da quello del petrolio e legandolo all’andamento dei mercati
«spot» ha fatto scendere nel 2013 le
bollette dell’8%. «Quando ci siamo
insediati — afferma il presidente
dell’Autorità Guido Bortoni — abbiamo deciso di aprire una stagione
di grandi e piccole riforme. Le maggiori, come quella gas, fanno parlare molto di sé, ma anche le tante
piccole fanno il rumore di una foresta che cresce».
L’attenzione rimane alta su diversi altri fronti, e non potrebbe essere altrimenti. Per le imprese e per
i consumatori italiani i prezzi dell’energia continuano a rimanere
drammaticamente alti, soprattutto
PROVE DI BOLLETTA 2.0
Alcune possibili alternative alla bolletta attuale
e il confronto con il modello americano
Format semp
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La bolletta
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Domani la videochat
Tutti i confronti sul Web
La nuova «bolletta 2.0», ma non solo.
Domani dalle 14.30 il presidente
dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e
il sistema idrico, Guido Bortoni e il
componente Luigi Carbone, risponderanno
(su www.corriere.it) alle domande dei
lettori su tutte le novità in arrivo.
Il confronto tra la vecchia bolletta di luce e
gas con un (possibile) modello della nuova
fattura che le famiglie riceveranno dal
2015. Che cosa accadrà sul fronte delle
tariffe, dei contatori «intelligenti» del gas,
dell’acqua. Da questa mattina nello speciale
«le Nuove Bollette» su www.corriere.it
nel paragone europeo. Un differenziale che gioca contro le prospettive
di rilancio dell’economia, soprattutto nel confronto con i «competitors». Nell’ambito delle sue attribuzioni anche il regolatore-Autorità è
ben conscio del problema, che riguarda, tra l’altro, questioni sensibili come l’integrazione delle fonti
rinnovabili nel sistema e la revisione degli «oneri di sistema», le voci
«parafiscali» che appesantiscono la
bolletta e che sono cresciute ben oltre le attese (oltre agli incentivi alle
fonti rinnovabili anche gli sconti
per le imprese energivore o i costi
dello smantellamento del «vecchio» nucleare). Non è un mistero
che la crescita della componente fiscale nelle bollette abbia come effetto quello di ridurre lo spazio lasciato alla concorrenza sul mercato
tra le diverse aziende fornitrici di
gas e elettricità. Uno spiraglio però
si sta aprendo, visto che l’Autorità
ha inserito nel suo programma anche questa riforma. Un obiettivo da
raggiungere a tappe entro il 2016.
«Che l’incremento degli oneri sia
per noi un elemento di forte preoccupazione — dice Bortoni — lo diciamo da tempo. Ma per fare queste
riforme ci vuole coraggio da parte
di tutti, istituzioni e operatori. Se si
vuole una vera riduzione dei prezzi
dell’energia le posizioni di rendita
vanno abbandonate da tutte le parti, dando prova di responsabilità».
Va da sé che agli occhi dei consumatori l’iniziativa più evidente sarà
quella della nuova bolletta, che dovrebbe essere più vicina al modello
Usa piuttosto che a quello francese
o tedesco. «Iniziamo la semplificazione dai servizi di maggior tutela
ma è ovvio che anche il mercato libero non potrà ignorare questa
nuova prassi», aggiunge Bortoni.
Leggibilità e trasparenza saranno
maggiori. Certo, per uguagliare il
modello Usa bisognerebbe avere
anche prezzi di elettricità e gas paragonabili. La strada è ancora lunga
ma ben avviata: «È finita l’epoca in
cui eravamo subalterni nell’Europa
dell’energia, ora su parecchi temi le
nostre regole sono prese ad esempio».
Stefano Agnoli
@stefanoagnoli
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Le novità in arrivo sul fronte dell’energia. Si apre una stagione di innovazioni tecnologiche e di mercato
Elettricità e gas,
Più efficienza
scatta l’operazione nei consumi,
trasparenza
cambia la tariffa
Acqua, il rilancio Metano, arrivano
degli investimenti i primi contatori
e stop agli sprechi «intelligenti»
Il difficile caso
dei prezzi «biorari»
Resteranno invariati
È
F
I
la novità che più di tutte riguarderà la
vita di 30 milioni di famiglie italiane:
l’addio alla vecchia, burocratica e poco
comprensibile bolletta. Il 2015 sarà
l’anno di avvio della «rivoluzione», visto che
l’Autorità per l’energia ha appena dato l’ok alla
procedura che prevede, come primo passo, la
pubblicazione sul sito internet www.autorita.energia.it della «consultazione pubblica»
che contiene gli orientamenti per arrivare a
disegnare la «bolletta 2.0». L’obiettivo è ambizioso: superare l’attuale struttura per arrivare a
un testo sintetico, snello, con
voci chiare e semplici per tutti,
sul modello delle bollette in
vigore negli Stati Uniti. I tempi? La riforma dovrebbe entrare effettivamente in vigore
dal prossimo anno. La prima
innovazione riguarda il format: scompariranno
le attuali sette/otto pagine, che si ridurranno
ad una o due, con tutti gli elementi essenziali
sulla spesa e le forniture di energia. Verranno
semplificate e in qualche caso eliminate le voci
meno comprensibili. Ad esempio gli attuali
«servizi di vendita» si chiameranno «spesa per
l’energia». I «servizi di rete» si trasformeranno
in un meno criptico «spesa per il trasporto e
gestione del contatore». Per maggior trasparenza si darà più evidenza ai cosiddetti «oneri
parafiscali» (dagli incentivi alle fonti rinnovabili agli sconti per le imprese «energivore» fino
alle spese per lo smantellamento delle centrali
nucleari), che oggi non sono indicati e che
incidono per oltre il 20% sulla spesa finale.
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I
n gergo la chiamano la «tariffa smart»,
arriverà in via sperimentale dal prossimo
luglio e servirà a promuovere i consumi
«ad alta efficienza». L’obiettivo è favorire
l’adozione di apparecchiature che fanno consumare «meglio», risparmiando cioè energia
primaria come il gas. Un esempio? La «pompa
di calore», alternativa più efficace rispetto
alla caldaia tradizionale e al climatizzatore. La
nuova tariffa si chiamerà «D1» ed è molta
diversa rispetto alle attuali tariffe D2, applicata per l’abitazione di residenza e alla D3 per le
seconde case. Queste ultime
sono progressive: il prezzo
unitario cresce con la crescita
dei consumi. Quando furono
introdotte (Anni 70) avevano
lo scopo di favorire il risparmio energetico. Ora, invece,
questa onerosa progressività «blocca» l’adozione di una tecnologia come quella della
pompa di calore, che necessita di maggior
potenza ma che consente minor consumo di
gas. L’Autorità ha deciso di partire in via sperimentale, con una tariffa non progressiva
che fino a dicembre 2015 sarà applicata ai
contratti di fornitura domestica (mercato
libero e servizio di tutela) e che potrà essere
scelta da chi utilizza pompe di calore elettriche per l’abitazione di residenza. Ma non
finisce qui: la riforma prevede anche una
revisione degli «oneri generali di sistema»
(i contributi «parafiscali» dagli incentivi alle
rinnovabili fino allo smaltimento del nucleare) che potrebbe concludersi nel 2016.
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orse pochi ricordano che da due
anni a questa parte l’Autorità per
l’energia e il gas ha competenze anche per l’acqua. In questo periodo il
Garante ha dapprima introdotto una tariffa
transitoria, sulla base della quale sono state
approvate le tariffe di oltre 22 milioni di
abitanti (in 499 aree), e ha in seguito adottato i criteri per restituire ai consumatori la
remunerazione del capitale investito che
era stata abrogata dal referendum del 2010.
Dal primo gennaio scorso, invece, è entrato
in vigore il nuovo «Metodo
tariffario idrico». Le nuove
tariffe anche per l’acqua,
insomma, che hanno due
caratteristiche principali:
l’introduzione di meccanismi antispreco, con tariffe di
acquedotto agevolate per i bassi consumi, e
le cosiddette «tariffe di eccedenza», che
crescono al crescere dei consumi e che serviranno per rilanciare gli investimenti.
Quello degli investimenti necessari sul
sistema dell’acqua è diventato un nodo
fondamentale: secondo alcune stime nel
settore sono state realizzate meno del 56%
delle opere necessarie, e serviranno oltre
25 miliardi di euro nei prossimi 5 anni. Da
coprire non solo con le tariffe (che in Italia
restano tra le più basse d’Europa: 1,5 euro
al metro cubo contro i 4 del Regno Unito e i
3 di Francia, Grecia, Svizzera) ma anche
con strumenti integrativi quali i cosiddetti
«hydrobond» o i titoli di «efficienza idrica».
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N
el gas come nell’elettricità. Almeno
per quanto riguarda l’obiettivo dei
«contatori intelligenti». Nel settore
elettrico la quasi totalità delle famiglie (il 97%) ha già un contatore «smart»
e l’Italia è leader europeo con 34 milioni di
meter elettronici in servizio. Ma anche per
il gas il conto alla rovescia è iniziato: entro
fine 2014 nelle case degli italiani dovranno
essere installati almeno 450mila nuovi
«smart meter gas». E da quella data anche
le società di distribuzione del gas potranno
installare solo i nuovi contatori teleletti e telegestiti.
Entro il 2018 dovrà essere
raggiunto il traguardo di
12 milioni di contatori intelligenti. Un enorme passo
in avanti, visto che oggi la
stragrande maggioranza dei contatori gas
non sono elettronici e sono collocati all’interno delle abitazioni con difficoltà di accesso per chi deve rilevarne i consumi.
Spesso, insomma, le aziende sono quasi
costrette a ricorrere a stime, anche se l’Autorità ha stabilito l’obbligo di effettuare uno
o due tentativi di lettura l’anno (con un
indennizzo di 30 euro a cliente per ogni
lettura non fatta). Ma il 2014 sarà anche
l’anno dei progetti pilota per le soluzioni di
contatori intelligenti «multiservizio», cioè
adatti per gas, luce, acqua e magari anche
per il teleriscaldamento. L’Autorità partirà
con un bando e una selezione. Per i primi
risultati occorrerà avere un po’ di pazienza.
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prezzi biorari nascono nel 2010, per dare
ai consumatori un segnale del costo
dell’energia elettrica nei diversi momenti della giornata. Allora i prezzi sul
mercato registravano un andamento differenziato, riconducibile a tre precisi segmenti: ore di punta, ore intermedie e ore fuori
punta, con prezzi più alti (nelle prime) e più
bassi (nelle altre) in funzione della domanda. Da allora, però, lo scenario è profondamente cambiato: le fonti rinnovabili sono
cresciute, e la domanda di energia è calata.
La dinamica dei prezzi si è modificata e la forbice tra ore di
punta e altre ore si è parecchio ridotta, quasi vanificando il risparmio ottenibile
(solo pochi euro per un consumatore tipo). Che fare? Sono
state avanzate diverse ipotesi, dalla modifica
dei raggruppamenti orari fino a nuove fasce
orarie. Ma si sarebbero dovuti riprogrammare 30 milioni di contatori elettronici, un’operazione che avrebbe richiesto 9-12 mesi. Alla
fine, considerando anche l’incertezza dell’evoluzione dei mercati, si è deciso di non
modificare nulla. Si è scelto di non scegliere?
In realtà, sostiene l’Autorità, il meccanismo
delle biorarie continua a tutelare i consumatori, impedendo ai fornitori di approfittare
dei momenti in cui l’energia all’ingrosso
costa di meno per venderla allo stesso prezzo
indifferenziato. E lascia inalterato il concetto
di far pagare il dovuto a ogni singolo cliente
in base ai suoi modi e momenti di consumo.
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14
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Nuovo H800 “Leonardo”
Perfetta sintesi di tecnologia e bellezza
€ 388,00
ECO DRIVE:
ENERGIA INESAURIBILE
grazie alla carica della luce
RADIOCONTROLLATO: PRECISIONE ASSOLUTA
tolleranza 1 sec. ogni 10 milioni di anni
VETRO ZAFFIRO:
PREZIOSO E INSCALFIBILE
€ 368,00
€ 398,00
15
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
Esteri
La mappa
Lo Xinjiang è una provincia
autonoma cinese grande
cinque volte l’Italia: dei 22
milioni di abitanti, circa dieci
sono di etnia uigura e
religione islamica
RUSSIA
La reazione Il bilancio dell’attacco: 33 morti, compresi 4 attentatori. Fra di essi due donne
Cina, accuse ai separatisti uiguri
Xi: «Colpiremo con durezza»
Urumqi
XINJIANG
Pechino
C I N A
YUNNAN
INDIA
Kunming
Qui sabato sera, alla
stazione centrale
dei treni, è avvenuto
l’attacco a colpi di coltello
attribuito a una banda
di separatisti uiguri
La testimonianza: «Ho visto tagliare la gola a un uomo»
L’attentato
Candele Una veglia in memoria delle vittime dell’attacco terroristico di fronte alla stazione di Kunming, nel Sudovest della Cina
Vestiti di nero
La sera di sabato, alle 9
locali (le due del
pomeriggio in Italia), un
gruppo di dieci-dodici
terroristi, vestiti di nero,
hanno dato l’assalto alla
stazione dei treni di
Kunming, nel Sudovest
della Cina
Vittime
Gli assalitori hanno colpito
con coltelli i passeggeri in
attesa, uccidendo 29
persone, ferendone 140.
L’intervento della polizia
ha fermato la carneficina:
4 terroristi sono morti
cia sul grande piazzale della
stazione.
Secondo la prima ricostruzione, tra i quattro terroristi
uccisi sul posto, uno era una
donna e un’altra è stata ferita e
catturata. Il gruppo sarebbe
stato composto da dieci, forse
dodici membri. Pare che due
siano stati arrestati ieri mattina: se è così, cinque sono ancora in fuga. Il presidente cinese Xi Jinping ha detto che lo
Stato «colpirà con durezza, secondo la legge» gli autori e gli
organizzatori della carneficina, per prevenire nuove azioni;
ma non ha commentato l’identificazione dei responsabili co-
me separatisti dello Xinjiang.
«Non contano le motivazioni
di chi ha agito, chi versa tanto
sangue di innocenti è nemico
di ogni decenza e sarà ripagato
con pugno di ferro», ha detto il
ministro della Sicurezza spedito sul posto da Xi.
Il fatto che l’accusa agli uiguri formulata dalle autorità
dello Yunnan sia stata rilanciata dall’agenzia statale Xinhua,
lascia intendere che è nello
Xinjiang il terreno dove Pechino si prepara a reagire «con
durezza» seguendo l’ordine di
Xi Jinping. Già ieri la polizia ha
rastrellato a Kunming le poche
centinaia di residenti di etnia
uigura per interrogarli.
Sono anni che nello
Xinjiang, all’estremo Ovest
della Cina, si ripetono episodi
di violenza: nel 2009 nella capitale Urumqi ci fu una sommossa durante la quale gli uiguri attaccarono i cinesi di etnia han, facendo almeno 200
morti. Da allora, dalla provincia arrivano spesso notizie di
agguati e rappresaglie sanguinose. Ma sono episodi che trovano poco spazio sulla stampa
cinese e anche su quello occidentale. Poi, lo scorso ottobre,
gli uiguri hanno catturato l’attenzione con un attacco nel
cuore di Pechino: una jeep ca-
rica di taniche di benzina si è
andata a schiantare sulla piazza Tienanmen davanti all’ingresso della Città Proibita,
proprio sotto il grande quadro
di Mao Zedong. Cinque morti
tra cui i tre sul veicolo e una
quarantina di turisti feriti. La
polizia stabilì che i tre erano
venuti dal lontano Xinjiang. A
quanto pare gli uiguri stanno
cambiando strategia e ora
esportano la loro lotta senza
quartiere nelle città della Cina.
Kunming dista più di 1.600
chilometri dallo Xinjiang.
Guido Santevecchi
@guidosant
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Escalation Dopo settimane di proteste per l’incapacità del Congresso generale nazionale di garantire la sicurezza
Libia, assalto al parlamento: feriti due deputati
La folla furiosa invade il Palazzo
al grido «dimissioni»
Ira per la proroga del mandato
L’assalto al parlamento di
Tripoli di decine di manifestanti armati, al grido «dimissioni!» rivolto ai deputati in
sessione, due dei quali sono
stati feriti. L’assassinio di un
ingegnere francese a Bengasi,
dove l’uomo lavorava nella ristrutturazione delle strutture
sanitarie. E ancora: le dimissioni del capo della costituente, poche ore dopo l’annuncio
dei risultati del voto per la
commissione incaricata di
mettere a punto la prima Costituzione democratica della
Libia. Una Carta che dovrebbe
segnare una svolta cruciale
per l’ex Jamahiriya: a tre anni
dalla rivoluzione il Paese è
sempre più preda di divisioni
politiche, tribali e regionali,
con violenze quotidiane
ovunque e un’economia in
serio pericolo nonostante il
petrolio.
In questo scenario già cupo
ieri è stato però un giorno
davvero negativo per la Libia,
culminato in quell’invasione
del palazzo dove ha sede il
Congresso generale nazionale
(Cgn), la più alta autorità politica del Paese ovvero il parlamento ad interim che in
febbraio avrebbe dovuto dimettersi ma che aveva invece
deciso di prorogare il proprio
mandato fino a dicembre. Il
prolungamento al potere —
ben poco potere in realtà, vista la scarsa influenza del Ggn
sulle decine di milizie armate
e su gran parte del Paese —
aveva destato subito proteste
«Sequestrati»
I manifestanti chiedevano
inoltre il rilascio dei loro
compagni sequestrati
sabato notte a un sit-in
con migliaia di persone in
piazza e richieste di dimissioni immediate per la palese incapacità del Cgn nel garantire
la sicurezza e un futuro ai libici. Sabato di fronte all’edificio
si era tenuto un nuovo sit-in,
contemporaneo a una manifestazione nella piazza dei
Martiri, l’ex piazza Verde di
Gheddafi. E’ stato al primo raduno che sono scoppiate violenze nella notte di sabato: un
gruppo di uomini armati
hanno fatto irruzione sparando in aria e bruciando una
tenda dei manifestanti. Secondo questi ultimi, gli assalitori apparterebbero alla
«Cellula di operazioni rivoluzionarie», ex ribelli agli ordini
del Cgn che avrebbero poi sequestrato alcuni loro compagni. E’ stato per chiedere il loro rilascio che ieri sera i manifestanti hanno dato l’assalto al parlamento, sfasciando
mobili e bruciando la poltrona del presidente dell’assemblea. Per i loro compagni e per
insistere che il Cgn si dimetta.
«Sono entrati in decine, urlavano andatevene — ha detto alla France Presse una de-
putata —. Molti di loro erano
giovani e tanti avevano coltelli e bastoni». Non solo: due
membri del Congresso sono
stati feriti da armi da fuoco
mentre cercavano di scappare
Protesta Pneumatici in
fiamme bloccano una
strada di Tripoli. I manifestanti chiedono il rilascio dei compagni arrestati
I terroristi
puntano
a colpire
le città dell’Est
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PECHINO — C’erano due
donne nel gruppo di terroristi
che sabato notte ha fatto una
strage tra la folla alla stazione
ferroviaria di Kunming, capoluogo della provincia meridionale cinese dello Yunnan. A
terra, davanti alla biglietteria e
nel piazzale della stazione, sono rimasti i corpi senza vita di
29 persone e 143 feriti, più
quattro del commando abbattuti dal fuoco della polizia. Una
caccia all’uomo durata una
ventina di minuti; gli aggressori, che secondo le testimonianze erano vestiti con tute
nere, erano armati di coltelli
lunghi una ventina di centimetri, di quelli che si usano
per spaccare a metà i cocomeri.
I sopravvissuti raccontano che
quelle ombre nere hanno cominciato a pugnalare metodicamente tutti quelli che si trovavano davanti. Le immagini
rilanciate dai testimoni sui social media sono raccapriccianti: cadaveri martoriati, bagagli
abbandonati, scie di sangue
sul pavimento. «Erano ben addestrati, tutto è stato organizzato dai separatisti della prov i n c i a o cc i d e n ta l e d e l l o
Xinjiang», hanno detto le autorità di Kunming. Lo Xinjiang
è la terra della minoranza uigura, di fede musulmana.
È stata una scena da film
dell’orrore, con quei morti viventi che continuavano a tirare
fendenti con i coltelli, difficili
da individuare tra la folla impazzita di paura. Un poliziotto,
finito spalle al muro dopo aver
svuotato il caricatore della pistola, è stato fatto a pezzi.
«Colpivano come animali, li ho
visti mentre tagliavano la gola
a un uomo a pochi metri da
me», ha raccontato il cameriere di un ristorante che si affac-
Strategie
in auto. Altri sarebbero stati
picchiati, alunne vetture date
alle fiamme. Nessuna reazione politica è arrivata ieri sera
dal Cgn, se non la tacita e ennesima constatazione dell’anarchia che regna in Libia.
E delle difficoltà dell’autorità
politica nata dal crollo del regime a gestire perfino la transizione, anche perché divisa
al suo interno soprattutto tra
islamici e laici.
Un altro grave segnale d’allarme era arrivato poco prima
con le dimissioni a sorpresa
di Nuri Al Abari, seguite da
quelle di altri due membri
della costituente. Il voto in
febbraio per eleggere la commissione di 60 uomini era
stato segnato da violenze, in
molti seggi non si era potuto
votare e alla fine solo 47 nomi
erano stati annunciati venerdì. Al Abari ieri non ha motivato la sua decisione di rinunciare all’incarico, che potrebbe essere respinta dal Cgn
che ieri, al momento dell’assalto, stava dibattendo proprio questo dossier.
Cecilia Zecchinelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
PECHINO — Il popolo cinese
del Web è scosso. C’è chi ha
paragonato la carneficina di
Kunming all’11 settembre di
New York. «Dobbiamo reagire a
questi terroristi come fecero gli
americani, siamo tutti di Kunming», ha scritto un blogger in
un messaggio sul Quotidiano del
Popolo. La reazione contro i
terroristi annunciata da Pechino
si svolgerà nella «Nuova Frontiera»: questo significa il nome
Xinjiang. Le dinastie imperiali
cinesi hanno combattuto secoli
per conquistare quella nuova
frontiera occidentale fatta di
deserto, pascoli, montagne (e
come si è scoperto di recente,
giacimenti minerari importanti).
In origine la maggioranza della
popolazione era di etnia uigura,
ma dopo la penetrazione cinese
il ceppo più antico è diventato
minoranza: 10 milioni circa di
uiguri musulmani su una popolazione di 22 milioni. Alla fine
della seconda guerra mondiale,
appoggiati dai sovietici, gli uiguri proclamarono la Repubblica
del Turkestan Orientale che
sopravvisse fino al 1949, quando
l’Esercito popolare di liberazione
cinese ristabilì l’autorità di Pe-
«Due Cine»
Strettissime le misure di
controllo nello Xinjang,
ma altrove le maglie della
sicurezza sono più larghe
chino. Negli anni Novanta, spinti
dalla proclamazione d’indipendenza delle vicine repubbliche
dell’ex Urss, il movimento separatista uiguro riprese a farsi
sentire. Pechino ha investito
molto nello Xinjiang. L’anno
scorso la crescita della regione è
stata dell’11%, a fronte di un dato
nazionale del 7,7. Ma in cambio
dei progetti di modernizzazione
e di valorizzazione delle risorse
naturali, i cinesi hanno lanciato
un programma di assimilazione
che per una parte degli uiguri è
sinonimo di colonizzazione e
repressione. Le azioni violente si
sono moltiplicate, con responsabilità difficili da verificare. Finora il sangue era stato versato solo
nello Xinjiang: i fatti più gravi
nel 2009, quando a Urumqi erano state uccise 200 persone,
soprattutto cinesi han. Poi uno
stillicidio di attacchi notturni a
posti di polizia e di «terroristi
eliminati». Ora la ferocia sconfina. Gli esperti di terrorismo se lo
aspettavano: da mesi parlano di
«due Cine» dal punto di vista
della sicurezza, con una situazione militarizzata nello Xinjiang e
maglie necessariamente più
larghe nelle lontane città dell’Est. Per sfuggire al grande
schieramento di forze cinesi
nella loro regione e anche per
trovare visibilità, i terroristi
uiguri avevano bisogno di agire
a Est: hanno cominciato con
l’autobomba sulla Tienanmen e
sabato è toccata a Kunming. E
qualche analista teme che anche
l’internazionale jihadista ora
cominci a guardare ai separatisti
della Nuova Frontiera.
G. Sant.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
16
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Cronache
Como Il movente del delitto è passionale, nella lista dei sospettati tutti gli uomini con cui aveva stretto amicizie recenti
Lidia uccisa in stazione, c’è un video
Una telecamera ha ripreso la scena. La donna aveva un appuntamento
DAL NOSTRO INVIATO
MOZZATE (Como) — L’uomo
che percorre il sottopassaggio affianca la donna che lo sta attendendo e senza darle nemmeno il
tempo di parlare le sferra due
coltellate. L’assassino ha solo la
fortuna di essere parzialmente riparato da un ombrello altrimenti
a quest’ora la sua identità non
avrebbe misteri. Una videocamera di sicurezza ha ripreso ogni
istante dell’omicidio di Lidia Nusdorfi, la donna di 35 anni accoltellata a morte sabato sera nel
sottopassaggio della stazione
ferroviaria di Mozzate, e il ritrovamento di quelle immagini fa
sperare con ragionevole ottimismo nella cattura dell’omicida.
Nessun fiore, nel frattempo,
per Lidia: ieri mattina il sangue
della tragedia era già stato lavato
via dalle mattonelle del tunnel e
nessuno aveva avuto tempo e
modo di deporre un piccolo
omaggio alla vittima dell’ennesimo caso di femminicidio. L’altra
sera Lidia stava aspettando un
uomo, che si è presentato all’appuntamento armato di un coltello e di una premeditata voglia di
uccidere. E questa è la seconda
novità nelle indagini: oltre alla
videocamera che ha memorizzato la sequenza del delitto, anche
il telefonino della donna avrebbe
aiutato i carabinieri di Como e di
La sequenza
L’incontro
misterioso
Lidia Nusdorfi, 35 anni,
arriva sabato alle 19.30
alla stazione di Mozzate
(Como) dove ha un
appuntamento con un
uomo misterioso. Nel
sottopassaggio viene
accoltellata a morte
COMUNE DI BERGAMO
AREA AFFARI ISTITUZIONALI
DIREZIONE CONTRATTI E APPALTI
AVVISO DI PROCEDURA APERTA
PER ESTRATTO
Il Comune di Bergamo, Piazza Matteotti n. 27,
tel. 035/399111 - telefax 035/399031 indice
procedura aperta per l’appalto dei lavori di restauro e valorizzazione della ex chiesa di
Sant’Agostino - opere di completamento, per
un importo a base d’appalto di Euro
2.246.659,69 di cui Euro 57.153,92 relativi
agli oneri per la sicurezza non soggetti a ribasso per il giorno 28 aprile 2014 alle ore
9,15. L’aggiudicazione avverrà in base al criterio dell’offerta “economicamente più vantaggiosa” ai sensi dell’art. 83 comma 1 del
D.Lgs. n. 163. Tutte le modalità di partecipazione alla procedura aperta sono contenute
nel bando integrale di gara in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e all’Albo Pretorio del Comune.
Detto bando unitamente al modello di autodichiarazione possono essere ritirati presso la
locale Direzione Contratti e Appalti (piazza
Matteotti n. 3) dal lunedì al giovedì dalle ore
9.00 alle ore 12.00, ovvero consultati e scaricati dal sito internet del Comune di Bergamo:
www.comune.bergamo.it, link: gare e appalti. L’offerta, completa della documentazione richiesta, dovrà essere presentata al
Servizio Gestione Documentale - Protocollo e
Archivio del Comune di Bergamo - Piazza
Matteotti n. 27, entro le ore 12,30 del giorno
22 aprile 2014, a pena di esclusione.
IL DIRIGENTE - Dott. Giovanni Cappelluzzo
PROVINCIA DI SIENA
SETTORE OPERE PUBBLICHE
E ASSETTO DEL TERRITORIO
AVVISO APPALTO AGGIUDICATO
Si rende noto che con determina n. 178 del 22/01/2014,
efficace dal 10/02/2014, è stato aggiudicato l’appalto integrato “Lavori di completamento della variante della
S.R.T. 429 nel tratto Poggibonsi - Certaldo per il collegamento con la vecchia S.R.T. 429 in località Zambra. 2°
stralcio”. CIG 1235751DF8. Ditta Aggiudicataria: COOPERATIVA di COSTRUZIONI Soc. Coop.va con sede in Modena. Valore totale finale dell’appalto (IVA esclusa):
€ 5.601.789,45. Numero partecipanti: 8. L’esito di gara
integrale è stato inviato alla GUCE il 18/02/2014 ed è pubblicato sulla G.U.R.I. Vª Serie S. n. 24 del 28/02/2014.
IL DIRIGENTE AD INTERIM
Dott. Tommaso STUFANO
Per la pubb
pubblicità
finanziaria rivolgersi a:
legale e fina
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
6665/6256 - Fax 02 2588 6114
Tel. 02 2584 66
Via Valentino Mazzola, 66/D
00142 Roma
8650 - Fax 06 6882 8682
Tel. 06 6882 86
Nicola alla Dogana, 9
Vico II San N
Napoli
80133 Napo
Tel. 081 49 777 11 - Fax 081 49 777 12
Via Villari, 50 - 70122 Bari
Tel. 080 5760 111 - Fax 080 5760 126
RCS MediaGroup S.p.A.
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Le immagini
Il filmato mostra
l’aggressione
ma il volto del killer è
coperto da un ombrello
nel forno dove lavora come panettiere.
Nata a Garbagnate Milanese, la
donna aveva vissuto molti anni a
Rimini assieme all’uomo da cui
aveva avuto due figli di 11 e 5 anni. Il legame era finito e lei nel
frattempo aveva iniziato una relazione col cugino dell’ex compagno; poi era tornata in Lombar-
L’occhio
elettronico
La videocamera
all’ingresso del
tunnel che ha
ripreso la scena
dell’aggressione.
Le immagini
sono state messe
sotto sequestro
Il cadavere viene trovato
dal capostazione Carlo
Covini (foto), una
videocamera a due metri
dal luogo del delitto
riprende la scena, ma un
ombrello copre il killer
COMUNE DI COMO
CITTA’ DI TORINO
ci fosse proprio lui lì nel sottopassaggio» fa notare un investigatore invitando alla cautela. La
sfera in cui si indaga è comunque
ristretta alle relazioni sentimentale di Lidia Nusdorfi. Escluso
dalla lista dei sospetti è Dritan
Demiraj, il padre dei due figli di
Lidia: sentito ieri a Rimini, per
l’ora del delitto ha un alibi, era
Un ombrello
nasconde il killer
Settore Cultura
E’ indetta una procedura aperta, Allegato II B Codice dei Pubblici Contratti, per l’“affidamento in
gestione dell’organizzazione della mostra 2014
a Villa Olmo” CIG n. 560110955D - periodo di
apertura al pubblico della Mostra: dal 27 giugno
2014 al 16 novembre 2014 - criterio di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa: offerta tecnica punti 80 - offerta economica
punti 20. E’ richiesto il sopralluogo obbligatorio
certificato da parte della Stazione appaltante.
Documentazione disponibile sul sito internet http:
www.comune.como.it - link Albo Pretorio. Sezione Bandi di gara di servizi. Scadenza presentazione offerte: 07.04.2014 ore 13.00. La gara
verrà espletata il giorno: 07/04/2014 ore 16.00
presso la Sede Comunale. Responsabile del procedimento: prof. Maurizio Ghioldi.
Il Dirigente Settore Cultura
Prof. Maurizio Ghioldi
AVVISO DI RETTIFICA E PROROGA TERMINI
PROCEDURA APERTA N. 9/2014
C.U.P. C19J13000490004 - CIG 5483817CEF
C.P.V. 45454000-4
Bando pubblicato il 19 febbraio 2014 all’Albo
Pretorio della Città di Torino e sulla G.U.R.I.
n. 20 del 19 febbraio 2014. Oggetto: manutenzione ordinaria presso il Palazzo di Giustizia
Bruno Caccia ed ex complesso carcerario
Le Nuove. Anni 2013-2014. IMPORTO TOTALE
DELL’APPALTO: Euro 777.448,18. Con il
presente avviso si comunica che sul sito
www.comune.torino.it/appalti è stato pubblicato un avviso di rettifica e proroga termini.
Torino, 24 febbraio 2014
IL DIRIGENTE DEL SERVIZIO APPALTI LL.PP.
Dott.ssa Magda IGUERA
Cantù a orientarsi nelle indagini.
L’analisi del traffico delle chiamate e degli sms fa ormai dire
con certezza che Lidia sabato sera
aveva un appuntamento con un
uomo proprio alla stazione di
Mozzate.
I numeri di telefono dovrebbero rendere facile identificare il
«mister X», «ma non è detto che
Versilia Ambiente S.r.L.
Vietta dei Comparini n. 186
55049 - Viareggio (LU)
Tel. 0584/38601 - Fax 0584/3860244
http://www.versiliaambiente.it
e-mail:[email protected]
Versilia Ambiente S.r.L. comunica che in data
24 febbraio 2014 è stato inviato alla GUCE il
bando di gara per servizio di trasporto del rifiuto
CER 20 03 01, CER 20 03 03 e del CER 19 12
12 prodotto dalla selezione meccanica di rifiuti
solidi urbani indifferenziati. L’importo complessivo dell’appalto è pari ad € 871.125 oltre IVA,
di cui: € 853.702 a base d’asta e € 17.442,50
per oneri della sicurezza non soggetto a ribasso.
SOCIETA’ DI GESTIONE
AEROPORTO CAGLIARI ELMAS
So.G.Aer. S.p.A.
ESTRATTO AVVISO DI GARA ESPERITA
La So.G.Aer. S.p.A., via dei Trasvolatori
s.n., 09030 Elmas (CA), comunica l’affidamento, a mezzo di procedura aperta,
della fornitura di energia elettrica per
il periodo 01/02/14-31/01/15. Imprese
partecipanti: 5. Criterio di aggiudicazione: prezzo più basso determinato
mediante offerta a prezzi unitari. Data
di aggiudicazione del contratto:
05/12/2013. Aggiudicatario: SEA Energia
S.p.A., Aeroporto Milano Linate, 20090
Segrate (Milano). Importo di aggiudicazione: Euro 746.770,00 iva esclusa. L’avviso integrale è stato inviato alla GUCE in
data 17/02/2014 ed è disponibile sul sito
www.sogaer.it. Responsabile del Procedimento è l’Ing. Mario Orrù.
Il Presidente
Vincenzo Mareddu
Il luogo
dell’assassinio
Il punto del
sottopassaggio in
cui è stato trovato
il cadavere
di Lidia Nusdorfi
dia andando a vivere in casa di
parenti a Mozzate e tentando di
rifarsi una vita sotto ogni profilo.
Obiettivo rimasto una chimera: i
figli avevano continuato a stare a
Rimini con il padre, e lei non aveva ancora trovato un lavoro né
una nuova anima gemella. «Cerco il mio angelo custode» aveva
postato Lidia sul suo profilo Facebook appena pochi giorni fa; in
attesa di questa creatura la donna
aveva provato ad avviare più di
un’amicizia, nessuna a quanto
pare sfociata in una relazione stabile. E questo intreccio l’ha condotta al tragico appuntamento.
Alle 19.11 di due giorni fa un
convoglio di Trenord è arrivato a
Mozzate proveniente da Milano;
Lidia non viaggiava là sopra ma
proprio in quegli stessi minuti è
arrivata in stazione in auto (la
vettura sarebbe stata trovata parcheggiata nelle vicinanze). Sul
treno c’era molto probabilmente
l’uomo che lei doveva incontrare.
Il resto è quanto raccontato dalla
videocamera del sottopassaggio,
un incontro durato pochi istanti
e che per l’aggressore era già
scritto dovesse concludersi nel
sangue.
Rimangono le parole cariche
di spavento di Carlo Covini, il capostazione di Mozzate, tra i primi
a soccorrere Lidia: «Sono arrivati
due immigrati e hanno bussato
sul vetro dell’ufficio: “C’è una
donna là sotto... tanto sangue...”.
In fondo alle scale l’ho vista: aveva il volto quasi tutto coperto di
sangue e gli occhi sbarrati. I medici hanno tentato di rianimarla
per una ventina di minuti, ma
credo che quella poveretta fosse
morta subito».
Claudio Del Frate
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il caso L’atleta aveva preso parte a quattro corse in un mese
Muore maratoneta dilettante
«In 6 anni 592 vittime di sport»
ISTITUTO PROFESSIONALE di STATO
Servizi per l’Enogastronomia e l’Ospitalità Alberghiera
“S. Francesco di Paola”
PAOLA
Istituto sede di progetti cofinanziati dal Fondo Sociale Europeo
AVVISO PER ESTRATTO DEL BANDO DI GARA
CUP F98G1000178/179/180/1810007 - CIG 5362497882
SEZIONE I: STAZIONE APPALTANTE - ISTITUTO PROFESSIONALE di STATO SERVIZI per l’Enogastronomia e l’Ospitalità Alberghiera “S. Francesco” PAOLA - Tel. 0982 610327; SEZIONE II: OGGETTO DELL’APPALTO - LAVORI DI MANUTENZIONE STRAORDINARIA; IMPORTO COMPLESSIVO
DELL’APPALTO € 539.720,16 IVA ESCLUSA - così ripartito: - Importo oneri per l’attuazione dei piani
di sicurezza: € 12.710,36 non soggetto a ribasso; - Importo lavori a base d’asta € 527.009,80 soggetto a ribasso; Categoria prevalente OG1: cl.I; SEZIONE III: INFORMAZIONI DI CARATTERE GIURIDICO, ECONOMICO, FINANZIARIO E TECNICO - Si rinvia al Bando ed al Disciplinare di Gara; SEZIONE
IV: PROCEDURA aperta. TERMINE RICEZIONE OFFERTE: entro il 26 giorno dalla data di pubblicazione del Bando; SEZIONE VI: ALTRE INFORMAZIONI - Il Bando ed il Disciplinare di Gara sono pubblicati all’albo online dell’Istituto www.ipseoapaola.gov.it. - all’Albo online della Provincia
www.provincia.cs.it - all’albo online Ministero Infrastrutture www.serviziocontrattipubblici.it Osservatorio Regionale.
Il Dirigente Scolastico - Prof.ssa Paola Bisonni
COMUNE DI VENEZIA
DIREZIONE PATRIMONIO E CASA
BANDO PUBBLICO DI GARA
PER LA CONCESSIONE IN USO
DEL “CENTRO LOGISTICO DI INTERSCAMBIO
MERCI” PER CONTO TERZI SITO
ALL’ISOLA NUOVA DEL TRONCHETTO
L’Amministrazione Comunale ha pubblicato il
bando pubblico di gara per la concessione in
uso del “Centro Logistico di Interscambio
Merci” per conto terzi sito all’Isola Nuova del
Tronchetto - Venezia. Le domande di partecipazione dovranno essere presentate entro e non
oltre le ore 13.00 del giorno 15 aprile 2014
secondo le modalità fissate nel Bando pubblicato all’Albo Pretorio del Comune di Venezia
e nell’apposita sezione del sito istituzionale
(http://www.comune.venezia.it).
