Gazzettino 9-04-2011:Gazzettino-nuovo 1 07/04/11 20:09 Pagina 1 > S E T T I M A N A L E IDG di Giarre ANNO XXXI • N. 11 • GIARRE, SABATO 9 APRILE 2011 • € 1,00 • A DIFFUSIONE REGIONALE • SPED. IN A.P. ART. 2 COMMA 20/B LEGGE 662/96 FIL. DI CATANIA • PUBBL. INF. 45% • www.gazzettinodigiarre.it > La sola volontà non può bastare Giarre: la Rete delle Associazioni incontra la Commissione parlamentare sugli errori in campo sanitario. Sperando che serva... > a pag. 2 > Territorio, evitiamo lo scempio Aci Sant’Antonio: presentate ufficialmente le norme tecniche di attuazione del Prg che punta a salvaguardare il verde rimasto > a pag. 5 Un tuffo… nella confusione Dichiarazioni e pronte smentite hanno caratterizzato la recente vita della piscina di Trepunti di Giarre ma sembra davvero lontano il suo completamento L e cronache locali di questi giorni hanno proposto una “passerella” politica molto propositiva, guidata dall’on. Salvo Pogliese e dal consigliere comunale Patrizia Lionti, sulle possibili e future sorti della Piscina di Trepunti di Giarre. La piscina olimpionica, vecchia di oltre 30 anni e mai ultimata, è ritornata di proprietà del Comune di Giarre in seguito ad un protocollo d’intesa tra Dipartimento Patrimonio regionale e Provincia regionale di Catania. Erano presenti alla “visita”, inoltre, il presidente regionale della Federazione Italiana Nuoto, Sergio Parisi, l’assessore ai La- vori pubblici, Orazio Scuderi, e l’ing. Pina Leonardi dirigente tecnico della III Area lavori pubblici del comune di Giarre. La piscina potrebbe ultimarsi e diventare un valore per la comunità jonico-etnea, ma ancora i tempi non sono maturi. Il prossimo bando regionale, favorito dall’assessorato al Turismo, mira alla riqualificazione di ben 520 strutture in tutta la Sicilia ma, tale bando, non avrà i fondi economici per tutti, visto che sono stati disposti circa 40 milioni di euro da ripartire per solo alConcetto Barone >CONTINUA A PAG. 2 Tempesta in un bicchiere d’acqua o primi fuochi di “caccia al consenso”? La domanda, per maliziosa che possa sembrare, se la saranno posta in molti, alla luce di alcune dichiarazioni che si sono, più che susseguite, “inseguite” nell’arco di poche ore. Ha iniziato il consigliere comunale Patrizia Lionti, nel corso di un sopralluogo “ricognitivo” di cui parliamo nel servizio collegato. Subito dopo, una nota dell’Ufficio stampa del Comune di Giarre recita: «Finalmente un tuffo dal trampolino della piscina incompiuta di Trepunti, struttura che, dallo scorso autunno, è stata riconsegnata al Comune di Giarre per effetto di un protocollo d’intesa sottoscritto dal Comune di Giarre, Dipartimento Patrimonio Regione e Provincia regionale di Catania. Stamane sopralluogo tecnico nell’impianto di via Giusti… del consigliere comunale, Patrizia Lionti che si è impegnata in prima persona, perorando la causa della piscina incompiuta, individuando una soluzione operativa cosi da restituire al territorio una infrastruttura di pubblica utilità per la quale, da decenni, si concentrano molte aspettative. “Ho sollecitato questo sopralluogo – afferma il consigliere Lionti – sulla scorta di alcune concrete novità confermate dall’on.Pogliese il quale ha annunciato che, nella ripartizione dei fondi dell’assessorato regionale al Turismo, è stata stanziata la somma di 2 milioni di euro per la piscina di Trepunti. Il bando - come ha confermato lo stesso on. Pogliese - sarà emanato a giorni e il Comune di Giarre ha 90 giorni di tempo per predisporre il progetto esecutivo”. “E’ una occasione irripetibile per Giarre – ha rimarcato l’on.Pogliese – il finanziamento di 2 milioni di euro, consentirebbe di completare l’opera e restituirla non solo a Giarre ma a un vasto comprensorio, confidiamo anche nella piena collaborazione con l’assessore regionale al Turismo, Daniele Tranchida». Evviva, evviva! Gioia e soddisfazione sprizzano da tutti i pori. Poche ore e, una ulteriore nota dell’Ufficio stampa del Comune, spegne (anzi, potremmo dire “annega”) tutti gli ardori realizzativi ed ultimativi. A “cassare” le aspettative sono il vice sindaco Leo Can- tarella e l’assessore allo Sport e Turismo Giuseppe Cavallaro (“In riferimento alla notizia di un finanziamento della Regione in favore della piscina incompleta di Trepunti, abbiamo registrato con sorpresa i toni trionfalistici del consigliere comunale del Pdl, Patrizia Lionti che ha rimarcato il suo impegno circa l’individuazione dei fondi. Fermo restando che la notizia del completamento dell’opera è certamente un fatto importante per il futuro della città, sarebbe stato opportuno attendere alcuni precisi passaggi procedurali, prima di avventurarsi in facili e pericolosi proclami, rivendicando impropriamente delle paternità. Infatti… per le vetuste condizioni strutturali in cui versa la piscina incompleta di via Giusti, la somma disponibile appare del tutto inadeguata”). E così, i tuffi dal trampolino restano utopia, mentre la realtà regala più di un momento di imbarazzo. Immaginiamo il collega Mario Privitera impegnato a mettere nero su bianco le conflittualità dialettiche tra una dichiarazione e l’altra. Altro che giornalisti, spesso sono richieste doti di equilibrismo senza rete di sicurezza sotto. Proviamo ad immaginare l’Amministrazione comunale che smentisce se stessa. Proviamo ad immaginare l’espressione di chi, dopo aver dichiarato “tutto è pronto, aspettiamo solo i soldi”, vede la propria realtà demolita, punto per punto, da dichiarazioni di opposto tenore. Immaginiamo l’imbarazzo di chi, come il consigliere Lionti, convinta di aver reso un servizio di gran prestigio alla propria città, sbatte contro un muro quasi invalicabile di “però”, “non è così”, “se arriva il finanziamento”, che ammazzerebbero un branco di elefanti. Vorremmo immaginare l’espressione dell’on. Pogliese, smentito in toto dalle dichiarazioni dei rappresentanti dell’Amministrazione comunale. E, malignità finale, proviamo anche ad immaginare la “malalingua” di turno che si chiede: “Ma questi, prima di lasciare libere le parole, lo richiamano in servizio il neurone di turno?”. Per come è andata la vicenda, più di qualcuno lo abbiamo sentito rispondere, senza neppure doverlo immaginare: “No!”. Corrado Petralia Gazzettino 9-04-2011:Gazzettino-nuovo 1 07/04/11 20:09 Pagina 2 2 > S E T T I M A N A L E IDG giarre N. 1 1 • s aba to 9 a prile 201 1 di Giarre La sola volontà non basta La Rete delle Associazioni incontra la Commissione parlamentare di indagine sugli errori in campo sanitario, per affrontare le questioni relative all’Ospedale di Giarre N on si fermano le azioni a difesa dell’Ospedale “San Giovanni di Dio e Sant’Isidoro” di Giarre, anche se spesso, destinate a rimanere lettera morta davanti all’assenza della classe politica locale. Ad avere intrapreso la strada della concretezza è stata, in questi giorni, la Rete delle Associazioni che ha incontrato, alla Prefettura di Catania, la Commissione parlamentare di indagine sugli errori in campo sanitario presieduta dall’On. Leoluca Orlando. L’incontro, tenutosi grazie ad una richiesta fatta dalla stessa Rete delle Associazioni, è servito a fare un aggiornamento sulla situazione dell’ospedale di Giarre, alla luce degli ultimi avvenimenti, che si è concluso con la consegna di una esaustiva relazione alla Commissione. Nel corso dell’incontro, in particolare, è stato messo l’accento sulla chiusura del reparto di Chirurgia che, disposta senza giustificato motivo dalla Direzione sanitaria del distretto ospedaliero CT1, “compromette il diritto alla salute dei cittadini del territorio giarrese e si riverbera altresì negativamente sulla funzionalità di altri servizi ed in particolare del Pronto soccorso”. Su quest’ultimo è stato evidenziato come, con i medici in servizio (7 a tempo pieno e 3 con contratto Part-time a 12 ore con scadenza 30 aprile), non si riesce a garantire nelle 24 ore la copertura di un organico sufficiente per fronteggiare le emergenze e che, per altro, la situazione è aggravata dalla mancata attivazione dei servizi di radiologia Tac e Riceviamo e pubblichiamo Il Direttore