LUNEDÌ 17 MARZO 2014 ANNO 53 - N. 11 Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821 Roma, Piazza Venezia 5 - Tel. 06 688281 Segre, filologo geniale Saggista e critico, aveva 85 anni Di Stefano e Stajano alle pagine 28 e 29 Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano Nuovi indirizzi Un dominio Internet per Milano e Roma Oggi su Famiglie di Edoardo Segantini a pagina 26 CorrierEconomia di Gino Pagliuca nell’inserto Guida al risparmio per chi ha il mattone RAGIONI E RISCHI DELLA ROTTURA RENZIANA Il caso dell’acquisto dei 90 velivoli da guerra. Lupi: d’accordo se serve a ridurre le tasse NON SI VIVE DI BELLE PAROLE Tagli sugli F35, il governo apre di ANGELO PANEBIANCO Renzi: sui caccia piano da rifare. Pinotti: chiudono 385 caserme affermazione del presidente del Consiglio secondo cui se a maggio non ci saranno i soldi in più promessi nelle buste paga per effetto della manovra Irpef, allora egli sarà da considerare un buffone, è sembrata a molti la conferma di quanto azzardato sia il suo gioco politico. Ma è forse possibile una diversa interpretazione: quella frase irrituale svela quale sia il vero punto di forza di Renzi. Egli ha intercettato e correttamente interpretato un grande cambiamento (positivo) che si è verificato negli atteggiamenti dell’opinione pubblica. Il fatto è che ormai non è più possibile abbindolare nessuno: nessuno si fida più, non solo degli annunci, ma nemmeno — finalmente! — delle decisioni formalmente e ufficialmente prese da governi e Parlamenti. «Pagare moneta, vedere cammello» è ora l’atteggiamento dominante nell’opinione pubblica. Fino a poco tempo fa il sistema funzionava così: veniva annunciato un nuovo, meraviglioso, provvedimento. I media, per lo più, lo presentavano come cosa già fatta. Dopo qualche tempo arrivava, se arrivava, la decisione, con i crismi del decreto legge o magari (ma doveva passare molto più tempo) con quelli della legge votata dal Parlamento in pompa magna. Già lì c’era la prima doccia fredda: gli addetti ai lavori scoprivano che fra il provvedimento annunciato e quello varato c’era un grande scarto. Ma questa informazione arrivava attutita all’opinione pubblica. E la cosa non finiva lì. Dopo, scattava il complicatissimo iter burocratico dell’attuazione durante il quale il provvedimento veniva ulteriormente triturato e, spesso, pervertito. Gli scopi iniziali venivano sovente abbandonati e sostituiti tacitamente da altri. Alla fine del- la fiera, e dopo parecchi mesi, i soliti addetti ai lavori scoprivano che il provvedimento non aveva sortito alcun effetto oppure solo effetti negativi: niente che assomigliasse, neppure alla lontana, alle meravigliose novità a suo tempo annunciate. L’opinione pubblica, ormai distratta da altro, neppure veniva a saperlo. Adesso, anche i sassi sanno che non bisogna fidarsi: che non bisogna guardare solo alle decisioni che vengono prese ma aspettare di vedere quale ne sarà la attuazione, ciò che conta davvero. Perché questo cambiamento dell’atteggiamento dell’opinione pubblica è positivo? Perché apre la possibilità di imporre anche in Italia ciò che gli anglosassoni chiamano accountability: sei responsabile di ciò che mi prometti e ti giudicherò non per le promesse ma per i fatti che seguiranno, o non seguiranno, alle promesse. E ciò, oltre alla politica, potrebbe finalmente mettere sotto scopa anche «l’infrastruttura amministrativa» (burocrazia e giustizia amministrativa), il cui malfunzionamento è il male più grave da cui è afflitto il Paese. Accountability significa che l’epoca delle furbizie volge forse al tramonto. Certo, gli umori del Paese potrebbero cambiare di nuovo. L’opinione pubblica potrebbe tornare ad essere ciò che è sempre stata: un impasto di apatia, credulità e voglia di ribellione, unite a ignoranza e disinteresse per i veri meccanismi che condizionano le scelte pubbliche. Ma è già tanto che la «politica degli annunci» non incanti più nessuno e che, inoltre, si sia diffusa la consapevolezza che ciò che blocca il Paese sta nell’intreccio fra una politica impotente e una infrastruttura amministrativa che opera al servizio di se stessa. CONTINUA A PAGINA 30 Nella domenica tra la prima visita ufficiale ad Hollande (sabato) e quella a Merkel (oggi) il governo apre ai tagli agli F35. È la ministra della Difesa Pinotti a ipotizzare revisioni nell’acquisto dei 90 aerei da guerra. Renzi poi conferma e Ncd non si oppone. Giannelli Forze dell’ordine e vigili del fuoco Spesa pubblica DAL TURISMO ALLA FORMAZIONE TUTTE LE FOLLIE DELLE REGIONI di SERGIO RIZZO ifiamo tutti perché le barbatelle di Rauscedo, Sicurezza, in due anni T frazione del comune di San Giorgio della Richinvelda Provincia di Pordenone, 40 mila uomini in meno incontinuino a spopolare fra i DA PAGINA 8 A PAGINA 10 Breda, Nese, Piccolillo, Roncone di FIORENZA SARZANINI ggi a Berlino Renzi incontra Angela Merkel. Così il premier si prepara a superare il muro della diffidenza tedesca: «La cancelliera rimarrà colpita dal nostro lavoro. Non siamo asini da mettere dietro la lavagna». Ma la chiave di volta del confronto ha la sigla Adf del partito anti-euro. ei prossimi due anni le forze dell’ordine più i vigili del fuoco perderanno quarantamila uomini. Angelino Alfano assicura che il piano di tagli è sostenibile e che «si farà di tutto per garantire ai cittadini la massima sicurezza». I sindacati non sono così convinti e sono pronti a lottare punto su punto nell’incontro che avranno con il ministro dell’Interno il 25 marzo. Il governo Renzi ha chiesto al commissario Carlo Cottarelli un taglio di 700 milioni di euro tra sedi da chiudere e reparti da sopprimere. viticoltori dell’Azerbaigian. Fatto di cui va giustamente orgogliosa Debora Serracchiani, al punto da averlo dichiarato non più tardi di venerdì anche all’Ansa. Solo non si capisce perché la Regione debba occuparsi delle esportazioni di piante di viti e di altri prodotti, e per questo abbia dovuto organizzare una missione a Baku, capitale di quella Repubblica caucasica. A PAGINA 10 A PAGINA 9 CONTINUA A PAGINA 6 IL PREMIER A BERLINO: SIAMO L’ITALIA, NON ASINI N di MARIA TERESA MELI O Quattro reti dal Parma, doppietta di Cassano Oggi le sanzioni, l’Italia chiede misure temporanee Un plebiscito in Crimea per l’annessione alla Russia L’Europa: il voto è illegale LAPRESSE / SPADA L’ 9 771120 498008 Servizio Clienti - Tel 02 63797510 mail: [email protected] Del lunedì L’addio 40 3 1 7> In Italia EURO 1,40 www.corriere.it perde 4-2 a San Siro con il Parma, Il Milan che affonda IdellalconMilan due gol di Cassano, e si scatena l’assedio Curva con slogan, insulti e accuse degli Balotelli nel mirino, pochi applausi per tra le contestazioni ultrà. Seedorf. Evitato il blocco del pullman. di MARIO SCONCERTI SERVIZI, COMMENTI E PAGELLE DA PAGINA 35 A PAGINA 39 Il risultato è ben oltre le attese. Nel referendum popolare la Crimea sceglie la secessione dall’Ucraina per unirsi alla Russia. Gli exitpoll indicano addirittura un 93% di sì a Mosca. Il premier filo-russo ha confermato il dato e annunciato che lunedì chiederà l’annessione alla Russia. Insorgono Europa e Usa definendo «illegale» il voto. Il segretario di Stato americano John Kerry ha chiesto al ministro degli Esteri di Putin, Lavrov, di smetterla «con le provocazioni». Oggi potrebbero già scattare le sanzioni Ue, ma i 28 sono divisi e l’Italia è tra i dialoganti, chiede siano «non punitive e temporanee». DA PAGINA 2 A PAGINA 5 Battistini, Offeddu, Sarcina con un articolo di Bernard-Henri Lévy Milano Robledo al Csm contro Bruti Liberati: irregolarità nell’assegnazione dei casi Il capo della Procura denunciato dal vice di LUIGI FERRARELLA N ella Procura di Milano il vicecapo Robledo «denuncia» al Csm una serie di «non più episodici comportamenti» con i quali il capo Bruti Liberati «ha turbato e turba la regolarità e la normale conduzione dell’ufficio», svuotando il pool anticorruzione. Come? A dire di Robledo, violando le regole di specializzazione e assegnando i fascicoli più delicati agli aggiunti Boccassini e Greco: da Ruby-Berlusconi a Formigoni-San Raffaele e GamberaleSea, sino a una segreta nuova inchiesta di tangenti che verrebbe danneggiata. A PAGINA 21 Eraclea Minoa, in Sicilia L’antico teatro che si sbriciola sotto un tetto di vetroresina di GIAN ANTONIO STELLA A PAGINA 27 Conseguenze di un verdetto Le regole infrante, il diritto stracciato Un effetto domino di MASSIMO NAVA U n referendum sotto ricatto politico e minacce d’invasione, che porterà all’annessione di fatto della Crimea alla Russia, è stato accostato all’Anschluss degli austriaci nel 1938. Fu un referendum di massa, piuttosto entusiastico, come lo è oggi quello della popolazione russofona della penisola. Un’annessione senza precedenti dalla Seconda Guerra Mondiale è un segnale drammatico nel centenario della Prima. Si spera con conseguenze meno catastrofiche per la pace in Europa. CONTINUA A PAGINA 30 2 Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera Primo Piano # ❜❜ La crisi ucraina Il voto Chiediamo alla Russia di riportare le sue forze armate ai numeri precrisi José Barroso, presidente della Commissione europea e Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio Ue Crimea in festa: «Torniamo in Russia» Oggi i colloqui per l’annessione DAL NOSTRO INVIATO Qualche minuto dopo la chiusura dei seggi per il referendum, la nuova Repubblica indipendente è proclamata col 95,5 per cento dei sì. Fuochi d’artificio, concerti di piazza e cortei di clacson SINFEROPOLI — Risultato bulgaro, indipendenza crimea, festa russa. Hanno votato in urne di vetro. Senza osservatori indipendenti. Coi soldati di Putin che scrutavano invisibili. Nessuno ha piegato le schede gialle: le «V» e le croci, sulla casella che chiedeva se si voleva l’annessione alla Russia, erano lì sotto gli occhi di tutti. Qualcuno, la preferenza, se l’è pure fotografata col telefonino. E le opposizioni sono rimaste a casa. E davanti a molti seggi c’erano i miliziani dell’autodifesa popolare, quelli con la fascia sul braccio e la scritta «Unione russa», oppure i sondaggisti russofoni, pagati dal governo filorusso, che chiedevano in russo a chi usciva che cos’avesse votato. Non chiamatelo exit poll: qualche minuto dopo la chiusura dei seggi, la nuova Repubblica indipendente è proclamata col 95,5 per cento dei sì. Partono i fuochi d’artificio, i concerti di piazza, i cortei di clacson. «Abbiamo preso più d’un milione di voti su un milione e 250 mila votanti!», fa i conti eccitato Sergei Aksionov, capo d’un governo imposto due settimane fa dall’occupazione militare del Cremlino. Vodka e hola. Baci imbandierati nel tricolore biancorossoblù. Il premier twitta felice: «È una svolta storica! Grazie a tutti quelli che hanno partecipato al referendum e hanno fatto la loro scelta! Oggi abbiamo preso una decisione molto importante. Che entrerà nella storia». Dopo il voto I colori della bandiera nazionale russa sul volto di una ragazza in piazza Lenin a Sinferopoli, Crimea (Reuters) La storia corre. Già oggi. La Rada di Sinferopoli, all’unanimità e con l’eccezione dei soli tre deputati della minoranza tatara, voterà stamane in una sessione straordinaria l’ingresso nella Federazione russa. «Vogliamo andare veloci — Aksionov dà la tabella di marcia al suo Parlamento —, ma ri- spettare tutte le procedure legali». Dopo pranzo, lui e una delegazione partono per Mosca: vedranno Putin, gli chiederanno d’essere parte dell’impero. «Questo risultato è legittimo — dice il leader del Cremlino in una telefonata alla Merkel —, rispetta l’autodeterminazione dei popoli garantita dall’articolo 1 della Carta Onu». E allora, avanti spediti: da aprile, annuncia il vicepremier Rustam Temirgaliev, gli stipendi e le pensioni saranno pagati in rubli. Oggi, probabilmente, molte banche resteranno chiuse per evitare l’assalto di chi non si fida. Western Union, da giorni, converte le rimesse dall’estero in valuta russa. E nelle strade di Sinferopoli, compaiono grandi poster rossi che citano operai sovietici e la scritta Cccp: «Compagno, abbi cura dei tuoi soldi!». Gli altri incassano. Male: «Una buffonata — dice il premier ucraino Arsenyi Yatsenyuk —, questo cosiddetto referendum cui partecipano ventiduemila soldati russi, chiamati con le loro armi a dimostrare la legittimità della consultazione». «Una pagliacciata da circo e una tragedia», per il leader tataro Rifat Chubarov. La sua gente, il dodici per cento della Crimea, ha boicottato le urne e bastava un giro tra le urne di Sinferopoli, ieri mattina, per capire che arie diverse tiravano: di festa, con dolcetti e caffè e l’inno della città, nelle affollate sezioni dei quartieri russi; tutti silenti, con pochi votanti e squadre di nerboruti filorussi Alle urne La popolazione Ieri si è svolto in Crimea il referendum per la secessione da Kiev. I russi costituiscono quasi il 60% della popolazione della penisola I quesiti La scheda elettorale riportava due quesiti. Il primo, «Sostieni la riunificazione della Crimea con la Russia?», prevedeva l’annessione a Mosca. Il secondo, «Sostieni il ripristino della Costituzione della Repubblica di Crimea del 1992 mantenendo lo status della Crimea come parte dell’Ucraina?», si riferiva al rafforzamento dell’autonomia sulla soglia, ai seggi vuoti dei rioni musulmani. Le truppe in movimento al confine, sabato, l’allarme sopra le righe lanciato dal governo antirusso, non tranquillizzano. Nemmeno le immagini dei treni che portano blindati ucraini verso le zone russe, a 10 chilometri da Lugansk. O i 15 mila riservisti già pronti, selezionati soprattutto fra i picchiatori scelti di Maidan. «Non credo che ci sarà una guerra», dice il ministro della Difesa di Kiev. «Magari la guerra è lontana — commenta Chubarov —, ma la pace non è vicina». Il botto crimeo fa l’eco dappertutto. Rumoreggiano a Kharkiv e in seimila si trovano intorno al mausoleo sovietico: «Referendum anche noi!». Le richieste sono il federalismo economico con la «sovranità linguistica». Anche a Donetsk tornano ad agitarsi: la sede dei servizi segreti ucraini viene presa d’assalto, la terza volta in pochi giorni. «È la nostra primavera!», si balla in piazza Nahimov, cuore della Crimea, anche se l’aria è gelida e nei cannoni non promette fiori: «Sebastopoli capitale!», il grido della nuova battaglia. Nella piazza Lenin di Sinferopoli, si tira l’alba. Coi cosacchi e i Pink Floyd. Gli abbracci facili e le schitarrate dei Nirvana. I canti folk e le ballate strette. La storia è ancora tutta da scrivere. Le prime parole, un laser verde sulla facciata d’un palazzo: «Noi siamo Russia!». Francesco Battistini © RIPRODUZIONE RISERVATA Celebrazione Show in italiano sul palco a Sebastopoli E Fogli canta: «Grazie Mosca!» DAL NOSTRO INVIATO SINFEROPOLI — «Spasibo! Grazie, Russia! Grazie, Crimea!». Non è una storia di tutti i giorni, un’annessione. E alle 7 di sera nella festa sul palco di Sebastopoli, a pochi metri dalle navi della Flotta di Putin, discretamente guardato dai 22 mila soldati russi che hanno invaso la penisola, assieme ad altre star locali sale a cantare una voce italiana: Riccardo Fogli. «È una grande festa di popolo!», dice, circondato da quattro musicisti, acclamato da migliaia di russi e da bandiere che festeggiano la vittoria del referendum. Ha mezz’ora di canzoni: «Malinconia», «Per Lucia», «Compagnia», i sempreverdi «Piccola Ketty» e «Storie di tutti i giorni»… La piazza l’accompagna in italiano, acclama «La Crimea è Russia!», agita cartelli «No alla Nato!» e «Via i fascisti da Kiev!». Fogli s’emoziona: «C’è un bellissimo Performance Riccardo Fogli si è esibito per mezz’ora ieri in Crimea, cantando «Malinconia», «Per Lucia», «Piccola Ketty» sapore di festa. Di serenità. Gente che salta. Io non ho visto cannoni e carri armati, solo una folla felice…». Perché gli altri, forse, si sono nascosti… «Non mi fate entrare in discorsi che non conosco. Il sapore politico della cosa, non lo sento. Io vedo bandiere russe e ucraine insieme. Sembra di stare a piazza San Giovanni il Primo maggio, o in un concerto in piazza del Duomo…». L’ex Pooh è dal 4 marzo in tournée per la Russia: «Venerdì, mi hanno contattato chiedendomi di venire a cantare. Mi hanno messo a disposizione un charter privato alle 4 del mattino. Sono atterrato in Crimea, ho cantato, ora riparto per Mosca». Gli hanno messo in mano un foglietto, c’era qualcosa in russo da dire sul palco: «Non sono portato per le lingue. So solo che per me è stato un grande onore, venire qui». F. Bat. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 ❜❜ Primo Piano La situazione è drammatica, il diritto internazionale va difeso Matteo Renzi, presidente del Consiglio ❜❜ 3 Allargare la presenza Osce nelle zone critiche dell’Est del Paese Angela Merkel, cancelliera tedesca Diplomazia Verso il vertice dei ministri degli Esteri Partono le sanzioni Ue Ma i 28 restano divisi Roma cerca il dialogo Putin a Obama: il referendum è legale DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES — Il voto appena espresso in Crimea, sotto l’occhio dei soldati russi, non sarà riconosciuto dall’Unione Europea, né dagli Stati Uniti. Le urne non erano ancora chiuse, ieri, che già Bruxelles e Washington bollavano il referendum come «illegale» secondo le norme internazionali. E preannunciavano per oggi, alla riunione dei ministri degli Esteri Ue già convocata a Bruxelles, l’ufficializzazione delle attese sanzioni diplomatiche ed economiche. Sulle quali, però, si manifesta qualche differenza: Paesi come l’Italia chiedono misure «non punitive e temporanee», mentre Gran Bretagna e Germania spingono per un messaggio più duro. La situazione in Ucraina «è molto drammatica e grave — dice il premier Matteo Renzi —. Stiamo Coinvolgimento Il ministro Mogherini punta a coinvolgere la Russia in un Gruppo di contatto internazionale Ombre russe Il presidente Vladimir Putin, 61 anni, ieri alla cerimonia di chiusura dei Giochi paralimpici di Sochi (Ap) lavorando insieme a Francia, Germania e Gran Bretagna perché si possa dare il messaggio che il diritto internazionale è difeso e salvaguardato». Il ministro italiano degli Esteri Federica Mogherini dichiara che «c’è ancora spazio per fermare la crisi. Tutti i canali diplomatici restano aperti, compreso il lavoro per la missione Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, ndr) in Ucraina. Ma a patto che la Russia non annetta la Crimea». Quest’ultimo è però un auspicio che potrebbe essere stato cancellato già nella notte. Né sono finiti i timori per l’Ucraina sudorientale: la cancelliera tedesca Angela Merkel, dopo un colloquio con Vladimir Putin, ha chiesto all’Osce di inviare più osservatori in quelle regioni. Le voci si incrociano, la scacchiera politica è velata di nebbia. E tutto ciò si riflette nelle parole prudenti di José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, e di Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo: «Valuteremo la situazione... Chiediamo alla Russia di riportare le sue forze armate ai numeri precrisi». E il referendum è stato «illegale» anche per Martin Schulz, il presidente del Parlamento europeo. Così si presenta il fronte dell’Occidente, in uno dei momenti più tesi della storia europea. Ma ciò che appare, non è sempre ciò che è. Per esempio fra Usa e Russia, al di là dei moniti reciproci, è già partita una mediazione: il segretario di Stato americano John Kerry e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov si sono accordati per lavorare insieme a una riforma costituzionale in Ucraina, ovviamente al fianco del governo di Kiev. Ieri in un colloquio telefonico con Obama, Putin ha ribadito che il referendum in Crimea rispetta il diritto internazionale: i due leader concordano comunque sulla necessità di stabilizzare la situazione. I comandi degli eserciti ucraino e russo hanno firmato una tregua locale fino al 21 marzo nei punti dove la tensione è più alta. Ma anche sulle sanzioni, come si diceva, l’apparenza è ben diversa dalla sostanza: la Ue è divisa come sempre, non unita come proclama di essere. Conta anche il peso di certi vincoli storici: «Con alcune altre nazioni della Ue siamo fra i meno interessati alle sanzioni», ha dichiarato ieri Plamen Oresharski, premier della Bulgaria, Paese «fratello» di Mosca per la comune confessione cristiano-ortodossa, o per l’alfabeto cirillico. Il governo italiano chiede invece che le misure Ue siano «preventive e non punitive e proprio per questo graduali, reversibili e temporanee». Secondo fonti ufficiose, oggi a Bruxelles il ministro Mogherini premerà perché la Ue continui il dialogo con la Russia, anche coinvolgendola in un Gruppo di contatto internazionale. La responsabile della Farnesina avrà anche una colazione di lavoro con il commissario all’Energia, Günther Oettinger, durante la quale «rimarcherà il bisogno di un maggior coordinamento fra politica energetica e politica estera dei Ventotto». Luigi Offeddu [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA L’attesa delle truppe Fino a venerdì le forze armate hanno l’ordine di non lasciare le postazioni. «Obbediremo fino alla fine» Fagioli e alzabandiera Nella base dei soldati che restano con Kiev «Siamo circondati» DAL NOSTRO INVIATO SINFEROPOLI — Sfoglie al formaggio, fagioli, una bottiglia di Fanta. Davanti alla caserma della Marina ucraina, viale Karl Marx, due donne silenziose aspettano sul marciapiede. Hanno tre sacchetti del super con la roba da mangiare. «L’abbiamo preparata per i nostri mariti...». I soldati russi fanno segno di fermarsi: sono loro a decidere. Il comandante ucraino della base, Igor Men- chur, esce dalla porta di ferro: «Ho detto ai miei uomini che oggi possono entrare le loro donne, per stare un po’ con loro. Il morale non è molto alto...». La radio gracchia, i russi chiedono altrove che fare. Dieci minuti. Nessuna risposta. «Che problema c’è? Le avete sempre lasciate passare!...», s’innervosisce il colonnello Menchur. Il problema è una scheda telefonica che Olga, la bionda, ha comprato per il suo Igor, caporal maggiore della Cinquantaduesima: «È qui dentro da due settimane. Potrà parlare almeno coi figli...». I nuovi padroni hanno ordini severi: aspettare... Finalmente, una chiamata. Un’occhiata alle sporte. Il cenno con la mano. Va bene, passate. Una risposta è già qualcosa. L’otto settembre delle forze armate ucraine è un 17 marzo di domande a vuoto. Una marcia di Radetzky ai confini d’uno Stato che si sfalda. Oggi, tutta questa è Crimea indipendente. Un pezzo di Russia. E nessuno sa che cosa fare coi soldatini che Kiev ha lasciato alla periferia meridionale, isolati nella penisola, tanti Joseph Von Trotta senza futuro. «Per noi non cambia nulla»: il colonnello Menchur si sforza d’esserne certo, «ogni giorno facciamo il nostro alzabandiera e ci ricordiamo del giuramento». Nessuno dei 120 uomini della base è andato a votare per il referendum: «Ho detto che c’era libertà di farlo. Mi hanno risposto che i soldati non decidono la loro divisa con una scheda elettorale». A Feodosia, base navale, i russi stanno minando i dintorni del Primo Battaglione. A Belbek, l’aeroporto militare di Sebastopoli, le pistole stanno sui sacchi di sabbia. Venerdì, la Duma russa voterà l’annessione della Crimea e il governo di Kiev approverà l’adesione alla Ue: che ne sarà dei soldatini? «Fino a venerdì — dice marziale il ministro della Difesa ucraino —, le nostre forze armate hanno l’ordine di non lasciare la Crimea e di non uscire dalle loro basi». Che cosa significhi, al colonnello non è molto chiaro: «Non usciamo, certo. Per andare dove? Abbia- 120 I soldati nella base di Sinferopoli in Crimea: nessuno di loro ieri ha votato nel referendum sulla secessione da Kiev mo paura che la situazione esploda da un momento all’altro. Ho la responsabilità della vita dei miei uomini. Ogni decisione sarà difficile...». Si contratta. Il premier crimeo Sergei Aksionov dice che ci sono poche scelte: togliersi le mostrine e andarsene in Ucraina, oppure passare ai russi. Fosse facile. A Sebastopoli, ci sono famiglie come quella dei fratelli Shevchenko, Andry e Yacub, divise dalla divisa: Andry lavora da sempre per la Flotta russa del Mar Nero, e guadagna bene; Yacub è un impiegato civile della Marina ucraina, nella base di fianco, e fatica coi tre figli. Chi va con chi? «Io non lo so se questa è già Russia — il colonnello Menchur risponde guardandosi le scarpe —, sono solo un soldato, non un politico...». Riconosce il risultato del referendum? «No». E se vi dicono di non arrendervi mai? «Che la gente ci aiuti. Siamo soli. Siamo circondati». F. Bat. © RIPRODUZIONE RISERVATA Osservatori I tre italiani ospiti dei russi «Tutto trasparente» DAL NOSTRO INVIATO SINFEROPOLI — Tutto trasparente. Come le urne di vetro. «È stata una tranquilla giornata elettorale, molto meglio di certe che ho visto in Italia», dice entusiasta l’europarlamentare berlusconiano Fabrizio Bertot. «La situazione è molto più serena di come viene descritta dai mass media occidentali», è sicuro il deputato della Lega, Claudio D’Amico. «Questa è una giornata di vera democrazia», ne è certo l’esponente torinese della Fiamma tricolore, Valerio Cignetti. Ospiti spesati dell’Eurasian Observatory for Democracy and Elections, un’organizzazione ultraputiniana, tre politici italiani hanno fatto da osservatori del voto. Senz’alcun turbamento per l’occupazione militare: «Ho parlato con gli italiani di Crimea — è convinto Bertot, già sindaco d’un Comune sciolto per ‘ndrangheta —, mi hanno detto d’essere tranquilli e liberi di scegliere l’opzione che preferiscono». È qui per l’amicizia di Berlusconi con Putin? «Ma no: il Cavaliere non sa nemmeno che sono venuto…». «Non capisco il perché di tanta agitazione —aggiunge Cignetti — ci è sembrato tutto calmissimo». Ricevuti dalle autorità crimee, i tre non hanno incontrato gli esponenti dell’opposizione che hanno boicottato il voto. Con altri 70 osservatori di 23 Paesi, dalla Cina alla Mongolia, hanno visitato qualche seggio di quelli sulla lista «consigliata» anche ai giornalisti. «Io non ho visto in giro soldati — dice il leghista D’Amico — e posso parlare, perché ho una lunga esperienza d’osservatore. Ho seguito il voto in Paesi complicati come il Tagikistan. Ho controllato per ben due volte le elezioni di Obama. E se mi permettete, un voto in America è una cosa un po’ più complessa d’un referendum in Crimea». F. Bat. © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 Primo Piano » Approfondimenti La posta in gioco Turismo, basi militari e vie dell’energia Quei «tesori» che fanno gola allo Zar Le potenzialità della penisola e i progetti per la Russia di domani DAL NOSTRO INVIATO KIEV — Da sola la Crimea non ci può stare. Non ci sono sorgenti di acqua potabile, né centrali elettriche. Se il governo di Kiev decidesse di interrompere le forniture di gas, tre famiglie su quattro resterebbero al freddo e non potrebbero cucinare. La penisola di Yalta e Sebastopoli dipende dal resto del Paese. Esiste anche una cifra che il ministero delle Finanze del nuovo governo ucraino usa come strumento di propaganda: 794 milioni di euro. Sono i soldi che ogni anno la capitale passa alla Repubblica per ripianare il bilancio. Spiccioli per Vladimir Putin? Forse no, visto che il bilancio russo è già in deficit per 6,5 miliardi di euro. O forse sì, proprio perché quel miliardo scarso di spese ulteriori garantirebbe al Cremlino il pieno controllo della penisola. Putin non pensa ai 6 milioni di turisti all’anno (su una popolazione di 2 milioni) e neanche ai vini pregiati di Yalta. Cose che scaldano il cuore e rendono il 60% della ricchezza prodotta dal sistema locale. Ma sono attività che bastano a mala pena per sopravvivere, risorse poco nutrienti: il reddito pro capite di un cittadino della Repubblica separatista è pari al 66% della media ucraina e all’80% di quella russa. In realtà è inutile cercare un qualche tesoro nascosto nei dati e nelle statistiche ufficiali. Non è certo per qualche filiera agroalimentare o per l’industria della villeggiatura che dal Cremlino è arrivato l’ordine di mostrare i kalashnikov. L’importanza della Crimea è legata alla sua posizione. In gioco non ci sono gli interessi della Russia di oggi, ma quelli di domani. Militari, innanzitutto. La base navale di Sebastopoli potrebbe essere potenziata fino a diventare l’avamposto russo più avanzato nel fianco orientale della Nato. Sul Mar Nero si affacciano diversi partner dell’Alleanza atlantica: Romania, Bulgaria e, 5 Una nave russa vista dal porto di Sebastopoli Abitanti Pil La Crimea finora è stata dipendente da Kiev per: 90% 80% 4,3 miliardi di dollari 60% 70% del bilancio pubblico La produzione di gas I volumi sono ancora poco significativi, ma le potenzialità hanno suscitato l’attenzione delle multinazionali 2 milioni Dall’Ucraina soprattutto, Turchia. Altri analisti suggeriscono di seguire la scia del petrolio. Al largo delle coste assolate, sono già attivi campi offshore per la produzione di gas. I volumi sono ancora poco significativi, ma la potenzialità ha suscitato l’attenzione delle multinazionali, come le americane ExxonMobil e Chevron, l’olandese Royal Dutch Shell e persino la Petrochina. Forse alla fine le esplorazioni non daranno risultati apprezzabili. Ma può anche darsi il contrario e allora il ruolo di grande esportatore della Russia potrebbe uscirne ridimensionato. A meno che le compagnie straniere non si trovino all’improvviso, grazie al referendum e ai soldati camuffati, a trattare con Mosca e non più con Kiev. Quanto vale in termini economici questa scommessa? Impossibile azzardare dei numeri, ma certo vale tanto. Come pure potrebbe contare un’altra ipotesi, avanzata nei giorni scorsi dalla stampa inglese. Pu- Salario medio 290 dell’acqua dell’elettricità dei beni primari dollari Il ponte al mese 4,5 chilometri il ponte previsto sullo stretto di Kerch cruciale per i trasporti Deficit pubblico 1 miliardo di dollari Flotta del Mar Nero 98 milioni di dollari C RIMEA l’affitto annuo pagato finora dalla Russia per la sua base navale Sinferopoli 351 milioni di dollari Mar Nero Sebastopoli Yalta di presenze ogni anno Gli investimenti diretti di Mosca nel 2013 Gli investimenti diretti russi previsti nei prossimi 5 anni 7 milioni di tonnellate 1 miliardo di dollari Turismo 6 milioni 5 miliardi di dollari Petrolio e gas Dalla Russia Ucraini Russi Altri 70% 25% 5% la produzione annuale potenziale dei campi offshore di gas il valore dell’accordo in sospeso con ExxonMobil e Royal Dutch Shell per l’estrazione offshore di petrolio tin starebbe addirittura meditando di deviare il percorso del nuovo oleodotto South Stream, facendolo passare attraverso la Crimea e l’Ucraina sud occidentale, anziché nella profondità del Mar Nero e da qui alla Bulgaria. Risparmio stimato: più di 14 miliardi di euro. Tutte queste spinte, queste ambizioni potrebbero trasformarsi in progetti di sviluppo multilaterali, con profitto per i diversi Paesi. In fondo i rapporti tra Russia, Ucraina ed Europa si sono retti su uno schema di mutualità che ha funzionato per 23 anni, a cominciare naturalmente dall’energia. Putin pensa che questo meccanismo si sia rotto con la rivoluzione di Maidan e con la cacciata del suo sodale e garante Viktor Yanukovich. Ora cerca una rivincita anche economica in Crimea. Giuseppe Sarcina [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Nella Storia L’appartenenza all’Ucraina non minaccia la libertà del popolo: l’Europa deve difenderne le frontiere anziché favorire i nazionalismi IL PARAGONE INGANNEVOLE CON IL KOSOVO E LA BOSNIA Schierare i soldati è un modo curioso per preparare l’autodeterminazione di BERNARD-HENRI LÉVY S ulla crisi ucraina e sul rapimento della Crimea al quale stiamo assistendo, sul referendum grottesco che Putin ci impone e al quale l’Europa assiste quasi senza dire una parola, si sentono due argomenti molto strani che è urgente smontare. 1. Perché gli abitanti della Crimea non avrebbero il diritto, dopotutto, di decidere della propria sorte? E se per la lingua si sentono «fratelli» del popolo russo, se sentono di avere maggiori affinità con il Paese di Putin che con quello di Robert Schumann e di Vaclav Havel, in nome di che cosa dovremmo opporci? 2.La Bosnia... Il Kosovo... Non sono due casi recenti di autodeterminazione riconosciuti dalla comunità internazionale? E le stesse persone che, a cominciare dal sottoscritto, sostennero vent’anni fa il diritto dei bosniaci e dei kosovari di prendere in mano il loro destino, come possono oggi negarlo alla Crimea? Al primo argomento si può obiettare che l’aver invaso un territorio al quale si chiede allo stesso tempo di pronunciarsi sul suo futuro, l’avervi schierato 30.000 soldati, l’aver accerchiato le sue caserme e terrorizzato le sue popolazioni è un modo curioso di preparare l’autodeterminazione. Si può obiettare ancora che organizzare un referendum è un’operazione complessa che presuppone una logistica, seggi, liste elettorali degne di questo nome, eventualmente osservatori e, comunque, una campagna elettorale; e che pretendere di preparare tutto in otto giorni, sotto l’autorità di un governo fantoccio, e con la violenza, appare, nel migliore dei casi, come una farsa e, nel peggiore, come un atto di forza. Si può obiettare infine che, anche senza atti di forza, anche senza truppe di occupazione e anche se si fosse trovato il tempo di organizzare una campagna elettorale e un dibattito, simile referendum avrebbe, se l’Europa lo approvasse, conseguenze apocalittiche: cosa risponderemmo se, forti di questo pre- cedente, i baschi spagnoli e francesi reclamassero la loro unificazione? Se gli ungheresi della Transilvania, gli albanesi della Macedonia, i turchi della Bulgaria, i russofoni dei Paesi baltici, i fiamminghi del Belgio invocassero tale esempio per chiedere, anche loro, di cambiar Paese? Sorvoliamo, anche se su temi di non minore importanza. Infatti, il nazionalismo linguistico è il più subdolo di tutti. E’ un nazionalismo non civico, fondato sui cattivi demoni del differenzialismo. E senza bisogno di citare i sudeti, ricongiunti alla Germania sulla base di questo stesso nazionalismo linguistico poco prima che Hitler invadesse la Cecoslovacchia, è chiaro che cedere a Putin sulla Crimea significherebbe provocare un’onda d’urto: nessuna frontiera, in Europa, sarebbe più né sicura né riconosciuta, e si guasterebbe, a poco a poco, l’equilibrio del continente. Ex Jugoslavia Nel caso della Bosnia, la sfida fu di impedire la secessione dei serbi della Repubblica Srpska Pristina Solo dopo un decennio di pulizia etnica, è arrivato l’appoggio alla causa indipendentista Onda d’urto Cedere sulla Crimea provocherebbe un’onda d’urto: nessuna frontiera sarebbe sicura Nel 2008 Festeggiamenti a Pristina per l’indipendenza del Kosovo (Afp) Quanto al secondo argomento, esso è ancora più assurdo; e sulla bocca di osservatori e commentatori in buona fede tanto più inaccettabile. Tralasciamo il caso della Bosnia, che non capisco come possa essere citato poiché, superato il big bang che in tutta Europa, e quindi anche in Jugoslavia, fu il crollo del comunismo, la sfida fu, ed è ancora, di impedire quello che ci chiedono di avallare in Crimea: la secessione dei serbi della Repubblica Srpska e il loro ricongiungimento al «grande fratello» annessionista serbo. Nel Kosovo, invece, è vero che coloro che sostengono di essere oggi contrari all’atto di forza russo e favorevoli all’integrità dell’Ucraina sono gli stessi che accettarono, o addirittura incoraggiarono, la volontà di indipendenza di Pristina: ma come si può osare a fare un paragone fra le due situazioni? Come si può ignorare che la comunità internazionale si è congiunta alla causa indipendentista kosovara solo dopo un decennio di pulizia etnica, di massacri di civili su grande scala e dopo la deportazione di circa 800.000 donne e uomini il cui unico crimine era di esser nati musulmani? In altri termini, quale legame esiste fra un Milosevic che, al momento della sua morte, era passibile delle condanne riservate dal Tribunale penale internazionale dell’Aja ai criminali contro l’umanità, e i dirigenti di una nuova Ucraina i cui soldati, in magnifiche immagini che hanno fatto il giro del mondo, sfidano a mani nude, pacificamente, la soldatesca armata fino ai denti che sbarcava a Sebastopoli? Per noi, europei della libera Europa, l’elemento discriminante è chiaro. E intima di schierarsi non, naturalmente, in favore di un nazionalismo contro un nazionalismo concorrente ma, ancora una volta, e semplicemente, in favore del diritto dei popoli a non essere massacrati e contro quello dei despoti di massacrare sovranamente il loro popolo. Delle due l’una. O il pericolo esiste. Che dico? Il massacro è già iniziato. Si è già cominciato, come nel Kosovo, a mutilare, decapitare o giustiziare con una pallottola nella nuca gli abitanti di interi villaggi. E allora sì, abbiamo buone ragioni per intervenire al fine di fermare la carneficina. Oppure il pericolo non esiste. L’appartenenza dei fiamminghi al Belgio o del popolo della Crimea all’Ucraina non minaccia per nulla la loro integrità fisica e la loro libertà. Meglio ancora: è lasciando il girone ucraino che alcuni abitanti della Crimea — penso innanzitutto ai tatari — rischiano, secondo l’elegante formula del Presidente russo, di essere «inseguiti fin nei cessi». Il nostro dovere, e al tempo stesso il nostro interesse, sarebbe stato di fare qualsiasi cosa, al contrario, per badare al rispetto delle frontiere che avrebbero garantito, allora, il diritto della gente. Sì alla protezione dei popoli. No al progetto imperialista putiniano di dare fuoco alla casa Europa. (Traduzione di Daniela Maggioni) © RIPRODUZIONE RISERVATA 6 Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera Primo Piano I costi della politica IL PIANO PER FERMARE LE SPESE (FOLLI) DELLE NOSTRE REGIONI Nel disegno di legge tagli ai gruppi consiliari e uno stop alle ambasciate estere «locali» SEGUE DALLA PRIMA Una missione con tanto di incontro ufficiale fra la governatrice del Friuli–Venezia Giulia e il presidente azerbagiano Ilham Aliyev. Un dubbio, è certo, non condiviso da chi crede invece che il commercio estero con i suoi singolari risvolti diplomatici debba rientrare a pieno titolo fra le competenze regionali. Qualche caso? Tre mesi fa il governatore del Piemonte Roberto Cota era in Giappone con una delegazione del Ceip: Centro estero per l’internazionalizzazione, testuale. Una organizzazione regionale che ha il compito, udite, di «rafforzare il Made in Piemonte nel mondo». Made in Piemonte? E che dire allora del progetto «Made in Lombardy», finanziato dalla Regione Lombardia tramite la sua Finlombarda? E del Centro estero Umbria, struttura creata nel 2009 dalla Regione per promuovere l’internazionalizzazione delle imprese umbre? Perché se la mania regionale di farsi ognuna la propria politica estera con tanto di ambasciate e consolati è precedente alla famosa modifica del titolo V della Costituzione, che ha ampliato in modo sconsiderato le competenze delle Regioni, è proprio da allora che la situazione è degenerata. Con un inutile e talvolta indecente spreco di risorse ed energie umane. Riportare fra le competenze esclusive dello Stato il commercio con Cosa può cambiare La riforma porterebbe a Roma scelte su turismo, tutela e sicurezza sul lavoro, energia, reti di trasporto e norme generali su territorio e urbanistica l’estero, come prevede il disegno di legge costituzionale di Matteo Renzi pubblicato da qualche giorno sul sito del governo, era dunque il minimo sindacale. Speriamo quindi di non vedere mai più Regioni come la Campania spendere 1,4 milioni di dollari l’anno per affittare un lussuoso appartamento a New York dove organizzare conferenze rigorosamente in lingua italiana. Né di dover leggere comunicati stampa tipo quello diffuso un paio d’anni fa dopo una missione a Giacarta del vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio Raffaele D’Ambrosio: «Nel corso della visita è stato ricevuto dal sultano di Ternate Muddaffar Sjiah e da altre autorità del luogo. Il vicepresidente ha incontrato anche il maraja Raja Agung e al termine della sua visita è stato ricevuto dal viceambasciatore Mario Alberto Bartoli con il quale si è intrattenuto a colloquio». Speriamo, certo. Come speriamo di assistere finalmente a un cambio di passo nella promozione turistica, dopo che la stessa riforma renziana del titolo V avrà fatto tornare sotto il cappello unico dello Stato (articolo 117 lettera z) anche la «programmazione strategica del turismo». Perché è un fatto che nel periodo 2009-2011 secondo Confartigianato le Regioni spendevano mediamente 939 milioni l’anno (!) per la promozione e l’Italia scivolava al quinto posto nella graduatoria mondiale per presenze estere, al sesto per fatturato e addirittura al ventiseiesimo per competitività. Un Paese che potrebbe in gran parte vivere di turismo ne ricava, dice il World Travel & Tourism Council, solo il 4,1% del Prodotto interno lordo. E stendiamo un velo pietoso sul Mezzogiorno, che nel 2012 ha incassato in tutto solo 4 dei 32 miliardi arrivati in Italia grazie ai visitatori esteri. Una vergognosa miseria. Ancora. Se passerà la riforma di Renzi, non solo torneranno di esclusiva competenza statale «l’ordinamento delle professioni intellettuali» e «della comunicazione», la «tutela e la sicurezza del lavoro», l’energia, le grandi reti di trasporto, come pure i «porti e gli aeroporti civili di interesse nazionale e internazionale» (e ci mancherebbe altro...), ma anche «le norme generali sul gover- no del territorio e l’urbanistica». Il che, per dirne una, potrebbe rimuovere gli ostacoli sorti all’approvazione di una legge per limitare finalmente il consumo del suolo. Secondo Legambiente circa l’8 per cento della superficie italiana, un’area più grande della Toscana, non è più naturale. E grazie a piani regolatori e interventi di pianificazione regionali assurdi la cementificazione ha inferto danni gravissimi al territorio. Con costi economici e umani incalcolabili a causa del dissesto idrogeologico. Il nuovo articolo 122 della Costituzione decreterebbe poi il divieto di versare contributi pubblici ai gruppi politici dei consigli regionali. Per capirci, questo renderebbe impossibile il ripetersi di casi come quelli di Franco «Batman» Fiorito e di altri scandali che hanno investito gran parte delle Regioni, fra mutande verdi, attrezzi erotici e pasti a base di ostriche e champagne pagati dai contribuenti. Nel solo 2012, dice un’analisi di Roberto Perotti pubblicata da lavoce.info, i gruppi consiliari hanno inghiottito 95,6 milioni di euro, 28 mila euro a consigliere in più rispetto a quanto incassato dai gruppi parlamentari della Camera. La stessa norma conterrebbe quindi il principio che spetta allo Stato fissare gli stipendi degli organi regionali, mai in ogni caso superiori a quelli dei sindaci dei comuni capoluogo della Re- Il personale assunto VALLE D’AOSTA 3.801 29,6 DIRIGENTI E NON LOMBARDIA PROV. AUT. BOLZANO 3.321 4.332 0,3 8,5 2.707 PIEMONTE 3.195 0,7 1.090 DIPENDENTI PER 1.000 ABITANTI PROV. AUT. TRENTO 4.777 9 259 DIFFERENZA (in eccesso) FRIULI V. GIULIA 3.167 2,6 137 EMILIA ROMAGNA 3.074 0,7 981 LIGURIA 1.123 0,7 VENETO 2.941 0,6 609 MARCHE 1.454 0,9 367 ABRUZZO 1.511 1,1 579 UMBRIA 1.392 1,5 762 TOSCANA 2.698 0,7 927 I VIRTUOSI SARDEGNA MOLISE 902 2,8 680 LAZIO 4.108 3.460 2,5 0,6 754 CAMPANIA PUGLIA 7.501 3.191 1,3 0,8 4.746 1.259 TOTALE REGIONI 78.679 1,3 24.396 SICILIA 19.165 3,8 6.780 Fonte: Ufficio studi Confartigianato gione. Senza però intaccare le prerogative interne del personale dei consigli regionali, che grazie all’autonomia riconosciuta alle Regioni continua a sfuggire a limiti, tetti e regole imposte centralmente. Valga per tutti il caso Sicilia, dove il governatore Rosario Crocetta ha denunciato scandalizzato che lo stipendio del segretario generale dell’Assemblea regionale sarebbe di 600 mila euro l’anno. Per non parlare delle altre spese amministrative che contribuiscono a fare dell’Ars un CALABRIA 2.581 1,3 1.184 BASILICATA 985 1,7 577 D’ARCO La promozione Dalle barbatelle a Baku alla visita al maraja: usati in media 939 milioni all’anno in «promozione» organo politico più costoso del Senato della Repubblica in rapporto ai suoi onorevoli. Quasi 1,8 milioni per ciascuno di loro. Totale: 160 milioni. Vero è che la lettera g) dell’articolo 117 della Costituzione nella nuova formulazione affida allo Stato la «disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche». E questo potrebbe aprire qualche spiraglio, non solo per l’uniformità di certi trattamenti ma anche per la riorganizzazione degli apparati, considerando che secondo la Confartigianato nelle Regioni italiane un dipendente su tre sarebbe di troppo. Con esuberi astronomici al Sud: 4.746 in Campania e 6.780 in Sicilia. E costi allucinanti: in Molise i dipendenti regionali pesano per 178 euro su ogni molisano, contro 23 euro in Lombardia. Ma la modifica dall’impatto potenzialmente più devastante è quella prevista ancora dall’articolo 117, che esplicita come competenza esclusiva statale il «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». Quanto accaduto in questi anni di pseudoriforme, l’ha spiegato bene dieci giorni fa il presidente della Corte dei conti Raffaele Squitieri in un’audizione parlamentare. Raccontando che se in un ventennio la pressione fiscale è salita dal 38 al 44 per cento, la responsabilità è del balzo delle imposte locali cresciute del 130 per cento, mentre anche le tasse centrali, in barba al decentramento dei poteri sempre più spinto dal 2001, continuavano inesorabilmente ad aumentare. Per non parlare dell’esplosione delle società controllate dagli enti locali, ormai più di 7 mila, che hanno mandato in orbita i costi. E del fatto che i bilanci tutti diversi delle amministrazioni periferiche hanno prodotto un disordine contabile assurdo, vanificando i controlli. La vicenda micidiale degli arretrati nei pagamenti alle imprese ha le sue radici anche in questo caos. C’è chi forse da Renzi si sarebbe aspettato ancora di più. Il governatore della Campania Stefano Caldoro, per esempio, non si stanca di ripetere che per lui le Regioni andrebbero abolite. E non è certo il solo a pensarla così. Ci sono poi un paio di cosucce in questo progetto di riforma costituzionale, che fra l’altro stabilisce una volta per tutte l’abolizione delle Province, le quali non convincono fino in fondo. Per esempio si ribadisce che la sanità è di competenza regionale: anche se è ormai chiaro che proprio quella è la nota dolente, e forse sarebbe arrivato il momento di riconoscere che la regionalizzazione decisa 35 anni fa non ha funzionato. Come stanno a dimostrare i dati sulla qualità del servizio sanitario, diversissimi da Regione a Regione. Inoltre, il disegno di legge riconosce alle Regioni la «salvaguardia» dell’interesse regionale in tema di formazione professionale. Un autentico buco nero, in particolare al Sud, dove si traduce quasi sempre in un grande business solo per i formatori. In un decennio la Regione siciliana ha speso per la formazione professionale 4 miliardi di euro e il tasso di disoccupazione giovanile in Sicilia è salito al 42 per cento. Sergio Rizzo © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 7 DENOMINAZIONE CODICE ISIN VALUTA EMISSIONE TAGLIO MINIMO PREZZO DI EMISSIONE SCADENZA CEDOLA ANNUA LORDA 1° E 2° ANNO (1) CEDOLA ANNUA NETTA 1° E 2° ANNO (1) CEDOLA ANNUA VARIABILE LORDA DAL 3° AL 5° ANNO (1) OBBLIGAZIONE BANCA IMI COLLEZIONE TASSO MISTO DOLLARO USA SERIE I IT0005001422 USD 2.000 DOLLARI STATUNITENSI 99,85% 13/03/2019 3,00% 2,40% Libor USD 3 mesi + 0,21% OBBLIGAZIONE BANCA IMI COLLEZIONE TASSO MISTO DOLLARO NEOZELANDESE SERIE I IT0005001521 NZD 2.500 DOLLARI NEOZELANDESI 99,83% 13/03/2019 5,90% 4,72% NZD BB 3 mesi + 0,75% 8 Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera Primo Piano # Il governo Le scelte Il caccia «Il programma degli F35 sarà rivisto» Tre miliardi di tagli per la Difesa Il ministro Pinotti annuncia anche la dismissione di 385 caserme Renzi conferma: il progetto cambierà, pronto il piano di risparmi Il vertice di mercoledì PER IL COLLE NECESSARIA UNA LOGICA D’INSIEME di MARZIO BREDA R ipensare, ridurre e rivedere anche i grandi progetti, dice Roberta Pinotti, neoministro della Difesa, anticipando che «è lecito immaginare una razionalizzazione» del bilancio delle Forze armate. Un annuncio — confermato da Renzi — che ha fatto tornare d’attualità l’ipotesi di un dimezzamento nel già pianificato acquisto degli F35 americani, animando una serie di congetture su un presunto diktat del capo dello Stato intorno a tale specifico capitolo della spending review. Ad alimentare le polemiche preventive, la convocazione del Consiglio supremo di difesa per dopodomani. Lettura strumentale, perché, sotto la presidenza Napolitano, le riunioni di questo organo collegiale si sono sempre tenute a cadenza quadrimestrale. E mercoledì scade appunto il termine previsto, al di là di pretese coincidenze. Gli stessi problemi messi all’ordine del giorno al Quirinale, poi, non dovrebbero autorizzare sospetti, visto che una revisione del progetto di comprare i cacciabombardieri al momento non risulta neppure all’ordine del giorno del governo. Sarebbe del resto singolare che una questione come quella fosse trattata isolatamente. Senza cioè includerla in una più complessiva ricognizione delle diverse forze di cui si compone lo strumento militare (aeronautica, marina, esercito) e delle strategie future per garantire la sicurezza nazionale, inquadrata nel sistema di alleanze delle quali l’Italia fa parte. Certo, esigenze di risparmio impongono ora tagli a vasto spettro anche al ministero della Difesa. E da mesi resta oggetto di un teso dibattito proprio la dotazione dei novanta F35, di cui alcuni contestano il costo (oscillante tra i 74 e gli 88 milioni di euro l’uno) e l’efficacia delle risorse tecnologiche. Un anno fa la maggioranza aveva votato una mozione in cui si chiedeva una «riflessione» sul tema, affidando alle Camere un potere di veto su ogni ulteriore acquisto di quei velivoli multiruolo, secondo un diritto riconosciuto dalla legge 244 del 2012. E il Consiglio supremo di difesa svoltosi pochi giorni dopo aveva «avvertito» il Parlamento che sull’argomento non gli competeva alcun potere di veto sui programmi di ammodernamento delle forze armate. Aggiungendo che, in quella materia, le «decisioni operative e i provvedimenti tecnici rientrano, per loro natura, tra le responsabilità costituzionali dell’esecutivo». Vedremo se dal summit di dopodomani emergeranno novità su questa delicata e complessa partita. © RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA — Anche gli F35 nel mirino della spending review. Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, lo ha anticipato a Skytg24: «Sugli F35 è lecito immaginare una razionalizzazione. C’è un impegno preso dal governo, aspetteremo la conclusione dell’indagine conoscitiva del Parlamento per prendere la decisione». In serata lo ha confermato al Tg5 lo stesso premier, Matteo Renzi. «Sì, è così. Il ministro Pinotti ha ragione. Risparmieremo circa 3 miliardi di euro nei prossimi tre anni nella difesa. Non solo dagli F35, ma anche dal recupero delle caserme» e altro. «Noi continuiamo con i programmi internazionali, continuiamo con una forte Aeronautica, ma questo programma sarà rivisto». Dagli iniziali 131, ordinati dal governo Berlusconi, gli F35 erano stati ridotti sotto l’esecutivo Monti già a 90. Ma il messaggio del governo Renzi è chiaro. Non esistono zone franche dai tagli. «La priorità è l’abbassamento delle tasse», spiega il ministro dei Trasporti ncd, Maurizio Lupi, «ne abbiamo discusso. E se questo può servire a trovare le coperture siamo d’accordo». «Ripensare, ridurre, rivedere: sono le tre “R” che applicheremo a tutte le spese», ha spiegato Roberta Pinotti a L’Intervista di Maria Latella prendendo un forte impegno sulle caserme: 385 saranno chiuse. E assicurando che «da qui al 2024 passeremo da 190 mila soldati complessivi a 150 mila, e già nei prossimi anni arriveremo a 170 mila» il ministro ha annunciato: «Sto pensando a una task force che lavori 12 ore al giorno per mettere i beni della Difesa inutilizzati a disposizione dei Comuni ma anche dei privati che abbiano dei progetti per valorizzarli. È un dovere patriottico. Un sindaco o un privato che Stretta di mano Il premier Matteo Renzi, all’uscita dal cancello di casa a Pontassieve, stringe la mano ad Adriano Fontani, un insegnante che era stato per ore ad attenderlo «indossando» un cartellone di protesta: lamenta di essere stato osteggiato in quanto testimone di Geova (Ansa) abbia l’idea di mettere a frutto un bene non più utilizzato deve avere tempi rapidi», ha evidenziato. «Auguro al ministro di avere maggior fortuna di quanta ho avuta io che, per dismettere i beni della Difesa, avevo anche fatto approvare una legge che non so nemmeno se sia sta abrogata o se è ancora in vigore», ha commentato Ignazio La La vicenda Il programma a guida americana 1 Nel 2002 l’Italia firma l’accordo per il Jsf (Joint Strike Fighter), programma internazionale condotto dagli Usa per sviluppare e produrre un aereo militare di nuova generazione: sostiene il 4% dei costi di ricerca Gli ordini italiani dei velivoli 2 L’aereo scelto è il caccia F35 della Lockheed Martin, americana (una linea di assemblaggio è anche in Italia, a Cameri, Novara). Nel 2009 il nostro Paese decide per l’acquisto di 131 velivoli entro il 2026 Il taglio del 2012 e le nuove polemiche 3 Nel 2012, con Di Paola alla Difesa, gli ordini italiani dei caccia sono ridotti da 131 a 90. Nel 2013, con Mauro ministro, è ancora polemica: M5S e Sel chiedono lo stop al programma, che però ottiene il via libera dell’Aula L’F35 Lightning II, noto anche come Joint Strike Fighter, è il più costoso cacciabombardiere mai ideato dal Pentagono e il più audace dal punto di vista tecnologico TRE VERSIONI COSTO MEDIO PER AEREO 74 milioni di euro 88 milioni di euro F35A Variante a decollo e atterraggio convenzionale F35B Variante a decollo corto e atterraggio raggio verticale F35C Variante per l'uso sulle portaerei Russa (Fdi). La razionalizzazione, comunque, colpirà anche i cacciabombardieri della Lockheed Martin. Un piano da 14,3 miliardi di euro in 15 anni per i 90 caccia: 60 a decollo convenzionale (costo medio 74 milioni di euro l’uno) e 30 a decollo verticale (88 milioni l’uno), parte dei quali (una ventina) da impiegare sulla portaerei Cavour. Ripensarci su si può. Anche se, ha spiegato il ministro «la domanda che dobbiamo porci è: ci serve l’Aeronautica? Ci possono essere minacce per le quali ci serve una difesa da parte dell’Aeronautica? Quale tipo di protezione ci può servire? Se non ti fai prima q u es te d o m a n d a — h a spiegato — è difficile poi dire: 90, 100, 30, 0, 1». Meglio aspettare la conclusione dell’indagine conoscitiva del Parlamento. L’indagine è già conclusa. E nella prossima settimana dovrebbe essere votata la relazione di Gian Piero Scanu, capogruppo pd in commissione Difesa alla Camera, che, si legge nella bozza, prevede «un significativo ridimensionamento degli schemi di accordo con la Lockheed Martin sul programma F35». Giacché risultano «confermati i molti dubbi al di là delle gravissime riserve tecniche e operative che fonti specialistiche ufficiali statunitensi continuano ad evidenziare, anche per le versioni a decollo breve». Tra i dubbi: l’accordo non garantisce ritorni industriali o occupazionali significativi, le stime del costo sono troppo variabili, finora non c’è stato nessun negoziato serio per ridurne il prezzo. E l’embargo sull’accesso ai dati sulla tecnologia sensibile determina una dipendenza operativa da istanze politico-industriali statunitensi. I VELIVOLI ORDINATI DAL MINISTERO DELLA DIFESA 60 Prima versione (F35A) per l’Aeronautica 30 Seconda versione (F35B) per la Marina 250 90 I vecchi velivoli che i nuovi F35 dovrebbero rimpiazzare F35 SCHEDA TECNICA Lunghezza Altezza 15,4 m (F35A e F35B) 15,5 m (F35C) 4,6 m Apertura alare 13,1 m (F35B) 10,7 m (F35A e F35C) Fonte: www.jsf.mil e Dipartimento della Sicurezza Nazionale Usa Il responsabile nell’esecutivo Letta Mauro: non c’è coerenza Comprare quegli aerei è da sempre un’idea del Pd Virginia Piccolillo © RIPRODUZIONE RISERVATA Mario Mauro, 52 anni ROMA — «F35 è una parola di sinistra. Nasce con un governo Pd, viene votata da 10 anni dal Pd. Ora, improvvisamente, con questi “chiari di luna” in Crimea e in Ucraina, il Pd decide che non ne abbiamo più bisogno?». L’ex ministro della Difesa, Mario Mauro, ha sempre difeso il programma degli F35. E ieri, all’annuncio del ministro Pinotti di una riduzione del numero di cacciabombardieri, ha espresso dubbi. Perché? Le reazioni L’ex capo di stato maggiore Camporini: il potere aereo è indispensabile. Tricarico (ex Aeronautica): procedere per gradi I timori dei militari: perdiamo peso internazionale ROMA — «Ridurre? Ma di quanto?», si chiede Marcello De Donno, ex capo di stato maggiore della Marina. «Se da 90 scendiamo a 80 si può anche accettare, ma tagli più consistenti sarebbero incomprensibili». La possibilità ventilata dal ministro della Difesa Pinotti di acquistare un numero inferiore di F35 è accolta con una certa inquietudine dai militari. «Già siamo passati dai 131 iniziali a 90 — lamenta un alto ufficiale dell’Aeronautica —. Ridurre ancora sarebbe un errore». E Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore della Difesa, con accento polemico fa notare che l’Aeronautica «ci serve». Serve perché «negli ultimi scenari internazionali in cui siamo stati coprotagonisti abbiamo visto come il potere aereo è un elemento assoluta- mente indispensabile per gestire qualsiasi tipo di crisi. I bombardamenti in Serbia e in Kosovo hanno portato alla caduta di Milosevic; i bombardamenti in Libia hanno portato alla caduta di Gheddafi». Tuttavia è probabile che tagli ci saranno. «Bisogna considerare — continua l’alto ufficiale dell’Aeronautica — che se prendiamo un numero di aerei inferiore, dobbiamo anche rinunciare a una parte del ritorno economico». Questo perché la Lockheed Martin affida la costruzione delle ali del velivolo ai tecnici che operano nella base di Cameri in provincia di Novara. Più cacciabombardieri l’Italia acquista e più commesse riceve di partecipare al progetto realizzando parti meccaniche. Quando si era deciso di comprare 131 velivoli, la Lockheed Martin prevedeva di far costruire in Italia 1.200 ali. Sceso a 90 il totale degli F35 prenotati, la società americana ha ridotto a 835 ali il contributo chiesto all’Italia. Chi non riesce a giustificare tutto questo balletto di cifre è Dino Tricarico, ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica. «È sbagliato — ritiene — fissare oggi un numero complessivo di jet di cui vogliamo dotarci. Meglio procedere in base a una tabella annuale. Nel 2012 abbiamo acquistato tre F35, altri tre li Integrazione L’ammiraglio De Donno: solo spingendo verso l’integrazione europea avremo risparmi significativi abbiamo presi nel 2013. Quest’anno firmeremo ancora contratti per due ulteriori velivoli. Andiamo avanti così per tutto il periodo di questa legislatura. Nel frattempo dedichiamoci alla stesura di un Libro bianco per decidere cosa vogliamo oggi dalla Forze armate. Ci accorgeremmo che molte cose sono superate o inutili e i tagli possibili sono enormi». Tagli che secondo un generale dell’Aeronautica dovrebbero colpire, prima degli F35, altri settori. «Per esempio — dice — è assurdo mantenere una flotta di velivoli per i voli di Stato. Com’è assurdo che la Marina svolga la missione Mare nostrum in soccorso degli immigranti. Queste non sono operazioni di competenza delle Forze armate». Procedendo con gli acquisti di F35 anno dopo anno, come suggerito dal generale Tricarico, si arriverebbe all’acquisizione di 24 caccia totali nel 2025. A quel punto si dovrebbe valutare la prosecuzione del programma. I tecnici ritengono che fino a quella data la portaerei Cavour potrebbe continuare a cavarsela con i 14 Harrier a decollo verticale di cui dispone. Permettendo così di far slittare di qualche anno l’acquisto della versione degli F35 per la portaerei. Ma tutti questi calcoli all’ammiraglio Marcello De Donno sembrano illogici. A suo parere, non si dovrebbe più ragionare secondo criteri nazionali. «Solo spingendo verso l’integrazione delle Forze armate europee, potremo far conto su risparmi significativi». Marco Nese © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 Primo Piano 90 9 I tagli Circa le aziende italiane coinvolte nel programma degli F35, diverse fanno capo a Finmeccanica Ieri il ministro ha parlato di una riduzione degli organici da realizzare entro il 2024 La previsione Le riduzioni per polizia e carabinieri. Sindacati in allarme 10 miliardi Da 190 mila I ricavi potenziali per il sistema industriale italiano secondo l’ad di Finmeccanica Alessandro Pansa a 150 mila Da 30 mila Timone attivatore I militari di Aeronautica, Marina ed Esercito entro il 2024 a 20 mila Le unità di personale civile Motore Pratt & Whitney F135 ROMA — Chiudono gli uffici, vengono ridotti i costi, ma il taglio vero nel settore sicurezza riguarderà gli uomini. Perché entro due anni ci sarà una perdita di almeno 40.000 tra appartenenti alle forze dell’ordine e Vigili del fuoco. E ciò, come aveva ammesso qualche mese fa lo stesso capo della polizia Alessandro Pansa, non potrà non causare problemi nell’attività di controllo del territorio e di prevenzione contro il crimine. Non a caso per i sindacati è proprio questo il primo punto all’ordine del giorno dell’incontro che si svolgerà il 25 marzo con il ministro Angelino Alfano. Il titolare dell’Interno assicura che «si farà di tutto per garantire ai cittadini la massima sicurezza» ma la situazione resa già precaria a causa dei risparmi fatti sino ad ora rischia di essere aggravata ulteriormente dagli obiettivi fissati da Palazzo Chigi nell’ambito della spending review. Alloggiamento delle ruote 385 Caserme e presidi militari che saranno dismessi Sedile eiettabile Gli uomini in campo Ecco i numeri delle Forze armate italiane Esercito italiano 108.355 unità Radar Marina militare 31.000 IL PROGETTO effettivi È un caccia di quinta generazione, monoposto a singolo propulsore, con capacità stealth (cioè di essere poco visibile ai radar). È un velivolo multiruolo: può essere utilizzato per supporto aereo ravvicinato, bombardamento tattico e missioni di superiorità aerea (anno 2012) Aeronautica militare 45.000 Sta Stato maggiore della Difesa effettivi 665 aeromobili CORRIERE DELLA SERA «I programmi militari sono programmi di sviluppo e di innovazione tecnologica che hanno una durata ventennale. Non si può cambiare linea in continuazione. Altrimenti si viene fatti fuori da tutto l’indotto. E questo progetto interessa le piccole e medie imprese, come quella che a Lacedonia costruisce le parti in titanio di quell’aereo. Per loro occorrerebbe avere un po’ di coerenza. Il governo precedente era già passato da 130 a 90. Non è che ogni governo che arriva deve fare un nuovo “taglio e messa in piega” di aerei che sostituiscono la nostra flotta di Tornado e Amx ormai obsoleta». In Parlamento sta per passare una relazione che fa riprendere quota agli Eurofighter. «Per carità — dice Mauro, presidente dei Popolari per l’Italia — il Parlamento è sovrano. Ma quelli sono intercettori. Non cacciabombardieri. E non costano meno degli F35. E poi abbiamo appena tagliato quaranta F35, quanti asili o ospedali sono stati costruiti con quei soldi»? L’ex ministro della Difesa è cau- ❜❜ Indotto Non si può cambiare linea in continuazione, anche per le piccole e medie imprese coinvolte Alle forze dell’ordine 40 mila uomini in meno nei prossimi due anni stico anche sul piano di dismissioni delle caserme. «Il ministro ha detto che vuole mettere su una task-force. Già c’era. L’ho creata appena insediato. Dopo aver stilato l’elenco completo delle caserme che potevano essere riutilizzate. Ma la verità è che non si riesce a far nulla perché gli enti locali pongono mille ostacoli, piani regolatori e altro». E comunque, fa notare Mauro, «le spese grosse le stiamo facendo per la Marina, non per l’Aeronautica. Possiamo anche decidere di fare come il Costa Rica che non ha un’aviazione. Poi però dovremo spiegare alla Nato come facciamo la nostra parte». V.Pic. © RIPRODUZIONE RISERVATA Età media: 47 anni Sono le relazioni ufficiali a fornire il quadro aggiornato alla fine del 2013. Si scopre così che l’Arma ha una pianta organica di 118 mila unità, ma può contare su 105 mila che diventeranno 95 mila nel 2016. Gravi carenze anche per la polizia che da un contingente previsto di 110 mila operatori, conta su 95 mila e arriverà a 87 mila. Non sta meglio la Guardia di finanza con 68 mila militari che dovrebbero essere in servizio, 60 mila effettivi e una riduzione fino a 56 mila tra due anni. Il totale parla chiaro: dalle attuali 260 mila persone in servizio si arriverà a 238 mila, senza contare gli ulteriori tagli e i concorsi che hanno numeri di promossi sempre più esigui. «Il vero problema — chiarisce il segretario nazionale del Sap, il sindacato autonomo di polizia, Gianni Tonelli — riguarda i “vuoti”, ma pure la qualità perché negli anni 80 l’età media degli agenti era di 25 anni e adesso siamo saliti addirittura a 47, con tutte le difficoltà operative che questo comporta. Senza nuovi innesti i tagli al personale creeranno reparti sempre più “vecchi”». Anche l’Associazione funzionari ha molto battuto su questo tasto e non a caso Enzo Letizia sottolinea «la volontà di collaborare per eliminare gli sprechi, senza per questo cedere di un passo nella protezione dei cittadini, ma anche nella tutela degli agenti che svolgono il proprio lavoro con stipendi sempre più esigui, tagli agli straordinari e 260 mila il personale in servizio tra carabinieri, polizia e Guardia di finanza. Tra due anni, dopo i tagli, si arriverà a 238 mila: 95 mila per l’Arma, 87 mila agenti e 56 mila finanzieri 24 mila i mezzi su cui può contare la polizia: ma un terzo di questi sono in riparazione e le volanti hanno in media 200 mila chilometri. A Roma su 1.600 macchine, 500 sono rotte 700 milioni sono i risparmi del comparto sicurezza: con la chiusura di centinaia di sedi, la soppressione di interi reparti e il trasferimento degli uffici in immobili demaniali alle indennità e soprattutto rischi nella propria attività quotidiana». Sono i dati del Sap a dire che ci sono «duemila agenti in meno a Roma, mille a Milano, Napoli e Palermo, cinquecento a Torino e Bari, trecento a Bologna e Firenze». Scorte e auto di servizio I sindacati hanno bene in mente le richieste da portare al tavolo con il ministro. E insisteranno particolarmente sulla carenza di mezzi e risorse, emergenza annosa ma sempre più attuale. «La riduzione della scorte — spiega Tonelli — ci consentirebbe di recuperare 1.000 agenti sui territori che equivalgono a 500 volanti e gazzelle. E soprattutto di contare su un parco auto migliore di quello attuale che ha problemi davvero allarmanti». L’elenco è lungo ed eloquente: la polizia può contare su 24 mila mezzi, «ma un terzo sono in riparazione costante e le volanti hanno in media 200 mila chilometri». Quando le gomme devono essere cambiate, la macchina si ferma perché non ci sono i soldi. A Milano, Torino e Bari circolano tra le 500 e le 550 autovetture, ma almeno 150 sono in officina. A Napoli su 1.000 autovetture, 300 non si muovono. Roma è in linea: su 1.600 macchine, 500 rotte. La carenza di risorse Il governo guidato da Matteo Renzi ha chiesto al commissario Carlo Cottarelli tagli per miliardi di euro e il comparto sicurezza farà la sua parte con un risparmio di almeno 700 milioni di euro grazie alla chiusura di centinaia di sedi, soppressione di interi reparti, trasferimento degli uffici in immobili demaniali. Alfano non smentisce interventi così pesanti e non basta a rassicurare i sindacati il suo impegno perché «il governo non mollerà mai le forze dell’ordine». All’incontro del 25 marzo le rappresentanze dei poliziotti porteranno l’elenco dei tagli già effettuati negli anni scorsi che hanno portato da uno stanziamento iniziale di poco superiore ai 7 miliardi ad un fondo cassa complessivo bloccato a due miliardi e mezzo. «I cento milioni stanziati a dicembre dall’esecutivo guidato da Enrico Letta — evidenzia Tonelli — sono già finiti. Con la sicurezza non si può scherzare, è bene che tutti lo tengano a mente». Fiorenza Sarzanini [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera 10 Primo Piano Il governo Il viaggio Renzi a Berlino, vertice con Merkel Un patto anti populisti (e sul deficit) La proposta del premier. «Non siamo asini da mettere dietro la lavagna» DAL NOSTRO INVIATO BERLINO — Si chiama Adf la carta vincente di Matteo Renzi nei confronti di Angela Merkel. Non sarà il «Jobs act» già tradotto in tedesco che il premier porterà alla Cancelliera a sfondare il muro della diffidenza tedesca nei confronti dell’Italia. Su quel programma il presidente del Consiglio fa gran conto ma non gli servirà a risolvere la questione delle questioni. E cioè convincere Merkel che questo esecutivo fa sul serio. «Rimarrà colpita da quel lavoro», assicura lui, ripetendo che andrà all’incontro senza «la trepidazione di chi vuol farsi approvare i propri progetti», ma semplicemente con la volontà di «spiegare che cosa intendiamo fare per dare una svolta a questo Paese». Dunque sarà l’Adf la chiave di volta per ammorbidire la Cancelliera. Il premier italiano lo sa e per questa ragione non sembra oltre modo preoccupato di quello che tutti dipingono come l’incontro da cui dipendono le sorti dell’Italia. Ma che cosa è mai questa sigla che assicura un vantaggio a Renzi e rappresenta una fonte di preoccupazione per Merkel? E' l’Alternative für Deutschland, il partito anti euro che la Cancelliera vorrebbe tenere a freno e che nei sondaggi invece avanza (è dato all’otto per cento, cioè il doppio di quanto ha preso alle Politiche ) mentre la Cdu è in calo. Ecco, è in nome di questa «comune alleanza contro il populismo antieuropeo» che Renzi convincerà Merkel a dargli fiato e spazio. E a concedergli, se proprio ve ne fosse il bisogno, la possibilità di arrivare dall’attua- le 2,6 al 2,8 nel rapporto deficit/ Pil che ha come tetto il 3 per cento. Ed è questo il motivo che spinge il presidente del Consiglio a dichiarare spavaldo al Tg5: «Non siamo asini da mettere dietro la lavagna, siamo l’Italia. Riprendiamo l’orgoglio di essere italiani». A vederlo da Berlino il nostro Paese, a dire il vero, è quello di sempre. I giornali tedeschi sono, com’è naturale, molto più interessati a quello che sta avvenendo in Ucraina e in Crimea. Ma questo non vuol dire che anche per Merkel l’incontro di oggi non abbia un suo significato. La Cancelliera tedesca è interessata al giovane e «irruento» (così lo ha definito lei) premier italiano che annuncia: «Se facciamo bene il nostro dovere potremo avere la guida dell’Europa per i prossimi venti anni e non dovremo stare nel vagone dei ritardatari». Dichiarazioni fatte ai microfoni del tg di casa Mediaset che non si discostano tanto dalle confidenze del Renzi privato: «Vedrete come riusciremo, una volta arrivati alla guida del semestre europeo, a cambiare la politica della Ue, perché il rigore da solo non basta, questo lo hanno capito tutti, a cominciare dagli Stati Uniti di Obama». Oggi a Merkel, comunque, il premier spiegherà a grandi linee, anche il progetto del «Jobs act». E' un piano a cui Renzi tiene molto, come non si stanca di ripetere. «A me — è il suo ragionamento — interessano i giovani e non i sindacati». E soprattutto interessa «ridare ai giovani la speranza di un futuro»: «Per questo abbiamo deciso di cambiare il contratto di apprendistato che era un incubo burocratico che bloccava tutto». Toccherà al ministro del Lavoro Poletti, in Germania, come in Italia, spiegare quali sono le linee guida del «Jobs act». Già, perché insieme al presidente del Consiglio in questo vertice di oggi ad ampio spettro saranno presenti, oltre al già citato Poletti, i ministri Pier Carlo Padoan, Federica Mogherini, Maurizio Lupi, Federica Guidi e Roberta Pinotti, nonché un delegazione confindustriale, anche se, com’è ovvio, l’attenzione e i riflettori saranno tutti puntati sull’incontro a due tra Matteo Renzi e Angela Merkel. E infatti, benché sia accompagnato da una così vasta delegazione, che verrà intrattenuta stasera a cena, il presidente del Consiglio è convinto, più che convinto, che sarà il colloquio tra lui e la Cancelliera a sbloccare la situazione: «Di queste cose è meglio occuparsene direttamente. Io so perfettamente che cosa voglio andare a dire alla Merkel e che cosa voglio che loro capiscano di ciò che sta succedendo in Italia, perché le riforme che stiamo facendo danno stabilità al nostro Paese ma stabilizzano anche l’Europa». Maria Teresa Meli © RIPRODUZIONE RISERVATA Gli incontri A «Che tempo che fa» Il vertice all’Eliseo: l’asse con Hollande Bersani: ho le mie idee ma sono fedele alla ditta 1 Sabato Matteo Renzi ha incontrato a Parigi il presidente della Repubblica francese François Hollande: «Ora crescita e lavoro. Insieme alla Francia possiamo e dobbiamo cambiare l’Europa», ha detto il premier italiano. Hollande ha elogiato le riforme annunciate da Renzi: «Dobbiamo farne anche noi, molti punti in comune». A Parigi, con il premier, anche la moglie Agnese, che ha visitato il Musée D’Orsay Oggi in Germania con la Cancelliera 2 Oggi a Berlino è previsto un summit tra Renzi e Angela Merkel. In programma anche una serie di incontri bilaterali. L’Italia sarà rappresentata anche dai ministri dell’Economia Pier Carlo Padoan, dello Sviluppo economico Federica Guidi, delle Infrastrutture Maurizio Lupi, del Lavoro Giuliano Poletti, della Difesa Roberta Pinotti e degli Esteri Federica Mogherini Il faccia a faccia a Bruxelles 3 Giovedì prossimo a Bruxelles, prima dell’inizio del vertice Ue dei capi di Stato e di governo, il presidente del Consiglio Matteo Renzi incontrerà il presidente della commissione José Manuel Barroso. Al centro del colloquio il semestre italiano di presidenza Ue. Barroso potrebbe essere un prezioso alleato di Renzi per una politica alternativa all’austerità a tutti i costi Pier Luigi Bersani, intervistato a Che tempo che fa (foto Ansa), ha ribadito il suo sostegno a Matteo Renzi, con qualche riserva. «Ho salvato il cervello per un pelo — ha commentato — non posso consegnarlo così. Bisogna aspettarsi da me lealtà e fedeltà alla ditta ma anche qualche opinione e buon consiglio». E ha aggiunto: «La partenza di Renzi è positiva, ci sta mettendo un atteggiamento sfidante e molto combattivo che ci vuole». L’ex segretario, accolto da una standing ovation del pubblico, resta invece critico sulla legge elettorale: «Non sono convinto: deve essere migliorata». © RIPRODUZIONE RISERVATA Le tensioni A Roma ambulanze e tessere scagliate. A Salerno un deputato si è barricato nella sede del partito Calci, sputi e denunce. La rissa democratica nel Pd Nel territorio le battaglie sulle primarie: sospetti e file anomale di extracomunitari E sabato il caos all’assemblea del Lazio «E poi... Poi, Matteo, ci sarebbe... beh, sì, insomma: a Roma si sono menati», raccontavano ieri mattina a Matteo Renzi, che vuol essere sempre informato su tutto quando accade all’interno del suo partito, il Pd. «Menati, scusa, come? E dove? Ma che dici?» (Renzi, tra stupore e fastidio). «È successo all’assemblea regionale. Stavano ratificando la nomina del segretario, dopo le primarie. Poi hanno iniziato a litigare. Sembra che uno, poveretto, sia perfino finito all’ospedale». Renzi, a quel punto, si è fatto spiegare meglio (come vedremo, le primarie del Partito democratico stanno seminando ovunque, in Italia, liti furiose e denunce alla magistratura). A Roma la scena è particolarmente tragica. I protagonisti sono tutti personaggi minori, locali: ma se provate a non farvi condizionare dai loro cognomi sconosciuti, ciò che è accaduto vi apparirà assai grave, ed emblematico. Sabato pomeriggio, centro congressi della Cgil, molti invitati eccellenti (il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, il sindaco di Roma Ignazio Marino, più altri parlamentari di rango: Stefano Fassina, Enrico Gasbarra, David Sassoli). La rissa esplode quando — proclamato segretario Fabio Melilli — la maggioranza del partito decide di eleggere presidente non Lorenza Bonaccorsi, renziana sconfitta da Melilli alle primarie, ma Liliana Mannocchi, nemmeno delegata però fedelissima di Marco Di Stefano, un deputato che nel Lazio controlla un mucchio di voti. Calci e sputi (letteralmente). Due tes- sere centrano Melilli sul viso. Pernacchie, fischi, urla. Massimiliano Dolce, un delegato arrivato da Palestrina, crolla a terra, colpito da un principio di crisi epilettica. Sirene di ambulanze, fotografi scatenati. E piccolo, gustoso retroscena politico: la cortesia a Marco Di Stefano sarebbe stato un gentile omaggio organizzato dal potente Goffredo Bettini che, in vista di una sua candidatura alla elezioni europee, già tesse alleanze. «È una ignobile falsità!». Sarà. «Io non conosco neppure fisicamente certe persone! La verità è che se si affermassero certe mie idee, finirebbe la gio- stra dei patti tra cordate che purtroppo...». Proprio lei, il potente Bettini che parla di cordate? «Basta! Mi creda: questa storia del “potente” Bettini sta diventando un alibi per chi non vuole o non sa dirigere. Da anni, ormai, chi gestisce il partito mi tiene ai margini». Comunque la sua candidatura alle Europee ha bisogno di voti. E quel Di Stefano ne porta in dote parecchi. «Una mia candidatura è spinta da amplissimi settori del partito e della società civile. E se Di Stefano pure mi voterà, beh, lo vedremo solo nei prossimi mesi...». Nei prossimi mesi sarà interessante anche verificare lo stato di salute dell’intero partito. A Modena, le consultazioni per scegliere il candidato sindaco sono degenerate nel volgere di due giorni. La seconda classificata, Francesca Maletti, ha presentato un esposto per denunciare l’irregolarità del voto degli stranieri nei seggi: qualcuno avrebbe fornito agli extracomunitari i due euro necessari per votare e ad un gruppo di filippini sarebbe addirittura stato offerto il pranzo. Commento di Matteo Richetti (comandante delle truppe renziane in EmiliaRomagna, gran frequentatore di talk show): «Irresponsabili». È andata quasi peggio — «Siete inefficienti e inaffidabili» — ai capetti e caporali del Pd lucano in trasferta a Roma per chiedere a Lorenzo Guerini, il portavoce del partito, uno slittamento del congresso che, nei loro progetti, sarebbe stato utile a «ricompattare il partito». Un partito, sul territorio, non si ricompatta in poche settimane. In Campania, per fare un esempio, divisi erano e divisi sono rimasti. Sfiorando il 60% dei consensi, il nuovo segretario regionale è l’avvocato Assunta Tartaglione di anni 43, vicina a Matteo Renzi e, quindi, anche a Vincenzo De Luca, il sindaco di Salerno noto per I casi Roma Urla e spintoni all’assemblea regionale del partito Bari Contestazioni per l’affluenza record, considerata sospetta Modena Presunte irregolarità nel voto degli stranieri avere un controllo delle tessere quasi militare: e stavano ancora lì, a votare, i militanti, quando Guglielmo Vaccaro, 47 anni, deputato di tempio lettiano, che sarà poi il primo degli sconfitti (al 27%), decise di barricarsi nella sede del partito, in via Giovanni Manzo. «Un voto ogni 26 secondi mi sembra un po’ troppo, no?». Accadono cose strepitose nelle varie primarie del Pd, che poi — spesso — si perdono nelle pagine delle cronache locali. Per dire: sapete cos’è accaduto in Sicilia? È accaduto che a capo della segreteria regionale hanno eletto Fausto Raciti, 30 anni, un ragusano determinato, cortese, battezzato in politica da D’Alema, fatto eleggere alla Camera da Bersani, appoggiato dai renziani di Faraone e sostenuto infine da chi? Da Mirello Crisafulli, l’ex senatore di Enna cacciato dalle liste del Pd perché ritenuto impresentabile e, addirittura — fare piccolo esercizio di memoria, prego — insultato dal palco della Leopolda, quando vennero ricordati i suoi presunti rapporti con un boss mafioso. Dice Raciti, senza scomporsi: «Noi, temo, facciamo troppe primarie». A Firenze, in effetti, per un po’ hanno pure pensato di non farle: per sostituire a Palazzo Vecchio il sindaco diventato premier poteva correre direttamente Dario Nardella. Poi hanno cambiato, saggiamente, idea. Le primarie si fanno, ma senza che a Nardella sia opposto il più temibile degli avversari: Eugenio Giani. Giani ha rinunciato? No: Giani è stato chiamato a Roma, a Palazzo Chigi. Inventato, per lui, un incarico ad personam: consigliere per le Politiche dello sport. Perché non è che poi le primarie debbano sempre finire in rissa. Fabrizio Roncone © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 Primo Piano 11 I partiti Il centrodestra La fidanzata del Cavaliere in tribuna Firme per la grazia, Berlusconi irritato: iniziativa sbagliata Big fuori dalle liste per Strasburgo ROMA — «Con questa iniziativa hanno passato il segno. La Santanchè s’è indebitamente appropriata di un’idea che semmai doveva essere lanciata dai club, mica da lei. Secondo voi, io avrei mai affidato un appello per la mia grazia a una persona che è apertamente ostile al presidente della Repubblica? Secondo voi, io avrei messo in mano questa iniziativa a una che non va d’accordo con almeno tre quarti del partito? Questa storia avrà delle conseguenze…». Tra le pochissime persone presenti ad Arcore nella tarda serata di sabato c’è chi giura che un Silvio Berlusconi così imbufalito non lo si vedeva da mesi. E dire che a interrompere l’adagio di una giornata tutto sommato tranquilla era stato, poco prima, lo squillo di un cellulare. Dall’altra parte del telefono, c’è chi chiede a Berlusconi lumi della raccolta di firme che Daniela Santanchè ha annunciato. Firme da presentare a Giorgio Napolitano, per la grazia all’ex premier. Il Cavaliere ascolta l’interlocutore. E il suo volto diventa inespressivo come quello di una statua di sale. Quasi non ci crede. «Io non ho autorizzato la Santanchè a fare appelli o a raccogliere firme», è la sua prima reazione. Poi, tempo qualche secondo, un qualcosa di molto simile agli effetti di un travaso di bile: «La Santanchè ha cercato a tutti i costi di avere un incarico. E alla fine ha ottenuto di occuparsi del fund raising...». Non c’è soltanto la storia dell’appello «a sua insaputa». C’è anche, quantomeno nella testa di Berlusconi, una sfilza di «strani movimenti» dentro il partito che ad Arcore non piacciono neanche un po’. Uno di La vicenda La condanna Ad agosto la Cassazione ha confermato per Silvio Berlusconi la condanna a 4 anni, di cui 3 coperti da indulto, per frode fiscale. La Suprema Corte ha stabilito che la pena accessoria andava ricalcolata La legge Severino In base alla legge Severino , Berlusconi è incandidabile per sei anni. C’è poi la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici: la Cassazione deciderà a partire dal 18 marzo sui 3 anni stabiliti lo scorso ottobre dalla Corte d’appello questi è stato il varo del governo ombra di Gianfranco Rotondi, lo shadow cabinet partorito dalla mente dell’ex ministro neodemocristiano di cui fa parte, tra gli altri, proprio la Santanchè. Anche di quest’iniziativa il Cavaliere sapeva poco o nulla. E infatti, quando gli avevano segnalato che la prima riunione s’era tenuta proprio nei locali del quartier generale forzista di San Lorenzo in Lucina, l’ex premier prima s’era infastidito («Ma chi gliel’ha data l’autorizzazione?»). Poi, forse per un moto di simpatia umana verso l’amico irpino Rotondi, aveva Francesca e il «selfie» a San Siro In campo i rossoneri vengono travolti, in dieci, dal Parma di Cassano e compagni che segnano ben quattro gol contro i due della squadra di casa. E mentre sugli spalti la contestazione alla squadra si fa pesante, in tribuna la fidanzata di Berlusconi Francesca Pascale, in completo bianco, foulard e camicia di jeans, accompagnata dall’amica e collaboratrice Alessia Ardesi, non perde il sorriso e si concede a qualche selfie con i «vicini». (foto LaPresse) © RIPRODUZIONE RISERVATA deciso di soprassedere. «Tanto, è solo folklore…». Difficile però soprassedere su alcune delle mosse di Denis Verdini, che ad Arcore vengono guardate con sospetto. Tra queste, il fatto che l’uomo macchi- na di Berlusconi si sia fatto vedere con Nicola Cosentino e con esponenti come la consigliera regionale Luciana Scalzi, che hanno aderito a Forza Campania. Da qui la decisione che il Cavaliere avrebbe preso ieri se- ra, quando la ferita per l’ennesima sconfitta del Milan non s’era ancora rimarginata e in casa era solo con la fidanzata Francesca e pochi fedelissimi. «Non ci saranno parlamentari di Forza Italia tra i candidati alle elezioni Le candidature Il Cavaliere ha annunciato di avere intenzione di presentarsi come capolista in tutte le 5 circoscrizioni previste per le Europee. Questo non sarebbe possibile se la Cassazione confermasse l’interdizione entro il 15 o 16 aprile, data entro cui si devono presentare le candidature Il ricorso I legali di Berlusconi potrebbero far ricorso contro l’esclusione di Berlusconi dalle liste elettorali prevista dalla legge Severino al Tar o in Cassazione. Se venisse sollevata una questione di costituzionalità potrebbe aprirsi uno spiraglio per l’ex premier L’iniziativa Daniela Santanchè ha lanciato «un appello a Napolitano affinché conceda la grazia» Centristi Udc e popolari Per l’Italia, alleanza alle elezioni «Udc e Popolari per l’Italia presenteranno alle prossime elezioni europee una lista comune. Questa decisione fa seguito ai colloqui intervenuti nell’ambito delle forze politiche di ispirazione popolare che hanno sostenuto il governo Letta e ora sostengono il governo Renzi»: lo hanno annunciato in una nota congiunta il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa e il presidente dei popolari Per l’Italia Mario Mauro. «Il fatto che negli ultimi giorni popolari Per l’Italia, Udc e Centro democratico abbiano intensificato il confronto in vista delle Europee, e non solo, costituisce un elemento nuovo e positivo per la politica italiana», ha © RIPRODUZIONE RISERVATA commentato Lorenzo Dellai. Sarà un Monviso rosso il simbolo di Chiamparino Il logo Un profilo del Monviso in colore rosso con la scritta «Chiamparino per il Piemonte»: è il simbolo che il candidato del centrosinistra ha scelto per le Regionali piemontesi. «In quella montagna — ha detto l’ex sindaco di Torino durante una visita nel Cuneese — tutto il Piemonte si riconosce, in giornate belle come queste si vede da tutta la Regione». © RIPRODUZIONE RISERVATA cartier.it - 02 30 26 748 Regionali in Piemonte TANK MC M OV I M E N TO M A N I FAT T U R A 1 9 0 4 M C DALLA CREAZIONE DEL PRIMO OROLOGIO TANK NEL 1917, LA COLLEZIONE TANK HA CONTINUATO A RINNOVARSI E SPERIMENTARE NUOVE SOLUZIONI. L’ESTETICA INCREDIBILMENTE RAFFINATA DEL NUOVO TANK MC È DOTATA DEL MOVIMENTO MANIFATTURA CARTIER 1904 MC. FONDATA NEL 1847, LA MAISON CARTIER CREA OROLOGI D’ECCEZIONE CHE COMBINANO AUDACIA ESTETICA E SAVOIR-FAIRE OROLOGIERO. europee». E il veto riguarderebbe non solo Raffaele Fitto, che sulla corsa nella circoscrizione Meridionale aveva già puntato diverse fiches. Ma anche «vecchie glorie» del berlusconismo come Nicola Cosentino, appunto, o come Claudio Scajola. «No, non saranno candidati». Perché, sotto sotto, il cruccio che agita i sonni berlusconiani è uno solo. Ed è quella «strana sensazione» che il partito si stia preparando al 10 aprile, quando la decisione del tribunale di Milano sulla pena principale potrebbe metterlo fuori gioco per un po’. Il resto l’ha fatto inconsapevolmente Altero Matteoli, che tempo fa gli ha raccontato della «vecchia scelta sciagurata» di Fini di candidare i colonnelli di An alle europee. Doveva essere una competizione sana e invece s’era trasformata in una guerra fratricida a colpi di preferenze. «Ma io non farò lo stesso errore di Fini», è l’adagio berlusconiano. «Li fermerò prima, in un modo o nell’altro». E rimane sempre in piedi l’ipotesi della candidatura alle Europee per la quale il Giornale sta raccogliendo le firme. Tommaso Labate © RIPRODUZIONE RISERVATA 12 Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 Primo Piano 13 ❜❜ I partiti Il personaggio L’intervista All’Unità sparavo contro Craxi tutti i giorni. Ma il suo governo è stato tra i migliori: Visentini, Spadolini, Martinazzoli, Andreotti, Scalfaro... Il ricordo: mi legai a Erminia Peggio, sorella di un dirigente pci, una storia difficile. Lei si suicidò e Amendola volle che fossi accusato di scorrettezza morale Insieme Emanuele Macaluso, a sinistra, con Enrico Berlinguer il 17 aprile 1982 a una manifestazione del Pci a Milano (Fotogramma) «Berlinguer divenne segretario perché era il più togliattiano di tutti» Macaluso: Napolitano? Penso lascerà fra sei mesi, dopo la riforma elettorale di ALDO CAZZULLO Emanuele Macaluso — capo della Cgil siciliana con Di Vittorio, nel comitato centrale del Pci con Togliatti, capo dell’organizzazione con Longo, direttore dell’Unità con Berlinguer, amico di una vita di Napolitano — venerdì prossimo compie 90 anni. Qual è il suo primo ricordo? «Matteotti. Fu ucciso che avevo un anno, ma mio padre me ne parlava sempre». Suo padre era antifascista? «Fu costretto a prendere la tessera del fascio per riavere il posto in ferrovia: La scelta era stato licenziato per La sua elezione aver preso parte agli scioperi del ’22. Per tutto il al Quirinale non ventennio fu inchiodato fu mica grazie a alla qualifica di manovale, D’Alema e Veltroni anche se faceva il fuochista. Mangiava mezzo chilo di pasta e beveva un litro di vino nero di Vittoria, ma era magro come un chiodo: impalava tonnellate di carbone al giorno. La prospettiva Aveva fatto la Grande Per il Colle, poi, ci Guerra e iniziato a lavorasaranno solo Prodi re come muratore a otto Sempre meglio che e Amato. Ma sono anni. scendere in miniera, petroppe le resistenze rò». Cosa ricorda delle zolfare? «Entrambi i miei nonni erano minatori. Rivedo la corsa delle donne scarmigliate, dopo che si era saputo dell’esplosione di grisù, per vedere se tra i morti c’era il marito o un figlio. Io stesso sono perito industriale minerario. I figli degli operai non potevano fare il liceo». Come divenne comunista? «Una notte cominciai a vomitare sangue. Mi portarono in sanatorio. Tubercolosi. Mi facevano dolorose punture di aria per immobilizzare i polmoni, nella speranza che la ferita guarisse. Quasi tutti i ragazzi che erano con me morirono. Io sognavo di arrivare a trent’anni. Il sanatorio era in fondo al paese, da lontano si vedevano i passanti con il fazzoletto premuto sulla bocca. L’unico amico che mi veniva a trovare, Gino Giandone, era comunista». Lei prese la tessera del Pci clandestino nel ’41. «Fu un gesto di ribellione contro un mondo di una miseria e di un’ingiustizia medievali. Un giorno in miniera morirono quattro “carusi”. Nella cattedrale di Caltanissetta c’erano tre bare. La quarta rimase sul sagrato. Era morto “in peccato” perché non era sposato in chiesa. Lo rifiutarono anche cadavere!». (Macaluso picchia il pugno sul tavolo della trattoria del Testaccio, il quartiere romano dove vive. Sul tavolo fave, pecorino, sarde, e un solo bicchiere, per il vino. «Non bevo mai acqua, rovina i sapori»). Il primo maggio ’47 era a Portella della Ginestra? ❜❜ ❜❜ «No, parlai per commemorare la strage, un anno dopo. Ma ero a Villalba quando Calogero Vizzini, il capo della mafia, fece sparare sul nostro comizio. Io mi gettai a terra. Girolamo Li Causi rimase in piedi e fu ferito a una gamba. Zoppicò per tutta la vita. Un personaggio leggendario. Per i suoi comizi in siciliano arrivavano da tutta l’isola. L’ho amato molto. Come Di Vittorio, un uomo dolcissimo, e Pompeo Colajanni, “Barbato”, il comandante partigiano che liberò Torino. Lina, la mia donna, era incinta. Lui previde che avrebbe avuto due gemelli. Li ho chiamati Antonio, come mio padre, e Pompeo, come lui». Lei e Lina foste arrestati per adulterio. «A vent’anni Lina aveva già due figli, da un marito anziano. Andammo a vivere insieme. Ci portarono in carcere e ci diedero sei mesi, in parte condonati. Ma nel Pci non tutti furono dalla mia parte. Per un anno Paolo Robotti visse in Sicilia. Portava un busto di ferro, a Mosca l’avevano torturato per indurlo ad accusare Togliatti, che era suo cognato, ma lui aveva taciuto. Diceva: “Se lo si vuole davvero, si resiste”. Vero uomo sovietico. Robotti mangiava ogni giorno a casa nostra, e nei suoi rapporti, come lessi nel dossier Mitrokhin, mi descriveva come moralmente degenerato». Negli Anni 60 lei ebbe un altro amore doloroso, vero? «La relazione con Lina era esaurita. Mi legai a Erminia Peggio, sorella di un dirigente del partito, Eugenio. Ma io non ero pronto a troncare con la mia famiglia. Erminia soffrì molto. Dopo alcuni mesi si suicidò. Fu un dolore terribile». I 90 anni La politica Emanuele Macaluso, nato a Caltanissetta il 21 marzo 1924 (compirà 90 anni venerdì), ex deputato e senatore del Pci (per sette legislature), è stato anche sindacalista nelle file della Cgil Il giornalismo Macaluso è stato direttore de L’Unità (negli anni Ottanta) e de Il Riformista (tra il 2011 e il 2012). Saggista, ha pubblicato negli anni diversi volumi Che ebbe conseguenze politiche. «Giorgio Amendola chiese a Eugenio Peggio di formalizzare un’accusa di “scorrettezza morale” nei miei confronti». Perché lo fece? «Un po’ perché Amendola era un puritano, legatissimo alla moglie, non a caso sono morti insieme. Un po’ perché avevamo contrasti politici. Con Longo segretario, il partito era in mano a Berlinguer, capo della segreteria, a Natta e a me, capo dell’organizzazione. Ci chiamavano il “trio”. Amendola voleva spedire Berlinguer in Lombardia e me in Veneto. Longo si oppose». Che ricordo ha di lui? «Un grande segretario. Il più aperto a laici e socialisti, mentre Berlinguer vedeva solo la Dc. Fu Longo a portare Parri in Parlamento come indipendente di sinistra». Giuseppe Boffa lo definì per certi aspetti il miglior segretario che il Pci abbia mai avuto. «Ora non esageriamo. Il miglior segretario è stato Palmiro Togliatti. Un intellettuale di statura europea, uno che teneva testa a Stalin…». Non sempre gli tenne testa. «All’hotel Lux viveva come un prigioniero. A chi gli chiedeva di intercedere presso Stalin contro le purghe, rispondeva: “Non posso. Ma quando saremo in Europa la nostra bussola sarà la democrazia”. Nel ’49 Stalin gli chiese di andare a dirigere il Cominform. Tutti i capi del Pci, tranne Terracini e Di Vittorio, erano d’accordo. Lui rifiutò, con una lettera durissima: “Il Cominform non serve a nulla”. Sei mesi dopo Stalin lo sciolse». Togliatti era antipatico? Verso le Europee Grillo: andremo a Bruxelles con 20-30 eurodeputati Beppe Grillo inizia la volata elettorale. «Se il M5S avrà una forte affermazione ed entrerà nel Parlamento europeo con 20-30 eurodeputati gli attuali equilibri salteranno. Il M5S non è Eurosì o Eurono», scrive sul blog. E ancora: «Il voto europeo è anche un voto nazionale. Se il M5S si affermasse come primo gruppo politico, Napolitano non potrebbe più tirare a campare con i suoi giochi di Palazzo, dovrebbe sciogliere le Camere e indire nuove elezioni». Il leader ha postato anche i risultati del «sondaggio» sul «più grande contapalle tra i presidenti del Consiglio della Repubblica Italiana». «Fino all’ultimo è stato un testa tra Berlusca&Renzie in cui alla fine l’ha spuntata Berlusconi». © RIPRODUZIONE RISERVATA Salvini sfida il leader M5S: lo incontrerei volentieri Sul blog Il post di Beppe Grillo «In Europa per l’Italia», in cui il leader ipotizza di poter contare su 20-30 eurodeputati dopo il voto di maggio La Lega Nord tende una mano al Movimento Cinque Stelle in vista della prossima campagna elettorale. «Incontrerei volentieri Grillo per parlare di euro e lanciare con lui una sfida sui progetti», ha detto il segretario del Carroccio, Matteo Salvini. Per Salvini,però, il referendum ipotizzato da Grillo «la Costituzione lo impedisce». «La posizione della Lega è chiara: basta euro, fuori dall’euro ripartono lavoro e speranza». «Adesso sono tutti antieuro, a parole, noi — precisa Salvini — lo siamo nei fatti. Ci davano per matti quando dicevamo che questo euro ci avrebbe massacrati e se altri arrivano, dopo vent’anni, sulle posizioni della Lega, Grillo compreso, benvenuti». © RIPRODUZIONE RISERVATA «Niente affatto. Dopo l’esilio era affamato di Italia. Lo portai a Monreale e ne fu felice. Gli piacevano le trattorie romane, le passeggiate in Valle d’Aosta. Prima di partire per l’ultimo viaggio in Urss, mi chiamò da parte a Montecitorio e mi disse: “Se tardo, mandatemi un telegramma per richiamarmi con urgenza. Voglio andare a Cogne a respirare”». Invece morì. E, dopo Longo, venne Berlinguer. Che viene considerato molto diverso da Togliatti. Non a caso ruppe con Mosca. «Ma Berlinguer fu scelto proprio perché era il più togliattiano di tutti noi! Il suo prestigio veniva anche dal fatto che era stato Togliatti a indicarlo per il futuro del partito. Certo, non ne fu l’esecutore testamentario, seppe adattarsi alle circostanze. Ma la sua politica è tutta dentro il togliattismo: l’incontro con i cattolici, il compromesso storico, la solidarietà nazionale. Quando Veltroni disse che lui non era mai stato comunista, gli scrissi un biglietto: “Se sei andato a Palazzo Chigi con Prodi, lo devi a Palmiro Togliatti”». D’Alema è meglio di Veltroni? «D’Alema si è illuso di tenere tutto insieme, ma la sua politica e i suoi comportamenti hanno segnato una cesura. La loro generazione si è comportata male nei confronti di Natta, e non solo. Chi non era d’accordo era fuori. Con Berlinguer eravamo in dissenso sul rapporto con i socialisti, ma lui mantenne Napolitano capogruppo alla Camera, Chiaromonte al Senato e fece me direttore dell’Unità. Tre suoi critici». Napolitano è stato eletto al Quirinale. «Ma mica grazie a loro! Il candidato di Fassino era D’Alema. Diede anche un’intervista al Foglio per indicarne il programma…». Su Craxi non aveva ragione Berlinguer? «Craxi commise un errore capitale dopo l’89: anziché allearsi con noi, fece il Caf con Andreotti e Forlani. Ma il suo governo è stato tra i migliori della storia repubblicana. All’Unità gli sparavo contro tutti i giorni; ma aveva Visentini alle Finanze, Spadolini alla Difesa, Martinazzoli alla Giustizia, Andreotti agli Esteri. E Scalfaro, che è stato un coraggioso ministro dell’Interno». Lei sparava anche contro Repubblica. «Per forza. Secondo Scalfari tutto si giocava tra Craxi e De Mita. E fu proprio De Mita, dopo il crollo della Dc nell’83, a fare il nome di Craxi per Palazzo Chigi. Ricordo che Berlinguer si infuriò. Non l’avevo mai visto così arrabbiato». Quando vide per la prima volta Napolitano? «Nel 1950, in Sicilia. Faceva il militare. Aveva ancora i capelli. Non moltissimi però». Quanto durerà il suo secondo settennato? «Non ci sarà un secondo settennato. Lui stesso si è dato un tempo di 18 mesi. Ne restano poco più di sei. Credo proprio che, quando il Senato avrà approvato la riforma elettorale, si dimetterà. Non voleva assolutamente accettare la rielezione. Gli chiesero di sacrificarsi perché non c’era via d’uscita. Ora se ne sono già dimenticati». Perché è così scettico su Renzi? «Renzi è figlio di un’epoca che non capisco. La cultura politica non è più nulla. Tutto è comunicazione». Chi andrà al Quirinale dopo Napolitano? «Si aprirà un problema enorme, che tutti sottovalutano. Draghi sta bene dove sta. Monti ha fatto la sciocchezza di farsi un partitino…». Chi resta? «In Italia abbiamo solo due uomini in grado di rappresentarci nel mondo: Romano Prodi e Giuliano Amato. Ma Prodi non lo vuole la destra. E Amato ha nel Pd resistenze che lei non può neanche immaginare». © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera VALERIA MAZZA PER CLINIANS - www.clinians.it 14 NOVITÀ LA PERFEZIONE IN UN SOLO GESTO. 