Il Direttore
dott.ssa Alessandra Vettori
Fineteam Advisors ltd società di brokeraggio internazionale di steel products:
coils, wire rod, billett seriamente introdotta
nel mercato siderurgico è in grado di proporre forniture dirette da Produttori ucraini
e russi, a condizioni vantaggiose. Per informazioni e-mail [email protected] www.fineteam.weebly.com.
ROMA — Si era innamorato
tardi della corsa. A quarant’anni anni. All’inizio qualche
breve allenamento, a passo
lento, senza nessuna velleità.
Voleva solo dimagrire, perdere quei tanti chili in più. Poi
però è rimasto affascinato dal
gusto di macinare chilometri
d’asfalto, dall’adrenalina che
comincia a circolare fino a trasmettere la sensazione dell’invincibilità, dal fisico che riacquista dimensioni normali. E
dai tempi che migliorano.
Trascinato da questa passione se ne è andato ieri mattina un podista dilettante, Fabrizio Bellucci, 44 anni, due figli, colpito presumibilmente
da infarto (ma le cause sono
ancora da accertare) subito
dopo aver tagliato il traguardo
della Roma-Ostia, mezza maratona di 22 chilometri. Gara
impegnativa, dicono gli specialisti delle lunghe distanze.
Bellucci è stato soccorso dai
medici dell’organizzazione e
trasportato all’ospedale Grassi. Ma non c’è stato niente da
fare.
E subito scoppiano le polemiche sui controlli di questi
atleti per caso. Bellucci era
stato visitato con accuratezza
per ottenere la certificazione
all’attività agonistica? Si era
sottoposto a tutte le prove per
valutare la salute cardiaca?
Se lo chiede Francesco Fedele, presidente della Fondazione «Cuore e Circolazione»:
«Non conosciamo i particolari
di questa disgrazia, tutto è ancora da accertare. Prima di affrontare sforzi del genere bisogna essere sicuri di poterseli
permettere, specie quando si
entra in un’età a rischio come
quella dello sfortunato atleta
dilettante. Purtroppo spesso il
cardiologo non viene chiamato in causa per un approfondito elettrocardiogramma».
Bellucci apparteneva a una
delle più grandi società podistiche amatoriali, la Lbm
Sport di Roma, con sede in un
negozio di via Tuscolana e 300
iscritti. Aveva cominciato a
gareggiare nel 2012, con tempi molto alti. Uno stakanovista. A gennaio aveva partecipato a 4 corse, una delle quali
sopra i 30 chilometri. Quest’anno alla sua seconda Ro-
60
20
mila Il numero medio
delle persone che nel
nostro Paese vengono colpite ogni anno
da arresto cardiaco.
A livello europeo le
vittime sono circa
400 mila all’anno
per cento Il tasso di sopravvivenza delle persone colpite da attacco
cardiaco. Nel 70% dei
casi l’arresto cardiaco
avviene in presenza di
testimoni, ma la maggior parte non sa come
fare la rianimazione
cardiopolmonare
ma-Ostia aveva abbassato il
tempo di 20 minuti. I Carabinieri hanno messo sotto sequestro l’archivio dei certificati sportivi della società romana per verificare se il suo è
a posto.
La sicurezza degli sportivi
dilettanti è ancora un problema in Italia che pure è il Paese
all’avanguardia per quanto riguarda la scrupolosità dei
controlli sui professionisti. In
sei anni, tra il 2006 e il 2012, i
giornali hanno riportato notizie di 592 vittime per morte
cardiaca improvvisa in ambito
sportivo, di cui 102 tesserati,
fasce più coinvolte tra 40 e 60
anni, quasi tutti uomini. Dunque il pericolo è per i dilettanti.
I dati sono stati raccolti in
base alle notizie date dalla
stampa e riportati in uno studio firmato da Vincenzo Castelli, presidente dell’omonima Fondazione, pubblicati sul
Giornale di cardiologia dello
sport. La disciplina che conta
il maggior numero di morti
improvvise è il calcio, seguito
da ciclismo, podismo, fitness,
sci e tennis. Lo studio rileva
inoltre che in soli due casi è
stata tentata la defibrillazione
precoce con apparecchi presenti sul luogo dell’incidente.
Un’altra realtà negativa. Nelle
conclusioni gli autori scrivono che «la morte improvvisa
in Italia coinvolge quasi esclusivamente il mondo dilettantistico e amatoriale. La sua incidenza è sottostimata. Ancora molto scadente l’uso del defibrillatore».
Margherita De Bac
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cronache 17
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
Torino La chiesa aperta di notte nel quartiere multietnico della città, fra moschea e discoteche
Savona
L’arcivescovo tra i ragazzi nei pub
«Ho parlato di Dio e di rispetto»
La sposa morta
tre giorni dopo
il sì in ospedale
La movida di monsignor Nosiglia: non abusate dell’alcol
TORINO — Con la coppola
nera calata sulla fronte, l’arcivescovo Cesare Nosiglia è entrato,
poco dopo la mezzanotte di sabato in un pub di San Salvario, il
quartiere multietnico della città, luogo della movida. Ne è
uscito dopo mezz’ora e si è recato in un secondo locale, poi in
un terzo. Così fino alle due del
mattino, «per parlare di Dio ai
ragazzi». Un fuori programma;
l’epilogo di un’iniziativa che
qualche ora prima sembrava
fallita. L’avevano organizzata i
giovani dell’oratorio Santi Pietro e Paolo e l’idea era stata del
parroco, don Mauro Mergola:
«Se i ragazzi affollano la piazza
ed esagerano con
l’alcol, occorre offrire un’alternativa.
Quindi apro la chiesa anche di notte,
sarà la movida spirituale».
Alle 23, quando
l’arcivescovo è arrivato alla guida della
sua vecchia Punto,
ad attenderlo erano
in pochi: i giovani dell’oratorio
e il loro prete, qualche fedele e
gli agenti del commissariato
che con la loro presenza avevano allontanato i pusher che
spesso spacciano in Largo Saluzzo, cuore del quartiere, a due
passi dalla stazione. Lì c’è la
chiesa di don Mauro, attorno
sono fioriti pub e discoteche
In strada
L’iniziativa
Si è aperta sabato notte
alle 23 la «movida
spirituale» di Torino
guidata dall’arcivescovo
Cesare Nosiglia. L’alto
prelato è entrato poco
dopo la mezzanotte in un
pub di San Salvario, il
quartiere multietnico della
città, e da lì dopo mezz’ora
è andato in un secondo
Gli incontri L’arcivescovo Nosiglia tra i giovani della movida sabato notte (foto di Francesca Lai)
locale, poi in un terzo, fino
alle due del mattino, «per
parlare di Dio ai ragazzi»
L’idea
L’iniziativa era dei giovani
dell’oratorio Santi Pietro e
Paolo e l’idea era stata del
parroco don Mauro
Mergola
dove di notte si ritrovano migliaia di giovani e a cento metri
c’è la moschea più grande della
città. Dunque una parrocchia
isolata e circondata, da anni
avamposto della fede.
Sabato sera neppure il calciobalilla sul sagrato o la musica
new age diffusa dagli altoparlanti, hanno attirato l’attenzio-
ne del popolo della movida. Nosiglia è entrato in chiesa, si è inginocchiato e ha recitato il rosario. Tutto sembrava finito lì: «Le
bettole sono piene, ma la chiesa
è vuota», si lamentava agli inizi
del 1800 Jean-Marie Baptiste
Vianney, da poco curato d’Ars.
«Ma se le osterie sono piene —
rifletteva il santo che la Chiesa
indica come il patrono dei parroci — è perché i cuori sono
vuoti». Cesare Nosiglia, tra lo
stupore di tutti, terminate le decine del rosario, si è alzato dal
banco e ha detto: «E ora cominciamo la movida». L’accoglienza
nei locali è stata calda. L’arcivescovo ha avuto modo di informare che «poco distante c’è una
Il volantino L’iniziativa
della «movida spirituale»
chiesa aperta fino a tardi e sarebbe bello incontrarsi anche
lì». Qualcuno lo ha chiamato
Santità e ciò gli ha offerto la
possibilità di spiegare in modo
simpatico che «l’alcol può fare
brutti scherzi e che è meglio
non abusarne», benché la Chiesa non condanni i bevitori (moderati), tant’è che è con il vino
che si celebra la messa. «Ma la
moderazione e il rispetto sono
necessari, ad esempio — ha detto Nosiglia — verso le persone
che vivono in questo quartiere e
che hanno il diritto di riposare,
così da non essere vittime di
schiamazzi per tutta la notte».
L’arcivescovo ha anche ammesso che «la movida, con tutti
gli eccessi, non riguarda soltanto persone che non conoscono
Dio. Ci sono ragazzi che vanno
in parrocchia, ma spesso si lasciano andare. Ci si può divertire senza mai dimenticare Dio. E
la chiesa aperta è la testimonianza della Sua presenza».
Quando poi il prelato si è ritirato, il messaggio era stato recepito con chiarezza: «Non basta
aprire le porte del tempio, bisogna spalancare quelle del cuore».
Marco Bardesono
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IL COMMENTO
di Paolo Di Stefano
nelle Idee&Opinioni
Si sono sposati mercoledì
scorso nel reparto di
rianimazione dove lei era
ricoverata. Ma a soli tre
giorni dalle nozze le sue
condizioni sono peggiorate
e la sposa di 33 anni è
morta. Lei era malata da
tempo, lui era rimasto
sempre al suo fianco.
Quando le sue condizioni si
sono aggravate hanno
deciso di sposarsi nel
reparto di rianimazione
dell’ospedale di Savona, con
parenti, medici e infermieri.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Massoneria
In sedicimila
per eleggere
il Gran Maestro
Sedicimila aderenti al Grande
Oriente d’Italia ieri sono
andati alle urne per eleggere
il nuovo Gran Maestro che
succederà a Gustavo Raffi, al
timone dell’Obbedienza di
Palazzo Giustiniani dal 1999.
Per vincere serve il 40% di
voti validi. Nel caso nessuno
dei tre candidati in corsa —
Stefano Bisi, Massimo
Bianchi e Silverio Magno —
raggiunga l’obiettivo, il 23
marzo si terrà il ballottaggio
tra i due più votati.
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Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
19
20 Cronache
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Il caso I giudici di Pretoria danno l’ok alle telecamere: scopi informativi e pedagogici
PROCESSO PISTORIUS IN DIRETTA
SE LA TV DIVENTA UN GIURATO
Da O. J. Simpson al Sudafrica, tra audience e trasparenza
di ALDO GRASSO
I
l processo che si è aperto questa mattina
a carico di Oscar Pistorius rischia di trasformarsi, ancora una volta, in un grande evento mediatico. Com’è noto, l’atleta
paraolimpico più conosciuto al mondo è
accusato di aver ucciso il giorno di San Valentino di un anno fa la sua fidanzata Reeva
Steenkamp. Pistorius ha ammesso di avere
sparato, ma per errore, dopo avere scambiato Reeva per un ladro.
Il dibattimento viene trasmesso integralmente in diretta radiofonica e parzialmente in tv, dopo che il tribunale ha dato
l’autorizzazione, nonostante l’opposizione della difesa
dell’atleta, per consentire al
maggior numero possibile
di persone di seguirlo «a titolo informativo ed educativo», soprattutto per «un
processo che coinvolge una
celebrità».
In aula è prevista la presenza di 3 telecamere, che dovranno essere
«posizionate in modo non intrusivo» e con
la possibilità per il giudice, Thokozile Masipa, di interrompere il collegamento in qualsiasi momento. Le telecamere, inoltre, potranno essere azionate solo a distanza, e
non saranno consentite inquadrature in
primo piano.
La memoria corre subito al processo O. J.
Simpson: nell’ottobre del 1995, dopo 253
giorni di processo e 126 testimoni, la giuria
dichiara il celebre giocatore di football O. J.
Simpson non colpevole dell’omicidio di
sua moglie Nicole Brown e del suo amico
Ronald Goldman. Si disse allora che la tv,
per la prima volta entrata con gran dovizia
Programmi
Dal 1988
«Un giorno in
pretura» (foto) è
un programma
di cronaca
giudiziaria che
va in onda su
Raitre dal 1988.
La trasmissione
si basa sulla
presa in diretta
dei processi
nelle corti di
giustizia italiane
Le puntate
Ogni puntata
è composta da
scene in presa
diretta in aula
intervallate da
vecchi filmati di
repertorio,
servizi
giornalistici, foto
degli imputati o
delle vittime
di mezzi in un tribunale, giocò un ruolo
fondamentale. Attorno all’«eroe» in manette si dispiegò un grande sceneggiato, dove
l’imputato giocava un ruolo più decisivo
delle prove stesse (la tv funziona per storie
e per personaggi non per concetti astratti).
Grazie alla presenza delle telecamere Simpson imparò subito come colpire, direttamente, i testimoni e, indirettamente, il cuore della giuria (in isolamento ma con la
possibilità di comunicare con i propri congiunti).
La tv, per sua natura, si rivolge all’opinione pubblica e sa come formarla. Siccome non esistono riprese neutrali non può
nemmeno esistere una formazione imparziale dell’opinione. Giustamente, quindi, la
tv fu definita il 15° membro della giura;
forse il più importante.
Dopo quel processo, e dopo la fioritura
di molte serie appartenenti al genere «legal
drama», in molte facoltà di legge negli Stati
Uniti sono stati aperti corsi e centri studi
dedicati all’influenza del sistema giudizia-
In tribunale
L’atleta sudafricano
Oscar Pistorius davanti
alla Corte di Pretoria
il 19 agosto scorso.
Pistorius deve rispondere di omicidio volontario
dopo aver ucciso nel
febbraio di un anno fa la
sua fidanzata, la modella Reeva Steenkamp
(foto Epa)
rio nella cultura popolare e viceversa. Da allora, le domande che vengono poste sono
più o meno queste: come la tv rappresenta
un processo? Come la tv può influenzare un
processo? È possibile conciliare lo svolgimento retorico che avviene all’interno di
un’aula di giustizia con le necessità retoriche della tv? Gli avvocati e gli imputati se-
Le immagini
Non ci sono riprese neutrali
e quindi non c’è
una formazione imparziale
delle opinioni
In televisione
Enimont
È il principale processo della stagione di Mani pulite. Si è svolto a
Milano tra il 1993
e il 2000 e ha
coinvolto politici
(nella foto Craxi) e
imprenditori, ruotando sulla figura
di Sergio Cusani
O. J. Simpson
Fu assolto nel
1995 dopo un
processo di grande impatto sui
media Usa. Era
accusato del duplice omicidio
della moglie Nicole Brown Simpson
e del suo amico
Ronald Goldman
guono strategie prese a prestito da qualche
telefilm? Il prof. David Papke, che insegna
«Law and popular culture» alla scuola di
legge della Marquette University, ha provato a dare alcune risposte, parlando di una
narrativa che «modella le inclinazioni e soprattutto le aspettative della gente in un
processo, perché se vedi ripetere certi meccanismi in serie tv costruite con grande fedeltà tendi a “normalizzarli”, a farne uno
standard».
Il processo è un genere (ne parlava già
Aristotele) e quando viene inscenato in video ubbidisce a un doppio ordine di regole:
quelle legali e quelle televisive. L’efficacia
della rappresentazione e l’osservanza della
giustizia dipendono appunto dal rispetto di
questo duplice vincolo: cosa, per altro, non
facile, basti pensare alle molte polemiche
suscitate in Italia dalla trasmissione «Un
giorno in pretura» (1988). Tutto quello che
la tv fa nel nome del pubblico (anche «nel
nome del popolo italiano»), lo fa sempre e
soltanto in termine di audience.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cronache 21
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
Verso l’8 marzo
La presidente: «Critiche alla governance? Cerco di ottenere il massimo di indipendenza nel rispetto dell’attuale legge. Pronta al confronto con governo e Parlamento»
«Dalle fiction ai ruoli da dirigente
così le donne stanno cambiando la Rai»
Anna Maria Tarantola: abbiamo aumentato persino le concorrenti nei quiz
«La Rai sa bene quali sono le cose da fare. Il
piano strategico varato dal consiglio di amministrazione è frutto di un’analisi molto seria che va dal palinsesto alle news, dalle procedure interne alla digitalizzazione. Ci sono questioni che la Bbc, che abbiamo preso come punto di riferimento, sta iniziando a
guardare adesso».
Anna Maria Tarantola, presidente Rai, sottolinea
con decisione quanto fatto dal cda insediato un anno e mezzo fa. «Abbiamo trovato un’azienda tecnologicamente molto arretrata — dice — ma con grandi potenzialità. Un’azienda che ha su di sé un’enorme responsabilità perché ciò che fa ha un impatto
su tutto il Paese. Questo richiede equilibrio, capacità
di capire e di prendere le decisioni; e anche di rallentare quando le modifiche sono delicate, per poi riprendere il cammino. L’importante è sapere dove si
sta andando e noi l’abbiamo ben chiaro».
La conversazione parte dalla due-giorni dedicata
alla «differenza di genere come risorsa» che la Rai ha
organizzato per mercoledì 5 e giovedì 6 marzo prossimi in occasione del 90° anniversario della radio e
del 60° della televisione. Titolo dell’iniziativa «Donna è», cui seguirà sabato una serata dedicata alla
violenza sulle donne. Il discorso, però, necessariamente si allarga. Anche se sulle polemiche in corso
— da Sanremo alle nomine — Tarantola mette un
freno, rispondendo che «queste sono questioni che
devono essere discusse all’interno del cda».
Perché un evento sulle donne?
«Il convegno ha due grandi scopi. Il primo è svolgere il nostro ruolo di servizio pubblico e dare attuazione a un obbligo che abbiamo — sulla base del
contratto di servizio 2010-2012 ancora in vigore —
di dare spazio a una rappresentazione corretta e non
stereotipata delle donne. Lo facciamo sia intervenendo sulla qualità della nostra programmazione,
sia aumentando il peso delle donne nella Rai, sia con
iniziative come questo convegno con il quale vogliamo acquisire informazioni, conoscere meglio il Paese e metterci a confronto con gli altri per aprire un
grande dibattito».
Il secondo scopo?
«Mettere in evidenza modelli positivi per diffondere il valore delle donne. Tutte le ricerche economiche e politiche ci dicono, ormai da tempo, che per
un Paese è importante avere più donne nei ruoli decisionali: c’è una migliore amministrazione, un aumento del Pil… Voglio essere chiara: non intendo dire che le donne sono migliori degli uomini, quello
che funziona è il mix uomo-donna, il fatto di portare e condividere modi e pensieri diversi».
La Rai ha approvato, prima in Europa tra i servizi pubblici, una policy di genere. Con quali risultati?
«Dal monitoraggio commissionato all’Osservatorio di Pavia emergono risultati positivi. Abbiamo
una qualità ottima sulle fiction, nelle quali oggi troviamo donne reali: nel comune sentire deve passare
l’idea che è normale che una donna sia avvocato o
tenente di vascello o magistrato e che abbia una sua
vita e capacità di contribuire alla crescita del Paese. È
aumentato il numero delle giornaliste, che ora rappresentano più del 40 per cento del totale, ed è cresciuta anche la loro presenza in video. Così come è
aumentato il numero delle conduttrici e la presenza
delle concorrenti nei quiz. Da settembre 2012, quando è entrato in carica questo cda, a settembre 2013,
inoltre, sono state nominate 12 dirigenti donne».
Le frasi
❜❜
Squilibri
Tra gli esperti che
consultiamo e le
persone intervistate
o di cui si parla molti
sono ancora uomini
❜❜
Il giusto mix
Quello che funziona
è il mix tra uomini
e donne, il fatto
di portare modi
e pensieri diversi
❜❜
Share e sobrietà
Abbiam0 sempre
uno share del 40%
come media
settimanale, anche
se siamo sobri
Tv di Stato Anna Maria Tarantola è presidente della Rai da luglio del 2012 (foto di Massimo Percossi/Ansa)
Dove si deve fare di più?
«Sulle esperte-donne che vengono consultate, un
tema sul quale abbiamo comunque iniziato un lavoro di mappatura. E sulle persone intervistate e di cui
si parla. Questo, purtroppo, non è un terreno sul
quale la Rai può fare da sola: i portavoce dei politici
sono prevalentemente uomini, così come i personaggi di cui si parla. È il riflesso del fatto che le posizioni apicali sono maschili. Noi possiamo fare di più
ma dobbiamo fare i conti con la realtà».
La realtà dice che la Rai, così, è in calo di ascolti.
«La Rai ha sempre uno share del 40 per cento come media settimanale, che è di ben 5 punti sopra la
concorrenza. Detto questo, se diamo una rappresentazione più sobria perdiamo ascolti? Ma noi siamo il
servizio pubblico e il contratto di servizio ci dice che
dobbiamo muoverci in questa direzione. Dobbiamo
essere molto bravi. Io non sono una creativa e dico,
con umiltà, che ho bisogno di autori che sappiano
creare una fascinazione senza rappresentare la donna come un oggetto ma come una risorsa pensante.
Si possono avere ottimi risultati, come con Don
Matteo, Montalbano, anche con un tema triste come Braccialetti rossi».
Per ogni promozione avete dato indicazione di
esaminare il curriculum almeno di una donna.
«È una parte della nostra policy di genere sulla
quale c’è stato consenso in azienda e che stiamo attuando. Tante volte, infatti, la discriminazione è implicita: si è portati a non prendere in considerazione
le donne anche senza avere intenzione di escluderle.
È la discriminazione più subdola».
Quali sono state le reazioni interne?
«Nei grandi processi di cambiamento è normale
che ci possa essere del disorientamento, ma la struttura Rai ci sta seguendo».
La concorrenza è sempre più forte e le risorse
scarse.
«Quando il nuovo cda si è insediato si è posto tre
obiettivi: il riequilibrio economico-finanziario, gli investiChi è
menti in tecnologie e l’eccellenza dell’offerta. Su tutti e tre
abbiamo perseguito buoni risultati, soprattutto sul riequilibrio economico-finanziario
dove siamo in linea con il budLe origini
get e, anzi, andiamo meglio.
Anna Maria
Quanto alle tecnologie, abbiaTarantola, 69
mo investito moltissimo nella
anni, è nata
digitalizzazione: abbiamo dia Casalpustergitalizzato il Tg2, in maggio
lengo (Lodi)
toccherà al Tg3, poi al Tg1 e alGli studi
la Tgr. Abbiamo, inoltre, avNel 1969
viato un importante processo
si è laureata
di digitalizzazione aziendale.
in Economia
Sul fronte dell’offerta i miglioe commercio
ramenti si vedono. Infine, atall’Università
traverso Rai Fiction e Rai CiCattolica
nema investiamo oltre 250
di Milano ed è
milioni che vanno ai produtstata ricercatrice
tori indipendenti, i casi sono
alla London
molti, per esempio Mamma
School of
imperfetta (co-prodotto con il
Economics
Corriere della Sera). Significa
Il curriculum
che la Rai crea valore».
Nel 1971 è stata
La consigliera di amminiassunta in Banca
strazione Luisa Todini ha crid’Italia. Nel 2009
ticato la governance Rai e ha
è stata nominata
proposto di avere un ammivicedirettore
nistratore delegato con diritgenerale e da
to di voto e consiglieri con
luglio 2012 è
meno poteri di oggi. È d’acpresidente Rai
cordo?
«Sono una presidente di
garanzia, devo tutelare tutti e
rispettare il quadro normativo in cui tutti devono lavorare. La governance è l’argomento per cui sono
stata chiamata qui: cerco di ottenere il massimo di
indipendenza e di funzionalità nel rispetto dell’attuale legge. Se il Parlamento e il governo volessero
chiedermi un’opinione la dirò in quelle sedi».
Come è stato il suo impatto con la Rai?
«Delicato, perché mi sono trovata in una realtà
che non conoscevo e che aveva grandi complessità: alcune che riguardavano aspetti organizzativigestionali che sono comuni a tutte le aziende, altre completamente nuove. Ho passato i primi 6-8
mesi a studiare. Poi, questa è un’azienda che ha
una grande potenzialità e una responsabilità
enorme e che sta vivendo un momento di grande
cambiamento. Forse va un po’ lentamente, ma
non è che la Rai non ha capito che molto è cambiato. Anzi».
Maria Silvia Sacchi
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Napoli
Imperia
Segregata in casa
La madre: «Mia figlia
non voleva uscire»
Invalido denuncia:
«Equitalia pignora
la mia pensione»
NAPOLI — «Chiara non era sotto sequestro:
non voleva uscire e rifiutava che altre
persone entrassero nel suo appartamento».
È con queste parole che Rosa, la madre della
donna rimasta per otto anni chiusa in un
appartamento nel quartiere napoletano del
Vomero, ha raccontato ieri mattina al gip la
sua versione della storia. L’ex insegnante
settantenne — ora agli arresti domiciliari —
si è difesa dalle accuse di sequestro di
persona e abbandono di incapace: ha
ammesso che la figlia non era in possesso
delle chiavi di casa, ma ha aggiunto che si
trattava di una precauzione visto che la
giovane, affetta da disturbi psichici, avrebbe
potuto chiudersi dentro. La figlia resta
intanto in ospedale in attesa di accertamenti
sulle sue condizioni psicofisiche.
IMPERIA — Pensione di invalidità pignorata
da Equitalia per contributi previdenziali non
pagati che da un milione di lire sono ora
diventati 10.963 euro. Succede a Imperia
dove il provvedimento è stato impugnato
dall’avvocato dell’invalido, visto che la
pensione (919 euro al mese) è stata
«congelata» e l’imprenditore dice di aver
saputo del provvedimento solo quando è
andato alle Poste per ritirarla. Oltre al
pignoramento, all’uomo sarebbe stato
bloccato anche il rimborso di 15 mila euro
per i mesi nei quali la pensione, per un
contenzioso con l’Inps, non era stata pagata.
Equitalia ha fatto sapere che oggi cercherà di
«capire la situazione». Per legge si può
pignorare una pensione nei limiti di un 1/10
se l’importo non supera i 2.500 euro mensili.
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22 Cronache
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Il caso L’Osservatorio: mancano piano generale e gestori
A pezzi
Quel che resta
di una parte
del muro
di una tomba
della necropoli
di Porta Nocera
all’interno del sito
archeologico
degli scavi
di Pompei.
Il pezzo
di costruzione
è crollato
durante la notte
tra sabato
e domenica forse
a causa delle forti
precipitazioni.
Un altro crollo
ha riguardato
il Tempio di Venere,
sempre a Pompei
(foto di Ciro
Fusco/Ansa)
Altri crolli per la pioggia
nella città antica
Così muore Pompei
Domani vertice urgente con il ministro
ROMA — Lentamente
muore, Pompei. Sabato sera
sono cadute pietre da una
spalletta del Tempio di Venere, nell’ottava regione, ai confini della città antica. E ieri
mattina si è sbriciolato un
muro di quasi due metri della
necropoli di Porta Nocera, il
monumento funerario più
importante degli scavi. Colpa
della pioggia battente di questi giorni, sembra.
Domani mattina il neoministro Dario Franceschini ci
saprà dire qualcosa di più preciso, forse. Appena saputo dei
crolli negli scavi (sono stati
segnalati dalla soprintendenza) il titolare dei Beni culturali
ha convocato una riunione urgente con il soprintendente
incaricato Massimo Osanna, il
direttore generale delle antichità Luigi Malnati, il direttore generale del Grande progetto Pompei, il generale Giovanni Nistri, tutti nominati
dal precedente ministro Massimo Bray. Tutti ancora in attesa di diventare pienamente
operativi.
Lentamente muore, Pompei. Non si era finito di festeggiare la fine dei restauri della
domus del Criptoportico che
sono arrivati questi due nuovi
Gli scavi
I danni
La pioggia di questi giorni
ha causato nuovi danni
agli scavi di Pompei. Sabato
sera sono cadute pietre
da una spalletta del Tempio di
Venere, nell’ottava regione, ai
confini della città antica,
e ieri mattina si è sbriciolato
un muro di quasi due metri
della necropoli di Porta
Nocera, il monumento
funerario più importante degli
scavi
Il ministro
Il titolare dei Beni culturali
Dario Franceschini ha
convocato una riunione
urgente con il soprintendente
incaricato Massimo Osanna, il
direttore generale delle
antichità Luigi Malnati, il
direttore generale del Grande
progetto Pompei, il generale
Giovanni Nistri, tutti nominati
dal precedente ministro
Massimo Bray e ancora in
attesa di diventare
pienamente operativi
crolli. Meglio: si stava festeggiando la fine della prima parte dei restauri, visto che i 370
giorni di lavori sono serviti
soltanto per il consolidamento e per il restauro strutturale,
mentre la seconda parte degli
interventi di restauro degli
apparati decorativi (stucchi,
pitture parietali, pavimenti a
mosaico) non solo deve ancora partire, ma deve proprio
ancora essere fatto il bando di
gara.
La domus del Criptoportico
è il primo dei cinque lotti di
lavori previsti dal progetto
Grande Pompei, quello finan-
ROVITO (Cosenza) — Spariti nel nulla e, per ora, senza un
motivo. Una mamma — Daniela Falcone, 43 anni — e il figlio di
10 hanno fatto perdere le loro tracce sabato, quando la donna è
andata a scuola a prendere il piccolo prima della fine regolare
delle lezioni. A dare l’allarme, nel primo pomeriggio dell’altro
ieri, è stato il marito di Daniela. La donna, assieme al bambino, si
sarebbe diretta, a bordo della sua piccola utilitaria di colore giallo,
verso la località montana di Camigliatello Silano. Per ora l’ipotesi
è che sia un allontanamento volontario, ma si indaga a 360 gradi.
SELVA DI CADORE (Belluno) — Una bimba di 6 anni è in
condizioni disperate dopo esser caduta in un torrente
ghiacciato. La piccola, residente a Venezia, stava giocando
quando si è allontanata all’improvviso. I genitori, non
vedendola più, si sono messi a cercarla e poi hanno chiamato
i carabinieri. I soccorritori hanno trovato la bimba scivolata
nel torrente Loschiesuoi: qui un medico le ha prestato le
prime cure per le conseguenze dell’immersione nell’acqua
gelida. La piccola è stata poi trasportata all’ospedale di Trento.
vi che tutto il mondo ci invidia
è sufficiente fare un giro.
Semplicemente una passeggiata. «Perché la verità è che
per ogni crollo reso noto ce ne
sono nove di cui non viene
data notizia», garantisce Irlando, mentre alla notizia dei
crolli si sono scatenate, immediatamente, le polemiche
politiche, la più forte delle
quali è quella di Elvira Savino,
deputata di Forza Italia: «Il 10
novembre del 2010, l’allora
capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini, intervenne in Aula per chiedere le
dimissioni dell’allora ministro della Cultura Sandro Bondi. Oggi, per onestà intellettuale e coerenza, il ministro
Franceschini si dovrebbe dimettere immediatamente». Il
6 novembre 2010 si sbriciolò a
Pompei la domus dei Gladiatori.
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Alessandra Arachi
ziato dal commissario europeo Hahn, 105 milioni che sono stati sbloccati già nel novembre del 2011, ma che stiamo faticando a spendere. Per
capire: per la prima fase dei lavori della domus del Criptoportico sono stati spesi 340
mila euro.
Calabria
«Manca un vero piano generale per gli scavi, ma soprattutto in questa fase mancano anche i gestori», sostiene
Antonio Irlando, responsabile
dell’Osservatorio del patrimonio culturale regionale. E
spiega: «La nomina del soprintendente Osanna non è
stata ancora perfezionata dalla
Corte dei conti, mentre lo staff
del Grande progetto Pompei
non è stato ancora insediato,
stiamo parlando di 25 persone
che dovrebbero essere guidate
dal generale Nistri».
Per vedere lo stato di conservazione generale degli sca-
Belluno
Spariti madre e figlio di 10 anni Bimba nel torrente, è grave
© RIPRODUZIONE RISERVATA
arriva fixa superLuce,
dedicata ai clienti eni gas
251111
con il costo della componente energia* bloccato per 2 anni e scontato del 50%** sia il primo
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Cronache 23
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
✒
L’evento
Sorrisi e coriandoli:
la pattinatrice
medaglia di bronzo
all'Olimpiade
e la spettacolare
discesa
dal campanile
La Sicilia che si ribella
contro il carro sessista
di GIUSI FASANO
D
L’aquila
di GAIA PICCARDI
La pattinatrice
27enne Carolina
Kostner durante
la discesa del
«Volo dell’Aquila»
in piazza San
Marco a Venezia
(Ansa, LaPresse)
L’
avevamo lasciata tremante e
felice e trasparente come il
ghiaccio dell’Olimpiade nel
quale si era specchiata scoprendosi
di bronzo, dieci giorni fa a Sochi,
dépendance affacciata sul Mar Nero
di Carolina Kostner. Quella bellissima espressione di stupore, Carolina
se l’è portata dietro dalla Russia a
Venezia: ieri l’ha indossata, insieme
a un costume di brina, ghiaccio e licheni (design Francesco Briggi) intitolato alla natura, nel Volo dell’Aquila, lo «svolo» che nella seconda domenica del Carnevale replica quello
dell’Angelo della prima domenica,
tradizionale citazione dell’omaggio
che veniva portato al Doge. «Mi hanno imbragata e dato un sacchetto di
coriandoli in mano da lanciare sul
pubblico» (meno folto del solito a
causa della pioggia), ha spiegato una
volta toccata terra, sulle note dell’Inverno di Antonio Vivaldi. Un volo,
nel solco delle macchine sceniche rinascimentali della Serenissima —
quando su Piazza San Marco «svolavano» turchi, barche e persino animali —, durato oltre quattro minuti.
Hai avuto paura, Carolina? «Nessuna
vertigine, nessun panico. Vedere Venezia dall’alto è stata un’esperienza
unica» ha risposto l’Aquila di Orti-
Quattro minuti di magia
Il volo di Carolina a Venezia
La Kostner a piazza San Marco per il carnevale
sei, Val Gardena, Italy, con furore.
Le ali che si è fatta crescere all’Olimpiade, quel viaggio dentro di
sé alla fine del quale ha fatto pace
con i Giochi e il podio di Olimpia
(l’unico che fin qui era sfuggito al
suo immenso curriculum), sono
servite a Carolina per affrontare e
reggere l’emozione di essere protagonista di un evento così seguito e
popolare, ottanta metri di lentissima
picchiata: il direttore artistico Davi-
Dopo i Giochi
La sorpresa
sul volto e le ali
diventate così
forti da affrontare
l’emozione sono
le stesse di Sochi
de Rampello aveva scelto un’atleta
non casuale (dopo la ginnasta Fabrizia D’Ottavio e la pallavolista Federica Piccinini; Federica Pellegrini nel
2007 era stata invece Colombina nel
Volo dell’Angelo), che passasse con
disinvoltura dal ghiaccio al cielo. Il
bronzo di Sochi non ha appesantito
le ali di Carolina, l’angelo che dopo
l’Ave Maria dell’Olimpiade è atterrato sul Carnevale più famoso del
mondo con la leggerezza di chi non
ha più nulla da chiedere. Rimane un
ultimo impegno tra i sacrifici di una
carriera cominciata a 12 anni nel
buen retiro di Oberstdorf (dove vive
e si allena da quando il palaghiaccio
di Ortisei fu danneggiato da una frana) e il futuro. Il Mondiale in Giappone, a fine marzo, dove onorerà la
medaglia di Sochi. Poi, dopo freddo,
ghiaccio e voli a planare, finalmente,
la vita.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ovremmo metterci tutte in fila e stringere la mano
a Maria Vittoria Cerami, avvocatessa attiva dalle
parti di Blufi, sulle Madonie. Dovremmo dirle grazie
perché è stata capace di indignarsi e far sentire la sua
voce che parlava per tutte noi, per tutte le volte che
abbiamo subito un’offesa come donne, per quanto
piccola fosse. È successo che nel Palermitano, a Blufi
appunto, tra i carri allegorici che sfilavano per il
carnevale, ce ne fosse uno che portava a spasso una
enorme Betty Boop di cartapesta: in ginocchio, piegata
in avanti, con le gambe aperte, vestita solo di scarpe
rosse, perizoma e reggiseno in tinta. Non solo. Betty
Polemica
Il carro allegorico ispirato a
Betty Boop fotografato per le
vie di Blufi, in
provincia di Palermo, durante
il Carnevale
delle Madonie
(foto da Facebook)
era stata creata ancora più esplicita di quanto
suggerisse la sua posa: «vieni da me» invitava l’indice
della sua mano destra curvo come un gancio.
L’avvocatessa l’ha guardata un minuto e ha chiamato
i carabinieri: «È un messaggio di umiliazione e
violenza per il corpo femminile», in un paese in cui
solo tre mesi fa una donna è stata assassinata
brutalmente. Risultato: Betty è uscita una sola volta,
gli altri giorni hanno sfilato al suo posto un bel po’ di
polemiche, con Maria Vittoria Cerami che ha trasferito
la questione su Facebook e ha ricevuto telefonate di
insulti. Ora: dopo tanto parlare di femminicidio e
diritti di genere, possibile che gli ideatori del pupazzo
non abbiano pensato al messaggio sessista che hanno
impastato con la cartapesta? Se fossero in buona fede,
se avessero semplicemente passato il limite del
buongusto senza voler alludere ad altro, oggi
dovrebbero mettersi in fila anche loro, stringere la
mano all’avvocatessa e dirle grazie.
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24
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Moda 25
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
Sulla Senna
Phoebe Philo evoca
l’artista Hoch e il
risultato è una
armonica eleganza
«femminista»: cappotto
di maglia e pantaloni di
lana scampanati
Chloé Abiti midi scivolati e mantelle (Reuters)
John Galliano Velluto
color prugna (Afp)
DAL NOSTRO INVIATO
Ter et Bantine Giacconi
over e ritorno del nero
Neil Barrett Giubbotti
imbottiti rubati a lui
Celine dadaista
Le donne noir
di Kenzo
PARIGI — Moda a confronto sulle
passerelle Parigi. Veloce e commestibile da Kenzo; empatica e cerebrale da
Celine. Fenomeni entrambi del momento, interpreti Humberto Leon e Carol Lim di un linguaggio più giovane,
Phoebe Philo più concettuale e sottile.
Facce di una stessa medaglia, l’arte del
vestire.