dell’Asp 3 Catania, Giuseppe Calaciura, interviene sulla questione della Chirurgia a Giarre tradizionale nelle ore notturne. Una ulteriore riflessione è stata fatta sui “reparti che, già detto della chirurgia chiusa immotivatamente, non sono stati attivati, nonostante il decreto assessoriale del 25 maggio 2010”. Si tratta, cioè, la Neurologia e la lungodegenza, sui servizi del territorio che l’apertura del PTA ha solo relativamente coperto, in quanto, a parte la Fluorangiografia e la Elettromiografia, per altra parte si tratta di doppioni di altri ambulatori che si trovano sia in ospedale che al Poliambulatorio dell’ex Inam, come la Diabetologia e la Cardiologia e sulla carta dei servizi che è visibile solo su internet ma non è diffusa tra i cittadini. “Per questo motivo – hanno spiegato i rappresentanti della Rete delle Associazioni –, è apparsa quanto meno provocatoria e clamorosamente smentita dai fatti la risposta dell’On. Russo ad una interrogazione parlamentare dell’On. Barbagallo, laddove In riferimento alla relazione della “Rete delle Associazioni”, consegnata alla Commissione d’indagine sugli errori in campo sanitario, presieduta dall’on. Leoluca Orlando, in cui si parla di “chiusura del reparto di Chirurgia” del presidio ospedaliero di Giarre, il direttore generale Giuseppe Calaciura ci tiene a precisare: «Non comprendo da chi provenga la disinformazione o l’informazione distorta sull’attività del presidio: mi preme precisare che l’attività chirurgica di Giarre continua ad essere attiva, tanto che - dall’1 gennaio a oggi sono stati eseguiti oltre 120 interventi chirurgici. Per quanto riguarda la tipologia dei ricoveri effettuati presso la suddetta Unità Operativa complessa, dall’1 febbraio di quest’anno, alla luce del decreto assessoriale del 25/5/2010, avente come oggetto il riordino della rete ospedaliera e territoriale di Catania, viene effettuata attività chirurgica in regime di day surgery e di day service che, com’è noto, assorbe oltre il 60% degli interventi eseguiti nel nostro Paese. Peraltro, la chirurgia, con il suo personale medico continua ad effettuare, oltre alla suddetta attività operatoria, anche la consulenza per il Pronto Soccorso e per tutte le altre Unità Operative del Presidio di Giarre, 24 h su 24, compresi i festivi. In merito all’attività ambulatoriale, voglio rassicurare i cittadini affermando che viene svolta senza alcuna variazione, nelle mattinate di lunedì, martedì, giovedì e sabato: ad oggi, infatti, sono stati effettuati oltre 150 interventi. Ben vengano le sollecitazioni dalla società civile e dal mondo politico, ma quando rispondono alla realtà dei fatti: stiamo cercando di migliorare il presidio giarrese, mettendo in campo tutti gli strumenti che abbiamo per adeguare il personale e gestire al meglio le attività». si fa riferimento ai servizi garantiti per l’ospedale di Giarre dal decreto assessoriale del 25 maggio 2010”. Nel complesso, quindi, è stata esposta viva preoccupazione, da parte delle associazioni aderenti alla Rete, per le sorti dell’Ospedale giarrese, tanto più in considerazione del fatto che lo stesso decreto assessoriale del 25 maggio prevedeva che “il D.G. entro un anno, sulla base di indicatori di efficacia, efficienza, …, determinerà l’eventuale accorpamento delle due U.O.C di Otorino e di Ortopedia”. È chiaro, infatti, che in una situazione nella quale vengono tolti i servizi all’Ospedale lo stesso non potrà raggiungere i livelli di efficienza richiesti. La Commissione parlamentare, attraverso le dichiarazioni del Presidente Orlando e del vice Presidente Burtone, ha garantito l’impegno a verificare i fatti contestati in ordine al funzionamento del Pronto soccorso, alla chiusura del reparto di Chirurgia ed alla mancata attivazione di quanto previsto nel decreto anche attraverso l’audizione del Direttore Generale. Elisa Torrisi Frammenti di nostra memoria A putia di Don Angilu du 68 a Giarre (seconda parte) Ricordo, come fosse ora, quando una o due volte a settimana passava un vecchietto, male in arnese, che