2 TRATTAMENTI PER PE R PELLE: P LLE: PE MEDIO CHIARA MEDIO SCURA CC CREAM COLOR CORRECTION. Clinians presenta il nuovo Trattamento Idratante Perfezionatore in grado di coprire le piccole imperfezioni dell’incarnato e donare al viso un colorito bello ed uniforme in un solo gesto. Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 Primo Piano 15 Le misure del governo Il risparmio Il caso L’amministratore delegato di Kairos: l’innalzamento dell’aliquota al 26% avrà l’effetto di trasferire risorse sul finanziamento improduttivo del debito pubblico «Rendite, il doppio binario fiscale I numeri non aiuta la crescita e le imprese» 12,5% La tassazione delle rendite in Italia Basilico: va favorito chi investe a lungo termine in capitale di rischio MILANO — L’equivoco, dal suo osservatorio, sarebbe di natura lessicale. Definire «rendita» gli investimenti in capitale di rischio è un autogol, soprattutto se alzare l’aliquota su plusvalenze, interessi e dividendi dal 20 al 26% annunciato dall’esecutivo dal primo maggio (anche se già si parla di uno slittamento a luglio per consentire agli operatori di adeguarsi alla nuova disciplina fiscale) rischia di convertire una Piazza Affari già sofferente per il basso afflusso di capitali (italiani) «in un museo vuoto, in un territorio spettrale» in cui sono i colossi Usa del risparmio gestito (vedi BlackRock, salito da ultimo al 5,2% di Unicredit) a fare incetta di quote azionarie con noi alla finestra. Considerazioni di Paolo Basilico, alla guida di Kairos, una delle poche società indipendenti di risparmio con più di cinque miliardi di euro di asset gestiti e in procinto di trasformarsi in una private bank dopo l’accordo di joint venture firmato l’anno scorso con la svizzera Julius Bär. Eppure il governo, così, vorrebbe redistribuire alle famiglie, riconoscendo a quasi dieci milioni di soggetti Irpef fino a mille euro in più in busta paga all’anno. «Non discuto della necessità di far Il manager Paolo Basilico, fondatore di Kairos, società indipendente di gestione del risparmio ripartire i consumi, ci mancherebbe. Dissento solo su questo doppio binario fiscale inaugurato dai governi precedenti. Da un lato Renzi annuncia di voler lasciare immutato al 12,5% il prelievo sui titoli pubblici come Bot e Btp per investimenti che hanno un tasso d’interesse privo di rischio («free risk»). Dall’altro decide l’innalzamento dell’aliquota al 26% sugli investimenti finanziari in capitale di rischio e l’esito non può che andare a detrimento della crescita e del rilancio del Paese». In che senso? «Avremo un’ulteriore asfissia del mercato dei capitali a favore del finanziamento improduttivo del debito pubblico. Ciò significa che ci saranno sempre meno risorse per le nostre imprese già sottocapitalizzate e vittime di un sistema troppo banco-centrico che ❜❜ Borsa museo Piazza Affari potrebbe trasformarsi in un museo vuoto in un territorio spettrale non le permette ancora di trovare fonti di finanziamento alternativo. Di più: l’effetto trasferimento di investimenti da debito privato (obbligazionario) o equity (azionario) a debito pubblico, in questa fase potrà anche essere ridotto dati i tassi d’interesse vicini allo zero, però quando saliranno, l’accelerazione di questo processo sarà tanto più rapida quanto più veloce sarà il loro rimbalzo». Comprenderà che i margini di manovra per l’esecutivo sono già strettissimi visti i vincoli di bilancio e da qualche parte si doveva pur recuperare gettito. «Vedrà che alla fine l’assegno per l’erario sarà molto inferiore alle attese. Non dimentichi che recentemente è stata introdotta una mini patrimoniale (l’imposta di bollo del due per mille che si paga appunto sul patrimonio e non sul capital gain realizzato, ndr) che, con il combinato disposto della nuova ritenuta d’imposta fissata al 26%, alza la pressione fiscale sugli strumenti finanziari ai massimi». Eppure abbiamo una tassazione sulle rendite finanziarie tra le più basse e così ci allineeremmo alla media europea. «La media europea è al 25%, vero. Ma nessuno degli altri Paesi ha questa È la tassazione su interessi, premi o altri proventi che derivano da titoli di Stato, come Bot, Btp, Cct, titoli emessi dagli enti locali e da organismi sovranazionali (Bei, Birs) 20% L’aliquota per il prelievo sulle plusvalenze da capital gain è salita il primo gennaio 2012 dal 12,5% al 20%. Si applica a plusvalenze, dividendi, azioni, obbligazioni, fondi comuni, pronti contro termine, depositi, conti correnti, derivati e prestito titoli 26% L’aliquota prevista a partire dal prossimo 1 maggio 2014 2 per mille È il valore della cosiddetta mini-patrimoniale. Si tratta di un prelievo che si applica non sugli interessi maturati sul capitale bensì sul patrimonio mobiliare in generale. Sono del tutto esenti fondi pensione, fondi sanitari, polizze vita ramo 1, ma anche i conti correnti Fonte: Bankitalia, Unicredit D’ARCO doppia disciplina fiscale che da un lato premia la rendita pura — mi permetta — come gli investimenti in titoli di Stato e, dall’altro, scoraggia gli investimenti rischiosi in società in modo da permettere loro di avere capitali freschi per crescere, innovare, fare export e, perché no, assumere. Si tratta di una decisione di politica economica che rischia di essere di breve respiro e dal forte contenuto ideologico e propagandistico. Almeno si dica chiaramente che, con questo doppio registro fiscale, la rendita vera viene incentivata ❜❜ Il gettito Recupero di gettito? Alla fine anche l’assegno per l’erario rischia di essere inferiore alle attese a danno di chi scommette sulle nostre aziende e sul rilancio del nostro sistema-Paese». Che cosa propone allora? «Una tassazione uniforme su tutti gli investimenti finanziari, favorendo la detenzione a lungo termine di capitale di rischio con sgravi e incentivi. Altrimenti non venitemi a parlare di rilancio del mercato dei capitali, di aiutare le imprese a quotarsi in Borsa o, ancora, di poter emettere minibond sfuggendo al credit crunch. Non ci credo». Fabio Savelli fabiosavelli © RIPRODUZIONE RISERVATA 16 Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 17 Esteri Il voto Maggioranza assoluta dei seggi al partito di Vucic Il trionfo in Serbia per i conservatori: avanti verso l’Europa Ma c’è chi teme un’involuzione nazionalista Il Paese Italia Croazia Belgrado Bosnia S E R B I A Mo Montenegro Kosovo Bulgaria DALLA NOSTRA INVIATA BELGRADO — Con quasi il 50% dei voti, vincono i conservatori, in Serbia, e il 44enne Aleksander Vucic, leader del Partito Progressista, ex nazionalista ora filo-europeista, potrà governare praticamente senza alleati con 157 deputati su 250: «Non dovrò più lottare per i voti, ma per le generazioni future», ha commentato a caldo, citando l’ex leader italiano Alcide de Gasperi. Una percentuale così alta non si vedeva dai tempi del regime di Slobodan Milosevic, nel 1990, come ha ricordato il numero due del partito, Nebojs Stefanovic, capo del parlamento a soli 37 anni. «Il miglior risultato dall’inizio della democrazia parlamentare», si è inorgoglito Vucic, dichiarandosi pronto al dialogo con gli sconfitti. A grande distanza, con il 14% delle preferenze, si sono classificati i socialisti dell’ex premier Ivica Dacic. E superano di misura lo sbarramento del 5% Boris Tadic, ex presidente e leader del Nuovo partito democratico, l’ex sindaco di Belgrado, Dragan Djilas, dei Democratici. Fuori Vojislav Koštunica, presidente serbo tra il 2000 e il 2003. «O Vucic o i tycoon» è stato uno degli slogan del trionfatore, che ha promosso una vasta campagna contro la corruzione e la criminalità organizzata. Campagna di cui hanno fatto le spese, tra gli altri, due ex ministri del DS, il partito democratico, al potere fino a due anni fa, e l’uomo più ricco della Serbia, Miroslav Miskovic, arrestato alla fine dello scorso anno. «La Serbia continuerà il percorso europeo, collaborando con tutti gli altri Paesi amici, come la Russia, gli Stati Uniti, la Cina e i Paesi arabi», ha annunciato Vucic. Sotto gli occhi di 556 osservatori serbi e 179 internazionali ha votato il 53% dei 6 milioni e 700 mila elettori. Non è per niente tranquillo Nikola Barovic, avvocato e difensore dei diritti umani, molto popolare in Serbia da quan- Dall’indipendenza al Kosovo 1 Regno indipendente dal 1878 dopo la lunga dominazione ottomana, nel 1945 la Serbia è di fatto a capo della Federazione jugoslava fino al suo smembramento, nel 1991. Nel 2006 perde il Montenegro, due anni dopo il Kosovo Una popolazione in continuo calo 2 La Serbia ha 7,1 milioni di abitanti, con una popolazione in continuo calo dagli anni 90. Oltre l’80% sono di etnia serba e di religione serbo ortodossa, con minoranze di cattolici e di musulmani. La capitale è Belgrado, unica città con oltre 1 milione di abitanti Mercato emergente che guarda alla Ue 3 Mercato emergente dal 2000, la Serbia nel 2013 ha visto una crescita del 2,5% (tra le migliori in Europa), soprattutto nei servizi e nell’industria, e ha attratto molti investimenti diretti stranieri (Fiat, Nestlé, Microsoft). Dal 2012 è candidata all’ingresso nell’Unione europea Nigeria Cento vittime bruciate in tre villaggi cristiani Ennesima strage in Nigeria: 100 persone sono morte nell’attacco a tre villaggi a maggioranza cristiana nello Stato di Kaduna. In piena notte una quarantina di uomini hanno assaltato con armi da fuoco, benzina e machete i villaggi di Angwan Gata, Angwan Sankwai e Chenshyi. Molte delle vittime sono bruciate vive nelle capanne date alle fiamme, altre sono state fatte a pezzi con i coltelli. «Gli assalitori hanno anche rubato cibo e mangime per gli animali e dato fuoco ai granai», ha raccontato il capo della polizia Aminu Lawan. Lo Stato di Kaduna è composto da popolazione mista cristiana e musulmana. Gli autori dell’attacco non sarebbero i miliziani di Boko Haram. La popolazione locale, dedita all’agricoltura e a maggioranza cristiana, accusa i pastori di etnia Fulani o Hausa di religione musulmana. Negli Stati contigui di Kaduna e Plateau, nel centro della Nigeria, questo conflitto etnico-religioso, dovuto anche al controllo della terra, secondo Human Rights Watch ha fatto, dal 1992 a oggi, 10.000 morti. do, il 16 luglio 1997, fu pestato negli studi di Bk Television, a Belgrado, dalla guardia del corpo di Vojislav Šešelj, leader ultranazionalista del partito radicale serbo, dal febbraio 2003 detenuto all’Aja in attesa del giudizio del Tribunale penale internazionale per crimini di guerra, e tuttavia capolista anche a queste elezioni: «Questo risultato è una catastrofe. Sono preoccupatissimo — dice Barovic — perché la situazione economica è disastrosa e ora è a rischio anche la Cittadinanza Madre e figlia ieri al voto in un seggio della capitale serba Belgrado (Epa/Cukic) cultura, oppressa dal neonazionalismo». Le urgenze della vita quotidiana, con oltre il 22% di disoccupazione, un debito pubblico al 60% del Pil, una burocrazia che grava per 8 miliardi di euro l’anno sul bilancio statale, precedono in Serbia temi cruciali come i rapporti con il Kosovo e la marcia di avvicinamento all’Europa, avviata a gennaio con l’inizio dei negoziati ufficiali. Il Kosovo può ancora procurare grattacapi a Belgrado: «Sul tavolo ci sono la questione delle forze armate e l’arresto di politici serbi», ri- corda il politologo Dušan Janjic, riferendosi alla decisione di Pristina di dotarsi di un suo esercito e alla detenzione di Oliver Ivanovic, capo della lista civica filoserba «Serbia, democrazia, giustizia», alle elezioni municipali di Mitrovica, detenuto con l’accusa di es- sere coinvolto nell’omicidio di dieci albanesi, 14 anni fa sempre a Mitrovica, nel nord del Kosovo. Dove ieri, comunque, circa 30 mila serbi, il 30% degli elettori, sono affluiti regolarmente ai seggi aperti per loro. Elisabetta Rosaspina © RIPRODUZIONE RISERVATA 18 Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 La storia Esteri 19 Chi porta i bambini in ufficio, chi cerca di andare via presto per cenare con loro (Obama compreso) Come essere (buoni) genitori e sopravvivere alla Casa Bianca I trucchi per restare a disposizione 24 ore su 24 e seguire i figli Aspettative La Casa Bianca ha esteso la possibilità per i dipendentigenitori di ottenere periodi di aspettativa retribuita In ufficio Vengono offerti servizi di «day care» a basso costo per situazioni particolari. Alcuni sono stati anche invitati a portare in ufficio i piccoli, per i quali sono state allestite nursing room. Ma questo servizio è limitato dagli spazi ristretti DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK — Quando, due anni fa, la giornalista Jodi Kantor pubblicò «The Obamas», un dettagliato resoconto della vita alla Casa Bianca e dello stile dei suoi inquilini, una delle cose che suscitarono la curiosità dei lettori fu il racconto di come, cercando di mantenere i ritmi di una famiglia il più possibile normale, il presidente si sforzi di cenare alle 6.30 di sera con Michelle e le figlie Sasha e Malia almeno quattro o cinque giorni a settimana. Se non è impegnato in missioni all’estero o in viaggi elettorali, Barack Obama passa il weekend a Washington giocando a golf e andando spesso a vedere le manifestazioni sportive nella scuola delle figlie o assistendo con tutta la famiglia a partite di college basketball. A molti pare che, nonostante le sue enormi responsabilità, Obama riesca a coniugare il suo ruolo di padre e quello di presidente, meglio di molti dei funzionari e degli esperti che lavorano con lui alla Casa Bianca. Entrare nello staff del presidente dà, ovviamente, grande prestigio, ma quasi nessun resiste più di tre o quattro anni: i ritmi sono infernali e chi ha figli piccoli fatica molto. Gli stipendi — dagli 80 ai 170 mila dollari (58-122 mila euro) all’anno — sono elevati per gli standard americani, ma non altissimi: non è facile pagarsi la babysitter o l’asilo che negli Usa sono privati e molto costosi. Anche la rete di protezione familiare a Washington funziona poco: magari qualche nonno in forma e disposto ad aiutare ci sarebbe, ma non vive a Washington dove il personale della Casa Bianca spesso trascorre solo il periodo nel quale è impegnato a fianco del presidente, Aiuti 122 Mamma Samantha Power, 43 anni, ambasciatrice degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, con il figlio Declan (Ap) mila euro: lo stipendio massimo della maggior parte dei funzionari della Casa Bianca. Nella capitale asili e babysitter sono costosi. Anche le famiglie (i nonni) non sono di grande aiuto perché di norma non vivono a Washington ma in altri Stati. Queste difficoltà logistiche si aggiungono alla necessità di essere operativi per gran parte della giornata per poi tornare ai luoghi d’origine. Da Samantha Power, passata dalla Casa Bianca all’Onu (New York), a Susan Rice, consigliere per la Sicurezza nazionale di Obama, sono tante le donne dell’Amministrazione che sono anche madri di bimbi in tenera età: faticano tutte a tenere il passo del doppio ruolo. La Casa Bianca ha esteso la possibilità per i dipendenti-genitori di ottenere periodi di aspettativa retribuita. Vengono anche offerti servizi di «day care» a Tolleranza Alla Casa Bianca si dà prova (da Obama in giù) di una certa comprensione per gli impegni familiari dei lavoratori. Il portavoce del presidente, Jay Carney, giorni fa ha spiegato senza imbarazzi in sala stampa che quella mattina era poco preparato: aveva saltato cinque delle riunioni mattutine per andare alla recita scolastica nella quale la figlia di otto anni faceva Pocahontas basso costo per situazioni particolari. Alcuni sono stati anche invitati a portare in ufficio i piccoli, per i quali sono state allestite nursing room. Ma questo servizio è limitato dagli spazi ristretti. Rispetto al passato c’è molta tolleranza: il Washington Post racconta che quando, tempo fa, l’allora capo del National Security Council, Gene Sperling, lasciò a un suo economista, Brian Deese, cinque settimane di aspettativa per stare vicino al figlio di sette anni, dette istruzioni perché nessuno gli telefonasse o inviasse email. E il portavoce di Obama, Jay Carney, giorni fa ha spiegato senza imbarazzi in sala stampa che quella mattina era poco preparato: aveva saltato cinque delle riunioni mattutine per andare alla recita scolastica nella quale la figlia di otto anni faceva Pocahontas. Invito nello Studio Ovale Una funzionaria voleva licenziarsi: il figlio sentiva la sua mancanza. Obama l’ha invitato per spiegargli l’importanza del suo sacrificio Ma non sempre si può essere flessibili: molti lavori alla Casa Bianca richiedono un impegno continuo. Ogni volta che il presidente dà l’addio a un collaboratore che torna nel settore privato o accoglie un nuovo alto funzionario, spende molte parole per ringraziare i coniugi e i figli per la pazienza e il sacrificio. Gli Obama cercano di lenire le tensioni invitando i familiari dei collaboratori alla Casa Bianca per qualche festa: Halloween, Natale, i fuochi d’artificio del 4 luglio... Non sempre basta: quando NancyAnn De Parle, che aveva la supervisione della riforma sanitaria, disse al presidente che era costretta a lasciare perché il figlio soffriva la sua assenza, Obama invitò il dodicenne alla Casa Bianca: lo fece sedere nello Studio Ovale e gli spiegò i motivi per i quali aveva ancora per un po’ bisogno dell’aiuto di sua madre. Massimo Gaggi © RIPRODUZIONE RISERVATA INESAURIBILE € 199 CRONO SPORT 2 minuti di luce = 24 ore di energia € 199 € 179 Energia inesauribile, è ciò che ti distingue. 20 Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 21 Cronache Insieme Alfredo Robledo (a sinistra) e Edmondo Bruti Liberati (Fotogramma) Il caso Robledo contro Bruti Liberati: si ostacolano due nuove inchieste su tangenti Milano, il pm anti corruzione accusa il capo della procura tentativo di far disegnare il bando su misura per il fondo F2i di Gamberale. È già noto che il 27 ottobre 2011 Bruti lo assegnò a Greco, il quale lo registrò nel modello «atti non costituenti notizie di reato» coaffidandolo il 2 novembre nel proprio pool al pm Fusco, che il 9 dicembre (sei giorni dopo le indiscrezioni di Reuters e Sole 24 Ore) segnalò a Bruti che poteva trattarsi di un’ipotesi (turbativa d’asta) di competenza del pool di Robledo. Quello che invece ora Ro- Lettera al Csm: irregolarità nell’assegnazione dei fascicoli MILANO — Nella Procura di Milano il vicecapo «denuncia» al Csm il capo. E nella gestione di due segrete nuove inchieste di tangenti, che si starebbero danneggiando a vicenda a causa della violazione dei criteri organizzativi di specializzazione tra i pool di pm, il procuratore aggiunto Alfredo Robledo indica l’ultimo dei «non più episodici comportamenti» con i quali, a suo avviso, il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati «ha turbato e turba la regolarità e la normale conduzione dell’ufficio». Come? Svuotando il pool reati contro la pubblica amministrazione di Robledo, e privilegiando invece l’assegnazione dei fascicoli più delicati in questa materia (tra i quali il processo Ruby a Silvio Berlusconi per concussione, l’indagine su Formigoni-San Raffaele per corruzione, e il fascicolo sulla turbativa d’asta Sea-Gamberale) ad altri due procuratori aggiunti di sua maggior fiducia, il capo dell’antimafia Ilda Boccassini e il capo del pool reati finanziari Francesco Greco. Al punto che Robledo, con una iniziativa senza precedenti nella Procura che fu di Borrelli e D’Ambrosio, giunge a denunciare l’asserita «violazione dei criteri di organizzazione vigenti nell’ufficio sulla competenza interna» al Consiglio superiore della magistratura vicepresieduto da Michele Vietti, alla diramazione distrettuale milanese e cioè al Consiglio giudiziario guidato dal presidente della Corte d’Appello Giovanni Canzio, e al capo della Procura generale di Milano, Manlio Minale. Un profluvio di circolari e risoluzioni del Csm, complesse La vicenda Lo specialista su politica e affari Alfredo Robledo, napoletano, classe 1950 è il magistrato che all’interno della procura di Milano si è occupato delle principali inchieste che hanno al centro la corruzione e la politica. Tra le più recenti quelle sulla Lega Nord e su Formigoni Boccassini e Greco i colleghi rivali Nella sua lettera Robledo accusa il capo della procura di Milano Bruti Liberati di aver privilegiato i colleghi Ilda Boccassini e Francesco Greco nell’assegnazione di alcune indagini riguardanti proprio la corruzione Ruby e San Raffaele le indagini contese Tra le indagini che Robledo ritiene spettassero a lui ci sono quella sul fallimento dell’ospedale San Raffaele, quella su Ruby e anche quella sulla vendita di quote della Sea, la società pubblica che gestisce gli aeroporti di Milano tabelle e dettagliati criteri organizzativi d’ufficio sono il denominatore comune della missiva in cui Robledo di fatto lamenta l’aggiramento o la violazione delle regole che dovrebbero far passare da lui le notizie di reato rientranti nella competenza specializzata del suo dipartimento. È il caso ad esempio del difetto di coordinamento che Robledo addita appunto in una nuova misteriosa inchiesta avviata dall’antimafia nell’aprile 2012, poi coassegnata a due pm dei pool di Boccassini e Robledo, ma (lamenta Robledo) fatta «per opportunità» coordinare da Bruti a Boccassini benché ad avviso di Robledo sembri riguardare nulla di mafia e tutto invece di corruzione. E siccome il pool di Robledo avrebbe in corso una precedente indagine su persone nel mirino anche di quella di Boccassini, «evidente è il rischio che importanti informazioni, quali quelle emerse da intercettazioni telefoniche e ambientali, non potranno essere utilizzate ove non confluiscano nel medesimo procedimento». Ma a ben vedere il vero motivo di attrito con Bruti appare una differente concezione dei limiti entro i quali abbiano asilo considerazioni di opportunità nelle tempistiche e modalità di trattazione dei fascicoli. Lo si intuisce dal riassunto delle divergenze nel luglio 2011 all’inizio del procedimento sul dissesto del San Raffaele di don Verzé, partito come fascicolo di bancarotta su Daccò e sfociato poi nel processo per corruzione al presidente della Regione Formigoni, sempre ad opera del pool finanziario di Greco. Robledo, di fronte ad Roma Via agli interrogatori dei clienti. Le minori: così si entrava al motel Floriani e Mussolini a messa Il parroco: «Fra loro c’è unione» ROMA — «Tra i due non c’è conflitto, ma ancora unione», confidano sommessamente i preti della parrocchia di Sant’Ippolito, vicino a piazza Bologna, dove ieri mattina alle 10.30, a sorpresa, sono arrivati insieme per assistere alla messa Alessandra Mussolini e Mauro Floriani, la coppia che era data ormai in frantumi dopo la vicenda delle baby squillo dei Parioli e che invece resiste, malgrado tutto, a testa alta. Mussolini e Floriani sono sposati dal 28 ottobre del 1989 e, a pochi mesi dalle nozze d’argento, ieri dopo la fine della cerimonia, sono andati a salutare il celebrante, don Mauro Cianci, 50 anni, il parroco di Sant’Ippolito che è anche un loro caro amico di famiglia. Quindi, sempre insieme, hanno partecipato alla piccola festa organizzata dalla comunità per salutare don Jeremia Niaga Mugo, che tornerà presto a casa sua, in Kenya. Un brindisi augurale che è servito a riportare un po’ il sorriso sui loro volti segnati dalla grande tensione di questi giorni, anche grazie alla presenza dell’allegro e nutrito gruppo degli scout, di cui fa parte la figlia primogenita, Caterina Floriani Mussolini, 18 anni, pronipote del Duce, studentessa di Scienze Politiche alla Luiss. La chiesa di Sant’Ippolito era 22 Gli indagati nell’inchiesta sulle baby prostitute piena, quasi duecento persone, ma in pochi si sono accorti della coppia, piuttosto defilata vicino al coro. Mussolini e Floriani hanno ascoltato in silenzio le parole della Genesi, i Salmi, la seconda lettera di San Paolo apostolo a Timoteo, quindi il Vangelo secondo Matteo. Nessuno alla fine li ha visti andar via, sfuggiti pure ai numerosi paparazzi appostati da una settimana nelle vie del quartiere Nomentano-Italia, intorno alla casa della coppia illustre: «Le vie della Parrocchia, come quelle del Signore, sono infinite...», scherzava don Mauro, il parroco, a fine giornata. Oggi in tribunale, a piazzale Clodio, cominceranno gli interrogatori dei clienti delle prostitute-bambine dei Parioli. Al momento gli indagati sono 22 (compreso Mauro Floriani, per cui si profila il giudizio immediato) ma al termine degli accertamenti della Procura sul registro finiranno iscritti almeno 50 nomi, alcuni dei quali ancora in corso di identificazione. E dalle pagine del verbale dell’incidente probatorio emergono nuovi racconti shock da parte di Angela e Aurora, le due ragazzine sfruttate: «Quando andavamo in motel i clienti prendevano le stanze che davano sull’esterno, noi aspettavamo fuori che ci aprivano la porta e poi entravamo. Così non dovevamo passare per la hall e non dovevamo dare i documenti, avrebbero visto che eravamo minorenni». Ovvio il sospetto: dunque, i clienti sapevano? Fabrizio Caccia © RIPRODUZIONE RISERVATA articoli di stampa che già nel luglio 2011 collegavano un giro di fatture false alla creazione di disponibilità per un importante politico, dice che propose al pool di Greco di coordinarsi subito per indagini urgenti, ma che Bruti, preoccup a to c h e e s s e p o te s s e r o influire sulle trattative economiche in corso per scongiurare il fallimento dell’ospedale e il licenziamento di migliaia di persone, il 25 luglio gli ingiunse di non indagare alcuno e di non svolgere alcun atto di indagine «nel frattempo», e cioè «fino a una riunione in settembre» (poi non più fatta). Questa scelta per Robledo si è posta «in insanabile contrasto con il dettato costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale», aprendo a «valutazioni di opportunità estranee allo specifico ruolo istituzionale Violazione La denuncia: «Alcune scelte sono in contrasto con l’obbligatorietà dell’azione penale» I pool e le competenze Secondo l’esposto sono stati privilegiati i pool guidati da Ilda Boccassini e Francesco Greco del pm»: soprattutto perché questi «non consentiti spazi di discrezionalità» avrebbero potuto «contribuire a creare zone di opacità», a loro volta passibili di «consentire una strumentalizzazione del ruolo del pm, sia pure involontariamente subìta». Robledo contesta anche che l’iscrizione di Berlusconi il 14 gennaio 2011 per concussione e prostituzione minorile nel processo Ruby sia avvenuta in un fascicolo assegnato (senza motivazioni) non al proprio dipartimento competente sul più grave reato di concussione, ma ai pm Boccassini (capo dell’antimafia), Forno (capo del pool reati sessuali) e Sanger- mano (che dal pool criminalità comune stava passando all’antimafia). E contesta che lo stesso stia accadendo adesso anche per il fascicolo (falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari) scaturito dalle motivazioni delle sentenze Ruby riguardo 30 testimoni, Berlusconi e i suoi avvocati, e assegnato ai pm Forno e Gaglio (pool reati sessuali). Infine c’è il già noto (Corriere della Sera 16 marzo 2012) caso dell’intercettazione di Vito Gamberale il 14 luglio 2011 sull’asta Sea-Comune di Milano, che i pm fiorentini Turco e Mione inviarono per competenza a Milano il 25 ottobre 2011 perché pareva captare un bledo aggiunge al Csm è che, sebbene il 9 dicembre Bruti lo avesse chiamato per anticipargli che gli avrebbe girato il fascicolo (anche perché l’asta da cui potevano dipendere i conti del Comune di Milano del sindaco Pisapia si teneva di lì a poco, il 16 dicembre), egli ricevette il fascicolo solo a distanza di tre mesi, il 16 marzo 2012, dopo che l’Espresso online e i quotidiani avevano scritto del fascicolo desaparecido. E Robledo afferma che, quando ne chiese la ragione, Bruti il 23 marzo gli avrebbe risposto di averlo «dimenticato in cassaforte». Luigi Ferrarella © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera Società di Investimento a Capitale Variabile di diritto Lussemburghese 24, rue Beaumont, L-1219 Luxembourg - R.C.S. Luxembourg B 126927 AVVISO ORDINE DEL GIORNO DELL’ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL 1° APRILE 2014 I Signori azionisti sono invitati a partecipare all’assemblea generale ordinaria della Società che si terrà alle ore 11.00 del giorno 1 APRILE 2014 presso la sede legale della SICAV (24, rue Beaumont, L-1219 Luxembourg), al fine di deliberare sul seguente ordine del giorno: AGENDA 1. Esame del rapporto del Consiglio di Amministrazione e del rapporto del revisore per l’esercizio chiuso il 31 dicembre 2013. 2. Approvazione dei conti annuali per l’esercizio chiuso il 31 dicembre 2013. 3. Destinazione degli utili d’esercizio. 4. Manleva agli Amministratori e al Revisore per l’esecuzione del loro mandato per l’esercizio chiuso il 31 dicembre 2013. 5. Nomine statutarie. 6. Determinazione dell’importo complessivo degli emolumenti da corrispondere agli amministratori per l’esercizio 2014. 7. Varie ed eventuali. Gli azionisti che desiderano partecipare all’Assemblea devono manifestare l’intenzione almeno cinque giorni prima della data di convocazione presso i seguenti istituti: Per l’Italia: State Street Bank S.p.A. Société Générale Securities Services S.p.A. Via Ferrante Aporti 10 Via Santa Chiara 19 I-20125 Milano I-10122 Torino Banca Sella Holding S.p.A. Allfunds Bank S.A., Italian Branch Via Italia 2 Via Santa Margherita 7 I-13900 Biella I-20121 Milano Per il Lussemburgo: Allfunds Bank: Presso la sede della Società: Presso i collocatori 24, rue Beaumont L-1219 Luxembourg PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale Avviso di aggiudicazione di appalto Amministrazione Aggiudicatrice: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale - via della Ferratella in Laterano, n. 51 - 00184 Roma. Oggetto: Affidamento del servizio di Assistenza Tecnica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale per il supporto alle Regioni dell’Obiettivo Convergenza, per la realizzazione delle linee di attività a valenza trasversale (limitatamente alla linea 1.1) e regionale del POAT “per la Gioventù” 2013-2015. Bando di gara pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea S 141-245734-2013 - IT del 23/07/2013 e sulla GURI n. 88 del 29/07/2013 - 5a Serie Speciale. Procedura: Aperta ai sensi dell’art. 55 comma 5 del D.Lgs. 163/06 con aggiudicazione a favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Aggiudicatario: ATS Fondazione CRUI - P.A. Advice SpA e Fleurs International Srl. Data decreto aggiudicazione definitiva: 22 gennaio 2014. Importo a base d’asta: € 1.500.000 Iva esclusa. Importo di aggiudicazione: € 921.600,00 Iva esclusa. Pubblicazione dell’esito di gara sulla GUUE: GU/S S30 48867-2014-IT 12/02/2014. Pubblicazione dell’esito di gara sulla GURI: N. 20 5^ serie speciale del 19 febbraio 2014. Responsabile Unico del Procedimento: Dott. Crescenzo Rajola. COMANDO GENERALE DELL’ARMA DEI CARABINIERI Servizio Amministrativo Sezione Contratti AVVISO DI GARA Presso questo Comando sarà esperita la gara a procedura ristretta accelerata per la fornitura di 1 veicolo protetto livello BR/7. Il bando di gara, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 29 del 12/03/2014 - 5^ Serie Speciale “Contratti Pubblici”, può essere visionato, altresì, presso questo Comando Generale - Ufficio Relazioni con il Pubblico, Piazza Bligny, n. 2 Roma, ovvero sui siti internet www.carabinieri.it sez. “Le gare d’appalto”, www.serviziocontrattipubblici.it e www.avep.it. d’ordine Il Capo del Servizio Amministrativo RIPARTIZIONE LEGALE, ATTI NEGOZIALI ED ISTITUZIONALI AREA AFFARI NEGOZIALI UFFICIO APPALTI E CONTRATTI ESTRATTO BANDO DI PROCEDURA APERTA Codice Cig: 5640687A28 1. Amministrazione Aggiudicatrice: Università del Salento - Area Affari Negoziali - Piazza Tancredi, 7 - 73100 Lecce - telefono: 0832.292319 - Fax: 0832-292345 - Posta Elettronica: [email protected]; 2. Denominazione conferita all’appalto: “Procedura aperta per l’acquisizione di attrezzatura tecnico - scientifica nell’ambito del Programma Operativo Nazionale “Ricerca e competitività (PON “R&C”) 2007 - 2013 - Progetto PONa3_00334 2HE - “Potenziamento del Centro di Ricerche per la salute dell’Uomo e dell’Ambiente” - CUP: F81D1000210007 - CODICE CIG: 5640687A28 Importo a base d’asta pari ad € 374.000,00 oltre IVA. 3. Procedura di aggiudicazione: Procedura aperta da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’art. 83 del D. Lgs. 163/2006. 4. Durata dell’appalto o termine di esecuzione: 120 giorni dalla sottoscrizione del contratto o il diverso termine di cui all’articolo 3 del Capitolato Speciale d’Appalto. 5. Documenti contrattuali: i documenti possono essere scaricati dal sito internet www.unisalento.it; 6. Scadenza fissata per la ricezione delle offerte: ore 13 del 30 aprile 2014. 7. Responsabile del Procedimento: Dott. Alessandro Quarta, tel. 0832-292319 - fax: 0832 - 292345 - [email protected]. Per quanto non specificato si rimanda al bando di gara integrale ed al relativo Capitolato Speciale d’Appalto ed agli altri atti di gara, tutti scaricabili dal sito internet dell’Università del Salento all’indirizzo www.unisalento.it. Il Bando integrale è stato pubblicato sulla GUCE in data 13 marzo 2014. Lecce, 13 marzo 2014 Il DIRETTORE GENERALE Avv. Claudia De Giorgi Per la pubblicità legale e finanziaria rivolgersi a: RCS MediaGroup S.p.A. Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano ColombiC&E 22 TOD’S S.p.A. CAPITALE SOCIALE EURO 61.218.802 I.V. SEDE SOCIALE IN SANT’ELPIDIO A MARE (FM) – VIA FILIPPO DELLA VALLE N. 1 CODICE FISCALE E NUMERO DI ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE DI FERMO 01113570442 E-VAI CAR SHARING AVVISO DI PROCEDURA DI VENDITA SEMS Servizi per la Mobilità Sostenibile S.r.l., con sede legale in Milano (MI), Piazzale Cadorna 14, iscritta al Registro delle Imprese di Milano (di seguito, “Sems”), società controllata da FNM S.p.A. che detiene un ramo d’azienda di car sharing denominato e-vai (di seguito, “E-vai”) RENDE NOTO CHE intende procedere alla cessione del ramo d’azienda E-vai attraverso una procedura di vendita disciplinata in conformità con l’avviso di vendita integralmente riportato in apposita sezione del sito internet di Sems (www.semsgroup.it). Le manifestazioni di interesse non vincolanti relative all’acquisto di E-vai dovranno pervenire a Sems entro e non oltre 60 giorni dalla data di pubblicazione del presente avviso di vendita, e quindi entro le ore 12.00 del giorno 16 maggio 2014. A tal fine i soggetti interessati potranno, entro e non oltre 30 giorni dalla data di pubblicazione del presente avviso, richiedere la trasmissione di apposito information memorandum. Si precisa che il presente annuncio è unicamente finalizzato a sollecitare manifestazioni d’interesse all’acquisto e non costituisce in alcun modo una proposta contrattuale, né comporta alcun obbligo o vincolo a carico di Sems. COMUNE DI BRONTE (PROVINCIA DI CATANIA) ESITO DI GARA Si rende noto che in data 26/07/2013 e seguenti è stata esperita la procedura aperta ai sensi dell’art. 54 comma 2 del D.leg.vo 163/2006, per l’affidamento del servizio di “Manutenzione, conduzione, raccolta, trasporto e smaltimento fanghi dell’impianto di depurazione delle acque reflue di c.da Sciarotta a servizio della civica fognatura per la durata di anni due”. Importo a base d’asta: € 972.373,42. Ditte partecipanti n. 8. E’ risultata aggiudicataria l’impresa ECO.TRAS. di Turrisi Claudio & C sas, con sede in Bronte (CT), via Etna, 10, per l’importo di € 782.407,53 al netto del ribasso d’asta del 19,951% offerto in sede di gara oltre € 20.211,16 quali oneri per la sicurezza non soggetti a ribasso. Bronte, li 14/03/2014 Il Dirigente Tecnico Dott. Ing. Salvatore Caudullo INNOVAPUGLIA S.p.A. Strada Provinciale per Casamassima, Km 3 70010 Valenzano (Bari) P.I. 06837080727 AVVISO DI GARA Lotto 1 CIG 563124498C Lotto 2 CIG 5631269E2C E’ indetta una gara a procedura aperta per l’affidamento della “Realizzazione del Sistema Informativo della Centrale di Controllo regionale del TRAsporto delle Merci PERicolose (TRAMPER)”, suddivisa in due lotti. La gara è effettuata secondo le procedure fissate dal D.Lgs. 163/2006 e s.m.i. Il bando di gara è stato inviato il 27/02/2014 per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della UE e della Repubblica Italiana e sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia. La documentazione è disponibile in formato elettronico (www.innova.puglia.it) e cartaceo, ritirabile presso InnovaPuglia. Le domande di partecipazione devono essere presentate entro il termine perentorio delle ore 12.00 del 28/04/2014. Responsabile del procedimento è il Responsabile Acquisti e Gare: Ing. Antonio Scaramuzzi. Il Direttore Generale Dr. Francesco Saponaro Via B. Alimena, 105 - 00173 Roma Avviso di gara per via telematica n. 4/2014 Avviso per estratto Si comunica che è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 31 del 17/03/2014 Parte V, nell’Albo della Società CO.TRA.L. S.p.A., sul sito informatico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Bando di gara n. 4/2014 relativo alla Procedura Aperta da esperirsi mediante Richiesta di Offerta in Busta Chiusa Digitale, gestita interamente per via telematica, da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso, ai sensi degli artt. 77 comma 6, 82 e 220 del D.Lgs n. 163/2006 e s.m.i., per l’affidamento dei servizi di revisione dei cambi automatici ZF installati sugli autobus della flotta Co.Tra.L. S.p.A. Importo complessivo presunto dell’appalto: € 1.632.000,00, più IVA, esclusi gli oneri della sicurezza non soggetti a ribasso d’asta, pari a € 250,00, ed esclusi i costi del personale non soggetti a ribasso d’asta, pari ad € 288.000,00. Durata del servizio: 24 mesi, incluso il mese di agosto. C.I.G.: 5620765203. Scadenza del termine per la presentazione delle offerte sul Portale Acquisti CO.TRA.L.: ore 12,00 del 30/04/2014. L’Avviso integrale può essere consultato nel sito Co.Tra.L. S.p.A. www.cotralspa.it nell’Area Business, sezione bandi di gara. L’Amministratore Delegato Vincenzo Surace CONSORZIO DI BONIFICA PIANURA DI FERRARA AVVISO DI GARA - FORNITURA GASOLIO Amministrazione appaltante: Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara - Via Borgo dei Leoni 28 - 44121 Ferrara FE - C.F. 93076450381 - PEC [email protected]. Recapiti ai fini dell’appalto: Sezione Appalti e Contratti tel. 0532.218121/2/3/4. Si rende noto che questo Consorzio ha indetto una procedura aperta per l’affidamento del contratto di fornitura di gasolio per autotrazione e agricolo nel triennio 01/07/2014 - 30/06/2017, con facoltà di proroga semestrale. Importo a base d’appalto € 2.206.750,00 (al lordo delle accise e al netto di IVA). CIG 56376797E1. Le offerte devono pervenire entro il 28 aprile 2014. Il bando, unitamente all’altra documentazione di gara e agli elaborati di progetto, sono resi disponibili alla consultazione e all’acquisizione autonoma da parte degli interessati sul sito web del Consorzio, all’indirizzo www.bonificaferrara.it, sezione Sportello contratti pubblici, percorso Pre-informazione / Bandi - Procedure aperte e ristrette in corso / Forniture. Il bando è altresì in pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea S52 del 14 marzo 2014, nonché, tra l’altro, sul sito web SITAR della Regione Emilia-Romagna, che assolve ai compiti di sede regionale dell’Osservatorio dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici. f.to il Presidente - Dott. Franco Dalle Vacche AVVISO DI CONVOCAZIONE ASSEMBLEA ORDINARIA I Signori Azionisti sono convocati in Assemblea Ordinaria presso la sede della Società in Sant’Elpidio a Mare (FM), Via Filippo Della Valle n. 1, in prima convocazione per il giorno 17 aprile 2014 alle ore 9:00 ed, occorrendo, in seconda convocazione per il giorno 23 aprile 2014, stessi luogo ed ora, per deliberare sul seguente ORDINE DEL GIORNO 1. Bilancio d’esercizio al 31.12.2013; Relazione degli Amministratori sulla gestione; Relazione del Collegio Sindacale e Relazione della Società di Revisione; destinazione dell’utile; deliberazioni inerenti e conseguenti. 2. Autorizzazione all’acquisto e alla disposizione di azioni proprie ai sensi degli artt. 2357 e seguenti del codice civile, nonché dell’art. 132 del Decreto Legislativo 24 febbraio 1998 n. 58, previa revoca della deliberazione assunta dall’Assemblea del 19 aprile 2013 per quanto non utilizzato; deliberazioni inerenti e conseguenti. 3. Relazione sulla remunerazione ai sensi dell’art. 123-ter del Decreto Legislativo 24 febbraio 1998 n. 58; deliberazioni inerenti e conseguenti. Possono intervenire in Assemblea i soggetti cui spetta il diritto di voto in favore dei quali gli intermediari autorizzati abbiano effettuato l’apposita comunicazione alla Società sulla base delle evidenze dei conti relative al termine dell’8 aprile 2014 (record date); coloro che diventeranno titolari delle azioni successivamente a tale data non avranno il diritto di intervenire e di votare in Assemblea. Per ogni informazione inerente a (i) modalità di intervento in Assemblea (anche tramite delega), (ii) diritto di porre domande sulle materie all’ordine del giorno e (iii) diritto di chiedere l’integrazione dell’elenco delle materie da trattare o di presentare proposte di deliberazione, si rinvia al testo integrale dell’avviso di convocazione pubblicato sul sito internet della Società all’indirizzo www. todsgroup.com. Si rammenta che: (i) la Relazione sulle materie all’ordine del giorno prevista dall’art. 125-ter D. Lgs. n.58/98 viene messa a disposizione del pubblico in data odierna presso la sede sociale e sul sito internet della Società all’indirizzo www.todsgroup.com; (ii) la Relazione Finanziaria Annuale, le Relazioni del Collegio Sindacale e della Società di Revisione, la Relazione sul governo societario e gli assetti proprietari e la Relazione sulla remunerazione saranno messe a disposizione del pubblico entro il 26 marzo 2014 con le modalità previste dalla normativa, anche regolamentare, vigente. Sant’Elpidio a Mare, 17 marzo 2014 Per il Consiglio di Amministrazione Il Presidente Dr. Diego Della Valle COMUNE DI SPOLETO AVVISO ESPLORATIVO (indagine di mercato) PER MANIFESTAZIONE DI INTERESSE A PARTECIPARE ALLA GARA INFORMALE AI SENSI DEL REGOLAMENTO EX ART. 238, comma 7, del D.LGS 163/2006 DI NETHUN S.P.A. approvato con delibera del CDA n. 19 del 21 settembre 2012 PER L’AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO di ANALISI DI PROCESSI MARITTIMO PORTUALI E DEFINIZIONE DEL CORRISPONDENTE DATA MODEL Si comunica che la scrivente società, intende procedere alla individuazione degli operatori economici da invitare alla procedura ristretta per l’affidamento dei servizi relativi allo “SVILUPPO di analisi di processi marittimI portuali e definizione del corrispondente Data Model”, da realizzare nell’ambito del progetto comunitario “EASY CONNECTING” (CUP F75I13000180005) co-finanziato dal Programma “IPA ADRIATIC CBC”, tra le attività assegnate alla scrivente dall’Autorità Portuale di Venezia. Gli operatori interessati, dovranno formulare la richiesta di partecipazione alla gara secondo le modalità appositamente indicate nell’avviso sul sito www.nethun.it. Importo a base di gara: € 70.000,00 + IVA. Gli operatori che risponderanno ai requisiti indicati nell’avviso di cui sopra saranno invitati a partecipare alla gara con successiva lettera di invito. Il Direttore Generale - ing. Tommaso Riccoboni Le candidature, complete della relativa documentazione, potranno essere trasmesse via corriere espresso o posta prioritaria presso Nethun S.p.A., in Stazione Marittima Fab. 103 - 30135 Venezia - Italia, ovvero via e-mail ordinaria oppure via PEC all’indirizzo [email protected]. Le richieste dovranno pervenire entro e non oltre le ore 12.00 del giorno 31 marzo 2014. ADRIA - Lotto Unico del compendio formato da beni immobili, impianti chimici e da beni mobili in Loc. Cavanella Po, Via Maestri del Lavoro n. 85: a) Complesso immobiliare ad uso impianto chimico, il tutto per una sup. lorda compl. di ca. ha 8.50.90. Liberi. Abusi edilizi. Il tutto come meglio descritto nella relazione della Geom. Caterina Ferrari. Relativamente alle caratteristiche del terreno e delle falde acquifere si rimanda alla relazione del Geologo Roberto Cavazzana. b) Impianti chimici esistenti ed insistenti sugli immobili sopra descritti. Impianti fermi e bonificati, come meglio descritto nella relazione dell'Ing. Laura Armanini. c) Beni mobili elencati nella relazione di stima del Geom. Caterina Ferrari. Prezzo base: Euro 2.900.000,00 con rilancio minimo di Euro 50.000,00. Curatore Dott. Stefano Rizzo, tel. 0425 25726, cell. 347 0605686 Vendita ad offerte segrete per il giorno 13/6/2014 ad ore 10.00 presso il Tribunale di Rovigo. Fall. n. 24/11 BANDO DI GARA con procedura aperta Oggetto: fornitura “chiavi in mano” di una suite applicativa gestionale completamente integrata e comprensiva dei relativi servizi di assistenza e manutenzione da svolgersi per sei anni. Importo: euro 400.000,00 oltre IVA. CIG: 56320789C9. Documenti di gara disponibili sul sito internet www.comunespoleto.gov.it. Termine presentazione offerte: ore 13:00 del 16/04/2014. Spoleto, 04/03/2014 Il Dirigente - dr. Vincenzo Russo CASSA DEPOSITI E PRESTITI SPA Avviso di aggiudicazione 1) Ente aggiudicatore: Cassa depositi e prestiti S.p.A. - Servizio Acquisti - via Goito n.4 - 00185 Roma - [email protected] - tel: +39 064221 (2605) (4528) - Fax: +39 0642212543. 