Gli scanzonati «dei» Kenzo, che tanti definiscono stylist più che stilisti
(potrebbe anche essere vero ma certo
stanno risollevando la maison), amici
inseparabili dai tempi della scuola,
hanno fatto un lavoro più profondo del
solito, ben oltre quindi la felpa cool e la
stampa del momento. David Lynch
l’ispirazione, con i suoi film ossessione
e le sue donne contorte: la buona Lula
di Cuore selvaggio, la torbida Laura di
Twin Peaks e la conturbante Dorothy
di Blue Velvet. Lo stesso regista firma
l’enorme testa d’uomo che fa da sfondo
alla sfilata e le pareti curve a specchio
che disorientano e inquietano lo spet-
Leon e Lim si ispirano
alle ossessioni di Lynch
Come in un hammam
Atmosfera da hammam per
lo stilista libanese Kayrouz: lì
si mescolano sensualità e
intimità
Kenzo
PARIGI
tatore: «Un po’ di mistero e un po’ di
emozione», scrive Lynch di cui Humberto era fan sin da bambino. «Era il
mio eroe — dice — sono cresciuto con
i suoi film». E sono sensazioni più che
didascaliche citazioni: l’atmosfera
noir, soprattutto, non solo per il colore
base che attraversa la collezione ma
anche per quel coprire esasperando (le
gonne a ruota sopra il tailleur, per
esempio), salvo sottolineare la femminilità da manuale: la vita sottile e le
lunghe gambe. Improvvise stampe colorate, spesso metalliche e fluo, di
utensili, screziature e optical geometrici, come certe scene alla Lynch, attirano l’attenzione sui dettagli. Imbottiture, pelle, pelliccia, maglia, tessuti tecnici e la nuova borsa che è come una
busta sulla quale sta scritto «Forever,
no».
Tutto passa, sì. Ma non sempre. Ecco che da Celine, Phoebe Philo, invita
tutti con le immagini (volti, corpi, animai) di Hannah Hoch, artista e fotografa dada, che fu tra le prime usare negli
anni Venti la tecnica del fotomontaggio: Londra proprio in questi mesi le
sta dedicando una mostra importante
Rabih Kayrouz Tuniche
e cappotti avvolgenti
Gioca su
sovrapposizioni,
stampe e volumi a
contrasto la
collezione di
Kenzo, creata dagli
americani
Humberto Leon e
Carol Lim. Per la
loro sfilata si sono
ispirati alle
atmosfere
di David Lynch
(Afp)
(oltre 100 opere) alla Whitechapel Gallery. La stilista lancia il sasso e non nasconde la
mano, i suoi abiti sono come i
collage dadaisti della Hoch, con il
risultato che tutto è di un’armonica
eleganza «femminista» : il manicotto di
pelliccia colorata da lady, sul cappotto
di maglia lungo dai grandi bottoni
bianchi e il pantalone di lana scampanato. O la camicia Vichy, con la tunica
sopra il ginocchio e la gonna alla caviglia tutto uno spacco. Le estremità
(colli e bordi) esagerati al fine di allungare la silhouette. E ai piedi sandali (sì
d’inverno) con la para o con la zeppa.
Gli anni Venti e Trenta, ma anche i Settanta per un’indiscutibile identità contemporanea: un nuovo minimalismo
dove sottraendo e arrivando anche a un
solo un pezzo, lo stile è identificabile.
Brava. Oltre.
Manca un po’ di personalità alla
nuova giovane donna Chloé di Claire
Keller Waight. Abiti midi e scivolati di
chiffon, pastrani, mantelle, gonne e
bluse-tunica. Colori chiari e pastello e
qualche animalier polveroso. Di tutt’altro impatto la collezione dello stilista
libanese, ma ormai stabile a Parigi da
tre anni, Rabih Kayrouz. Nella sua Mai-
son lo stilista immagina una donna che
porta dentro se la fierezza di certi paesi
caldi e di abitudini così radicate. Come
quello degli hammam: «Luoghi meravigliosi esteticamente ma anche come
punto di incontro. Sensualità e intimità
si mescolano senza barriere». Così il
gesto del pareo annodato sul corpo diventa un abito in taffetà, il morbido accappatoio è un cappotto avvolgente di
mohair bouclé che ricade sulle spalle,
le lunghe tuniche di moment di relax in
raso sono vesti per la sera, la salvietta
attorno al collo è una stola di cachemire avvolgente. Seconda sfilata in terra
francese dell’italianissima Ter et Bantin. Manuela Arcari la stilista, fa un lavoro completo sul nero che è l’unico
colore della collezione interrotto solo
da qualche bordo o interno bianchi e
dal gioco di tessuti e jacquard che ne
definiscono le mille sfumature. Cappe
e cappotti, gilet e pantaloni maschili,
abiti midi e leggings, bomber e t-shirt
over, pellicce, pelle. Ai piedi ballerine o
mocassini dalla punta di metallo. Non
c’è pezzo che non verrebbe voglia di
aggiungere al più aggiornato dei guardaroba in black.
Paola Pollo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Celine
Silhouette
allungata per
una moda senza
taglie. La
britannica
Phoebe Philo da
Celine porta
avanti la sua
eleganza
rilassata. A
destra la maglia
abito con
pantaloni a
zampa (Reuters)
Tendenze
Yves Salomon
La pelliccia è un gilet
blu a pois. Poi, colori e
rasature a contrasto.
Nella foto, visone nero a pois blu davanti
e, dietro, a campi inversi. Fuori la pelliccia
è naturale, dentro rasata
Delfina Delettrez
Fanno parte della
collezione Gold Vein
gli anelli «Dots»: in
oro, rielaborati con
l’utilizzo di pietre
preziose tra cui diamanti bianchi e neri,
topazi multicolore e
zaffiri
Equipment
Le nuove camicie in
stile «school girls»
hanno stampe check
dallo spirito allegro,
fantasie floreali nei
toni del blu su fondo
marrone. In alternativa, pennellate di rosso
fragola e rosa intenso
26
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Cultura
Scoperta una «Pompei di microbi»
La placca dentaria (o tartaro) sarebbe tra le «fonti meglio
conservate di colonie di microbi umani». La scoperta su
quattro scheletri antichi di mille anni di una «Pompei
microbica», ad opera di un team di ricercatori di sette Paesi,
è stata pubblicata su «Nature Genetics» e costituisce un
progresso notevole nello studio del Dna medievale.
Il personaggio Scompare a 92 anni l’educatore che aprì l’insegnamento a una varietà di linguaggi. Senza arrendersi al declino
Mario Lodi, tutti i colori della scuola
Mostre, libri, film, incontri e giornali autogestiti: la scelta degli alunni protagonisti
di ERMANNO PACCAGNINI
La biografia
C
i sono autori curiosamente legati
a un titolo. Mario Lodi, nonostante la settantina di titoli della
sua bibliografia, per la maggior
parte delle persone credo sia un nome
legato soprattutto a tre titoli, nei quali
però sono già riassunte le esperienze di
una vita intera. Per i ragazzi — e per chi
ha conservato l’animo del ragazzo – Mario Lodi è soprattutto Cipì, la storia di
quel passerotto curiosissimo di tutto
quanto gli accade attorno, che, come
tutti i piccoli, si muove sventatamente,
incappando in buoni e cattivi incontri,
imparando però a proprie spese, dalle
proprie esperienze, a crescere e maturare. Un classico della narrativa per ragazzi; ma anche qualcosa di più: perché in
quel racconto del 1961 era riassunto un
metodo di lavoro di quel maestro elementare cremonese quasi quarantenne
(era nato il 17 febbraio 1922, è morto ieri) che poneva al centro
d e l l ’e d u c a zione e dell’insegnamento l’esperienza vissuta
quotidianamente dai ragazzi, protagonisti d’ogni
pratica educativa.
Era il principio d’un percorso d’apprendimento
che, quale che fosse la materia scolastica, doveva prendere le mosse dal mondo del bambino, dalla sua quotidianità
personale, familiare e sociale, dalle
esperienze dei suoi stessi affetti.
Un’esperienza positiva, approdata anni
dopo nel celebre libro dal titolo che ha
l’espressione d’un sorriso: C’è speranza
se questo accade a Vho. Ossia: la speranza di crescere senza essere «costretti»
dentro maglie che devono essere necessariamente uguali per tutti. Di crescere
attraverso domande e ricerche, che si
traducevano in inchieste, in giornalini
scolastici, in possibilità di mettere nero
su bianco il frutto delle proprie curiosità, di esprimersi attraverso scritti, disegni, musica, teatro, danza, gestualità.
Un’esperienza e un progetto che ha fatto
dire ieri sera al presidente del Consiglio,
Matteo Renzi, che con Lodi «scompare
uno di quei piccoli maestri che ha fatto
grande l’Italia».
Un lavorare «insieme» con i ragazzi
La carriera
Mario Lodi
(sotto e a destra
con i suoi alunni
di Vho) nasce a
Piadena nel ‘22.
Inizia la carriera
di maestro nel
1940. Dopo la
guerra aderisce
al Movimento
di Cooperazione
Educativa
ispirato alla
pedagogia
popolare di
Célestin Freinet
affidato tra il 1964-1969 a diari di lavoro
con testi e conversazioni tenute coi
bambini, che nel 1970 si sarebbe concretizzato nell’altro testo pedagogicamente
sconvolgente: Il Paese sbagliato. Diario
di un’esperienza didattica (Premio Viareggio), nel quale quel modo stesso di
lavorare veniva a suonare atto d’accusa
contro una scuola vecchia, burocratizzata, autoritaria. E questo in un anno significativo, proprio perché interveniva
dialogicamente con i movimenti di contestazione, mostrando la possibilità
che, anziché esser distrutta, la scuola
poteva invece essere trasformata in
qualcosa che attuava concretamente
spirito e valori di quella Costituzione
italiana, di cui Lodi avrebbe approntato
una edizione per bambini.
Ciò che altro non era se non il logico
approdo di un’esperienza non solo di
maestro, ma soprattutto di uomo: di
chi, dall’immediato dopoguerra, è impegnato socialmente nel processo di ri-
L’invenzione
Molti lo conoscevano soprattutto
per «Cipì», la storia di un
passerotto curioso di tutto, che
incappa in buoni e cattivi incontri
I progetti
In 22 anni
di insegnamento
a Vho
di Piadena
realizza molti
libri: alcuni scritti
insieme
ai suoi alunni;
molti dedicati
alla sua
esperienza
pedagogica.
Il Paese sbagliato
(Einaudi)
vince il Viareggio
nel 1971.
Nel 1989
fonda la Casa
delle Arti
e del Gioco
in una cascina
a Drizzona
(Cremona)
riguardano, anziché tracce di temi su conoscenze preconfezionate nei libri di testo.
I bambini muovevano con le loro braccia
la macchina tipografica per vederne uscire il
simbolo della libertà (perché questo pensava
Lodi della stampa): la loro. Così Lodi insegnava ai suoi bambini prima di tutto a pensare, chiedere e dubitare, allenandone la
capacità di pensare, chiedere e dubitare su
ciò che si sa. Lodi non ha mai smesso una
volta di allertarci «se i bambini non parlano», e per lui parlare era dipingere, scolpire,
giocare e molto altro, con ogni mezzo. Perché un bambino che tace è un bambino in
cui il ben-essere e il ben-diventare sono
compromessi dall’assenza di qualcuno che
ascolta.
alcuni scritti insieme ai suoi alunni, come Bandiera, Cipì, La mongolfiera, senza dimenticare l’indagine condotta nel
1980 in Italia, raccogliendo cinquemila
fiabe inventate dai bambini a dimostrazione della loro creatività in tempi di televisione, con conseguente fondazione
del giornale «A&B» scritto e illustrato
interamente dai bambini. Sino a quel
1989 in cui, coi soldi del Premio internazionale Lego a Drizzona, presso Piadena, crea la Casa delle Arti e del Gioco, vero laboratorio sperimentale che studia
tutti i linguaggi dell’uomo, compresi i
multimediali.
Una vita per la scuola, quella di Mario
Lodi. E coi ragazzi. Perché, come ha
scritto: «Ero un maestro unico che insieme ai bambini allargava il mondo reale del Paese fino a scoprire i grandi problemi planetari come quello delle migrazioni, dell’inquinamento, della raccolta dei rifiuti. Avevo trovato tanti amici
esperti dai quali imparavo tante cose».
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La testimonianza Il suo modello educativo resiste attraverso le generazioni
Un «maestro ignorante» e i diritti dei bambini
di MARINA SANTI
N
on ho incontrato Mario Lodi e ora so
che non lo potrò mai incontrare.
Eppure la sua voce è vicina a me e agli
studenti del corso di Didattica Generale
dell’università dove insegno, a Padova, nel
video di una intervista che proietto in aula
per spiegare cosa sia stata e cosa possa essere una «scuola attiva». Lì il maestro Lodi
racconta con i suoi modi gentili e insieme
forti dell’autorevolezza, e dell’esperienza, i
valori che hanno animato il suo impegno
verso il diritto dei bambini ad avere voce nel
mondo, a dare ad esso la propria voce e a far
parlare il mondo di loro. Vi traspare la sapienza di un «maestro ignorante», che sa
cogliere l’importanza di imparare dai bambi-
ni e dal loro modo di leggere il mondo. Lì
Lodi denuncia l’arroganza di una cultura e
una società che non sanno apprendere e
attingere dalla parte più creativa, aperta e
generativa dell’umanità, che abdicano alla
responsabilità di nutrirla con la scuola.
In quell’intervista rimpiange le occasioni
perdute — il mezzo televisivo lo è — per
portare ricchezza di idee ai meno ricchi e
privilegiati, ciò che seppe fare un compagno
di strada come Alberto Manzi. Lodi ci ricorda
quanto sia sciocco non cogliere nella ricerca
di senso e di esperienza dei bambini non
solo l’espressione di un diritto, ma un’opportunità di crescita collettiva. Egli insegnò a
scrivere ai bambini stampando giornali di
classe tra i banchi; giornali pieni di domande e risposte dei bambini sui problemi che li
Società Laicità e fede, Marco Ventura pubblica «Creduli e credenti», lucida analisi a partire dal Concordato dell’84
Il declino della Chiesa. E anche dello Stato
Trent’anni fa una speranza che non si realizzò
di ARMANDO TORNO
I
l discorso lo cominciamo con un classico,
Alexis de Tocqueville. Ne La democrazia
in America lasciò una considerazione che
conserva una sua attualità. Anche se sono
passati quasi due secoli: «Alleandosi a un
potere politico, la religione aumenta il suo
potere su alcuni uomini, ma perde la speranza di regnare su tutti».
Il passo ci è venuto in mente leggendo
l’acuto saggio di Marco Ventura Creduli e credenti. Il declino di Stato e Chiesa come questione di fede (Einaudi, pp. 234, 18). Colpisce in queste pagine, documentate con sintetiche e attente ricostruzioni di fatti recenti
— dal caso del divorzio di Maria Grazia Pellegrini a Susanna Maiolo che si getta su papa
Ratzinger il giorno di Natale del 2009, dalla
lectio magistralis alla Lateranense del maggio 2004 di Marcello Pera alla professione di
costruzione di una cosciente e convinta
società democratica a partire dalla scuola, attraverso la creazione del Movimento di Cooperazione Educativa. Una società che può essere tale grazie a iniziative culturali, come la costituzione nel
suo piccolo centro di una Biblioteca Popolare (ne verranno i Quaderni di Piadena) o del Gruppo Padano, per la conservazione della memoria della cultura
popolare, in quegli anni a rischio emarginazione per la calamitante curiosità
della nascente televisione. Quella televisione con cui Lodi ha fatto i conti di continuo, soprattutto nell’ottica del rapporto con essa dei bambini: senza preventiva demonizzazione, ma attento a quanto
ne poteva venire loro di positivo e di negativo. E non solo i bambini, come ricorda in A tv spenta. Diario del ritorno del
2002: nel quale sono gli adulti a esser
sollecitati a riappropriarsi della quotidianità, dando libero gioco alla curiosità per una mostra, un libro, un film, una
passeggiata, un incontro con gli amici.
Un impegno costante, proseguito negli anni con una produzione che annovera interventi, saggi, racconti e fiabe,
fede buddhista di Roberto Baggio — la lucida analisi di quanto è avvento dopo il 18 febbraio 1984. In quel giorno a Villa Madama la
Santa Sede e il governo italiano, ovvero il cardinale Casaroli e Bettino Craxi, firmarono
l’accordo sostitutivo dei Patti Lateranensi del
1929. Una settimana più tardi verrà siglato
anche quello con Valdesi e Metodisti, il primo con dei non-cattolici della storia italiana.
Momenti da leggere in chiave di libertà: il
Belpaese non era più uno Stato (soltanto)
cattolico e ogni cittadino avrebbe potuto scegliere a quale Chiesa donare l’otto per mille,
l’ora di religione, quale fede professare.
Ventura coglie il declino dell’istituzione
romana dopo il 1984, allorché si cercò di ristabilire una certa «identità cattolica». Nota,
tra l’altro, che in questi ultimi trent’anni «la
Chiesa ha scelto il credere contro il non credere». Non ha cercato un dialogo come quello avviato dal cardinale Martini con la catte-
dra dei non credenti, con il quale si desiderava capire le ragioni del rifiuto della fede e
trovare valori di incontro. Piuttosto c’è stato
un ritorno ai «punti fermi» (usiamo
un’espressione di Hans Urs von Balthasar)
della tradizione: «Il credere nella verità del
Dio cattolico contro la falsità di ogni altro
Dio: quello relativista e secolarizzato, anzitutto; poi quello dei cattolici eretici; poi
quello protestante, anglicano e ortodosso;
infine quello islamico ed ebraico, hindu e
buddhista. In questi tre decenni, Joseph Ratzinger ha amato la tradizione in pericolo, e
ha messo tutto il cuore per farla amare».
D’altro lato l’Italia ha conosciuto un analogo fenomeno, visibilmente più marcato, tra
crisi economiche soffocanti e interventi dall’alto dell’Unione europea che hanno trasformato i suoi contribuenti in sudditi. Ventura
sottolinea: «In profondità, il declino dello
Stato coincide con il tradimento delle pre-
Il presidente del Consiglio Bettino Craxi e il
Segretario di Stato vaticano Agostino Casaroli alla firma della revisione del Concordato
tra Italia e Santa Sede il 18 febbraio 1984
messe del 1984: con l’incapacità del Paese di
riconoscere la propria fisionomia secolarizzata e multireligiosa e di trarre da essa le
energie per il rinnovamento della società e
per la riforma dello Stato».
Il libro è scritto per chi spera in una Chiesa
e in un’Italia migliori, non indugia sulle critiche di coloro che utilizzano se stessi come
parametro di verità. Parte da fatti concreti
per evidenziare il disagio di un mondo che,
con l’aiuto dei salotti, si è aperto ai creduli e
non ai credenti. Tra gli uni e gli altri la differenza è abissale: i primi professano una fede
che «giustifica ogni tattica» e vincono sempre, anche quando perdono, giacché sono
protesi del potere; i secondi hanno «limpidi i
sensi» e soprattutto sanno che «senza il dubbio non c’è la fede». Tra loro ci sarà «la lotta
decisiva». Certo, ora dovrà svolgersi alla presenza di papa Francesco. Il quale, nota Ventura, ha operato una svolta epocale.
Già, ci sarebbe da aggiungere qualcosa
sullo Stato italiano. Ma qui, non in ossequio
agli scettici ma per elementare buon senso,
sospendiamo il giudizio. Il libro offre osservazioni preziose. Se qualche inquilino del
Palazzo del Potere desiderasse migliorare le
proprie letture acquistandolo, lo ricorderemo nelle nostre preghiere.
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Terza Pagina 27
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
Anteprima Sul «Mulino» una riflessione che parte dall’appello della filosofa ai popoli dopo la guerra
Elzeviro
«Manon Lescaut» all’Opera di Roma
LA MALEDIZIONE
DELL’EROS
La lezione della Arendt: oltre i risentimenti c’è un futuro
di PAOLO ISOTTA
S
e si paragona allo svolgimento del romanzo dell’Abate Prévost e della
Manon di Massenet, la
«disperata passione» della
Manon Lescaut di Puccini mostra come per l’Autore l’eros sia
solo una maledizione e non
possa esser concepito che infelice. La fanciulla del West rappresenta l’eccezione; ma si
pensi alla Rondine: è un’Operetta eppure si termina peggio
che con la morte, con la morte
delle illusioni. La Manon Lescaut è vista siccome la prima
Opera nella quale Puccini è
compiutamente se stesso; e se
si considera quanto adesso ricordato possiamo gettare una
luce sulla Grande Incompiuta,
la Turandot: non è vero ch’essa
non venne terminata pel sopraggiungere della morte, è vero che la morte sopraggiunse
quando Puccini non riusciva a
terminarla perché non riusciva
a trovare termini artistici per
lui soddisfacenti a dipingere il
«disgelo» della «principessa di
gelo», la sua trasformazione in
un essere di umane passioni.
Or la Manon Lescaut è anda-
❜❜
La direzione
di Muti e il ricordo
di Toscanini
ta in scena al Teatro dell’Opera
di Roma dopo giorni di polemiche per via d’un annunciato
sciopero che avrebbe portato
all’annullamento delle recite: e
a proposito delle polemiche
vien di citare un proverbio napoletano raccolto dal Basile,
pure ‘e pulece tenon’ ‘a tosse,
ossia anche le pulci hanno la
tosse, visto che un giovane direttore d’orchestra agente sulla
romana piazza ha voluto suggerire a Riccardo Muti le modalità onde esercitare il compito di direttore musicale: il che
egli esercita dal 1968.
Nella qualità al Teatro dell’Opera, Muti ha concertato e
diretto il capolavoro di Puccini
per la seconda volta nella sua
vita dopo averlo fatto alla Scala
nel 1998. Io c’ero e posso dire
che anche in questa circostanza si mostra come il passare del
tempo sia da Muti colto come
occasione meliorativa. Le sue
cose più belle ce le ha date tra i
65 e i 72 anni grazie al costante
perfezionamento delle sue
qualità dovuto allo studio e alla
grazia di Dio. Il suo gusto strumentale è qui eccelso: egli prosciuga la partitura e ne rivela la
smagliante veste strumentale.
Ma poi fa questo con una gelosa attenzione al canto la quale
non solo porta i protagonisti di
là da se stessi ma aiuta ogni
singolo comprimario. Per
esempio, il maestro di ballo o
l’ufficiale del terzo atto vedono
le loro battute trasformate nella verità drammatico-musicale.
L’agilità ritmica di Muti è qui
impareggiabile e si esplica in
L’Europa rinasce dal perdono
di MAURIZIO FERRERA
libertà che nulla hanno da fare
colla cosiddetta tradizione,
spesso deteriore: e può apprezzarsi anche nell’Intermezzo,
esecuzione paragonabile a
quella dello stesso Toscanini.
La sua cultura può vedersi anche nel pastiche settecentesco:
e per il Madrigale va lodato il
maestro del coro Roberto Gabbiani.
Io credo che l’accostamento
toscaniniano derivi non solo
dalle qualità di Muti ma anche
da circostanze felicissime che
hanno presieduto alla sua preparazione alla vita artistica.
Egli è stato allievo di Antonino
Votto il quale la Manon Lescaut
direttamente apprese da Arturo Toscanini; e mi è caro ricordare le parole di Puccini in una
lettera al «Corriere della Sera»
del 1922. Toscanini aveva ripreso l’Opera alla Scala nel trentennale della «prima» e il nostro critico musicale, Gaetano
Cesari, aveva parlato di miglioramenti all’orchestrazione.
Nulla ho ritoccato, disse Puccini; quello che a Cesari è parso
miglioramento è solo la concertazione fatta da Toscanini.
La regia è della figlia del Maestro, Chiara: e io, che non avevo mai assistito a manifestazioni artistiche di questa giovane
signora, temevo non fossi per
prorompere nel rimprovero di
nepotismo. Non è così giacché
Chiara Muti si dimostra artista
di grandi sensibilità e intelligenza e anche di cognizione
drammaturgica profonda. Ella
ci dà un Settecento francese
così plausibile da farmi credere che sarebbe atta persino alla
regia d’un Cavaliere della rosa:
il momento del secondo atto
ove si vede il parrucchiere acconciare Manon è già di quest’Opera. Notevole il fatto che
ovunque incombano le sabbie
del deserto ove la giovane puttana morirà disperatamente
piangendo di voler vivere. Le
scene, di un gusto squisito, sono di Carlo Centolavigna, mentre i costumi di Alessandro Lai
s’ispirano magistralmente a
Fragonard: e tutto il quadro del
secondo atto cita il dipinto del
tardo ottocentesco Adolph von
Menzel Concerto a Sanssouci.
La protagonista Anna Netrebko pare un’altra cantante
rispetto alla Donn’Anna del
Don Giovanni della Scala diretto da Daniel Barenboim; Yusif
Eyazov fa un Des Grieux, parte
quanto mai impervia, accettabile; Giorgio Caoduro è un
buon sergente Lescaut. Poiché
ho assistito anche alla prova
con la seconda compagnia,
posso dire gran bene di Serena
Farnocchia e Francesco Landolfi, l’altro sergente; e debbo
lodare Carlo Lepore siccome
Geronte. I cosiddetti comprimari sono di prima categoria:
Alessandro Liberatore, Edmondo, Andrea Giovannini, il
maestro di ballo, Giorgio Trucco, il lampionaio, Gianfranco
Montresor, il sergente, Paolo
Battaglia, il comandante, e Roxana Costantinescu nel difficile ruolo del Musico.
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Alla Gnam di Roma
Ventisette artisti da copertina
per la rivista «Mass Media»
S’intitola «Ventisette artisti e una rivista» la
mostra delle copertine del periodico «Mass
Media», Capone editore (da oggi al 2 giugno
alla Galleria nazionale d’arte moderna di
Roma). La rassegna, curata da Mariastella
Margozzi, espone opere realizzate per la
rivista fondata nel 1982 da Gino Agnese, tra
cui lavori di Burri, Noland, Tàpies, Accardi,
Ràfols-Casamada (a destra), Perilli e Munari.
I
l carattere democratico di una comunità federativa dipende dal coinvolgimento dei
cittadini, tanto nel processo costituente
quanto nei processi decisionali disciplinati
dalle norme costituite. Pur con tutti i suoi limiti, riconoscendo una sovranità condivisa fra
cittadini e Stati, il Trattato di Lisbona ha già indicato la strada per risolvere il deficit democratico dell’Unione europea.
L’organizzazione dei poteri nel Trattato non è
tuttavia pienamente coerente: l’equilibrio fra Parlamento e Consiglio non
è completo, il diritto
d’iniziativa resta esclusivamente nelle mani della
Commissione, il Consiglio europeo ha un peso
eccessivo. Inoltre l’Unione post-Lisbona presenta una vistosa asimmetria di fatto fra le opportunità di partecipazione,
da un lato, dei cittadini
nel loro ruolo «nazionale» a quel che i loro governi fanno dietro i sipari della scena di Bruxelles e l’esercizio concreto
di partecipazione da parte dei cittadini nel loro
ruolo «europeo» a Stra- La rivista
sburgo. La crisi ha esacerbato la situazione raf Questi due
forzando il modello del
brani sono tratti
«federalismo fra esecutida articoli di
vi».
Maurizio Ferrera
Se questa diagnosi è
e Michele Salvati
corretta, allora mettere in
pubblicati sul
coerenza il sistema euro
nuovo numero
con la sfera della rappredella rivista «Il
sentanza significa riavMulino», nelle
viare il processo costilibrerie in questi
tuente basato sulla sovragiorni
nità condivisa, correggere gli squilibri mantenuti
dal Trattato del 2009, riportare nell’alveo di questo processo la moltitudine di procedure e istituti intergovernativi
creati durante la crisi. (…)
La grande recessione ha creato sentimenti di
profonda sfiducia e persino di risentimento reciproco che sarà difficile superare. Ciò che occorre è una «massima di transizione», una bussola normativa che possa spegnere l’incendio.
Dove trovarla? In un discorso tenuto nel 2010
Jacques Delors pronunciò le seguenti parole:
«Dalla guerra gli europei uscirono trafitti da
memorie tragiche, risentimento e sfiducia. Il
progetto d’integrazione offrì loro una possibilità di riconciliazione, riconoscimento reciproco
e tolleranza. Vennero in mente le parole della
grande sociologa ebrea Hannah Arendt: perdonare e promettere. La promessa era che le generazioni venute dopo la grande tragedia sarebbero state tutte egualmente benvenute nella
nuova comunità che si stava creando».
La grande recessione non è (stata) una guerra, ma il parallelo non è così azzardato. Può la
massima della Arendt (perdonare e promettere) esserci di nuovo d’aiuto? Credo di sì. L’Unio-
Le chiavi
del perdono
e dell’amore
nell’installazione «Personal ground»
(2012) dell’artista americana Susan Lenz
ne monetaria (Uem) ha prodotto effetti inattesi
e proprietà emergenti, di fatto irreversibili. Ciascun Paese è entrato nell’euro con il suo carico
di problemi, in parte non dichiarati (pensiamo
alle reali condizioni della finanza pubblica greca).
Negli anni le regole non sono state pienamente rispettate (Francia e Germania sforarono il tetto del deficit e non furono sanzionate).
L’imputazione di responsabilità (per non parlare di «colpe») è complicata, scivolosa, politicamente inopportuna dopo l’incendio della crisi.
Nell’anno in corso l’Ue dovrà affrontare passaggi delicatissimi: le elezioni per il Parlamento, la formazione di una nuova Commissione,
la definizione del nuovo sistema di accordi
contrattuali (le «promesse»…) che dovrebbero
incentivare, ma anche facilitare (il «perdoHannah Arendt (Linden,
14 ottobre 1906 - New
York, 4 dicembre 1975) è
stata una filosofa e storica
tedesca naturalizzata
statunitense. È autrice,
tra l’altro, del testo
La banalità del male
no»…) l’agenda delle riforme nei vari Paesi, soprattutto i periferici. Se presa sul serio, la riflessione che ho cercato di abbozzare può produrre
risorse preziose per ribattere ai molti argomenti empiricamente falsi avanzati dagli euroscettici. Potrà servire per dare una prospettiva agli
elettori pro-europei (e a molti incerti) che
ascoltano le invettive euroscettiche e non sanno bene come reagire. Il grosso rischio è infatti
che gli elettori pro-europei non siano consapevoli della posta in gioco, non vadano a votare e
lascino il campo a chi vuole disfare l’Uem.
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Società I cittadini hanno un compito: trasformare la politica in risorsa
La casa brucia,
Buddha insegna:
dobbiamo reagire
per non morire
di MICHELE SALVATI
I
l compito della politica in Italia è convincere gli elettori della gravità della situazione. Oggi i nostri concittadini non si rendono conto appieno che il Paese non è
in grado di garantire loro le condizioni di benessere
cui aspirano e che in passato erano state sostenute (anche)
tramite un’espansione dissennata dei disavanzi pubblici e
da un’insostenibile accumulazione di debito. Non dovrebbe essere difficile far capire che i redditi di cui l’insieme
dei cittadini può disporre sono solo il corrispettivo dei
beni e servizi che le imprese producono e vendono, in
Italia e all’estero, oltre che dei servizi che il settore pubblico finanzia mediante imposte.
L’ampiezza e la crescita di questi redditi e del conseguente benessere dipende dunque dal numero di imprese
ad alta produttività e dalla maggiore efficienza dei servizi
non soggetti alla concorrenza. Oggi operano in Italia circa
4.000 medie imprese con capacità di innovazione e livelli
di produttività in grado di resistere alla concorrenza internazionale: dovrebbero essere molte di più per soddisfare i
livelli di reddito e di occupazione cui gli italiani aspirano. E
i settori non esposti alla concorrenza, ma cruciali per il
benessere delle famiglie e la concorrenzialità delle impre-
se, sono per qualità al di sotto, e per costo dei servizi spesso al di sopra, dei loro omologhi esteri.
Gli italiani cominciano ad avvedersi che questa è la situazione, ma esitano a tirarne le conseguenze. Realismo
vorrebbe che essi premiassero forze le quali, riconosciuta
la gravità della situazione, propongono progetti di riforme
strutturali, sul lungo periodo nel quale la crisi economica è
destinata a durare: un disegno di manutenzione straordinaria, che contrasti gli effetti della mancata manutenzione
ordinaria del passato. Reagiscono invece premiando partiti
che agitano poche bandierine, pseudo-riforme insufficienti o addirittura dannose. Ancor peggio, reagiscono premiando movimenti che danno voce soltanto al rancore
contro politica e politici.
Se la situazione economico-sociale è grave come l’ho
descritta e se la politica è oggi parte dell’incognita più che
della soluzione, segue che è dall’assetto politico che bisogna partire, dalle regole costituzionali e dalle regole elettorali. Potrebbe sembrare una contraddizione: non ho appena detto che la politica è parte del problema? Vero, ma non
è necessario che sia così: in altri Paesi essa funziona meglio che da noi. E poi quale altra via è possibile seguire se si
escludono soluzioni autoritarie? Governi «tecnici» o «governi del presidente»? Ne abbiamo avuti, sono stati utili in
una situazione di emergenza, ma questo tipo di governo
non ha la legittimazione democratica e il fiato politico
necessari a reggere un disegno di riforme straordinarie.
Credo che ci sia ancora il tempo, poco, per riforme che
possano trasformare la politica: regole che incentivino una
competizione su programmi e attribuiscano al governo
strumenti efficaci per governare. Lo scetticismo è comprensibile, ma allora non resta che ricordare l’apologo sul
Gautama Buddha e la casa in fiamme. «Maestro — accorrono i discepoli — c’è una casa che brucia ma gli abitanti si
rifiutano di uscire. Alcuni dicono che fuori fa freddo. Altri
che non riuscirebbero a salvare i loro beni. Che cosa dobbiamo fare?». «Nulla — risponde il Buddha — Chi, avvisato del pericolo, si rifiuta di reagire, merita di morire».
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Quasi gialli Un’altra prova di intrattenimento alto in «Andorra», scritto da Peter Cameron nel 1997 e edito ora in Italia
La nuova vita (già vecchia) di Alexander Fox
di CRISTINA TAGLIETTI
L
a facilità con cui si può cambiare la vita,
volendo o avendone la necessità, è incredibile. Ma forse è altrettanto facile
rendersi conto della velocità con cui le nuove
vite diventato vecchie. In Andorra (traduzione di Giuseppina Oneto, pp. 236, 18), romanzo che Peter Cameron («il più britannico
degli scrittori americani») scrisse nel 1997 e
che ora esce da Adelphi, ciò avviene in poco
più di 200 pagine.
La nuova vita di Alexander Fox, libraio di
San Francisco che arriva a La Plata, capitale di
un’Andorra di fantasia, lasciandosi alle spalle
quel che era necessario lasciarsi alle spalle —
cioè tutto — è destinata a durare poco. Andorra (che ispirò anche una satira di Max Frisch del 1962) rimane una sorta di luogo della
mente, più simile a un paesino della Costa
Azzurra che al principato sui Pirenei. Il libro,
ambientato in un passato imprecisato (potrebbero essere gli anni 50) è un’altra prova
Sopra: un’opera di John
Booton sulla Costa Azzurra
(dal sito pastelpictures.com)
della capacità di Cameron di creare romanzi
di intrattenimento alto, storie d’amore, imprevisti e coincidenze che nascono, come
questo, sotto il nume tutelare di Marcel
Proust (usato come esergo) e Jane Austen
(esplicitamente omaggiata), ma anche nella
scia di certi romanzi per signora della letteratura inglese, iniettati di una dose omeopatica
di cattiveria, quella che ogni animo può contenere.
Ad Andorra Alexander arriva in treno con
un baule e un segreto, ma d’altronde, quasi
tutti quelli che incontra sembrano averne
uno. Di sicuro ce l’hanno i coniugi Dent che
vengono dall’Australia e vivono in una villa
con il loro cagnone Dino: entrambi si chiamano Ricky, entrambi si innamorano del
protagonista. Lei mangia sempre da sola alla
taverna, lui rimane in casa a comporre
un’opera musicale ispirata all’Immoralista di
Gide, tormentati da una vita che non può essere compiuta. Ci sono le Quay, «buona vecchia famiglia con tanti quattrini», guidata
dalla matriarca che tutte le mattine fa kajak in
mare e con una figlia trentottenne che ha conosciuto (ed è stata costretta a reprimere) i
palpiti del cuore e forse è in cerca di marito
(anche lei si innamora di Alexander). E poi c’è
il tenente Afgroni, figura necessaria perché il
mare di La Plata restituisce due cadaveri.
Come Coral Glynn, anche questo romanzo
di Cameron prende un andamento giallo che
sarà il protagonista, poco alla volta, a svelare.
Ma a dominare, più che la trama, amministrata in modo un po’ frettoloso, è come sempre la capacità di Cameron di surfare, con parole essenziali, sulla superficie senza essere
superficiale, di raccontare le abitudini e gli
stili di vita di una certa buona società che ha
visto tramontare i fasti del passato e ne mantiene soltanto le bizzarrie, di creare il set giusto, poco più di un fondale, che permette la
messa in scena di situazioni, personaggi, dialoghi, a volte inverosimili, ma sempre coerenti.
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Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
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TRA INDIFFERENZA E IPOCRISIA
✒
Se la montagna non va a Maometto, Maometto va alla montagna.
Ma qui non c’entra il profeta dell’Islam.
Siamo a Torino e il protagonista è l’arcivescovo Cesare Nosiglia. Proprio lui che
qualche giorno fa, all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico piemontese, aveva detto, a proposito
delle coppie non consacrate dal sacramento del matrimonio: «Bisogna avvicinarle con amicizia e serenità di dialogo,
offrire loro la possibilità di confrontarsi
sulla parola di Dio e sulle loro scelte di vita». Più o meno le parole pronunciate in
quelle stesse ore da papa Francesco.
Ebbene, sabato, nella notte della movida di San Salvario, il quartiere torinese
multietnico, pullulante di locali, pub, caffè, ristoranti e soprattutto la zona dello
spaccio e dei pusher, la parrocchia dei
santi Pietro e Paolo aveva aperto il portone
per lasciare entrare i giovani fedeli che volessero interrompere l’estasi festaiola per
concedersi un momento di riflessione e di
intimità spirituale. Un’iniziativa, appunto
la «Movida spirituale», promossa dal parroco e dai ragazzi dell’oratorio. Per la Prima era stato invitato l’arcivescovo, come
per le grandi occasioni istituzionali. Ma
neanche il calcio balilla collocato lì davanti aveva attirato grandi folle, anzi. Insomma, sembrava una iniziativa fallita.
È stato così che monsignor Nosiglia ha
deciso di rompere l’imbarazzo, si è messo
sulla testa bianca il berretto ed è uscito
sulla strada per affrontare l’allegria mondanissima della notte. Se i giovani non
vanno in Chiesa, la Chiesa va ai giovani...
Forse memore della lezione di don Milani
(«m’ero fatto prete per correre verso il male sulla strada»), forse guidato dall’alto,
forse interpretando la filosofia francescana di Bergoglio, «uomo disarmato» (come don Luisito Bianchi), fornito solo del
suo sorriso e della sua dottrina, con l’abito
nero di un prete di campagna, ha avvicinato le «anime smarrite» nella speranza che
lo fossero solo provvisoriamente. Dunque, l’arcivescovo di Torino appare nelle
fotografie, a futura memoria, tra bicchieri
semivuoti, alle sue spalle i tag di graffiti
incomprensibili, come un E.T. in veste di
missionario in città, circondato da nugoli
di ragazzi e ragazze sorridenti e pronti ad
ascoltarlo. E l’ascolto, si sa, è il primo passo. Il resto, semmai, verrà.
Paolo Di Stefano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
DALLA CONSERVAZIONE ALLA PROMOZIONE
IL SALTO CULTURALE DELLE SOVRINTENDENZE
✒
«Abbiamo la cultura in mano a
una struttura ottocentesca, non
può basarsi sul sistema delle sovrintendenze». Le sovrintendenze come paradigma del viziato approccio italiano alla gestione del patrimonio: che mettono in
ogni occasione avanti quasi esclusivamente la conservazione, piuttosto che la promozione: bene, così diceva Renzi quando
ancora non aveva titolo per
riformarle davvero.
Hic Rhodus, hic salta:
ora qualche titolo lo avrebbe, resta da vedere se questo governo sarà capace di
sopprimere le sovrintendenze. Come sostituirle?
Praticamente tutte le Regioni hanno oggi una facoltà di Architettura che ha tra
i propri docenti professori
di Storia dell’architettura e di Restauro dei
monumenti, i cui titolari sono lì per aver
vinto un concorso e possiamo supporre
abbiano almeno la medesima competenza
dei soprintendenti.
Che poi, una volta assunti i compiti delle
sovrintendenze, siano virtualmente corrivi
con una sfera politica in questi campi forse
disinvolta mi sembra difficile da sostenere,
neppure le Commissioni edilizie mi sem-
bra lo siano. Il fatto è che la riforma della
burocrazia ministeriale non ha a che vedere tanto con la riorganizzazione strumentale del Mibac (ministero dei Beni e delle
attività culturali), come ha tentato Bray, ma
con la revisione delle norme sulle quali è
andata annidandosi in questi cent’anni. Mi
riferisco a norme adatte a uno Stato accentuatamente centralizzato che non corrisponde più alla società
contemporanea, dove sorgono di continuo iniziative
locali per salvaguardare e
rigenerare i propri antichi
monumenti che spesso trovano nelle sovrintendenze
un intralcio anziché un appoggio: e, diciamolo pure,
spesso con funzionari alimentati più dal loro potere
che dalla loro competenza.
È in questo quadro che in Europa si è
sviluppato nell’ultimo decennio un intenso dibattito sulla decentralizzazione dei
ministeri centrali — soprattutto in Francia,
il modello seguito in Italia — e forse sarebbe il caso di mettere il naso fuori dal palazzo del Collegio romano e innestarsi su questo dibattito.
Marco Romano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
TOPOLINO CONTRO I BOY SCOUT ANTI GAY
MODELLO DELLE GIOVANI MARMOTTE
✒
Era un mascalzone. Un ribaldo.
Un avventuriero. Con qualche
tratto di arroganza. Furbo e simpatico come la sua giovinezza. Con il passare degli
anni si è trasformato in un collaboratore
di giustizia, confidente fidato del Commissario Basettoni e garante assoluto dell’ordine costituito. È la parabola di Topolino, alias Mickey Mouse. Il Topo scorretto
e irrispettoso si è trasformato negli anni
in un pioniere del politically correct. Chapeau se si trattasse di una questione etica,
qualche sospetto se invece fosse solo una
questione di marketing legata a una multinazionale che opera a livello mondiale.
Lungo preambolo per raccontare l’ultima avventura della Disney: Topolino ha
boicottato i Boy Scout: niente più finanziamenti all’organizzazione creata da Baden-Powell perché non ammette tra i
propri capi persone gay. La Disney, seguendo il proprio statuto, per cui nessuna organizzazione può ricevere finanziamenti se «discrimina nella prestazione di
servizi illegalmente o in modo incompatibile con le politiche della Disney, sulla
base della razza, religione, colore, sesso,
nazionalità, età, stato civile, capacità
mentale o fisica, o l’orientamento sessuale», ha tagliato i finanziamenti agli Scout
perché penalizzano i gay. Significa un taglio netto di 5 milioni di dollari. Segnale
importante. Una svolta decisiva perché
arriva da chi forma bambini e ragazzi.
Peccato però che per tanti anni la Disney
non si fosse accorta assolutamente delle
discriminazioni che avvenivano nel mondo degli Scout, tanto da aver creato nel
proprio universo parallelo, uno che ricalcava esattamente quello che adesso è
messo sotto indice.
Che cosa sono le Giovani Marmotte e le
Giovani Esploratrici se non la riproduzione delle dinamiche scout nel mondo Disney? Il «Manuale delle Giovani Marmotte» ha portato nelle casse di Disney milioni e milioni di lire. E che dire del rifiuto
sessuofobico di creare legami tra i personaggi che popolano Topolinia e Paperopoli? Esistono solo parentele indirette.
Zii, nipoti, cugini. Il sesso è bandito. Forse, ora è il momento di riscrivere il Manuale delle Giovani Marmotte. Con un filo
d’onestà in più.
Maurizio Giannattasio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Italiani tiepidi sul dramma ucraino
Manca lo stimolo del nemico interno
di ANGELO PANEBIANCO
SEGUE DALLA PRIMA
C’è da chiedersi che cosa i nostri
atteggiamenti verso questa crisi rivelino a
noi europei su noi stessi. Tolto il caso dei
due Paesi europei più coinvolti, Germania e
Polonia, ciò che ha più impressionato,
dall’inizio, nel novembre scorso, della
rivolta popolare filoccidentale contro il
presidente Yanukovich, ora deposto, è stata,
se non l’indifferenza, la relativa freddezza
delle nostre opinioni pubbliche. Nessun
serio movimento d’opinione che facesse
sentire alta e forte la sua voce, nessuna
attività ben visibile di comitati per la libertà
dell’Ucraina, niente manifesti di
intellettuali di prestigio, niente
manifestazioni di protesta di fronte alle
ambasciate ucraine o russe. Eppure, le
ragioni c’erano tutte: la lotta in piazza
contro le leggi autoritarie (poi ritirate) di
Yanukovich, le uccisioni e le sparizioni di
molti antigovernativi, i cecchini del regime
che sparavano sulla folla dai tetti, eccetera.
Le opinioni pubbliche europee si sono
generosamente spese in passato per le
cause più diverse. Questa volta no. Almeno
fino ad ora. Se si confrontano le due
vicende, si constata che gli europei
seguirono con assai più partecipazione ed
emozione gli eventi del 2011 di piazza Tahrir
in Egitto che quelli del 2014 di piazza
Maidan a Kiev, la rivolta anti Mubarak
molto più di quella anti Yanukovich.
Eppure, stiamo parlando di Europa, di noi.
Forse, un insieme di circostanze
contribuisce a spiegare questo fatto.
C’entra, in parte, l’accresciuta difficoltà di
interpretare gli eventi europei dopo la fine
dell’Urss. Al mondo semplice (o di qua o di
là, con gli americani o con i sovietici) della
Guerra Fredda, ove tutti sapevano, dato un
qualsiasi evento, come interpretarlo e
schierarsi, è subentrato un mondo
complicato, ambiguo, opaco: qui il bianco e
il nero (il rosso) non sono più di casa,
predominano le diverse sfumature del
grigio.
A questa difficoltà se ne somma un’altra: ha
a che fare con l’ipocrisia che sempre
accompagna l’agire politico. Riguarda il
carattere, selettivo e partigiano, delle
mobilitazioni per la libertà altrui o per gli
altrui diritti umani calpestati.
Prendiamo il caso dell’Italia, che porta
spesso all’esasperazione certi tratti presenti,
solo con minore evidenza, anche in altri
Paesi europei. È troppo malizioso ipotizzare
che se al governo ci fosse ancora
CONC
L’ARCIVESCOVO NELLA MOVIDA DI TORINO
UNA CHIESA CHE SA PARLARE AI GIOVANI
Berlusconi, il grande amico di Putin,
avremmo assistito, in queste settimane, a
una consistente mobilitazione della sinistra
a sostegno dei filooccidentali ucraini? E
non è forse vero che, a parti invertite, la
destra farebbe di tutto per mobilitare il
Paese in difesa di una qualsivoglia buona
causa, se ciò servisse a mettere in difficoltà
un governo di sinistra? La verità è che quasi
tutte le mobilitazioni in favore di «giuste
cause» hanno, al fondo, come bersaglio, un
nemico politico interno. Se il nemico
interno non è identificabile, la giusta causa
potrà anche essere riconosciuta come tale,
ma nessuno si darà la pena di muovere un
dito in suo favore.
Il terzo fattore in gioco riguarda la forza dei
vincoli geopolitici e la capacità che in certe
occasioni mostriamo, di aggiustare i nostri
giudizi su ciò che è giusto o sbagliato, in
modo da renderli compatibili con quei
vincoli. Nella migliore delle ipotesi,
sappiamo che l’Ucraina resterà uno Statocuscinetto fra Occidente e Russia. Nella
peggiore, verrà reinglobata nell’Impero
russo o smembrata con prezzi, politici e di
sangue, altissimi. È vero che non possiamo
illudere gli ucraini filoccidentali che ciò che
essi sognano (l’ingresso dell’Ucraina nella
Nato e nell’Unione Europea) sia realizzabile.
È vero che le carte che ha in mano Putin
sono migliori delle nostre, si tratti della
partita dell’energia (il gas russo) o
dell’ammontare degli aiuti che possiamo
offrire per rimettere in piedi l’economia
ucraina.
In un «Paese in bilico» (definizione del
politologo Samuel Huntington che già nel
1996 prevedeva per l’Ucraina un futuro di
guerre civili), il compromesso fra gli
interessi russi e i nostri, e fra le aspirazioni
degli ucraini filoccidentali e quelle dei
filorussi, è certamente la soluzione su cui
puntare (se non è già troppo tardi). Ma i
compromessi si fanno quando entrambe le
parti vogliono. E solo se non c’è uno
squilibrio di forze eccessivo a vantaggio
dell’uno o dell’altro. La Germania di Angela
Merkel ha alcune carte di qualche pregio e
le sta giocando per impedire l’irrimediabile:
l’invasione russa. Se le opinioni pubbliche
degli altri Paesi europei si svegliassero
esercitando una visibile pressione a
sostegno delle nuove autorità filoccidentali
di Kiev, farebbero cosa utile. Mostrando
una certa coerenza fra i valori sbandierati e i
comportamenti, e dando una mano nella
individuazione di un punto di equilibrio. Se
c’è un modo per salvaguardare la richiesta
di libertà degli ucraini occidentali, pur
riconoscendo l’impossibilità (soprattutto in
tempi di declino dell’influenza americana)
di opporsi a certe pretese del nazionalimperialismo russo, è nostro dovere
ricercarlo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IL CONSENSO A CARO PREZZO
Le cause politiche della decrescita
di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
SEGUE DALLA PRIMA
Le cose però cominciano a cambiare dopo
il Sessantotto. Gruppi sempre più consistenti
di elettorato «d’ordine» si staccano dalla vecchia fedeltà elettorale; gli strati giovanili in
quanto tali mostrano una spiccata tendenza a
sinistra; la sindacalizzazione coinvolge vasti
strati del ceto medio; si alza in generale il livello di richiesta di servizi e di garanzie sociali (previdenza, assistenza, eccetera). Al tempo
stesso l’immagine del Partito comunista va
perdendo i caratteri negativi che fin lì aveva
avuto ed esso pertanto diviene un competitore credibile al governo del Paese.
Questo svolgersi delle cose rappresentava
di certo una crescita democratica, un positivo
ampliamento degli spazi di azione sociale: da
una dimensione ideologicamente ingessata e
asfissiante a una assai più libera. Ma come
sempre maggiore libertà avrebbe richiesto
maggiore responsabilità. Di cui invece, per
varie ragioni qui troppo lunghe a dirsi, la società italiana non era certo pronta a farsi carico. In Italia maggiori spazi di democrazia vollero dire che a partire dagli anni Settanta si
aprì un mercato elettorale nel quale diveniva
sempre più difficile per il compratore politico opporsi alle richieste molteplici e inevitabilmente settoriali dei diversi gruppi sociali
decisi a sfruttare al meglio il proprio voto. Si
spiega in questo modo tutta una serie di fenomeni destinati nei decenni successivi ad
aggravarsi e a produrre conseguenze negative
molto importanti: l’espansione caotica e costosa dello Stato sociale, i sussidi indiscriminati alle imprese, il peggioramento della qualità dell’istruzione e della Pubblica amministrazione a causa di concessioni «permissiviste» dall’alto e pansindacalismi e agitazioni
democraticiste dal basso. Nel mentre l’istituzione delle Regioni e le varie «riforme» non
mancavano di produrre una progressiva perdita di controllo del centro su tutte le periferie e su tutti gli insiemi.
Storicamente, dal ’45 in poi, la democrazia
italiana ha voluto dire i partiti, non la società:
che anzi, nel lungo Dopoguerra, è stata piuttosto da essi dominata, organizzata e disciplinata. È peraltro impossibile negare che, in
una misura significativa, il grande sviluppo
economico del Paese fu reso possibile proprio grazie ai partiti: all’efficacia delle loro
scelte e della loro direzione. Ma a partire dagli Anni 70/80 la tendenza si rovescia. In un
certo senso la società reclama il suo primato
«democratico» e comincia a sfuggire ai partiti, i quali ne perdono progressivamente il
controllo fino a conoscere la virtuale dissoluzione del loro sistema con le inchieste di Mani pulite. E da allora in avanti, non a caso, essi
vivono e sono vissuti soprattutto come qual-
cosa di superfluo, di parassitario, precisamente come una «casta».
A questo punto, però, la società che prende
il sopravvento si rivela per ciò che è: una società con un assai debole «capitale civico»,
familistica e corporativizzata, complessivamente poco istruita e poco interessata a informarsi, il cui interesse per la libera discussione è scarsissimo, dislocata geograficamente, divisa in interessi particolari accanitamente decisi ad autotutelarsi; dove il privato
tende sempre a prevalere su ciò che è pubblico o a piegarlo al proprio servizio; dove non
esistono élite sociali e culturali unanimemente riconosciute. Dove sì, le energie non
mancano, ma dove si manifesta sempre fortissima la resistenza al cambiamento, al merito, alla mobilità.
È compatibile — questo è il punto — una
società del genere con un moderno sviluppo
economico? E soprattutto: può riuscire a
esprimere una strategia appena appena coerente rispetto allo sviluppo anzidetto un sistema politico che deve operare in un tale clima «democratico»? Che è costretto a contrattare periodicamente il proprio consenso con
una tale società? Ecco altrettanti interrogativi
cruciali a cui peraltro s’incarica la realtà, mi
sembra, di dare una risposta ogni giorno più
netta.
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29
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
Lettere al Corriere
ESPULSI DALLA SPAGNA
Discendenti degli ebrei
Caro Romano, nel Corriere
della Sera del 13 febbraio si
riferiva di una bozza di legge
del governo spagnolo per
conferire la cittadinanza
spagnola ai discendenti degli
ebrei espulsi dalla Spagna ai
tempi di Isabella e Ferdinando
(i cosiddetti sefarditi). A
quanto risulta dal libro di
Luis Suarez España, Franco y
la segunda guerra mondial, il
governo di Franco dette
disposizioni ai consolati di
accettare le richieste di
cittadinanza dei sefarditi nei
vari Paesi occupati dai
tedeschi o dai loro alleati, per
salvarli dalla deportazione,
basandosi su una legge
emanata nel periodo della
dittatura di Primo de Rivera.
Sembra che anche il nostro
Giorgio Perlasca,
spacciandosi per console
spagnolo, abbia usato queste
disposizioni per salvare
migliaia di ebrei a Budapest.
Perché, allora, c’è la necessità
di una nuova legge in
materia? Forse la legge di
partito, decidesse di uscirne o
fosse espulso, dovrebbe
automaticamente decadere
dalla carica ed essere
sostituito dal partito, che
provvederà a nominarne un
altro. È corretto questo modo
di ragionare?
Giovanni Scotto
di Tella, Roma
Caro Scotto di Tella,
lla sua domanda rispondo che è «apparentemente» corretto e che
esistono tuttavia altre considerazioni non meno importanti.
Quando fecero la loro apparizione sulla scena politica europea, i partiti di massa non
piacquero ai liberali perché
trasformavano il cittadino
elettore in un cittadino militante e gli chiedevano una fedeltà non diversa da quella che
le Chiese pretendono dai loro
seguaci. I liberali non avevano
torto. Nelle loro incarnazioni
A
più estreme i partiti di massa
hanno generato regimi autoritari e totalitari. Quando sono
entrati nei Parlamenti, soprattutto dopo la Prima guerra
mondiale, hanno imposto ai
loro deputati una disciplina
che impediva il libero confronto delle idee. Ma non sarebbe
giusto dimenticare che vi sono
state anche ricadute positive.
Hanno contribuito alla consapevolezza politica dei cittadini
e alla difesa dei loro interessi.
Hanno formulato programmi
di governo e perseguito obiettivi di lungo respiro. Non sono
geneticamente liberali, ma
pretendere la loro scomparsa
sarebbe certamente illiberale.
Senza grandi partiti politici
l’esercizio della democrazia
Primo de Rivera è stata
abrogata o forse la nuova
legge vuole essere più chiara?
Mario Serra, studio@
serraeassociati.com
Non conosco il testo della
legge a cui lei si riferisce, ma
sappiamo che Perlasca prese
coraggiose iniziative personali valendosi spesso del beneplacito delle autorità spagnole. La nuova legge, se approvata, darebbe la cittadinanza
spagnola a tutti i discendenti
che ne facessero richiesta. A
chi chiede quali documenti
occorrerà presentare, ricordo
che molti ebrei espulsi dalla
Spagna hanno appeso al muro
delle loro abitazioni, soprattutto nel Mediterraneo orientale, la chiave della casa che
era stati costretti ad abbando-
La tua opinione su
sonar.corriere.it
La Russia autorizza
Putin all’intervento
armato in Ucraina.
L’Europa sarà in grado
di fermare l’escalation?
nare. Quale documento più
convincente di quella chiave?
moderna sarebbe impossibile.
Bisogna evitare tuttavia che
il partito in Parlamento, per
meglio organizzare le proprie
truppe, abbia un diritto di vita
e di morte. Bisogna permettere
che anche all’interno dei singoli partiti vi sia una certa varietà di posizioni. Dopo l’esperienza fatta in molti pseudoParlamenti europei del periodo fra le due guerre — fra gli
altri il Soviet supremo sovietico, il Reichstag nazista, la Camera dei fasci e delle corporazioni — i costituenti vollero
nella Carta un articolo (n. 67)
in cui è scritto che «ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione senza vincolo di
mandato». Quell’articolo è diretto in primo luogo contro il
«mandato imperativo», caratteristico di quasi tutte le assemblee dell’Ancien Régime,
ma ha anche il merito d’impedire che il parlamentare diventi una semplice cinghia di tra-
smissione nell’ingranaggio del
partito a cui appartiene.
Secondo lei tuttavia, caro
Scotto di Tella, questa regola
non deve valere se il parlamentare, anziché essere scelto
dagli elettori, è nominato dal
suo partito, come accadeva
con la legge Calderoli. Capisco
la sua obiezione. Il parlamentare nominato non può rivendicare l’esistenza di un rapporto fiduciario con gli elettori e i
suoi cambiamenti di campo
possono essere il risultato di
calcoli opportunistici. Ma se
devo scegliere tra il rischio di
un deputato opportunista e un
partito a cui è concesso il diritto di cacciare i propri parlamentari dalle Camere, scelgo
senza esitare il candidato opportunista. In una democrazia
il solo modo per espellere dal
Parlamento una persona o un
partito è quello di non votarli
alla prossime elezioni.
decidere sul proprio destino.
Gli organismi internazionali e
l’Europa, mai come oggi,
hanno la possibilità e il
dovere di intervenire con tutto
il loro peso, anche per
riscattarsi degli errori di un
passato anche recente.
non è assolutamente possibile
continuare a fare finta di non
vedere!
Luca Soldi, Prato
Un ministro del governo Renzi
ha affermato che il prossimo
anno non si andrà alle urne
perché è necessario diminuire
le tasse, snellire la burocrazie,
eccetera, per cui ci vuole del
tempo. Ci si chiede: perché
non diminuire subito le tasse
e andare al voto nel 2018?
ALLARME A KIEV
L’aiuto di Putin
SPESE DEL COMUNE DI ROMA
L’«aiuto fraterno» di Mosca
ci riporta alla mente altri
eventi drammatici che hanno
martoriato, in un passato non
troppo lontano, l’Europa.
L’«aiuto» di Putin rischia di
portare di nuovo guerra,
morte e limitazione dei diritti
e di essere controproducente
anche per la popolazione di
quella stessa Crimea che
vorrebbe, legittimamente,
Basta fingere
Gli ingenti debiti accumulati
nel corso degli anni dal
Comune di Roma spaventano
non solo per essere tanti, ma
anche per aver finanziato
servizi pubblici considerati di
bassa qualità da parte degli
utenti. Grande spesa e scarsa
soddisfazione sono un
binomio che non regge più:
SUL WEB Risposte alle 19 di ieri
La domanda di oggi
Si
Il Partito democratico
chiede le dimissioni
del sottosegretario alle
Infrastrutture, Antonio
Gentile (di Ncd).
Ha ragione?
16
No
84
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Vittorio GervasI, Pescara
RIFORME E VOTO
Auspicio di un elettore
Mario Pastore
[email protected]
CANONE RAI
Decoder per gli utenti
Sono anni che si chiede agli
italiani di pagare il canone
Rai. Credo che basterebbe
semplicemente dare a ogni
utente un decoder con tessera
come avviene con le tv a
pagamento, così tutti
pagherebbero e si potrebbe
pure ridurre la quota del
canone tv.
Abbiamo apprezzato l’articolo «Quel
mito della velocità dai socialisti al leader
dem» di Dario Di Vico (Corriere, 28
febbraio) e le considerazioni di Bruno
Pellegrino. Il convegno su «Velocità e
politica» del 1983 a Napoli al Salone
Margherita, appena riaperto, lo
organizzò Rodolfo Falvo per conto del
club socialista «Alessandro Panagulis»
fondato da Freddy Scalfati, mentre
Giulio de Martino nel 1984 dirigeva il
mensile socialista Velocità. Oggi siamo
in un’epoca molto diversa da quella: sia
sul piano politico che su quello
tecnologico. Osserviamo che un aspetto,
però, ci sembra collegarle. Abbiamo
sotto gli occhi le enormi difficoltà in cui
si dibatte il nostro sistema politico
centrale. Il nodo del problema sta nel
cortocircuito fra Parlamento ed
esecutivo: la mancata e netta
separazione fra queste due funzioni
crea continui e drammatici ostacoli alla
guida politica del Paese.
La velocità in politica non è «velocismo»,
non è cancellazione della democrazia
rappresentativa e parlamentare. È
piuttosto la separazione fra le due facce
del potere politico e l’articolazione
migliore dei loro rapporti. È un tema che
non può essere scaricato sulla legge
elettorale e richiede una riforma della
Costituzione. A noi — che andavamo in
«velocipede» nel 1983 — il premier
come «sindaco d’Italia» e un tipo di
legge che separi l’elezione dell’esecutivo
dall’elezione dell’assemblea
piacerebbero.
Freddy Scalfati e Giulio de Martino
[email protected]
Composizione del governo
La mappa della composizione
territoriale del governo Renzi (Corriere, 2
marzo) illustra chiaramente quanto sia
ridotta la presenza delle sei regioni
meridionali nell’attuale esecutivo.
Soltanto la Calabria riesce a esprimere
un ministro (Carmela Lanzetta) su 16;
Campania, Puglia, Abruzzo, Molise e
Basilicata devono accontentarsi di
viceministri e sottosegretari (11 su
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DIRETTORE GENERALE DIVISIONE QUOTIDIANI
Alessandro Bompieri
L’«intercettato» finisce
nel girone dei colpevoli
A
desso al Fatto Quotidiano hanno coniato l’etichetta
infamante: «intercettato». Fino a poco tempo fa,
per additare al pubblico ludibrio qualcuno non ancora condannato da una sentenza definitiva, e dunque (purtroppo, dicono i forcaioli seriali) secondo
dettato costituzionale da considerarsi «innocente» a tutti gli
effetti, si adoperavano arbitrariamente termini come: «indagato, «inquisito», «iscritto nel registro degli indagati» (e dove,
altrimenti?), addirittura «imputato» se il reprobo, superata la
fase delle indagini, riusciva addirittura a godere del privilegio
di un processo con diritto di difesa almeno sulla carta garantito. Adesso si fa un passo indietro, mentre lo Stato di diritto
sprofonda nel baratro, e persino l’«intercettato» non indagato, ma semplicemente entrato nel vortice delle intercettazioni
cosiddette a strascico, viene incluso nel girone degli appestati.
Ora, è del tutto indifferente chi sia l’«intercettato» in questione: potrebbe essere anche un pericoloso criminale, sempre che un processo riuscisse a provarlo in modo fondato. Ed è
anche indifferente stabilire, visto che si sta parlando di un
ne0sottosegretario del governo Renzi, se il criterio dell’opportunità politica non avrebbe dovuto suggerire una certa prudenza nelle nomine. Può darsi che sia così, ma non è questo il
punto. Il punto è la desolante deriva antigarantista del discorso pubblico, della sensibilità comune, degli usi lessicali correnti. Dare dell’«intercettato» a qualcuno, per condannarlo in
via preventiva e non semplicemente per descrivere un dato di
fatto, è semplicemente un obbrobrio.
Già era un obbrobrio che si
La desolante
dessero in pasto all’opinione
deriva
pubblica intercettazioni di cittadini non indagati, con il sotterantigarantista
fugio della pubblicazione di una
del discorso
quantità smisurata di «allegati»
alla portata di tutti, e senza più il
pubblico
vincolo del segreto investigativo. Già rappresentava uno strappo violento all’articolo 15 della Costituzione la violazione di
ogni comunicazione privata. Già sembrava un crollo del rispetto per le persone l’abuso di un’altra categoria impropria
come «coinvolto» (salvo scrivere anni dopo, con un certo rammarico e anche una certa stizza, «coinvolto ma poi assolto»).
Già una soglia di tutela della sfera privata delle persone è stata
travolta con la pubblicazione sui giornali di registrazioni telefoniche totalmente private (poi usate da privati per consumare
una vendetta privata) e nemmeno salite al rango di «atti giudiziari», come è accaduto recentemente ai danni del sindaco di
Napoli Luigi De Magistris e dell’ex ministro Nunzia De Girolamo. Adesso la beffa: l’«intercettato» viene trattato come un
«indagato» a sua volta maltrattato come «colpevole» anche in
mancanza di una condanna definitiva della magistratura.
L’Italia scende un ulteriore gradino in un’ipotetica classifica
della qualità degli Stati di diritto. Nel linguaggio pubblico siamo molto al di qua dell’Habeas corpus. E la chiamavano la
«culla del diritto».
❜❜
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Bozzetto
DEL LUNEDÌ
CONDIRETTORE
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Nicola Fanelli, [email protected]
Interventi & Repliche
Velocità e politica
@
I DILEMMI DELLA DEMOCRAZIA
Particelle elementari
TRA DISCIPLINA E LIBERA COSCIENZA di Pierluigi Battista
Risponde
Sergio Romano
Mi sembra di aver capito che
per la nostra Costituzione i
deputati, in quanto «eletti»,
hanno ricevuto un mandato
dagli elettori, e pertanto
sono considerati inamovibili
dal Parlamento anche se si
contrappongono alle
indicazioni del partito di
appartenenza e ne
fuoriescono, contraddicendo
gli orientamenti forniti
durante la campagna
elettorale e anche, al limite,
per formare altri movimenti.
Tutto ciò può essere corretto se
effettivamente eletti (e la
preferenza data dall’elettore
nell’ambito delle liste del
partito può legittimare tale
elezione); ma se le liste sono
elaborate dai partiti e inibite
alle scelte degli elettori, i
deputati sono nominati dai
partiti stessi e non eletti.
Ne consegue che se un
parlamentare, in contrasto
con le decisioni del suo
Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a:
«Lettere al Corriere» Corriere della Sera
via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79
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complessivi 9 viceministri e 35
sottosegretari). Eppure nelle regioni del
Mezzogiorno peninsulare vivono quasi
quattordici milioni di cittadini italiani.
Le perplessità nei confronti dello
squilibrio nella rappresentanza
territoriale del governo in carica non
sono dettate da risentimento o da
anacronistiche rivendicazioni
campanilistiche, ma dalla constatazione
che una parte tanto vasta del Paese non
viene tenuta in considerazione nella
distribuzione dei principali incarichi
governativi. E anche questo sembra
essere un segnale di disattenzione nei
confronti del Sud.
Antonio Frattasi
[email protected]
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35100 Padova - Corso Stati Uniti 23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) - Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società
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na + Cor. Como € 1,20 + € 0,50 + € 0,20. In Campania, Puglia, Matera e prov., non acquistabili separati: lun. Corsera + CorrierEconomia del CorMez. € 0,93 + € 0,47; m/m/g/d
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Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
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Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
Spettacoli
La carriera, i capolavori, il gioco
Alain Resnais era nato a Vannes, in
Francia, il 3 giugno 1922. Tra i film da
ricordare «Hiroshima mon amour»,
«Muriel, il tempo di un ritorno», «L’anno
scorso a Marienbad» in cui varie sequenze
sono dedicate ad un gioco (il Nim) che si fa
con i fiammiferi. Il gioco oggi è anche noto
come Marienbad, proprio in seguito al film
1922-2014 L’autore di «Hiroshima mon amour» è morto a Parigi. Premiato all’ultimo Festival di Berlino per «l’opera più innovativa»
Ciak Resnais e la compagna Sabine Azéma sul set de «Gli amori
folli» (2009). Nella foto piccola, il
regista negli anni 50
di PAOLO MEREGHETTI
I
l più francese (e il più letterato)
dei registi della Nouvelle Vague
se ne è andato sabato notte a
Parigi. Avrebbe compiuto 92
anni il prossimo 3 giugno ma
per lui l’età non era mai stata un
ostacolo: all’ultimo Festival di Berlino, meno di un mese fa, aveva presentato il suo 19esimo lungometraggio, Aimer, boire et chanter, e tra gli
applausi di tutti si era aggiudicato il
premio «per il film più innovativo»,
un inno all’intelligenza, alla creatività, all’invenzione. Oltre che al piacere della visione.
Figlio di un farmacista, Alain Resnais nasce a Vannes, in Bretagna, il
3 giugno 1922 rivelando ben presto
una salute piuttosto delicata che lo
spinge verso le letture e la musica.
Non ancora diciottenne si trasferisce
a Parigi, dove nel 1943 si iscrive alla
neonata scuola di cinema Idhec e si
specializza in fotografia e montaggio. Le sue prime prove affrontano i
temi dell’arte (i documentari Van
Gogh, 1948; Paul Gauguin e Guernica, 1950; Les Statues meurent aussi,
1953) e della memoria (Toute la mémoire du monde, 1956, sulla Bibliothèque Nationale, e Notte e nebbia, sempre 1956, «per non dimenticare e invitare alla vigilanza. Senza
sosta» sulla tragedia dell’Olocausto).
Che insieme a un curioso elogio dei
composti chimici (su testo di Queneau: Le Chant du Styrène, 1958), mettono in mostra i valori fondanti del
suo cinema —la «bellezza» (dell’arte
e della letteratura), la «memoria»
(come ricordo ma anche guida) e la
«politica» (vicino ai Cahiers du Cinéma, ne incarnava l’ala «sinistra», con
Agnès Varda e Chris Marker) — oltre
a un’attenzione particolare alle forme narrative non tradizionali («Occorre trattare l’immaginario all’interno del quotidiano»).
Tutti temi che si intrecciano mirabilmente nei suoi primi film: in Hiroshima mon amour (1959, scritto da
Marguerite Duras) l’amore tra una
Addio a Resnais
Il regista della Nouvelle Vague
che rivoluzionò il cinema
tra passioni, solitudini e guerra
francese e un giapponese rimanda al
legame che la donna aveva avuto
quindici anni prima per un soldato
tedesco, mescolando guerra, memoria e morale; in L’anno scorso a Marienbad (1961) i testi di Alain RobbeGrillet aiutano il regista a riflettere
sulla forza ingannevole della memoria (e dividono il pubblico della Mostra di Venezia, dove vinse il Leone
d’oro tra applausi e insulti); in Mu-
Leggerezza
Peripezie sentimentali e
leggerezza al centro dei suoi
lavori più recenti da «Parole,
parole, parole...» a «Cuori»
riel, il tempo di un ritorno (1963,
scritto con Jean Cayrol) il gioco di
scambi e di tensioni tra i personaggi
fa emergere la memoria che la Francia vorrebbe censurare della guerra
d’Algeria e della tortura; e infine in
La guerra è finita (1966, scritto da
Jorge Semprun) un militante comunista tra Francia e Spagna — e tra
passato e presente — interroga la
Politica sulle sue «vere virtù».
Il discutibile risultato di Je t’aime
je t’aime - Anatomia di un suicidio
(1968, specie di divagazione fantascientifica «à la Borges») e il fallimento delle tensioni politiche che
avevano attraversato la Francia negli
anni Sessanta, spingono Resnais verso film meno emotivamente coinvolgenti, come se un certo scetticismo e
disincanto finissero per prevalere su
tutto. Sono gli anni di film interessanti ma più involuti, come Stavisky
il grande truffatore (1974, su un banchiere-squalo, realmente esistito,
amante del teatro), Providence (1976,
sulle ossessioni di un vecchio scrittore che «regna» sui figli e la famiglia), Mon oncle d’Amérique (1980,
dove le teorie del biologo Laborit offrono lo spunto per riflettere sui
comportamenti del cervello) e La vita è un romanzo (1983, dove la ricerca — impossibile — della felicità è
costruita come un puzzle temporale).
Con Melò (1984, da una pièce di
Henri Bernstein) prende sempre più
spazio la rilettura e reinvenzione di
un testo teatrale, a volte volutamente
Album
Hiroshima mon amour (1959)
Eiji Okada ed Emmanuelle Riva
nel film scritto dalla Duras
La vita è un romanzo (1983)
Fanny Ardant e André Dussollier sono i protagonisti del film
datato e fuori moda, che offre a Resnais l’occasione di lavorare con un
gruppo ricorrente di attori (Sabine
Azéma, ultima compagna del regista, Pierre Arditi, André Dussolier,
Lambert Wilson) con i quali l’eleganza della messa in scena e la sottolineatura del gioco delle parti finisce per
portare lo spettatore verso una riflessione sul cinema, i suoi limiti e le sue
possibilità narrative. In Voglio tornare a casa! (1989), per esempio, sfrutta la sceneggiatura di Jules Feiffer
per invadere il campo dei fumetti.
Con Smoking/No Smoking (1993) usa
la commedia di Alan Ayckbourn per
stravolgere le convenzioni della messa in scena (due soli attori, Sabine
Azéma e Pierre Arditi, interpretano
nove ruoli) e per giocare con gli
scherzi del destino perché la storia
cambia a secondo che lei si fermi o
no a fumare in giardino. Con Parole,
parole, parole... (1997) sfrutta mezzo
secolo di canzoni popolari per continuare la sua riflessione sulle apparenze dei sentimenti. Con Cuori
(2006, interpretata anche dalla nostra Laura Morante), un’altra pièce di
Ayckbourn, sottolinea come spesso
la ricerca della felicità finisca nella
solitudine e nel fallimento.
E se Gli amori folli (2009) rischia
di sfiancare lo spettatore tra capricci
del caso e peripezie sentimentali, la
sua penultima opera,
Vous n’avez encore
rien vu (2012), è una
specie di summaomaggio sulle passioni di tutta una vita: un
gioco di specchi e di
citazioni, di rimandi e
di riletture, che con
una freschezza sorprendente intrecciano
teatro, letteratura e naturalmente cinema, in una specie di
film-saggio che ribadisce la fiducia,
coltivata per tutta una vita, sulla centralità del ruolo del regista, le ambiguità della visione e l’amore per un
cinema di parola. Amore che si ritrova in Aimer, chanter et boire (2013)
ma questa volta con un tocco di leggerezza in più e un piacere quasi infantile nel contraddire i sogni
d’amore delle tre donne che devono
contendersi le grazie di un personaggio invisibile. Un’ultima, meravigliosa e sorprendente dimostrazione
di una vitalità e di una intelligenza
che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del cinema.
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L’intervista Albertazzi, protagonista del controverso «L’anno scorso a Marienbad»: sul set non capivo nulla
«Noi vincitori a Venezia con un film-enigma»
«M
i aspettava per il suo
prossimo film. Alain
avrebbe voluto parlare
delle tre età dell’uomo. E a me naturalmente sarebbe toccata l’ultima»
svela Giorgio Albertazzi, 90 anni,
memorabile protagonista de L’anno scorso a Marienbad, Leone
d’oro, contestato, a Venezia nel ‘61.
«Sarebbe stata l’occasione tanto attesa per ritrovarci su un nuovo set.
Ci eravamo sentiti un mese fa, me
ne aveva parlato con entusiasmo.
Avremmo dovuto iniziare la prossima estate».
Invece… «Senza di lui il mondo è
diventato più piccolo. Resnais è stato davvero tra i più geniali innovatori del cinema. E in più una persona speciale. Un bretone apparentemente rigido, dalla voce profonda e
i modi squisiti. Con gli anni il suo
carattere chiuso si era addolcito.
Ironico, si esprimeva con il cinema
ma adorava il teatro. Difatti molti
suoi film hanno origine da una
pièce».
E anche Marienbad inizia con
una serata teatrale, con due attori in
scena a scambiarsi battute irreali
come quelle dei due protagonisti,
Delphine Seyrig, donna fascinosa
alle prese con un viaggio insidioso
nella memoria, e Albertazzi, enigmatico Mister X che dice di averla
conosciuta un anno prima nel grande albergo termale.
«Sono diventato Mister X per
uno strano caso. Alain aveva visto
su Figaro una mia foto da I sequestrati di Altona di Sartre con Anna
Proclemer. L’aveva ritagliata e me-
Leone d’oro
nel 1961
Delphine Seyrig
(1932 – 1990) e
Giorgio Albertazzi (oggi 90 anni)
in una scena di
«L’anno scorso a
Marienbad» di
Alain Resnais
scolata con quelle di una cinquantina di attori. Poi aveva chiamato
Robbe-Grillet, autore della sceneggiatura, chiedendogli chi tra tutti
fosse il volto giusto per la parte. E lo
scrittore senza esitare indicò me.
Quando Resnais venne a Roma per
conoscermi, gli suggerii di guardare una puntata dell’“Idiota” che avevo girato per la tv. Lui si chiuse in
uno studio della Rai e volle vederlo
tutto. Ci ritrovammo poi a Parigi,
nella sua casa di rue des Plantes, e lì
scoprii il suo amore segreto per i fumetti. Ne collezionava da tutto il
mondo. Da L’avventuroso a Mandrake, ma anche strisce ritagliate
dalla Gazzetta del Popolo che incollava su un album traducendo in
francese le battute».