2) Tipo di procedura e criterio di aggiudicazione: procedura ristretta ai sensi dell’art. 55 del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i., da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. 3) Oggetto dell’appalto: Servizi di consulenza strategica, gestionale e aziendale in favore di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. Lotto 5 - Servizi di consulenza per la redazione della normativa aziendale - CIG 4671319E5F. 4) Durata dell’appalto: 36 mesi (con eventuale proroga/rinnovo alle medesime condizioni, per ulteriori 36 mesi). 5) Importo d’appalto: Lotto 5 - Euro 375.000,00 oltre IVA (oneri per la sicurezza non soggetti a ribasso assenti); importo comprensivo dell’eventuale proroga/rinnovo. 6) Affidatario: KPMG Advisory S.p.A. - via Ettore Petrolini, n. 2 - 00197 Roma. 7) Importo di aggiudicazione: € 375.000,00 oltre IVA (per i primi 36 mesi). 8) Data di aggiudicazione definitiva: 28/02/2014. 9) Responsabile del procedimento per la fase di affidamento: Responsabile del procedimento per la fase di affidamento è Avv. Anna Mazzeo. Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano Tel. 02 2584 6665 o 02 2584 6256 Fax 02 2588 6114 Vico II San Nicola alla Dogana, 9 80133 Napoli Tel. 081 49 777 11 - Fax 081 49 777 12 Via Valentino Mazzola, 66/D 00142 Roma Tel. 06 6882 8650 - Fax 06 6882 8682 Via Villari, 50 - 70122 Bari Tel. 080 5760 111 Fax 080 5760 126 Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 Cronache 23 # Roma L’omicida è un maresciallo dell’Aeronautica. In serata ad Albano un’aggressione identica: la donna è grave Uccisa a colpi di martello dal marito Si stavano separando. La vittima trovata dai figli gemelli di 9 anni ROMA — Fuma una sigaretta dopo l’altra il maresciallo Eraldo Marchetti. Sembra calmo, alterna silenzi a dichiarazioni. Parla e ritratta, seduto davanti ai poliziotti e al pm che lo interrogano nel commissariato di Colleferro. Gli investigatori sono stupiti dal suo atteggiamento visto che dal dramma che ha distrutto la sua famiglia sono passate soltanto poche ore. «Il verbale lo firmo solo quando arriva l’avvocato», avverte il sottufficiale dell’Aeronautica che però, con il difensore accanto, si rifiuta di sottoscrivere — e ciò avviene più volte — il racconto dell’omicidio della moglie, Maria Manciocco, 47 anni, maestra in una scuola d’infanzia a Segni, a una sessantina di chilometri da Roma. Il maresciallo Marchetti, 53 anni, originario di Colleferro, in servi- zio a Frosinone, è stato arrestato ieri sera per omicidio volontario e portato nel carcere di Velletri. Nella prima mattinata ha aggredito la moglie con una mazzetta da muratore al culmine dell’ultimo litigio. Una micidiale serie di colpi alla testa — almeno quattro — che non hanno lasciato scampo alla donna, morta un’ora più tardi in ospedale. Nella casa in via Vittorio Emanuele, in campagna, c’erano anche i gemelli della coppia, un maschio e una femmina, di 9 anni: non è chiaro se abbiano assistito all’omicidio, ma hanno sicuramente trovato la madre agonizzante in salotto, vicino al divano dove il padre aveva dormito sabato notte. Sconvolti hanno preso il telefono e chiamato una zia che abita poco lontano: «Corri, aiutaci, la mamma non si muove!». I piccoli sono stati affidati alla parente, non si esclude che possano essere ascoltati nelle prossime settimane con l’aiuto degli psicologi. Sempre ieri, in serata, a Cecchina, vicino Albano (Castelli romani), un altro bimbo, di 7 anni, ha assistito al ferimento della mamma, una romena di 45 anni, colpita alla testa con una statuina dal marito, un medico romano di 47, poi fermato dai carabinieri. La donna è finita in ospedale in codice rosso. Un altro matrimonio in crisi, come quello della maestra con il maresciallo, a sentire i familiari della donna, interrogati dalla polizia. Le cose andavano male almeno da otto mesi, ma il marito si era sempre rifiutato di lasciare il tetto coniugale, anche se di solito dormiva a casa della madre a Colleferro. «Litigavano spesso, da un po’ sembrava si fossero riconciliati. Avevano avviato le pratiche per la separazione. Lei era una bella donna e lui era molto geloso», racconta- Le indagini Il matrimonio da tempo era in crisi, lei subiva maltrattamenti ma non li aveva mai denunciati La testimonianza I piccoli hanno telefonato a una zia urlando: «Corri, la mamma non si muove» no i vicini. Che il matrimonio fosse agli sgoccioli lo hanno confermato anche i parenti della maestra, originaria di Gorga, piccolo paese fra Roma e Frosinone, ma secondo la polizia non tanto per la gelosia del marito. «Piuttosto era lui a voler comandare sempre, si sentiva il padrone. Faceva quel che voleva — hanno riferito agli investigatori —. E Maria si era stancata del suo comportamento». Forse ieri la donna ha lanciato l’ultimatum al maresciallo affinché se ne andasse di casa. Ma questa volta Marchetti — il raptus non è stato confermato, secondo gli investigatori potrebbe aver agito con premeditazione — si è avventato su di lei massacrandola con la mazzetta presa in garage. Poi è uscito e in auto è andato a costituirsi al commissariato di Colleferro. «Ho ucciso mia moglie», ha detto. In realtà all’arrivo dei soccorritori nella palazzina con giardino — ora sotto sequestro, sulla porta è stata lasciata una rosa con un biglietto: «Riposa in pace e proteggi i tuoi ragazzi» — Maria era ancora viva. E ora dai racconti di chi la conosceva emerge il sospetto di maltrattamenti in famiglia: «Aveva parlato con qualcuno, anche con un legale — è una delle testimonianze —, ma poi non l’aveva mai denunciato». Un aspetto, insieme con lo stato di servizio del maresciallo, che gli agenti del commissariato, diretti da Antonio Giordano, vogliono approfondire visto che non risultano denunce, né interventi di polizia o carabinieri. Rinaldo Frignani © RIPRODUZIONE RISERVATA L’intervista Jessica Rossi e la scelta di pubblicare le foto dei lividi dopo l’aggressione del suo ex. L’avvocato: «È precaria, non ha periodi di malattia» Prima e dopo Jessica Rossi, 23 anni, di Grosseto, ha pubblicato su Facebook il suo volto tumefatto a causa delle botte subite dall’ex fidanzato accanto alle foto che la vedono sorridente. Ora le stanno arrivando messaggi di solidarietà da tutta Italia «Mostro il mio viso per le donne violate» Ma ha perso il lavoro FIRENZE — È uscita dall’ospedale ieri mattina. Con il naso fratturato, l’occhio sinistro tumefatto con il quale vede soltanto ombre, sorda da un orecchio. L’hanno operata già una volta, forse dovrà subire un altro intervento chirurgico e intanto ha perso il lavoro da precaria. «Ma quello che mi fa più male — spiega Jessica — non sono le ferite. È il dolore inspiegabile. Chiudo gli occhi e vedo lui che mi colpisce. Non mi ha solo rotto il naso e devastato il viso, mi ha frantumato l’anima». Jessica Rossi, 23 anni, commessa in un negozio di borse nel centro di Grosseto e giocatrice di pallavolo, racconta l’aggressione subita dall’ex fidanzato di 21 anni mentre sul telefonino continua a ricevere messaggi di solidarietà. «Sei grande Jessy», «Brava, combatti questa battaglia», «Siamo tutti con te». «Ci ho messo la faccia due volte — scherza con un sorriso amaro Jessica — quando ho cercato di parlare con un ragazzo infuriato e violento e poi quando ho deciso di pubblicare il mio viso sfigurato. Lo rifarei altre mille volte. E non per me, ma per tutte quelle donne che hanno subito la mia stessa esperienza, per le ragazze violate, picchiate, trattate come fantocci da massacrare». Giura di non essere una ragazza im- pulsiva, Jessica. Per il sentimento che provava verso il fidanzato, ha sopportato anche altre angherie e oggi capisce di aver sbagliato. «Mi aveva picchiato altre tre volte — racconta — schiaffi, ceffoni. Prima di Natale l’ho lasciato e lui ha continuato a tormentarmi. Poi mi ha implorato, voleva un ultimo chiarimento. E ci sono cascata». C’è un’indagine e l’avvocato Alessio Scheggi, al quale la ragazza si è rivolta e ha chiesto di far pubblicare sui giornali quelle foto dello scempio subito, non esclude anche una denuncia per stalking. Jessica ha raccontato di essere stata portata dall’ex sulla strada della Giannella, vicino alla spiaggia e alla pineta di Orbetello. «Mi ha sferrato un pugno in faccia, altri colpi alla cieca, sembrava impazzito», ricorda Jessica e fa impressione guardarla negli occhi. Sono diversi da quelli della ragazza allegra che ci guardano sul suo profilo Facebook. A un tratto la «mitica centrale» di 1 metro e 78 della squadra femminile di pallavolo dei Vigili del Fuoco di Grosseto, serie D, ha un sussulto: «Ho avuto l’istinto di accendere il telefonino e registrare le sue parole. Mi urlava “ora t’ammazzo” e mi voleva portare nella pineta. Allora io ho tolto le chiavi dal Il racconto «Ho l’anima a pezzi, mi ha rotto il naso e ho problemi a un orecchio. Dovranno operarmi di nuovo» 2 01 4 Annega per salvare il cane BERGAMO — Quando ha visto che il suo cane, forse spinto dalla bella giornata, si è diretto verso le acque del Brembo, lei non ci ha pensato due volte e lo ha seguito per recuperarlo. Temeva che la corrente lo portasse via. Invece questa sorte è toccata proprio a lei: Chiara Pirola, studentessa universitaria di San Giovanni Bianco (Bergamo), è morta ieri a 25 anni, annegata nel fiume Brembo, in valle Brembana. Una tragedia che si è consumata di fronte al fidanzato e al padre della ragazza, i quali si sono a loro volta gettati in acqua nel tentativo di soccorrerla. La corrente del fiume in quel tratto era molto forte e Chiara è stata risucchiata sott’acqua, annegando in pochi attimi. © RIPRODUZIONE RISERVATA quadro della sua Punto e ho aperto lo sportello per scappare. Lui mi ha bloccato, mi tirava i capelli, continuava a colpire. Poi sono arrivati due angeli». I due angeli sono giardinieri comunali. Sentono le grida della ragazza, corrono verso l’auto, bloccano l’aggressore, chiamano i carabinieri e un’ambulanza. «Il primo ricovero è a Orbetello, poi mi trasferiscono a Grosseto — continua Jessica — e qui mi operano una prima volta al setto nasale fratturato. Però ho ancora problemi a un occhio e a un orecchio, dovranno operarmi di nuovo. Anche il collo ha subito conseguenze, devo portare il tutore». La prognosi è di un mese, forse ne serviranno due. «E così ha perso anche il lavoro — spiega l’avvocato Scheggi — perché la mia assistita è una precaria a chiamata e dunque senza un periodo di malattia». Jessica ha appena ricevuto un messaggio dal suo aggressore. L’ha girato all’avvocato senza leggerlo. «Mi dispiace per tutto, sai che non avrei voluto farti male», c’è scritto. E le parole sembrano un altro pugno in faccia. Lei dice di averne in memoria altre centinaia di messaggi, bellissimi, luminosi straordinari: «Mi stanno scrivendo da tutt’Italia, mi danno coraggio. Quello più bello è di un ragazzo. Mi ha detto di essersi vergognato d’essere un uomo, di aver pianto nel leggere la mia storia e nel vedere il mio volto sfigurato. Lo ringrazio tanto». Marco Gasperetti [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA MCE Bergamo Circeo Muore scalando gli scogli ROMA — Gianluca Masala, di San Felice Circeo, 20 anni, è morto ieri pomeriggio precipitando dalle rocce del Monte Circeo. Secondo quanto ricostruito dai sanitari dell’elisoccorso, il giovane sarebbe salito sulla montagna per far colpo sugli amici, quando ha perso la presa ed è caduto nel vuoto da una decina di metri. I ragazzi avevano approfittato della bella giornata di sole per raggiungere il mare, quando uno di loro ha deciso di arrampicarsi sugli scogli. Il 20enne ha perso la presa sulla parete: prima ha sbattuto sulle rocce e poi è precipitato in mare. Un amico si è gettato in acqua per recuperarlo ed è riuscito a portarlo sugli scogli. Gianluca è morto poco dopo. © RIPRODUZIONE RISERVATA 24 Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 Cronache 25 Il caso Gli strumenti di segnalazione spenti prima del messaggio alla torre di controllo. Gli analisti Usa: è scomparso nel «punto perfetto» Il mistero dei cieli La rotta I sistemi di comunicazione INDIA MYANMAR LA LAO LAOS AO A O Ultimo contatto radar Acars È il sistema che trasmette via satellite o radio Vhf i dati sul funzionamento del jet A bordo del volo scomparso è stato chiuso all’1.10 Transponder Invia un segnale di quattro cifre che permette ai radar di identificare l’aereo Durante il tragitto è stato spento all’1.21 Radio L’ultimo contatto tra velivolo e torre di controllo e alle ore 1.30 La comunicazione del presunto pilota: «Tutto ok» Radar Quelli militari riescono a «vedere» tutti i velivoli: è così che hanno capito che il 777 era diretto verso Ovest Segnale di emergenza Il dispositivo si trova nella coda e dovrebbe segnalare automaticamente se il jet precipita al suolo Scatola nera Registra tutti i dati di volo e le comunicazioni audio. Dovrebbe inviare un segnale quando viene a contatto con l’acqua Satellite Il 777-200 scomparso inviava alcuni dati a un satellite britannico della compagnia Inmarsat Fonte: Governo della Malaysia, Dipartimento dell’aviazione civile della Malaysia, Flightradar24.com, Malaysia Airlines, Gebco, Skyvector, Reuters, Associated Press, Boeing, Wall Street Journal, Washington Post – tutti gli orari sono relativi al fuso locale Il limite di volo 40.000 del Boeing 777 scomparso dal radar civile nel «punto perfetto», al confine tra lo spazio aereo malese e quello vietnamita. Una zona grigia. Interessante anche la sequenza chiusa in una ventina di minuti. Disattivazione dell’Acars, spegnimento del transponder, quindi l’ultimo messaggio del pilota o di uno che lo impersonava: «Tutto ok, buona notte». Forse un tentativo di rassicurare nel caso che da terra si fossero accorti che il flusso di dati si era interrotto. Dire che il volo fila liscio, virare verso Ovest, quindi la «fuga» con i cambi di quota. Manovre magari causate da una lotta a bordo o da scelta deliberata. Nota: se è stato il pilota ha provato Il simulatore Poco dopo il jet scende a quota 23.000 piedi (circa 7.000 metri) 30.000 20.000 10.000 Il volo MH370 decolla alle 00.41 da Kuala Lumpur (Malaysia) 0 minuti dal decollo MALAYSIA CORRIERE DELLA SERA L’aereo sale a 45.000 piedi (13.700 metri), sopra il limite approvato per quel modello Il velivolo raggiunge l’altezza di crociera a 35 mila piedi (circa 10.700 metri) I due corridoi dove è stato rintracciato l’aereo sette ore e mezza dopo il decollo INDONES ES ESIA Indagini su comandante e vice. A bordo c’era un ingegnere aeronautico Il volo CAMBOGI CA AMBOGIIA THAILANDIA LANDIA LA ANDIA ANDIA AN N Kuala Lumpur Il Boeing era già invisibile ai radar quando il pilota disse «è tutto ok» 50.000 piedi VIETN ETNAM ETN TN NAM N AM 20 di GUIDO OLIMPIO e GUIDO SANTEVECCHI Che cosa è successo nella cabina del Boeing 777-200 nella notte di sabato 8 marzo? I servizi segreti americani sono convinti che «quelli lì dentro», nel muso dell’aereo, siano i responsabili di un caso capace di cambiare la storia dell’aviazione civile. Anche perché è emerso un nuovo elemento confermato dalle autorità locali: quando c’è stato l’ultimo contatto radio tra cabina e controllori sia il sistema di trasmissione dati Acars che il transponder erano già stati spenti. Operazioni che richiedono una certa preparazione. È dunque l’intelligence Usa che spinge i malesi a passare al setaccio la vita dei piloti e dell’equipaggio del volo MH370 decollato da Kuala Lumpur e mai arrivato a Pechino. «Volevano delle ragioni per indagare su di loro, gliele abbiamo date», dicono a Washington. La ricerca diventa caccia «Stiamo ricentrando le indagini su equipaggio e passeggeri», ammettono le autorità di Kuala Lumpur. Le direzioni seguite sono sequestro dell’aereo, sabotaggio, terrorismo, anche lo stato mentale del personale di terra Saltano tutte le comunicazioni tra torre di controllo e Boeing 777-200 40 60 verrà verificato, ha spiegato il capo della polizia. La ricerca del Boeing o dei suoi resti si svolge lungo un arco con un diametro di 8 mila chilometri, coinvolge ormai 25 Paesi e più di un centinaio di navi e velivoli militari. «Non escludiamo niente, ora abbiamo delle tracce da seguire», assicurano i malesi. L’ultimo «ping», il segnale captato da un satellite Inmarsat alle 8.11 del mattino di sabato, potrebbe anche essere partito da terra: lanciato da un jet precipitato o atterrato? Erano (sono?) cinesi 154 dei 227 passeggeri e all’ipotesi dell’atto di pirateria si sono aggrappati i parenti. I primi tre sospettati La polizia ha perquisito per il secondo giorno la casa del comandante, Zaharie Ahmad Shah, 53 anni. Si è saputo che il pilota era un sostenitore del partito d’opposizione e che forse prima di partire per l’ultimo volo era an- 80 Nella sua ultima posizione conosciuta – a 94 minuti dal decollo – il velivolo viaggia a 29.500 piedi (circa 9 mila metri) 100 dato al processo contro il suo leader Anwar Ibrahim (condannato per sodomia il 7 marzo in un giudizio controverso). Sembra folle che quel fatto possa averlo riempito di tanta rabbia da distruggere così tante vite. Gli amici non ci vogliono credere e lo descrivono come tranquillo, gioviale, appassionato di cucina ed ecologia. Aveva in casa un simulatore del volo che la polizia ora sta analizzando. Del copilota, Fariq Abdul Hamid, 27 anni, si dice che fosse un playboy e che amasse il calcetto. Andava in moschea e gli investigatori stanno verificando se avesse amicizie sospette. I due non avevano chiesto di volare insieme e questo fa pensare che non fossero complici. E poi spunta un terzo uomo con possibili capacità di pilotaggio: Mohd Khairul Amri Selamat, ingegnere aeronautico di 29 anni era tra i passeggeri. Sembra inoltre che manchino informazioni precise su altre delle persone a bordo. Non è azzardato pensare che gli americani, attraverso l’Nsa, stiano passando in rassegna la vita «digitale» (email, messaggi) e i contatti telefonici del terzetto o di persone «interessanti». Sono gli unici a poterlo fare in profondità. L’inchiesta Il giorno prima di volare il comandante avrebbe seguito il processo contro il Il punto leader politico del suo partito perfetto Fonti statunitensi sostengono che il jet è Sopra il simulatore di volo realizzato da Zaharie Ahmad Shah, pilota 53enne dell’aereo sparito lo scorso 8 marzo, nella sua casa. A destra Shah, che ha iniziato a lavorare per la Malaysia Airlines nel 1981, in una foto diventata virale sul web tutto questo al suo simulatore o comunque si è preparato per sfuggire ai controlli. L’unica disattenzione, come sottolinea l’esperto aeronautico David Cenciotti, è legata all’apparato Satcom (in coda al jet) che mantiene il link tra velivolo e satellite. Infatti ha lasciato una traccia. Resta il mistero del messaggio tranquillizzante. In cabina Il copilota Fariq Abdul Hamid, 27 anni, nel 2011 in cabina con due passeggere (da A Current Affair / Nine Network) Le domande sul movente Mancano sempre movente e meta finale. Dalla Gran Bretagna rilanciano la pista qaedista. Durante un processo il terrorista Sajid Badat ha rivelato i dettagli di un vecchio piano di dirottamento: un commando doveva far saltare la porta blindata di un jet usando esplosivo nascosto nelle scarpe. Un paio era stato consegnato a 5 militanti malesi. C’è poi chi non esclude che il Boeing sia atterrato su una delle oltre 600 piste sparse nella regione e cita le autorità che parlano dell’ultimo segnale proveniente «da terra». Il seguito potrebbe essere da romanzo, con il jet usato per un’azione spettacolare. Da qui il silenzio degli autori. Sempre che non sia finito in fondo al mare o in una regione remota. Sempre che non lo abbiano abbattuto in segreto. © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera 26 Cronache Tecnologia Dopo la rinuncia degli Usa al controllo sui suffissi online ce ne sono già 1.400 pronti al debutto Scienza ILLUSTRAZIONI DI FABIO SIRONI Come funziona Il nome Un dominio è il nome che identifica persone, aziende o organizzazioni su Internet. Si compone principalmente di due parti, il nome vero e proprio e la sigla che può indicare un’area geografica o il tipo di attività svolta L’ente americano Finora i domini erano assegnati dall’Icann (Internet corporation for assigned names and numbers), nato nel 1998 e controllato dagli Usa in attesa che terminasse il rodaggio. Ora Washington ha deciso di rinunciare a gestirlo I prossimi passi Ora sarà necessario dare vita a un nuovo organismo internazionale che rappresenti il mondo del web e che non sia assoggettato a un controllo dei governi: il 24 marzo a Singapore ci sarà la prima riunione sulla questione Il punto davanti a Roma e Milano Corsa ai domini web metropolitani Europa e Usa si contendono .football, il Vaticano registra .catholic Sia Milano che Roma avranno i propri domini Internet .Milano e .Roma. Nell’amministrazione del sindaco Giuliano Pisapia se ne stanno occupando gli uffici del marketing territoriale, che rispondono all’assessore alle Attività produttive Franco D’Alfonso. L’iniziativa è vista come una delle azioni per rafforzare la visibilità e le relazioni internazionali della città, così come gli incontri che il primo cittadino avrà, nei prossimi giorni, con gli ambasciatori cinese Li Ruiyu e sudcoreano Bae Jae-hyun. Un po’ più complessa è la situazione nella Capitale: «Nel 2012, quando si aprì il bando dell’Icann (l’ente che assegna i domini di Internet, ndr) — dice Marta Leonori, assessore alle Attività produttive con il sindaco Ignazio Marino — la giunta Alemanno declinò l’offerta di creare il dominio web di Roma con la collaborazione di società private. Noi abbiamo riconfermato il rifiuto a quella collaborazione, ma vogliamo creare .Roma con le nostre risorse non appena se ne presenterà l’occasione». Le «due capitali» italiane vanno sulla scia già seguita da altre metropoli. A partire da domani sarà operativo il suffisso .Berlin, con cui la capitale tedesca si presenta come pioniera nei domini web metropolitani. L’iniziativa della città-simbolo della Germania unita è destinata a fare scuola nel mondo: entro l’estate, secondo Bbc online, dovrebbero partire .London, .Paris, .Wien, .Nyc (New York City) e un’altra cinquantina di città. Tutto ciò accade perché entrano in funzione i nuovi «domini di primo livello» (in sigla Gtld, cioè generic top level domain), indicanti la parolina che compare dopo il punto in ogni indirizzo Internet, come .com o .it. Fino all’anno scorso ce n’erano una ventina, più quelli dei singoli Paesi. Quest’anno si prevede il debutto di 1.400 nuovi domini. Da qui è partita la caccia al suffisso pregiato, il «Viale dei Giardini» del Monòpoli digitale planetario. Ogni Gtld costa 150 mila euro, più altri 20 mila annui. E Icann (sigla che sta per Internet corporation of assigned names and numbers) ha già richieste per altri duemila nuovi domini. Alcuni dei quali particolarmente contesi: se ad esempio il suffisso riguarda una comunità di persone, Icann lo assegna a chi è più rappresentativo di quella comunità. Se è un termine generico (come .sex) l’ente americano lo attribuisce a chi offre di più. A volte la contesa nasce su una parola con significati diversi: sul dominio .football, per esempio, sono in lizza sia gli americani che gli europei, ognu- Le altre città Da domani sarà attivo l’indirizzo .Berlin, entro l’estate attese anche Londra, Parigi, Vienna e New York no per assegnarlo al proprio sport di riferimento. Per non sbagliare, il Vaticano ha presentato quattro richieste per la parola .cattolico, scritta nei quattro principali caratteri grafici: cinesi, arabi, cirillici e latini (nella versione inglese .catholic). Di queste notizie si parla, non per caso, all’indomani dell’annuncio, da parte del governo americano, di voler rinunciare al controllo dell’Icann, aprendo di fatto un periodo di transizione India La primavera e la festa dei colori Il gioco tra due bambini che ieri hanno preso parte alla Festa dei colori a Chennai. È la celebrazione, chiamata anche festa dell’amore, dedicata alla divinità Krishna che saluta l’arrivo della primavera. È una delle più antiche festività religiose dell’Induismo, ma è diventata popolare in molte nazioni del Sud dell’Asia anche tra la popolazione non induista. Il significato sta non solo nella fine dell’inverno, ma anche nel trionfo del bene sul male. Dura diversi giorni, quest’anno il giorno clou sarà oggi (foto Babu/Reuters) Edoardo Segantini [email protected] @SegantiniE Grazie a lenti a contatto a infrarossi potremo avere una vista da serpente. Si potranno cioè vedere gli oggetti «caldi» in totale assenza di luce. Le lenti saranno al grafene, materiale duro quanto il diamante ma flessibile e biocompatibile. Per il momento le lenti al grafene verranno utilizzate per le fotocamere «applicabili» all’uomo. Ad annunciarlo sulla rivista Nature Nanotechnology è uno studio, sostenuto dalla Fondazione nazionale delle Scienze, condotto dall’Università del Michigan. Per Vittorio Pellegrini, direttore dei Laboratori del grafene dell’Istituto italiano di tecnologia «il grafene rivoluzionerà il mondo come fece la plastica nei primi Anni 60». © RIPRODUZIONE RISERVATA Svizzera L’auto che capisce se siamo distratti Un giorno l’auto potrà capire se siamo nervosi stanchi o distratti. Un prototipo di «scatola nera» in grado di farlo è stato presentato dall’École polytechnique di Losanna che lo sta mettendo a punto con una casa automobilistica francese. Si tratta di una telecamera posta dietro al volante e collegata a un algoritmo per il riconoscimento facciale, che per i primi test si è concentrato su irritazione e disgusto. In futuro verrà «allenato» a percepire stanchezza e distrazione. Ma attenzione: «Bastano delle ombre per “imbrogliare” le tecnologie per il riconoscimento facciale», commenta Antonio La Gatta, che con Gianfranco Azzena ha inventato un dispositivo che capisce se il guidatore è ubriaco. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Comunicato sindacale Care lettrici e cari lettori, ci piacerebbe condividere l’ottimismo contenuto nelle recenti dichiarazioni dell’amministratore delegato di Rcs Mediagroup Pietro Scott Jovane. Ma non riusciamo a farlo, per almeno sei ragioni fondamentali. 1) I ricavi del nostro gruppo continuano a scendere. Il piano triennale fissa come obiettivo da raggiungere entro la fine del 2015 la soglia di 1.500 milioni di euro circa. Alla fine del 2013 il gruppo Rcs è sceso a 1.315 milioni. Ne ha persi 200 rispetto ai 1.513 del 2012. Dopo un anno siamo già sotto: dobbiamo recuperare. Il trend è negativo, non positivo. 2) L’obiettivo della redditività è fissato a 150 milioni per il 2015 (10% del fatturato). A fine 2012 era pari a 51 milioni, a fine 2013 a 28 milioni (pre oneri e proventi non ricorrenti). Ancora una volta il trend è negativo, non positivo. verso un sistema più collegiale, come molti Paesi chiedono. Non si vede infatti perché la Rete debba essere una sorta di «proprietà» americana, un dominio (ma in senso letterale) sul web. Un esempio. La partenza di .Berlin è il frutto della decennale battaglia condotta da Dotberlin, un’associazione cui aderiscono istituzioni e aziende. L’ultima parola però spetta all’ente americano, che ha fissato, oltre al prezzo del dominio, anche i documenti e i requisiti per ottenerlo. Dice Franco Bernabè, l’imprenditore e manager che con il libro Libertà vigilata è stato tra i primi in Italia a denunciare lo strapotere di Icann: «Se oggi gli Stati Uniti fanno un passo indietro, è per due motivi: il primo è l’affare Datagate, con lo spionaggio planetario della Nsa rivelato dall’ex agente Edward Snowden, uno scandalo con effetti dirompenti, di cui non si sono ancora viste tutte le conseguenze; il secondo è l’opposizione di Angela Merkel, che ha ostacolato l’avanzata lobbistica americana a Bruxelles». Spinti dalla pressione internazionale, dice l’ex presidente esecutivo di Telecom Italia, gli Stati Uniti «si rendono conto che il loro presidio assoluto su Internet non può più reggere e fanno una concessione minimale. Ma l’obiettivo europeo dev’essere quello di arrivare a un trattato internazionale che fissi le regole di una governance condivisa per la Rete, come accade nelle telecomunicazioni con l’Itu di Ginevra e in altri settori della tecnologia che richiedono una gestione trasparente e globale delle regole». Per questo molti pensano a una sede neutrale che, come nel caso dell’Itu, potrebbe essere la Svizzera. In cui operi un organismo dotato dell’autorità e della forza per risolvere i molti problemi della Rete, dalla sicurezza alla privacy: e abbia a cuore, in misura più equa, gli interessi di tutti i Paesi. Le lenti a infrarossi per una vista da serpente 3) Un aspetto fondamentale del piano è l’aumento dei ricavi derivanti dalle attività digitali. Obiettivo per il 2015 è arrivare a quota 310 milioni di euro (circa il 20% del fatturato). Il risultato del 2013 è pari a 147 milioni di euro. Nel comunicato stampa si afferma che si registra un aumento del 3% rispetto al 2012, quando le entrate digitali erano pari a 142 milioni. Il trend qui è positivo, ma per raggiungere i 310 milioni di obiettivo il ritmo di crescita del digitale dovrebbe passare dall’attuale 3% all’oltre il 100% in due anni: un tasso di crescita paragonabile alla Microsoft di Bill Gates o alla Apple di Steve Jobs delle origini. Un cambio di marcia che al momento non sembra alla portata di Rcs Mediagroup. 4) Anche il 2013 chiude il bilancio in perdita: - 218,5 milioni di euro, nonostante non vi siano state svalutazioni delle partecipazioni che nel 2012 avevano portato le per- dite a quota 507,1 milioni di euro. Trend negativo e allarmante. 5) Nel corso del 2013 sono stati investiti 41 milioni, di cui circa 20 nelle attività digitali. Il ritorno in termini di aumento di fatturato nel digitale è stato modesto: solo 5 milioni in più. Nel piano triennale, come si legge nel piano presentato da Rcs Quotidiani al ministero del Lavoro per la richiesta di stato di crisi, gli investimenti programmati sono pari a 160 milioni di euro, da «concentrare fortemente nella prima parte del triennio». La prima parte del triennio è quasi finita, ma gli investimenti attuati sono solo un quarto del totale. 6) Solo i tagli hanno rispettato il programma, anzi sono andati anche oltre le previsioni: 92 milioni di risparmi per l’azienda raggiunti imponendo pesanti sacrifici a tutti i lavoratori del gruppo. Dieci milioni in più del previsto. Uno zelo eccessivo, considerando, per esempio, i ritardi sugli investimenti. A questo proposito il Cdr ricorda all’amministratore delegato la comunicazione trasmessa al Cdr sui bonus. Il 2 maggio 2013 l’amministratore delegato assicurava che il bonus complessivo di 675 mila euro incassato nel 2012 doveva essere considerato «una tantum», come compenso per la rinuncia alle stock option collegate con il precedente contratto di lavoro. Il Cdr, dunque, ne desume che alla fine del mandato triennale non vi saranno bonus premio per Jovane e per i manager di prima fila. Si riserva di approfondire questo tema nell’assemblea degli azionisti dell’8 maggio. Alla luce di questa analisi, il Comitato di redazione osserva: - A metà percorso il piano triennale non appare realizzabile. La responsabilità pesa sulle banche creditrici (Intesa, Unicredit, innanzitutto) che hanno imposto condizioni capestro per ridurre l’indebitamento. L’amministratore delegato e il Consiglio di amministrazione han- no approvato misure autolesionistiche per raggiungere gli obiettivi di bilancio: a cominciare dall’assurda svendita della sede storica del Corriere e della Gazzetta dello Sport - Gli azionisti non si sono assunti fino in fondo le proprie responsabilità di comando. Hanno sottoscritto un aumento di capitale di 400 milioni che non è sufficiente per creare le condizioni per un vero rilancio del gruppo. C’è una tranche di 200 milioni già deliberata dal Cda e che gli azionisti potrebbero sottoscrivere. Da questo punto di vista vanno definite al più presto le intenzioni dei diversi soci. Fiat, Banca Intesa da una parte, gruppo Della Valle dall’altro sono chiamati a chiarire le loro intenzioni su Rcs Mediagroup. Chi ambisce al controllo del gruppo sia conseguente: sul mercato c’è il 30% di flottante disponibile. Per fortuna è finito il tempo in cui le azioni non si contavano, ma si pesavano. Ora non si pesano più, ma vanno comunque comprate. - Il piano di rilancio dell’amministratore delegato si è concentrato sugli aspetti più laterali del busi- ness, come l’e-commerce o procedendo ad acquisizioni discutibili come il sito di prenotazioni alberghiere Hotelyo o come la piattaforma YouReporter (strapagandola). In compenso l’avvio del nuovo sito del Corriere si è rivelato problematico a causa di un supporto tecnologico completamente inadeguato. In conclusione il Cdr torna a chiedere: 1) La riformulazione del piano editoriale sulla base di obiettivi più realistici. 2) Definizione chiara degli equilibri azionari, sottoscrizione da parte dei soci della tranche da 200 milioni di aumento di capitale già deliberato. I lavoratori del gruppo non sono in grado di sostenere ulteriori tagli. 3) Accelerazione degli investimenti per lo sviluppo del digitale e per tutelare il presidio della carta. 4) Separazione netta tra contenuti giornalistici e spazi pubblicitari e di marketing. Il Comitato di redazione del «Corriere della Sera» © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 Cronache 27 Il nostro patrimonio Negli anni 60 la roccia friabile venne dotata di un rivestimento di perspex poi rimosso. Nel ‘99 il nuovo «parapioggia», che non ha risolto il problema Il dissesto Sopra, il teatro di Eraclea Minoa nel 1993: i gradini originali di marna sono rivestiti dalla copertura in plexiglass. Sotto, un particolare in cui si vedono le piante cresciute tra la marna e il plexiglass (foto dalla tesi di laurea di Cosimo Piro). A destra, nella foto grande, il teatro com’è oggi, con il parapioggia di tubi gradini di marna, erano cresciute piante abnormi esasperate d’estate dal caldo torrido e nei mesi piovosi da una condensa di umidità pazzesca. Conclusione: i gradini si erano decomposti. Fu così che, pensa e ripensa, nel ‘95 rimossero una parte di quella copertura insana, disboscarono la giungla cresciuta sotto, ripulirono quanto restava della gradinata. Finché si decisero a togliere tutto. E ora? Pensa e ripensa nuovamente, nel ‘99 scelsero di coprire tutto il teatro con una specie di parapioggia che seguiva le forme della cavea. Un ammasso orrendo di tubi Innocenti e pannelli che, spiega l’ex sindaco Cosimo Piro, il quale proprio sul teatro si è laureato (sia pure tardivamente) in architettura, «doveva servire solo il tempo necessario agli operai per fare tutti i lavori di riparazione e protezione con un nuovo tipo di “silicato di etile”. Solo che, come tante cose in Italia e soprattutto in Sicilia, il provvisorio è ancora là...». Peggio: quella specie di osceno parapioggia sorretto da un inestricabile groviglio di tubi e di snodi perde i pezzi da anni e oggi perfino la sua unica funzione, quella di proteggere il teatro dall’acqua è venuta meno. «È una vergogna da rimuovere prima possibile», ha chiesto il sindaco di Cattolica Eraclea, Nicolò Termine, in un’intervista a Calogero Giuffrida, del Giornale di Sicilia. «Per valorizzare al meglio il nostro bene culturale più prezioso ma soprattutto per proteggerlo, perché l’attuale impalcatura anziché tutelarlo lo sta ulteriormente rovinando». L’assessore regionale ai beni culturali, Mariarita Sgarlata, è d’accordo. E insomma non ce n’è uno che ancora difenda quel mostro di acciaio e vetroresina. Va tolto. Ma poi? Questo il problema: poi? Stringi stringi, dopo i danni inferti a quell’opera meravigliosa da decenni di interventi improvvidi, le ipotesi sono tre. La prima: togliere l’atroce parapioggia di oggi e lanciare un grande concorso internazionale per proteggere con un nuovo contenitore (una mezza cupola spalancata verso il mare?) ciò che resta del teatro. La seconda: rifare la cavea del teatro, con amore e con garbo, in marmo scegliendo (con orrore dei puristi più ortodossi) di L’area archeologica dare la precedenza non alla sacralità intangibile della Fiume Platani marna originale ridotta a SP 30 poltiglia solidificata ma all’idea antica di «quel» teaRiserva tro, costruito in «quel» Naturale luogo, davanti a «quel» Il teatro io panorama. È irragionevop ula c s le? La terza: seppellire tutE Eraclea Via to e lasciarlo lì, accontenViale M inosse Minoa tandoci del ricordo di un francobollo celebrativo, Viale Er acle finché i nostri figli o i noPalermo stri nipoti non avranno Eraclea Agrigento studiato bene cosa fare. Minoa Mar Mediterraneo E proprio questo, spiega il professor Bruno Zanardi, intervenuto tra l’altro su due gioielli quali la Colonna Traiana e l’Ara Pacis, è il nodo: «I dubbi sul La struttura provvisoria teatro di Eraclea Minoa racchiudono uno dei grandi problemi italiani. Cioè che da troppo L’ex sindaco Cosimo Piro: «La tempo, da noi, non si studiano questi temi con struttura doveva servire solo il la necessaria scientificità. C’è fretta di decidetempo necessario per fare i lavori re, di colpo, su quel teatro. Ma la cultura sciendi riparazione, ma è ancora là» tifica su queste cose è in drammatico ritardo». Il teatro-gioiello di Eraclea si sbriciola prigioniero di acciaio e vetroresina Sotto le coperture sui gradini erano cresciute le piante. Ora è una giungla di tubi di GIAN ANTONIO STELLA C’ è da avvampare di vergogna, a vedere com’è ridotto lo stupendo teatro greco di Eraclea Minoa. La «pensata» di chi mezzo secolo fa suppose di difenderlo facendogli una mantella di plexiglass si è rivelata un disastro. E lo scheletro dell’osceno «parapioggia» successivo, semidistrutto e sgangherato, resta lì, spettrale. A inorridire i turisti. Scossi dallo spreco di tanta bellezza. Hanno qualcosa del fascino di capo Sounion, queste rovine alte sul mare a metà strada tra Agrigento e Sciacca. Se in punta all’Attica svettano solenni sull’Egeo le colonne dell’antico tempio a Poseidone, qui domina la magia del teatro. Un teatro che, a dispetto dei precetti di Vitruvio, fu costruito tra il quarto e il terzo secolo avanti Cristo come ad Atene e Siracusa, cioè con la cavea aperta a Sud. Spalancata sul fantastico mare blu nel quale, lontano lontano, in certi giorni limpidissimi, si vede perfino il profilo di Pantelleria. Un sogno. La costruirono proprio in un gran posto, l’antica Eraclea Minoa, fondata probabilmente nel VI secolo a.C. da coloni della vicina Selinunte e difesa un tempo da una imponente cinta muraria lunga almeno sei chilometri. Ritta e solenne sul promontorio che oggi si chiama Capo Bianco e che si staglia con le sue pareti bianche verticali, guardando il mare, a sinistra della foce del fiume Platani. Sopra una spiaggia lunga lunga protetta alle spalle da una pineta così bella da nascondere in parte perfino gli insediamenti edilizi. Il teatro, però, è fragilissimo almeno quanto è bello. Individuato nel Settecento ma portato alla luce solo nel 1953, mostrò subito d’aver bisogno di cure. Non è di marmo, infatti. Né di pietra dura. I gradoni dei nove settori arrivati fino a noi sono infatti in conci di «marna arenacea». E la marna, spiega la Treccani, è una roccia argillosa che può essere tenera (come qui) e viene usata per la fabbricazione del cemento e della calce idraulica: «Un problema grosso», spiega Caterina Greco, sovrintendente di Agrigento dopo essere stata a Selinunte dove riuscì a vincere la battaglia per togliere le impalcature che da 11 anni ingabbiavano il tempio C, «sotto il vento si sfarina e quando piove si “impacca” come se fosse gesso». Appena se ne accorsero, a metà degli Anni 50, si chiesero: cosa fare? La prima soluzione, proposta dall’Istituto centrale del restauro, fu una spennellata di resina speciale per rendere i gradoni impermeabili in eterno. Macché: un fallimento. La seconda soluzione fu avanzata dall’architetto viterbese Franco Minissi. Il quale scelse di coprire «integralmente la cavea con una sorta di vetrina incolore e trasparente in loco». Lo racconta, riprendendo le sue parole, l’archivio degli architetti (architetti.san.beniculturali.it) dove Minissi si loda e s’imbroda spiegando che «aveva già sperimentato l’uso del plexiglass su monumenti archeologici» e che è «a Eraclea che il suo obiettivo di rappresentazione del modello originario si espletò nella maniera più compiuta» e «il disegno delle sagome raggiunse qui la massima precisione» e la ricostruzione riuscì «perfettamente incolore e trasparente». E giù elogi alla «perfetta tenuta delle saldature delle lastre» e «all’isolamento termico e alla areazione della camera d’aria risultante tra le superfici del monumento e la copertura in perspex» e «ai sistemi per evitare ogni infiltrazione di acqua e di vento»... I risultati sono quelli che vedete in una delle foto. Un paio di decenni e i gradini «perfettamente incolori e trasparenti» erano già giallastri. Ma soprattutto, nella intercapedine tra quei gradini di plexiglass (sorretti da 700 pali conficcati nella carne stessa del teatro con trapani dalla punta spropositata!) e i sottostanti © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera 28 # Cultura L’ultima fatica: Ariosto spiegato ai francesi La scomparsa di Cesare Segre lascia anche un grande vuoto nella critica letteraria e filologica europea. Proprio nelle prossime settimane è prevista per l’editore Les Belles Lettres la pubblicazione della sua edizione delle Satire di Ludovico Ariosto con la traduzione francese di Paul Larivaille. In questo lavoro Segre aveva arricchito introduzione e note con nuove riflessioni. Nuccio Ordine Maestro Lo studioso è scomparso ieri a Testimone L’università, il lavoro Milano: avrebbe compiuto in aprile 86 anni all’Einaudi, i contributi per il «Corriere» Addio a Cesare Segre genio timido della filologia Il precoce apprendistato, lo sguardo da pioniere di PAOLO DI STEFANO Q uando se ne va un amico, un grande amico, si pensa subito alla sua insostituibilità umana. E visto che Cesare Segre era un mio amico, mi scuso, ma non posso che scriverne in prima persona. L’ho conosciuto nel 1975 a Pavia, dove insegnava da anni Filologia romanza. Aveva 47 anni, ed era già un maestro di fama internazionale, filologo tra i maggiori e semiologo tra i primi. Teneva un corso sul Decameron, in cattedra parlava con una voce flebile già allora, e con una cadenza regolare, senza inarcamenti della voce, il che ce lo faceva apparire molto più anziano di quel che era. Leggeva invisibili appunti su foglietti minuscoli, mettendo in campo, senza darlo a vedere, tutta la sua conoscenza aggiornatissima, non solo Lo stile Il confronto puntuale con il testo era il punto di partenza irrinunciabile. Poi veniva il resto sulla letteratura medievale e sulle fonti classiche, ma anche sullo strutturalismo e sulle acquisizioni ultime. Citava Propp, Jakobson e Lévi-Strauss. Aveva avviato dal ‘66, con Maria Corti, d’Arco Silvio Avalle e Dante Isella, una rivista di critica pionieristica, «Strumenti critici». Cesare Segre era l’opposto di Isella e Corti nel proporsi agli studenti: non faceva nulla per piacere. Tutto il suo fascino stava in quel che diceva, non nel come lo diceva. Dunque, per apprezzarne la qualità, bisognava rileggere gli appunti a casa, con calma, e solo da quella lettura veniva fuori tutta la straordinaria rete di collegamenti e di richiami: solo allora l’entusiasmo dei suoi allievi si poteva accendere. Era un suo cruccio, il non essersi saputo «gestire» meglio. Lo diceva anche ultimamente. Era quello il suo carattere, compassato, qualcuno diceva freddo. Bisognava conoscerlo bene per capire che era solo timidezza. La stessa timidezza che attribuiva a un suo grande amico, Giulio Einaudi, il quale però la esprimeva con una specie di alterigia a tratti insopportabile. Segre è nato a Verzuolo (Cuneo) il 4 aprile 1928 da padre saluzzese, Franchino, e da ma- La bibliografia Dal Duecento a oggi I primi saggi critici di Cesare Segre sono raccolti in Lingua, stile e società (Feltrinelli 1963). Segue Esperienze ariostesche (Nistri Lischi 1966). La gran parte dei suoi libri è poi pubblicata da Einaudi, che resta la sua casa editrice: I segni e la critica. Fra strutturalismo e semiologia (1969, nuova edizione 2008); Le strutture e il tempo (1974); Semiotica filologica. Testi e modelli culturali (1979); Teatro e romanzo. Due tipi di comunicazione letteraria (1983); Fuori del mondo. I modelli nella follia e nelle immagini dell’aldilà (1990); Intrecci di voci. La polifonia nella letteratura del Novecento (1991); Notizie dalla crisi. Dove va la critica letteraria (1993); Tempo di bilanci. La fine del Novecento (2005), Critica e critici (2012). Altri suoi studi sono: Semiotica, storia e cultura (Liviana 1977); Avviamento all’analisi del testo letterario (Einaudi 1985); La letteratura italiana del Novecento (Laterza 1998); Dai metodi ai testi. Varianti, personaggi, narrazioni (Aragno 2008). Ha curato con Maria Corti I metodi attuali della critica in Italia (Eri 1970); Strutturalismo e critica (Il Saggiatore 1985). Ha diretto con Carlo Ossola un’Antologia della poesia italiana (Einaudi 1997-99). Ha curato le edizioni critiche della Chanson de Roland e tutte le opere di Ludovico Ariosto. La sua autobiografica si intitola Per curiosità (Einaudi 1999). Lo strumento più utile per seguire il suo percorso intellettuale è il Meridiano Mondadori, Opera critica, a cura di Alberto Conte e Andrea Mirabile, con introduzione di Gian Luigi Beccaria (2014). dre milanese, Vittorina Cases: a Saluzzo il nonno paterno ha una bottega da orefice di fronte al duomo, mentre il padre è impiegato nella cartiera Burgo, dove verrà promosso dirigente. Cesare frequenta la scuola elementare ebraica («disegnavo molto, studiavo poco, ma ero sempre tra i primi»). Quando i figli sono tre (con la nascita di Adriana e Carlo), la famiglia vive il terrore delle persecuzioni antiebraiche, che la costringono a sfollare ad Acqui Terme e poi a Giaveno. Dopo l’8 settembre, il ragazzo, che nel frattempo ha maturato una passione per la storia dell’arte, rimarrà recluso nell’istituto salesiano della Madonna dei Laghi di Avigliana, in val di Susa, dove è stato portato in bicicletta da don Biagio, un amico di famiglia. A Giaveno vive anche un suo prozio (fratello della nonna paterna), il grande filologo Santorre Debenedetti, pioniere dello studio delle varianti d’autore applicato soprattutto su Ariosto. Cesare, ancora adolescente, fa la spola in bicicletta, per raggiungere clandestinamente i familiari. Dopo la guerra diventa una specie di assistente privato dello zio, schedando varianti su varianti, collazionando manoscritti e facendo spogli linguistici (individuare le occorrenze dell’accusativo alla greca nell’Eneide era stato uno dei suoi primi compiti). È ancora uno studente di liceo e già lavora in una delle migliori botteghe filologiche del tempo. Morto Debenedetti (1948), incontra a Torino, dove ormai risiede con la famiglia, lo storico della lingua Benvenuto Terracini, suo secondo maestro, con il quale si laurea con una tesi sulla sintassi dei primi prosatori italiani. Terracini apre al giovanissimo «filologo» un orizzonte nuovo, tra stilistica e linguistica, rivelandogli connessioni impreviste. Ed è alla confluenza tra queste acquisizioni precocissime che Segre lavorerà instancabilmente per una vita, aggiungendovi una passione, ancora nuova in Italia, per lo strutturalismo e per la teoria della letteratura. Il terzo maestro, quasi inevitabile, è Gianfranco Contini, conosciuto già nel ’48, che avrebbe seguito e indirizzato i suoi primi passi accademici e con il quale poi lavorerà nel grande laboratorio intellettuale dei Poeti del Duecento, l’antologia che Contini stava approntando per la Ricciardi di Raffaele Mattioli. Nel ’50, Segre si trasferisce a Milano con la famiglia, in piazza Bertarelli, una casa abitata dalla famiglia Manzoni dopo la morte di Alessandro. Lì conosce Montale, e incontra regolarmente, tra gli altri, Mattioli, Isella e Maria Corti, con la quale avrà un legame sentimentale per quasi due decenni. Il sodalizio intellettuale durerà fino alla morte di lei (2002). Milano diventa la sua città, mentre a Torino è la sua casa editrice: di Einaudi è consulente, frequentatore dei famosi mercoledì, amico dell’editore e del suo braccio destro Roberto Cerati, di Calvino, di Bollati... Da ragazzino un giorno incontrò Pavese in redazione, grazie allo zio Debenedetti, che fu tra i fondatori dello Struzzo con Leone Ginzburg. La sua sede accademica, dopo l’incarico in Filologia romanza a Trieste (1954-56), è stata Pavia, fino alla pensione. Lo studioso si muove nella letteratura pressoché a 360 gradi, come dimostra il Multiforme Frequentava il linguista Jakobson, si confrontava con critici distanti da lui, pianse la morte dell’amico Primo Levi Racconti Andrea Bajani ordina le sue storie seguendo (liberamente) la successione dei ventuno caratteri Lettera per lettera, tutta la vita è dentro l’alfabeto di ISABELLA BOSSI FEDRIGOTTI V entuno lettere per parlare, scrivere, vivere, ventuno lettere per mettere in fila le parole e in ordine il mondo. Infinitamente poche sembrerebbero le lettere dell’alfabeto per un compito così grande. Eppure — incredibile ma vero — bastano per un numero infinito di combinazioni, tante quante può contenerne il più grosso e più completo dei dizionari. E tutto nasce da quei ventuno piccoli segni simili a semini dai quali poi sboccia ogni voce, ogni frase, ogni discorso. Andrea Bajani ha aperto il sacchetto dei suoi ventuno caratteri e per ciascuno ha inventato una breve storia, rendendosi poi subito conto, e comunicandocelo nel titolo di questo suo recente, originale abecedario, che La vita non è in ordine alfabetico (edito dalla Einaudi, pp. 130, € 12,50). E un po’ di disordine lo aggiunge anche lui, nel senso che tutto comincia, sì, con la Narratore Andrea Bajani (foto) è nato a Roma nel 1975 e vive a Torino. Per Einaudi esce ora «La vita non è in ordine alfabetico» «A» di amore e finisce con la «Z» di zoo, ma quando gli serve, quando gli piace, e cioè quasi sempre, a ciascuna lettera assegna due voci: bandiera e buio, per esempio, oppure orologio e ordigno. Un abecedario allungato, gonfiato, è dunque il suo, tanto per dare un assaggio dei miracoli moltiplicativi che possono compiere i ventuno semi della nostra lingua. Le storie che Bajani narra sotto il segno dell’alfabeto sono brandelli di molto concreta vita quotidiana, ma anche di sogni, di suggestioni, di illusioni, protagoniste donne e ragazze, quasi sempre, ma anche uomini, bambini, anziani, persone alle quali egli dà del tu, un tu sommesso, intimo, simile al tu che si usa per parlare — allo specchio — a se stessi. Intimi, sommessi sono anche i racconti, acquerelli li si direbbero, per distinguerli dalle più marcate pitture a olio. Ma benché acquerelli, delicati, lievi, non per questo non lasciano tracce nel lettore; alcuni anche graffi, peraltro, come, per esempio, la vicenda — alla voce Ordigno — della bambina cui la madre confida (in modo untuoso, odioso) di avere un amante, e il segreto che la piccola è costretta a portarsi dentro ticchetta forte come una bomba a orologeria. O come la storia — alla voce Ricatto — dell’anziana, grassissima donna ricoverata in casa di riposo, che piange sempre a dirotto quando il figlio la va a trovare, ragione per cui egli s’infuria e strilla con la direttrice che replica guardi, si sbaglia, le assicuro che sua madre è di ottimo umore, scherza, ride, tiene allegri tutti quanti quando lei non c’è; e giungendo un giorno a sorpresa, il figlio in effetti trova sua madre circondata da un folto auditorio di anziani plaudenti, intenta a intonare vecchie canzoni licenziose… © RIPRODUZIONE RISERVATA Il libro: Andrea Bajani, «La vita non è in ordine alfabetico, Einaudi, pagine 130, € 12,50 «Meridiano» Mondadori, con l’Opera critica, appena uscito: la sua gioia, immensa, delle ultime settimane. Sfibrato dalla malattia, ha voluto invitare un ristretto numero di amici a casa sua per festeggiarla. Diversissimo dai suoi maestri e anche dai suoi compagni di strada per la varietà linguistico-geografica e per l’estensione cronologica che ha frequentato, per poliedricità di sguardo e di approccio, per la capacità di contemperare prospettive diverse, infine per la chiarezza dello stile, alieno a ogni vezzo accademico e a ogni «continismo» di maniera. Dopo l’apprendistato giovanile, l’Orlando furioso sarebbe rimasta la passione principe del filologo, a cui si deve la cura di tutte le opere ariostesche, fino al Rimario diacronico dell’Orlando uscito nel 2012, dopo decenni di fatiche. La sapienza filologica lo porta ad approntare anche le edizioni critiche della Chanson de Roland e del Bestiario amoroso di Richard de Fournival, pietre miliari della ricostruzione ecdotica. Ma la coincidenza dell’esperienza filologica e di quella stilistica gli permette di offrire studi pionieristici sulla poesia e sulla prosa delle origini (l’antolo- Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 Cultura 29 PECHINO La prima rivista di autori cinesi in italiano Traduttori cercansi Pechino pubblicherà una rivista in lingua italiana interamente dedicata alla letteratura cinese: la prima, esultano i curatori. Uscirà a luglio, il progetto ricalca quello di «Pathlight», trimestrale in inglese. La versione italiana, cadenza annuale, fa capo alla casa editrice Letteratura del Popolo (Renmin Wenxue). Se cinesi sono il responsabile, Shi Zhanjun, e uno dei due direttori editoriali, italiane sono l’altro direttore editoriale, Patrizia Liberati (tra le nostre più apprezzate traduttrici dal cinese, sue le versioni recenti del Nobel Mo Yan), e la vice, Silvia Pozzi (Università di Milano Bicocca). Spiegano Liberati e Pozzi: «Abbiamo deciso di dedicare il numero inaugurale alle “nuove voci”, con poesie e prose di autori mai prima editi in italiano». Alla rivista, che sarà acquistabile online e distribuita nelle università e negli 11 istituti Confucio d’Italia, aderiscono traduttori noti ma la partecipazione è aperta a chi sta fuori dai circuiti editoriali. Cesare Segre nel suo studio nel 2005 (foto Leonardo Cendamo/Grazia Neri) gia ricciardiana La prosa del Duecento è del ‘59 , preceduta da quella dei Volgarizzamenti medievali, 1953). Non manca di occuparsi dei romances spagnoli, sempre animato da quell’«atteggiamento sperimentale» e per niente dogmatico che Gian Luigi Beccaria ha messo in evidenza introducendo il «Meridiano». Segre si definiva philologus in aeternum. Dunque è normale che per lui la semiotica venisse dopo lo studio puntuale della tradizione del testo, al punto che a un allievo, come me, che trovò il coraggio di chiedergli la tesi, raramente proponeva scappatoie strutturaliste, ma chiedeva di affrontare edizioni critiche (pura ecdotica, come direbbero gli esperti) di impegno spesso immane (personalmente mi ritrovai alle prese con il volgarizzamento duecentesco del De regimine principum di Egidio Romano: 800 pagine di sola trascrizione testuale!). La severità era uno dei suoi tanti meriti. Ciò non toglie che quel che poi l’avrebbe interessato è il nesso tra lingua, cultura e società a ogni altezza temporale e spaziale. Ciò che produce una raffica di saggi, raccolti in volumi capaci di anticipare sempre i tempi, da I segni e la critica (1969) a Semiotica filologica (1979), a Intrecci di voci (1991) e oltre, fino a Critica e critici (2012), in cui Segre mette in gioco lo statuto della critica, tra accademismo esasperato e sciatterie giornalistiche, due estremi che non sopportava. Lettore inquieto, e perciò dialogante con tutto e con tutti (anche con critici estremamente lontani dalla sua vocazione «iperrazionalistica», come Roland Barthes), ha sposato la critica formale (sulle orme di Jakobson e degli altri russi fino a Lotman: di Jakobson fu amico e ricordava una notte di nebbia fittissima in auto con lui, che chiacchierava come nulla fosse, di ritorno da Pavia) senza farne un’ortodossia metodologica, anzi superandola dopo averne ricavato il massimo A 360 gradi Il Meridiano Mondadori dell’«Opera critica» appena uscito testimonia la varietà degli interessi dei risultati. Il testo letterario è sempre, per Segre, nonostante gli sforzi di modellizzazione e la capacità di disegnare ampie tipologie, una creatura bifronte di forme e contenuti, frutto di un’esperienza vissuta. Ha «osato» spingersi lungo il filone «espressionistico» avvistato da Contini, ma svoltando poi verso altri lidi. Sempre da protagonista ha messo a frutto la lezione di Michail Bachtin sulla narrazione polifonica come pluralità di registri, di strati sociali, di punti di vista, valorizzando il livello anche sociologico. Ha elaborato le nozioni di «intertestualità» e «interdiscorsività», mostrandone la fertilità nella lettura dei testi medievali, ma anche delle opere di Carlo Emilio Gadda, di Vincenzo Consolo, di Guido Morselli, di Luigi Meneghello, e spaziando anche da Cervantes a Beckett con un dominio di mezzi che nessuno della sua generazione (non solo in Italia) ha avuto. Ha voluto indagare negli «altri mondi», con un volume che raccoglie saggi sulle opere che mettono in scena l’aldilà o realtà alternative, si tratti di luoghi di morte o di follia. Si è spinto verso il teatro e verso il linguaggio visivo: «Il mio interesse per l’arte — ha scritto — precede, nella mia biografia, quello per la letteratura». La tentazione di virare verso la critica d’arte è sempre stata forte. Ma negli ultimi anni, quel che più lo interessava era, letteratura o no, la finalità che suggerisce a un artista di mettersi all’opera. Una questione di etica. E di politica. Il mondo intorno, la situazione italiana, il dissesto del Paese e in generale dell’Europa entravano sempre di più nei suoi discorsi quando ci si incontrava a cena con sua moglie, Marisa Meneghetti (allieva di Gianfranco Folena e filologa romanza anche lei), e con gli amici, primi tra tutti Corrado Stajano e Giovanna Borgese. Ricordava volentieri la sua amicizia con Primo Levi e non nascondeva il dolore per la sua morte voluta, evocava di continuo l’incubo notturno ricorrente di trovarsi su un treno diretto ad Auschwitz (dove erano finiti cinque tra suoi zii e cugini), esprimeva senza riserve la passione assoluta per Kafka, non riusciva a sottrarsi alla depressione che negli ultimi tempi non lo abbandonava (specie dopo la morte del fratello Carlo), ritornava spesso sulla convinzione di sentirsi un asociale. «Apolitico con la passione per la politica» e con una grande amarezza, dopo le speranze uscite dalla Liberazione, Cesare Segre non poteva che approdare al tema ultimo dell’etica in letteratura: «Ho cominciato a scrivere su Primo Levi solo dopo la sua morte. È proprio verso la fine degli anni Ottanta che mi sono sentito in grado di esprimermi sulla Shoah e sui suoi testimoni». In uno dei suoi ultimi scritti per il «Corriere della Sera», a cui collaborava (da maestro anche come «giornalista») dall’88, si interrogava sul pericolo terribile — per lui un’angoscia — di perdere la memoria collettiva dell’orrore una volta morti i suoi testimoni diretti. Chi ha avuto il privilegio e la fortuna di conoscere Segre non correrà mai questo rischio. Grazie, Cesare, non solo per questo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Due racconti di Di An (nella foto) e Lu Min e sei poesie di Sun Lei sono a disposizione di chi volesse cimentarsi e verranno scelte le versioni migliori. «Inseriremo — conclude Liberati — i dettagli delle case editrici cinesi detentrici dei diritti, per facilitare i contatti con quelle italiane interessate». Marco Del Corona @marcodelcorona © RIPRODUZIONE RISERVATA L’esempio L’impegno civile fu la bussola nonostante le delusioni Sperimentò le persecuzioni e non scelse la torre d’avorio di CORRADO STAJANO N on ha fatto in tempo, Cesare, a goder la festa cui diceva di tener tanto, la festa per la sua Opera critica, il Meridiano uscito in febbraio. Chissà se poi ci credeva veramente o fingeva anche con gli amici, dopo che il male dal primo di agosto dell’anno scorso l’aveva assalito. Si era rotto una vertebra a Cortina, ma il vero tormento era nascosto nel corpo sofferente. Diceva di non sapere, lui abituato a scovare le varianti di un frammento nelle pieghe delle pagine degli amati scrittori di secoli lontani e anche di oggi. Il suo corpo doveva essere per lui come quelle righe impresse sulla carta antica e nuova su cui fin da ragazzo aveva curvato gli occhi e l’anima. Era stato adulto fin da piccolo, Cesare Segre, nato a Verzuolo, in Piemonte, nel 1928, passato attraverso le tragedie del Novecento che gli avevano plasmato la vita e che non aveva mai dimenticato, tra passato e presente. Quel sorrisino che si captava sempre nei suoi occhi acuti era il suo segno. E spesso non si capiva se era ironico, deridente nei confronti delle sciagure e delle bassezze umane o soltanto triste per un Paese che con le opere e gli scritti aveva sempre cercato di render migliore, più civile, rispettoso della cultura e della sua Storia. Philologus in aeternum scrisse nel 1984 in un’intervista immaginaria pubblicata su «Belfagor». Ma non fu certo un filologo della normalità. Un filologo della complessità, piuttosto, sempre aperto al nuovo, cancellatore degli schemi. Usò gli strumenti della stilistica, poi dello strutturalismo, poi della semiotica cercando sempre di mantenere un equilibrio nell’interpretazione dei testi letterari, un punto d’incontro tra la volontà dell’autore, del critico, del lettore. Si considerava simile a un restauratore, felice quando riapparivano, come per miracolo su un muro, i colori originari di una pittura malamente guastati. Era sempre alla ricerca del Le date 1928 Cesare Segre nasce a Verzuolo, in provincia di Cuneo, il 4 aprile 1938 Il 5 settembre entrano in vigore le leggi razziali. Segre, ebreo, sarà costretto a lasciare il ginnasio del Liceo Alfieri di Torino, città dove si laureerà in Storia della lingua con Benvenuto Terracini 1950 Si stabilisce con la famiglia a Milano 1954 Ottiene la cattedra di Filologia romanza a Trieste 1956 Insegna a Pavia, dove manterrà la cattedra per quasi mezzo secolo 1969 Esce il suo primo libro metodologico, «I segni e la critica» (Einaudi), che verrà tradotto in spagnolo, inglese e portoghese 1988 Cesare Segre diventa collaboratore del «Corriere della Sera» 2014 Il 16 marzo muore a Milano nuovo, non lo disdegnava mai, lo mescolava, invece. Chi lo ascoltava parlare con quella sua voce appena sussurrata non immaginava il suo fervore di giocatore della letteratura e della storia, la sua passione, l’amore per la sfida. Le persecuzioni della prima giovinezza, gli anni trascorsi nascosto nel collegio della Madonna dei Laghi, ad Avigliana, furono nodali per lui, sempre dalla parte delle vittime, dei perseguitati. Fu un cittadino fedele di libertà e giustizia, maestro di se stesso, allora, lettore onnivoro. E dopo fu fedele sempre ai suoi maestri, erede e rinnovatore della loro lezione: Santorre Debenedetti, fratello della nonna paterna, personaggio mitologico ed eccentrico, storico erudito; Benvenuto Terracini, il secondo grande maestro, professore di Storia della lingua e di Glottologia, con cui si laureò; e Gianfranco Contini, il terzo maestro, critico ed editore di testi, del quale fu il più giovane degli allievi. Per la loro influenza, era solito dire, aveva assorbito le tre diverse tendenze della filologia, arricchendo così il suo repertorio di idee e le sue possibilità di uomo e di studioso. Era un uomo curioso che odiava la mediocrità. Sempre in guardia, il più delle volte deluso. La gioia della liberazione fu breve, i fascisti erano rimasti, ai loro posti. Provò la stessa delusione dopo il fallimento del centrosinistra; il ‘68 non lo scandalizzò; nel 1994 dopo la vittoria elettorale del Polo della Libertà sentì il pericolo e promosse con persone di grande e di piccolo nome della cultura italiana il Manifesto democratico, un’azione ribelle. Non restò mai chiuso nelle torri d’avorio. L’impegno morale e civile gli fecero da bussola. Sostava certe volte malinconico davanti alle piccole lapidi dei ragazzi partigiani con le loro coroncine appassite. Per quale Italia?, diceva come a se stesso ma non rinunciava a fare. © RIPRODUZIONE RISERVATA Buchmesse Segni di ripresa del mercato in Germania, Amazon diventa editore in proprio di testi in tedesco. E le bugie di Sascha Arango arriveranno in Italia Lipsia fa i conti: i manga giapponesi aiutano i libri e i libri aiutano se stessi da Lipsia RANIERI POLESE C on un record di presenze (237 mila visitatori, contando insieme i 175 mila che hanno preso d’assalto i padiglioni della Buchmesse e gli oltre 120 mila che hanno seguito incontri in città) si è chiusa l’edizione 2014 della Fiera di Lipsia. Un risultato che conferma il buon andamento del mercato librario in Germania: la crisi degli ultimi anni, dice l’Associazione dei librai tedeschi, si è arrestata. C’è poi un altro segnale confortante, il pubblico sta tornando a comprare nelle librerie tradizionali. Insomma, è il commento generale, la campagna per la promozione del libro («Vorsicht Buch!», Attenzione: libro) partita da Lipsia l’anno passato, sta dando i suoi frutti. Manga über alles. Fra le ragioni dell’aumento di visitatori, comunque, c’è anche la decisione della Fiera di tenere la prima Manga-Comic Convention a Lip- sia. Un evento che ha moltiplicato l’afflusso di giovani cosplayer, i ragazzi che si vestono come i personaggi dei fumetti (oltre 30 mila). Ai manga è stato dedicato un intero padiglione, con stand di editori, merchandising e sale di proiezione di anime (cartoni animati): sabato e domenica si è registrata una vera invasione. Crepuscolo dei libri? Presentato alla Fiera, il volume del libraio-editore di Berlino Detlef Bluhm raccoglie, sotto un titolo wagneriano (Büchedämmerung, Crepuscolo dei libri), vari saggi che si interrogano sul futuro del libro di carta. Sopravviverà alla rivoluzione dell’editoria digitale? E la figura dell’editore è destinata a sparire? Quasi a dar sostegno ai più foschi presagi è arrivata la notizia che anche in Germania Amazon diventa editore in proprio di libri in tedesco (finora avevano pubblicato traduzioni in inglese di autori tedeschi). Un fenomeno, quello del self-publishing, che già esisteva: pub- blicata on line, la serie krimi Berlin Gothic di Jonas Winner è diventata un bestseller. Ma la forza del colosso Amazon, ovviamente, non può non spaventare. Per l’Ucraina. Per il terzo anno alla Fiera, il programma Tranzyt riuniva autori e intellettuali ucraini, polacchi e bielorussi. Da sempre attenta ai Paesi del vicino Est, Lipsia ha quest’anno dato voce agli scrittori ucraini che difendono l’indipendenza della loro nazione. Juri Andruchowytsch ha chiesto all’Europa di non assistere impassibile all’avanzata di Putin, ma di sostenere il governo di transizione e le forze democratiche. Intanto, Bestseller L’editore Nord porta da noi le 976 pagine del thriller sul Medio Oriente di Frank Schätzing sul muro della Nikolaikirche, la chiesa protestante da cui partì nel 1989 la Friedliche Revolution, il movimento di protesta contro il regime della Ddr che portò alla caduta del Muro, è stata posta una bandiera ucraina. Krimi & bestseller. Subito primo in classifica con il nuovo Breaking News (Kiepenheuer & Witsch), Frank Schätzing ha fatto il tutto esaurito nei numerosi incontri fuori e dentro la Fiera. Bestseller mondiale con le fantasie eco-apocalittiche del Quinto giorno (2004), Schätzing ha scritto un thriller politico sul conflitto tra israeliani e palestinesi, 976 pagine in cui si mescolano personaggi d’invenzione con i protagonisti della storia del Medio Oriente. In Italia uscirà da Nord edizioni. Ancora acquisti italiani: Marsilio si è aggiudicato Die Warheit und andere Lügen (La verità e altre bugie, Bertelsmann) di Sascha Arango, per la critica il miglior esordio della stagione. Molto applaudito Dalla tv Lo sceneggiatore Sascha Arango (1959) è l’autore del romanzo «La verità e altre bugie» che verrà pubblicato in Italia da Marsilio nell’auditorium della televisione Mdr, Arango, padre colombiano madre tedesca, sceneggiatore della serie televisiva Tatort, ci dà il ritratto di un bugiardo perfetto, lo scrittore Henry che vive imbrogliando gli altri. Ma da impostore a mostro il passo sarà breve... Ancora un debutto, quello di Katja Eichinger, la vedova di Bernd Eichinger, il geniale produttore morto nel 2011, cui si debbono film come Cristiana F, Il nome della rosa, Hitler-La caduta e La banda Baader-Meinhof. Katja ha appena pubblicato American Solo (Metrolit). Una storia di follia che si svolge a Los Angeles, ma che ricorda il sequestro dell’austriaca Natascha Kampusch: un musicista pazzo rinchiude nella panic room di casa sua una ragazza con l’intenzione di creare la donna perfetta. «Mio marito» ha detto la Eichinger «avrebbe voluto fare un film sulla Kampusch. Ora io ci ho scritto un romanzo». © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera 30 Corriere della Sera SMS Idee&opinioni Le news più importanti in anteprima sul tuo cellulare. Invia un sms con la parola CORRIERE al 4898984 Servizio in abbonamento (4 euro a settimana). Per disattivarlo invia RCSMOBILE OFF al 4898984 Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile DIRITTO INTERNAZIONALE A GEOMETRIA VARIABILE ✒ Nelle sue prime dichiarazioni il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha richiamato con forza l’attenzione del Paese sulla necessità di definire la nostra strategia militare, ricordando un principio elementare che però sembra essere stato dimenticato: prima va stabilito quali sono gli obiettivi che vogliamo perseguire e poi qual è lo strumento militare che ci serve, compresi gli equipaggiamenti. Fino ad ora e per troppo tempo il dibattito si è concentrato sui mezzi da acquisire e sul loro numero, anche in relazione al costo. Questo è avvenuto in particolare nel caso del velivolo da attacco al suolo F35. Ma un confronto su queste basi finisce con l’evidenziare solo un aspetto del problema e, soprattutto, non è minimamente correlato con lo scenario internazionale con cui prevediamo di confrontarci nel medio periodo né a livello di minacce, né di alleanze, né di ruolo che intendiamo svolgere. Nel giro di pochi anni l’arco dell’instabilità è risalito in modo preoccupante verso nord e verso ovest, arrivando a lambire l’intero fronte sud del Mediterraneo. Le crisi libica e siriana restano ancora virulente, mentre è esplosa la nuova crisi ucraina: un brusco risveglio per chi si illudeva che, chiuso o meglio rimosso il problema afghano, l’Occidente, e soprattutto l’Unione europea, potesse limitarsi a gestire le sue difficoltà economiche e finanziarie. È da qui che bisogna ripartire e giustamente il ministro ha sostenuto che dobbiamo finalmente predisporre un Libro Bianco della Difesa che riesamini coraggiosamente ogni aspetto e ogni scelta senza tabù di alcun genere. In questo quadro andranno affrontati anche i grandi programmi militari, fra cui l’F35, consapevoli che la loro valenza prioritaria non è né industriale, né operativa, ma strategica. E questo vuol dire chiarire prima di tutto a noi stessi se e perché determinati equipaggiamenti sono necessari e poi farlo con i nostri alleati europei ed americani perché mai come in questo momento è evidente che solo con una strategia condivisa possiamo fronteggiare le tempeste che si profilano all’orizzonte. Michele Nones © RIPRODUZIONE RISERVATA CAMBIANO LE ALLEANZE SUL LAVORO LANDINI CON POLETTI, CAMUSSO CON BOERI ✒ L’antipasto del Jobs act, le norme contenute nel decreto di semplificazione dei contratti a termine e dell’apprendistato, stanno rimodellando le alleanze politiche e sindacali. Le grandi confederazioni dopo un periodo caratterizzato da posizioni unitarie si sono ridivise, il segretario della Cgil Susanna Camusso si è contrapposto al ministro «sociale» del gabinetto Renzi (Giuliano Poletti) ed è rientrato in gioco Maurizio Sacconi, ex responsabile del dicastero del Welfare nel governo Berlusconi passato poi nelle file di Ncd. Per dirla in breve si è andato formando un inedito asse Poletti-Bonanni-Sacconi che, già forte di suo, può godere di un «appoggio esterno» da parte di Maurizio Landini. Il segretario della Fiom in realtà vanta un’interlocuzione con il piano di sopra, direttamente con il premier Matteo Renzi e invece continua a essere visto con sospetto da Bonanni e Sacconi. E del resto non potrebbe essere altrimenti, considerate le tante occasioni nelle quali il numero uno della Cisl e l’ex ministro si sono trovati come primo avversario proprio Lan- dini. Nonostante ciò il leader metalmeccanico ricopre — specie agli occhi del premier — un ruolo tatticamente importante perché stana con la sua azione i vertici della Cgil e ne mette di continuo in evidenza «le posizioni ondivaghe». L’impressione è che Camusso abbia cambiato più volte posizione proprio per evitare di restare isolata e questo timore l’abbia portata infine a decidere, con una mossa inattesa, di aprire al «contratto unico a tutele crescenti». Un’ipotesi elaborata dai professori Tito Boeri e Pietro Garibaldi che la Cgil aveva sempre avversato e che invece compariva nella bozza del Jobs act, scritta però prima che Renzi andasse a Palazzo Chigi. Adesso Camusso è, dunque, in buona compagnia: può sostenere di essere in linea non solo con la minoranza Pd ma anche con Boeri e il primo Renzi. Per rendere però pienamente credibile il riposizionamento la attende la prova del nove: esplicitare il via libera al superamento dell’articolo 18 previsto nel contratto unico. Dario Di Vico © RIPRODUZIONE RISERVATA È questo il vero punto di forza di Renzi. È la più potente arma di ricatto di cui dispone per mettere in riga le lobby parlamentari e la burocrazia a tutti i livelli: tutti quelli che, se si profila all’orizzonte una innovazione, si mettono subito al lavoro per neutralizzarla, distorcerla, edulcorarla. E che fino ad oggi, sfruttando cavilli e procedure complicate, sono sempre, o quasi sempre, riusciti a spuntarla. Basti vedere che cosa è successo a tanti provvedimenti varati dai governi Monti e Letta. Sbloccherà davvero Renzi il pagamento dei debiti alle imprese? Il provvedimento sui contratti a termine, quando verrà varato, partirà già annacquato grazie al lavoro sottotraccia delle lobby contrarie oppure verrà neutralizzato in sede di attuazione? La riforma del lavoro di Renzi farà la fine di quella della Fornero? Il taglio dell’Irpef risulterà solo un regalo elettorale (in vista delle Europee di maggio) incapace di stimolare la ripresa della domanda interna oppure, sommandosi ad altri provvedimenti pro-crescita, contribuirà a mutare il clima del Paese, a dare il colpo di frusta di cui l’economia italiana ha bisogno? Cosa verrà fatto, a breve, contro quella palla al di MASSIMO NAVA SEGUE DALLA PRIMA I rischi di effetto domino sono all’ordine del giorno — dalle inquietudini nelle Repubbliche ai confini della Russia per il riaccendersi di sentimenti separatisti all’impasse diplomatica sui principali dossier (Siria, nucleare iraniano, Medio Oriente) in cui le buone relazioni dell’Occidente con Mosca restano indispensabili e decisive. Ma non basta un confronto storico inquietante per capire la complessità della crisi sul Mar Nero, dove l’espansionismo della Nato e dell’Europa si confronta con le nostalgie imperiali di Mosca. Ce ne vogliono altri che aiutino a comprendere, oltre ai torti di Putin, anche le ragioni della popolazione russofona e soprattutto la fragilità del diritto internazionale, continuamente invocato a geometria variabile, ancora una volta violato e spesso in conflitto con i diritti dei popoli e delle minoranze. Per quanto ogni situazione contenga aspetti specifici e cause diverse, quanti referendum della storia recente hanno consentito di risolvere tragiche eredità di divisioni territoriali e coloniali o di spegnere tensioni nazionalistiche e indipendentiste? Basti ricordare Timor Est, il Sud Sudan, la Cecoslovacchia del dopo Muro, forse domani la Scozia e la Catalogna. Per quanto ogni situazione sia differente, quanti referendum e campagne separatiste hanno invece provocato effetti opposti? Occorre ricordare che proprio un referendum scatenò la guerra fratricida in Bosnia e l’assedio di Sarajevo. E come dimenticare che le rivendicazioni nazionalistiche, cui seguirono — da parte di Paesi europei — frettolosi riconoscimenti di dubbia legittimità (Croazia, Slovenia), portarono all’implosione della ex Jugoslavia, fino alla guerra del Kosovo? Occorre ricordare che proprio il Kosovo, repubblica oggi riconosciuta da una grande maggioranza di Stati (con qualche eccezione significativa delle implicazioni interne, come Spagna, Grecia e Romania) ottenne l’indipendenza grazie al «bombardamento umanitario» della Nato contro la Serbia di Milosevic, liquidato con la forza dall’Occidente e mollato dall’alleato russo. Si dirà che i russi di Crimea non sono oggi minacciati come lo era la maggioranza albanese del Kosovo, ma fino a quando, se venisse a mancare la protezione di Mosca? È lecito chiedersi perché della quotidiana tragedia della minoranza serba in Kosovo non interessi più a nessuno? Potranno i serbi di Mitrovica annettersi alla madre Serbia? Con questi precedenti, il referendum in Crimea legittima inevitabilmente altre aspirazioni in ogni angolo del pianeta dove si soffre per difendere identità nazionali, etniche, linguistiche e religiose più o meno minacciate. E con questi precedenti, si comprende anche come la legge del più forte e gli interessi politici prevalgano — come si dice — a prescindere. Considerazioni di natura politica e morale spingono ad alzare le voci di condanna e a invocare sanzioni, ma l’intensità di queste voci è condizionata dalla quantità e dal livello di interessi che potrebbero venire momentaneamente compromessi. Nel caso della Russia di Putin, le relazioni commerciali, finanziarie ed energetiche con i Paesi europei stanno condizionando con tutta evidenza l’atteggiamento delle capitali europee. Ed è assai probabile che lo stesso condizionamento si avvertirebbe, come è già avvenuto, in senso contrario, quando cioè fossero le aspirazioni nazionalistiche o indipendentiste a minacciare l’integrità territoriale di una media o grande potenza e a venire violentemente represse. Basti ricordare la Cecenia, il Tibet, i popoli kurdi e tuareg. Persino l’integrità della Siria di Assad, al di là dell’indignazione verbale, finisce oggi — dopo 150 mila morti — per essere ritenuta preferibile a una divisione territoriale che alimenterebbe l’influenza islamica radicale. Se il diritto internazionale continua ad essere fatto a pezzi o invocato a geometria variabile, le sole sanzioni rischiano di essere un’arma spuntata, come lo è un Consiglio di sicurezza prigioniero di veti incrociati. Meglio sarebbe ritrovare dialogo e buon senso. Con un po’ più di coerenza e un po’ meno di ipocrisia. Una gestione della crisi in ambito Ocse, che si sta facendo strada in queste ore, é un primo segnale positivo. Alzare la voce non muta i rapporti di forza, né salva l’Ucraina dal baratro. Basterebbe considerare che la salvezza di Kiev costerebbe molto meno di quanto è costato aiutare la Grecia e che Mosca avrebbe solo da perdere dall’implosione di un Paese esposto con le banche russe per decine di miliardi di dollari. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA GARANTE DELLA PRIVACY Troppi divieti al diritto di cronaca di CATERINA MALAVENDA RAGIONI E RISCHI DI UNA ROTTURA NON SI VIVE DI BELLE PAROLE SEGUE DALLA PRIMA I risultati del referendum in Crimea possono generare un effetto domino CONC NELLA STRATEGIA MILITARE DI PINOTTI NON CI SONO SOLTANTO GLI AEREI F35 piede dell’economia che è il malfunzionamento della giustizia civile? Cosa verrà fatto per rendere i ricorsi ai Tar l’eccezione anziché la regola? A seconda delle risposte che potremo dare fra qualche mese a queste e ad altre domande, capiremo — lo capiremo solo allora — se Renzi si rivelerà un autentico vincente oppure un’altra (l’ennesima) promessa mancata. I vincoli che il premier deve aggirare o allentare sono potenti. Egli ha in mano due sole carte: il rapporto carismatico che ha stabilito con l’opinione pubblica e la paura dei parlamentari che un suo fallimento li porti dritti alle elezioni. Ma sono carte a rischio di deterioramento rapido. Il carisma, per sua natura, è fragile, transitorio, effimero. Renzi ha ragione nel voler fare tutto o quasi tutto in fretta, nel tempo più breve possibile. Deve cambiare le regole del gioco, ivi comprese quelle istituzionali e amministrative, prima che il suo carisma subisca l’inevitabile logoramento. Altrimenti, tutto finirà con il solito «vorrei ma non posso», la vera epigrafe di altre avventure carismatiche che l’Italia repubblicana ha conosciuto. Angelo Panebianco © RIPRODUZIONE RISERVATA C aro direttore, il Garante della privacy ha deciso di modificare il codice deontologico dei giornalisti, allegato alla legge sul trattamento dei dati personali. A regole condivisibili e rodate, ne aggiunge altre, alcune delle quali rischiano di complicare ulteriormente la vostra vita e meritano, perciò, qualche riflessione. Chi fa informazione può trattare quei dati, anche i più sensibili, senza il consenso del titolare, ma con le modalità stabilite appunto dal vigente codice deontologico, la cui violazione può generare già oggi gravi conseguenze e sul quale il Garante ha deciso di intervenire, per adeguarlo «alle mutate sensibilità», anche tenuto conto «delle implicazioni che l’evoluzione tecnologica ha sul modo di fare informazione. Una spiegazione che non giustifica, però, l’introduzione di ulteriori e serie limitazioni al diritto di cronaca. Il presupposto perché il giornalista possa utilizzare i dati altrui è e rimane l’essenzialità dell’informazione che essi debbono corroborare. Si tratta evidentemente di un limite assai vago per chi deve osservarlo e, soprattutto, suscettibile di valutazioni opinabili, da parte di chi — Garante o Tribunale — deve giudicarne il rispetto, sulla scorta di divieti generali e deroghe eccezionali, su cui il nuovo codice deontologico interviene ancor più incisivamente, rischiando di limitare troppo la circolazione delle notizie e di generare, a titolo precauzionale, una prudenziale autocensura, a scapito della completezza dell’informazione, importante tanto quanto la sua es- senzialità. Il Garante codifica, così, per la prima volta, il diritto all’oblio, aggiungendo agli inediti e condivisibili obblighi, su richiesta dell’interessato, di aggiornare i dati, conservati negli archivi e di deindicizzare articoli assai datati, anche quello, assai meno condivisibile, di evitare ogni riferimento a particolari, relativi al passato «quando ciò non alteri il contenuto della notizia»; o persino, a distanza di tempo, l’obbligo di non citare il condannato, se ciò può incidere sul suo percorso di reinserimento sociale, senza alcuna eccezione. Una coltre di silenzio potrebbe calare così sul passato di personaggi pubblici, ancora sulla scena e certo pronti a sostenere che una certa vicenda o una antica condanna siano oramai acqua passata ed a chiedere pesanti sanzioni per chi abbia osato rivangarle. Davvero sorprendenti sono poi i limiti introdotti, per via amministrativa, alla cronaca giudiziaria, là dove persino la politica si era fermata. Così il giornalista dovrà tacere l’identità di chi è stato sentito in un procedimento giudiziario, a meno che sapere chi è non sia necessario per comprendere la notizia; ma soprattutto e questa volta senza nessuna eccezione, non dovrà consentire l’identificazione delle persone, a qualunque titolo citate negli atti del procedimento, ma non coinvolte, mentre nel citare gli indagati, «valuta comunque i rischi». Non è peregrino immaginare la schiera di coloro che sosterranno, a pieno titolo, l’inutilità e, quindi, la illegittimità della diffusione della loro identità. Attenzione anche alla divulgazione degli at- ti di un procedimento, in particolare le intercettazioni: necessario evitare ogni riferimento ai soggetti «non interessati», salvo che sussista, concetto del tutto inedito, «un eccezionale interesse pubblico»; e privilegiare la pubblicazione del contenuto degli atti, in luogo del loro tenore letterale, quando «non sia compromesso il diritto di cronaca». La struttura del nuovo codice è, dunque, omogenea, una somma di divieti chiari e di facoltà di deroga, dai contorni assai sfuggenti e dalla cui corretta interpretazione dipenderà la sorte del giornalista. Il trattamento dei dati, in violazione del codice deontologico, infatti, sotto il profilo delle conseguenze, equivale al trattamento senza il necessario consenso, un reato procedibile d’ufficio, punito con la reclusione — senza che nessuno si sia finora stracciato le vesti — se il giornalista lo ha commesso per ottenere un profitto per sé, quale può essere una promozione; o per altri, ad esempio per l’editore che, da uno scoop, trae un utile proporzionale al maggior numero di copie vendute. È poi condotta pericolosa che causa sempre danni, salvo che si provi il contrario, che il giornalista e l’editore dovranno risarcire; ed è illecito disciplinare sanzionabile, nei casi più gravi, con la sospensione o la radiazione dalla professione. Serve altro, per dissuadere anche i giornalisti più coraggiosi? Avvocato, specialista in Diritto dell’informazione © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 31 Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a: «Lettere al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79 Lettere al Corriere COME IL PRESIDENTE ROOSEVELT PREPARÒ IL SUO PAESE ALLA GUERRA Risponde Sergio Romano A me sembra di ricordare che quando nell’agosto del 1940 l’Inghilterra era minacciata di invasione da parte dei tedeschi, gli Stati Uniti inviarono 50 cacciatorpediniere della prima guerra mondiale e conservati per così dire in naftalina che furono a mio avviso determinanti per impedire lo sbarco da parte dei tedeschi. Gradirei sapere se il mio ragionamento è corretto. Giuliano Ricci Firenze Caro Ricci, operazione «Leone marino» (il nome di codice del piano con cui i tedeschi progettarono l’invasione della Gran Bretagna dopo la rotta anglofrancese di Dunkerque) fallì per ragioni prevalentemente logistiche. Ma la fornitura delle navi, anche se pagata con la cessione agli Stati Uniti di basi britanniche nei Caraibi, dimostrò che il presidente Roosevelt era già allora, molto prima dell’attacco giapponese a Pearl Harbor, deciso a impegnare l’America nella guerra contro le potenze dell’Asse e il Giappone. Le navi furono importanti, ma molto più decisivo fu il «Lend-lease Act», la legge affitti e prestiti, approvata dal Congresso agli inizi del 1941, con cui CONFLITTI NEL MONDO PROVVEDIMENTI Posizione dei pacifisti Buste paga più ricche Caro Romano, vorrei chiederle un parere, un commento sull’assoluto silenzio delle organizzazioni pacifiste riguardo alla «primavera araba», l’Egitto, la Siria (con i milioni di profughi e migliaia di morti), per non parlare di Corea del Nord, del Sudan, ed ora dei carri armati di Putin in Ucraina. Su tutto questo silenzio assoluto. È la solita ipocrisia per cui si criticano solo Stati Uniti e Israele? Sono io che vedo male la situazione? Non sono abbastanza informato? Non è politicamente corretto parlare di questo argomento? Non è che i pacifisti sono pacifisti a senso unico? Immaginiamo che al posto di Putin ci sia l’America: le piazze sarebbero piene e gli intellettuali si straccerebbero le vesti. Non è così? Francesco Spinelli, Milano La risposta è già stata data da Angelo Panebianco sul Corriere del 3 marzo («Noi tra ipocrisia e indifferenza»). I temi internazionali appassionano l’opinione pubblica soltanto quando le manifestazioni servono a colpire un avversario politico nazionale. I dipendenti con un certo reddito riceveranno in busta paga 80 euro e Renzi si è assicurato voti. Sarà, ma ha perso i voti dei pensionati, che pur essendo equiparati ai lavoratori dipendenti non riceveranno nulla. L’ Carla Nipoti [email protected] TURISMO A LONDRA Problemi risolti Sono da poco tornata da un viaggio a Londra con quattro amiche ed abbiamo potuto constatare come vengono trattati i turisti in questa città. Intanto avevamo acquistato tramite internet il London pass e la travel card che ti permettono di andare praticamente ovunque. Due giorni dopo l’acquisto erano già arrivate le tessere in Italia La tua opinione su sonar.corriere.it Berlusconi: sono pronto a candidarmi alle elezioni europee in tutte le circoscrizioni. Fa bene? gli Stati Uniti, nonostante la loro condizione di Paese neutrale, poterono fornire materiale bellico alla Gran Bretagna, alla Cina e, dopo il giugno 1941, all’Unione Sovietica. Roosevelt dovette muoversi con gradualità e prudenza perché la maggioranza dell’opinione pubblica americana era contraria all’intervento e gli isolazionisti, quando non erano addirittura filo-tedeschi, rappresentavano una parte con le guide di Londra in omaggio. Arrivate a Londra, io perdo subito il London pass. Panico anche perché costa la bellezza di 108 sterline e pur avendo fatto l’assicurazione questa copriva solo il mancato utilizzo, non lo smarrimento. La mattina dopo ci rechiamo al chiosco del London pass, spiego la situazione, mi chiedono di vedere i tesserini delle mie amiche e mi fanno immediatamente il duplicato senza chiedermi altro. Andiamo poi ad Hampton Court e ci fermiamo a mangiare alla caffetteria. Ci accorgiamo dopo aver pagato la consumazione che c’è lo sconto del 10% London pass. Facciamo presente la cosa alla cassiera, lei ci chiede considerevole del Congresso. Ma nei due anni che precedettero l’attacco contro la flotta americana nel Pacifico, il presidente degli Stati Uniti non smise mai di preparare il suo Paese al conflitto. Aumentò le spese militari, decretò un embargo sulle forniture americane di petrolio al Giappone, chiuse i consolati tedeschi negli Stati Uniti e firmò con Churchill, nell’agosto del 1941, una dichiarazione (la Carta Atlantica) che era di fatto un’Alleanza morale dei due maggiori popoli di lingua inglese. Era convinto che la sicurezza dell’America dipendesse dal ruolo po- litico e militare della Gran Bretagna nell’Atlantico e che l’America, se la Germania avesse vinto, avrebbe avuto un nemico sulla porta di casa. Questa politica, perseguita coerentemente sino al dicembre 1941, spiega perché i suoi nemici e i loro eredi non smettano di considerare Roosevelt responsabile dell’impreparazione dimostrata dalla flotta americana quando gli aerei giapponesi apparvero nel cielo di Pearl Harbor alle 7 e 49 del 7 dicembre 1941. Gli argomenti sono dietrologici, ma i sospetti sono duri a morire. tutti gli scontrini e torna poi al nostro tavolo con la differenza in moneta per ogni scontrino. Tralascio ogni considerazione sui trasporti, perché c’è un autobus o una metro ogni 2 o 3 minuti. Se fosse successo in Italia? Qui il turista, in linea di massima, serve solo per spennarlo. Adele Confalonieri, Firenze che ho investito in borsa per «spuntare» qualcosa in più del conto corrente, presto verranno tassati in modo più pesante, convincendomi che sarà meglio vendere tutto prima dell’ennesimo salasso. Sì 30 No 70 Luigi Alberto Weiss Senigallia (Ancona) BUONA NOTIZIA Attesa ragionevole NO AL VITALIZIO Contributo personale All’appello di Gerry Scotti, intenzionato a rinunciare a un vitalizio che ancora non percepisce, vorrei rispondere dicendo che io da 40 anni «do una mano» alle finanze pubbliche, pagando fino all’ultimo centesimo di tasse, per non dire dei ticket sanitari e dei tanti altri balzelli inventati dai nostri politici. Dagli ultimi annunci poi non spero nulla di buono, visto che quei pochi risparmi SUL WEB Risposte alle 19 di ieri © RIPRODUZIONE RISERVATA La domanda di oggi Angelino Alfano (Nuovo centrodestra): votare Forza Italia alle Europee è inutile. Siete d’accordo? Ho interpellato il numero verde Asl che permette di prenotare esami e visite in tutta la Lombardia. Con grande stupore per una Tac ho dovuto aspettare solo 3 giorni, per una visita ortopedica 2 settimane, per un esame uditivo una settimana. Edoardo Rabascini [email protected] EUROPEE Nome sulla lista Berlusconi non si candiderà certamente alle Europee. In compenso ci ritroveremo sulle schede un simbolo di Forza Italia con il suo nome in estrema evidenza. Cosa cambia per la politica di questa disperata seconda/terza repubblica? Nicola Zoller [email protected] Interventi & Repliche Abilitazione universitaria e ideologia Valutazione ideologica nelle Commissioni per l’Asn? Affermare, come fa Dino Messina sul Corriere di ieri, che per superare l’Abilitazione universitaria (Asn) sarebbe «vietato studiare autori di destra», traendo la conclusione che si stia incorrendo nel peccato capitale della «valutazione ideologica», suona magari suggestivo per certe orecchie, ma è semplicemente falso e persino grottesco. Messina prende per buone le lagnanze di Alessandro Campi, candidato bocciato alla I Fascia di Storia delle dottrine politiche, e mi tira in causa come responsabile di tale crimine impensabile (secondo il Campi, naturalmente). Allora, sono costretto a precisare quanto segue: 1) le Commissioni sono composte da 5 membri, uno dei quali straniero (nel caso statunitense); 2) per essere «promossi» occorrono almeno quattro voti, mentre il candidato Campi ne ha ottenuti tre, uno dei quali è stato il mio, pur rilevando certe criticità della sua produzione; 3) io stesso — e spesso la Commissione nel suo complesso — ho promosso studiosi e studiose che si dedicano esclusivamente al pensiero conservatore o reazionario, compreso quello estremo, razzista, antisemita ecc. (e abbiamo bocciato studiosi che si confrontano con autori di sinistra); 4) last but not least, personalmente, da decenni mi dedico allo studio di movimenti come il nazionalismo e il fascismo, e di correnti come il bellicismo in ogni sua espressione. Allora, chi è che deforma le proprie analisi e offusca il proprio giudizio con la «valutazione ideologica»? Angelo d’Orsi Dipartimento di Studi Storici Università di Torino Scrivere, come lei ha fatto sul professor Campi, che «suscita perplessità il carattere fortemente ideologico di tanta parte della sua produzione», rimane un giudizio negativo che si ripercuote su quello complessivo della commissione. La «valutazione ideologica» tuttavia riguarda anche altri candidati e altre commissioni: lo testimoniano i verbali d’esame. Dino Messina © 2014 RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DIRETTORE RESPONSABILE PRESIDENTE Angelo Provasoli Ferruccio de Bortoli VICE PRESIDENTE Roland Berger Luciano Fontana VICEDIRETTORI Antonio Macaluso Daniele Manca Giangiacomo Schiavi Barbara Stefanelli AMMINISTRATORE DELEGATO Pietro Scott Jovane Sede legale: Via Angelo Rizzoli, 8 - Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 5825 del 3 febbraio 1962 Responsabile del trattamento dei dati (D. 