Le riprese di Marienbad restano
tra i ricordi indelebili. «Anche perché non capivo niente di quello che
stavo girando. Una sera chiesi lumi
Cuori (2006) Laura Morante e Lambert Wilson attraversano una crisi di coppia
Aimer, boire et chanter (2013)
L’ultimo film di Resnais è tratto
da una pièce di Alan Ayckbourn
a Delphine. “Non so che dirti — rispose — siamo degli oggetti nelle
sue mani”».
«Se mi avesse chiesto di lavorare
solo con lui e nessun altro, gli avrei
detto subito sì», aggiunge Laura
Morante, che nel 2006 girò con Resnais Cuori, sinfonia sulla solitudine amorosa. «Sul suo set c’era
un’energia magica, tutto avveniva in
studio, in un continuo scambio tra
realtà e invenzione. L’intesa era tale
che pareva di stare in famiglia. Lui
si divertiva a raccontarci il passato
dei nostri personaggi, dov’erano
nati, che studi avevano fatto… Tutte
cose che poi non comparivano sullo schermo ma servivano a entrare
nel ruolo. Non dava indicazioni
precise sulla recitazione ma creava
attorno a te un’atmosfera tale che finivi per fare esattamente quel che
voleva. L’ultimo giorno delle riprese ognuno di noi ha voluto fare un
breve discorso di commiato. E tutti
avevamo le lacrime agli occhi».
Giuseppina Manin
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32
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Spettacoli 33
I personaggi
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
Lo scrittore
Carlo Verdone (63 anni)
interpreta
Romano,
uno scrittore
teatrale che
non è mai
riuscito a realizzarsi nella vita
La stripper
Sabrina Ferilli (49)
nel film
è una spogliarellista
che nasconde un passato molto doloroso e pieno di misteri
Il cardinale
Roberto Herlitzka (76)
interpreta
il cardinale
Bellucci, un
alto prelato
appassionato di cucina
forse più
che di fede
L’amica
Isabella Ferrari (49) è
una vecchia
amica
di Jep: con lui
rivive una
notte che fa
riflettere tra
passato
e presente
Il custode
Giorgio Pasotti (40) interpreta un
misterioso
custode che,
in una valigetta, ha le
chiavi dei
palazzi più
belli di Roma
Sorrentino a Hollywood Le selezioni, il Golden Globe, la nomination. Poi è arrivato il verdetto dell’Oscar
La corsa della «Grande bellezza»
e un’emozione lunga tre mesi
Da Verdone a Isabella Ferrari: i segreti di un set straordinario
L
a lunga corsa de La
grande bellezza è finita
poche ore fa con il verdetto degli Oscar. L’Italia è in ogni caso visibile all’estero grazie a un film feroce
sulla volgarità del nostro tempo. La cavalcata di questa serie di quadri su una Roma alla
deriva che rappresenta il Paese intero, una Roma oggi ferita dalle buche mai riparate
dalla pioggia e dal rischio default, è durata quasi tre mesi:
dalla selezione dell’Academy
che comprende 9 titoli, alla
nomination nella cinquina
come miglior film straniero,
passando per i trionfi agli Efa,
ai Golden Globe e ai Bafta inglesi. Fino alla notte delle
stelle.
Piccolo inedito: il primo titolo scelto da Paolo Sorrentino
era L’apparato umano; La
grande bellezza è un dono dell’attore Roberto De Francesco,
che aveva scritto un copione
chiamato così. Piccola polemica: gli esercenti protestano per
la messa in onda del film, domani su Canale 5, che «rischia
di penalizzare l’ulteriore sfruttamento nelle sale». Riuscito in
25 copie dopo la nomination,
da metà gennaio ha incassato
altri 200 mila euro. Due attrici
del cast, Pamela Villoresi e Galatea Ranzi, hanno seguito la
notte degli Oscar dalla Casa del
Cinema, dove si sono radunati
cinefili e amici di Paolo Sorrentino. «A Los Angeles siamo stati
invitati tutti, ma è giusto così,
Paolo e Toni sono molto amici,
non cambia nulla se abbiamo
tifato dall’Italia», dice Carlo Verdone, nei panni di un autore teatrale fallito. Perché secondo lei
Il giornalista
Toni Servillo,
54 anni, dà
il volto al
giornalista
mondano e
scrittore Jep
Gambardella
in USA hanno amato così tanto
il film? «C’è una scenografia imponente, c’è un mix potente nel
contrasto tra i grandi ideali del
passato e l’assenza di etica di
oggi». Gli americani hanno
un’idea romantica e hanno rivisto l’ombra di La dolce vita più
di noi? «Fellini aveva uno sguardo affettuoso, Sorrentino è
spietato verso un’umanità allo
sbando. E via Veneto è diventata
una strada normale, banale, semideserta».
In un impianto corale, Massimo Popolizio fa lo straordinario
Le frasi cult
❜❜
Il bla bla bla
❜❜
La mondanità
Finisce tutto così, con la
morte. Prima però c’era
la vita, nascosta dal bla
bla bla... per nascondere
i nostri veri pensieri
Volevo diventare il re dei
mondani. Io non volevo
solo partecipare alle
feste, io volevo avere il
potere di farle fallire!
cameo del chirurgo plastico: «È
un cast fondamentalmente teatrale e questo dimostra che anche i film importanti non si fanno con i tronisti o con chi viene
dal Grande fratello ma con gli
attori, vengo da 30 anni con
Ronconi, questo è un super
sdoganamento per il teatro. E
poi basta considerare gli americani come degli Ufo che non
sanno riconoscere le cose belle
degli altri». Galatea Ranzi (la radical-chic), ricorda «il dibattito
pazzesco suscitato in Italia da
questo film tra chi è contro e chi
è pro, io lo vivo come qualcosa
di cui essere contenti e orgogliosi. Il paragone tra Servillo e
Mastroianni? «Secondo me è
forzato, e il Paese è cambiato.
Delle analogie tra i due personaggi, entrambi giornalisti,
possono esserci, ma nella Dolce
vita Fellini aveva un suo mondo. Mi piace che qui non ci sia
un plot vero e proprio, si passa
da una storia all’altra, i personaggi ti prendono e non ti esauriscono la curiosità». Roberto
Herlitzka è il cardinale che parla di ricette prelibate: «È un film
estremo, non semplice da capire, prevale il senso dell’immagine più che il messaggio. Si polarizzano la volgarità e la bellezza».
Pamela Villoresi è la madre
del ragazzo che
muore: «Il cinema italiano deve
riprendere il suo
posto nella Storia. Quando portiamo la nostra
identità con impegno, siamo imbattibili, apriamo
il nostro scrigno
con una profondità di cui solo
noi siamo capaci.
Penso a Le baruffe chiozzotte che
recitai diretta da
Strehler a Parigi:
nessuno capiva il
dialetto veneto,
ma c’era la fila di
un chilometro per vederci».
Giorgio Pasotti (il personaggio
misterioso che ha la chiave dei
palazzi più belli, ha la chiave
della Grande bellezza): «È un
successo comunque, per un
film difficile da realizzare in Italia, il cinema è pressato dal disimpegno e dalle commedie a
non finire».
Isabella Ferrari (la benestante signora del Nord: le chiedono, cosa fai tu? E lei: «Io sono
ricca»): «L’orgoglio di aver fatto
parte di un grande affresco me
lo tengo nel cuore. Mi auguro
che questo film sia una prima
svolta per l’Italia, che diventi un
sentimento collettivo per tutti
noi, un primo passo per non
avere più paura del futuro e
guardare avanti».
L’annuncio sul web
Vasco esclude
il suo chitarrista
dal nuovo tour
I fan si dividono
I
fan non se la prendano per il
paragone. Ma è come se Bruce
Springsteen e Little Steven
divorziassero. Lo hanno già fatto in
passato quando Bruce ha mollato per
strada la E Street Band dal 1989 al 1999.
Era accaduto anche a Vasco Rossi e
Maurizio Solieri nell’89. E visto che il
legame fra il Boss e il suo chitarrista
vacilla — quello è sempre più impegnato
in tv e l’ex Rage Against the Machine
Tom Morello è stato chiamato a
svecchiare il suono alla E Street Band —
anche Vasco si sente libero di dare il
benservito al vecchio compagno e
annuncia una nuova band senza la sua
presenza. Cambiamento, spiega su
Facebook, motivato «dall’urgenza
artistica di ottenere rinnovati
arrangiamenti con sonorità più heavy
riff-oriented». Solieri viene congedato
senza nemmeno un grazie per il servizio
prestato (manco Renzi con Letta) e forse
è anche questo il motivo che scatena la
protesta dei fan in rete. Non sarà
sostituito — ci sarà solo un solista, il
confermato Stef Burns, e il nuovo
innesto Vince Pastano sarà alla chitarra
ritmica; non è l’unica modifica alla band
che sarà in tour quest’estate — alla
batteria al posto di Matt Laug arriva
Will Hunt — ma è la fine di un rapporto
storico, iniziato nel 1977. Già due anni fa
Vasco aveva maltrattato Solieri via
social network dandogli
dell’irriconoscente, scrivendo che era
rimasto fermo agli anni 80 e che non era
mai riuscito a diventare un
professionista. Poi tutto era rientrato e
la scorsa estate quel faccione da indiano
padano era sul palco del Live Kom Tour.
Per Solieri ora c’è un nuovo progetto. Il
18 marzo uscirà «Non si muore mai», Ep
di debutto della Solieri Gang. E se fosse
questo il motivo dell’addio? Una scenata
di gelosia da vera coppia scoppiata.
Valerio Cappelli
Andrea Laffranchi
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Spirit Awards Cinque trofei al film sugli afroamericani. Il co-produttore: riconoscimento alla lotta per l’eguaglianza e fiore all’occhiello della mia carriera
«12 anni schiavo», la saga voluta da Pitt
sbanca i premi del cinema indipendente
LOS ANGELES — In anticipo sugli Oscar, gli Independent Spirit Awards, i massimi
premi dati al cinema indipendente, hanno consacrato 12
anni schiavo.
Un’affermazione incontrastata, sancita da cinque premi
e continui festeggiamenti al
tavolo a cui l’altra sera erano
seduti gli attori del film, il regista Steve McQueen oltre che
il co-produttore Brad Pitt
(non è l’unico, ma ha impegnato molto del suo denaro
oltre ad avere un piccolo ma
significativo ruolo) assieme
ad Angelina Jolie, arrivata
dall’Australia. Anche lei, contentissima: «Mi rende felice
per Brad e per il pubblico la
vittoria di un film che affronta il tema delle ingiustizie sociali».
Anche Pitt ha ribadito: «Ho
creduto al progetto dal primo
momento in cui il regista McQueen me ne ha parlato. Comunque andranno le cose
Gli altri
Gli attori
Matthew McConaughey (nella
foto con la moglie, Camila
Alves) ha vinto come miglior
attore protagonista per
«Dallas Buyers Club» mentre
quello come miglior attrice è
andato a Cate Blanchett per
«Blue Jasmine». Premiati
come non protagonisti Jared
Leto («Dallas Buyers Club») e
Lupita Nyong’o («12 anni
schiavo»)
agli Oscar, si tratta di una vicenda vera, fondamentale per
la storia e la cultura, sulle discriminazioni razziali d’America. Dagli schermi può parlare al mondo».
Il divo-produttore ha anche spiegato: «Quando McQueen mi ha dato il piccolo libro che raccoglieva le memorie dello schiavo Solomon Northup —
che aveva trovato casualmente in un negozietto di libri usati
—, mi sono immerso
in un periodo storico
che mi ha sempre affascinato: quello degli anni che hanno
preceduto la Guerra
Civile Usa. Mi sono assegnato
il ruolo dell’abolizionista canadese e lo considero un fiore all’occhiello della mia carriera». Segno di quanto Pitt
tenga a questo film. «Anche
se a volte - spiega - ho scelto
di defilarmi dalla campagna
pubblicitaria: non volevo distrarre con la mia presenza.
Ma ora non potevo mancare.
Il bene della libertà, la lotta
per l’eguaglianza dei diritti
umani, l’orrore per un uomo
rapito e venduto come schiavo non vanno dimenticati
mai».
Tutte cose che «vanno ricordate anche ai ragazzi». Il
film è diventato pochi giorni
fa una materia di studio obbligatoria in tutti i licei americani ma, secondo il divo, i
più giovani «devono studiare
e non solo vedere queste pa-
Insieme
Da sinistra il
co-produttore Brad Pitt
(50 anni),
l’attrice Lupita Nyong’o
(31) e il regista Steve
McQueen
(44): trionfo
di «12 anni
schiavo»
gine di vita, di sofferenze, frustate, umiliazioni ma anche
di speranza per un mondo
migliore. Quando al Festival
di Toronto ci hanno applau-
I peggiori dell’anno
«Pernacchia d’oro» a Will Smith
In attesa degli Oscar, sono stati assegnati i Razzie Awards ai
peggiori film dell’anno. Ha vinto la Pernacchia d’oro Comic
Movie con un cast stellare (Halle Berry, Hugh Jackman, Naomi
Watts, Richard Gere, Gerald Butler). I peggiori attori? La
coppia padre-figlio Will-Jaden Smith, interpreti di After Earth.
dito all’infinito è stato un momento benaugurante. Ma poi
la pellicola ha camminato
con le sue gambe, specialmente in Europa».
Oltre al trionfo di 12 anni
schiavo, la serata condotta
dal comico Patton Oswalt ha
visto la conferma di altre vittorie preannunciate, come
quelle per i migliori attori a
Cate Blanchett per Blue Jasmine di Woody Allen e Matthew McConaughey nel ruolo
di un malato di Aids per Dallas Buyers Club, film che ha
consacrato anche Jared Leto
come migliore interprete non
protagonista.
Non è stata premiata invece La grande bellezza che era
nella cinquina dei film stranieri. Il riconoscimento è andato a La vita di Adele di Kechiche (già vincitore al Festival di Cannes) che la Francia
ha invece escluso dalla corsa
agli Oscar. Applauditissimi
infine anche i premi a Fruitvale Station (miglior opera
prima) e al documentario 20
Feet from Stardom.
Giovanna Grassi
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34
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
#
Sportlunedì
Serie A
ATALANTA-CHIEVO
CAGLIARI-UDINESE
FIORENTINA-LAZIO
GENOA-CATANIA
LIVORNO-NAPOLI
26a giornata
2-1
3-0
0-1
2-0
1-1
MILAN-JUVENTUS
ROMA-INTER
SASSUOLO-PARMA
TORINO-SAMPDORIA
VERONA-BOLOGNA
0-2
0-0
0-1
0-2
0-0
Classifica
JUVENTUS
ROMA*
NAPOLI
FIORENTINA
INTER
*una partita in meno
69
58
52
45
41
VERONA
PARMA*
LAZIO
TORINO
MILAN
40
40
38
36
35
GENOA
SAMPDORIA
ATALANTA
CAGLIARI
UDINESE
35
31
31
28
28
BOLOGNA
CHIEVO
LIVORNO
CATANIA
SASSUOLO
22
21
21
19
17
La supersfida I bianconeri continuano la marcia record in testa
alla classifica: adesso hanno 11 punti di vantaggio sulla Roma
Cinica
Signora
Il Milan gioca una grande partita
e mette in difficoltà la Juventus
che però vince con Llorente e Tevez
MILANO — La Juve balla con
le punte. L’11° gol di Fernando
Llorente in campionato e il 15° di
Tevez (capocannoniere) avvicinano Antonio Conte al 3° scudetto consecutivo. Il Milan non
avrebbe meritato di perdere, per
quanto ha corso e per quanto ha
costruito, spingendosi in avanti
prima con lucidità e poi con disperazione, quando ha capito che
il pallone non entrava, ma la differenza l’hanno fatta gli attaccanti della Juve, spietati e implacabili
nell’inquadrare la porta, cogliendo l’attimo per essere decisivi. Il
Milan ha dimostrando che Seedorf sta costruendo qualcosa di
importante, soprattutto nella fa-
se offensiva, ma la forza della Juve è stata quella di saper soffrire
per un tempo e poi di saper colpire: 4 occasioni costruite fino alla
rete di Tevez e 2 gol.
Il Milan ha giocato un grandissimo primo tempo, prendendo
subito in mano la partita, ma
chiudendolo in svantaggio. È
successo che al 44’, quando Conte stava chiedendo ai suoi di
mantenere le posizioni per andare all’intervallo e risistemare la
squadra, Rami si è lasciato indurre in tentazione: il retropassaggio
di testa è finito a Marchisio, Tevez
ha ricevuto il pallone, ha spaccato la difesa rossonera, con un tocco magnifico per Lichtsteiner,
che ha spinto il pallone verso
Llorente: troppo facile per lui segnare a porta (quasi) vuota. La
Juve era già andata a un passo dal
vantaggio al 19’ (superparata di
Abbiati su
Lichtsteiner),
ma prima e dopo
è stato solo Milan. Che ha buttato in campo
tutto quanto aveva: qualità,
intensità, ritmo, aggressività.
E che ha costruito non meno di
5 nitide palle-gol, la più clamo-
Milan
Juventus
0
2
Marcatori: Llorente 44’ p.t.; Tevez
23’ s.t.
MILAN (4-2-3-1): Abbiati 6,5;
Abate 6, Bonera 5,5, Rami 5,
Emanuelson 6; Montolivo 6
(Honda 5,5 26’ s.t.), De Jong 5;
Taarabt 6,5 (Robinho 5,5 30’ s.t.),
Poli 6 (Saponara 6 16’ s.t.), Kakà
5,5; Pazzini 6,5. All.: Seedorf 6
JUVENTUS (3-5-2): Buffon 7;
Barzagli 6,5, Bonucci 6,5, Caceres
6,5; Lichtsteiner 6,5 (Padoin s.v.
39’ s.t.), Pogba 5, Pirlo 6,
Marchisio 6,5, Asamoah 6;
Llorente 7 (Osvaldo s.v. 45’ s.t.),
Tevez 7,5 (Giovinco s.v. 47’ s.t.).
All.: Conte 7
Arbitro: Guida 7
Ammoniti: Marchisio, Pirlo
Recuperi: 1’ più 4’
Coppia gol
Fernando
Llorente
e Carlitos
Tevez,
fantastica
coppia gol
della Juventus:
con le due reti
messe
a segno ieri
contro il Milan,
sono arrivati
a quota 26
in campionato,
11 lo spagnolo
e 15 l’argentino
bomber della A
(Ansa)
rosa e doppia con Kakà: prima la
respinta di Buffon, poi quella di
Bonucci sulla Linea. La Juve ha
sofferto le fatiche di Europa League: pensando che 58 ore prima
di giocare a San Siro era in volo
dalla Turchia, si capisce perché
corresse meno dell’avversario,
sebbene non abbia mai rinunciato a sentirsi una grande squadra,
che gioca a memoria e che sa leggere la partita attimo dopo attimo. Il Milan ha fatto di tutto per
andare in vantaggio, spendendo
energie e giocando un calcio ca-
pace di unire la corsa, la forza fisica e lo spettacolo, ma ogni volta
che si è avvicinato al gol, o ha trovato la ferrea opposizione juventina (da Buffon in su) oppure è
mancato in qualche dettaglio decisivo.
Ritrovarsi sotto di un gol, dopo tutti gli sforzi fatti nel primo
tempo, è stato un mezzo choc per
il Milan, anche se è ripartito con
coraggio: in un contesto tattico
molto diverso da quello di partenza, prima ha rischiato di prendere lo 0-2 (Abbiati su Tevez), poi
si è avvicinato per due volte al
pareggio e sul secondo tentativo,
Poli ha rischiato la vita, colpendo
il pallone di testa e andando poi a
sbattere su Caceres. Un contatto
terribile: lo juventino se l’è cavata
con una brutta ferita, Poli, colpito
alla tempia, è uscito in barella,
con grande spavento dei 75.589
spettatori. Perso Poli, implacabile su Pirlo (che poi ha rischiato
l’espulsione), il Milan ha dato i
primi segni di cedimento fisico
(comprensibile): la squadra si è
allungata, il pressing è stato me-
no deciso, la corsa meno vigorosa. La Juve ha cominciato a salire
e ha chiuso la partita a metà ripresa, su un tiro perfetto di Tevez, con De Jong in leggero ritardo nella chiusura e palla sotto la
traversa.
Il Milan ha avuto il merito di
non arrendersi, ma in una situazione sempre più complicata, se
non compromessa, perché i
bianconeri hanno governato la
partita con autorevolezza. Buffon
ha preso anche il tiro di Emanuelson; Pirlo ha sfiorato il tris
L’analisi Kakà e compagni stanno crescendo, ma faticano a costruire il gol. Tevez e Llorente sono il valore aggiunto di Conte
I rossoneri hanno la squadra, i bianconeri i solisti
di MARIO SCONCERTI
E’
Positivo Adel Taarabt
si è battuto contro
la Juventus (Kines)
una di quelle sere in cui si
vincono i campionati. La Juve sembrava non meritare nemmeno il piccolo vantaggio iniziale, poi ha finito per spegnere il
Milan quasi soltanto con Tevez.
Le grandi squadre hanno questo, i
giocatori decisivi. Non li ha il Milan che è stato invece più squadra,
ma inutilmente. Con il pareggio
della Roma con l’Inter, questo successo ha l’aria di essere l’ultimo, il
più importante. D’altra parte il dominio della Juve è assordante. Non
ha più brillantezza, il numero delle
partite si fa sentire, ma al nostro
livello le basta resistere e affidarsi
poi a uno dei suoi solisti.
Seedorf aveva azzeccato la partita, almeno cinque i suoi giocatori
addetti alla fase offensiva, alcuni
con compito doppio come Montolivo e Poli, più Abate ed Emanuelsson. Taarabt ha spesso saltato
l’uomo e Pazzini ha giocato per
un’ora la partita perfetta. La Juve
è stata a lungo confusa dal movimento inaspettato del Milan, abbastanza in difficoltà sui triangoli
stretti dei trequartisti e sull’impegno fisico di Pazzini. Ha lasciato al
Milan almeno un paio di occasioni
evidenti, per lunghi momenti sembrava che la difesa non sapesse
trovare il tempo corretto per inter-
La capolista soffre
La Juve sta finendo
di vincere il campionato. È in
difficoltà, ma sa aspettare,
resistere e ripartire
venire sul pressing del Milan, ma il
Milan ha sbagliato troppo.
La differenza tra gli avversari è
questa: quelli veri sanno usare i
pochi spazi che hanno. È stato così
con l’Atletico, è stato così stavolta
con la Juve. Il Milan cresce, adesso
è certamente un’ottima squadra,
ma non ha ancora spontaneamente il gol, deve sempre costruirlo con
fatica. La Juve ha due grandi attaccanti. Tevez è evidente, indiscutibile, è anzi migliorato quasi ogni
partita, ha preso dimestichezza
con le conclusioni difficili. Ha
qualcosa di più e di diverso rispetto agli attaccanti del nostro campionato. Parte in modo normale,
quasi ovvio, al difensore sembra
sempre di avere il vantaggio. Poi
chiude improvvisamente. Di tutto
il resto ha mezzi in abbondanza.
Un attaccante atipico nei movi-
menti, che non conosciamo, a cui
non siamo abituati. Aguero, per
fare un esempio, ha più tecnica,
più fantasia, ma non tradisce, fa
sempre quello che ti aspetti. Tevez
ha un passo sordo, esplode di colpo. Davanti ad Aguero si applaude, davanti a Tevez si resta sorpresi.
Il risultato finale è che la Juve
sta finendo di vincere il campionato. È in difficoltà, Pogba è senza
corsa, Pirlo stanco, ma sa aspettare, sa resistere e ripartire. Una
Caccia al quarto posto
Tramonta la Fiorentina,
si ferma il Napoli. L’ultimo
posto ancora aperto
del campionato è il quarto
grande squadra ormai completa.
Llorente e Tevez hanno dato il di
più senza il quale quest’anno forse
non avrebbe vinto. Ora, per il calcio italiano almeno, è davvero
troppo. Tatticamente la partita è
finita con l’uscita di Poli. Saponara ha tolto equilibrio al Milan, la
Juve è rimasta con un uomo in più
in mezzo al campo, dove si poteva
rallentare il gioco. Il Milan cresce
bene, ragiona da grande squadra,
ma le mancano grandi attaccanti,
nel senso della facilità complessiva
del gol.
Tramonta la Fiorentina, involuta e complessa, senza più facilità
di tiro. Si ferma di nuovo il Napoli.
L’unica tra le prime ad aver vinto è
ancora una volta la Juve. Mi sembra che l’ultimo posto ancora aperto sia ormai soltanto il quarto.
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Sport 35
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
#
il sondaggio
La Juventus ha vinto anche a San Siro contro il
Milan. A questo punto secondo voi i bianconeri
hanno messo la parola fine al campionato (A), o la
Roma ha ancora qualche chance pe lo scudetto (B)?
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A
+39 029 475 4851
B
Madrid, derby pari
Ancelotti: «Attenti,
Atletico violento»
Finisce 2-2 il derby di Madrid al Vicente Calderon,
dove mercoledì il Milan cercherà di ribaltare lo 01 di San Siro nel ritorno degli ottavi di Champions
contro l’Atletico di Simeone (foto). Real di Ancelotti
in vantaggio dopo 2’ con Benzema, ma la squadra
di Simeone, che reclama due rigori, pareggia con
Koke al 28’ e passa in vantaggio con Gabi al 46’. Il
gol del pari è di Ronaldo a 8’ dalla fine. Per il Real
28ª gara di fila senza sconfitte e vantaggio di 3
punti mantenuto sui «colchoneros». E Ancelotti
avvisa il Milan: «L’Atletico gioca in modo violento,
entrando duro. Abbiamo cercato di giocare ma
non è stato facile venirne a capo».
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+39 029 475 4852
Il protagonista Non aveva mai vinto a Milano, ora è più vicino al terzo scudetto consecutivo
Conte, la prima volta a San Siro
«E io che pensavo di perdere punti»
Seedorf: «Per fermarli servirebbe un carro armato»
su punizione, Pogba
ha colpito il palo
esterno, nel momento in cui la Juve
ha rischiato di stravincere fra gli olé
dei suoi tifosi. Ma i
giochi erano chiusi
da un pezzo e la traversa finale di Robinho è
Andrea Poli esce in barella dopo lo scontro
stata la dimostrazione
con Caceres, per il milanista
che le stelle non guardavala diagnosi è
no dalla parte del Milan.
trauma cranico
Poli, trauma cranico
Fabio Monti
(LaPresse)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MILANO — Clarence Seedorf
aveva un compito ieri sera: inventarsi una storia per la sopravvivenza, non certo sua — la protezione
presidenziale è salda —, ma la sopravvivenza del campionato, desideroso di durare almeno una notte
in più. Sembrava che, nelle vesti di
insolita Scheherazade, ieri notte
volesse raccontare una bella storia,
uno di quei solidi romanzi di formazione, che parlano della crescita
di un Milan che diventa grande,
trova un suo equilibrio e riesce finalmente ad affrontare le grandi
prove della vita. Invece, gli riesce
una storia interrotta che dura un
po’ meno di 45’. Ne esce un paradosso, il paradosso di Clarenzio, già
sperimentato con l’Atletico: più il
suo Milan sembra promettere, più
viene beffato.
Antonio Conte aveva un compito
ieri sera: dopo la frenata della Roma, gli bastava inventarsi un modo
per sopravvivere alla fatica della
trasferta turca. «Era una domenica
in cui temevo di poter perdere qualche punto verso le inseguitrici, invece…». Invece torna a Torino con
lo scalpo del campionato in mano.
Dopo una gara vinta alla maniera di
Trapattoni, con spirito di sacrificio,
capacità di difendersi quando serve
e di colpire quando si deve, volendo
si potrebbe anche scrivere «the
end» in fondo alla pagina. O forse
no, perché, come si dice, l’importante non è la meta ma il viaggio, e
allora sarà appassionante vedere
come la Juve imporrà il suo dominio. Per fermarla, dice Seedorf,
«serve un carro armato». «Speriamo di non incontrarlo — replica
Conte —, ieri sera abbiamo trovato
un mezzo carro armato, che ha giocato con ritmi molto alti nei primi
45’». Il dominio non consente di fare prigionieri, nemmeno se si chiamano Cesare Prandelli. Così, la felicità per la vittoria svanisce non appena l’argomento cade sulla convocazione di Chiellini: «Sono tre
settimane che non si allena, vederlo
convocato mi rammarica e mi dispiace. Tante volte il c.t. chiede collaborazione e disponibilità, noi
gliela diamo, mi sarei aspettato almeno una mezza chiamata, del tipo
“oh stupido, come sta Giorgio?”. Ho
trovato questo comportamento poco garbato, poco educato. E ora titolate pure che Conte attacca Prandelli». Difficile trovare un altro titolo.
E pensare che la Juve di spunti ne
darebbe: 11 punti sulla Roma (che
deve recuperare una partita), 69
conquistati sui 78 disponibili, una
proiezione che la porterebbe a finire sopra quota 100, un cammino
persino migliore della squadra di
Ca p e l l o 2 0 0 5 - 2 0 0 6 , c h e a l l a
26esima giornata si riposò, pareggiando. La Juve di Conte, invece,
non si riposa mai: neanche se 58
ore prima del via era ancora in aereo di ritorno da Trebisonda. Cinque vittorie di fila, da quattro gare
senza subire gol. Riuscirci dopo un
primo tempo così, è stato il segreto.
«In fase difensiva le cose non funzionavano: l’obiettivo era arrivare
allo 0-0 negli spogliatoi e poi portare qualche modifica. Il vantaggio ci
ha permesso di gestire».
D’altronde il protagonista della
storia di Seedorf è il ragazzo stanco
Kakà, mentre quello di Conte è il
bomber del popolo Carlitos Tevez,
«un leone», lo chiama il suo allenatore quasi commosso, «uno che si
esalta quando la gara diventa cal-
Prima volta Antonio Conte al suo primo successo da allenatore a San Siro (Sport Image)
❜❜
Polemica con Prandelli
Chiellini da tre settimane
non gioca. Vederlo
convocato in nazionale
mi rammarica. E dal c.t.
nemmeno una
telefonata. Non è giusto:
è stato poco educato
da». Seedorf e Conte escono dal
campo abbracciati. Oggi si ritroveranno a Coverciano, per la Panchina
d’oro: il primo da matricola di lusso, il secondo minimo da vincitore
morale. L’olandese è contento per
aver visto la crescita che voleva, Antonio, che magari ama meno i concetti astratti, si nutre dell’unica cosa che lo sazia: la vittoria. Ma contento non è mai. Ed era il secondo
titolo suggerito dall’allenatore juventino: anche questo ineccepibile.
Arianna Ravelli
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Il dopopartita Il tecnico: «La sconfitta c’è, il risultato è stato questo, ma la prestazione è stata buona davanti a una grande squadra»
Seedorf ottimista: «Siamo sulla strada giusta»
MILANO — Spietata, cinica,
cattiva. La Juventus chiude a
doppia mandata il campionato
battendo a San Siro il Milan, reduce dal primo tempo più convincente della stagione. Si temeva una squadra stanca dopo
la trasferta a Trebisonda? Forse,
ma il calo di forze non ha cancellato la freddezza sotto porta
delle punte bianconere. Nel primo tempo ci ha pensato Fernando Llorente a gelare lo stadio: «È
stata una partita tosta, anche se
a tratti non siamo riusciti a giocare il calcio che sappiamo. Abbiamo avuto fortuna a non
prendere gol: sono contento di
averne segnato uno importante». Buffon — cuore, anima e
mani della Juve —, non vuole
parlare di scudetto in cassaforte.
«Abbiamo 11 punti di vantaggio
sulla Roma, è un buon margine
ma i giallorossi restano avversari forti che non hanno impegni
in settimana». Ma bomber Tevez non è d’accordo: «Questa
partita vale più di 3 punti: tre
quarti di scudetto è nostro...».
Nel commentare la gara Buffon ammette le difficoltà: «I
miei interventi? In queste partite bisogna far vedere che l’esperienza, nei momenti clou della
stagione, è fondamentale». Finito il match Andrea Agnelli e
Adriano Galliani sono saliti insieme in ascensore. «Anche il
presidente della Juve ha detto
che avremmo meritato di chiudere il primo tempo in vantaggio» racconta l’ad milanista.
«Abbiamo giocato un grande
prima frazione di gioco, la squadra è in crescita. Lo pensa anche
il presidente Berlusconi con cui
ho appena parlato. Era sereno,
soddisfatto della prestazione
del Milan. La chiave tattica della
gara è stata la marcatura di Poli
su Pirlo: finché è stato in campo
(poi è stato portato al Niguarda
per accertamenti dopo il trauma
cranico, ndr), lo juventino non
ha toccato palla». Nello spogliatoio Seedorf (uscito dal campo
abbracciato a Conte) ha parlato
alla squadra rincuorandola: «La
sconfitta c’è, il risultato è questo
Verso la Champions
L’allenatore pensa
al ritorno con l’Atletico:
«Per la partita di Madrid
saremo pronti»
Ok Il Milan di Seedorf ha perso ma giocando bene (Fotopress)
ma la prestazione è stata buona
davanti a una grande squadra.
Cosa serve per fermarla se sottotono vince a San Siro? Un carro armato. Il gol di Llorente ha
condizionato l’andamento, perché dopo il vantaggio la Juve ha
potuto aspettarci ancora di più.
Comunque un’opportunità per
dimostrare a noi stessi che siamo sulla strada giusta».
Fra otto giorni è in programma la notte di Champions e a
Madrid non si potrà sbagliare.
«Ho visto il derby con il Real: è
stata una gara cattiva — dice
Galliani —. Ci sarà da battagliare ma possiamo giocarcela». Seedorf per l’euro-appuntamento
non ha tremori: «Per quella gara
saremo pronti».
Monica Colombo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Espulsi e prove tv
Ora è tempo
del pugno
(ma di ferro)
di PIERGIORGIO LUCIONI
L
a chiamano la «nobile arte»
ma, forse, qualcuno dovrebbe
pigliarsi la briga di spiegare che
non sempre e non ovunque tirare
di boxe nobilita l’uomo. E
neppure lo sport. Il fare a pugni
sembra diventata un’attività
abituale sui campi di calcio.
Sabato sera, sul ring di RomaInter sono saliti Daniele De Rossi
e Juan Jesus. Il primo ha vinto ai
punti dopo aver abbattuto con un
gancio Mauro Icardi; il secondo
per k.o. facendo stramazzare con
un diretto Alessio Romagnoli . E
tutti a invocare la prova tv. Ma per
non perdere tempo con noiosi
controlli sul video ieri Domenico
Berardi, uno che di fretta pare
averne molta, sul ring di
Sassuolo-Parma ci ha messo
meno di un minuto a entrare in
campo e farsi cacciare per una
gomitata al malcapitato Molinaro.
Protagonista, questa volta sul
quadrato di Verona-Bologna,
anche Jonathan Cristaldo, che in
60 secondi rimedia un giallo per
uno schiaffetto a Moras e poi il
rosso per una gomitata allo stesso
difensore. Altro ring, stesso finale
per Cesar, che chiude AtalantaChievo con due gialli e un rosso
per due falli su Denis: l’ultimo
una manata a palla lontana. Fin
qui la cronaca, che nulla ha di
sportivo. Poi ci saranno le
sanzioni e le pene aggiuntive,
poiché De Rossi e Berardi, in base
al codice etico di Prandelli, non
saranno convocati per la
prossima gara della nazionale
maggiore e della under 21.
Furente la Roma: perché
condannare De Rossi prima della
sentenza del giudice? Sottile la
riflessione di Malesani, che
rischia la panchina del Sassuolo:
«Sotto esame devono essere
anche i giocatori che si
comportano così, non solo gli
allenatori». Esegesi semplice e
veloce: se perdo una partita anche
per colpa di chi lascia
stupidamente la squadra in dieci,
perché devo pagare io? Al di là
dell’interesse personale c’è del
vero. Chi viola così
clamorosamente la prima regola
dell’agonismo, quella della
sportività, non può avere sconti.
Un pugno all’avversario colpisce
anche i compagni, l’etica, il fine
della competizione. E la fiducia
degli arbitri spesso accusati
(anche a ragione) di incapacità,
ma poi sottoposti al perenne
imbroglio di chi picchia
vigliaccamente e invariabilmente
nega. È arrivato il momento di
dare una mano allo sport. Una
mano, non una manata.
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Sport 37
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
I protagonisti La difesa juventina non sbaglia un colpo, Buffon in testa, quella milanista ha buone risposte soprattutto da Abate
Tevez c’è sempre, Taarabt c’è finché regge
La coppia d’attaccanti bianconera è incontenibile, Pazzini però regge il confronto
ABBIATI
Le pagelle Milan
BUFFON
6,5
7
Kakà simbolo dell’incompiuta
ABATE Rami di testa va in confusione
6
BONERA
5,5
RAMI
5
EMANUELSON
6
MONTOLIVO
6
DE JONG
5
TAARABT
6,5
POLI
6
KAKÁ
5,5
PAZZINI
6,5
SAPONARA
6
HONDA
5,5
ROBINHO
5,5
SEEDORF
BARZAGLI
ABBIATI Per la serie: vattela a pigliare. La frustata di
Tevez è micidiale e anche la dinamica del primo gol taglia
fuori il portiere rossonero. Sullo 0-0 aveva stoppato alla
grande Lichtsteiner con la gamba: almeno l’onore è salvo.
ABATE Sul gol di Llorente va sulla palla invece che sullo
spagnolo: peccato non veniale. L’intesa sulla destra con
Taarabt però è interessante. Lui gioca alto, non teme il
confronto con Asamoah, al primo varco va al cross.
Presente.
RAMI Appena c’è da usare la testa va in confusione: non
si capisce cosa voglia fare sul pallone che tocca
all’indietro, da cui nasce il gol che spacca la partita. Poi
può fare poco sull’inserimento di Lichtsteiner. Rischia il
patatrac anche nell’uno contro su Tevez nella ripresa.
BONERA Lascia quasi tutte le pratiche sul tavolo di
Rami e magari se ne pente. Prezioso un recupero su
Llorente prima del 2-0.
EMANUELSON Come Abate, interpreta in modo
propositivo il suo ruolo nel modulo di Seedorf. Certo
Lichtsteiner è un osso duro: la sfida sui cross è alla pari,
ma quando lo svizzero entra in area per servire Llorente,
lui è disperso.
MONTOLIVO Un assist da brivido in area per Llorente
lo scuote: recupera alcuni palloni chiave, va al tiro (non
impossibile da parare per Buffon) e nella ripresa è tra i
più determinati. Seedorf però lo toglie presto.
DE JONG Mostra denti da mastino sul molle puledro
Pogba. Quando il gioco si fa duro e davanti c’è Tevez che
si prepara tutto solo il tiro del 2-0, lui si dimostra un
cattivo dal cuore troppo tenero.
TAARABT Finché la gamba lo assiste crea sempre
qualche pericolo, piccolo o grande che sia: foraggia
Abate, Pazzini, Kakà, ma davanti lo spreco è eccessivo e
i viveri non bastano mai. Esce con le tasche ormai vuote.
POLI Tuta blu generosa su Pirlo, non ha tempo per
indossare lo smoking davanti alla porta: sbaglia due gol,
soprattutto il primo con un piattone troppo largo, che
gridano vendetta. Esce in barella dopo una brutta
zuccata con Caceres. Succede a chi non si tira mai
indietro.
KAKÁ Entra in quasi tutte le azioni migliori del Milan,
ma gli manca sempre qualcosa: la doppia grande
occasione — prima parata da Buffon e poi respinta sulla
linea da Bonucci — è il simbolo di una serata
incompiuta. A cui si aggiunge anche un tiro a giro, ancora
parato. Chissà qualche anno fa come sarebbe finita.
PAZZINI Partenza da gran ballo in maschera, con una
sponda perfetta non sfruttata da Kakà e un colpo di testa
pericoloso. Dà sempre profondità alla squadra, anche se
questo modulo per la punta è una trappola: c’è troppo
lavoro per non perdere la lucidità. Lui però resiste bene.
SAPONARA Azzoppato da Pirlo, dimostra buona
volontà, ma la stanchezza dei compagni diventa presto
anche la sua.
HONDA Non ha il passo per cambiare una partita già
decisa.
ROBINHO Nella serata dei troppi gol sbagliati, lui non
poteva certo esimersi: in condizioni favorevoli scheggia la
traversa.
BONUCCI
6,5
CACERES
6,5
LICHTSTEINER
6,5
POGBA
5
PIRLO
6
MARCHISIO
6,5
ASAMOAH
6
LLORENTE
Combattenti Pazzini con la maschera e Caceres con la testa fasciata (LaPresse)
La pagella dell’arbitro
di Paolo Casarin
Impegno difficile, ma Guida è all’altezza
Paolo Tomaselli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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GUIDA
7
7
TEVEZ
Guida, designato per Milan-Juventus. L’ impegno, della
massima difficoltà per chiunque, viene affrontato con
apparente freddezza e passa attraverso alcuni errori di
valutazione dei falli di gioco di Montolivo su Marchisio e
Bonucci su Pazzini. Con il passare dei minuti e grazie alla
correttezza dei calciatori, Guida cresce in disinvoltura e
appare all’altezza del compito. Sembra perfino che i 22,
attenti anche nelle situazioni d’area, cerchino di arbitrarsi da
soli. Roma-Inter, invece, aveva bisogno di un arbitro ogni
volta che il gioco si svolgeva nelle aree: Bergonzi e De Marco,
sbagliando, hanno scelto di privilegiare solo i difensori
anche di fronte a falli evidenti degli stessi. Nel secondo
tempo Guida continua ad arbitrare con semplicità e
puntualità. Gialli meritati a Marchisio, Pirlo (da arancione) e
Bonera. La correttezza dei calciatori è anche merito suo.
Pertanto bene Guida, torna a casa con molta esperienza in
più.
SEEDORF Di fronte all’impietoso potere juventino, la
strada rossonera sembra quella giusta. Ma ciò non toglie
che sia in salita.
6
6,5
7,5
OSVALDO
S.V.
PADOIN
S.V.
GIOVINCO
S.V.
CONTE
Le pagelle Juventus
Bonucci, salvataggio decisivo
Pogba, periodo di involuzione
BUFFON Salva su Kakà, poi Bonucci salva lui, quindi
respinge un tentativo di Montolivo, infine impedisce un
destro a giro di Kakà. Certo, intuiva che non sarebbe
stata una partita facile, ma un primo tempo come quello
che vive non l’avrebbe mai immaginato. Nel secondo è
meno sotto pressione deve stare attento anche qui. La
traversa lo salva nel finale.
BARZAGLI Un po’ di mestiere in mezzo alla
sofferenza, così riesce a contenere il pericoloso rapporto
tra Emanuelson e Kakà che aggrediscono la sua zona. E
quando gli avversari si spengono non offre più varchi.
BONUCCI Comunque lo si giudichi (bene), la sua
respinta su Kakà a porta vuota si iscrive tra le migliori
parate della partita. Decisivo.
CACERES Anche lui come gli altri della retroguardia
bianconera è in forte difficoltà contro questo Milan
avanguardista. Tenta una spaccatona su corner e per
poco non gli va bene. Scontro di teste con Poli, il
milanista esce in barella, lui gioca con il turbante e ma le
prende tutte, sempre.
LICHTSTEINER Ha sul piede la palla d’oro dell’1-0;
un po’ lui, un po’ la grande risposta di Abbiati e
l’occasione sfuma. Limitato sulla fascia
dall’effervescenza di Emanuelson non per questo ha
perso i tempi degli inserimenti: si infila perfettamente in
un dialogo tra Marchisio e Tevez per lo strepitoso assist
a Llorente.
POGBA Il ragazzo attraversa un momento di
involuzione tra narcisismo e pressapochismo che ne
zavorrano la naturale esplosività. Si riscatta,
leggermente, nel finale con una bella conclusione (palo
esterno).
PIRLO Un po’ limitato dalla gabbia prevista da Seedorf,
meno preciso del solito ma sempre centrale. Ammonito,
salterà il matinée con la Fiorentina.
MARCHISIO Combattivo, in un centrocampo che il
Milan ha scombussolato, difende e cerca di riavviare
l’azione. Va a inseguire, pugnace, un pallone che diventa
il vantaggio della Juventus.
ASAMOAH Zolla o piede di ghisa? Il primo pallone è
un liscio fantasioso. Però, sebbene non sia in perfette
condizioni, esce alla distanza. Meglio nel finale.
Gagliardo.
LLORENTE Di testa è il re del gol, ma quello che
scardina una partita che la Juventus sta soffrendo lo
segna di piede (destro). Sponda assassina, goleador (11
reti in campionato), interditore. Per tutte le situazioni.
TEVEZ Spesso non trova il compagno con cui
dialogare, spesso si trova sepolto da tre avversari, ma
non rinuncia mai a cercare la palla. C’è sempre. C’è sul
vantaggio di Llorente. C’è a rilanciare l’azione, c’è a
sostenere la squadra che arretra. C’è a tramortire il
Milan e la traversa su cui il pallone rimbalza prima di
spegnersi in rete dopo un colpo di spingarda da una
ventina di metri. Monumentale. Con il quindicesimo
gol in campionato è il primo attaccante juventino che
può vincere la classifica marcatori dal 2008.
CONTE Ha fatto imparare molte cose ai suoi giocatori,
ora anche l’arte della metamorfosi. Juventus aggressiva
a Trabzon, sulla difensiva se l’avversario deborda come
a Milano. Saper soffrire, aver fame, edificare l’autostima,
soprattutto. Il metodo Conte.
7
Roberto Perrone
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Inter L’attaccante, che sembra aver definitivamente convinto il suo allenatore, ricorda i falli subiti e non sanzionati dai direttori di gara
Icardi conta su Facebook i rigori che non gli sono stati concessi
MILANO — La lista si allunga. Un rigore negato contro il Cagliari, due con la Roma. Mauro Icardi si interroga
perplesso e un tantino sconcertato: non appartiene alla
categoria dei simulatori, anzi
per qualcuno ha, addirittura,
il torto di cercare di non cadere in area, eppure di rigori
non se ne parla. L’attaccante
argentino non alza la voce,
tiene anzi la bocca chiusa e ha
affidato al proprio profilo ufficiale Facebook la sua silenziosa protesta pubblicando il
fermo immagine del pugno
che ha ricevuto in area da De
Rossi. In precedenza Benatia
era stato più gentile con lui:
mano destra sulla sua spalla
sinistra, mano sinistra intorno alla vita: vistosa trattenu-
ta. Altro rigore da dare e non
dato, proprio come quello col
Cagliari a San Siro dopo che
Rossettini e Astori gli avevano
impedito di segnare di testa a
porta vuota.
Icardi prende atto che
c’erano due rigori pure per la
Roma, però nel secondo tempo mentre quelli per l’Inter
erano nel primo con tutto
quello che ne consegue. E, allora, meglio consolarsi ripensando che in 119 minuti è riuscito a procurarsi ben tre rigori anche se Russo e Bergonzi e i loro assistenti d’aria non
se ne sono accorti. E se non
bastasse, a Icardi resta pure la
consapevolezza di essere riuscito a creare seri grattacapi
alla difesa meno battuta del
campionato pur avendo
Discussione L’arbitro Bergonzi e l’interista Icardi (Ansa)
un’autonomia fisica ancora
ridotta.
Mazzarri si è deciso a puntare sull’argentino, facendolo
debuttare dal primo minuto,
convinto che possa aiutare
l’Inter a guarire l’Inter dal mal
di gol. A patto di metterlo nelle condizioni di sfruttare le
sue caratteristiche a cominciare dal colpo di testa, che resta il punto di forza di Icardi.
Durante la partita con la
Roma il tecnico interista è
stato sorpreso dalle telecamere a imprecare coi suoi assistenti: «Ma cosa dobbiamo
fare per segnare?». E in effetti
è già la quarta volta nel 2014
che l’Inter non riesce a segnare neppure un gol in trasferta:
Lazio, Udine (Coppa Italia),
Genoa e Roma.
In compenso col ritorno di
Walter Samuel e le convincenti prestazioni di Rolando e
Juan Jesus la difesa dell’Inter è
tornata un reparto affidabile:
con loro tre in campo la squadra non ha mai perso: due vittorie e tre pari. Domenica
contro il Torino, però, Mazzarri sarà costretto a cambiare
perché Samuel, che era diffidato, è stato ammonito e Juan
Jesus rischia di essere squalificato con la prova tv per il
Il rinnovo
Cambiasso chiama Thohir
per il rinnovo: «Non
ha mai tempo, ma io sarò
nerazzurro per sempre»
pugno rifilato a Romagnoli.
Intanto Esteban Cambiasso, ritrovata una maglia da titolare, dopo due partite in
panchina, ha fatto sapere ai
microfoni di Sky di non essere ancora riuscito a parlare
con Thohir riguardo al rinnovo del suo contratto, in scadenza nel prossimo mese di
giugno. «Sapete che ci sono
tante cose da sistemare ma
ogni volta che viene a Milano
il presidente è sempre molto
impegnato. In ogni caso, al di
là di quello che potrà accadere, io sarò sempre dell’Inter,
sia che possa avere un ruolo
da calciatore, un altro ruolo, o
anche un ruolo soltanto da tifoso».
Franco Fiocchini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
38 Sport
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Caduta Seconda sconfitta consecutiva in casa per i viola. I tifosi contestano Braschi con 25 mila volantini
Pareggio poco convincente
Il Verona senza
il comandante Toni
è un vascello
in balia del Bologna
Prodezza
DAL NOSTRO INVIATO
L’acrobazia di
Cana che dopo
appena 5’
ha deciso
la sfida con la
Fiorentina.
Il kosovaro
naturalizzato
albanese della
Lazio ha scelto
il modo più
spettacolare
per segnare
il suo primo gol
stagionale
(LaPresse)
VERONA — La verità è che senza padron Toni la nave dei sogni
battente bandiera veronese è più simile a un peschereccio, fa
sembrare i porti d’Europa un po’ più lontani, i mari più insidiosi.
La verità è che contro un Bologna davvero pugnace il Verona ha
sofferto maledettamente l’assenza per il turno di squalifica del
suo capopopolo e deve ringraziare la reattività del portiere
Rafael che al 2’ del secondo tempo ha ribattuto un calcio di
rigore di Bianchi. Finisce con un pareggio che il Bentegodi non
gradisce, ma per come si è sviluppata la contesa è un buon
risultato perché il Bologna ha fatto qualcosa in più e non solo
per il rigore sprecato. Con Ballardini, 7 punti in 8 partite, l’idea di
gioco è più semplice e si fonda su un 3-5-1-1 scrupoloso e con
direttive contate: ai due esterni Garics e Morleo viene
consegnato il mandato a marcare alla vecchia maniera,
sostanzialmente a uomo, le mezzepunte Iturbe e Jankovic, in
modo da attutire come un materasso le irruzioni collettive del
Verona. Bloccati gli
esterni, tappato il
Verona
corridoio centrale con
Donadel e l’ottimo
Romulo, non c’è più
Bologna
spazio: è una strategia
semplice ma redditizia,
perché là davanti in
VERONA (4-3-3): Rafael 7;
mezzo all’attacco il
Cacciatore 5,5, Moras 6, Marques 6,
riservista ceco Rabusic,
Albertazzi 6; Romulo 6,5, Donadel 6,
24 anni, che è arrivato
Marquinho 5,5; Iturbe 5,5
giusto un mese fa dallo
(Hallfredsson s.v. 32’ s.t.), Rabusic 5
Slovan Liberec e non
(Gomez 5,5 18’ s.t.), Jankovic 5,5
conosce una parola
(Martinho 5,5 18’ s.t.). All.:
d’italiano con
Mandorlini 6
immaginabili
conseguenze sul feeling
BOLOGNA (3-5-1-1): Curci 6;
con i compari, non è
Antonsson 6, Natali 6,5, Mantovani
all’altezza del titolare e
6,5; Garics 6, Krhin 6,5, Perez 6
affoga nell’area ospite.
(Ibson 6 25’ s.t.), Christodoulopoulos
«Siamo stati lenti, poco
7; Morleo 6; Kone 6 (Cristaldo 5 33’
convinti — le parole di
p.t.); Bianchi 5 (Moscardelli 5,5 21’
Mandorlini — però
s.t.). All.: Ballardini 6,5
siamo arrivati a 40 punti,
l’obiettivo di inizio
campionato. Ora ci serve
Arbitro: Tommasi 6
un cambio di mentalità».
Ammoniti: Perez, Morleo,
C’è una statistica
Mantovani, Moras, Cristaldo,
significativa: senza Toni
Christodoulopoulos
schierato dal 1’, il Verona
Espulsi: Cristaldo 37’ s.t.
ha vinto una volta sola
Recuperi: 2’ più 3’
su 4, alla 3ª giornata col
Sassuolo, 2-0. Detto
questo, lagnarsi per l’occasione sprecata come ha fatto il
pubblico è umano e legittimo, soprattutto perché una vittoria
sarebbe valsa il 5° posto davanti all’Inter, ma è innegabile che
l’annata sia già magnifica così com’è. Vero che la vittoria interna
manca da oltre 2 mesi (22 dicembre, 4-1 all’ultima Lazio di
Petkovic) ma nemmeno i più ottimisti avrebbero immaginato
una salvezza certificata al 2 marzo. Chi invece deve ancora
sudarsela è il Bologna che però mostra progressi nonostante la
dipartita sportiva di Diamanti, la cui cessione consente ad altri
giocatori di mettersi in luce, tipo Christodoulopoulos, mezz’ala
notevole. È lui a scucire con astuzia all’arbitro Tommasi — la
trattenuta di Cacciatore è roba da educande — il rigorino che
Bianchi sciuperà. «Meritavamo qualcosa in più — il commento
di Ballardini— peccato per il rigore e per l’espulsione di
Cristaldo,ma è una domenica che ci avvicina alla salvezza». La
moneta sottratta dalla stiva del vascello gialloblù dà più
speranza che sostanza. La lotta, laggiù, si fa scivolosa e profonda.
Un lampo di Cana
acceca una Fiorentina
molle e senza idee
La Lazio colpisce anche una traversa
DAL NOSTRO INVIATO
FIRENZE — Se marzo è il mese decisivo, la Fiorentina lo comincia nel peggiore dei modi,
con la sconfitta casalinga contro
la Lazio, la terza stagionale al
Franchi, la seconda consecutiva
dopo l’Inter. La squadra di Reja
segna con Cana dopo appena
cinque minuti, approfittando
della colossale dormita della difesa viola, colpisce una traversa
con Konko e nella ripresa spreca
almeno quattro clamorosi contropiede. Una partita ordinata,
saggia, piena di cose buone e
qualche errore negli ultimi sedici metri. E la Fiorentina? Un sussulto al 37’ della ripresa, due occasioni nel giro di un minuto,
un tiro da fuori di Anderson e
un colpo di testa all’incrocio dei
pali di Aquilani, giusto per consentire a Marchetti di poter gridare al mondo che è ancora lui, e
con merito, il portiere della Lazio.
Mai vista una Fiorentina così:
lunga, molle, imprecisa, distratta. Non vince un contrasto, non
porta in fondo un’azione, ha
smarrito il senso di squadra. I
biancocelesti sono in piena cor-
sa per un posto in Europa League. I viola, invece, non sfruttano il mezzo passo falso del Napoli a Livorno, ma considerando
lo score dell’ultimo periodo
(una vittoria nelle ultime sei gare) dovrebbero preoccuparsi di
cosa succede dietro. La sensazione è che tutte le polemiche
arbitrali abbiano sgonfiato la
squadra di Montella, non l’hanno resa solo più antipatica, ma
anche più fragile e insicura. For-
se è il momento di concentrarsi
solo sul lavoro di campo.
La contestazione di Firenze al
mondo arbitrale e al designatore
Braschi si trasforma in una specie di boomerang. I mille motorini che accompagnano il pullman viola sino allo stadio ottengono l’effetto di far arrivare la
squadra con venticinque minuti
di ritardo e la scelta di rimanere
fuori dieci minuti (in realtà dentro l’impianto, ma sotto la cur-
Lazio
Marcatore: Cana 5’ p.t.
FIORENTINA (4-3-3): Neto 6,5;
Tomovic 4,5, Gonzalo Rodriguez
5,5, Savic 6, Pasqual 5,5;
Ambrosini 5 (Anderson 6 12’
s.t.), Aquilani 6, Mati Fernandez
6,5; Joaquin 5 (Gomez 5 12’
s.t.), Matri 4,5 (Wolski s.v. 28’
s.t.), Cuadrado 5. All.: Russo 5
LAZIO (4-3-3): Marchetti 6,5;
Konko 6,5 (Novaretti 6 18’ s.t.),
Ciani 6,5, Cana 6,5, Radu 6,5;
Gonzalez 6,5, Ledesma 6 (Onazi
6 1’ s.t.), Biglia 6; Candreva 7,
Perea 5,5 (Keita s.v. 45’ s.t.),
Lulic 6. All.: Reja 7
Arbitro: Banti 5,5
Ammoniti: Ambrosini, Ciani,
Lulic, Tomovic, Pasqual
Recuperi: 2’più 3’
Al Manchester City la Coppa di Lega inglese
Campbell: «Fossi bianco, capitano per 10 anni»
«Se fossi stato bianco sarei stato capitano della
nazionale inglese per più di dieci anni». Il
39enne ex difensore e nazionale di colore Sol
Campbell ha accusato di razzismo la Football
Association nel suo libro autobiografico di cui
il Sunday Times ha pubblicato alcuni estratti
in anteprima. Campbell, che ha militato
soprattutto nel Tottenham e nell’Arsenal, ha
disputato 73 gare con l’Inghilterra fra il 1996 e
il 2007, quando capitano era Michael Owen.
«La Federazione preferiva che fossi bianco. È
folle ma penso che la situazione non cambierà
in futuro, perché non lo vogliono nemmeno i
tifosi». Ieri il Manchester City ha vinto la sua
quarta Coppa di Lega inglese battendo 3-1 in
finale il Sunderland, che aveva chiuso in
vantaggio il primo tempo grazie a una rete di
Fabio Borini e che in precedenza aveva
eliminato Chelsea e Manchester United. Nella
ripresa la rimonta del City con le reti di Yaya
Touré al 10’, Nasri all’11’ e Jesus Navas
all’ultimo minuto. È il primo trofeo
conquistato da Pellegrini a Manchester.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
va) serve soltanto a lasciare sola
la squadra nel momento del bisogno. La Fiorentina ha giocato
altre volte con Aquilani regista,
ma mai senza i due centrocampisti di maggior talento, vale a
dire Pizarro e Borja Valero. Il risultato è disastroso: la difesa
sbanda, la squadra si allunga,
l’attacco viene mal servito.
La Lazio, rivoluzionata da
Reja rispetto alle previsioni e
senza lo spauracchio Klose, fermato da un problema al costato,
si cala subito dentro la realtà
della partita. Cana segna con
una mezza girata dopo appena
cinque minuti, Neto evita il raddoppio sul destro angolato di
Candreva meno di sessanta secondi dopo. Con l’incoraggiamento dei suoi tifosi, finalmente sugli spalti, la Fiorentina ritrova almeno la voglia di attaccare, ma non riesce a graffiare:
Cuadrado e Joaquin sono fumosi, Matri resta stritolato dalla difesa avversaria. Così l’occasione
migliore è ancora della Lazio in
contropiede. Sul cross teso da
sinistra di Candreva, Konko al
volo colpisce la traversa.
Stesso copione nel secondo
tempo. La Fiorentina senza idee
e senza logica controlla il gioco,
la Lazio è fulminante in contropiede. Lulic cicca il cross teso sul
secondo palo di Candreva, Gonzalo Rodriguez in scivolata salva
su Perea. Il moto d’orgoglio viola, affidato a Anderson e Aquilani, è un fuoco di paglia e non vale a scaldare i rimpianti. I tifosi,
attraverso 25 mila volantini,
chiedono rispetto a Braschi. Ma
ora la Fiorentina deve solo ritrovare se stessa. Tutto il resto conta poco.
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Carlos Passerini
Alessandro Bocci
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Le altre Vince il Cagliari, il Catania e il Sassuolo di Malesani sempre più giù
La Sampdoria affonda il Torino
Il Parma non si ferma più: è 6°
TORINO — La Sampdoria vola verso la salvezza e frena i sogni europei del Torino. I blucerchiati conquistano 3 punti d’oro
grazie ai gol in apertura di
Okaka (in fuorigioco) e nel finale di Gabbiadini (7° stagionale), con una stupenda punizione da 27 metri alla velocità di
99 chilometri orari. In mezzo
una grande prova della squadra
di Mihajlovic, che ha mostrato
organizzazione e solidità difensiva.
Ottimi Mustafi e Regini, che
ha annullato Cerci. Il fantasista
granata ha risposto con un gesto di stizza a fine gara ai fischi
dei tifosi, salvo poi scusarsi.
Brillante invece Immobile ma è
stata l’unica nota lieta di un To-
0
1
Fiorentina
ro apparso molle e senza idee.
Vola il Parma che sale al sesto
posto a 40 punti: 14° risultato
utile consecutivo per la squadra
di Donadoni firmato da Parolo.
Sassuolo in confusione: Berardi
espulso 20 secondi dopo essere
entrato in campo, 5ª sconfitta in
5 gare per il tecnico Malesani,
ora in bilico. Pronto il ritorno di
Di Francesco.
Sale anche il Genoa che affossa il Catania penultimo (rosso a
Bellusci) con Antonelli e il giovane Sturaro, al primo gol in A.
Il Cagliari aggancia l’Udinese a
quota 28 punti: vittoria firmata
da Ibarbo, Vecino e Ibraimi; traversa di Di Natale per i friulani.
Abbraccio Mihajlovic conforta
Cerci dopo la partita (Ansa)
Filippo Bonsignore
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Torino
Sampdoria
0
2
Cagliari
Udinese
3
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Genoa
Catania
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Sassuolo
Parma
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Marcatore: Parolo 1’ p.t.
Marcatori: Okaka 7’ p.t.; Gabbiadini
34’ s.t.
Marcatori: Ibarbo 18’ p.t.; Vecino
36’, Ibraimi 43’ s.t..
Marcatori: Antonelli 14’ p.t.;
Sturaro 40’ s.t.
TORINO (3-5-2): Padelli 5;
Maksimovic 6, Glik 5,5, Bovo 5,5
(Barreto 5 11’ s.t.); Darmian 6, Kurtic
5,5, Vives 6 (Basha s.v. 31’ s.t.),
Farnerud 5 (Meggiorini 5,5 23’ s.t.),
Pasquale 5; Cerci 5, Immobile 6,5. All.:
Ventura 5
CAGLIARI (4-3-1-2): Avramov 6;
Pisano 6, Rossettini 6, Astori
6,5, Avelar 6; Dessena 6,5, Cossu
6,5 (Ibraimi 7 32’ s.t.), Vecino
6,5; Adryan 5 (Eriksson 6 1’ s.t.);
Pinilla 6 (Nenè 6 22’ s.t.),
Ibarbo 6,5. All.: Lopez 6,5
GENOA (3-4-3): Perin 6; Antonini
6 (Calaiò s.v. 38’ s.t.), Portanova 6,
Burdisso 6,5; Motta 6, Sturaro 6,5,
Bertolacci 5,5 (Fetfatzidis 6,5 1’
s.t.), Antonelli 7; Konaté 6,
Gilardino 5, Sculli 6 (Cabral 5,5 15’
s.t.). All.: Gasperini 6,5
SAMPDORIA (4-2-3-1): Da Costa
6,5; De Silvestri 6,5, Mustafi 7,
Gastaldello 6,5 (Fornasier 6,5 16’ s.t.),
Regini 7; Obiang 6, Renan 6,5
(Krsticic 6 28’ s.t.); Gabbiadini 6,5,
Eder 6 (Bjarnason s.v. 39’ s.t.),
Soriano 6,5; Okaka 7. All.: Mihajlovic 7
UDINESE (3-5-1-1): Scuffet 6;
Heurtaux 6, Danilo 6, Naldo 5
(Maicosuel 5,5 30’ s.t.); Basta 6,
Pinzi 6, Yebda 5,5, Pereyra
5,5, Da Silva 5,5 (Widmer 5,5 16’
s.t.); Fernandes 5 (Nico Lopez 5,5
6’ s.t.); Di Natale 6. All.: Guidolin 5,5
CATANIA (3-5-1-1): Andujar 5,5;
Bellusci 4, Rolin 5,5, Spolli 5;
Peruzzi 6, Izco 6, Lodi 5 (Monzon 5
20’ s.t.), Rinaudo 6, Biraghi 5,5;
Keko 6 (Leto s.v. 28’ s.t.); Plasil 5
(Fedato 5,5 20’ s.t.). All.: Maran 5,5
PARMA (4-3-3): Mirante 7;
Cassani 6, Paletta 6,5, Lucarelli
6,5, Molinaro 6; Gargano 6,5,
Marchionni 5,5 (Acquah 5 23’
s.t.), Parolo 6,5; Biabiany 6,
Amauri 6,5, Cassano 6 (Schelotto
6 25’ s.t.). All.: Donadoni 6
Arbitro: Irrati 5,5
Espulso: Bellusci 39’ p.t.
Ammoniti: Bertolacci, Sturaro,
Burdisso
Recuperi: 1’ più 4’
Arbitro: Tagliavento 6,5
Espulso: Berardi 27’ s.t.
Ammoniti: Zaza, Lucarelli, Gazzoli
Recuperi: 1’ più 4’
Arbitro: Damato 6
Espulso: Sullo 36’ p.t.
Ammoniti: Renan, Okaka, Bovo, Glik,
Obiang, Maksimovic
Recuperi: 1’ più 4’
Arbitro: Valeri 6
Ammoniti: Pinilla, Cossu, Danilo,
Ibraimi
Recuperi: 1’ più 3’
SASSUOLO (3-5-2): Pegolo 6;
Ariaudo 5,5, Cannavaro 5,5,
Mendes 6; Pucino 5,5 (Berardi 3
26’ s.t.), Biondini 5,5, Magnanelli
5, Brighi 5 (Marrone 6 1’ s.t.),
Gazzola 6; Floccari 5, Zaza 5,5
(Floro Flores 6 15’ s.t.). All.:
Malesani 5
Sport 39
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
Incompiuta Non basta un rigore di Mertens, il Livorno pareggia su autogol di Reina
Lotta Veneti in 10
Il Napoli si fa ancora del male
Il salto di qualità non arriva
Jolly di Cigarini
e l’Atalanta
mette nei guai
il Chievo
Occasione mancata
Benitez: «Sono deluso, dovevamo fare di più e vincere»
DAL NOSTRO INVIATO
1
1
Livorno
LIVORNO — Avanti così, piano, facendosi del male. Con il
pareggio dell’Ardenza — che il
Livorno ha strameritato — diventano 20 i punti gettati dal
Napoli contro le avversarie cosiddette medio-piccole della
serie A. È una sindrome calcistica grave, dalla cura a quanto pare introvabile e dagli effetti indesiderati: su tutti, l’incapacità
di accorciare sulla Roma, anche
se domenica i giallorossi saranno al San Paolo e lo scenario
Champions potrebbe cambiare.
LIVORNO (5-3-2): Bardi 6,5;
Mbaye 6, Ceccherini 5,5, Emerson
7, Coda 6,5, Mesbah 6,5; Benassi
6,5, Biagianti 6, Greco 6,5 (Duncan
s.v. 37’ s.t.); Paulinho 6 (Castellini
s.v. 46’ s.t.), Belfodil 6,5 (Emeghara
s.v. 32’ s.t.) All.: Di Carlo 7
Impressione
In vantaggio, gli azzurri
danno l’impressione
di poter controllare ma
finiscono per incartarsi
NAPOLI (4-2-3-1): Reina 6;
Maggio 5,5, Fernandez 6, Britos 6,
Ghoulam 6; Jorginho 6, Inler 5,5;
Callejon 5,5, Hamsik 5,5 (Zapata
5,5 37’ s.t.), Mertens 6,5; Pandev
5,5 (Insigne s.v. 25’ s.t.). All.:
Benitez 5,5
Finalmente in maglia azzurra, il Napoli ha trovato l’ostacolo che Benitez aveva illustrato
alla vigilia: un’avversaria tonica, corta, che chiude tutti gli
spazi e ti obbliga a inventare
pertugi dove non ci sono, manco tu fossi Valentino Rossi che
cerca di sorpassare Marquez al
Cavatappi. Così, di fronte alla
perfetta organizzazione del Livorno (linea difensiva a cinque,
il trio di mediana Greco-Biagianti-Benassi sempre in battaglia e le punte Paulinho e Belfodil ben disposte al pressing), il
Napoli ha provato a lavorare
con pazienza: bloccato sulla fasce intasate dai raddoppi, ha virato sul lancio lungo centrale,
l’imbucata bassa oppure certi
interscambi di posizione tra
Hamsik e Pandev, ancora falli-
Serie A / 26ª giornata
Napoli
Marcatori: Mertens (rigore) 32’,
Reina (autogol)’39’ p.t.
Arbitro: Mazzoleni 6
Ammoniti: Benassi, Mbaye, Britos,
Maggio
Recuperi: 0’ più 3’
Rarità L’autogol di Reina,
portiere del Napoli, che ha regalato il pari al Livorno (Ansa)
mentare nel tentativo impossibile di travestirsi da Higuain,
assente per squalifica. Tutto avveniva a ritmo lento, ma la qualità sembrava poter fare la differenza: dopo una autotraversa di
Mbaye (bravo però in anticipo
su Hamsik, partito bene e poi
spentosi), due tentativi di Mertens (parata di Bardi, molto positivo) e di Callejon sembravano i prodromi del gol. Che infatti è arrivato, anche se in ma-
niera fortunosa. Mbaye in area
ha svirgolato facendo un assist
per Pandev, Ceccherini preoccupatissimo lo ha spinto e il
macedone, che non vedeva
l’ora, si è lasciato cadere, realizzando così la cosa migliore della sua brutta partita: guadagnare il rigore che Mertens al 32’ ha
trasformato.
Vista la situazione, pareva
che il Napoli potesse governare
il vantaggio o magari aumen■ Punti totali ■ In casa ■ Fuori casa
Serie A Classifica
20
tarlo. Sbagliato. Perché, dopo
un’altra parata di Bardi su Mertens, al 39’ il Livorno ha pareggiato nella sua prima azione
d’attacco: Mesbah sfonda a sinistra dietro l’impacciato Maggio, palla secca dal fondo al centro, tacco di Mbaye in cerca di
riscatto e carambolone da dopolavoro addosso a Reina che,
sfortunato, si sbatte la palla in
porta da solo.
La grande squadra avrebbe
i punti lasciati
dal Napoli contro
le avversarie
cosiddette
medio-piccole
INTER
0-0
Arbitro: Bergonzi di Genova
CAGLIARI
UDINESE
3-0
Ibarbo (Ca) 18’, Vecino (Ca) 36’ s.t., Ibraimi
(Ca) 43’ s.t. Arbitro: Valeri di Roma
ATALANTA
CHIEVO
2-1
Carmona (At) 21’, Dainelli (Ch) 27’ s.t.,
Cigarini (At) 41’ s.t. Arbitro: Celi di
Cambobasso
GENOA
CATANIA
2-0
Antonelli (Ge) 14’, Sturaro (Ge) 40’ s.t.
Arbitro: Irrati di Pistoia
VERONA
BOLOGNA
0-0
Arbitro: Tommasi di Bassano del Grappa (Vi)
SASSUOLO
PARMA
0-1
Parolo (Pa) 1’ Arbitro: Tagliavento di Terni
TORINO
SAMPDORIA
0-2
Okaka (Sa) 7’, Gabbiadini (Sa) 34’ s.t.
Arbitro: Damato di Barletta
LIVORNO
NAPOLI
1-1
JUVENTUS
ROMA
NAPOLI
FIORENTINA
INTER
PARMA
VERONA
LAZIO
TORINO
MILAN
GENOA
SAMPDORIA
ATALANTA
CAGLIARI
UDINESE
BOLOGNA
CHIEVO
LIVORNO
CATANIA
SASSUOLO
Punti
69
58
52
45
41
40
40
38
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G
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N P F S
3 1 62 19
4 1 49 11
3 3 51 29
3 4 45 29
5 4 43 29
4 3 39 29
2 6 43 42
5 6 34 34
4 5 39 34
4 6 39 37
4 6 30 32
3 6 29 37
2 10 27 38
6 6 26 35
2 9 29 39
4 7 22 41
4 8 20 37
2 8 27 46
2 12 19 45
4 8 25 55
reagito; il Napoli, come spesso
gli accade, si è incartato. E nel
secondo tempo, quando il Livorno ha alzato ritmo e baricentro, ha incontrato il secondo
problema della sua brutta serata: l’appannamento post Europa League, altra sindrome che,
come si sa, non risparmia mai le
squadre italiane. Benitez forse
temeva pure questo, ecco perché sabato aveva chiesto di partire forte e prendere vantaggio.
Dunque, mentre le gambe azzurre si cementificavano e le già
poche idee svanivano, il Livorno al 15’ ha pure avuto la grande palla gol con Paulinho, fermato però da un grande Reina.
L’aria di pari adesso era chiara e gli interventi dei tecnici
non l’hanno cambiata: il Livorno (dove crescevano Emerson,
Belfodil e Greco, ma dove il migliore è stato il tecnico Di Carlo)
è passato al 4-3-3; Benitez ha
inserito Insigne e Zapata sperando di trovare il coniglio nel
cappello. Peccato per lui che
l’ultima chance al 44’ sia capitata al colombiano, il quale è arrivato in ritardo sull’assist di
Mertens, l’unico brillante in un
gruppo grigio. Così è finita come doveva, ma non come voleva Benitez, assai contrariato per
la controperformance dei suoi:
«Sono deluso, dovevamo fare di
più, dovevamo vincere». Perché
Rafa, che conosce il calcio, lo sa
bene: anche se non ha vinto
nessuno, ieri il Napoli ha perso.
Alessandro Pasini
Punti
50
46
44
43
42
42
41
40
39
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36
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3
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6
2
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2
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3
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3
4
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4
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V
5
7
6
5
4
3
2
5
5
7
4
2
3
1
5
1
2
1
2
1
1
1
N P F
5 3 38
3 4 36
2 5 27
6 2 33
7 3 37
8 3 27
7 4 32
4 4 31
2 7 37
2 4 32
6 3 37
9 2 41
3 8 37
6 7 35
4 5 35
7 5 35
4 8 27
6 7 25
5 6 24
3 9 23
1 11 19
4 9 23
S
20
21
22
22
29
20
29
34
37
32
35
30
37
27
34
34
33
36
37
41
38
43
MARCATORI: 15 RETI: Tevez (JUV) 14 RETI: Rossi (FIO) 13 RETI: Immobile (TOR), Toni (VER), Higuain
(NAP) 12 RETI: Berardi (SAS) 11 RETI: Llorente (JUV), Palacio (INT), Vidal (JUV), Gilardino (GEN), Cerci
(TOR) 10 RETI: Balotelli (MIL), Paulinho (LIV) 9 RETI: Callejon (NAP), Cassano (PAR), Denis (ATA),
Eder (SAM) 8 RETI: Gabbiadini (SAM) 7 RETI: Parolo (PAR), Candreva (LAZ), Di Natale (UDI), Jorginho
(NAP) 6 RETI: Destro (ROM), Hamsik (NAP), Klose (LAZ), Pandev (NAP), Pogba (JUV), Mertens (NAP)
27ª giornata
LATINA-PADOVA
CITTADELLA-NOVARA
REGGINA-VARESE
VIRTUS LANCIANO-JUVE STABIA
Llorente (Ju) 44’, Tevez (Ju) 23’ s.t. Arbitro:
Guida di Torre Annunziata (Na)
PROSSIMO TURNO: Sabato 8/3, ore 18.00: Udinese-Milan.
ore 20.45: Catania-Cagliari. Domenica 9/3, ore 12.30: Juventus-Fiorentina.
ore 15.00: Bologna-Sassuolo, Chievo-Genoa, Inter-Torino, Lazio-Atalanta,
Parma-Verona, Sampdoria-Livorno. ore 20.45: Napoli-Roma.
PROSSIMO TURNO: Venerdì 7/3, ore 20.30: Empoli-Avellino.
Sabato 8/3, ore 15.00: Bari-Virtus Lanciano, Brescia-Latina, Carpi-Reggina,
Crotone-Cittadella, Novara-Spezia, Padova-Modena, Pescara-Cesena,
Ternana-Varese, Trapani-Siena. Lunedì 10/3, ore 20.30: Juve Stabia-Palermo.