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Via Cazzaniga, 19 - 20132 Milano - Tel. 02-2582.1 - Fax 02-2582.5306 DIRETTORE GENERALE DIVISIONE QUOTIDIANI Alessandro Bompieri E-mail: [email protected] oppure: www.corriere.it oppure: [email protected] Particelle elementari di Pierluigi Battista Commissario politico all’università E così, come ha scritto Dino Messina sul Corriere riprendendo una rivelazione di Libero, la studiosa Simonetta Bartolini, autrice di eccellenti studi sulla cultura e la letteratura italiana del Novecento e in particolare di Giovanni Guareschi, non ha passato l’abilitazione nazionale perché secondo un commissario (politico?) Mario Sechi, la cui fama scientifica ha raggiunto gli angoli più remoti del mondo,«la candidata presenta un profilo marcatamente militante». «Militante» è solo un velo di ipocrisia. Il commissario (politico) intendeva «di destra». Fosse stato militante del fronte opposto, i parametri (compiacenti) sarebbero stati ben diversi. Peccato che l’Università funzioni ancora così, come la sacca conservatrice di una cultura arroccata nelle trincee del passato. Peccato che il potere dei commissari per l’abilitazione su base nazionale sia aumentato a dismisura con una riforma, quella Gelmini, concepita per stroncare le cordate baronali, ma attuata come strumento di pressione politica fortissima. Peccato che una studiosa come la Bartolini, di cui si conoscono e si apprezzano i lavori su Ardengo Soffici e Giovannino Guareschi , tra gli altri, non venga giudicata per le sue credenziali scientifiche, per la sua statura accademica, ma sulla base di un pregiudizio politico, come se l’Università dovesse essere culturalmente monocolore, monocorde, conforme, uniforme, grigia, senza ombra di diversità e di pluralismo. Peccato, perché a parti rovesciate si sarebbe gridato, giustamente, al maccartismo. Mentre invece l’odioso maccartismo applicato ai nemici Il maccartismo culturali della destra viene considerato normale e non censuraalla rovescia bile. Peccato che la liquidazione di un’eccellente studiosa venga colpisce affidata non a un empireo di spiuna studiosa riti magni di cui è unanimemente riconosciuta l’autorevolezza e di destra l’erudizione, ma a una mediocre commissione formata da docenti che onestamente non possono vantare un curriculum di pubblicazioni così superiore a quello di un candidato bocciato. Peccato, questo sprofondare nei gorghi del passato in un luogo che dovrebbe essere brillante negli studi e nella ricerca. Non resta che rammaricarsi perché invece l’Università italiana, un’istituzione pubblica, un «bene comune» di cui la collettività dovrebbe andare fiera, si rivela un’istituzione vischiosa in cui le guerre ideologiche del passato hanno la meglio sulla valutazione scientifica dei lavori fatti. C’è qualcosa di male se un’«abilitata» abbia un suo impegno «militante» e di impegno civile in uno schieramento diverso da quello prediletto dai commissari (politici?) chiamati a esprimere un parere culturale e non politico? C’è qualcosa di indecente nel fatto che Simonetta Bartolini diriga e collabori a riviste «militanti». Fortemente connotate a destra? E che si direbbe se a una studiosa «militante» di sinistra si dovesse interdire la carriera universitaria per il pregiudizio ideologico di una commissione? Nell’Italia del 2014: sembrava impossibile. ❜❜ © RIPRODUZIONE RISERVATA Bozzetto DEL LUNEDÌ CONDIRETTORE @ PUBBLICITÀ RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano - Tel. 02-25846543 - www.rcspubblicita.it PREZZI DI VENDITA ALL’ESTERO: Albania € 2,00; Argentina $ 12,50 (recargo envio al interior $ 1,00); Austria € 2,00; Belgio € 2,00; Canada CAD 3,50; CH Fr. 3,00; CH Tic. 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Vermondo Brugnatelli, Milano EDIZIONI TELETRASMESSE: Tipografia Divisione Quotidiani RCS MediaGroup S.p.A. 20060 Pessano con Bornago - Via R. Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma - Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • Seregni Padova s.r.l. 35100 Padova - Corso Stati Uniti 23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) - Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana S.p.A. 95030 Catania - Strada 5ª n. 35 - Tel. 095-59.13.03 • L’Unione Sarda S.p.A. 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Romanzi, novelle e teatro” € 9,30; con “English da Zero” € 12,39; con “Biblioteca della Montagna” € 10,30 Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera 32 Spettacoli Box office Usa Il cartoon «Mr. Peabody e Sherman» in vetta agli incassi Mr. Peabody e Sherman, il cartoon Dreamwork che la scorsa settimana ha esordito al secondo posto del box office Usa, vola in vetta con 21,2 milioni di dollari incassati, scalzando 300 - L’alba di un impero (19,1 milioni). Solo terzo al debutto, e con in cassa 17,8 milioni di dollari, Need for Speed, adattamento cinematografico dell’omonima e fortunata serie di videogame. In arrivo Dopo «Scialla!» il regista racconta la vita di una coppia separata con due figli adolescenti Le stelle Due ex coniugi con figli si ritrovano in una fuga dalla città tornando, per un giorno, a essere una famiglia da evitare interessante da non perdere capolavoro Noi 4 di PAOLO MEREGHETTI C he qualcosa stia cambiando nella commedia italiana mainstream (ammettendo che questa definizione sia pertinente ed esaustiva) mi sembra incontestabile. Alcuni registi continuano a percorrere strade battute e ribattute, alla ricerca di un «usato sicuro» che però comincia a mostrare i primi, significativi segni di erosione (penso a Brizzi, Genovesi, Patierno, Miniero, Vanzina. E vorrei aggiungere tra le «delusioni» anche Milani o Genovese). Altri, e penso a Virzì, a Verdone, a Luchetti, all’Archibugi (se proseguirà sulla strada di Questione di cuore), persino — anche se con molta più timidezza — a Veronesi, sembrano invece alla ricerca di un modo diverso di pensare la commedia, meno farsesca e più umoristica, meno debitrice delle pure tecniche di sceneggiatura a favore di una più attenta riflessione sul reale. Con esiti non sempre soddisfacenti ma coIl film munque indidel cativi di una diversa voglia Mereghetti di cambiare. Anche Francesco Bruni regista sembra indirizzarsi su questa strada. Il confronto generazionale già alla base di Scialla! è presente pure nel nuovo Noi 4 dove però si colora di una diversa e più «quotidiana» sfumatura. Non ci sono più le pause satiriche a casa della pornodiva bisognosa d’affetto né le divagazioni grottesche col gangster cinefilo e leopardiano, ma «solo» i problemi normali di una famiglia normale in una giornata nomale, dove ognuno farà i conti con le proprie ansie e le proprie ambizioni e forse imparerà a conoscere se stesso un po’ di più. Il film segue per ventiquattro ore la vita di una famiglia romana del ceto medio: padre, madre e due figli. Solo che i tempi e i casi della vita hanno fatto sì che i componenti di questa famiglia si sveglino in quattro case diverse: i due genitori Insieme Da sinistra, in senso orario, Lucrezia Guidone ( 27 anni), Fabrizio Gifuni (47), Ksenia Rappoport (39) e il giovane Francesco Bracci Testasecca Le 24 ore di una famiglia normale in un viaggio tra sogni e fragilità Bruni torna al confronto generazionale ma rimane sottotono Autore Il regista Francesco Bruni (52) Ettore e Lara (Fabrizio Gifuni e Ksenia Rappoport) perché separati, i due figli perché la ventenne aspirante attrice Emma (Lucrezia Guidone) è tra gli occupanti di un teatro e il tredicenne Giacomo (Francesco Bracci Testasecca) perché è ospite della zia Nicoletta (Raffaella Lebboroni) «comandata» ad accompagnarlo a scuola il giorno degli orali di terza media. Ingegnere del Comune, la madre Lara (che si occupa degli scavi della linea metropolitana e deve vedersela con gli stop imposti dai ritrovamenti archeologici) cerca di incastrare impegni professionali, voglia di essere vicino al figlio in un giorno importante ma anche speranza di trasmettere all’ex marito Ettore un po’ del suo senso del dovere, ricordandogli appunto gli esami di Giacomo e il suo impegno a essere presente. Impegno che Ettore, pittore più attratto dalla vita bohèmienne che da un’autentica passione artistica, tende sistematicamente a dimenticare. A complicare la giornata, poi, arriva un lungo ritar- Legame L’esame orale di terza media del più piccolo diventa il pretesto per riavvicinare quattro esistenze distanti do negli orari delle interrogazioni per via di un membro della commissione da sostituire all’ultimo minuto, a cui si aggiungono le paura di Emma di essere incinta (di un regista tanto geniale quanto allergico alla vita di coppia), i ritardi cronici del padre, i palpiti amorosi di Giacomo per un’amica cinese e le angosce perfezioniste di una madre che cerca di risolvere tutto. Tutte queste quotidiane disavventure, Bruni le racconta con uno sguardo partecipe ma anche un po’ disincantato, cercando di smorzare o di ironizzare sulle nevrosi e le paure dei suoi quattro non-eroi, alla ricerca di una «distanza» capace di restituire sullo schermo con since- rità e verosimiglianza le cose della vita. Ma se è interessante lo sforzo di evitare le trappole di una comicità di grana grossa, che stonerebbe con le ambizioni narrative, così come la tentazione di un happy ending che cancellasse in un solo colpo il percorso di scavo nei comportamenti su cui il film si regge, si sente anche il rischio di una eccessiva «semplificazione» di quello sguardo quotidiano. Sautet, per ricordare un altro cantore delle «cose della vita», offriva allo spettatore lo spunto per entrare dentro le pieghe dell’esistenza, restituendo verità dolorose o rimosse. Così Deville o la Varda, per citare altri registi su questa lunghezza d’onda (senza scomodare i sommi Ozu o Mizoguchi). Bruni, invece, sembra fermarsi troppo all’inizio di quel viaggio: individua con coraggio una strada non molto battuta (almeno dal cinema italiano degli ultimi anni) ma poi non trova la forza di stile o di racconto che possano fare di quella storia qualche cosa di veramente unico e necessario. Nei suoi quattro personaggi ci si può anche rispecchiare (forse un po’ meno nelle punte melodrammatiche della ventenne Emma) ma quando sono stati scelti per finire davanti all’obiettivo di una macchina da presa si rischia di passar loro accanto senza che si accenda una vera curiosità, un’autentica voglia di conoscenza. Come se alla fine la scelta del sottotono avesse finito per rivoltarsi contro il suo artefice e le ambizioni cechoviane della scrittura non avessero trovato una qualche ragione importante su cui innalzarsi davvero. © RIPRODUZIONE RISERVATA Broadway Debutto a teatro per lo show ispirato al personaggio del pugile che ha spopolato al cinema. Stallone: «Ho pianto» Rocky non danza solo sul ring, adesso è diventato un musical D ai saltelli sul ring alle piroette. Dalla periferia di Philadelphia ai teatri di Broadway. Rocky Balboa, il pugile italoamericano riuscito a diventare il più forte di tutti quando nessuno ormai ci credeva più, sta giocando in questi giorni un nuovo match: quello che vede uno dei personaggi più popolari e ruvidi del cinema diventare il protagonista di un musical. Chissà se il genere sarebbe piaciuto al ragazzotto che si allenava correndo sulla scalinata del Museum of Art della sua città. Non è facile immaginarlo seduto vicino ad Adriana sulla poltroncina del Winter Garden Theatre, dove lo spettacolo ha debuttato l’altra sera. Eppure è successo. Perché se in scena c’era la storia di questo uomo che trova riscat- to con la boxe, in platea c’era chi non solo gli ha prestato il volto ma lo ha anche fatto nascere, Sylvester Stallone. «Quando ho visto la prima volta il musical (lo spettacolo pilota c’è stato nel 2012 ad Amburgo) ho pianto. E’ un buon segno», ha scherzato l’attore con la folla prima di entrare a teatro. Non è solo l’affetto per il personaggio che gli ha regalato la fama. Piuttosto è la A Chicago Oprah Winfrey vende gli studio Oprah Winfrey vende gli Harpo Studios di Chicago, che dal 1990 al 2011 hanno ospitato il suo talk «The Oprah Winfrey Show», uno dei programmi più seguiti d’America (dai 7 milioni di ascolto in su). L’accordo, che sarà formalizzato in 30 giorni, lascia per altri due anni gli edifici a disposizione della conduttrice per continuare a girare i programmi della sua tv via cavo. Negli studios, che hanno una superficie di oltre 14 mila metri quadrati, lavorano circa 200 persone. Il prezzo di vendita si aggirerebbe intorno ai 32 milioni di dollari. consapevolezza dell’intreccio che c’è tra la sua vita con quella di Rocky. Erano gli anni ’70 quando Stallone prese in mano la penna per raccontare la rivincita di questo 30enne. Il divo allora era un attore sconosciuto, anche lui in cerca di una possibilità. Il compimento dell’american dream c’è stato con il successo del film del ’76, a cui sono seguiti tre Oscar e cinque capitoli fino all’ultimo che lo ha visto infilare i guantoni 59enne e vedovo. Ora però Rocky canta. «Ho un rispetto enorme per Broadway», ha confessato Stallone (anche produttore del musical), spiegando poi: «Nella scrittura mi sono ispirato a West Side Story o Mean Streets: vedo una chiave poetica nei personaggi. Diceva- Oggi e ieri Andy Karl e Margo Seibert sono Rocky Balboa e Adriana nel musical «Rocky», in scena a Broadway. Nel tondo Sylvester Stallone, 67 anni, nel film del ‘76 no fosse un film sulla boxe... no, no, è una storia d’amore. Gli incontri di pugilato non sono la parte più importante della storia, i sentimenti lo sono. Ho sempre pensato che Rocky fosse adatto per un musical». Una storia che ha scritto «perché, in fondo, mi sentivo solo. Ho preso tutto quello che provavo e l’ho messo nel corpo di un pugile. Non avevo idea però che così tanti milioni di persone nel mondo si sentissero allo stesso modo». Persone ora in coda per ritrovare Rocky a teatro. La sera della prima, alla fine dello spettacolo, Stallone è salito un’ultima volta sul ring, vicino a Andy Karl, l’attore che ora dà il volto a Rocky. Forse avrà pensato a cosa diceva il suo personaggio: «L’importante non è come colpisci, l’importante è come sai resistere ai colpi». Chiara Maffioletti © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 L’intervista Spettacoli 33 La cantante lirica si esibirà per la prima volta all’Opera di Roma: città bellissima, ma è 7 anni che aspetto il diploma del Conservatorio Rebeka, da segretaria a soprano: la mia fortuna si chiama Violetta «Mi scelsero per la Traviata all’ultimo momento. E cambiò tutto» ROMA — Faceva la segretaria a Roma in Germania, dove ho debuttato nel per mantenersi al Conservatorio: è un 2007, cercavano urgentemente una Viosoprano di fama internazionale Marina letta per La Traviata. Frau Rebeka, mi Rebeka. Il 28 marzo canta per la prima urlò il direttore artistico belga Guy volta all’Opera di Roma, nel Maometto Montavon mentre ascoltava la mia voce II di Rossini (novità in quel teatro), di- dal fondo della sala, se lei accetta il norettore Roberto Abbado, regista Pier stro cachet, il ruolo è suo. Accetterò Luigi Pizzi. Si è innamorata della lirica qualsiasi somma perché non ho espedopo aver sentito la Norma di Bellini. È rienza, risposi di getto. Ne scrissero i impegnata fino al 2018, nuovi ruoli giornali da tutta la Germania, e così del’aspettano al Met, a Vienna e nella buttai in Traviata alla Volksoper di «sua» Riga, in Lettonia, che all’inizio le Vienna. Alcuni teatri tedeschi mi prodiede un grande dispiacere. posero di entrare nella compagnia fissa, Quale? «Prima non vollero accettarmi a una scuola musicale, dove protestai inutilmente: Almeno dovete ascoltarmi! Più tardi al In incognito Conservatorio mi dissero che non avevo le doti e che cantavo Mi intrufolavo anche tra troppo forte». i loggionisti della Scala Come fu l’impatto con RoVolevo capire quel pubblico, ma? «Al contrario si legge Amor... un fenomeno solo italiano Una città bellissima con una vita culturale attiva, le mostre, l’Auditorium. I problemi che ha li conoscia- indispensabile quando si fa spettacolo mo tutti, pensi che dopo sette anni il ogni sera: undici ruoli in due anni. Avrei mio diploma al Conservatorio non è an- rovinato la voce e dissi no». cora pronto. Lo studio è stato duro, aveLa sua carriera internazionale... vo due insegnanti che la pensavano di«È cominciata nel 2008 al Festival di versamente sulla mia voce. Ho seguito il Pesaro, grazie al maestro Alberto Zedmio istinto e ho fatto di testa mia». da, proprio col Maometto II, quello di E poi? Anna è un ruolo difficilissimo, come tre «Ho faticato un po’ a vincere concor- Traviate, l’aria finale dura dodici minusi. Ho cominciato a viaggiare e a fare ti. Rossini è il compositore del destino, tante audizioni. Io non imparavo solo debuttai con Il Barbiere di Siviglia conun’aria ma tutto il ruolo per vederne lo cepito per bambini». sviluppo. La mia fortuna è che a Erfurt, Come ricorda la sua adolescenza in ❜❜ In scena Il soprano lettone Marina Rebeka, 33 anni, nei panni di Violetta nella «Traviata» che l’ha lanciata. Ha pubblicato il suo primo recital dedicato a Mozart Lettonia? «Tempi difficili. Era tutto sicuro, ognuno faceva il suo lavoro. Col crollo della società sovietica la gente è come impazzita, ci furono cambiamenti drastici, mia madre era elettricista e si ritrovò a vendere pacemaker. Quando siamo entrati in Unione europea, le cose non sono migliorate, i piccoli imprenditori sono spariti. Ultimamente è esplosa la corruzione». Lei, Elina Garanca, Mariss Jansons, Gidon Kremer, Misha Maisky: siete tutti musicisti lettoni di fama internazionale. Come lo spiega? «C’è anche il tenore Antonenko... È il sistema dell’istruzione che è forte. In Italia fui esonerata da solfeggio e armonia e il corso di quattro anni lo finii in due; a Riga di un compositore dobbiamo studiare chi lo ha influenzato, si fa l’analisi dettagliata dei suoi pezzi». Cosa pensa del fenomeno Anna Netrebko? «Una grande professionista, è bella, e la bellezza è importante, non basta più solo la voce. È espressiva ed è ripagata da tutti gli sforzi che ha fatto. Ormai è un marchio». È vero che lei si intrufolava tra i loggionisti della Scala? «Ero interessata a capire che tipo di pubblico è. Un fenomeno soltanto italiano. Alla Scala c’è un pubblico particolare. Qualcuno vive con le registrazioni di vecchi cd e non ha la mente aperta per nuove letture, ma ha il cuore aperto. Adoro Maria Callas, ma le sue cadenze sono diventate una regola che non era scritta e pensata dal compositore. Non si può ascoltare solo quello. È anche vero che sanno tutto e che se dai tutto di te, ti apprezzano. Pensando a un fior di tenore come Piotr Beczala, fischiato alla Traviata, bisognava capire che doveva correre su e giù per il palco, il regista non gli ha permesso di cantare al meglio delle sue possibilità. Io non distinguo tra vecchio e nuovo: le regìe migliori sono quelle che non si notano». Valerio Cappelli © RIPRODUZIONE RISERVATA Aveva 78 anni Addio Brenner il comico stella del «Tonight show» in tv Il comico americano David Brenner, presenza fissa in tv al «Tonight Show» di Johnny Carson, anni ‘70-80, è morto nella sua casa di New York. Aveva 78 anni e da tempo lottava contro il cancro. Brenner è stato autore, regista e produttore di ben 115 documentari prima di passare alla commedia. Debuttò nel 1971 in «The Tonight Show», diventandone un ospite fisso con ben 158 apparizioni. Con il suo stile e il suo umorismo, che toccava sia le corde della vita di tutti i giorni che la politica, è stato l’epigono di una scuola di comici di successo come Bobby Slayton e Richard Lewis. Brenner non ha perso il gusto per la battuta nemmeno in punto di morte. Il portavoce della famiglia, Jeff Abraham, ha riferito che la sua ultima richiesta è stata che gli mettessero 100 dollari di piccolo taglio nel calzino, «nel caso dove sto andando sia necessario lasciare la mancia». 34 Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 35 Sportlunedì Serie A 28a giornata ATALANTA-SAMPDORIA CAGLIARI-LAZIO FIORENTINA-CHIEVO GENOA-JUVENTUS LIVORNO-BOLOGNA 3-0 0-2 3-1 0-1 2-1 MILAN-PARMA ROMA-UDINESE SASSUOLO-CATANIA TORINO-NAPOLI VERONA-INTER 2-4 oggi 3-1 oggi 0-2 Classifica JUVENTUS ROMA** NAPOLI* FIORENTINA INTER * una partita in meno, ** due partite in meno 75 58 55 48 47 PARMA* LAZIO VERONA ATALANTA TORINO* 46 41 40 37 36 MILAN GENOA SAMPDORIA UDINESE* CAGLIARI 35 35 34 31 29 LIVORNO CHIEVO BOLOGNA SASSUOLO CATANIA 24 24 23 21 20 La nuova Formula 1 non convince Rosberg re nel caos, Alonso (4°) e Raikkonen (7°) in ritardo dal nostro inviato FLAVIO VANETTI Podio inedito Il podio di Melbourne: Ricciardo (poi squalificato), Rosberg e Magnussen (LaPresse) MELBOURNE — Il trionfo di Nico e il dramma sportivo di Daniel. C’è tutto questo, oltre a una Ferrari insufficiente ma graziata dagli eventi e fatta salire al quarto posto con Alonso e al settimo con Raikkonen, nella corsa che inaugura la nuova era della F1. Soprattutto, ci sono un ragazzo che vince a mani basse, Rosberg, e un idolo nazionale, Ricciardo, che nel cuore della notte si ritrova gettato nell’inferno della squalifica dopo una prova stupenda e un gran secondo posto. Tra i due opposti stanno i rispettivi team: la Mercedes, che si salva con gli interessi dopo il ritiro di Hamilton; e la Red Bull, che manda al fosso Daniel perché l’irregolarità che condanna l’australiano — relativa al flussometro del carburante — è l’epilogo di un braccio di ferro con la Fia. Un suicidio forse consapevole, anche se l’appello dei quadricampioni è già stato annunciato e, a occhio, la battaglia sarà dura: «Abbiamo ragione noi: quei sensori sono inaffidabili, li abbiamo corretti secondo criteri che riteniamo giusti» è la dichiarazione di Chris Horner. Avremmo voluto parlare di belle cose e di una F1 che da un lato manda sul podio il debuttante Kevin Magnussen sulla McLaren (oltre a esaltare altri giovani, come Kvyat, Bottas e Vergne), ma che nello stesso tempo mantiene in vita esperti leoni quali Jenson Button, ritrovatosi sul podio (con dedica al padre scomparso di recente) dopo il rimescolio della classifica. Invece siamo di nuovo qui a celebrare la F1 del caos. Temiamo sia solo l’inizio, ma ci ribelliamo all’idea e pertanto cominciamo da Rosberg. «Era un proiettile. O una Freccia d’Argento: che macchina mi avete dato, ragazzi». CONTINUA ALL’INTERNO Crisi infinita Doppietta di Cassano, rossoneri all’undicesimo k.o. stagionale. La squadra di Seedorf ora ha 40 punti di ritardo sulla Juve capolista Benvenuti all’inferno Milan sconfitto in casa dal Parma e contestato dai tifosi. Europa lontana Crisi Milan Il vertice ad Arcore e le incognite del futuro di ARIANNA RAVELLI Juve, vittoria allo sprint Rigore inutile Mario Balotelli è tornato al gol ma questo non gli ha evitato sconfitta e contestazione (Photoviews) La Juventus soffre ma non si ferma: contro il Genoa prima Buffon para un rigore a Calaiò, poi Pirlo nel finale su punizione realizza il gol partita Il commento Il tecnico sta facendo un brutto lavoro, in un mese ha bruciato Honda, Taarabt, l’altra metà di Balotelli e De Jong Seedorf sbaglia anche nel dare la colpa agli altri di MARIO SCONCERTI C i sono nel Milan problemi di oggi e problemi di domani. Cominciamo dal presente: Seedorf sta facendo un brutto lavoro e non è giusto dia la colpa a chi c’era prima di lui. Seedorf ha bruciato in un mese Honda, Taarabt, l’altra metà di Balotelli e De Jong, una parte di Kakà e Montolivo, sta accendendo la fiamma intorno a Poli, senza aver riassestato in niente la difesa, niente nella squadra. Il Milan non perdeva tre partite consecutive in campionato dall’ottobre del 2006, sette anni e mezzo fa. Non perdeva 11 partite su 28 dal ’97, 17 anni fa. Questi sono fatti e sono tutti sulle spalle di Seedorf. Se può, Seedorf dica quello che pensa, e cioè che il Milan non può essere una buona squadra, è sbagliata a priori, ha un ritmo solo, è sempre destinata a essere troppo corta o troppo lunga, ha pochissimi numeri uno, forse nessuno. Non ha grandi attaccanti, cioè giocatori dal gol facile. Balotelli è il migliore ma balla sui nervi ed è fuori ruolo. In quella posizione molti altri av- versari hanno giocatori che segnano di più. Non c’è quasi nessuno nel Milan che abbia una vera differenza dentro, ma tutti sono usati e valutati come se l’avessero. Il dato più importante è che non c’è gioco. Non c’era nell’ultima parte di Allegri, ha finito per dissolversi nell’età di Seedorf. Ma si può avere un gioco anche senza grandi giocatori. Il Parma ce l’ha, il Torino, la Samp ce l’hanno. Perfino il Sassuolo di Di Francesco ha una sua identità. Il Milan no. Questo significa che tra giocatori e allenatore non c’è buon feeling. O gli uni non capiscono, o l’altro non sa cosa spiegare. Oppure, peggio, non si stimano a vicenda e non vogliono incontrarsi. Seedorf ha tutto per diventare un grande tecnico, ma niente per qualcosa di diverso. Non sarà mai uno buono, uno così così. Ha un concetto di sé che lo porta solo al superlativo. L’artista è un uomo solo, l’arte diventa poi degli altri, se e quando diventa arte. Seedorf è oggi uno che dipinge su una tela, ha dentro di sé l’universo, ma non ha l’anima per raccontarlo. È chiuso dalla sua intelligenza, non stima i cal- ciatori. Ma così non c’è gioco, non c’è corsa, non c’è forza, non c’è partita, non c’è anima. Il calcio è infantile, quasi animale, pretende il rischio di saper ridere di sé. Cruijff ha perso letteralmente il cuore per affermare le sue idee. Mourinho ha accettato di essere solo contro tutti. Rocco dopo le partite, si prendeva l’ultima doccia dello spogliatoio e si lavava insieme agli altri per sentire semi clandestino cosa dicevano di lui i giocatori. I Grandi rischiano se stessi, Seedorf ama gli sia riconosciuta la differenza a priori. Non è vanità, è un limite, non sa il sondaggio Nuovo stop per il Milan fermato anche dal Parma. Secondo voi a questo punto serve una rifondazione del club (A) o basta qualche intervento mirato per farlo tornare competitivo (B)? Vota con uno squillo. Chiamata gratuita A +39 029 475 4851 B +39 029 475 4852 andare oltre. La squadra è ingiudicabile, non esiste. Singolarmente tutti sono da grande squadra. Nessuno riesce però a metterli insieme. E il giorno in cui saranno squadra, bisognerà capire di che tipo: prima fascia? Seconda, terza? C’è poi il problema di domani. Nessuno sa cosa sia Barbara Berlusconi, non è chiara la sua valenza, ma è chiaro che rappresenta l’ultima possibilità di futuro se i soldi del padre passano attraverso di lei. Perché questo è il fondo di tutti i problemi, l’eccesso che non c’è più. Il Milan è ancora una società ricca, ma si è normalizzata. È come gli altri. E a che serve un Milan normale? Quale diventa la sua diversità, il suo diritto a essere migliore? Non si può attaccare un allenatore dietro l’altro mantenendo una società divisa. Chi è Galliani lo sappiamo. Ora è tempo che Barbara dimostri chi è a sua volta, dove sta il suo vantaggio, cosa può fare per il Milan, che idea ha di società. Il respiro a metà toglie aria a tutti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Silvio Berlusconi c’è ma non si vede. Allo stadio ha mandato la fidanzata Francesca Pascale, però ha ricevuto Adriano Galliani a cena sabato: un incontro nato per rincuorare l’ad, travolto dalla contestazione ultrà, dopo che era già stato travolto dall’avanzata in società di Barbara (che ieri è rimasta defilata, con alcuni sponsor, nello sky box). Berlusconi insiste nel trattenere l’amico di una vita, ma nessuno può scommettere sulla permanenza di Galliani anche il prossimo anno. Non c’è niente di sicuro nel futuro del Milan, a dire il vero. L’incontro ad Arcore è servito anche per fare il punto su uno dei momenti più difficili dell’era berlusconiana. L’antivirus Seedorf non si mostra efficace: l’allenatore olandese fa bene a insistere sul progetto e sul contratto di due anni, ma i risultati cominciano a contare qualcosa anche per lui. E l’anno prossimo, soprattutto se la società non potrà contare nemmeno sui proventi dell’Europa League, sarà difficile possa disporre di una squadra con molta più qualità. Il Parma non vinceva a San Siro dal 22 dicembre ‘96: è lo stesso anno in cui Arrigo Sacchi, chiamato a sostituire Tabarez, non venne riconfermato a fine stagione. Sulla panchina del Parma c’era Ancelotti che poi, cinque anni dopo, arrivò al Milan. Cattivi presagi per Seedorf, magari buoni per Donadoni. © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera 36 Sport Le pagelle Milan Mexès un azzardo Il crollo Rossoneri contestati e sfortunati Sotto di 2 gol e in 10, agguantano il pari ma Amauri li affossa dopo soli 3 minuti 4,5 ABBIATI L’istinto è quello del kamikaze, ma l’intervento su Schelotto è scomposto e letale. A mente fredda, meglio prendere gol dopo 5 minuti. 5,5 ABATE In difficoltà con Biabiany e Molinaro anche perché Mexès certo non aiuta. Però è l’unico che spinge e gli riescono un paio di buoni cross in successione. 4,5 MEXÈS Inspiegabilmente riproposto dopo Udine, è spesso fuori posizione (a partire dall’azione del rigore) e decisamente fuori condizione. Rischia il rosso un paio di volte, una con un fallo inutile in attacco. 6 BONERA Si salva dal disastro difensivo: gioca con un problema al flessore, decisivo nell’intervento su Biabiany, finisce pure nel ruolo di terzino sinistro. 4 EMANUELSON Bevuto da Schelotto come un bicchiere di acqua fresca. Anzi, svariati bicchieri. Sbaglia tutto: cross elementari, movimenti semplici. 5 DE JONG Qualche buon recupero in mezzo, ma si fa scappare Amauri sul terzo gol del Parma, che ammazza la partita. 6 POLI In questa squadra è fondamentale, per corsa, inserimenti al tiro, impegno. Decisamente il migliore. 6 MONTOLIVO Si procura, con molta furbizia, il rigore del possibile pari e ha il merito di battere bene gli angoli (da cui nascono il palo di Balo e il gol di Rami). Non è preciso, ma finisce stremato. 5 KAKÀ Ormai si è capito: non regge due partite ravvicinate. Sbaglia quasi tutto quello che tocca. Ha un paio di palle buone, ma non trova il guizzo. 5,5 BALOTELLI Non una domenica facile. La gestisce senza innervosirsi e cercando di non innervosire. Segna il rigore, fa un paio di buone giocate (un lancio per Kakà, qualche tiro) ma è impreciso. Meglio con Pazzini. 6 AMELIA Sui gol i colpevoli sono altri. Bella parata sul tentativo di autorete di Mexès. 6 RAMI Entra e segna, si sente anche dietro. 5,5 PAZZINI Non riesce a incidere, ma conquista falli e migliora il gioco del Milan. 5 SEEDORF Le scelte sono discutibili, i numeri meno. Abbandonato anche dalla fortuna. a. rav. © RIPRODUZIONE RISERVATA Le pagelle Parma Schelotto punge 6 MIRANTE Il Milan non lo impegna mai direttamente, e una volta lo salva il palo. Forse poteva uscire meglio sulla testa di Rami. 6 CASSANI Qualche errore in rifinitura, se la cava agevolmente con Kakà, figuriamoci con Emanuelson. 6,5 LUCARELLI Sull’angolo di Rami il Parma difende a zona, ma il francese beffa entrambi i centrali. Nel complesso però la sua è una buona partita, di guardia e di impostazione. 6,5 FELIPE Forse soffre un po’ di più Balotelli del compagno di reparto, ma senza rischiare. 6,5 MOLINARO Sulle fasce il Parma impone la sua differenza. Con Biabiany spadroneggia. 6,5 ACQUAH In mezzo a corsa e veemenza, piazza l’assist per il raddoppio di Cassano. Manda in affanno il Milan. 6 MARCHIONNI Soffre particolarmente dopo l’ingresso di Pazzini, quando incrocia spesso Balo. Donadoni lo richiama spesso poi, dopo il giallo, lo toglie. 6 PAROLO Si dedica a fare ordine, elemento di equilibrio. 7 SCHELOTTO La spina nel fianco molle del Milan, segna l’inizio (quando viene abbattuto da Abbiati) e la fine (assist per Amauri) del match. 7,5 CASSANO Solo con il lancio per Schelotto avrebbe meritato applausi. Segna anche il rigore, raddoppia da fermo, scambia piacevolezze con Biabiany. Gode particolarmente a segnare al Milan, fa contenta la moglie che subito twitta e fa venire qualche dubbio a Prandelli. 6,5 BIABIANY Tante giocate, spesso viene fermato sul più bello. Nel recupero, il Milan concede anche a lui la soddisfazione del gol. 5,5 OBI Il rigore è generoso, però lui si fa saltare da Montolivo. 7 AMAURI Aveva già castigato il Milan quando giocava con la Fiorentina (rete che contribuì a mandare lo scudetto a Torino): si ripete ieri con un bellissimo gol di tacco. 7 DONADONI Il Parma gode di ottima salute: colpisce con una disarmante facilità, poi amministra fino a rischiare un po’. a. rav. © RIPRODUZIONE RISERVATA Due schiaffi di Cassano al Milan inerme e smarrito MILANO — Prima del via, Mario Balotelli e Antonio Cassano scambiano fitte chiacchiere rigorosamente dietro lo schermo della mano. Chissà se parlano dei fischi, che in una situazione normale sarebbero tutti per il barese, visto il velenoso addio, e invece in questa ennesima stazione della via crucis rossonera , sono anche, e soprattutto, per Mario. Chissà se parlano del Mondiale, che Mario non ha garantito (Prandelli d i x i t ) e A n to n i o ve d e d a un’apertura stretta, che però comincia ad allargarsi un po’, a maggior ragione dopo la doppietta e la prestazione al bacio di ieri: sono 11 i gol in campionato e questa è la settima doppietta della carriera (non gli riusciva dai tempi magici della Samp). La domenica di quei due finisce con Cassano euforico che parla ai microfoni per convincere Prandelli e con SuperMario che (dopo aver tirato un pallone verso la curva in allenamento e accennato un applauso ironico per un coro) incontra la delegazione dei tifosi a testa china promettendo massimo impegno. La scena più triste di un pomeriggio triste, di un Milan tristissimo. È vero che è anche un Milan sfortunato (Balotelli, sotto di un gol, colpisce un palo) ma Il Parma dà spettacolo a San Siro Il 2-2 di Balotelli dura solo 3 minuti questa squadra dà l’impressione di essere inerme, esposta agli schiaffi di tutti. La contestazione, iniziata già prima della partita, trova subito un buon motivo per alimentarsi, quando al 5’ Abbiati provoca il rigore segnato da Cassano e viene espulso. Scontato che prosegua dopo la quarta sconfitta consecutiva, la settima in 12 partite dell’era di Clarence Seedorf, e dopo che il Milan prende altri quattro gol (replica di Madrid) e precipita a 40 punti dalla Juve. Seedorf, qualche responsabilità ora, forse, ce l’avrà: ripropone Mexès, tiene dentro a lungo Emanuelson, fa giocare Kakà stanchissimo e non sa gestire il pareggio faticosamente raggiunto (con un rigore molto generoso). Il Parma, una delle squadre più in forma del momento, con un allenatore, Donadoni, finalmente di moda (16 risultati utili consecutivi), Cassano che gioca «falso 9» e la forza nelle fasce, era una concorrente diretta per un posto in Europa League, l’obiettivo stabilito in settimana da Galliani. Ora dista 11 punti. Come detto, il Milan si squaglia subito, dopo 5’: Cassano lancia splendidamente Schelotto, che lascia sul posto Emanuelson (sarà, questa, una costante della partita). Con la difesa tutta mal schierata, Abbiati non sa far altro che abbattere l’italo-argentino. Rigore, espulsione, piani tattici stravolti, perché il tecnico olandese aveva schierato Essien (che sacrifica al momento dell’espulsione) e De Jong in mediana, e avanzato Montolivo trequartista. Con un uomo in meno e il pubblico che ti fischia, si fa dura: il Milan prova a organizzare la rimonta grazie alla corsa di 11 le sconfitte del Milan nelle 28 partite fin qui giocate in campionato (con 9 vittorie e 8 pareggi) Poli e qualche lancio di Montolivo, ha l’occasione con Mario, ma è Bonera a salvare un paio di volte su Biabiany e Amelia a sventare un attentato di Mexès. Così in avvio di ripresa arriva il raddoppio, come un evento naturale al quale nessuno sa opporsi: discesa di Acquah, passaggio all’indietro per Cassano che non sbaglia. Seedorf toglie Emanuelson, lascia Mexès ammonito e a rischio espulsione, mette Rami che, di testa, ricambia con un bel gol. È un guizzo vitale, che si alimenta dall’ingresso di Pazzini. L’illusione arriva quando Montolivo si procura un rigore che Balo trasforma, ma si spegne dopo tre minuti, perché il Milan, stremato fisicamente, non riesce a raffreddare la gara e gestire il pari, ma si fa infilare subito. Amauri trova un gran gol di tacco, servito dal solito Schelotto. È il colpo del k.o.: il quarto gol di Biabiany a tempo scaduto è solo l’ultima umiliazione. Arianna Ravelli © RIPRODUZIONE RISERVATA Contestato l’ad «Seedorf? Scelta comune» Galliani reagisce «Memoria corta, in Champions grazie a SuperMario» MILANO — Nel pomeriggio in cui si celebra l’undicesima sconfitta del campionato (non succedeva dopo 28 giornate dalla stagione 1996-’97), mentre in curva gli ultrà chiedono la testa di Adriano Galliani, diventato il colpevole di tutti i mali milanisti, Francesca Pascale viene avvistata in tribuna (con degli amici). Chissà se è stata inviata dal celebre fidanzato a osservare fino a che punto la situazione sia diventata incandescente. Di certo la relazione esposta deve essere stata fedele ai fatti visto che il Cavaliere e l’amico di una vita hanno avuto più colloqui telefonici nel dopo gara burrascoso con il Parma. Il presidente ha mostrato dispiacere e solidarietà all’ad milanista che già prima dell’inizio della partita non aveva nascosto il proprio disagio per la contestazione in corso. «È una cosa che fa male. Bisognerebbe ricordare tutto il percorso fatto e rammentare che in questo secolo abbiamo disputato 13 volte la Champions League e due l’Europa League. A tutte le grandi, Juve e Inter comprese, è suc- Delusione Clarence Seedorf, 38 anni il 1° aprile, ha giocato con Ajax, Sampdoria, Real Madrid, Inter, Milan e Botafogo (Pegaso) Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 Sport 37 2 4 Milan Parma Marcatori: Cassano 9’ p.t. (rig.) e 7’ s.t., Rami 11’, Balotelli 30’ (rig.), Amauri 33’, Biabiany 50’ s.t. MILAN (4-2-3-1): Abbiati 4,5; Abate 5,5, Mexès 4,5, Bonera 6 (Pazzini 5,5 21’ s.t.), Emanuelson 4 (Rami 6 8’ s.t.); Essien s.v. (Amelia 6 7’ p.t.), De Jong 5; Poli 6, Montolivo 6, Kakà 5; Balotelli 5,5. All.: Seedorf 5 PARMA (4-3-3): Mirante 6; Cassani 6, Lucarelli 6,5, Felipe 6,5, Molinaro 6,5; Acquah 6,5 (Munari s.v. 36’ s.t.), Marchionni 6 (Obi 5,5 27’ s.t.), Parolo 6; Schelotto 7, Cassano 7,5 (Amauri 7 18’ s.t.), Biabiany 6,5. All.: Donadoni 7 Arbitro: Celi 5 Ammoniti: Bonera, Mexès, Marchionni, Obi, Rami Espulso: Abbiati 6’ p.t. Recuperi: 4’ più 5’ Disfatta Guarda il video con una chiamata gratuita al +39 029 475 48 50 A fianco Ignazio Abate, 27 anni, 173 presenze nel Milan e Marco Amelia, 31 anni, 39 presenze, disperati dopo la palla in rete del vantaggio del Parma. A sinistra in alto la protesta della Curva Sud deserta con l’immagine della maglia del mitico capitano Franco Baresi; sotto l’uscita di Christian Abbiati 36 anni, 353 presenze in maglia rossonera, cha ha provocato l’espulsione e il rigore (Forte, Ansa, Afp) I perché della rinascita Cinque mosse e Mazzarri ha rivoluzionato l’Inter in 40 giorni MILANO — Niente è deciso, nulla è stato conquistato e i giochi per l’Europa (League) restano aperti. La concorrenza, a cominciare dal Parma inarrestabile (16 risultati utili consecutivi), è tonica e consistente. Però a Verona «dal punto di vista del gioco e del risultato si è notato che stiamo iniziando a fare quello che volevo io», come ha sottolineato ieri Walter Mazzarri a «Quelli che il calcio» (Raidue). Alla fine di InterCatania 0-0 (26 gennaio), più ancora del 3-1 in casa della Juve (2 febbraio), sarebbe stato difficile immaginare una trasformazione così evidente, che ha portato a raccogliere 14 punti nelle ultime sei partite (vittorie con Sassuolo, Fiorentina e Verona, pareggi con Cagliari e Roma). Puntando sulla sua esperienza e sul suo attaccamento al lavoro, Mazzarri ha cambiato faccia all’Inter in cinque mosse. La prima: il discorso fatto dopo la sconfitta della Juve. Ha detto il tecnico a Verona: «Ho spiegato ai miei giocatori e in particolare ai difensori che non era possibile prendere due gol come il secondo e il terzo di Torino». Così Mazzarri è andato a incidere sulla coscienza della squadra, rimotivandola e imponendole un cambio di mentalità e di passo, attraverso una maggiore intensità negli allenamenti e una superiore cura dei particolari. Esagerando, si potrebbe dire che ha rispolverato il vecchio slogan di Helenio Herrera: «Chi non dà tutto, non dà niente». E ha avuto una risposta importante dal gruppo. Seconda mossa: la chiusura del mercato. Per tutto il mese di gennaio, la squadra era rimasta nella tempesta, fra giocatori che sembravano in partenza (Ranocchia) o già partiti (Guarin) e che, alla fine, sono rimasti. La fine del mercato ha contribuito a dare certezze al gruppo, a cominciare proprio da Tensioni Il pullman della squadra evita il blocco sul piazzale di San Siro. «Non si fermano neppure, ecco che gente sono» L’assedio della Curva: «Siete indegni» Slogan, insulti e accuse degli ultrà. Mario nel mirino, poi l’incontro nello stadio MILANO — Minuto 79, terzo gol del Parma: la rimonta sfuma, riconciliazione addio. Si materializza uno storico «meno 40» in classifica, ma dalla Curva Sud in subbuglio i canti sono di gloria: «Vinceremo, vinceremo, vinceremo il tricolor». Ironie che fan più male degli insulti. Quarto gol, bandiere arrotolate, tutti giù ad aspettare l’uscita del pullman della squadra. Quattro capi ultrà scendono nei sotterranei del Meazza, incontrano l’allenatore Seedorf, l’imputato Balotelli, la bandiera Kakà, i veterani Bonera e Abate. Chiedono spiegazioni, ottengono promesse: «Via le mele marce», «ripartire dall’attaccamento alla maglia», dallo «zoccolo duro dei nazionali» e, sul mercato, «sarà cambio di rotta». La giornata finisce qui, i tifosi sfollano, la polizia rompe le righe. Nessuna violenza, solo frustrazione. Quando torna la calma sul piazzale dedicato ad Angelo Moratti, fuori dallo stadio San Siro di Milano, sono le 18.15. È la voce esausta di Luca Lucci, megafono degli ultrà rossoneri, a riportare l’esito dell’incontro ai 400 rimasti dopo il match. Fin lì, però, erano stati solo cori minacciosi («Uscite a mezzanotte», «Vi romperemo il c...»), suggerimenti condivisi («Andate a lavorare») e utopiche speranze («Noi vogliamo undici Baresi»). Novanta minuti di contestazione, metà curva chiusa, il nastro a impedire l’accesso ai seggiolini del secondo anello, il colore blu spezzato soltanto dalla bandiera con il «6» del Capitano. Novanta minuti di insulti generici e ad personam, verso Adriano Galliani («Ci senti?», «Vattene», «Chi ha comprato Hondà, ce la pagherà»), Balotelli («Pezzo di cesso di stare fuori un anno dall’Europa». Ha gli occhi tristi e la voce incrinata. Probabilmente aveva ricordato gli stessi numeri sabato sera ad Arcore dove si è recato a cena dal presidente Berlusconi in un incontro che sarebbe dovuto restare segreto. Non è escluso che abbiano affrontato l’argomento concernente il futuro nonostante il vicepresidente sia legato al Milan da altri quattro anni di contratto. Ieri ha voluto chiarire la propria posizione su Seedorf («non è vero che non lo volevo: ogni m...», «Fuori dai c...»), e poi Robinho, Raiola e Cassano, l’«ingrato ex», autore di una doppietta. Novanta minuti anticipati e seguiti dall’assedio al garage, come annunciato venerdì, via Internet, dagli stessi ultrà. Fuori dallo stadio, dove il tunnel inghiotte e risputa fuori ospiti, dirigenti e giocatori, il clima è teso già dall’ora di pranzo. Tra le torri del Meazza e i ruderi delle scuderie De Montel, dimenticata palazzina comunale dell’ippica in rovina, rimbomba l’eco del coro piu diffuso di giornata: «In-de-gni, indegni!». E quando arriva la comitiva rossonera, intorno alle 13.40, e il pullman s’infila rapido, con una brusca sterzata, nei sotterranei dello stadio, la voglia di confronto degli ultrà si tramuta in rabbia. «Ci hanno fregato...». Dai megafoni, i leader della Sud lanciano appelli e appuntamenti: «Non si de- Applausi ai professionisti veri I pochi applausi sono solo per Seedorf e alcuni giocatori, da Kakà a Pazzini, da Bonera ad Abbiati, «professionisti veri» Delusi da Balo I tifosi a Balotelli: «Non siamo arrabbiati con te, siamo delusi. Speravamo che nella squadra per cui tifi avresti fatto la differenza» decisione viene condivisa da tutta la società») e difendere Balotelli: «Ingeneroso criticarlo, senza di lui non ci saremmo qualificati alla Champions di quest’anno. Nel 2013 ha segnato 12 gol in 13 partite. Abbiamo Il tecnico e l’Europa Seedorf: «Europa League più lontana? Era complicato raggiungerla anche prima di ieri» gnano neppure di fermarsi, ecco che gente sono»; «Chiunque ami il Milan torni qui a fine partita, qualsiasi sia il risultato». E infatti sono in tanti a tornare dopo un 2-4 casalingo contro il Parma degli ex Roberto Donadoni e Antonio Cassano (fischiatissimo al momento della sostituzione). I pochi applausi ai milanisti, dunque, sono solo per Seedorf e alcuni giocatori, da Kakà a Pazzini, da Bonera ad Abbiati, «professionisti veri» come scritto anche sul sito Internet. Tensione, strategie di accerchiamento e minacce fuori, anche dentro gli spogliatoi l’aria è pesante. Si opta per un incontro con i tifosi di pochissimi minuti in una saletta vip del Meazza. Mister Seedorf ha già vissuto recenti contestazioni, in Brasile con il Botafogo, e ai tempi dell’esperienza da presidente del Monza. «È stato un confronto pacifico tra persone che hanno a cuore questa maglia» commenterà poi l’olandese. Sul banco degli imputati, Balotelli: «Non siamo arrabbiati con te, Mario — gli hanno detto i tifosi —, siamo delusi. Sei il più forte e speravamo che qui nella squadra per cui tifi avresti fatto la differenza». Lui, umile, ha promesso di migliorare, difeso anche dall’altro imputato, Adriano Galliani: «Senza Mario, quest’anno non saremmo andati in Champions league» ha detto l’ad, il più contestato ieri, «per gli acquisti low-cost spacciati per campioni». «La contestazione fa male — si è incupito lui —. Bisogna ricordarsi il percorso di questo Milan». Ma gli ultrà sono irremovibili: «Nessuna riconoscenza, vattene». Antonio al c.t. «Il Mondiale? Sarei felicissimo» salita: dopo 6’ espulsione, rigore e gol. Poi la squadra è stata brava a reagire arrivando fino al pari, ma per eccessiva generosità abbiamo incassato il gol di Amauri. Europa League più lontana? Era complicato raggiungerla anche prima di ieri. Ma è un obiettivo della società, proveremo a centrarlo». Da valutare le condizioni di Montolivo (in ospedale per accertamenti dopo la botta al costato), Bonera e Abate (alle prese con problemi muscolari). MILANO — (m. col.) «Mi piacerebbe andare al Mondiale con Balotelli». Antonio Cassano (foto), fischiatissimo dal suo ex pubblico, trascina il Parma al 16° risultato utile consecutivo. Batte i suoi ex compagni bersagliati da una furibonda contestazione («io son tifoso interista e orgoglioso di esserlo, del resto non me ne frega niente»), scherza con Seedorf («Obama non puoi chiamare tutti i falli a tuo favore»), abbraccia a fine gara il dottor Tavana che gli salvò la vita («quando un giorno smetterò di giocare, spiegherò della mia esperienza al Milan. Mi toglierò tanti sassolini dalle scarpe») e soprattutto richiama l’attenzione di Prandelli. «Non ho mai giocato un Mondiale, se venissi convocato sarei l’uomo più felice del mondo. Devo già ringraziare il c.t. per avermi portato all’Europeo. Cercherò di metterlo in difficoltà nelle decisioni». A fine partita la moglie Carolina, cinguettatrice assidua ha twittato: «Buona merenda» postando una foto con quattro pere. «È anche lei a dieta come me» ha provato a sdrammatizzare Cassano. «Non sono più Cicciobello, sono rinato grazie al mio preparatore e a Melli, il team manager». Monica Colombo © RIPRODUZIONE RISERVATA Giacomo Valtolina © RIPRODUZIONE RISERVATA tutti la memoria troppo corta». Barbara Berlusconi ha assistito alla sconfitta da uno sky box dove ha ricevuto manager di alcune aziende sponsor. Seedorf, dopo aver partecipato al colloquio con la delegazione dei tifosi, ha spiegato. «È stato un incontro pacifico fra persone che hanno a cuore questa maglia». Pare che l’allenatore olandese abbia rassicurato gli ultrà sull’arrivo il prossimo anno di giocatori più professionali e meno mercenari degli attuali. «Con il Parma la gara è stata in L’appello © RIPRODUZIONE RISERVATA Nuovo corso Hernanes, 28 anni, e Walter Mazzarri, 52 Ranocchia, che contro il Torino e a Verona ha dimostrato di meritare il posto. Con lui e prima di lui (Samuel, vecchio ma non troppo), è cresciuta tutta la qualità della fase difensiva. Rispetto alla squadra fragile che prendeva sempre gol (clamoroso quello con il Genoa su angolo), la fase difensiva vista a Verona nella seconda parte del primo tempo è stata di alto livello assoluto, nei movimenti e nell’atteggiamento, con Campagnaro e Rolando essenziali nei movimenti. Terza mossa: l’arrivo di Hernanes (in attesa che D’Ambrosio, dopo Verona, completi l’assimilazione dei codici di Mazzarri) ha cambiato faccia alla squadra, perché il Profeta, come lo chiamavano a Roma, ha dimostrato di essere il giocatore del quale l’Inter aveva bisogno. Non che Hernanes (quattro presenze dall’inizio, quattro vittorie) abbia vinto le partite da solo, ma è il centrocampista che sa sempre che cosa fare e anche quando sbaglia (a Verona nel primo tempo è successo più volte), non mette mai la squadra in vera difficoltà. Ha senso della posizione, dei tempi di gioco, sa quando deve tirare e quando servire i compagni (apertura per Jonathan per il 2-0), vede la porta (se non inciampa a un metro) ed è bravo sulle palle inattive. Quarta mossa: il decollo di Maurito Icardi. Mazzarri lo avrebbe promosso titolare anche prima, ma l’intervento chirurgico (ernia) e la pubalgia ne avevano condizionato il rendimento. Con Icardi, uomo d’area (e di traverse), è cresciuto il potenziale offensivo della squadra. Avere un punto di riferimento consente di giocare sulle corsie esterne e a Palacio di muoversi, come lui sa fare, senza che l’Inter perda la forza offensiva nella zona centrale. Quinta mossa: la condizione fisica è molto cresciuta, grazie al lavoro di Pondrelli, che ha confermato le sue qualità, non appena si sono create le condizioni per correre tutti e di più, aumentando l’intensità. Con un’avvertenza: nella prossima stagione, andranno accorciate le vacanze di fine anno. Fare Capodanno a Milano non è poi così drammatico. Fabio Monti © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera 38 Sport La capolista I bianconeri soffrono ma passano all’89’. Annullato un gol regolare a Osvaldo Pirlo e Buffon, i maghi della Juve al Genoa restano gioco e rimpianti Il portiere para un rigore, il regista segna la punizione decisiva Le pagelle Genoa DA UNO DEI NOSTRI INVIATI da uno dei nostri inviati a Genova Matuzalem leader 6 PERIN Sulla punizione di Pirlo servirebbero due portieri. 7 BURDISSO Con straccio e ramazza ci dà dentro: l’area resta senza macchia. Anche grazie a Mazzoleni, è vero. Ma la prestazione della difesa è all’altezza. 6,5 DE MAIO Accorcia coi tempi giusti, facendo soffrire Llorente. È lui a tenere in gioco Osvaldo sul secondo gol annullato alla Juve. Poi fa di tutto per meritarsi il «premio». 6,5 MARCHESE Sbaglia poco e aiuta la squadra a rimanere compatta. 6 MOTTA Commette diversi errori, anche indisponenti. Ma i palloni caldi in area li mette lui: sul primo ci sarebbe rigore su Bertolacci, sul secondo arriva il «mani» di Vidal. 6,5 STURARO In modalità stopper su Pogba, limita molto il francese anche se sul gol annullato alla Juve il pallone lo perde lui. Si sforza di giocare per linee verticali. 7 MATUZALEM Gestisce il traffico in entrata e in uscita con grande lucidità: mette pressione a Pirlo e trova spazio e tempo per costruire gioco. Leader. 6,5 ANTONELLI Anche lui rischia il rigore con un tocco di mano: unica falla di un sistema che sulla fascia funziona bene in tutte e due le fasi. Perde l’attimo buono davanti a Buffon nel finale. 5,5 SCULLI Grande lottatore, non si discute. Ma alza anche molto fumo, mostrandosi poco concreto. Il fallo su Quagliarella decide la partita. 5,5 BERTOLACCI Anche lui non sta mai a guardare, ma il Genoa si ammoscia negli ultimi sedici metri. 6 GILARDINO Qualche pallone di qualità lo riesce a distribuire. La vita spalle alla porta però è dura. 4 CALAIÒ Sembra l’uomo del destino. Diventa quello del rimpianto, con un rigore calciato malissimo. 6,5 GASPERINI Marcature a uomo a centrocampo, manovra che trova respiro sulle fasce, difesa attenta. Il Genoa piace ma non trova mai l’affondo. Neanche su rigore. E la beffa è da manuale. Paolo Tomaselli © RIPRODUZIONE RISERVATA GENOVA — È il calcio, bellezza. Il mistero che lo avvolge ha la sua manifestazione tragica (per il Genoa) e affascinante (per la Juventus) al 44’ del secondo tempo quando Andrea Pirlo, protagonista di una prova opaca e dimenticabile, ha a disposizione, per un fallo di Sculli su Quagliarella, una punizione da appena fuori area. La sorte, che ha offerto al Grifo l’opportunità di una clamorosa vittoria, esige a questo punto la sua libbra di carne da chi ha sbagliato un rigore e una palla gol solitaria contro la padrona del campionato, alla fine di una delle peggiori partite della Juventus di quest’anno e, sicuramente di diritto, nella top ten delle peggiori dell’era Conte. Il primo tempo del Grifo, troppo elettrico, troppo sorretto da un’energia nervosa faceva presagire un crollo e invece il capolavoro di Gianpiero Gasperini arriva a un passo dal suo compimento, complice il valzer lento del centrocampo bianconero e l’assenza di Tevez. Osvaldo segna un gol regolare, ma il lavoro dell’Apache, specie con una squadra sfibrata è irripetibile. Al di là degli episodi che entrambe le squadre lamentano, resta qualche certezza. La saldezza caratteriale della Juventus, anche nelle difficoltà, ma anche una certa stanchezza in molti uomini fondamentali. Però, dopo stasera, a più 17 sulla Roma che deve ancora giocare, lo scudetto lo possiamo serenamente assegnare. La Juventus gioca tra il rilassato e lo svagato però tiene in un clima che si incattivisce troppo presto. Questo non aiuta la sestina arbitrale. Osvaldo, che affianca Llorente, segna una doppietta ma entrambi i gol, il primo su rimpallo di Llorente il secondo su giocata di Pogba gli vengono annullati. Bene la prima (decisione) non la seconda: la rete è buona, magari difficile da vedere, ma buona. La sestina arbitrale sbaglia a sprazzi, un po’ di qui, un po’ di là. Il Genoa si lamenta, abbastanza a ragione, per una «spintina», non clamorosa ma essenziale per scongiurare una chiara occasione da gol di Lichtsteiner su Bertolacci. Il clima si surri- 0 1 Genoa Juventus Marcatore: Pirlo 44’ s.t. GENOA (3-4-2-1): Perin 6; Burdisso 7, De Maio 6,5, Marchese 6,5; Motta 6, Sturaro 6,5, Matuzalem 7, Antonelli 6,5; Sculli 5,5, Bertolacci 5,5; Gilardino 6 (Calaiò 4 19’ s.t.). All.: Gasperini 6,5 JUVENTUS (3-5-2): Buffon 7; Caceres 6,5, Bonucci 6,5, Chiellini 6; Lichtsteiner 5,5 (Isla s.v. 40’ s.t.), Vidal 5 (Padoin s.v. 40’ s.t.), Pirlo 6,5, Pogba 5, Asamoah 6; Llorente 6, Osvaldo 6 (Quagliarella s.v. 34’ s.t.). All.: Conte 6 Arbitro: Mazzoleni 4,5 Ammoniti: De Maio, Sturaro, Matuzalem, Gilardino, Vidal, Pogba Recuperi: 0’ più 4’ scalda, ma il Grifo non perde la sua spinta: anche nel secondo tempo la squadra di Gasperson continua a muoversi in modo perfetto. Ha ripartenze efficaci, avanzamenti significativi, ma per l’enorme mole di gioco raccoglie pochissimo. È questa la svolta. Contro la Juve se non sfrutti le occasioni, mal te ne incoglie. Tanto più che, davanti, Madama non riesce a trovare spazi. Qualcuno più che correre cammina, qualcuno traccheggia. Tutta la linea centrale, diciamolo. Il Genoa ha due opportunità clamorose. La palla gol più nitida della gara capita a Bertolacci dopo una perfetta combinazione Antonelli-Gilardino che libera il centrocampista davanti a Buffon. Bella l’uscita del portierone ma il centrocampista rossoblù gli tira addosso. La Juventus, che nel primo tempo almeno un gol buono lo aveva fatto, nel secondo non costruisce nulla di nulla. Gioco senza palla inesistente, movimenti blandi. I difensori di Gasperini sono costantemente in anticipo. Madama è asmatica e lo si vede nel maldestro fallo di mano di Vidal (cross di Motta) per cui Mazzoleni concede il rigore al Genoa. In precedenza non è stato così fiscale per un intervento di braccio di Antonelli. Contro chiunque, ma con la Juventus in particolare, non si butta un rigore come fa Calaiò. Bravo comunque, come sempre, Buffon. Migliore dei suoi. Il Genoa non si scompone, malgrado tutto, segno di una bella tempra. Però contro l’arcano potere del pallone, non c’è nulla da fare. Il dopopartita Conte: «Facciamo cose super incredibili» Roberto Perrone GENOVA — Discorso scudetto chiuso? Secondo Antonio Conte non ancora: «Preferisco non dare percentuali perché poi possono rivelarsi non veritiere. Poche squadre però avrebbero vinto su questo campo e contro una squadra che ha fatto la partita della vita. Abbiamo 75 punti, stiamo facendo cose super incredibili». «Gol scudetto? Speriamo sia d’aiuto», commenta Andrea Pirlo, autore della rete che ha deciso la sfida di Marassi. «Sapevamo che era una © RIPRODUZIONE RISERVATA Le pagelle Juventus da uno dei nostri inviati a Genova Bonucci controlla Sfide salvezza Preziosi successi del Livorno, che chiude in 9, sul Bologna e del Sassuolo sul Catania. Sampdoria k.o. a Bergamo 7 BUFFON L’aggancio a Zoff (476 presenze con la Juve) merita una serata di gala: decisivo già su Bertolacci, para il rigore di Calaiò. Il tiro non è granché, ma undici metri sono sempre pochi. 6,5 CACERES Anche quando è messo alle corde tiene la testa alta. 6,5 BONUCCI Controlla il traffico aereo prendendosi pure una sportellata gratuita da Gilardino. Bene anche nelle mischie. 6 CHIELLINI Qualche difficoltà in più dei compagni, ma grande presenza atletica come sempre. 5,5 LICHTSTEINER Rischia il rigore con un tocco alle spalle di Bertolacci. Fatica più del solito ad incidere sulla fascia, ma sembra più che altro merito degli avversari. 5 VIDAL Nel suo caso sembra demerito suo, perché sbaglia anche gli appoggi banali. Alla fine ringrazia Calaiò e Buffon che neutralizzano il suo tocco di mano in area. 6,5 PIRLO La prestazione è insufficiente. Ma di fronte all’ennesima magia decisiva bisogna aggiornare la contabilità, con deferenza: gol numero 25 su punizione in A, a 3 reti dal primato di Mihajlovic. 5 POGBA In imbarazzo quando la stanchezza comincia a farsi sentire: non ha mai commesso tanti falli di frustrazione . 6 ASAMOAH Di rado riesce a superare la metà campo, però il corpo a corpo con Motta e Sculli è prezioso. 6 LLORENTE Si conferma un operaio specializzato, capace di andare a prendersi il pallone anche davanti alla difesa. Non sono gli attaccanti il problema della serata juventina. 6 OSVALDO Il lavoro di Tevez, che scava il solco davanti alle difese avversarie, lui non lo riesce a fare. Però la palla l’aveva buttata dentro, in posizione regolare e pure con un bel tocco sotto. 6 CONTE La Juve resiste e conquista un’altra partita che in altre occasioni non avrebbe vinto. Segno di una grandezza che nessuno scalfisce: in A i bianconeri segnano da 41 partite consecutive. p.tom. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il baby Keita trascina la Lazio, piegato il Cagliari La contestazione dei tifosi è l’ultimo trend che Cagliari e Lazio, loro malgrado, sono costrette a seguire. Certo, i motivi sono diametralmente opposti: i sardi protestano perché il presidente, Massimo Cellino, li sta mollando per dedicarsi al Leeds, mentre i laziali da settimane fanno pubblica esibizione di dissenso perché Claudio Lotito proprio non vuol saperne di mollare il club biancoceleste. Ma gli effetti sono gli stessi, ormai trattasi di assioma matematico: in casa e sotto i fischi dei propri tifosi, si perde. Era accaduto alla Lazio domenica scorsa all’Olimpico con l’Atalanta ed è successo ieri al Sant’Elia al Cagliari: 0-2, squadra di Reja agganciata con le unghie al gruppetto coppe grazie alla quarta vittoria su sei trasferte; e squadra di Lopez annichilita, tradita sia da capitan Daniele Conti (espulso proprio quando c’era da lanciare l’assedio) sia da Pinilla (che ha fallito un rigore giustamente concesso da Irrati sullo 0-1 per un fallo di Biglia su Vecino), e resa inerme dai gol laziali, uno per tempo. Del redivivo Lulic, che al 18’ finalizza un’azione iniziata da Marchetti, proseguita con la spizzata di Klose e rifinita dal tocco di Gonzalez; e del talento Keita, il 19enne genietto che viene dal Barça (per 300 mila euro) sul quale la Lazio sta calibrando il proprio futuro. È giovane, sì, e «deve restare umile», dice Reja. Ma sotto il sole del Sant’Elia fa praticamente tutto lui: tira, scatta, crossa, protesta, ispira i compagni e manda in paranoia gli avversari. Fino a segnare, al 23’ della ripresa, il quarto gol personale nella stagione che doveva essere quella buona solo per l’affaccio sul calcio dei grandi. Invece Keita è già trascinatore, in barba alla carta d’identità e ai compagni dal passato illustre. Anche kaiser Klose, trasformato da Reja in una sorta di regista offensivo, si mette al suo servizio lanciandolo in porta: stop in corsa e tiro che fulmina Avramov. Facile, basta che giochi. Così, grazie a Keita, il maestro supera l’allievo. Nel 2004 Lopez era compagno di Gianfranco Zola nel Cagliari che guadagnò la serie A con Edy Reja in panchina. Ieri i due tecnici si sono abbracciati prima di darsi battaglia in una giornata chiave per entrambi i club: la Lazio per uscire dalla mediocrità e il Cagliari per rientrarci evitando le beghe della lotta salvezza. E se i biancocelesti riescono a restare in bilico sul grigiore, il Cagliari stagna lì, con 29 punti a galla sulla zona della paura. Dalla Cagliari Lazio 0 2 quale sono decisamente emerse Atalanta e Sampdoria, una contro l’altra nell’anticipo delle 12.30: 3-0 finale, segnano Carmona, Bonaventura e Denis, ma la salvezza è quasi in saccoccia sia per Colantuono sia per Mihajlovic, peraltro furente con i suoi per la sconfitta: «Io mi prendo le responsabilità pwer le batoste; spero se le prendano anche i giocatori». In coda la «guerra» è iniziata: Sassuolo e Livorno hanno battuto rispettivamente Catania e Bologna circoscrivendo la contesa. Cinque squadre in 4 punti (Chie- Atalanta Sampdoria 3 0 Marcatori: Lulic 18’ p.t.; Keita 23’ s.t. Marcatori: Carmona 36’, Bonaventura 42’ p.t.; Denis 11’ s.t. CAGLIARI (4-3-1-2): Avramov 6; Dessena 5, Rossettini 6, Del Fabro 6, F. Pisano 5; Vecino 6, Conti 5, Ekdal 5,5 (Sau s.v. 30’ s.t.); Cossu 5 (Ibraimi 5,5 1’ s.t.); Ibarbo 6,5, Nené 5 (Pinilla 5 12’ s.t.). All.: Lopez 5,5 ATALANTA (4-4-1-1): Consigli 6,5; Benalouane 6, Stendardo 6,5, Yepes 6,5, Del Grosso 6 (Bellini s.v. 34’ s.t.); Estigarribia 6,5, Cigarini 6,5 (Baselli s.v. 31’ s.t.), Carmona 7, Bonaventura 7; M. Moralez 6,5 (De Luca s.v. 27’ s.t.); Denis 7. All.: Colantuono 7 LAZIO (4-3-3): Marchetti 6; Konko 6, Biava 6,5, Novaretti 6, Radu 6,5; A. Gonzalez 7 (Onazi s.v. 36’ s.t.), Ledesma 6,5, Biglia 6; Lulic 7 (Felipe Anderson s.v. 44’ s.t.), Klose 6,5 (Mauri s.v. 45’ s.t.), Keita 7,5. All.: Reja 6,5 Arbitro: Irrati 5,5 Espulso: Conti 32’ s.t. Ammoniti: Rossettini, Biglia, F. Pisano, Pinilla, Radu Recuperi: 1’ più 3’ SAMPDORIA (4-2-3-1): Da Costa 5; De Silvestri 5, Mustafi 5, Gastaldello 5,5 (Fornasier 5 1’ s.t.), Regini 5,5; Palombo 5,5, Krsticic 5; Gabbiadini 5, Eder 5 (Sansone s.v. 26’ s.t.), Soriano 5,5; Okaka 5 (Maxi Lopez 6 11’ s.t.). All.: Mihajlovic 5 Arbitro: Cervellera 6 Ammoniti: Okaka, Del Grosso Recuperi: 0’ più 1’ Livorno Bologna vo, Livorno, Bologna, Sassuolo e Catania), da 24 a 20, e due posti per restare in A. Lo scontro tra le ultime va alla squadra di Di Francesco: Bergessio illude il Catania, ma poi ci pensano Zaza, Missiroli e Sansone a ribaltare tutto. E a Livorno decidono Benassi e Paulinho nei primi 8’ della ripresa, mentre il Bologna, nonostante il finale in 11 contro 9, riesce a mandare in gol solo Christodoulopoulos su rigore. È bagarre. Andrea Arzilli © RIPRODUZIONE RISERVATA 2 1 Marcatori: Benassi 2’, Paulinho 7’, Christodoulopoulos (rig.) 39’ s.t. LIVORNO (3-5-2): Bardi 6; Ceccherini 6, Emerson 6,5, Castellini 6; Mbaye 6,5, Benassi 6,5, Greco 6 (Duncan 6 28’ s.t.), Biagianti 5,5 (Rinaudo s.v. 40’ s.t.), Mesbah 6; Belfodil 5 (Emeghara 6 1’ s.t.), Paulinho 7. All.: Di Carlo 6,5 BOLOGNA (3-5-2): Curci 6; Antonsson 5 (Moscardelli 6 8’ s.t.), Natali 5, Mantovani 5,5; Kone s.v. (Garics 6 15’ p.t.), Khrin 5, Perez 5 (Pazienza 5,5 12’ s.t.), Christodoulopoulos 6,5, Morleo 6; Cristaldo 5,5, Acquafresca 5. All.: Ballardini 5,5 Arbitro: Bergonzi 6,5 Espulsi: Mbaye e Emeghara per doppia ammonizione. Ammoniti: Garics, Biagianti, Mbaye, Emeghara, Ceccherini, Perez, Krhin Recuperi: 1’ più 4’ Sassuolo Catania 3 1 Marcatori: Bergessio 32’ p.t.; Zaza 9’, Missiroli 14’, Sansone 43’ s.t. SASSUOLO (4-3-3): Pegolo 6,5; Pedro Mendes 5 (Gazzola 6 36’ p.t.), Cannavaro 6,5, Ariaudo 6,5, Longhi 5,5; Magnanelli 5,5, Brighi 5,5 (Zaza 7 1’ s.t.), Missiroli 6,5; Sansone 6, Floccari 6,5, Floro Flores 7 (Biondini 6,5 25’ s.t.). All.: Di Francesco 6,5 CATANIA (4-3-3): Andujar 6,5; Peruzzi 5,5 (Alvarez 5 33’ p.t.), Bellusci 5,5, Legrottaglie 5, Biraghi 6; Izco 5,5, Lodi 5, Rinaudo 5,5; Barrientos 6 (Leto 5 23’ s.t.), Bergessio 6,5, Keko 6,5 (Fedato 6 23’ s.t.). All.: Maran 5,5 Arbitro: Valeri 6 Ammoniti: Missiroli, Peruzzi, Gazzola, Magnanelli, Leto, Ariaudo Recuperi: 3’ più 3’ Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 Sport 39 Tre punti Pizarro sbaglia un rigore, Gomez segna in fuorigioco La Viola non perdona Stende il Chievo e aspetta la Signora Più cinica che bella, la Fiorentina torna 4a Vantaggio Juan Cuadrado, 25 anni, segna l’1-0 per la Fiorentina con un bel pallonetto (LaPresse) DAL NOSTRO INVIATO Magistrale Il gol su punizione di Pirlo, 34 anni, alla sua quarta rete in campionato (LaPresse) partita difficile, ma era troppo importante per noi portare a casa i tre punti. Anche se abbiamo fatto molta fatica, lo spirito è stato sempre buono». Il tecnico del Genoa Gian Piero Gasperini ancora non ci crede: «Perdere questo tipo di partite fa un male incredibile. Una grandissima prestazione da parte di tutti i miei giocatori, sarà difficile tirarli su di morale. Peccato, perché avevamo sempre più la partita in mano». © RIPRODUZIONE RISERVATA Serie A / 28ª giornata FIRENZE — Doppio controsorpasso sotto gli occhi del tifoso Matteo Renzi. La Fiorentina liquida il Chievo e in un colpo solo scavalca Inter e Parma, riprendendosi il quarto posto. Una domenica di festa in attesa della Juve, anche di sofferenza perché il terzo incrocio stagionale con i veronesi (tre vittorie su tre) è più difficile di quanto dica il 3-1 finale. La squadra di Montella sfrutta le occasioni nel primo tempo, segnando con Cuadrado (tre gol e un assist contro il Chievo tra andata e ritorno) e raddoppiando con Matri. Però nella ripresa si addormenta, forse con la testa già alla coppa e favorisce il ritorno dei veneti, che lottano con ardore, piglio, cattiveria, rientrando in gioco con Paloschi. E visto che Pizarro sbaglia un rigore, tocca a Mario Gomez togliere le castagne dal fuoco viola un minuto prima del novantesimo. Marione, peraltro in chiaro fuorigioco sul lancio di Ilicic, firma così la seconda rete consecutiva dopo quella allo Stadium. Curiosità: contro Agazzi, allora al Cagliari, si era fatto male il 15 settembre. Contro Agazzi, ora al Chievo, segna a Firenze per la prima volta. Il cerchio si chiude. Montella sorride. Non una gran Fiorentina, però pratica. Risparmia numerosi titolari e acciuffa la vittoria che mancava da oltre un mese (8 febbraio contro l’Atalanta). Il problema, in attesa della Ju- Chievo Marcatori: Cuadrado 11’, Matri 39’ p.t.; Paloschi 17’, Gomez 44’ s.t. FIORENTINA (3-5-1-1): Neto 7; Diakitè 5,5, Gonzalo Rodriguez 5,5, Compper 6; Cuadrado 7, Anderson 5,5 (Ilicic 6,5 20’ s.t.), Pizarro 6,5, Ambrosini 6,5, Pasqual 6; Wolski 5 (Vargas 6,5 29’ s.t); Matri 6 (Gomez 6,5 13’ s.t.). All.: Montella 6,5 Rotazione Montella cambia sette giocatori: l’attacco funziona, meno la difesa CHIEVO (4-3-3): Agazzi 6,5; Frey 6, Dainelli 6, Cesar 5, Rubin 5,5; Radovanovic 6 (Pellissier s.v. 31’ s.t.), L. Rigoni 6, Guarente 5 (Lazarevic 5,5 1’ s.t.); Stojan 5,5 (Obinna 6,5 16’ s.t.); Paloschi 5,5, Hetemaj 5,5. All.: Corini 6 ve, è sempre lo stesso: la fase difensiva. Anche il Chievo buca Neto: nelle ultime otto gare, coppe comprese, i viola hanno sempre subito almeno un gol. La Fiorentina, pensando all’Europa League, abbonda con il turnover. Sette i cambi rispetto al giovedì di coppa. In difesa riposano Tomovic e Savic, a metà campo tirano il fiato Aquilani e (forzatamente per la squalifica) Borja Va- ■ Punti totali ■ In casa ■ Fuori casa Serie A Classifica Arbitro: Massa 5 Ammoniti: Rigoni, Hetemaj, Rubin Recuperi: 0’ più 4’ INTER 0-2 Palacio (In) 14', Jonathan (In) 19' s.t. Arbitro: Banti di Livorno ATALANTA SAMPDORIA 3-0 Carmona (At) 36', Bonaventura (At) 42', Denis (At) 11' s.t. Arbitro: Cervellera di Taranto CAGLIARI LAZIO 0-2 Lulic (La) 18', Keita (La) 23' s.t. Arbitro: Irrati di Pistoia LIVORNO BOLOGNA 2-1 Benassi (Li) 2' s.t., Paulinho (Li) 7' s.t., Christodoulopoulos (Bo) rig. 39' s.t. Arbitro: Bergonzi di Genova MILAN PARMA 2-4 Cassano (Pa) rig. 9', Cassano (Pa) 7' s.t., Rami (Mi) 11' s.t., Balotelli (Mi) rig. 30' s.t., Amauri (Pa) 33' s.t., Biabiany (Pa) 50' s.t. Arbitro: Celi di Campobasso SASSUOLO CATANIA 3-1 Bergessio (Ca) 32', Zaza (Sa) 9' s.t., Missiroli (Sa) 14' s.t., Sansone (Sa) 43' s.t. Arbitro: Valeri di Roma 2 FIORENTINA CHIEVO 3-1 Cuadrado (Fi) 11', Matri (Fi) 39', Paloschi (Ch) 17' s.t., Gomez (Fi) 44' s.t. Arbitro: Massa di Imperia JUVENTUS ROMA NAPOLI FIORENTINA INTER PARMA LAZIO VERONA ATALANTA TORINO MILAN GENOA SAMPDORIA UDINESE CAGLIARI CHIEVO LIVORNO BOLOGNA SASSUOLO CATANIA Punti 75 58 55 48 47 46 41 40 37 36 35 35 34 31 29 24 24 23 21 20 G 28 26 27 28 28 27 28 28 28 27 28 28 28 27 28 28 28 28 28 28 V 24 17 16 14 12 12 11 12 11 9 9 9 9 9 6 6 6 4 5 4 N 3 7 7 6 11 10 8 4 4 9 8 8 7 4 11 6 6 11 6 8 P 1 2 4 8 5 5 9 12 13 9 11 11 12 14 11 16 16 13 17 16 V 14 10 9 8 7 6 7 8 9 5 6 6 5 6 6 4 4 2 4 4 N 0 3 4 3 6 6 3 2 2 5 4 4 4 2 4 2 4 7 1 6 P V N P F S 0 10 3 1 64 19 0 7 4 2 49 12 1 7 3 3 52 29 3 6 3 5 48 31 1 5 5 4 46 29 2 6 4 3 45 31 3 4 5 6 36 35 5 4 2 7 43 46 3 2 2 10 31 38 3 4 4 6 39 35 4 3 4 7 41 42 4 3 4 7 31 35 5 4 3 7 33 42 5 3 2 9 30 39 5 0 7 6 27 38 7 2 4 9 23 41 7 2 2 9 31 51 5 2 4 8 23 43 9 1 5 8 28 56 3 0 2 13 21 49 lero. In attacco, invece, ancora fiducia a Matri. La filosofia di Montella è diversa da quella di Conte. Anche i risultati sono diversi, considerando che in campionato, prima del Chievo, i viola avevano vinto una sola delle ultime sette partite. La Fiorentina segna all’inizio e alla fine del primo tempo: sul gol di Cuadrado da segnalare il lancio morbido e preciso di Pizarro, sul raddoppio di Matri va messa in evidenza la percussione centrale di Anderson, che ruba palla a Rigoni (sarà poi lo stesso Cuadrado a fornire l’assist all’ex milanista). La squadra di Montella però non incanta: Wolski è bravo nello stretto ma non gioca con la squadra e finisce presto l’energie, Anderson è discontinuo, il passo generale è lento come se la squadra fosse con la testa già alla partita con la Juventus. Tra i due gol della Fiorentina c’è tanto Chievo, dinamico e abile nel pressing sul portatore di palla. Anche sciupone. Paloschi, prima dell’intervallo, si mangia due gol. Sulla seconda opportunità è bravo Neto in uscita. Nel secondo tempo la squadra di Corini, più spregiudicata con Lazarevic al posto dell’impalpabile Guarente e poi con Obinna per Stojan, mette sotto pressione i viola. Compper anticipa Cesar a un metro dalla porta, Neto salva sul colpo di testa di Paloschi, Radovanovic sbaglia da due metri. Tre occasioni che anticipano la rete dei veronesi. Gonzalo sbaglia, Obinna riparte, Paloschi stavolta non perdona aggirando il portiere. La rete scuote la Fiorentina che, rinvigorita dai cambi (Gomez, Vargas e Ilicic) riprende il controllo della partita. Pizarro potrebbe chiudere il conto su un rigore concesso per un gomito in area di Rubin su tiro di Ilicic. Il tiro del cileno viene però deviato da Agazzi. E allora ci pensa Gomez, un minuto prima del novantesimo a cancellare l’ansia viola. Ora tre sfide complicate e suggestive: dopo la Juventus, giovedì al Franchi, arrivano uno dietro l’altro Napoli e Milan. La Fiorentina, tra Europa League e campionato, si gioca quasi tutto nei prossimi dieci giorni. Punti 56 PALERMO 47 EMPOLI VIRTUS LANCIANO 47 45 LATINA 45 TRAPANI 45 CROTONE 44 AVELLINO 43 CESENA 42 SIENA (-7) 41 PESCARA 40 SPEZIA 39 CARPI 38 TERNANA 37 MODENA 37 BRESCIA 36 VARESE 35 BARI (-3) 31 NOVARA 26 CITTADELLA 26 PADOVA 25 REGGINA JUVE STABIA 15 G 29 29 29 29 29 29 29 29 29 29 29 29 29 29 29 29 29 29 29 29 29 29 V 16 12 13 11 11 13 11 10 12 11 10 11 9 9 8 9 10 7 5 6 6 2 N 8 11 8 12 12 6 11 13 13 8 10 6 11 10 13 9 8 10 11 8 7 9 P 5 6 8 6 6 10 7 6 4 10 9 12 9 10 8 11 11 12 13 15 16 18 V 10 5 7 7 6 7 8 5 9 5 5 4 7 8 4 6 8 6 3 4 4 1 N 3 7 6 4 5 4 4 7 4 4 6 4 4 3 7 6 4 4 6 6 4 5 P 2 2 2 3 3 3 2 2 2 5 4 7 4 3 4 2 3 4 6 4 7 9 V 6 7 6 4 5 6 3 5 3 6 5 7 2 1 4 3 2 1 2 2 2 1 N P F S 5 3 43 20 4 4 36 22 2 6 29 24 8 3 29 21 7 3 38 31 2 7 43 38 7 5 33 30 6 4 33 25 9 2 44 30 4 5 38 34 4 5 31 37 2 5 33 37 7 5 40 36 7 7 37 29 6 4 37 39 3 9 37 42 4 8 29 33 6 8 28 38 5 7 25 39 2 11 25 41 3 9 27 45 4 9 25 49 29ª giornata SPEZIA-PESCARA JUVE STABIA-TERNANA PALERMO-BRESCIA VIRTUS LANCIANO-NOVARA Arbitro: Tagliavento di Terni PROSSIMO TURNO: Sabato 22/3, ore 18.00: Torino-Livorno. ore 20.45: Chievo-Roma. Domenica 23/3, ore 12.30: Parma-Genoa. ore 15.00: Bologna-Cagliari, Inter-Atalanta, Sampdoria-Verona, Udinese-Sassuolo. ore 18.30: Napoli-Fiorentina. ore 20.45: Catania-Juventus, Lazio-Milan. PROSSIMO TURNO: Venerdì 21/3, ore 19.00: Trapani-Varese. ore 21.00: Avellino-Siena. Sabato 22/3, ore 15.00: Brescia-Spezia, Cesena-Juve Stabia, Crotone-Bari, Empoli-Reggina, Modena-Latina, Novara-Carpi, Padova-Cittadella, Pescara-Palermo, Ternana-Virtus Lanciano. Spagna Inghilterra Lega Pro 1ª div./A JUVENTUS 0-1 Pirlo (Ju) 44' s.t. Arbitro: Mazzoleni di Bergamo TORINO NAPOLI oggi 19.00 Arbitro: Doveri di Roma 1 ROMA UDINESE oggi 21.00 GETAFE GRANADA 3-3 LEVANTE CELTA VIGO 0-1 RAYO VALLECANO ALMERIA 3-1 MALAGA REAL MADRID 0-1 ATLETICO MADRID ESPANYOL 1-0 ELCHE REAL BETIS 0-0 BARCELLONA OSASUNA 7-0 SIVIGLIA REAL VALLADOLID 4-1 REAL SOCIEDAD VALENCIA VILLARREAL ATHLETIC BILBAO oggi 22.00 Classifica: 70 Real Madrid 67 Atletico Madrid 66 Barcellona 51 Athletic Bilbao 44 Villarreal, Siviglia 43 Real Sociedad 36 Valencia, Espanyol, Levante 33 Celta Vigo 31 Granada 30 Elche 29 Malaga, Osasuna, Rayo Vallecano 28 Getafe 26 Real Valladolid, Almeria 19 Real Betis HULL CITY MANCHESTER CITY 0-2 EVERTON CARDIFF CITY 2-1 FULHAM NEWCASTLE UNITED 1-0 SOUTHAMPTON NORWICH CITY 4-2 STOKE CITY WEST HAM UNITED 3-1 SUNDERLAND CRYSTAL PALACE 0-0 SWANSEA WEST BROMWICH ALBION 1-2 ASTON VILLA CHELSEA 1-0 MANCHESTER UNITED LIVERPOOL 0-3 TOTTENHAM HOTSPUR ARSENAL 0-1 Classifica: 66 Chelsea 62 Liverpool, Arsenal 60 Manchester City 53 Tottenham Hotspur 51 Everton 48 Manchester United 45 Southampton 43 Newcastle United 34 Aston Villa, Stoke City 31 West Ham United 30 Hull City 29 Swansea, Norwich City 28 West Bromwich Albion, Crystal Palace 25 Sunderland, Cardiff City 24 Fulham Germania AUGSBURG SCHALKE 04 1-2 BORUSSIA DORTMUND BORUSSIA MONCHENGLADBACH 1-2 EINTRACHT BRAUNSCHWEIG WOLFSBURG 1-1 HERTHA BERLINO HANNOVER 96 0-3 HOFFENHEIM MAINZ 05 2-4 WERDER BREMA STOCCARDA 1-1 BAYERN MONACO BAYER LEVERKUSEN 2-1 AMBURGO NORIMBERGA 2-1 EINTRACHT FRANCOFORTE FRIBURGO 1-4 Classifica: 71 Bayern Monaco 48 Borussia Dortmund 47 Schalke 04 44 Bayer Leverkusen 41 Mainz 05 40 Wolfsburg 39 Borussia Monchengladbach 38 Augsburg 36 Hertha Berlino 29 Hoffenheim, Hannover 96, Werder Brema 26 Eintracht Francoforte 23 Amburgo, Norimberga 22 Friburgo 21 Stoccarda 18 Eintracht Braunschweig © RIPRODUZIONE RISERVATA G giocate V vinte N nulle P perse F reti fatte S reti subite MARCATORI: 15 RETI: Tevez (JUV) 14 RETI: Rossi (FIO) 13 RETI: Immobile (TOR), Palacio (INT), Toni (VER), Higuain (NAP) 12 RETI: Gilardino (GEN), Berardi (SAS) 11 RETI: Llorente (JUV), Cassano (PAR), Paulinho (LIV), Vidal (JUV), Balotelli (MIL), Cerci (TOR) 10 RETI: Callejon (NAP), Denis (ATA) 9 RETI: Gabbiadini (SAM), Eder (SAM) 8 RETI: Paloschi (CHI), Di Natale (UDI) 7 RETI: Parolo (PAR), Candreva (LAZ), Jorginho (NAP) GENOA Alessandro Bocci ■ Punti totali ■ In casa ■ Fuori casa Serie B Classifica G giocate V vinte N nulle P perse F reti fatte S reti subite VERONA 3 1 Fiorentina Posticipi 0-1 2-3 2-0 2-1 BARI-AVELLINO LATINA-TRAPANI REGGINA-CROTONE SIENA-CESENA VIRTUS ENTELLA REGGIANA 1-0 CARRARESE PRO PATRIA 1-0 COMO ALBINOLEFFE 2-2 CREMONESE SAN MARINO 2-0 FERALPI SALO' SUDTIROL 1-3 PAVIA PRO VERCELLI 0-0 VENEZIA SAVONA 1-1 VICENZA LUMEZZANE 2-1 Classifica: 53 Virtus Entella 44 Pro Vercelli 42 Vicenza (-4) 41 Cremonese 38 Como 37 Sudtirol, Venezia, Savona 35 Albinoleffe (-1) 29 Feralpi Salo’ 27 Lumezzane, Carrarese 25 Reggiana 24 Pro Patria (-1) 19 Pavia 17 San Marino 1-0 CITTADELLA-CARPI 0-1 MODENA-EMPOLI 1-4 VARESE-PADOVA 1-0 1-0 0-0 0-3 Lega Pro 1ª div./B ASCOLI VIAREGGIO 2-0 BARLETTA GUBBIO 0-2 CATANZARO GROSSETO 1-0 FROSINONE PRATO 2-0 L'AQUILA PERUGIA 0-0 LECCE PONTEDERA 3-0 NOCERINA SALERNITANA 0-3 PISA BENEVENTO 2-2 Classifica: 55 Frosinone 50 Perugia 49 Lecce 45 Catanzaro 43 L’Aquila, Pisa 40 Benevento, Salernitana 37 Pontedera 36 Prato 35 Gubbio 34 Grosseto 24 Viareggio 21 Ascoli (-4), Barletta 13 Paganese 12 Nocerina (-2) Oggi tocca a Roma e Napoli La parola alle inseguitrici: Roma e Napoli continuano oggi la loro sfida per il secondo posto. I giallorossi ospitano all’Olimpico l’Udinese: l’obiettivo è dimenticare la sconfitta di Napoli. In campo tornerà Totti, in tribuna i tifosi dopo due gare a curve chiuse. Taddei giocherà al posto di Strootman. Per il Napoli trasferta non facile a Torino, con i granata della coppia Cerci-Immobile in cerca di punti dopo tre sconfitte di fila. Benitez, con l’emergenza difesa dopo l’infortunio di Maggio, spera di ritrovare Hamsik dopo l’ennesima prova deludente in Europa League giovedì a Porto. © RIPRODUZIONE RISERVATA Torino, ore 19 Torino Napoli (3-5-2) 30 Padelli 19 Maksimovic 25 Glik 24 Moretti 36 Darmian 27 Kurtic 77 Tachtsidis 7 El Kaddouri 29 Vesovic 11 Cerci 9 Immobile (4-2-3-1) 25 Reina 2 Reveillere 21 Fernandez 33 Albiol 31 Ghoulam 88 Inler 8 Jorginho 7 Callejon 17 Hamsik 14 Mertens 9 Higuain Arbitro: DOVERI di Roma Tv: ore 19 Sky SuperCalcio, Sky Calcio 2, Premium Calcio Roma, ore 21 Roma Udinese (4-3-3) 26 De Sanctis 35 Torosidis 5 Castan 17 Benatia 3 Dodò 11 Taddei 15 Pjanic 44 Nainngolan 24 Florenzi 10 Totti 27 Gervinho (4-2-3-1) 22 Scuffet 75 Heurtaux 5 Danilo 11 Domizzi 8 Basta 66 Pinzi 3 Allan 27 Widmer 37 Pereyra 70 Maicosuel 10 Di Natale Arbitro: TAGLIAVENTO di Terni Tv: ore 21 Sky Sport 1, Sky Calcio 1, Premium Calcio Fischio finale di Paolo Casarin A Marassi le mani non sono tutte uguali P er Genoa-Juventus viene designato Mazzoleni. La partita è giocata con molta intensità e l’arbitro appare in grado di controllarla. Quando il grado di fallosità sembra debordare, Mazzoleni risponde con i cartellini gialli che puniscono l’ardore di Di Maio, Sturaro e Gilardino e le proteste di Sculli. In area juventina un tocco tra le gambe di Lichtsteiner e Bertolacci, danneggia il genoano: dubbi sull’assoluzione di Mazzoleni. Sul finire del primo tempo il guardalinee Ghiandai annulla un gol di Osvaldo. Dalla tv non sembra esserci il fuorigioco. Falli di mano in area di Antonelli e Vidal nella ripresa a distanza di un minuto: la discrezionalità di Mazzoleni punisce solo Vidal con il rigore (parato). Celi cerca di mettere a disposizione di MilanParma tutta la sua esperienza. Comincia con una importante decisione per un fallo, in area rossonera (5’), di Abbiati su Schelotto: espulsione del portiere e rigore per il Parma. Celi applica in modo corretto la regola e dalla tempestività del fischio si può dedurre che nessun supporto da parte dell’arbitro addizionale (Luca Pairetto) sia stato richiesto o proposto. Seguono provvedimenti assolutori per Mexès, per falli significativi su Cassano e Felipe e si arriva, nella ripresa, alla concessione di un rigore per il Milan per un contatto marginale tra Obi e Montolivo. A questa decisione sbagliata hanno partecipato due arbitri o solo Celi? Cosa ha fatto pensare al rigore? L’arbitro Cervellera ha diretto, senza grandi problemi, AtalantaSamp. Solo che, immediatamente prima del gol di Bonaventura, l’atalantino Benalouane ha colpito, in area della Samp , Regini con un pugno al corpo. Regini a terra, gol e tutti a centro campo. È chiaro che Cervellera era attento all’azione e che l’arbitro addizionale Maresca guardava altrove, sta di fatto che la moda del pugnetto all’avversario si consolida, malgrado tanti occhi delegati al controllo. Ancora moviola (involontaria) del lunedì (la prova tv di Tosel)? In Sassuolo-Catania, Valeri assiste, a due passi, a una chiara trattenuta di Rinaudo su Missiroli, in area. Nessun provvedimento. Finisce che solo Bergonzi ha preso decisioni con sicurezza concedendo a Livorno un giusto rigore al Bologna per trattenuta su Morleo ed espulso correttamente i livornesi Mbaye ed Emeghara. E tutto fa pensare che abbia deciso da solo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera 40 Sport MotoGp Domenica sera a Losail, in Qatar, scatta la stagione 2014. L’hondista uomo da battere, l’incognita Ducati, il dubbio sui nuovi regolamenti QATAR Losail Lunghezza 5.38 km Giri 22 AMERICA Austin Lunghezza 5.51 km INDIANAPOLIS INDIAN Indianapolis Indiana 23 marzo Distanza 118.4 km Lunghezza Lungh 4.17 km Lungh Lunghezza 5.40 km Distanza 115.8 ARGENTINA Termas de Rio Hondo 27 aprile 93 Nazionalità Anni Team Mondiali vinti Lunghezza 4.80 km Giri 25 SPAGNA Jerez Lunghezza 4.42 km Distanza 120.2 4 maggio Giri 27 FRANCIA Le Mans Distanza 119.4 km 18 maggio Giri 27 Distanza 112.6 km REPUBBLICA CECA REPUB Brno 17 agosto 13 aprile Giri 21 10 agosto 3 99 26 JJORGE LOREN LORENZO NZO Spagna DANI PEDROSA D A Spagna VALENTINO ROSSI V Italia 21 Repsol Honda 26 Movistar Yamaha 28 Repsol Honda 35 Movistar Yamaha 32 Gp vinti Punti forti (10 in 125, 16 in Moto2, 6 in MotoGp) talento, guida, velocità, moto Punti deboli eccessiva confidenza 4 3 (250 nel 2006 e 2007, MotoGp nel 2010 e 2012) 52 9 (125 nel 2003 e 2004, 250 nel 2005) (125 nel 1997, 250 nel 1999, MotoGp/500 nel 2001, ‘02, ’03, ‘04, ’05,‘08, ’09) (12 in 125, 14 in 250 e 80 in MotoGp/500) classe, esperienza, carisma 48 (4 in 125, 17 in 250, 31 in MotoGp) classe, esperienza, coraggio, voglia di rivincita troppa ansia di rivincita (8 in 125, 15 in 250, 25 in MotoGp) guida, moto 106 fisico, guida sul bagnato, duelli, sfortuna età, velocità Distanza 118.9 km GRAN B BRETAGNA Silvers Silverstone 31 agosto 46 MARC MARQUEZ M Spagna (125 nel 2010, Moto2 nel 2012, MotoGp nel 2013) Giri 22 Tutti a caccia del giovane re Valentino sogna il decimo sigillo Lunghezza 5.90 km SAN MARINO Misano Lunghezza 4.23 km Giri 20 Distanza 118.0 km 14 settembre Giri 28 ARAGONA Alcañiz Distanza 118.3 km 28 settembre Marquez favorito, Lorenzo l’avversario, Rossi e Pedrosa outsider Lunghezza 4.19 km Giri 28 ITALIA Mugello Lunghezza 5.25 km 1 giugno Giri 23 CATALOGNA Barcellona Lunghezza 4.73 km Giri 25 Distanza 118.2 km 28 giugno Giri 26 GERMANIA Sachsenring Lunghezza 3.67 km Distanza 120.6 km 15 giugno OLANDA Assen Lunghezza 4.54 km Distanza 117.2 km Distanza 118.1 km 13 luglio Giri 30 Distanza 110.1 km Il popolo della MotoGp si sta incamminando per il deserto con due domande fondamentali in valigia. La prima riguarda Marc Marquez: se la piccola iena ridens della Honda ha asfaltato gli avversari nel 2013, quando era solo una matricola ventenne di gran polso e belle speranze, che cosa potrà fare stavolta con un anno di esperienza in più, la migliore conoscenza della moto e la probabile autopressione da rivincita che si infliggerà Lorenzo? La seconda riguarda Valentino Rossi: riuscirà il nostro eroe a uscire dalla secche della stagione scorsa, quella della rivincita riuscita a metà dopo il biennio infernale in Ducati, e tornare competitivo come è stato poche volte davvero nel 2013? Rispondere adesso, a motori spenti, naturalmente non è facile. Marquez al momento è un mistero, perché si è rotto un perone dopo il primo test (peraltro dominato in Malesia) e dunque parte a luci spente: la cosa, nella gara notturna del Qatar, potrebbe essere pericolosa. Il favorito, comunque, è lui: ha la classe, ha la super Honda (data anche stavolta come complessivamente superiore alla Yamaha, ma si vedrà), ha l’entusiasmo dei 21 anni, ha forse altri limiti inesplorabili da raggiungere e dunque nuove asticelle da alzare per i suoi avversari. Lorenzo però è vivo eccome, con la sua fame, il suo coraggio e la sua ansia di rivincita. Dal secondo test, in Australia, PorFuera ha ripreso l’antica confidenza con la Yamaha e appena può ricorda al mondo che nel 2013, al netto dei gravi infortuni che gli hanno fatto perdere (anche per colpa sua) vagonate di punti, lui ha vinto otto Gran premi contro i sei di Marquez. E allora — considerato che se Pedrosa in otto anni di MotoGp non ha mai vinto il titolo ed è arrivato tre volte secondo e tre volte terzo è perché una forte predestinazione alla sconfitta e alla sfortuna la deve avere – per la posta grossa sarà un duello Marc contro Jorge. E su questo pronostico, in fondo scontato, valentiniani e ducatisti faranno bene a mettersi il cuore in pace, così magari potranno godere di più in caso di eventuali buone notizie. Sono quelle che sogna Valentino. I test hanno dato buoni esiti e lui, a 35 anni, sembra effettivamente un altro: nuovo capotecnico (Silvano Galbusera al posto del guru Jeremy Burgess caduto in disgrazia), nuovi stimoli, nuovo stile di guida (più aggressivo e moderno, alla Marquez), tanto lavoro in allenamento, partecipazione diretta allo sviluppo della M1, passione e leggerezza congenite nel vivere la vita e le corse che il tempo non ha scalfito. Tenere il passo degli «young guns» sarà dura, ma le performance invernali sul passo gara inducono a una moderata Spettacolo Si prepara ancora un duello fra il campione e Jorge, ma il Dottore nei test è volato: a 35 anni cambia stile, lavora doppio e punta al grande colpo Le quote Snai Queste le quote per la vittoria finale del Mondiale di MotoGp 2014 Marc MARQUEZ (Spa) Honda 2,25 Jorge LORENZO (Spa) Yamaha 2,50 Dani PEDROSA (Spa) Honda 5,50 Valentino ROSSI (Ita) Yamaha 9,00 Pol ESPARGARO (Spa) Yamaha 33,00 Cal CRUTCHLOW (Gbr) Ducati 50,00 Stefan BRADL (Ger) Honda 50,00 Alvaro BAUTISTA (Spa) Honda 80,00 Bradley SMITH (Gbr) Yamaha 100,00 ALTRO 20,00 CORRIERE DELLA SERA fiducia. Pensarlo in corsa per il Mondiale — il suo decimo, un sogno ma non certo un’ossessione — adesso è troppo, perché restano dei decimi da limare rispetto ai due leader, e forse anche a Pedrosa, ma dopo 5-6 gare qualcosa sarà più chiaro. Lo stesso Valentino ha fissato quel termine per cercare di capire che ne sarà del suo futuro. Che comunque, fuori pista, è già definito, visto che quest’anno esordisce in Moto3 il suo team VR46 sponsorizzato da Sky: Rossi sarà manager, oltre che imprenditore, e la moto resterà la sua vita, a testimonianza di una passione uguale a quella di vent’anni fa. Intorno ai quattro assi si muoverà il solito mondo fluido, senza chance da titolo ma potenzialmente più ricco di sorprese che nel passato. Soprattutto incuriosisce la Ducati riconvertitasi in versione open. Il sorriso ritrovato di Andrea Dovizioso è incoraggiante: «Non ho mai avuto una Desmosedici così», ha detto. La nuova guida tecnica con l’ex Aprilia Luigi Dall’Igna ha portato linfa fresca e idee alternative. I padroni della Audi, assicurando appoggio totale, hanno chiesto risultati più in linea con la forza del marchio. Di sicuro la Rossa è partita bene, ma dopo le ultime tre stagioni serve cautela. Incuriosisce poi la nuova categoria open che nasce come alternativa ai prototipi (factory), con centralina unica, più benzina nel serbatoio, più motori e la ruota morbida in qualifica. La svolta regolamentare, appena avviata con la prospettiva di un cambio totale (stile F1) nel 2016, sta però già subendo modifiche (la famigerata factory2) complicate come una pratica catastale e più difficili da spiegare di una legge elettorale. È così che un intervento interessante nello spirito (semplificazione complessiva, riequilibrio dei valori e riduzione dei costi) rischia di trasformarsi già in una farsa. Si procederà a vista, insomma, con una sola certezza, che per fortuna non cambia mai: le moto e i piloti, tutti, dal primo all’ultimo, con la loro velocità e le nostre emozioni. Quelle, per fortuna, non sono ancora materia di regolamento. Alessandro Pasini © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunghezza 5.08 km Giri 23 GIAPPONE Motegi Lunghezza 4.80 km 12 ottobre Giri 24 AUSTRALIA Phillip Island Lunghezza 4.45 km Distanza 115.2 km 19 ottobre Giri 27 MALESIA Sepang Lunghezza 5.54 km Distanza 116.8 km Distanza 120.1 km 26 ottobre Giri 20 Distanza 110.9 km COMUNITÀ VALENCIANA 9 novembre Valencia Lunghezza 4.01 km Giri 30 Distanza 120.2 km Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 Sport 41 F1 Scoppia il caso del misuratore del flusso di carburante sulla Red Bull. Vettel ritirato. La Mercedes è la macchina da battere, ma Hamilton è subito out Ferrari all’inseguimento nella Formula Rebus La squalifica di Ricciardo aiuta Alonso e Raikkonen. Domina Rosberg, Magnussen stupisce Le classifiche Barbera&champagne Ordine d’arrivo 1. Rosberg (Ger) Mercedes in 1.32’58’’710 (media 195,058 km/h) 2. Magnussen (Dan) McLaren a 26’’777 3. Button (Gbr) McLaren a 30’’027 4. Alonso (Spa) Ferrari a 35’’284 5. Bottas (Fin) Williams a 47’’639 6. Hulkenberg (Ger) Force India a 50’’718 7. Raikkonen (Fin) Ferrari a 57’’675 8. Vergne (Fra) Toro Rosso a 1’00’’441 9. Kvyat (Rus) Toro Rosso a 1’03’’585 10. Perez (Mes) Force India a 1’35’’916 11. Sutil (Ger) Sauber a 1 giro 12. Gutierrez (Mes) Sauber a 1 giro 13. Chilton (Gbr) Marussia a 2 giri Squalificato Ricciardo (Aus) Red Bull) consumo di carburante oltre i limiti del regolamento Motivi dei ritiri 1° giro Massa (Bra) Williams, incidente Kobayashi (Gia) Caterham, freni 3° giro Hamilton (Gbr) Mercedes, motore 4° giro Vettel (Ger) Red Bull, motore 28° giro Ericsson (Sve) Caterham, motore 30° giro Maldonado (Ven) Lotus, problema elettrico 44° giro Grosjean (Fra) Lotus problema elettrico Giro più veloce Il 19° di Rosberg (Ger) Mercedes in 1’32’’478 (media 206,436 km/h) Mondiale piloti 1. Rosberg (Ger) 2. Magnussen (Dan) 3. Button (Gbr) 4. Alonso (Spa) 5. Bottas (Fin) 6. Hulkenberg (Ger) 7. Raikkonen (Fin) 8. Vergne (Fra) 9. Kvyat (Rus) 10. Perez (Mes) 25 18 15 12 10 8 6 4 2 1 Mondiale costruttori 1. McLaren 2. Mercedes 3. Ferrari 4. Williams 5. Force India 6. Toro Rosso 33 25 18 10 9 6 Il calendario 30/3: Gp Malesia 6/4: Gp Bahrein 20/4: Gp Cina 11/5: Spagna 25/5: Gp Monaco 8/6: Gp Canada 22/6: Gp Austria 6/7: Gp Gran Bretagna 20/7: Gp Germania 27/7: Gp Ungheria 24/8: Gp Belgio 7/9: Gp Italia 21/9: Gp Singapore 5/10: Gp Giappone 12/10: Gp Russia 2/11: Gp Usa 9/11: Gp Brasile 23/11: Gp Abu Dhabi Se metti un giovane nel motore F Problemi La collisione tra Massa (Williams) e Kobayashi (Caterham) al primo giro. Sopra, la Ferrari di Alonso; sotto, il pilota spagnolo (Reuters, Ap, LaPresse) CONTINUA DALLA PRIMA DI SPORT Nel segno di Nico, del suo talento e del suo afferrare come nella comunicazione globale una frase ad effetto possa valorizzare un’impresa sportiva. La sua impresa. Primo con la Mercedes — la Silver Arrow di un presente che si lega a un indimenticabile passato remoto — nel Gp che manda al debutto l’era delle unità motrici ibride, di un’infinità di diavolerie e, per ora, anche di inconvenienti. Nico il biondo esce vincitore da una corrida nella quale un perfido e invisibile toro incorna subito Lewis Hamilton, poleman nonché suo compagno di squadra (nessuno è garantito su nulla: è la prima morale dei nuovi tempi) e il pluri-iridato Sebastian Vettel, già bastonato in qualifica. Ma il col- po grosso il toro se lo riserva a mezzanotte, quando viene ufficialmente disarcionato Daniel Ricciardo, nuovo compagno di Vettel alla Red Bull dominatrice dal 2010. È una storia intricata, che si lega agli strumenti, omologati dalla Fia, che devono calcolare il flusso del carburante (100 chili/ora la portata massima consentita). Già prima del via del campionato c’erano state perplessità, visto che la ditta costruttrice aveva ammesso possibili discrepanze tra i vari apparati distribuiti alle squadre. Ma il fatto di ieri apre un caso. La Red Bull aveva notato un difetto nelle prove libere. Al sabato aveva cambiato il flussometro, però né lei né la Fia erano soddisfatte della modifica. In gara è così tornata al primo strumento, ma la Federazione le ha chiesto di calibrarlo secondo i suoi schemi. La squadra si è rifiutata di farlo e non ha obbedito nemmeno agli ordini giunti durante il Gran premio, «quando i valori — così recita il deferimento agli steward — sono risultati eccedenti in modo consistente». La Fia aveva promesso tolleranza zero ed è stata categorica. In soldoni: «Siamo noi che stabiliamo i parametri: cio che decidiamo, va fatto». Ma perché tanta cocciutaggine da parte della Red Bull? Perché mandare Ricciardo prima al podio e poi al macello? Servivano un caso esemplare e un vitello sacrificale per far esplodere il bubbone? E poi, sotto con gli interrogativi carogna: Vettel era a posto o si è fermato proprio perché sapeva? La durezza della Fia è una risposta a Luca di Montezemolo che in questi giorni ha invocato la stretta vigilanza federale contro i trucchi? Che brutto episodio. E che peccato non dedicare più spazio allo stesso Rosberg, o alle risalite di Bottas o a Magnussen che diventa l’ottavo debuttante che sale sul podio, il primo dopo Giancarlo Baghetti nel 1961, per quanto l’ex ferrarista resti sempre l’unico pilota capace di vincere all’esordio in F1. Le ultime righe sono infatti da spendere ancora per la Ferrari, che esce dall’Albert Park con più punti di quanto meriti. «Non possiamo essere contenti» avevano ammesso Stefano Domenicali e Fernando Alonso — il capo e il meglio piazzato — prima della correzione della classifica. Immaginiamo che il giudizio non cambi dopo la stangata a Ricciardo: la pista ha detto che la Rossa è in netto ritardo rispetto alla Mercedes e ai team che dispongono dell’unità motrice della casa tedesca. Rimonta è già la parola che si ricerca nel vocabolario. Chi tifa per il Cavallino, ci aggiunga un «purtroppo». Flavio Vanetti © RIPRODUZIONE RISERVATA La Rossa Kimi: «Bisogna migliorare, ma sono fiducioso» Fernando: «Contento? No Dobbiamo lavorare tanto» DAL NOSTRO INVIATO MELBOURNE — Al netto della squalifica della Red Bull del povero Ricciardo, che consente al Cavallino di ritoccare la classifica, resta la realtà dei fatti. O dei numeri. La migliore delle Ferrari ha concluso a 35 secondi da Rosberg, ma se si aggiungono i 20 che Alonso aveva già totalizzato quando al dodicesimo giro è entrata la safety car (causa la «murata» e la foratura con rilascio di detriti da parte di Bottas), si arriva quasi al minuto di svantaggio: hai voglia allora a parlare di affidabilità e di due macchine al traguardo, un lusso perfino per chi, come la Mercedes, ha vinto. Quelli, certo, sono aspetti che vanno agli atti tanto quanto la quantificazione impietosa dello scarto e rappresentano la parte positiva di Melbourne, da tramandare alle corse future. Ma non bastano e difatti Stefano Domenicali non si accontenta: «Non posso essere soddisfatto. Troppi problemi, troppe cose ancora non a posto. È solo prima gara, ma occorre avere l’umiltà di capire dove e come intervenire. I temi da affrontare sono chiari: attendo una reazione da persone degne della squadra di cui facciamo parte». La Ferrari, se si vuole enfatizzare la critica, ricorda quello studente che da mesi sapeva di doversi preparare su argomenti ben precisi, ma che al momento dell’interrogazione si fa pescare incerto e balbettante. Inevitabilmente, arrivano già gli esami di riparazioni. In quali materie? Domenicali non le indica: «La macchina è una e ha quattro ruote e non ha senso parlare di power unit piuttosto che di altri elementi. Tutti lavorino e in fretta, serve uno “step” collettivo in avanti. La Mercedes è in gran spolvero e se rispetto agli altri team la situazione può essere aggiustata, noi dobbiamo ricordarci che lottiamo per il Mondiale e che i riferimenti devono essere presi su quelli che stanno in alto e non su coloro che sono al nostro livello». La reazione del Cavallino Domenicali: «Troppi problemi. Ora attendo una reazione da persone degne di questa squadra» Fa già freddo nel paddock rosso e non solo perché la serata australiana libera folate d’aria che fanno mulinare il ricordo dei guai tecnici (per una dozzina di giri, in avvio, il kers non ha funzionato a dovere su entrambe le auto), quelli di «graining» delle gomme che hanno sbattuto sul prato per due volte Kimi, oppure la cruda constatazione che il weekend ferrarista è stato salvato solo grazie alla regolarità di Alonso. Fernando, però, non era precisamente il ritratto della gioia. Bilanciato nell’analisi e — questo sì — pronto a dare alla Ferrari quello che compete alla Ferrari; ma nemmeno con le fette di salame sugli occhi. Basta lasciar scorrere spezzoni del suo parlato per rendersene conto: «Avrei voluto vincere o salire sul podio, ma non era possibile; è stata una gara solida ma nulla di più, per ora abbiamo in mano questo»; «Una volta sistemati i problemi col kers, il ritmo c’era: ma perfino Ma- gnussen e Button erano più veloci»; «Ho più punti di Hamilton e Vettel, però sono anche a 35” da Rosberg e non sono contento». Come corollario, non trascurabile, ecco la prova opaca di Raikkonen. Toccato al via dal kamikaze Kobayashi, Iceman non ha risentito della botta ma si è incanalato in un basso profilo che, tra gli stenti suoi e quelli della F14 T, sintetizza un intero fine settimana. La battuta di Alonso («Raikkonen un anno fa qui vinceva, però stavolta correva tra le due Toro Rosso») è solo in apparenza acida. Al lato pratico, rappresenta una verità condivisa da Kimi: «Al primo pit stop ho dovuto effettuare una doppia sosta e questo mi è costato una posizione. Il graining mi ha generato scarsa aderenza e molto sottosterzo: la macchina non è più stata la stessa. Dobbiamo migliorare su più fronti, ma sono fiducioso». Non resta che aspettare i compiti a casa e il primo appello, tra due settimane in Malesia. Se si agita troppo, la Ferrari rischia di farsi ancora più male, come sottolinea Domenicali. Ma se sta ferma, è peggio. f. van. © RIPRODUZIONE RISERVATA acce nuove, una pattuglia. Ragazzini in gamba, pronti subito, freschi per chi guarda, preoccupanti per chi guida. Per chi, con loro, fa squadra, convivenza. Dopo mesi di scommesse sulle tempistiche della rivalità in casa Ferrari, Alonso pare l’unico in grado di gestire la situazione con il nuovo arrivato, Raikkonen, ancora in affanno. La consolazione è relativa, forse precaria, ma fa la differenza nei confronti degli altri senatori da pista. Prendi Button, messo sotto a tempo pieno dall’ultimo arrivato in casa McLaren, Kevin Magnussen, classe ’92, sul podio, all’esordio in F.1, con una padronanza, dei mezzi — tecnici e personali — sconcertante. Gracile e acerbo solo nelle espressioni del viso, stava in braccio a mamma Britt sino a ieri, tenda e camper per girare l’Europa, mentre il babbo Jan cercava di ottenere in pista ciò che Kevin ha raggiunto in un giorno soltanto. Prendi Vettel, dietro in prova, fuori subito. Daniel Ricciardo, classe 1989, in costante evidenza alla sua prima gara Red Bull. L’hanno squalificato, d’accordo ma intanto fosforo e smalto, proprio lui che era dato come penitente certo, un destino segnato dall’ombra lunga del campione mondiale. Al posto delle giovanissime unità motrici, il primo Gran Premio 2014 ha sistemato al centro della scena i volti sorridenti di molti giovanissimi piloti. Valtteri Bottas, classe 1989 ha tirato, sbagliato, rischiato e recuperato, regalando alla Williams soddisfazioni dimenticate, mentre la Williams attendeva buone notizie da Massa, rognato stabile, oggi come ieri. Danii Kvyat è del 1994, ha un cognome russo che pare un errore di stampa, è cresciuto a Roma, ha la faccia di un bambino che ha marinato la scuola, era alla prima gara con la Toro Rosso. Uno spettacolo. Ha battuto Vettel pure lui. Diventando il più giovane pilota della storia dotato di punti nel Mondiale: 19 anni e 324 giorni. Venticinque meno di Sebastian all’epoca del suo primo bottino iridato, Indianapolis, 2007. Ha vinto Rosberg, giusto per ribadire la controtendenza, in luogo dell’atteso Hamilton. Non ha ancora 27 anni. Ma nella festa degli «under» australiana sembrava un pilota senior. Il superstite di una generazione già a rischio prepensionamento. Giorgio Terruzzi © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera 42 Milano Via Solferino, 36 tel.02/6282.7555 - 02/6282.7422, fax 02/6552.436 Si precisa che ai sensi dell’Art. 1, Legge 903 del 9/12/1977 le inserzioni di ricerca di personale inserite in queste pagine devono sempre intendersi rivolte ad entrambi i sessi ed in osservanza della Legge sulla privacy (L.196/03). CAMP BOSS- Pluriennale esperienza. Valuta proposte. Disponibilita' immediata. Tel: 393.50.19.107 COMMERCIALE estero, contract - sedute ufficio pianificazione, apertura mercati, organizzazione, portafoglio clienti. 