Spagna
Inghilterra
Lega Pro 1ª div./A
Mertens (Na) rig. 32’, Reina (Na) aut. 39’
Arbitro: Mazzoleni di Bergamo
FIORENTINA LAZIO
0-1
Cana (La) 5’ Arbitro: Banti di Livorno
MILAN
JUVENTUS
0-2
ATHLETIC BILBAO GRANADA
4-0
MALAGA
REAL VALLADOLID
1-1
LEVANTE
OSASUNA
2-0
GETAFE
ESPANYOL
0-0
ELCHE
CELTA VIGO
1-0
VILLARREAL
REAL BETIS
1-1
ATLETICO MADRID REAL MADRID
2-2
SIVIGLIA
REAL SOCIEDAD
1-0
BARCELLONA
ALMERIA
RAYO VALLECANO VALENCIA
Classifica: 64 Real Madrid 61 Atletico Madrid 60 Barcellona 50 Athletic Bilbao 44 Villarreal 43 Real Sociedad 38 Siviglia 36 Levante 35 Valencia 33 Espanyol 30 Celta Vigo
29 Elche, Osasuna 27 Granada, Getafe 26
Almeria, Malaga 23 Real Valladolid 20 Rayo
Vallecano 15 Real Betis
EVERTON
WEST HAM UNITED
1-0
FULHAM
CHELSEA
1-3
HULL CITY
NEWCASTLE UNITED
1-4
STOKE CITY
ARSENAL
1-0
SUNDERLAND
WEST BROMWICH ALBION Rinviata
SOUTHAMPTON
LIVERPOOL
0-3
ASTON VILLA
NORWICH CITY
4-1
SWANSEA
CRYSTAL PALACE
1-1
TOTTENHAM HOTSPUR CARDIFF CITY
1-0
MANCHESTER UNITED MANCHESTER CITY 25/3 - 20.45
Classifica: 63 Chelsea 59 Liverpool, Arsenal
57 Manchester City 53 Tottenham Hotspur
48 Everton 45 Manchester United 43
Newcastle United 39 Southampton 31 West
Ham United, Aston Villa 30 Hull City, Stoke
City 29 Swansea 28 Norwich City 27 Crystal
Palace 25 West Bromwich Albion 24 Sunderland 22 Cardiff City 21 Fulham
Germania
HERTHA BERLINO
FRIBURGO
0-0
AUGSBURG
HANNOVER 96
1-1
BAYER LEVERKUSEN MAINZ 05
0-1
BORUSSIA DORTMUND NORIMBERGA
3-0
EINTRACHT BRAUNSCHWEIG BORUSSIA MÖNCHENGLADBACH 1-1
WERDER BREMA
AMBURGO
1-0
BAYERN MONACO
SCHALKE 04
5-1
HOFFENHEIM
WOLFSBURG
6-2
EINTRACHT FRANCOFORTE STOCCARDA
2-1
Classifica: 65 Bayern Monaco 45 Borussia
Dortmund 43 Bayer Leverkusen 41 Schalke
04 39 Wolfsburg 37 Mainz 05 36 Borussia
Mönchengladbach 35 Hertha Berlino, Augsburg 29 Hoffenheim 25 Hannover 96, Eintracht Francoforte, Werder Brema 23 Norimberga 19 Stoccarda, Amburgo, Friburgo
16 Eintracht Braunschweig
Matteo Magri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Atalanta
Chievo
2
1
Marcatori: Carmona 21’ p.t., Dainelli
27’, Cigarini 41’ s.t.
ATALANTA (4-4-1-1): Consigli 6,5;
Benalouane 6, Stendardo 6,5, Yepes
6, Brivio 6; Raimondi 5,5 (Brienza
s.v. 29’ s.t.), Carmona 7, Baselli 6
(Cigarini 7 37’ s.t.), Bonaventura
6,5; Moralez 5 (Migliaccio s.v. 42’
s.t.); Denis 6. All.: Colantuono 6,5
CHIEVO (4-3-1-2): Agazzi 6; Frey
5,5, Dainelli 6,5, Cesar 4,5, Rubin 6;
Guana 6 (Canini s.v. 25’ s.t.), Rigoni
5,5, Guarente 6; Hetemaj 6; Paloschi
6 (Bernardini s.v. 34’ s.t.), Thereau
5,5 (Pellissier 6 10’ s.t.). All.: Corini
5,5
Arbitro: Celi 5,5
Espulso: Cesar 23’ s.t.
Ammoniti: Dainelli, Rigoni, Carmona
Recuperi: 1’ più 4’
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G giocate V vinte N nulle P perse F reti fatte S reti subite
PALERMO
EMPOLI
VIRTUS LANCIANO
CESENA
TRAPANI
LATINA
AVELLINO
SPEZIA
CROTONE
CARPI
BRESCIA
SIENA (-7)
VARESE
MODENA
PESCARA
TERNANA
BARI (-3)
NOVARA
CITTADELLA
REGGINA
PADOVA
JUVE STABIA
BERGAMO — L’Atalanta ritrova la vittoria dopo un mese
grazie a un jolly di Cigarini. Tre
punti meritati per i bergamaschi contro il Chievo. Corini era
venuto al Comunale con le idee
chiare: difesa e contropiede.
La tattica funziona per 20’, fino al gol di Carmona con un tiro
velenoso dal limite. Nella ripresa i nerazzurri buttano all’aria il
raddoppio con Raimondi, che
da due passi spara alto l’assist
di Bonaventura. Al 23’ veneti in
dieci (gomitata di Cesar a Denis) ma dopo 4’ pareggiano con
Dainelli. L’Atalanta continua a
spingere, Colantuono butta
nella mischia Cigarini che al 41’
trova la conclusione vincente.
■ Punti totali ■ In casa ■ Fuori casa
Serie B Classifica
G giocate V vinte N nulle P perse F reti fatte S reti subite
ROMA
Rafa Benitez si aspettava di più dal suo
Napoli: a Livorno aveva un’occasione
per avvicinarsi alla Roma ma
la sua squadra non ha
saputo sfruttarla
(LaPresse)
3-0
2-2
3-4
1-0
BRESCIA-CARPI
MODENA-CROTONE
SIENA-EMPOLI
AVELLINO-PESCARA
CARRARESE
LUMEZZANE
0-0
COMO
FERALPI SALÒ
1-0
CREMONESE
SÜDTIROL
1-1
PAVIA
VIRTUS ENTELLA
0-2
SAN MARINO
PRO VERCELLI
0-0
VENEZIA
PRO PATRIA
3-0
VICENZA
ALBINOLEFFE
3-2
REGGIANA
SAVONA
oggi 20
Classifica: 47 Virtus Entella 40 Pro Vercelli
39 Vicenza (-4) 38 Cremonese 36 Como,
Venezia 33 AlbinoLeffe (-1) 32 Savona 31
Südtirol 29 Feralpi Salò 27 Lumezzane 23
Carrarese, Pro Patria (-1) 22 Reggiana 16
San Marino 15 Pavia
0-2 CESENA-TRAPANI
2-0 PALERMO-BARI
1-1 SPEZIA-TERNANA
1-1
2-2
2-1
2-2
Lega Pro 1ª div./B
LECCE
BARLETTA
CATANZARO
FROSINONE
NOCERINA
PISA
PRATO
SALERNITANA
ASCOLI
2-1
PAGANESE
PERUGIA
GROSSETO
PONTEDERA
GUBBIO
VIAREGGIO
BENEVENTO
3-2
1-0
3-0
0-3
1-0
1-0
2-1
Classifica: 51 Frosinone 46 Perugia, Lecce 42 Pisa 41 Catanzaro 39 L’Aquila 38
Benevento 37 Salernitana 36 Prato, Pontedera 31 Grosseto 29 Gubbio 21 Barletta, Viareggio 15 Ascoli (-4) 13 Paganese
12 Nocerina (-2)
Rossonero, un colore
che sembrano due
di LUCA BOTTURA
FULL METAL CARLO «Pazzini mastica filo spinato!
Mastica filo spinato!» (Carlo Pellegatti, Premium)
CHE SONO POI DUE «Partita monocromatica! Un solo
colore: il rossonero!» (Pellegatti, idem)
L’ISOLA CHE NON C’E’ «È un tiro al bersaglio: sembra
di essere a Long Island… no, a Disneyland» (Pellegatti,
ibidem)
BRITISH HUMOUR «Paddy Power, quando il gioco si
fa duro» (slogan della nuova campagna con Rocco Siffredi, Sky)
PER UN VELO Comunicato Fifa: «Non solo le giocatrici
islamiche potranno giocare col velo, ma è meglio se se
lo mette pure Nainggolan così non si vede quella specie
di partita a tris che ha sulla testa».
SCHERZI DEL CASSIUS Dopo il montante rifilato a
Icardi, svolta religiosa di De Rossi. Diventa anche lui
musulmano e prenderà il nome di Mohammed Ali.
ANGOLO FAIR PLAY «Queste cose qua non si possono
più fare adesso, le facevamo noi negli anni 80, adesso
se non vuoi farlo partire gli schiacci il piede o altre situazioni». «Sì ma non dai il cazzotto!» (Bergomi e Panucci
sul pugno di Juan Jesus a Romagnoli, Roma-Inter, Sky)
FRUTTO LIBERO «Il mio lavoro finalmente sta avendo
dei frutti che sto lavorando da due anni» (Ciro Immobile, «Benedetta Domenica», Sky)
IL MAREK D’INVERNO Continua il parapiglia sulle foto
di Hamsik vestito da donna a una festa di carnevale:
Giovanardi ha invitato il Vaticano a scomunicare il Napoli.
NON CI SONO PIÙ LE MEZZE MISURE «Amauri dal limite, una conclusione che passa non di molto altissima» (Lucio Rizzica, Sassuolo-Parma, «Sky Diretta
Gol»)
PINK DIFFERENT Apple specifica che il nuovo software per la Ferrari non sarà per la vettura, ma per Paola. Si
chiametà I-vistocheluci? (chiedo scusa a Paoletta, che
si arrabbia sempre: si gioca)
BELLI DENTRO Una curiosità, quando è stato chiesto
a Donadel del Verona e Christodoloupolos del Bologna
cosa pensassero della Grande Bellezza hanno risposto:
«La grande che cosa?».
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40 Sport
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
A 100 giorni dal Mondiale Il c.t. fa valere il codice etico: è la quarta volta
Prandelli ferma De Rossi
dopo il pugno a Icardi
Niente amichevole
Cesare Prandelli e Daniele De Rossi
(Epa)
Il romanista resta a casa per la sfida con la Spagna
La reazione del club
Pugno De Rossi colpisce Icardi con un pugno durante Roma-Inter (Sky)
I giallorossi infuriati:
con questa decisione
si influenza il giudice
ROMA — Il pareggio del Napoli a Livorno ha fatto
sorridere la Roma, l’esclusione di Daniele De Rossi dalle
convocazioni azzurre l’ha fatta infuriare. A tutti i livelli: tra
i tifosi la percentuale di gradimento di Prandelli è pari a
quella di Angela Merkel in Grecia, tra i dirigenti c’è la
volontà fortissima di difendere il giocatore in tutti i modi.
Ieri si era sparsa la voce di un comunicato ufficiale della
società, poi si è preferito aspettare perché da parte della
Federcalcio non è stata usato ufficialmente il concetto di
«codice etico» per la mancata convocazione. Se oggi
Prandelli lo farà, con parole sue, la Roma risponderà. La
comunicazione a De Rossi non è arrivata direttamente dal
commissario tecnico, ma dal segretario della Federcalcio,
Mauro Vladovich. Il Giudice sportivo renderà pubbliche
soltanto oggi pomeriggio le sue decisioni e, secondo i
legali giallorossi, De Rossi non dovrebbe essere
squalificato perché il suo intervento non avrebbe
caratteristiche di «violenza», tanto che Icardi ha
continuato nell’azione e poi non si è rivolto all’arbitro per
protestare. Una tesi che non è considerata dalla giustizia
sportiva un’esimente. Ugualmente, però, la non
convocazione in nazionale è vista come una sentenza già
scritta e un’ingerenza sul lavoro del giudice sportivo.
Se De Rossi sarà squalificato attraverso la prova tv (sono
previste tre giornate di stop) la Roma farà ricorso avverso
alla sentenza, a differenza
di quanto accaduto in
La difesa della società
passato sotto la gestioneBaldini. De Rossi è
I legali: il giocatore
non va squalificato perché incappato nel «codice
etico» per tre volte: l’8
l’intervento non aveva
marzo 2011 (gomitata a
caratteristiche di violenza Srna in Shakhtar
Donetsk-Roma di
Champions League,
squalificato con prova tv), il 1 maggio 2011 (gomitata a
Bentivoglio in Bari-Roma, espulso) e l’11 novembre 2012
(pugno a Mauri in Lazio-Roma). A Roma fanno notare che
in altri casi (Chiellini, Candreva che ha colpito Torosidis
nell’ultimo derby) non è scattato né il codice etico né la
prova televisiva. In un momento di grande conflittualità,
la Roma aspetta oggi il giudice sportivo, domani la Giunta
Coni e mercoledì il Consiglio nazionale del Coni. L’Alta
Corte, rigettando il ricorso giallorosso contro la chiusura
delle due curve e dei Distinti sud per la partita contro
l’Inter, ha comunque aperto uno spiraglio per la
discussione sulla norma dei «cori di discriminazione
territoriale», rimandando un’eventuale approfondimento
alla Federcalcio, proprio attraverso il Coni. Difficile dire se
ci potranno essere sviluppi entro la fine di questo
campionato, quello che è certo è che nella prossima
stagione la norma sarà riscritta. Napoli-Roma si avvicina
a grandi passi: sarà il posticipo della prossima giornata,
con le due squadre ancora divise da 6 punti (e la Roma
deve recuperare, il 2 aprile, la partita contro il Parma) e in
lotta per il secondo posto che qualifica direttamente alla
fase a gironi della Champions League. Un incrocio da
brividi.
Luca Valdiserri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Domani mancheranno cento giorni al Mondiale e giovedì
cento all’esordio dell’Italia a
Manaus contro l’Inghilterra.
Nel mezzo, cioè mercoledì, gli
azzurri giocheranno contro la
Spagna l’ultima partita, o meglio l’unica del 2014, prima
che Prandelli possa radunare
il gruppo dei convocati a Coverciano alla fine del campionato. Ma il giorno delle convocazioni è stato polarizzato dal
caso De Rossi. Daniele, dopo il
pugno rifilato a Icardi, durante
Roma-Inter, è stato escluso
dall’elenco dei convocati. Il
codice etico lo ha fermato ancora ed è la quarta volta. Il centrocampista non l’avrebbe
presa bene. La Roma è furiosa
perché il c.t. ha anticipato il
giudice sportivo e la questione
avvelenerà questi tre giorni di
lavoro. Ma la situazione della
nazionale non è buona in senso assoluto. Prandelli vive
giorni agitati e la storia del suo
futuro, ancora da definire ma
chiaro entro fine mese, c’entra
zero. A preoccupare l’allenatore azzurro è l’allestimento della squadra che gli si sta sbriciolando tra le mani: l’attacco
è quasi a zero, in difesa uno
dietro l’altro stanno fallendo
quasi tutti i rincalzi dei titolari
e un po’ dappertutto elementi
affidabili del gruppo hanno
perso posizioni nei rispettivi
club. Oggi più che mai ci può
salvare il gioco più che i giocatori. Vediamo a che punto siamo a meno di ottanta giorni
dalle convocazioni del gruppo
allargato che si radunerà a Coverciano per la preparazione
alla spedizione brasiliana.
Portieri.
Buffon, a volte criticato, è il
capitano, l’anima e il punto di
riferimento della squadra. Intoccabile. Ma nessuno dei suoi
eredi fa stare sereno Prandelli:
Sirigu, che sta vincendo il
campionato con il Psg, ha scavalcato Marchetti. Il portiere
della Lazio, bocciato dopo la
partita con l’Armenia, non sarà chiamato neppure come
terzo. Tornerà De Sanctis, altrimenti occhio ai giovani: soprattutto Perin del Genoa (nei
convocati per la Spagna ed è la
prima volta) e Scuffet dell’Udinese.
Verso il Brasile
Questo il cammino degli
azzurri verso il Mondiale
che prendera il via
tra 100 giorni
Oggi
entro le 12 raduno alla
Malpensa dei convocati.
Nel pomeriggio
partenza per Madrid
5 marzo
ore 22: Spagna-Italia,
stadio Vicente Calderon
10-12 marzo
Raduno alla Borghesiana
di un gruppo di giocatori
delle squadre non
impegnate nelle coppe
europee che Prandelli
vuole valutare
in vista del Mondiale
15-16 aprile
Raduno a Coverciano
per i test medico-atletici
12 maggio
lista (non vincolante)
dei 30 azzurri
da consegnare alla Fifa
19 maggio
lista allargata
dei convocati
per il Mondiale
25 maggio
raduno a Coverciano
per l’inizio
della preparazione
29 maggio
amichevole
(probabilmente a Londra)
con l’Irlanda del Nord
2 giugno
lista definitiva
dei 23 per il Mondiale
4 giugno
amichevole
(forse a Verona)
con il Lussemburgo
5 giugno
partenza da Roma
per il Brasile
6 giugno
inizio del ritiro brasiliano
a Mangaratiba
10 giugno
amichevole di allenamento
contro una squadra
brasiliana
14 giugno
esordio Mondiale
a Manaus (ore 24 italiane)
contro l’Inghilterra
Difensori
L’acciaccato Barzagli, Bo-
nucci e Chiellini non si toccano: formano sia la difesa della
Juve, sia quella della nazionale. Dietro, però, regna l’incertezza: Ogbonna non cresce e
gioca poco, Ranocchia è stato
estromesso da Mazzarri dopo
mesi poco convincenti all’Inter e adesso è un panchinaro
fisso, Astori ha sprecato la sua
occasione in nazionale (a Napoli contro l’Armenia) anche
se fa ancora parte del gruppo.
Ecco perché contro la Spagna
è stato convocato l’oriundo
Paletta, leader della difesa di
ferro del Parma. La situazione
non è migliore sulle fasce: Balzaretti è infortunato, Pasqual
ha deluso Prandelli, lo stesso
Criscito non sta brillando nello Zenit. Maggio e De Sciglio
hanno chances altissime, Abate solo se giocherà con continuità. Sotto osservazione Antonelli, De Silvestri e soprattutto Darmian, che dovrebbero essere convocati la
prossima settimana allo stage
in programma alla Borghesiana.
Centrocampo
De Rossi, nonostante
l’esclusione contro la Spagna,
è intoccabile. Come Pirlo e come Montolivo e Marchisio, anche se il capitano rossonero
non ha un ruolo preciso nel 42-3-1 di Seedorf e lo juventino
non è più titolare nella Juventus. Anche Candreva è sicuro
di un posto, al pari di Thiago
Motta, protagonista di una ec-
cellente stagione a Parigi. Crescono le possibilità di Parolo e
Verratti (tornato in nazionale
per l’amichevole con la Spagna), in ribasso Aquilani, Giaccherini e Diamanti che è andato in Cina e adesso non è più
sotto la stretta osservazione
dei tecnici federali.
26 i convocati per l’amichevole
Questi i 26 convocati per la partita amichevole con la Spagna,
in programma mercoledì prossimo alle 22 a Madrid.
Due i giocatori alla prima convocazione: Ciro Immobile e Gabriel Paletta
Portieri
Gianluigi Buffon (Juventus) Mattia Perin (Genoa)
Salvatore Sirigu (Paris Saint Germain)
Difensori
Ignazio Abate (Milan) Davide Astori (Cagliari) Andrea Barzagli
(Juventus) Leonardo Bonucci (Juventus) Giorgio Chiellini (Juventus)
Domenico Criscito (Zenit San Pietroburgo) Mattia De Sciglio (Milan)
Christian Maggio (Napoli) Gabriel Paletta (Parma)
Centrocampisti
Antonio Candreva (Lazio) Emanuele Giaccherini (Sunderland)
Claudio Marchisio (Juventus) Riccardo Montolivo (Milan)
Thiago Motta (Paris Saint Germain) Marco Parolo (Parma)
Andrea Pirlo (Juventus) Marco Verratti (Paris Saint Germain)
Attaccanti
Alessio Cerci (Torino) Mattia Destro (Roma)
Alberto Gilardino (Genoa) Ciro Immobile (Torino)
Lorenzo Insigne (Napoli) Pablo Daniel Osvaldo (Juventus)
Facce nuove Giovani in lotta per un posto in Brasile
Non c’è solo Diego Costa
Speranze e scommesse
nell’ultima chiamata dei c.t.
Il pacco a sorpresa più ingombrante ce
lo troviamo noi, nel bel mezzo dell’area di
rigore, già pronto anzi prontissimo a
conquistare il suo nuovo Paese: Diego
Costa dell’Atletico Madrid ha stracciato il
passaporto brasiliano e dopo aver esordito contro l’Italia a Ginevra meno di un
anno fa ci riprova con la Spagna di Del
Bosque. Il killer del Milan nell’andata degli ottavi di Champions è la novità più intrigante, ma l’ultima chiamata delle nazionali prima delle convocazioni per il
Mondiale è affollata di facce nuove, in
maggioranza sbarbate, perché mettere in
valigia un po’ di futuro potrebbe rivelarsi
utile.
Soprattutto se il presente è fatto di 15
gol nella Liga: Antoine Griezmann della
Real Sociedad (23 anni) è un altro debuttante molto atteso, nella Francia di Deschamps, che ha convocato per la prima
volta anche Lucas Digne, difensore del
Psg. L’atterraggio di Griezmann sulla pista dei Bleus era atteso, a dir poco. Antoine, che si è formato in Spagna dove è arrivato a 14 anni, era una delle stelline incandescenti dell’Under 21, in campo e
anche sulla pista da ballo: per una fuga in
discoteca con alcuni compagni (tra cui
l’ex milanista Niang) il giocatore è stato
squalificato per 13 mesi da tutte le nazionali. Appena l’esilio è terminato, Deschamps ha chiamato questo esterno
mancino rapido e incisivo. Joachim Low
e Louis Van Gaal allenano in due Paesi,
Germania e Olanda, in cui la cura dei giovani è particolare. E non è quindi un caso
che per le gare di questa settimana (contro Cile e Francia) abbiano entrambi
chiamato 4 debuttanti. I tedeschi scopriranno così l’esistenza del difensore sampdoriano Shkodran Mustafi (21 anni) e
potranno testare la consistenza della gioventù emergente in Bundesliga: Pierre
Michel Lassoga (22) attaccante dell’Amburgo, Mathias Ginter (20), difensore del
Friburgo e di Andrè Hahn (23) centrocampista dell’Augsburg. Low comunque
non fa promesse: «È un’occasione per vedere facce nuove e considerare opzioni
differenti in caso d’emergenza».
Van Gaal invece è più possibilista: «Voglio vedere quelli nuovi all’opera, per capire chi portare in Brasile». I debuttanti
sono Jean Paul Boetius, attaccante
20enne del Feyenoord, Quincy Promes
(22), ala destra del Twente, Davy Klassen
(21) centrocampista offensivo dell’Ajax e
il difensore del Psv, Karim Rekik (19), già
chiamato in precedenza ma fermato da
un infortunio al momento del dunque.
Roy Hodgson, primo avversario dell’Italia, punta forte su Luke Shaw, 18enne
terzino sinistro del Southampton: «Un
brillante talento — dice il c.t. — tutti
quelli che lo hanno visto non possono
negare che si meriti la chiamata». Guadagnarsi il Brasile, sarà più difficile. Ma le
Sport 41
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
A Belo Horizonte
F1 Conclusi i test invernali. Una curva di Sakhir intitolata a Schumacher
In pista la Formula guasti
Anche la Mercedes soffre
VOLLEY
Piacenza tiene botta
Alonso: «Non siamo dove vorremmo essere»
Vola il tetto
del Mineirão
E il governo
tappa i buchi
Attaccanti
È il reparto che desta maggiori preoccupazioni. Del Bosque, per la sfida agli azzurri, si
è permesso il lusso di lasciare
fuori Torres, Llorente, Mata e
Villa che da noi sarebbero titolari sicuri. Prandelli è alle prese
con la crisi e l’emergenza. Balotelli, fuori con il Milan, non è
stato convocato per la Spagna. E
Giuseppe Rossi più che un progetto, al momento, è solo una
speranza. Così come è una speranza che Osvaldo possa ritrovare se stesso alla Juve. Intanto
Prandelli lo ha chiamato, insieme ai giovani Destro (un ritorno), Immobile (una novità)e
Insigne (una conferma). Berardi, dopo aver segnato 4 gol al
Milan, è sprofondato insieme al
Sassuolo e ieri si è fatto espellere dopo un minuto per una
brutta manata a Molinaro. Gilardino non molla, ma occhio a
Pazzini. I grandi vecchi, per il
momento, restano in sospeso:
vale per Totti, così come per Toni e Di Natale. Tra due mesi, si
vedrà anche se è difficile che siano chiamati. Cassano invece è
fuori: ora e anche a maggio.
RIO DE JANEIRO — (r.co.)
L’ultimo pasticcio è successo
sabato a Belo Horizonte, poco
prima di una partita di
campionato: due pezzi della
copertura dello stadio sono
volati via per il vento, finendo
in campo. Il prato si è
inzuppato e l’incontro è
iniziato con un’ora di ritardo. E
pensare che il Mineirão era
uno dei pochi stadi brasiliani
dove finora era filato tutto
liscio: consegnato in tempo, un
anno fa, ha funzionato bene
anche nella Confederations
Cup. Niente di grave,
assicurano da Belo Horizonte,
le lastre saranno rimesse a
posto in pochi giorni. Ma a 100
giorni dal calcio di inizio è
un’altra tegola — è il caso di
dire — che cade sulla testa
dell’organizzazione. La Fifa
aveva smesso di sgolarsi contro
i brasiliani qualche settimana
fa, quando aveva minacciato di
escludere Curitiba dal
Mondiale. Lo stadio di quella
città era praticamente
paralizzato per mancanza di
fondi: è dovuto intervenire il
governo di Brasilia. È quello
che è successo un po’ ovunque.
Se la promessa, fatta anni fa, di
costruire tutto con soldi privati
fosse stata mantenuta, il
Mondiale non si sarebbe mai
giocato. Prestiti e
finanziamenti pubblici a fondo
perduto hanno tappato i buchi
nella costruzione degli stadi, e
ne hanno fatto le spese altri
investimenti promessi per il
torneo, dai trasporti pubblici
agli aeroporti: quasi tutti gli
scali saranno ultimati solo
quando i Mondiali saranno un
ricordo. A Curitiba, per evitare
l’ignominia dell’esclusione, i
soldi per finire lo stadio sono
stati addirittura tolti alla
costruzione di scuole promesse
da tempo. Tutta benzina per il
malcontento popolare, che
potrebbe riesplodere nei giorni
della «Copa» e che non fa
dormire di notte il governo di
Brasilia, in un anno di elezioni
presidenziali.
Alessandro Bocci
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SuperG a Jansrud
Otto bandiere rosse, otto interruzioni per cause tecniche soltanto
ieri, nell’ultima giornata delle prove invernali in Bahrein sul circuito
di Sakhir, che ha intitolato la curva
numero 1 a Michael Schumacher.
In teoria, l’affidabilità avrebbe
ormai dovuto essere a posto. Invece
questa F1 che va in pista fra meno
di due settimane non dà garanzie a
nessuno. Come ha detto l’ingegnere di un team, «per far funzionare
in armonia le nuove unità motrici,
col sei cilindri più due motori elettrici, ci vorrebbe Von Karajan».
Il guasto è sempre dietro l’angolo e neppure la MercedesGp di Ha-
Hamilton primo
Le Frecce d’argento
in vetta con Hamilton.
Poi Bottas (Williams)
e la Ferrari dello spagnolo
milton e Rosberg, probabilmente il
team più preparato in questo momento, ne è esente. Ieri Hamilton
ha perso la mattina per problemi al
cambio a 8 marce. Poi, nel finale, ha
montato gomme soft usate e ha realizzato la migliore prestazione
della giornata: 1’33”278, appena
due centesimi peggio del record di
questi test, fatto segnare sabato da
Massa con la Williams-Mercedes.
Non è certo un caso se i motori tedeschi sono stati regolarmente davanti nella lista cronometrica. Un
po’ è la filosofia del presidente Niki
Lauda («se non vai al limite non
impari niente») che porta le squadre equipaggiate con questi propulsori ad avvicinarsi di più al regime consentito di 15mila giri. Ma
c’è pure un indiscusso vantaggio
prestazionale, anche se forse non
siamo ai 75 cavalli in più rispetto
alla concorrenza riportati da alcune
voci.
La domanda è: conterà davvero,
nel 2014, la prestazione assoluta?
Ieri, ma con le supersoft, la Ferrari
di Fernando Alonso si è fermata a
un secondo di distanza da Hamilton (1’34”280) dopo essersi anche
arrestata in pista: 74 giri e terza
prestazione, dietro anche alla Wil-
Incertezza
La stagione della F1
parte all’insegna delle
incertezze e dei guasti
tecnici: nemmeno la
Mercedes ne è esente
(LaPresse)
La grande confusione
Seguire i Gran premi
diventerà un’impresa
A
fine rodaggio abbiamo capito che, di questa F1, non
capiamo, non capiremo un tubo. Come
interagiscono il motore con il turbo; il turbo con un
motore che recupera i gas di scarico chiamato MGU-H, con
un altro motore che si chiama, MGU-K che recupera energia
cinetica, a sua volta connessi a una batteria di stoccaggio
energia, e ad un inedito sistema di trazione? Solo l’elenco
— molto semplificato — genera mal di testa. Persino ai
tecnici, impegnati a comprendere cosa diavolo è successo
ogni volta che una macchina va in tilt, viste le centraline,
circa 30, dati i chilometri di cavi a bordo. È una rivoluzione
utile, si spera: meno inquinamento, meno rumore. Ma
intanto, è un rebus. Un solo elemento a favore: sono
scomparse parole tipo «gomme» e «aerodinamica»,
inflazionate sino a ieri. Anzi, proprio queste complicazioni
relative al Power Unit (parlare di semplice «motore» non
ha più senso) hanno forse permesso a squadre meno
attrezzate in termini di flussi e diffusori, di far bene sin
qui, dalla Williams alla Force India. Non si capisce e non si
capirà chi e come, in gara, sta usando la benzina, quanta
ne ha consumata al giro 37 o 52, visto che 100 litri non
basteranno ad arrivare in fondo; come entra in gioco
l’energia elettrica, capace di fornire un plus di 160 cavalli.
Si correrà al risparmio, cercando di arrivare in fondo nelle
prime tappe e non a caso la Red Bull, nei guai ora, gode
pensando ai doppi punti assegnati nell’ultimo Gp, colpo di
fortuna nella prima stagione rognata al via. Comunque, per
chi guarda, nebbia fitta. L’ha compreso subito Ecclestone,
che vorrebbe aiutare il pubblico tv fornendo in grafica
informazioni adeguate. Un’utopia, per ora, visto che i team
non mostrano mai le proprie carte. Ora non lo farebbero
nemmeno sotto tortura.
Giorgio Terruzzi
liams, stavolta affidata a Bottas. Significa che la F14 T è inferiore ai team Mercedes? O che a Maranello
stanno svolgendo un lavoro diverso? Ieri Alonso ha ammesso: «Stiamo imparando molte cose di queste unità motrici, ma non siamo
ancora dove dobbiamo essere».
Stefano Domenicali aggiunge: «Le
Mercedes e le Williams sono leggermente davanti a noi. Hanno fatto più chilometri, sono meglio preparate e più veloci». Anche la Ferrari, fra l’altro, ha dovuto sostituire
la trasmissione, che è un punto debole di tutte queste monoposto a
causa delle forti sollecitazioni che
la coppia motrice «ibrida» trasmette a ogni accelerazione. In
Bahrein, però, la Rossa è stata spesso molto veloce in rettilineo: 336
Km/h, 22 più dell’anno scorso. Se
non sono i cavalli motore, significa
che la resistenza aerodinamica è
stata ridotta al minimo. E questo è
un vantaggio per la «formula consumi»: a Melbourne, tante monoposto arriveranno (forse) al traguardo con i vapori della benzina
nel serbatoio.
In ogni caso, se come prestazioni la Ferrari non uguaglia i team
Mercedes nei tempi sul giro, di certo non sfigura davanti alla Red Bull
e ai team motorizzati Lotus. «Per
adesso non va bene per niente», si
sfoga Vettel. Eppure la RB10 riscuote l’ammirazione degli avversari: «È velocissima in curva», dicono alla Mercedes. Il problema è
che di curve ne fa poche, prima di
fermarsi. E quando gira, non può
spingere a fondo. Ieri, in 77 giri, Sebastian è rimasto a oltre 4 secondi
(1’37”468). Se non sono le batterie
— autocostruite — è il turbo, o più
spesso il motore elettrico. Ieri persino un disco freno. In Australia il
team quattro volte iridato dovrà faticare.
a.a.
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Milano soffre ma vince con Venezia
Da sinistra, Diego Costa,
25 anni, ha scelto la
Spagna; i talenti francesi
Antoine Griezmann (23)
e Lucas Digne (20) e il
sampdoriano Shkodran
Mustafi (21), convocato
dalla Germania
(Afp, Ansa)
scelte sono ancora aperte, come dimostra
la sfida laboratorio Portogallo-Camerun.
Paulo Bento ha richiamato ben 5 giocatori che non hanno partecipato alle qualificazioni (tra cui l’interista Rolando) assieme a 2 novità assolute: il 19enne Ivan Cavaleiro, attaccante del Benfica e Rafa (20),
centrocampista del Braga. Tra gli africani,
il c.t. Finke ha convocato a sorpresa due
18enni: il difensore centrale Macky Bagnack e l’attaccante Jean Marie Dongou
Tsafack. Segni particolari? Sono arrivati
al Barcellona (dove giocano nella squadra
B) a 12 anni, attraverso l’accademia-fondazione di Samuel Eto’o.
Paolo Tomaselli
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Serie A1 maschile di volley, 8a
di ritorno, continua la marcia
della coppia al comando:
Trentino-Vibo Valentia 3-1,
Macerata-Verona 3-0,
Molfetta-Piacenza 1-3,
Perugia-Ravenna 3-0, CuneoCittà di Castello 3-0; 11/3, ore
20.30: Modena-Latina.
Classifica: Macerata 52;
Piacenza 51; Perugia 42;
Trentino 36; Cuneo 29; Città
di Castello, Verona e Modena
25; Ravenna 20; Vibo Valentia
19; Molfetta e Latina 15.
Modena, Ravenna, Molfetta e
Latina hanno disputato una
partita in meno.
SCI
Basket Decimo successo consecutivo per la capolista. Ok Brindisi, Cantù e Siena
Talenti
Fotofinish
Milano, alla decima vittoria
consecutiva in campionato, naviga ancora sola dopo aver affondatoil vascello pirata della
Reyer Venezia, che ha portato
insidie nel porto inviolato del
Forum. Nel regno della forza,
tutto e solo il cuore di Daniel
Hacket, trascinatore del primo
pareggio Armani dopo 20’ (4444), ha spezzato la tela del ragno
tessuta dall’ex Luca Vitali (Milano è stata sotto anche di 13: 2134). Poi Melli e Gentile hanno
spaccato la partita lanciando
l’EA7 fino al +15 (70-55). Sembrava una partita della nazionale: di fronte ai tre alfieri milanesi, sul fronte lagunare si battevano come leoni, oltre a Vitali,
Rosselli e Magro, valorosi riservisti azzurri. Milano, ormai, ha
soltanto il problema delle rica-
Leader
Daniel Hackett, 19
punti contro Venezia
(Ipp)
dute, che anche ieri hanno tenuto in corsa l’avversario: 82-78 a
1’30’’ dalla fine, prima che un siluro di Hackett risolvesse.
Hanno vinto tutte le prime in
classifica. Qualcuna troppo facilmente, come Brindisi che
contro Varese ha spiegato ad urbi, e soprattutto agli orbi, che il
difetto della Cimberio non era
nella conduzione dell’esonerato
Frates. Altre, invece, si sono imposte con grande dignità. Come
Siena, passata a Montegranaro,
nel «derby dei morti viventi» tra
due società condannate fuori
dal campo dagli apprendisti
stregoni dei bilanci. Non si sa se
a giugno la Mens Sana ci sarà
ancora; ma di certo nei playoff la
vedremo.
Werther Pedrazzi
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21ª giornata
Bologna-Roma
Montegranaro-Siena
Brindisi-Varese
Pistoia-Reggio Emilia
Milano-Venezia
Cantù-Cremona
Sassari-Pesaro
Caserta-Avellino
Classifica
Milano
Brindisi
Cantù
Siena
Roma
Sassari
Reggio E.
Caserta
85-89
50-78
96-70
72-66
91-82
87-72
102-78
76-57
32 Avellino
20
30 Venezia
18
30 Pistoia
18
28 Varese
16
26 Bologna
16
26 Cremona
14
20 Montegranaro12
20 Pesaro
10
Oro olimpico nella specialità,
Jansrud (Nor) fa suo il superG
di Kvitfjell su Kueng (Svi) e
Mayer (Aut). Svindal (Nor),
quarto, rivince la coppa di
superG e va a + 38 su Hirscher
(Aut) nella coppa generale.
Azzurri ancora sotto tono, ma
si rivede Marsaglia (10°).
Discesa donne a Crans
Montana: doppietta austriaca
Fischbacher-Fenninger; terza
la Maze (Merighetti 12a)
FONDO — Nella 10 km t.l. di
Lahti, successo numero 65
della Bjoergen (Nor); è
norvegese anche la 15 km t.l.
maschile: vince Sundby(Nor).
SALTO
Insam sul podio
Evelyn Insam conferma lo
stato di forma sottolineato
dal quinto posto
all’Olimpiade di Sochi e sale
per la seconda volta in
carriera sul podio della
Coppa di salto. La 20enne di
Selva Val Gardena si è
piazzata terza a Rasnov, in
Romania, nella gara vinta
(12a volta in 17 prove) dalla
giapponese Sara Takanashi.
CICLISMO — Finetto,
Colbrelli, Ulissi: podio tutto
tricolore al Gran Premio di
Lugano. Mondiali donne a
Calì (Colombia): Bronzini 7a
nella corsa a punti.
TENNIS
Lorenzi finisce k.o.
Poca fortuna per Paolo
Lorenzi, sconfitto nella finale
del torneo di San Paolo (terra
battuta al coperto, 474 mila
dollari di montepremi)
dall’argentino Federico
Delbonis, in tre set: 4-6, 6-3,
6-4. Per Lorenzi, romano
trapiantato a Siena, 32 anni,
49esimo come miglior
ranking (marzo 2013), oggi
numero 114 del mondo, si
trattava della prima finale
Atp in carriera. Ad Acapulco,
titolo al bulgaro Gregor
Dimitrov: 7-6, 3-6, 7-6 al
sudafricano Anderson.
SCHERMA
Baldini va a segno
L’Italia del fioretto fa tris a
San Pietroburgo. Dopo l’1-2
Errigo-Di Francisca tra le
donne e dopo il successo
nella prova a squadre
femminile, ecco il primo
posto di Andrea Baldini
nell’individuale maschile:
il toscano ha superato il
francese Lefort (15-12), che
in semifinale aveva battuto
Aspromonte, giunto così
terzo. Nella sciabola
femminile (a Bolzano), gara
a squadre alla Russia e Italia
seconda. Le spadiste, invece,
sono quarte a Saint Maur.