366.54.76.700 C OMMERCIALE 35 anni di esperienza settore edilizia serramenti, affini altamente professionale per piccole - medie imprese. Esperto crea, avvia, gestisce reti agenti e clienti. 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Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 Sport 43 Sci, bottino pieno dell’Austria Tirreno, Contador fa il bis Volley, Piacenza vola al comando La Coppa si chiude nel segno dell’Austria: Hirscher vince lo slalom di Lanzerheide (4° l’azzurro Gross), la coppa di specialità e quella assoluta davanti a Svindal; alla Fenninger gigante (4ª Nadia Fanchini, ultima gara della Karbon che si ritira), coppa di specialità e assoluta. L’Italia chiude la stagione con 9 podi, tra cui una sola vittoria (Paris). Alberto Contador (Tinkoff-Saxo) trionfa nella 5a tappa della TirrenoAdriatico (192 km con arrivo a Guardiagrele) tagliando il traguardo con 6’’ di vantaggio sul tedesco Geschke. In classifica ora ha 2’08’’ sul colombiano Quintana (Movistar). Oggi 6a tappa (RaiSport2 14.30). Chiusura alla Parigi-Nizza: 8a tappa al francese Vichot ma trionfa il colombiano Betancur. Risultati 10ª ritorno di volley A1: Piacenza-Verona 3-0; Ravenna-Macerata 3-2; Trentino-Perugia 1-3; Vibo Valentia-Cuneo 0-3; Città di Castello-Latina 3-0; Modena-Molfetta 3-0. Classifica (prime posizioni): Piacenza 54, Macerata 53, Perugia 45, Trentino 36, Cuneo 32, Modena 31. ATLETICA — Marcia: Eleonora Giorgi 2a nella 20 km di Lugano in 1.27’29” Tennis Trionfo dell’azzurra sulla Radwanska infortunata Ippica Pennetta d’America Flavia si prende tutto «Era il mio giorno» Prato Mariante retrocesso, l’«Apertura» a Indian Pacha MILANO — «Antigone» alle corse dei cavalli: il conflitto tra giustizia e regole si può studiare a scuola nella tragedia greca, ma Sofocle si può imparare anche all’ippodromo di San Siro. Per esempio ieri alla riapertura stagionale, quando il galoppatore di 5 anni Prato Mariante, portacolori di una scuderia piccina che ha quasi solo lui come cavallo da corsa, peraltro di umili origini genealogiche (Munir e Papete) e di ancor più modeste categorie di partenza, sembra coronare una escalation da favola passando in due anni dalle corse a vendere al successo nel tradizionale (dal 1921) e sentitissimo Premio Apertura, con due chiare lunghezze di vantaggio su Indian Pacha e molte più sugli altri 7 avversari. Ma il suo microproprietario Emanuele Valsecchi e la sua allenatrice Mirna Corradini non fanno in tempo a esultare che a strozzargli in gola la gioia è la lancinante sirena che annuncia l’intervento d’autorità dei Commissari di gara. Venti minuti di suspence per i 5.000 spettatori e poi i giudici d’arrivo emettono il loro inflessibile verdetto: ordine d’arrivo modificato, Prato Mariante è retrocesso dal 1° al 5° posto perché a 150 metri dal traguardo ha per un attimo sbandato e tagliato la strada a Distant Planet. Nei 20 minuti i giudici guardano e riguardano il replay. Da un lato c’è infatti la regola (Creonte), che effettivamente, sebbene Distant Planet non sia granché danneggiato in Regina di Indian Wells e nuova n. 12 Le quattro pere di Fantantonio diventano sette di LUCA BOTTURA FISCHI E FIASCHI Clamoroso selfie su Twitter di Paparesta e Mikaela Calcagno di Premium, languidissimi, in uscita notturna. Ma l’ex arbitro si rammarica: «Neanche stavolta mi ha chiuso nello spogliatoio». FRUTTO E SUBITO Carolina Marcialis, quasi signora Cassano, ha postato su Twitter la foto di 4 pere, in riferimento ai gol subiti dal Milan. Il commento di Fantantonio: «Più le 2 che ha lei, sono 7». TRONCARE, SOPIRE Straordinario reportage di Pellegatti sui tifosi del Milan penetrati nello spogliatoio a cazziare la squadra. Riassumerlo tutto è impossibile. Ma diciamo che, fatte le debite proporzioni, è come se l’11 settembre sotto le Twin Towers qualcuno avesse parlato di possibili lievi ritardi aerei. PREMIO ALDO BISCARDI «Hernanes sa fare cose che in rosa non avevamo giocatori con queste caratteristiche» (Walter Mazzarri, Verona-Inter, Sky). «Continuiamo a pensare di far crescere tutti, di farsi esprimersi al massimo» (Walter Mazzarri, Premium). «Secondo me Seedorf si è trovato in una situazione più peggiore di quella che si aspettava» (Luca Marchegiani, «Skycalcioshow»). FORMULA 1 VALE 1 Formula 1: dopo la prima gara noiosa come un congresso del Pd e funestata dalle regole sui tagli ai consumi, Sky starebbe per chiedere i danni a chi ha scritto il nuovo regolamento: Angela Merkel. MINACCE «Io spero di metterlo a Prandelli in grande difficoltà» (Antonio Cassano, «Skycalcioshow»). © RIPRODUZIONE RISERVATA «Era il mio giorno...». Due occhioni da tigressa made in Brindisi trapassano da parte a parte quel che resta di Agneszka Radwanska, avversaria zoppa di una finale brutta che Flavia Pennetta annette ai suoi sconfinati possedimenti alla straordinaria velocità di 32 anni e 19 giorni, alba dell’eterna giovinezza della donna che visse (almeno) tre volte. Indian Wells — un milione di dollari per la vincitrice — è il premio alla carriera che l’azzurra si concede in cima a una rimonta da antologia, l’anno scorso a quest’ora, ri-operata al polso, aveva perso colpi e fiducia, lo storico coach (Gabriel Urpy) aveva seguito le sirene della federtennis francese lasciandola in lacrime e quello nuovo (Salvador Navarro) stava ancora decifrando i codici d’accesso di un’anima molto femminile, la stessa che aveva stregato Carlos Moya, prima che la Flavia lo beccasse a limonare con una velina della tv spagnola, episodio alla base dell’inizio della seconda vita (ma questa è un’altra storia). Donna di molte virtù, frangibilissima eppure insuperabile nel rimettere insieme i pezzi (di cuore, di polso, di tutto), Pennetta ieri è scesa in campo nella luce abbacinante della California radiosa dell’ottimo match con la Stosur, della rivincita su Camila Giorgi, della prova di forza con la Stephens e del piccolo capolavoro con Li Na, il torneo era già stato vinto strada facendo e Radwanska, numero 3 del mondo con il ginocchio incerottato, sapeva di non avere chance con la nuova Flavia in gran spolvero, la ragazzina attempata che viaggia con bagaglio leggero («A questo punto della mia carriera non ho più nulla da perdere»), sostenuta da una forma fisica straripante e Insieme Flavia Pennetta, 32 anni, in azione ieri nella finale di Indian Wells e sopra insieme con l’amico speciale Fabio Fognini (Epa) arrivata senza fiatone, armata del solito incantevole sorriso, dopo 9 titoli Wta, alla finale più importante. Due break le hanno consegnato il primo set (6-2) contro un’avversaria semovente e frustrata; quando Flavia si è resa conto di avere il match in tasca ha tremato un attimo, prima che Navarro a furia di «vamos!» la strappasse di forza alla paura di vincere, mentre le occhiate di fuego con Fabio Fognini, il numero uno d’Italia accomodato nel suo angolo e, di- cunt, nel suo cuore, le trasmettessero le energie per chiudere (6-1). I numeri impietosi (20 vincenti a 10, 29 errori gratuiti della polacca) tramandano ai posteri una partita inesistente, il pubblico di Indian Wells non si sarà granché divertito ma la favola della Penna che risorge dal mal d’amore, dalla cisti al polso e dal baratro della 166ª posizione del ranking era troppo bella perché finisse diversamente. Numero 12 (oggi) cinque anni dopo esse- Finale a senso unico 6-2 6-1 in un’ora e tredici minuti Un successo costruito strada facendo Quanta abbondanza Da oggi tre azzurre nelle top 15 del ranking: con la brindisina, Errani e Vinci. È un record re entrata — prima italiana nella storia — nelle top 10 (agosto 2009), Flavia non si pone confini. Tolta Serena Williams, c’è ancora spazio per il suo fascino mediterraneo nel tennis femminile che si ritrova con tre azzurre nelle prime 15 (Errani, Pennetta, Vinci): nemmeno gli Usa hanno tanta abbondanza. Binaghi si spertica («Questa classifica le sta stretta»), telefona Malagò («Mi hai fatto dormire pochissimo»), via Twitter piovono messaggi su un’atleta amatissima. Lei, morta e risorta senza mai scomporsi il ciuffo, si becca in testa il gavettone di Fognini, che poi gratifica al microfono: «Grazie Fabio...». Shhhht, fa segno lui con il dito sulle labbra. Troppo tardi? Per Flavia non lo è mai. Gaia Piccardi © RIPRODUZIONE RISERVATA Basket L’EA7 alla dodicesima vittoria consecutiva: travolta anche Roma. I brianzoli salgono al secondo posto, a 4 punti dalla capolista Cantù batte Brindisi e lancia la grande fuga di Milano MILANO — La continuità è un rullo compressore, di quelli per asfaltare le strade, come Milano, che ha asfaltato Roma che pur si presentava reduce da 3 vittorie consecutive. La EA7 macina il suo 12° successo consecutivo, indifferente anche alle fatiche delle ultime 3 trasferte consecutive (Pireo, Reggio Emilia e Vitoria), mantiene inviolato, in campionato, il sacro recinto del Forum, perché la sua difesa a denominazione controllata è talmente coriacea e continua che ormai quasi non la si nota più, se non nei punti concessi alla fine agli avversari. Per le grandi squadre gli esami non finiscono mai, e nell’occasione c’era da vedere come Milano avrebbe reagito all’assenza di Langford (stiramento bicipite femorale), e chi avrebbe supplito al suo talento? Presto detto: un Nicolò Melli semplicemente stellare, 16 punti (24 alla fine) in 12’ scava il solco (46-23 al 18’) e Bruno Cerella lo difende. Il gaucho di Bahia Blanca (2/2 da 2 e 2/3 da 3) che intrappola con le bolas gli avversari, con il Forum in piedi che lo osanna, nuovo eroe, idolo di generosità e sacrificio, in campo, e nella vita, dove è l’anima di Slums Dunk progetti di basket e civiltà in una baraccopoli del Kenya. I rimbalzi pari (36-35) dicono che l’Acea Roma ha lottato, ma gli assist (21-9) spiegano che Milano ha dominato il gioco, con l’abnegazione di chi più che a se stesso si è dedicato alla squadra, come Hackett (9 assist) e Gentile (4). Il tutto condito dal 4/6 da 3 di David Moss. Milano ha la prua al vento. Allunga a 4 punti sulle seconde, conseguenza della vittoria di Cantù (con 24 punti di Ragland al Pianella, che con il Forum rimane l’unica fortezza inviolata) nella bella sfida contro Brindisi. Colpo in coda di Varese, che a Pesaro si toglie la scimmia dalle spalle, mentre è profondo rosso (in campo e nel bilancio) per la Virtus Bologna di Renato Villalta, sconfitta in casa nel derby contro Reggio Emilia. Al top di giornata il pirata Drake Diener, con 44 punti nella vittoria di Sassari contro Venezia. Werther Pedrazzi Protagonista Nicolò Melli, 24 punti contro Roma (Ipp) © RIPRODUZIONE RISERVATA Serie A 23ª giornata Sassari-Venezia 100-95 Pistoia-Siena 77-76 Milano-Roma 85-61 Pesaro-Varese 79-86 Bologna-Reggio Emilia 70-71 Cremona-Avellino 83-75 Caserta-Montegranaro 75-68 Cantù-Brindisi 84-69 Classifica Milano Cantù Brindisi Siena Sassari Roma Reggio E. Caserta 36 32 32 30 30 28 22 22 Avellino 20 Venezia 20 Pistoia 20 Varese 18 Cremona 16 Bologna 16 Montegranaro 14 Pesaro 12 Sprint Il finale dell’Apertura (De Nardin) concreto e finisca 5° per propri demeriti, punisce chi cambia corsia negli ultimi 200 metri di gara; dall’altro c’è invece la giustizia (Antigone), per la quale nessuno più di Prato Mariante, a motivo della propria commovente storia e ieri della propria superiorità, meriterebbe di iscrivere il nome nell’albo d’oro di una corsa che per i milanesi, senza essere un Gran Premio, conta più di tanti Gran Premi veri. E così il pubblico sciama tra le discussioni di opposte scuole filosofiche sulla (in)giustizia o meno della severa retrocessione , a fine di un pomeriggio che intanto, in preparazione alle future «classiche», vede la conferma di tutti e tre i cavalli più attesi al rientro dall’inverno. Priore Philip, laureato nel 2013 del Gran Criterium 18 anni dopo l’ultimo italiano, nonostante un bagno di sudore che segnala una condizione comprensibilmente ancora arretrata non fallisce da cima a fondo il Premio Calvairate sul miglio e infila la 7ª vittoria consecutiva. Il suo fantino Fabio Branca replica poi il percorso di testa anche sui 1.800 metri del Premio Lodi Vecchio in sella al promettente Dylan Mouth, mezzo fratello della cavala Finidaprest che mezzora dopo perfeziona pure lui un calibrato percorso da battistrada nel Premio Erba. Luigi Ferrarella [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera 44 Cristina Giovanni e Cecilia abbracciano affettuosamente Alice Francesca e Valeria e partecipano al loro immenso dolore per la perdita di Marco - Milano, 16 marzo 2014. Marco un amico nato con me.- Sarai sempre nel mio cuore.- Lucio. - Milano, 16 marzo 2014. Porterò sempre l'espressione della tua eleganza al collo ed alle mani ed il blu del tuo sorriso nel cuore.- Ciao Marco Vicina a tutta la famiglia.- Alessandra Maj. - Milano, 16 marzo 2014. Profondamente addolorati per la prematura scomparsa di Marco Lucietta, Marisa con gli amati nipoti Manuela e Koon, Guido e Patrizia, Alberto e Sara con Lorenzo annunciano la morte della loro carissima sorella e zia Nella sua casa, circondato dall'amore dei suoi cari, si è spento nel Signore l' Entella (Mimma) Tagliavini ved. Pizzini Ne danno l'annuncio, la moglie Emma e le figliole Maria Cristina, con Angelo e il nipote Matteo, e Francesca, con Kamy e i nipoti Giovanna e Gian Luca; il fratello Cesare con Giovanna e i figli Carlo e Luigi; la cognata Lore con i figli Laura, Andrea e Riccardo.- Invocando per lui pienezza di vita nel Regno di luce del Risorto, ne affidano il dolce ricordo all'affetto e alla preghiera di parenti e amici e di quanti, negli operosi anni della sua attività, l'hanno conosciuto, apprezzato e amato.- Le esequie si svolgeranno martedì, 18 marzo, alle ore 15, presso la chiesa parrocchiale di Almese (Torino). - Almese, 15 marzo 2014. Si ringraziano la Dottoressa Riva e il Dottor Sala per la costante e premurosa presenza.- Un ringraziamento a Annamaria, Lolli e Miscia per l'amorosa assistenza.- Il funerale avrà luogo lunedì 17 marzo alle ore 11 presso la Basilica di San Carlo al Corso. - Milano, 16 marzo 2014. Partecipano al lutto: Donatella Franzetti. Nalin e famiglia. I cugini Giorgio Valeria e Ciotti Bresciani Torri, Lorenza e Valerio Michetti ricordano la cara Mimma Pizzini Piomarta Beppe Antonio e Piero sono vicini alla famiglia Villa. - Milano, 16 marzo 2014. intelligente e generosa, ultima testimone della generazione dei nostri genitori ora ricongiunta al suo e nostro Tatino. - Brescia, 16 marzo 2014. La morte, un punto o una virgola?- Una virgola caro Franca Pizzini è vicina alla famiglia nel ricordo della cara Marco Franz e Antonella abbracciano con affetto Francesca, Alice e Filippo. - Milano, 16 marzo 2014. La Presidenza, il Consiglio di Amministrazione e la Direzione di Swan Group, si uniscono al dolore di Francesca, Alice, Filippo e famiglia per la prematura scomparsa di un grande amico Marco Villa - Milano, 16 marzo 2014. Partecipano al lutto: Franz Botré. Gianluca Tenti. Guido Daelli. Valentina Ceriani. Novella Vignati. Piero Mezzanzanica. Daniela Prestinoni. Matteo Longhi. Alessio Polignano. Nadine e Francesco con Charlotte e Julie abbracciano forte Filippo Valeria Francesca e Alice nel ricordo del caro amico Marco Mimma - Corte Franca, 16 marzo 2014. Nadia Grazia e famiglia ringraziano Entella Tagliavini Pizzini per quanto fatto con generosità. - Milano, 16 marzo 2014. Aldina e Renzo commossi piangono la scomparsa della cara amica Mimma ricordandola donna attiva e operosa in mezzo ai suoi fiori e accanto al suo Tatino. - Milano, 16 marzo 2014. Gianfranco Rezzaghi - Milano, 15 marzo 2014. Riri Raffaella Cesare abbracciano Laura Alice Silvia nel ricordo di Gianfranco - Milano, 16 marzo 2014. - Milano, 16 marzo 2014. Liana e i figli Maura Aldo Enrico sono vicini con affetto a Laura Alice Silvia nel ricordo del caro Marco - Milano, 16 marzo 2014. Giorgio Mazzoleni Ringraziamo chi gli è stato particolarmente vicino. - Milano, 16 marzo 2014. Partecipano al lutto: Maurizio, Anna, Federico, Fabrizia e Miriam. Deda e famiglia. Claudia e Fabrizio. Roberto, Laura Primavesi. Marina, Gianfranco Cantoni. Gianfranco e Luisa Federici. Peppo, Margherita Mojana. Amj e Augusto Foresti. Giuliana, Marvi, Giorgio, Francesca, Claudio. Coki e Silvana con Eloisa ed Elisabetta sono vicini a Carla, Paolo, Sara nel ricordo del caro Giorgio - Milano, 16 marzo 2014. Luigi e Marisa con Andrea e Laura sono affettuosamente vicini a Carla Paolo e Sara e a tutta la famiglia per la perdita del caro Giorgio - Milano, 16 marzo 2014. Matteo ed Elettra sono affettuosamente vicini a Carla nel ricordo di Emma Pizzoni, Maria Vittoria con Andrea ed Enrico, Barbara con Leonardo, Filippo stretti alla loro Antonia piangono il carissimo N.H. Dott. Bernardo Maggi amico fraterno di tutta una vita. - Milano, 16 marzo 2014. Partecipano al lutto: Franca, Teresa, Barbara, Carlo Martellini. Mariagrazia Bognetti. Pietro e Micaela Pizzoni. Mariola Fadini. Giovanna e Franco con Federico e Filippo annunciano che Basilia Sgrò Sindoni ha raggiunto il suo amato Filippo.- Per il giorno e l'ora dei funerali contattare il n. 02.32867. - Milano, 16 marzo 2014. Pippo ed Elena si stringono a Giovanna, Franco, Federico e Filippo ricordando con immenso affetto la cara Lia - Milano, 16 marzo 2014. Gianpiero e Bianca Reina abbracciano Laura, Alice e Silvia nel loro dolore ricordando il caro amico di sempre Le famiglie Micheletto con Paola e Matteo Antonelli sono vicine a Filippo, Francesca e Alice per la perdita del caro Carla con i figli, Paolo con Chiara e Sara con Luca, e i nipoti Davide, Stefano, Matteo e Francesco annunciano la salita alla casa del Padre del carissimo marito, padre e nonno ing. Eugenio Alzati Gianfranco amico da una vita. - Barlassina, 15 marzo 2014. Gianfranco Rezzaghi Monica Scaravelli con Ilaria Emma Alberto e Angela piange la scomparsa della cara Irma Tagliabue che ricorderà sempre con grande affetto. - Milano, 16 marzo 2014. I collaboratori dello Studio Notarile Scaravelli partecipano sentitamente al dolore della famiglia per la scomparsa della signora Irma Tagliabue - Milano, 16 marzo 2014. Annamaria Verri Rusconi con i figli Nicola e Andrea con Chiara è affettuosamente vicina a Luca, Sara e bambine e a Letizia nel doloroso momento della scomparsa di Eugenio Demolli - Milano, 16 marzo 2014. Luigi Meli e Olga si stringono forte a Patrizia Paolo e Francesco nel dolore per la scomparsa di Partecipa al lutto: Pia Danioni. Mirimia Trentasette anni di pene, Mirimia.- Ora la bandiera la porto io.- Ci sia pace per te.- Voglio solo chiedere che tu possa correre felice e senza pensieri.- Corri amore mio.- Tuo Chicco. - Milano, 15 marzo 2014. Cocca e Francesca sono vicine a Gaia e Nicolò per la perdita della loro cara mamma Mirella Danesi Vi vogliamo bene. - Milano, 16 marzo 2014. Manuela, Laura, Ottavio, Cinzia, Rosalba e Anna si stringono con affetto a Gaia, Nicolò e Sergio Ravaglia nel dolore per la perdita di Mirella Danesi - Milano, 16 marzo 2014. Un abbraccio affettuoso a Nino nel ricordo della cara Jole Casalone De Mattei Mariuccia, Anna e Maurizio, Margherita ed Ambrogio, Bruna, Gabriella, Gemma, Giulio, Lucki, Anna. - Milano, 16 marzo 2014. Claudio Baj amico caro e persona veramente speciale. - Milano, 16 marzo 2014. Pia Marchesini La morte non ci toglie completamente la persona amata, rimane sempre la sua opera che ci aiuta a continuare.- L'annunciano marito, figli, nuore, genero e nipoti. - Milano, 15 marzo 2014. Cesare Fregoni non c'è più.- Grazie a tutti gli amici.- Sandra e i ragazzi. - Milano, 16 marzo 2014. Dott. Enrico Bergonzini La famiglia Bergonzini ringrazia commossa tutti gli amici, i colleghi e le istituzioni che hanno voluto esprimere affetto e vicinanza in questo triste momento. - Milano, 17 marzo 2014. Cristina e Francesca ricordano con amore e rimpianto la loro mamma Anna Mascheroni Brambilla - Milano, 17 marzo 2014. Giorgio amico indimenticabile di tanti momenti trascorsi insieme. - Milano, 16 marzo 2014. Laura Fugazzi Ciao Laura, ripensiamo con tanta tenerezza e malinconia agli anni spensierati passati insieme.Il ricordo della tua allegria e della tua dolcezza sarà sempre con noi.- Ci stringiamo con affetto a Mario, Marcello, Ottavia e a tutta la famiglia.Silvia, Pila, Cecilia, Camilla, Chicca, Barbara, Marianna, Carlotta, Simona, Marta. - Milano, 15 marzo 2014. RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano SERVIZIO ACQUISIZIONE NECROLOGIE ATTIVO DA LUNEDI A DOMENICA 13.30-19.30 www.necrologi.corriere.it - e-mail: [email protected] Fax 02 25846003 Telefono: 02 50984519 Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 45 Il Tempo Ogni giorno le PREVISIONI della tua città sempre con te Digita: mobile.corriere.it nel browser del telefonino Il servizio è gratuito salvo i costi di connessione internet previsti dal piano tariffario del proprio operatore Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile 3<< *<< 3* ** 362 *62 3** *** 3* ** 36* *6* 367 *67 3*( **( 376 *77 376 *76 -&2( -".2 (.2 &:" "$&( (-"&( ($(& &(6 "-&: &(& -5" % 5&+) 15#% %#&  18 5855 % 0 #)'# )' 5&+0580 #') 76 0# #' %8'# 155)0#, # +0)11#&# #)0'# % ')150 +'#1)% 10 1&+0 #'%8';5 %% +01'; %%/'5##%)' %% ;;)00 '" 1 901) &5 155#&' 10'') +01'5# & #)0# '1&'5# %)%# +#)91"# % 55'50#)' 18%% 0 '50%# 5#00'#", )# 901) #% :$' '8)9 1"#0#5 % )0 )' %#9# #1580# #'9 % '50)18, ,+5"$ %*(..( -" (2&: *($" 2&:-( $"-" )15 )0#') ')9 )%) ' )& &+)11) , %0# %0&) #%') 0'5) ';# 0#15 #0'; 08 # ')' .-8#% +)%# 0# )5'; 5 $-%( 5'# % "0) %#0# 80 # %# )% 89)%) )+05) #) # )91# &+)0%# 9 )05) )05 )%5) )05 %&) %8 ')' )15 0# )%) ' )%;') 01# %#0# / 0 / / ); )0 )/ )/ )' )0 4; )/ 0') #) # %8 ); 0 0 ); ); ) ) )' 4; 4; )' 43 89)%)1) .-8#% 11#' #%') +)%# %# %0&) &+)0% %"& %8 3 0 )3 0 / ); )/ )/ ) 4) )' ) ) )+05) 0& 08 # 10 #1 )5'; , %0# #&#'# 9 %"& %8 ' 0 3 )3 0 )' )/ ) )0 ) ) ) )91# )& )0#') 0'5) 0#15 #' ';# 0)' %"& %8 0 0 / 0 0 0 4; 4; )0 )/ )0 ) )' # Sudoku Difficile 2 7 5 4 1 6 8 1 3 7 6 2 1 Puzzles by Pappocom LA SOLUZIONE DI IERI 2 5 8 6 4 8 2 9 6 1 1 3 9 Altri giochi su www.corriere.it 8 6 1 9 2 7 5 3 4 9 3 4 6 8 5 7 2 1 4 9 5 1 6 2 8 7 3 7 8 6 4 5 3 1 9 2 3 1 2 8 7 9 6 4 5 6 4 3 5 9 8 2 1 7 1 7 8 2 3 6 4 5 9 "6 -$"&( -.6" - (&- %.2-% 2(($% (*&!& 5$"&( "&& $-( -"" "$&( &#- 5-.2 (% -$$(& -" ".(& "-& 2& 5&"." $-" 2 5 9 7 4 1 3 8 6 $!" !&!" a 9,90 euro più il prezzo del quotidiano &(56- 9&9 !"( &2"( 7 (-# $ "-( & -&".( (. &$. .$& "% "-2 In edicola con il Corriere il secondo volume della collana «La grande cucina italiana, le ricette regionali presentate da Carlo Cracco». Disponibile il volume dedicato al Veneto. (#9( &#(# -. ((2 5$ !"&( In edicola con il Corriere Ricette venete Cracco racconta la grande cucina Come si gioca Bisogna riempire la griglia in modo che ogni riga, colonna e riquadro contengano una sola volta i numeri da 1 a 9 5 2 7 3 1 4 9 6 8 $."&#" .$( "%5-( #55) %"& &+)11) 5'# 0)5)' 8') #0'; ')9 &+0# )11) %"& )% # 0)815 0 '5##%)'# " #'%8'; #% 5&+) 18 8)' +05 % 500#5)0#) 80)+) 1# 1+)15 901) %/5%'5#) %%8' ')1# )'5&+)0'&'5 901) % 0)'%'#, 8% 18) #') )0#'5% 8' 0)'5 0) +0)9'#'5 %%/5%'5#) 155'50#)'% +)05 8' & #)0 #'15#%#5 18%% 0 #)'# %%/15 80)+ &'50 18% 015) # 155)0# %/0# )'5#'80 110 +#855)15) , "( &"-( 5&(. "-. "-(" (. 5& "22 $ *( "22 $ .."( Oggi su www.corriere.it I più letti Serie A Tutti i gol Il tour In attesa delle partite di Roma e Napoli, le sintesi dei match del weekend Renzi vola a Berlino Fotostoria ai radar, il Boeing 1 Sfuggito ha volato per 7 ore. 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Luciana Reduce dal successo di «Bake Off Italia», Benedetta Parodi (foto) apre le porte della sua nuova cucina: una sorta di laboratorio che si è costruita su misura dove farà i suoi esperimenti culinari, uno spazio privato in cui si rifugia per preparare i suoi piatti e per insegnare a realizzare le sue semplici e soprattutto veloci ricette. La Parodi comincia con i consigli su come fare acquisti nei mercatini, in piccole botteghe e supermercati. Poi torna ai fornelli dove cucina tre ricette: una che può essere realizzata in più di 30 minuti, una in meno di 30 e un’altra in soli 8 minuti. Settimana scorsa Luciana Littizzetto (foto con Giulio Scarpati) è tornata a vestire i panni della prof. di liceo Isa Passamaglia, attenta ai giovani, trafelata, pasticciona e con una vita privata complicata. La prima serie ha avuto un buon ascolto e anche questa seconda sta andando bene. Littizzetto è proprio simpatica. La fiction si ispira ai libri di Domenico Starnone, insegnante, che ha raccontato con precisione e ironia la scuola italiana. In questi ultimi episodi forse le storie personali prendono il sopravvento sulle vicende scolastiche. Ma comunque è davvero piacevole. Molto bene Real Time, ore 19.10 Fuoriclasse 2 Rai1, ore 21.10 ,>Ó ,>Î ,iÌi{ À>°Ì À>°Ì À>°Ì È°ää 1," 7-° ÌÌÕ>ÌD È°£ä 1 "// ° ÌÌÕ>ÌD È°Îä / £° *,6-" -1 6/ -6, ",/° È°{x 1 "// ° ÌÌÕ>ÌD £ä°ää 1 "// -/", 6,° ÌÌÕ>ÌD £ä°Îä 1 "// 6,° ÌÌÕ>ÌD /*" ° ££°ää / £° ££°Óx 1 "// < ° ÌÌÕ>ÌD £Ó°ää *,"6 1" "° 6>ÀiÌD £Î°Îä /", ° £{°ää / £ " "° ÌÌ° £{°£ä 6,//" ° ÌÌÕ>ÌD £x°Óä 6/ ,//° ÌÌÕ>ÌD £n°xä ½,/° +Õâ Óä°ää /", ° -, Óä°Îä , /1"° 6>ÀiÌD Ó£°£ä 1", -- */"" - " "° -iÀi° ÕV>> ÌÌââiÌÌ] >ÕÃÌ >À> -V>À>««>] ÌÌÀi >Ãð i «À}À>>\ /}£ Èä ÃiV` ÓΰÓä *",/ *",/° ÌÌ° È°ää 1 -/, *, /° /iiv È°Îx ,/"" -° ,>}>ââ n°äx -", / 6/° ÌÌÕ>ÌD n°Îx -*,/ "1-76 -,/ 7-/, ° /iiv £ä°ää /Ó -° ÌÌÕ>ÌD ££°ää // 6"-/,° ÌÌÕ>ÌD £Î°ää / Ó ", "° £Î°Îä / Ó "-/1 -" /° ÌÌÕ>ÌD £Î°xä Îΰ ,ÕLÀV> £{°ää //" //"° ÌÌ° £È°£x " - // ,,-"/° /iiv £Ç°{x / Ó - °°-° £Ç°xä , / -*",/° £n°£x / Ó° £n°{x -+1, -* n°ää ",° ÌÌÕ>ÌD £ä°ää ,/,° ÌÌÕ>ÌD ££°£ä /Î 1/° ££°£x -,° ÌÌÕ>ÌD £Ó°ää / ΰ £Ó°Óx /Î 1", /° ÌÌ° £Ó°{x * +1"/ "° ÌÌ° £Î°£ä /*" -/",° ÌÌÕ>ÌD £{°ää /,°/, /"° £{°Óä / ΰ /" ΰ £{°xä /, " ,"° ÌÌ° £x°ää / Î -° £x°äx /, *<< ,° ÌÌÕ>ÌD £x°£ä {§ /,, " ,/ "\ ȧ Ì>««>\ ÕVV >V *ÀÌ -° «` £È°£ä -*// " "° VÕiÌ £È°{ä "° VÕiÌ £°ää / ΰ £°Îä /,° /, /"° Óä°ää "° ÌÌÕ>ÌD Óä°£x - " "- 1/° ,i>ÌÞ ", ££° /iiv Óä°Îä / Ó Óä°Îä° Ó£°ää " \®° -iÀi° ,j> ÃÃj] >À À>Ûi] Õi j>À` Ó£°£ä ,8 È° /iiv° À>ViÃV ÀV>] Õ}ÕÃÌ <ÕVV ] *>À Li> Óä°Îx 1 *"-/" -"° ->« Ó£°äx *,-,//° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi ,VV>À` >V> Óΰ£x "/ È -/° VÕVÌ Ó{°ää / Î "//° ä°£ä / ," ° i «À}À°\ iÌi Î ä°xx £°Óx £°Îä Ó°ää Ó°Îä /£ "//° /*" ° -"//"6" ° ÌÌÕ>ÌD /,< * ° ÌÌ° " ° ÃiÀi ÓÓ°xx / "" 7° /iiv Óΰxä / Ó° ä°äx ,<< 1 ° ÌÌ° £°äx , *, /" /", ° £°äx 1", ",,"° "- ® 6-/° ÌÌÕ>ÌD ΰää , 7- Ó{° ÌÌÕ>ÌD È°Óx Ç°Óä n°£x °{ä £ä°{ä £ä°xä ££°Óx ££°Îä £Ó°ää £Ó°xx £{°ää £x°Îä £È°Îx £È°{x £n°xä £n°xx £°Îx >>ix Ì>>£ >Ç i`>ÃiÌ°ÌÉÀiÌi{ i`>ÃiÌ°ÌÉV>>ix >Ç°Ì ÌÛ°Ì *-° /iivÝ 6 ° /iiv 1 /,° /iiv , ,° /iiv - "- ¶ ÌÌÕ>ÌD , // ½/ ° ÌÌ° /*, / {° / {° / /6 ",-° /iiv - ", "° /iiv " -*",/" ",1° ÌÌÕ>ÌD 1, -/,//" Ó£° /iiv 9 -,/ *--" ° /iiÛi> " / ", /° /iiv /*, / {° / {° -,/"° /iiÛi> È°ää / x *, * ° ÌÌÕ>ÌD n°ää / x // ° n°{x // " +1° ÌÌÕ>ÌD £ä°ää / x ", £ä° ££°ää ",1° ÌÌÕ>ÌD £Î°ää / x° £Î°{ä 1/1° ->« £{°äx , ,/" £Î° ,i>ÌÞ £{°£ä /"6/, ° ->« £{°{x 1" " ° /> Ã Ü £È°äx , ,/" £Î° ,i>ÌÞ £È°£x -,/"°/iiÛi> £Ç°£ä *"," +1° ÌÌÕ>ÌD £Ç°xä /x 1/° £n°xä 6 / 1 /,"t +Õâ Óä°ää / x° Óä°{ä -/,- "/< 6" ½,,1 <° /} ->ÌÀV° `ÕVi V>ÀÀ> i *Vi È°{x /t /iiv È°xx , -° -iÀi Ç°{x ," ½",° -iÀi n°{ä 1 *, ° /iiv £ä°Îä ,° "1- 6-" ° /iiv £Ó°Óx -/1" *,/"° £Î°ää -*",/ -/° £Î°{ä , ,/" £Î° ,i>ÌÞ £{°£ä -*-" ° >ÀÌ £{°Îx ," /° >ÀÌ £x°ää /",9° -iÀi £x°xä 1 1" £ÉÓ° -iÀi £È°Îx "7 / 9"1, "/,° /iiv £Ç°Óx /° /iiv £n°Îä -/1" *,/"° /"°/° £°Óä °-°° - , ° /iiv È°ää / Ç° Ç°xä " 1- /"° ÌÌÕ>ÌD Ç°xx " 1-° ÌÌÕ>ÌD °{x " ,° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi ÀV 6>i ££°ää ½, /,° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi ÞÀÌ> iÀ £Î°Îä / Ç° £{°ää / Ç ," ° £{°{ä -/, - , - "° /iiv° >À >`i] V >i Õ}>à £È°{ä "--," ",,° /iiv° *iÀÀi `Þ] ÀÕ >`iÀ] Ìi> Õ>` £n°£ä ½-*//", , 9° /iiv° iÌÌiÃ] >i 7Þ>À Óä°ää / Ç° Óä°Îä "//" <<"° ÌÌ° £x°£ä ", 9° /iiv £È°ää -/ 6/ *,° 6>ÀiÌD £È°xä / " Ó° 6>ÀiÌD £Ç°xä / ,-° 6>ÀiÌD £n°Óä -/ 6/ *,° 6>ÀiÌD £°Óä - ,1-° -iÀi Óä°£x ", 9° /iiv Ó£°£ä ,<< , 6 ° 6>ÀiÌD ÓÓ°ää , 9"1 / " ¶ 1 -*, /" ½",° 6>ÀiÌD Óΰää ", -",° 6>ÀiÌD Ó{°ää / 69-° 6>ÀiÌD Ó£°£ä , ,/" £Î° ,i>ÌÞ° `ÕVi iÃÃ> >ÀVÕââ ä°£x , ,/" 6° ,i>ÌÞ ä°{ä / x "//° i «À}À>>\ ,>ÃÃi}> ÃÌ>«>Æ iÌi°Ì Ó£°£ä ,° âi] 1Ã>] Óä£ä®° ,i}> ` ,LiÀÌ -V ÜiÌi° ÀÕVi 7Ã] ii ÀÀi] À}> Àii> ÓΰÎä / / " "-/," " "° -«ÀÌ Ó£°£ä *<<*1/° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi ÀÀ>` À} Ó{°ää / Ç / -° ÌÌÕ>ÌD £°£ä "6 -° ÌÌÕ>ÌD £°£x "//" <<"° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi ÀÕLiÀ Óä°Îä /*-/ ½",° ->« Ó£°£x +1 / "" ° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi *> i iLL Óΰxx /,,° ÌÌÕ>ÌD ä°xx " 66 /1,° ÌÌÕ>ÌD £°{x / { / 7-° Ó°ää 1- -* ° ÕÃV>i ΰää " ° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi -µÕ £°£ä -/,- "/<° /} ->ÌÀV° `ÕVi V>ÀÀ> i *Vi £°{x 1" " ° /> Ã Ü i`>ÃiÌ°ÌÉÌ>>£ /Û Ó°£ä -/1" *,/" ", /° Ó°Óx -*",/ -/° ΰäx , 1-° /iiv° iÛ -ÀL] V >i ÕÀÃÌ £°xx ,,1 ° âi] 1Ã>] £nn®° >ÀÞ -Ãi° ,V >À` iÀi] *ii«i iÀ] À> ii Þ° ii>Þ /6 £È°ää 6 -- Ó° -iÀi £È°Óä 1", ,"° 6>ÀiÌD £È°{x ,"" ° 6>ÀiÌD £È°xx 9 /° £Ç°ää 9 /-° £n°ää *,"*"-/" , ° /iiv £n°xx 9 /° £°ää ,6 £° /iiv Óä°ää +1 "° 6>ÀiÌD ÓÓ°ää 9 /° 6>ÀiÌD ÓΰÎä -° /iiv ä°Îä ", *-1° ÕÃV>i 2 -/$/ ?$! $/!2 "*1/ Film e programmi Il detective Affleck Bruce Willis è messo a dura prova torna in azione ,>{ ,>x À>°Ì I detective Patrick Kenzie (Casey Affleck, foto ) e Angie Gennaro (Michelle Monaghan) indagano sul sequestro di una bimba. Un caso difficile, che li metterà in crisi professionale e umana. Gone, baby, gone Iris, ore 21.10 Frank Moses (Bruce Willis, foto) è un ex agente della Cia. Qualcuno lo vuole morto: così raggruppa la sua vecchia squadra (Freeman, Malkovich e Mirren) per indagare. Red Italia 1, ore 21.10 StrehlereRonconi Le giovani ginnaste rivoluzionaridelteatro pronte a gareggiare Viaggio in dieci puntate nella cultura italiana attraverso interviste e materiale di repertorio. Protagonisti stasera due registi teatrali rivoluzionari: Giorgio Strehler e Luca Ronconi. Icone Rai5, ore 0.10 In queste nuove e inedite puntate le protagoniste del docu-reality si troveranno ad affrontare gli European youth olympic festival di Utrecht (Eyof) e i Mondiali di Anversa. Ginnaste - Vite parallele Mtv, ore 18.20 £ä°ää 8 ° -iÀi £ä°{x *,6/ *,/ ° -iÀi ££°Îä ,"/,- --/,-° /iiv £Ó°£ä -/,° -iÀi £Ó°xx -/,° -iÀi £Î°{ä ,1-° /iiv £{°Îä *,6/ *,/ ° -iÀi £x°£x ,"/,- --/,-° /iiv £x°xx äÓ£ä° -iÀi £È°Îx " /, ° -iÀi £Ç°Óä , 7- ", "° £Ç°Óx 8 ° -iÀi £n°£ä -/,° -iÀi £n°xx -/,° -iÀi £°{ä - /1,9° -iÀi Óä°Óx ,"-° -iÀi Ó£°£ä ½1," /,,",<< ½" /° ÓÓ°xä // -",° ä°Óx **1 / /" ° ÌÌÕ>ÌD ä°Îä ,*° À>°Ì £n°Îx -"-/"6 ° ÕÃV> Óä°Îx *--*,/"1/° ÌÌÕ>ÌD Ó£°£x x 1" "/6° ÌÌÕ>ÌD Ó£°Óä , " ° /i>ÌÀ ä°£ä " ° VÕiÌ>À £°£x , 7- "//° ,> -ÌÀ> Óä°ää , x{° VÕiÌ Óä°Îä /*" -/",° VÕiÌ Ó£°£x ",,6 ½ "° VÕiÌ ÓÓ°äx ,7 ," ° VÕiÌ Óΰxx -/, ½, 6"° VÕiÌ ,> ,> *ÀiÕÀ>°Ì Ûi £n°{ä * 6/° /iiÛi> £°Óx /, ,6,-° -iÀi Óä°£ä ,- " ," ° /iiv Ó£°£ä 1 " " 6 /"° /iiv ÓÓ°äx 1 " " 6 /"° /iiv Óΰää 1 " " 6 /"° /iiv À>°Ì À>°Ì £°Óä - ", ," -" "-/,1"- -/", ½", ½66 /1,° Ó£°£x 66, 6 ",, ,"° Óΰää ,"7 ° £°Îä , 7- "//° ,> Õ« À>°Ì ,i> /i Ài>ÌiÌÛ°Ì >Ãà /Û >Ý >Ç` V>ÃÃ°Ì `>Ý°Ì >Ç°Ì Óä°Óä 6 /","1-° /iiv Ó£°£ä 7 8 1° >ÀÌ ÓÓ°Óx 1 1 * ° >ÀÌ Óΰ£x 1"6 66 /1, */, * ° >ÀÌ ä°äx ° >ÀÌ ä°Îä ° >ÀÌ £°{ä 1", 5° ÌÌÕ>ÌD Óä°{ä "-- /",/° ÌÌÕ>ÌD Ó£°£ä 8/, "6,\ / /" ° ÌÌÕ>ÌD ÓÓ°£ä "- °°° ÌÌÕ>ÌD ÓÓ°{ä "- °°° ÌÌÕ>ÌD ££°ää 6"-/, -"° ÌÌÕ>ÌD ££°{ä 7E",,° /iiv £{°ää +1 1 ° ,ÕLÀV> ëÀÌÛ> £È°ää / ", "° ÌÌÕ>ÌD £È°Îä / -*",/° ÌÌÕ>ÌD £n°ää -/,//" *"< £° -iÀi Óä°{ä 1 / ΰ Óä°Óä " *1 ° VÕiÌ>À Ó£°£ä /"* ,° ÌÌÕ>ÌD ÓÓ°ää " *1 ° VÕiÌ>À ÓÓ°xä / 1-/"-° ÌÌÕ>ÌD Óΰ{ä ,19 -" 1 8/, ,Õ}LÞ ä°£ä " *1 ° VÕiÌ>À £n°äx " "° ,i>ÌÞ £n°xx / Ç° £°ää 5 //° ÌÌÕ>ÌD Óä°äx 1" ° ÌÌÕ>ÌD Ó£°£ä -°"°-° //° ,i>ÌÞ ä°£ä / ,° "< -"7° 6>ÀiÌD Ó°äx "6 -° ,> 99 Àà i >x /Û Óäää À>°Ì Àði`>ÃiÌ°Ì ViÌÛ°Ì i`>ÃiÌ°Ì £°xä ,/" " < " ½","° >ÀÌ Óä°£ä *** *° >ÀÌ Óä°Óä *** * x 1/9 /",/"-° >ÀÌ Óä°Óx *** *° >ÀÌ Ó£°Óä * "" , " E "9° >ÀÌ £Ç°ÎÎ +1//," 6,/° £°ÎÇ /° /iiv Óä°£ , ° /iiv Ó£°£ä " 9 " ° Óΰ££ -*", - 1° £°£{ *," //° Ó°x£ 7-° Óä°£ä , ° 6>ÀiÌD Ó£°£ä / , 1 //6 -/,° ÓÓ°xx -89 9° ä°Îx 1 , -,6/"° Ó°Óä -*,/ 1-\ 1,, /° /iiv £n°Îä *, /""° /iiv £°Îä ° /iiv Óä°Óä 1 *, ° /iiv Ó£°£ä +1 " /1//" ° i «À}À>>\ /} Æ iÌi°Ì Óΰää 1" " ° /> Ã Ü ÌÛÓäää°Ì Óä°ää ,"-," "1,- ,/° ,i}i Óä°Îä 1", ", "° ÌÌÕ>ÌD Óä°xx / /° Ó£°Óä "** *1 " "° ÓÓ°{x 1 6- "6" 1 //½ ,i}i Corriere della Sera Lunedì 17 Marzo 2014 47 Pay Tv Film e programmi Pacino denuncia la polizia corrotta Entrato nella polizia di New York, giovanotto italoamericano (Al Pacino, foto) ne scopre la diffusa corruzione. La denuncia ai superiori. Viene più volte trasferito e rischia la pelle. Serpico Studio Universal, ore 21.15 Malkovich insegna le maniere forti -Þ i> A fil di rete -«ÀÌ £Ó°ää ,* -* /1//" 1 ViiLÀi «iÀÃ>}} `i Û`i}>i `i «>ÃÃ>Ì m ÃÌ>V `i ÃÕ ÀÕ i ÛÕi `ÃÌÀ>Ài > ÌÕÌÌ i ÃÕi µÕ>ÌD ` iÀi LÕ° -Þ i> >Þ £Î°Îä " / -"/9 1 iÀ «ÀviÃÃÃÌ> ÛiÃÌ}> «iÀ VÌ `i> >v> ÃÕ Õ> À>«> ivviÌÌÕ>Ì> `> ÌÀi À>}>ââ `ÕÀ>Ìi Õ> «>ÀÌÌ> ` «iÀ° -Þ i> ÕÌ £{°äx 6" *,-" ,V Õà i V>ÀViÀi iÃÃV> ` *ÕiLÌ] ÀÛi ° Lî ÌÀÛ> Õ> ëiÀ>â> }À>âi > Õ À>}>ââ ` >° -Þ i> >Ý £x°£ä -/ - -/ >V iÃÌiÀ ÛÛi Õ> v>}> «>ÃÌ>>] >i «ÀiÃi V «ÀLi ` Ìi}À>âi i > ÛÌ> «ÀÛ>Ì>° -Þ i> ÕÌ £È°äx +1 ,-/ " ,/" LÀ` ` Õ> `iV>««ÌÌ>Li `i ÈÈ] ÌÀi >V i >ÌÌÀ>ÛiÀÃ> } -Ì>Ì 1Ì «iÀ ÌÀ>ëÀÌ>Ài i ViiÀ `i >ÀÌ ` Õ> ` À° -Þ i> Ìà £Ç°£x x v À>VVÌ> > ÃÌÀ> ` Õ }ÀÕ«« ` iÀ VÃVÕÌ > L>L\ >LL >Ì>i] } *>õÕ>i] > >Ì> `i iÌ°°° -Þ i> £ £Ç°Óx " *<< " ", " ÃVÌÀ ÌÀ> >] >`iÃViÌi i ÀLii] i ÃÕ> >`Ài i] V i ÛÀÀiLLi ÀÌÀÛ>Ài ½iÌÕÃ>à `i> }ÛiÌÙ° -Þ i> >Þ £Ç°{ä -/", 1 -1//", }Û>i iÀ}ià ÕÌââ> ÃÕ «ÌiÀi Ãi`ÕÌÌÛ V i `i `i½>Ì> LÀ} iÃ> «>À}> `i 88 ÃiV° > À>â ` >Õ«>ÃÃ>Ì° -Þ i> Ìà £°ää "", ,/ ÃiV` i V>ÀViÀi ` ,LLi Ã>`] ÃÃÌiÌÀi `i½«>ÀÌ i`] `iÛi ÃÀÛi}>Ài ià >`i>° >LiÀD `i>°°° -Þ i> ÕÌ Ó£°ää 7/,"" À>VVÌ `i} ÕÌ £ää }À ` >«ii] ÌÀ> *>À} i ½Ã> `½L>] «À> `i> ÃVvÌÌ> ` 7>ÌiÀ° -Þ i> >ÃÃVà /, 6ViÌ] «ÀÃà > iÃÃiÀi «>`Ài] Ûii ÛÌ>Ì > Vi> `>> ÃÀi> i LiÀÃ>}>Ì ` `>`i ÃÕ >ÃVÌÕÌ° /ÕÌÌ Lii vV m°°° -Þ i> ÕÌ << i ÌÀV ` Õ iÀi >LiÀ ` >L>L] ÃÕ LÀ` ` Õ> V>ÃV>Ì>] à ÌÀÛ> <>Liâ>] VÌÌD ÛÛ>Vi >LÌ>Ì> à `> ÕVVi° -Þ i> >Þ °° " 6 // -iV` V>«Ì° "ÌÀi >½>ViÀÀ iV LÀ>] °° i à ÌÀÛiÀ> > VL>ÌÌiÀi VÌÀ <>ÀÌ>° -Þ i> >Ý 6 /" *," " ,° ,i`vÀ`] ° «iâ i ° Àii> > -iÀi /Û ÌÀ>ÌÌiiÌ ,>}>ââ VÕiÌ>À £Î°£ä £{°£x £x°Îx £È°£ä £Ç°Óä £{°£x , ,*," <"" i`à , ,> Õ« £x°ää *," / ,1 79 1- x Ý vi , 79 ,> Õ« £È°{ä -/, 1-/, -Þ 1 £Ç°£x , " - " i`à £n°£x /"* £°£ä 1 ", -/, / -Þ 1 Ó£°ää " 1" " Ó£°£ä / 8 /", 1- -Þ 1 ÓÓ°ää 1,, /",/ ÓÓ°{x 1 ", -/, / -Þ 1 ÓÓ°xä *," / ,1 79 / Ý vi Óΰäx /"1, ÃiÞ >i Óΰ{x , /,"*"/ ä°Îä -/, 1-/, -Þ 1 £n°£ä 1"6 66 /1, - ""9"" iÀ>} £n°Óx /- - /79 Vi`i £n°Îä t 6" // i`à £n°{ä -/9 1- -/-/ *, 1 ", " i`à £°äx /1//" ,/9\ -/, Ó £°£ä 6 /1, / >ÀÌ iÌÜÀ Óä°Îä -*" " Vi`i Óä°Îx "9 // - , i`à Óä°{ä ,9*/" / -1*," iÀ>} Ó£°£ä 7 8 1 ,> Õ« Ó£°£x / ,1, -"7 >ÀÌ iÌÜÀ £Î°Óä , ÃÌÀÞ >i £{°ää " -1,66",- 9>V Ì E -> £x°£ä " //" ÃVÛiÀÞ -ViVi £È°ää , - 9>V Ì E -> £Ç°ää --/," ,// ÃÌÀÞ >i £n°£ä -/ "1 ÃVÛiÀÞ >i £°£x , - 9>V Ì E -> Óä°Óx -*, / -*"-6 >Ì> i}À>« V Ó£°ää -7* *"*\ 1 - 1 ," ÃÌÀÞ >i Ó£°{x 9 9>V Ì E -> Ó£°xx "- / ,6"¶ >Ì> i}À>« V ÓÓ°ää , " , \ ,+1 1 -" ÃVÛiÀÞ >i £Î°x£ , ," ° *ÀiÕ i> £{°£x 6 /," /"° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £{°£Ç " -/° - Ü " £{°Î£ ,° "1- 6-" ° /iiv " £{°ÎÈ -, *, / "° 9 £x°£ ,° "1- 6-" ° /iiv " £x°xä *1-° - Ü *ÀiÕ i> £x°x , "1-° *ÀiÕ i> £È°£ä / , --,¶ VÕiÌ>À -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £È°£È 1 *, ° /iiv 9 £È°x 1 ° /iiv " £Ç°ää *,"--" 6 /",° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £Ç°äÎ ½",] / ,/", "° /Û 9 £Ç°Ó <""° - Ü *ÀiÕ i> £Ç°În / ,- /° *ÀiÕ i> £n°{ä - "" " ," ° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £n°{Ó ,/ " 8° /iiv 9 £°Îä £Ç ,/", " "° *ÀiÕ i> Ó£°£ä ÓÓ°Îä ÓÓ°xx Óΰää ä°äx ViÌÀ ` Õ> ÛVi`> v>}>Ài] >LiÌ>Ì> Õ À>V `i 7Þ}° -Þ i> *>Ãà 1 <" -, Þ> i >}>À] VÀiÃVÕÌ ÃiV` i Ài}i `i} ºiÃÌ» VÀ> 1À>] >vvÀÌ> Õ ` ÃVÛÌ `>} ivviÌÌ `i> }L>ââ>âi° -Þ i> £ 1 -* " -/ 1> V««> ` ëi m Ãi«>À>Li v > }À VÕ ÃV«À ` iÃÃiÀà >À>Ì `i> ÃÌiÃÃ> À>}>ââ>° -Þ i> Ìà ] ,<< -6 V> i /LÞ >««}}> i VÀ>}}> > ÌÌ> ` Õ «À«ÀiÌ>À ` Õ> ÃÌ>> i ` ÃÕ> v}>° -Þ i> >Þ °°° ", *," 6 À>««ÀÌ ÌÀ> Õ> >`Ài] Û>] i Õ v}] iÛ° Ãi`Vià > ` ÛÌ> `i À>}>ââ ÃÕVVi`i ½ÀÀi«>À>Li° -Þ i> ÕÌ 1" *,- / *ÀiÃ`iÌi vÀ>ViÃi > Vi ÃÕ> VÕV> «iÀÃ>i ÀÌiÃi >LÀ>] v>Ã> «ÀviÃÃÃÌ> V i VµÕÃÌ> *>>ââ° -Þ i> £ ,""" >Vi > ÌiÀ«ÀiÌ>] Vi Ãi«Ài > V« ` Õ}vÕ] Õ> Vi`> `½>âi° -Þ i> >Þ di Aldo Grasso £{°ää -/\ "1-/" -Þ -«ÀÌ Ó £È°Îä "\ *, -iÀi -Þ -«ÀÌ £ £Ç°ää "\ " 16 /1- -iÀi -Þ -«ÀÌ £ £n°ää "\ ", / 6" -iÀi -Þ -«ÀÌ £ £°ää 7,-/ \ 77 8*, -Þ -«ÀÌ Ó Óä°xx "\ ," 1 - -iÀi ° ÀiÌÌ> -Þ -«ÀÌ £ Ó£°Îä 7,-/ \ 6 / " /" vviÀÌ> ÕÀëÀÌ Ó£°Îx -/\ "1-/" -Þ -«ÀÌ Ó ÓÓ°Îä /" \ -1 /" ««> `i ` ÕÀëÀÌ ÓÓ°{x 6\ 8/, - Óä£Î 9>V Ì E -> Óΰää /" \ -1 /" ««> `i ` ÕÀëÀÌ Óΰ£x 9 / E - 9>V Ì E -> ÓΰÎä -"\ 1 " *",/" - /½*" /ÀÀi `À>ÌV ÕÀëÀÌ ÓΰÎx 7,-/ \ 77 8/ -Þ -«ÀÌ Ó Ó{°ää -1,\ * " ", 9>V Ì E -> ä°£x "\ 9 ,- 9>V Ì E -> ä°Îä "\ 16 /1- ", / £ä ««> 1iv> £nÉä -Þ -«ÀÌ £ Convince la fiction sulla mafia a Milano L a mafia a Milano non esiste. Ci sono volute molte inchieste giudiziarie e qualche importante reportage tv per smentire quest’ipocrita vulgata, per mostrare l’evidenza dei fatti in tutta la sua crudezza: a Milano, nell’hinterland e in Brianza, la criminalità organizzata esiste eccome, infiltrata nei centri del potere economico e politico. «Le mani dentro la città», la nuova fiction di Canale5 firmata Taodue, ha avuto il coraggio di riflettere su questo Vincitori e vinti tema attraverso un racconto romanzato ma ispirato a fatti Maria reali (venerdì, 21.20). Carmine De Filippi Marruso (Andrea Tidone) è un Sabato sera, boss ’ndranghetista al confino sfida finale: in Lombardia. Il suo obiettivo Maria batte è da sempre quello di «prenAntonella. Puntata dersi Milano», trasferendovi i conclusiva di «C’è suoi traffici illeciti (cocaina, posta per te», in prime riciclaggio e chi più ne ha…). Il time su Canale 5: sindaco è dalla sua, ma il tenper la storica tativo di chiudere la fabbrica conduttrice Maria De Edil Ferri, insieme ad alcuni Filippi 5.564.000 cruenti omicidi, accende i rispettatori, 26,1% flettori delle forze dell’ordine di share su di lui. A contrastarlo ci sono due poliziotti molto diversi tra Antonella loro, ma con la stessa determiClerici nazione: Viola Mantovani (SiSabato sera, mona Cavallari) e Michele Besfida finale: nevento (Giuseppe Zeno). Antonella Le cose belle della serie sosuperata da Maria. no molte: per prima cosa uno Rai1 propone in sguardo inedito e non banale prime time «Ti lascio sui paesaggi di Milano. Poi, la una canzone», il tensione narrativa di una stoprogramma musicale ria poliziesca, con le matrici condotto da Antonella del «genere» ben padronegClerici: per 3.970.000 giate dalla squadra degli scespettatori, 17,4% neggiatori (capitanati da Claudi share dio Fava) e dalla regia. Ma anche la capacità di fare entrare nel racconto la realtà sociale italiana in modo molto credibile. Infine, come da lezione della migliore serialità Usa, nella fiction ogni storia vibra di due dimensioni, un risvolto sociale e collettivo e uno più intimo, emotivo, che riguarda l’interiorità dei personaggi: il padre di Viola, l’amore perduto di Michele, i figli del boss, stretti tra l’urgenza della fedeltà e quella della ribellione al padre. In un villaggio in Transnistria, nella Moldavia Orientale, vive una comunità singolare che educa i propri figli al crimine. Onesti con i più deboli e feroci con esercito e polizia (nella foto, John Malkovich). Educazione siberiana Sky Cinema 1, ore 21.10 Rissa in famiglia per Bruel futuro papà Invitato a cena dalla sorella e dal di lei marito, Vincent (Patrick Bruel, foto), futuro papà, mentre aspetta che sua moglie arrivi comunica il nome scelto per il nascituro scatenando le ire del cognato. Cena tra amici Sky Cinema Cult, ore 21 £n°ää £°£ä Óä°äx Ó£°ää Ó£°xx ÓÓ°äx ÓÓ°£ä ÓÓ°xä ÓΰÓx ÓΰÎx Óΰ{ä 6"// ÃiÞ >i , Ý ,9 Vi`i -- ÃiÞ >i 7 E ",,\ 1 / -* Ý Ài , E "- Vi`i ° °°-° Ý Ài -/ Ý vi ° °°-° Ý Ài /- ÃiÞ >i /- ÃiÞ >i *** <1 i`à - < /, Ý Ài /- " -°°°°°° Ý /- ÃiÞ >i -", /- ÃiÞ >i ," -" Ó La matematica diventa divertente i`>ÃiÌ *ÀiÕ Federico Taddia con il matematico Bruno D’Amore, farà un viaggio in animazione nel mondo della matematica. Obiettivo: spiegare in modo divertente una materia dai più ritenuta noiosa. Big Bang! Un viaggio nella matematica - DeAKids, ore 18.30 ££°ä 1 *, ° /iiv 9 ££°x 1 *, ° /iiv 9 £Ó°£ä *9 ° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £Ó°ÓÓ /",+1 , 1/ 1" "° *ÀiÕ i> £Ó°xx " /, ° /iiv 9 £Î°ää / ° /iiv " £Î°{{ -° /iiv 9 © RIPRODUZIONE RISERVATA Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv £°Îä £°Îx Óä°Ó£ Óä°Óx Óä°{ä *, /""° /iiv 9 *-9 ° /iiv " *, /""° /iiv 9 *-9 ° /iiv " " * ",/"° - Ü -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> Ó£°£x ," "-° *ÀiÕ i> Ó£°£x 1," ",,° /iiv " Ó£°£x *, /""° /iiv 9 Ó£°£x ÓÓ°äÓ ÓÓ°xÈ Óΰä{ ÓΰÎä Óΰ{Ç ä°£{ ä°Î{ -,* "° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> 1," ",,° /iiv " ---° /iiv " 1 / "/" -* ° *ÀiÕ i> 9 "/° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> ---° /iiv " "--* ,° /iiv 9 " -/° - Ü " 48 Lunedì 17 Marzo 2014 Corriere della Sera
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