42
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
CorriereMotori
Tendenze
Un segmento
di mercato, in
continua crescita
in tutta l’Europa,
protagonista
dell’esposizione
internazionale
svizzera che
apre giovedì
Lexus CT 200h, l’ibrida
che fa 26 km al litro
e ha un prezzo «normale»
La Fiat Panda Cross (arriverà
in autunno) è un piccolo suv:
di serie ha la trazione integrale e il blocco elettronico del
differenziale. Motori 1.3 Multijet II da 80 cv e 0.9 Twinair
Turbo da 90 cv con cambio a
6 marce. Rispetto alla 4x4,
monta pneumatici maggiorati
(185/65R15 All Seasons) ed
è un po’ più alta da terra
La Mini Clubman Concept è 26 cm più lunga e 17 più larga dell’attuale. Di nuovo c’è anche la pratica configurazione a quattro porte,
anziché a tre. Confermato, dietro, il portellone a doppio battente
Citycar
show
GINEVRA — Com’è lontana
Ginevra. Quella delle Bentley
cabrio con i sedili in pelle chiara, pronte a scivolare, nel giro
di poche ore, dai riflettori di
uno stand alle passerelle di
Montecarlo o Saint Tropez. Dal
6 al 16 marzo, l’edizione numero 84 del Salone di Ginevra
proverà a raccontare un’altra
storia, quella delle city car. Facendolo però a modo suo, in
versione patinata. D’altronde
in Svizzera non va in scena la
vecchia dura e cruda utilitaria,
ma una «piccola» con pochi
compromessi.
Prendiamo la nuova Renault
Twingo. La differenza con il
passato è nel prologo: la prima
generazione (1992) nacque dopo il rifiuto di Volkswagen di
farne il progetto comune di
un’auto popolare. Quella di Ginevra nasce dall’alleanza con
Mercedes, che quell’immagine
popolare non l’ha mai avuta: la
piattaforma (a trazione poste-
Il Salone di Ginevra
battezza la nuova
Twingo e le sue rivali,
dalla 108 alla C1
riore) della Twingo sarà condivisa con la prossima Smart Forfour. Una francese con la Stella.
Chissà cosa dirà il designer Patrick le Quément, che per la
prima Twingo aveva puntato
su praticità ed essenzialità:
non è allora forse un caso che,
nome a parte, quella di Ginevra
sia piuttosto la riedizione della
R5. Con la tecnologia di oggi:
fari a led, connettività per
smartphone e tablet, app dei
principali social media e motori a 3 cilindri turbo benzina,
sportivi anche ai bassi regimi,
parsimoniosi e attenti all’ambiente.
Punterà verso l’alto anche la
nuova Peugeot 108, di fatto
una 107 più uno, dove quell’uno è lo stile personalizzabile:
tetto e capote in tela (novità) in
colori a contrasto con la carrozzeria, adesivi, particolari interni ed esterni... Anche per lei un
3 cilindri benzina in due versioni: 1.0 da 68 cavalli (cambio
manuale o automatico) e 1.2 da
82. Le stesse caratteristiche
della 108 si ritroveranno sulle
«sorelle» Citroën C1 e Toyota
Aygo: la differenza tra le tre, in
particolare per Aygo, sarà però
più netta rispetto al passato.
Le rivali non stanno alla finestra. D’altronde il mercato
delle citycar in Europa vale oltre 1,1 milioni di unità ed è destinato a crescere da qui al
2016. Difficile starne fuori, anche se da soli è dura far quadrare i conti. Ci prova la Suzuki
Celerio, che potrà contare sulle
economie di scala generate da
mercati emergenti come l’India. Ballano invece da sole Fiat
e Opel, che quei numeri li devono intercettare moltiplican-
Vendite in aumento
Il mercato delle auto
cittadine nella Ue vale
oltre 1,1 milioni di unità
l’anno. Ed è in crescita
do le versioni. Magari andando
a cercare pubblico nel segmento dei crossover con le novità di
Panda Cross e Opel Adam
Rocks. Non ha problemi il
gruppo Volkswagen, che la
condivisione dei costi per la
produzione di piccole può giocarla in casa: se per la up! non
ci saranno novità, Seat Mii e
Skoda Citigo si presenteranno
in due versioni speciali, la
Mango e la Montecarlo.
Spostando l’asticella sopra i
4 metri, all’offensiva ginevrina
delle citycar partecipa anche
l’industria dell’alto di gamma.
La Mini ha già il timbro sul
passaporto dai Saloni più lontani, Los Angeles e Tokyo, ma a
Ginevra si presenta per la prima volta nella versione Clubman: intatti la linea da wagon e
il portellone posteriore a doppio battente, con l’innovazione
delle quattro porte. I passeggeri posteriori ringraziano. Può
considerarsi cittadina, nono-
Twingo, ispiia», ecco la nuova Renault
Vent’anni dopo la «ranocch
(stesso piae sviluppata con Mercedes
posteriori
rata sia a quella sia alla R5
ne
5 porte, con motore e trazio
nale della nuova Smart):
Prova Honda è l’unico costruttore a proporlo, per ora. È di serie sulla recente NC750X, un enduro stradale facile, pratico e parsimonioso
Il cambio a doppia frizione si fa largo anche tra le moto
ATENE — L’unica soluzione
intelligente che i costruttori di
moto non «ruberanno» mai a
quelli di auto sono le quattro
ruote. Per il resto, dal mondo
dell’auto si assiste ad un continuo travaso di soluzioni e
tecnologie. È il caso di Honda,
che ha presentato il terzo aggiornamento del suo cambio a
doppia frizione. Si chiama Dct
(dual clutch transmission) e
funziona come il cambio automatico a doppia frizione che
molte case automobilistiche
usano da anni: ci sono due alberi che comandano uno i
rapporti pari e l’altro quelli dispari ed ognuno di questi è
gestito da una frizione. I vantaggi del cambio manuale, più
quelli dell’automatico, senza i
difetti dell’uno e dell’altro:
cambiate più rapide, minori
consumi di carburante, minori costi di gestione e maggiore
confort. In cambio c’è solo un
po’ di peso in più: per il Dct
Honda parliamo di 10 kg.
Se nelle auto il cambio a
doppia frizione è ormai diffuso, per le moto il discorso
cambia: Honda è stata la prima casa ad adottarlo, tre anni
fa, riscontrando l’interesse dei
motociclisti. Tanto che almeno altri due costruttori europei starebbero lavorando per
proporlo.
Il Dct Honda si può usare in
modalità completamente automatica con due mappature
distinte, la più attenta ai consumi «Drive» o la più divertente «Sport». È una centralina a decidere quale sia il mo-
La scheda
MOTORE
bicilindrico parallelo,
745 cc, raffreddato
a liquido, 55 cv di
potenza a 6.250
giri/minuto.
Coppia massima:
68 Nm a 4.750
giri/minuto
PESO
203 kg
ALTEZZA SELLA
790 mm
SERBATOIO
14.1 litri
PREZZO
6.990 euro
(7.990 euro con Dct)
La Honda NC750X: il serbatoio (finto) può contenere un casco integrale
mento migliore per cambiare
rapporto e lo fa quasi senza
che il pilota se ne accorga. In
alternativa alla comoda funzione automatica c’è quella
manuale, con l’inserimento
dei rapporti tramite i pulsanti
«+» e «-» collocati sul manubrio. Non serve nemmeno
«chiudere il gas»: le marce entrano in un istante.
Il cambio a doppia frizione
è disponibile come optional
su sei modelli Honda, mentre
l’Integra (un ibrido moto-scooter) lo ha di serie. Lo abbiamo provato sulla NC750X,
l’aggiornamento della moto
risultata seconda nelle classifiche di vendita nel 2013 e prima (considerando insieme le
ultime NC700X vendute e la
nuova 750) a gennaio di que-
st’anno. Si tratta di una enduro stradale che costa relativamente poco (6.990 euro la base, con Abs di serie; 7.990 euro
con il Dct) e consuma moderatamente: la casa dichiara
28,9 litri/100 km nel ciclo misto e durante il nostro test abbiamo potuto raggiungere i
25 senza mai metterci alla ricerca di una guida parsimoniosa. Una moto «intelligente» (lo testimonia anche il vano di carico nel finto serbatoio, capace di ospitare un casco
integrale), ma con le carte in
regola per fare anche divertire. Merito della coppia sempre
sufficiente, della ciclistica che
nell’uso non esasperato si dimostra efficace e dell’ergonomia, migliorata grazie ad alcuni affinamenti sulla 750. Risultato: non ci si stanca nemmeno dopo alcune ore in
sella.
Stefano Marzola
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Motori 43
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
ROMA — Se fosse un tweet, avrebbe l’hashtag
#eccezione. La Lexus CT 200h (foto a destra) è l’unica
rivale delle tedesche nel segmento delle «compatte
premium». Una contro tutti. Tanto più che la giapponese è
anche l’unica ibrida della categoria: motore 1.8 a benzina
da 99 cavalli, abbinato a un elettrico da 60 kW. L’eccezione
continua con il cambio. Al doppia frizione delle rivali, la CT
200h risponde con il CVT, un automatico a variazione
continua (simile a quello di uno scooter): «Garantisce la
vibrazioni, come un’ammiraglia di categoria superiore.
L’eccezione è anche nel prezzo: un’ibrida che costa come
un’auto tradizionale. Da 22.900 euro. A parità di
equipaggiamento, «il 9% in meno rispetto alle rivali»,
affermano. Poi ci sono i vantaggi locali (da verificare con il
Comune di residenza): parcheggio gratis nelle strisce blu,
ingresso ibero in ZTL e 3 anni di esenzione dal bollo...
migliore efficienza del sistema ibrido», spiega Chika Kako,
ingegnere capo della CT 200h. I risultati sembrano darle
ragione: l’auto viaggia a 26 km/litro con emissioni di CO2
di 88 g/km (valori misurati con cerchi da 16”). Qualcosa si
perde in termini di sportività, ma «rispetto alla precedente
generazione il motore elettrico entra in azione più spesso,
dando più coppia e spinta ai regimi medio-bassi e un
comportamento più fluido», continua la Kako. Il punto di
forza della berlina è il confort: viaggia silenziosa e senza
a.m.t.
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Anniversari La produzione del modello, con sette posti, cominciò nel 1984
Trent’anni fa nasceva l’Espace
La rivoluzione francese in auto
Ma la grande monovolume ha un precedente italiano
Erede della 107, la Peugeot 108 è lunga 347 cm: proposta a 3 e 5 porte (nella foto, la bicolore), c’è anche nella
variante con un ampio tetto (76x80 cm) in tela ripiegabile
Gruppo Fiat-Chrysler
Ecco la Panda Cross
Debutta la nuova Jeep
si chiamerà Renegade?
stante i suoi 434 centimetri,
anche la Bmw Serie 2 ActiveTourer, sviluppata sul pianale
della nuova Mini con contenuti
tecnici finora incompatibili
con la tradizione dei tedeschi:
trazione anteriore e motore 3
cilindri (il 1.5 turbo benzina da
136 cv). Poco sopra i 4 metri è
anche la Citroën C4 Cactus.
Scendendo un po’, ecco la
Volkswagen Polo ristilizzata e
in quattro nuove versioni: le
due BlueMotion, entrambe 3
cilindri (1.0 TSI benzina da 95
cv e 1.2 TDI da 75), la BlueGT e
la Cross. Bisognerà invece attendere per la nuova Mazda 2,
anticipata dal concept Hazumi.
Tutte citycar che contendono la scena alle Ferrari California T, Lamborghini Huracàn e
McLaren 650s, ma per queste la
ribalta sarà ben più lunga dello
spazio di un Salone.
Alessandro Marchetti
Tricamo
GINEVRA — Fiat Chrysler, per la prima volta a Ginevra,
unite, un solo gruppo che mette sul tavolo una tavolozza di
modelli inediti (saranno smentiti tutti gli scettici?). Il più
atteso è il suv del segmento B della Jeep (si chiamerà Renegade?), costruito a Melfi, che verrà rivelato solo domani con
l’Alfa Romeo 4C spider. Il brand americano svela la variante
europea della Cherokee che dopo aver sbancato negli Stati
Uniti — da ottobre a gennaio ne state vendute circa unità
45mila — è commercializzata, dal secondo trimestre dell’anno, anche da noi. La sua vera chicca è un diesel 2.0 Multijet II
con 170 cavalli, abbinato – prima volta in assoluto – al cambio automatico a nove marce della ZF. Sarà disponibile con
trazione anteriore o integrale, in tre allestimenti Longitude,
Limited e Traihawk. Nello stand Fiat é esposta la 500 Cult,
versione lussuosa della city car, un Model Year 2014 che verrà
commercializzata prima dell’estate. Presente la Panda Cross,
una variante 4x4, la sua vera base progettuale, enfatizzata da
ganci di traino rossi, dal frontale inedito, con un paraurti
caratterizzato da un ampio pannello per proteggere le parti
meccaniche. Il sistema di trasmissione di tipo «Torque on
demand» si avvale di due differenziali e di un giunto controllato elettronicamente, una trazione integrale permanente,
gestita da una centralina elettronica che ripartisce la coppia
sui due assali, anteriore e posteriore, assecondando le condizioni di aderenza della strada. Due i motori, dotati di
Start&Stop, il 0.9 TwinAir Turbo, da 90 cavalli ed il diesel 1.3
Multijet II da 80 cavalli. Anche il grande crossover Freemont
è esposto in una versione Cross, paraurti, griglia anteriore,
cornici dei fari fendinebbia, minigonne e barre sul tetto, paraurti posteriori e cerchi in lega . Un 2.0 Multijet II da 140
cavalli, abbinato al cambio manuale a sei rapporti e trazione
anteriore ed un 2.0 Multijet II da 170 cavalli montato nella
versione 4x2 con cambio manuale ed in quella integrale abbinata ad un automatico a sei rapporti. Alfa Romeo lancia le
versioni Quadrifoglio Verde per la Giulietta e la MiTo, la prima in grigio Magnesio opaco, in tiratura limitata, su cui debutta l’inedito 1750 turbo benzina da 240 cavalli, con iniezione diretta e basamento in alluminio, cambio sei marce con
doppia frizione a secco.
Bianca Carretto
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MILANO — Al Salone di Torino
del 1978 i riflettori sono puntati
sulla Ritmo. La nuova Fiat offre una
linea molto personale e una serie di
contenuti sperimentali, a cominciare dal ciclo produttivo robotizzato e l’uso dei materiali plastici. Poche le novità dall’estero, nel numero di maggio Quattroruote giudica
«andante, ma non troppo» anche il
lavoro dei carrozzieri: si nota appena la proposta di Giugiaro, «polemica, ma con una filosofia interessante su linea e abitabilità». Questa
è la scena su cui viene svelato il
progetto Megagamma, l’anello
mancante tra berlina e mini-van.
Un anello chiuso intorno alla meccanica di una vettura già sul mercato, la Lancia Gamma 2500, per realizzare la prima carrozzeria rigorosamente funzionalista, producibile
in grande serie.
Uno slancio verso il monovolume. Ma come spesso accade per le
idee il cui tempo specifico è più
avanti del tempo corrente, il condizionale è rimasto. Il producibile
non è diventato prodotto. «Ci sono
voluti sei anni — dice oggi Giugiaro — perché l’automobilista potesse acquistare un veicolo che seguiva e sviluppava le nostre intuizioni». Era l’Espace di Renault, lanciato nel maggio 1984: una pietra
miliare nella storia dell’auto.
Concepito alla Matra di Philippe Guédon
all’inizio degli
anni 80, l’Espace
è stato preso al
volo dai manager
Renault, dopo
che Peugeot e Citroën lo avevano
rifiutato. «In quei
mesi — ricorda
Michael Cheinisse, allora direttore di prodotto Renault — eravamo alla ricerca di
nuovi architetture di interni. Dove e
come mettere i bambini era diventato un chiodo fisso. Avevamo già
l’idea dei sedili girevoli, di un ambiente più ampio e vivibile, ma non
c’era la carrozzeria in cui metterli».
Espace nascerà come un perfetto lavoro di équipe, con Matra e Renault
Giorgetto Giugiaro nel
1978, al lavoro sul progetto Megagamma.
Sopra, il prototipo
dell‘Espace costruito
nell’81 dalla Matra.
Nella foto grande in alto, la quarta generazione della monovolume Renault Espace
che si dividono gli obbiettivi. «Non
mi ricordo di aver sentito parlare allora della Megagamma di Giugiaro
— continua Cheinisse —, guardavamo i mini-van americani ed eravamo spaventati all’idea che la nostra
vettura potesse essere scambiata per
un furgone. Per questo scegliemmo
le porte incernierate e non scorrevoli».
Rispetto all’Espace, la Megagamma è più berlina. Lo sforzo di farne
una forma prima di tutto ergonomica ha disorientato i primi osservatori. Le leggi del basso, del piatto e
dello slanciato erano contraddette.
Ricorda Giugiaro: «Umberto Agnelli
mi disse: bisognerebbe avere il coraggio di produrre anche un’auto
del genere! Altri chiedevano sorridendo perché avessi disegnato il camioncino dell’elettricista». Di fatto,
in quel Salone si perde l’opportunità
italiana di inaugurare un nuovo segmento. Tanti presupposti della Megagamma sono vantaggi per il consumatore: il pavimento piatto, i sedili ad altezza ideale, l’alto padiglione che permette di accedere senza
piegare la testa. Il tutto su una meccanica quattroporte.
Ma il concept della Megagamma,
così come quello dell’Espace, hanno un altro precedente negli studi
della Italdesign. È la proposta per
un nuovo taxi di New York, nata a
Torino nel 1976. «Ogni volta che arrivavo all’aeroporto Kennedy — ricorda Giugiaro — mi stupivo per la
follia dei taxi americani, enormi e
poco confortevoli». Così nacque
l’idea di un mezzo dedicato, per
portare a spasso la gente di Manhattan, comodamente, con tante valigie e un tetto di vetro per guardare i
grattacieli. Visto oggi, il taxi Alfa
Romeo è ancora bello. La porta
scorrevole, le grandi superfici vetrate, le forme compatte e proporzionate hanno attraversato il tempo. Ma non hanno attraversato New
York. «L’innovazione da sola non
basta — conclude Giugiaro —. In
molti casi l’uomo deve essere aiutato a prendere decisioni coraggiose.
Ci vogliono le leggi. Altrimenti, anche per ragioni di convenienza immediata, tutto rimane come prima».
Giosuè Boetto Cohen
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tecnologia Il sistema IdentiTag si evolve e affida la sicurezza dell’auto al web. Solo gli haker potrebbero aggirare le protezioni
L’antifurto? È una tesserina con chip da tenere nel portafoglio
MILANO — Nell’era del
Web e del digitale anche gli
antifurti per auto si adeguano. Internet ha reso popolare
la parola «hashtag» in Italia,
termine utilizzato per indicare l’etichetta virtuale che segnala l’argomento di un
messaggio sui social
network o sui blog. Qualcuno ha pensato di sfruttare la
popolarità della parola e tutto quello che evoca per prenderla a prestito e applicarla in
ambito automobilistico. In
questo caso, non per facilitare l’accesso ai contenuti, ma
per evitare che questi finiscano nelle mani sbagliate.
I.Car è l’azienda italiana
che ha inventato IdentiTag,
un antifurto costato otto anni
di lavoro e ricerche, un siste-
ma che utilizza dei chip per
creare un certificato elettronico d’identità dell’auto, un
esempio d’eccellenza italiana
in ambito hi-tech e imprenditoriale.
«Quando abbiamo inventato l’antifurto con serigrafia
sui cristalli, l’idea era marchiare le auto come facevano
i cowboy con le mucche —
spiega Roberto Muriana,
presidente di I.Car — Ora abbiamo cercato di migliorare il
prodotto lavorando sull’innovazione e la tecnologia».
Il cuore di IdentiTag è una
carta chip con le dimensioni
di una carta di credito, questa
contiene tutti i dati dell’automobilista e dell’auto, a partire da quelli del libretto e dell’assicurazione Rca, fino ad
Sicurezza
Qashqai, promossa ai «crash test»
La nuova Nissan Qashqai, lanciata da poco, supera i test
Euro Ncap (nella foto, l’urto frontale) a pieni voti: 5 stelle.
In dettaglio: 88% nella protezione occupanti, 83 in quella
dei bambini, 79 nei sistemi di assistenza e 69 per i pedoni.
arrivare a quelli sugli pneumatici ed il tipo di freni.
Sul tradizionale libretto
cartaceo è applicato un chip
che ne certifica la validità, un
secondo è posto sul parabrezza per consentire agli addetti ai lavori (meccanici o
periti per esempio) un accesso facilitato alla lettura del
dati.
A svolgere la vera e propria
funzione di sicurezza è il terzo circuito elettronico, questo rimane nascosto in un
punto dell’abitacolo scelto
dall’automobilista. Il Tag Segreto è accessibile solo tramite segnali radio e la lettura
avviene con un apposito
scanner. Solo così è possibile
vedere il numero di telaio
conservato sulla memoria
elettronica, lo stesso marchiato sui cristalli e riportato
sulla carta di circolazione.
L’installazione del sistema
non prevede alcun intervento sull’elettronica e sulla
meccanica della vettura, il
prezzo totale a listino è di 270
euro, ma sono stati previsti
sconti per chi intende sottoscrivere anche un’assicurazione Rca.
La tecnologia assicura
maggiore sicurezza, ma por-
Lo spunto
«L’idea iniziale era quella
di marchiare i vetri delle
auto come facevano
i cowboy con le vacche»
ta anche nuovi possibili nemici. Non i classici ladri
d’auto, ma dei veri e propri
hacker, pirati informatici. Il
rischio che pirati hi-tech
provino a portarsi via l’auto
infatti non è totalmente
escluso, ma l’operazione richiederebbe tempi talmente
lunghi e un’apparecchiatura
sofisticata tali da scoraggiare
buona parte dei malintenzionati. I dati identificativi del
veicolo sono inseriti e crittografati con un procedimento
a sette livelli di sicurezza all’interno della Card e dei tre
Tag.
Tutti i dati sono accessibili
– tramite una semplice password — da parte dell’automobilista per la gestione e
l’aggiornamento via Web e
con un’app dedicata grazie ad
un sistema chiamato Identibox.
Lino Garbellini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
44
Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Il Presidente Angelo Provasoli, l'Amministratore Delegato Pietro Scott Jovane, il Consiglio di
Amministrazione, il Collegio Sindacale, il Management di RCS MediaGroup esprimono partecipazione e cordoglio al lutto che ha colpito il Dottor Alberto Hazan per la scomparsa della
mamma
sig.ra Renée Hazan
- Milano, 2 marzo 2014.
La famiglia Dolce partecipa al dolore della famiglia Hazan per la scomparsa della mamma
Renée
- Milano, 1 marzo 2014.
Claudio Emanuela Elena Alessandra partecipano con affetto al dolore di Alberto Edoardo e
Jenny per la perdita della mamma
Renée Hazan
- Milano, 1 marzo 2014.
Selma con Steven Barbara Elliot Daniela Joyce
Enrico è vicina con affetto a Jenny Alberto Eddy
per la perdita della cara
Renée
- Milano, 2 marzo 2014.
Partecipa al lutto:
– Mimi Zinsenheim.
È mancato all'amore dei suoi cari il
dott. Enrico Bergonzini
Lo annunciano con profondo dolore la moglie Lisetta, la figlia Nadia con Antonio, la sorella Ginevra e i parenti tutti.- La famiglia ringrazia sentitamente gli amici e tutti coloro che sono stati
vicini al loro caro e in particolare la signora Gabriella Sartoni, il dottor Ugo Garbarini, il dottor
Sandro Zambotti, il dottor Pietro Marino, la dottoressa Nadia Scolari e i medici tutti unitamente
al personale infermieristico che lo hanno assististo in questo ultimo difficile periodo.- Per le esequie contattare il numero 347.0654535.
- Milano, 2 marzo 2014.
Ciao
papà
sarai sempre nel mio cuore.- Desidero ricordarti
felice nel nostro mare di Cavi.- Caro papà riposa
in pace, Snowy, Lordy, Baby e Sissi ti terranno
compagnia.- Nadia. - Milano, 2 marzo 2014.
Il 1 marzo è mancata
Emma Brunello Sanfilippo
Con triste e profondo dolore lo annunciano il marito Angelo, le figlie Chiara e Manuela, il nipote
Davide, il genero Walter.- Donna di straordinaria
generosità, entusiasta della vita e riferimento
certo per tutti, sempre nei nostri cuori.- I funerali
avranno luogo martedì 4 marzo 2014 alle ore 10
direttamente nella parrocchia di San Giuseppe
ove avranno luogo le esequie, indi la cara salma
sarà accompagnata al nuovo cimitero.- La cara
salma è esposta presso la camera ardente
dell'Ospedale di Sesto San Giovanni.
- Sesto San Giovanni, 1 marzo 2014.
Il fratello Marco sua moglie Giovanna e la figlia Viviana annunciano con profondo dolore la
scomparsa di
Zeno Birolli
storico dell'arte e scrittore.
- Ameglia, 2 marzo 2014.
Duilio Luisa Paola Claudia Stefania ed i generi
profondamente addolorati piangono la scomparsa dell'amico fraterno
Profondamente colpiti dal dolore Duilio Ettore
Enzo Andrea Giovanni Tonino Mauro Massimo e
Mimmo ricordano con affetto e con amicizia eterna l'indimenticabile amico
Piero
- Milano, 2 marzo 2014.
Mia amata, insostituibile e unica
Diana (Dianina) De Lorenzi
Ciao, Severino.- L'ultimo saluto a Diana verrà dato oggi alle 14 alle cappelle del commiato di Careggi. - Firenze, 3 marzo 2014.
Giuseppe Vettori abbraccia Severino che ha
perduto con
Diana
un amore perfetto. - Firenze, 2 marzo 2014.
Enrico Appiotti
Gianfranco Bruno piange la scomparsa del carissimo amico
Zeno Birolli
valente studioso d'arte, di cui ricorda inoltre con
gratitudine gesti di grande generosità.
- Genova, 2 marzo 2014.
Enrica e Lino Prandin sono vicini al loro figlio
Ermanno e a Marcello e Jacopo per la perdita
della cara
Vanna Travaglia
- Milano, 2 marzo 2014.
Federico Lattuada e famiglia si stringono al dolore di Jacopo per la perdita della carissima zia
Vanna
Nel decennale della tua scomparsa la mamma ti
ha sempre nel suo cuore e ti ricorda con amore
grandissimo.- Alle ore 18 del giorno 8 marzo
2014 verrà celebrata la Messa in suffragio presso
la chiesa di San Gregorio Magno a Milano.
- Milano, 3 marzo 2014.
Afrodite Thiveu Albarello
A undici anni dalla scomparsa i figli ed i nipoti la
ricordano sempre con profondo affetto.- Una
Santa Messa in suffragio il giorno 4 marzo alle
ore 9 parrocchia Corpus Domini.
- Milano, 3 marzo 2014.
A dieci anni dalla scomparsa la famiglia ricorda
Giuseppe Del Bo
con affetto e nostalgia.
- Milano, 3 marzo 2014.
- Castelletto Sopra Ticino, 2 marzo 2014.
2010 - 2014
È mancato all'affetto dei suoi cari
Giacinto Nardilli
Addolorati lo comunicano le figlie Ingrid e Vittoria e il fratello Romeo. - Trani, 2 marzo 2014.
Giacinto Nardilli
Ingrid cara ti abbracciamo forte forte.- Patrizia
con Sofia e Michele.
- Courmayeur, 2 marzo 2014.
È mancato all'affetto dei suoi cari
Agostino Boria
Lo annunciano le figlie Maria Daniela, Paola con
Giampietro, Anna con Paolo, i nipoti Marta, Maddalena, Elisabetta, Francesca, Brando e Carlo.- I
funerali avranno luogo in Monza presso la parrocchia di Santa Gemma martedì 4 marzo alle
ore 10.30. - Monza, 3 marzo 2014.
È mancato all'affetto dei suoi cari
Gino Magonio
Ne danno il triste annuncio la moglie Luciana, i
figli Fabrizio con Miriam e Rebecca, Fabio con
Daniela, Massimo con Gilda, Antonella con Roberto Giorgia e Francesca.- Per volontà della famiglia i funerali verranno celebrati in forma strettamente privata. - Milano, 1 marzo 2014.
Carlo Giltri
Una carezza al mio ragazzo, Lassù.- Vilma.
- Milano, 3 marzo 2014.
Carissimo Marco,
il tempo corre ma non si spegne in
noi l’eco dei valori di umanità,
educazione ed amore per la vita
che ci hai trasmesso e che hanno
sempre permeato la tua esistenza.
Nel dodicesimo anniversario della
scomparsa del
dott. MARCO CIANI
medico neurologo
i suoi cari lo ricordano con infinito
rimpianto a tutti coloro che gli
vollero bene e ne apprezzarono la
dirittura morale e la professionalità.
Milano, 3 marzo 2014
RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli,8 - 20132 Milano
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Piero Marcolin
e si uniscono al dolore di Zina Raffaella e Chiara.
- Milano, 2 marzo 2014.
3 marzo 2004 - 3 marzo 2014
Partecipano al lutto:
– Elena Pontiggia.
– Aldo e Barbara Bartoli.
Emma
ti ho amato infinitamente.- Addio amore.- Angelo. - Sesto San Giovanni, 1 marzo 2014.
Mario Daniele
Ciao Mario.- I tuoi cugini Luciana Laura Giorgio
Guido con le rispettive famiglie.
- Milano - Valdossola, 1 marzo 2014.
TARIFFE BASE IVA ESCLUSA:
Corriere della Sera
Gazzetta dello Sport
PER PAROLA:
Necrologie: € 5,00
Adesioni al lutto: € 10,00
Necrologie: € 1,90
Adesioni al lutto: € 3,70
A MODULO:
Solo anniversari,
trigesimi e ringraziamenti: € 540,00
Solo anniversari,
trigesimi e ringraziamenti: € 258,00
Diritto di trasmissione: pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00
L’accettazione delle adesioni è subordinata al pagamento con carta di credito
Servizio fatturazione necrologie: tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30
fax 02 25886632 - e-mail: [email protected]
Informativa ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 196/2003 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”).
Conformemente all’impegno e alla cura che la nostra società dedica alla tutela dei dati personali, La informiamo sulle modalità, finalità e
ambito di comunicazione e diffusione dei Suoi dati personali e sui Suoi diritti, in conformità all’art. 13 del D. Lgs. 196/2003. Per permetterle
di usufruire dei servizi offerti da RCS MediaGroup S.p.A., la stessa deve trattare alcuni Suoi dati. I dati personali che Lei fornirà al Titolare,
verranno registrati e conservati su supporti elettronici protetti e trattati con adeguate misure di sicurezza. I dati saranno trattati da RCS
MediaGroup S.p.A. esclusivamente con modalità e procedure necessarie per fornirLe il servizio da Lei richiesto. I dati non saranno diffusi
ma potranno essere comunicati, sempre per la predetta finalità, a RCS MediaGroup S.p.A., oltre che a società che svolgono per nostro
conto compiti di natura tecnica od organizzativa strumentali alla fornitura del servizio richiesto, e che sono stati nominati Responsabili
del Trattamento. Lei ha diritto di conoscere, in ogni momento, quali sono i Suoi dati e come essi sono utilizzati. Ha anche il diritto di farli
aggiornare, integrare, rettificare o cancellare, chiederne il blocco ed opporsi al loro trattamento. Ricordiamo che questi diritti sono previsti
dal Art.7 del D. Lgs 196/2003. Per ogni informazione riguardo ai diritti può rivolgersi, a tal fine, al Responsabile del trattamento dei dati
personali di RCS MediaGroup S.p.A. scrivendo allo stesso c/o RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano.
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Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
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Da giovedì in edicola
con il Corriere della
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della collana La grande
cucina italiana, le ricette
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da Carlo Cracco.
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Da giovedì
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Ricette toscane:
Cracco racconta
la grande cucina
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Bisogna riempire la
griglia in modo che ogni
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contengano una sola
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La lunga telefonata
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5 Assalto
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ucciso Versace ora è
della famiglia Beckham
Ex premier
Villa Yanukovich
Sfarzo: vicino a Kiev con
uno zoo e una collezioni
di automobili. Guarda
Le foto , i video e i commenti
della lunga notte del cinema
che assegna i riconoscimenti
nella passerella più ambita.
Le schede
e i voti con
tutti i
pronostici
dei lettori di
Corriere.it
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Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera
Tv in chiaro
Teleraccomando
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di Maria Volpe
PER DISTRARSI
PER CONOSCERE
Torna la casa
Caccia nelle paludi
più spiata d’Italia della Louisiana
Per molti è inguardabile,
per molti è divertente, per
molti è lo specchio del
Paese. Oggi la prima
puntata della tredicesima
edizione del reality che nel
Duemila ha cambiato la
tv. Saranno 15 i
concorrenti che
entreranno nella casa più
spiata d’Italia, per
aggiudicarsi il
montepremi di 250.000
euro. Al timone Alessia
Marcuzzi ( foto), padrona
di casa per l’ottavo anno
consecutivo. Accanto a lei
due nuovi opinionisti
d’eccezione: Manuela
Arcuri e il giornalista di
moda Cesare Cunaccia.
Li hanno definiti gli «ultimi
pionieri americani». Sono i
cajun, vivono in Louisiana,
Stati Uniti, ma abitano vicino
alle paludi. E sono i
protagonisti di questo nuovo
docu-reality. Negli Usa la serie
è stata un grande successo.
Ma cosa fanno questi Swamp
People? Alcuni sono cacciatori
di professione, uomini rudi e
con pochi fronzoli (foto). La
loro preda, e principale fonte
di guadagno, è l’alligatore, che
popola numeroso il bayou
della Louisiana, mettendo
spesso a repentaglio la vita di
chi ci abita. Devono catturarlo
anche a mani nude e
affrontare la concorrenza
agguerrita dei bracconieri.
Grande Fratello
Canale 5, ore 21.10
Swamp People
History Channel, ore 21
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Film e programmi
L’astronauta Hanks
ha un problema
Theron nasconde
un doloroso segreto
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Prigionieri di una navicella
spaziale in avaria, gli astronauti
Jim (Tom Hanks, foto), Fred e
Jack cercano di sopravvivere
mentre sulla Terra si lotta contro
il tempo per riportarli a casa.
Apollo 13
Iris, ore 21.05
Un misterioso e silenzioso
osservatore segue l’inquieta
Sylvia (Charlize Theron, foto),
costringendola a ripensare a
un passato doloroso e oscuro.
The burning plain - Il
confine della solitudine
La 5, ore 21.10
Cambiare l’Italia:
ci riuscirà Renzi?
Rosi indaga
sulla morte di Mattei
Al centro del programma
condotto da Corrado Formigli
le riforme sul piatto del
governo Renzi e il nodo delle
coperture. Tra gli ospiti: Civati,
Friedman, Formigoni e Casarini.
Piazza pulita
La7, ore 21.10
Grand Prix a Cannes, il film
(1972) di Francesco Rosi è
dedicato al presidente dell’Eni
Enrico Mattei e ai misteri che
ruotano intorno alla sua morte
avvenuta il 27 ottobre 1962.
Il caso Mattei
Rai Storia, ore 22.15
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47
Corriere della Sera Lunedì 3 Marzo 2014
Pay Tv
Film
e programmi
Hanks e suo figlio
legati per sempre
Oskar (Thomas Horn) ha perso il
padre (Tom Hanks, foto con Horn)
nell’attentato alle Torri Gemelle. Tra
le cose dell’uomo trova una chiave e
decide di scoprire che cosa apre.
Molto forte,
incredibilmente vicino
Cinema Emotion, ore 21.15
Perlman combatte
le forze del male
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Fuggito dagli inferi, il demone
Hellboy (Ron Perlman, foto) viene
arruolato nei servizi segreti da un
soldato americano. Grazie ai suoi
poteri combatterà le forze del
male. Dirige Guillermo Del Toro.
Hellboy
Sky Cinema Max, ore 21
Tutte le emozioni
della Notte degli Oscar
Dal Dolby Theatre di
Hollywood, una ricca sintesi con
i momenti salienti della Notte
degli Oscar 2014, presentata
da Ellen DeGeneres (foto).
Il meglio della Notte
degli Oscar 2014
Sky Cinema Oscar, ore 21.10
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Brad Pitt combatte
contro gli zombie
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Brad Pitt è un ex funzionario
delle nazioni unite che deve
provare a fronteggiare una
situazione da incubo: per colpa di
un’epidemia gli esseri umani si
stanno trasformando in zombie.
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Sky Cinema 1, ore 21.10
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A fil di rete
di Aldo Grasso
Brignano e la furbizia
degli autori italiani
P
er dire come sono svegli gli autori italiani. Venerdì
mattina, la Farnesina diffonde un avviso con il quale
sconsiglia ai cittadini italiani di viaggiare in questo
periodo nella penisola del Sinai, incluse le celebri
località balneari come Sharm el-Sheik. C’è la possibilità di azioni terroristiche. La sera, su Rai1, nel suo programma «Il meglio d’Italia», Enrico Brignano si lancia in un
lungo monologo comico su una vacanza a Sharm, prendendo
in giro il poliziotto incaricato
della sicurezza. Giusto per non
Vincitori e vinti
fare nomi, gli autori del programma sono Riccardo Cassini,
Daniel
Manuela D’Angelo, Alberto Di
Radcliffe
Risio, Mario Scaletta e PiergiorHarry Potter
gio Paterlini, con la collaborabatte
zione di Max Orfei e Mirko SetaDonato Carrisi.
ro. Il monologo finisce così:
Sabato sera in
«Quando vado in vacanza, mi
televisione: Italia 1 punta
manca l’Italia. Mi manca un cafsu «Harry Potter e il
fè che sappia di caffè, una pasta
Principe Mezzosangue»
che non sappia di colla, una cricon Daniel Radcliffe
si di governo che sia di governel panni del celebre
no...» (ore 21.17).
maghetto: gli spettatori
«Il meglio d’Italia» sceglie
sono 2.029.000, 8,4%
come valletta una modella ardi share
gentina, Liz Solari, e per giustificare la sua presenza il povero
Donato
Brignano è costretto a collezioCarrisi
nare il meglio dei luoghi comuDonato
ni sugli italiani. In una scenoCarrisi
grafia dove spiccano frasi celesuperato
bri pronunciate da italiani illuda Harry Potter.
stri (ma l’epigramma «odio e
Sabato sera in tv:
amo» di Catullo deve considesu Rai3 la prima
rarsi italiano o inglobiamo anpuntata di «Il sesto
che latini, sabini ed etruschi?)
senso», con lo scrittore
si esibiscono anche Giorgia
Donato Carrisi. Gli
(perché la più bella voce italiaspettatori sono
na non cerca mai canzoni popo1.051.000, per una
lari come faceva Mina?), i tre teshare del 4,2%
norini de «Il Volo» che cantano
«‘O sole mio» e un’imbarazzante «Nella vecchia fattoria», Pippo Baudo, Rocco Hunt (ci viene spiegato che Hunt, nel gergo dei graffitari, sta per antipatico), persino Alberto Angela il meglio del familismo italiano.
«Il meglio d’Italia» è un varietà rassegnato, scritto forse
dieci anni fa, in cui circolano battute del genere: «Io non amo
le supposte ma da italiano mi ci devo abituare». Pensa noi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso
Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv
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Lunedì 3 Marzo 2014 Corriere della Sera