chiedeva l’elemosina e la buon’anima di mia madre gli dava un tozzo di pane, spesso anche duro, perché allora il pane quasi tutti lo facevano in casa: in genere una fornata, ovvero 9 o 10 chilogrammi, durava una settimana o anche di più e arrivava dunque a diventare molto duro. Il poverello appena aveva tra le mani quel tozzo di pane cominciava subito a sgranocchiarlo. Tanta era la fame e tanto meritoria era allora l’elemosina, perché fatta da chi aveva poco a chi non aveva nulla. A proposito di pane duro, ricordo che in casa mia, come in tutte le famiglie di estrazione popolare, il pane non si buttava via mai, neanche quando era diventato talmente duro da non potersi masticare. Mia madre, come tutte le buone madri di famiglia, quando nel cassetto del pane si raccoglievano molti “nozzula”, ovvero pezzetti residui di pane duro, faceva il “pane cotto”. La ricetta era semplice come la vita di tutti i giorni: si soffriggeva in poco olio uno spicchio d’aglio tagliato a pezzetti, si univa il pomodoro e l’acqua, sale e pochissimo pepe e quando c’erano, uno o più uova. A cottura quasi ultimata si aggiungeva il pane che in questo modo si ammorbidiva e si insaporiva. Tante erano le varianti di questa semplice ricetta della povertà, come quella di cuocere il tutto e versare il preparato sul pane duro già predisposto nel piatto, ma anche molte altre ancora. Tutto questo oggi potrà sembrare inverosimile e lontano dai nostri giorni e dai nostri modi di vivere e di “consumare” la vita. Ma ancora negli anni 50’ del Novecento in Sicilia si viveva così ed il proletariato, la gente comune, l’umanità nel suo significato più vero, rubava i giorni al tempo, ingannando la fame e la miseria. Ma torniamo al mio “smodato” desiderio di fichi secchi e castagne: come procurarmi qualche soldo per comprarli? Avevo notato che vi erano in giro dei rigattieri che si dedicavano alla raccolta e all’acquisto di rottami metallici: ferro, rame, zinco, alluminio, piombo, ma anche vecchi e laceri indumenti di lana, dismessi perché ormai ridotti ai minimi termini. A Giarre nessuno si dedicava a questo tipo di attività. Quelli che giravano per le nostre strade erano tutti “Iacitani”, cioè provenienti da Acireale, che per venire a cercare il materiale suddetto nel nostro comune, dovevano percorrere 12 Km: qualcuno più fortunato con una vecchia bicicletta, ma in linea di massima giravano tutti a piedi con un sacco sulle spalle, “vanniando” (“Vanniari o abbanniari” in sici- liano: gettar bando, annunciare a gran voce) gli oggetti che erano disposti ad acquistare. Scoperta questa possibilità, mi misi subito alla ricerca di rottami di metallo e in un primo momento, non essendo mai stato sfruttato questo filone nella mia zona, di materiale ne trovai abbastanza e tante furono le castagne e i fichisecchi che riuscii a divorare. Ma, naturalmente, ad un certo punto il materiale cominciò a scarseggiare, sino al completo esaurimento. Che fare? Mi guardai intorno e notai che mia madre e mia sorella avevano messo a dimora fiori e piante dentro vecchie pentole di alluminio e qualcuna anche di rame. A quei tempi, infatti, era difficile che qualcuno, specie negli strati più popolari, acquistasse vasi di terracotta. Detto e fatto, svuotai le pentole e corsi nella putia di Don Angilu ad investire il ricavato in castagne e fichisecchi. Grande fu l’ira di mia madre e soprattutto di mia sorella, per lo scempio di piante e fiori, tanto che per tutto il giorno prudentemente mi tenni lontano da casa: non ricordo come sia finita la vicenda e quali marosi abbia dovuto affrontare, ma alla fine come sempre accade, mia madre mi perdonò, così come face tante altre volte a fronte delle mie più o meno gravi marachelle. Per la cronaca, nel dopoguerra qualche rigattiere o meglio “ferrivecchiu” comparve pure a Giarre. A proposito di riciclaggio di materiali, anche se oggi può sembrare inverosimile, ricordo bene che durante l’ultima guerra e ancora nell’immediato dopoguerra, in Sicilia non si trovavano bicchieri. Così, per ovviare alla carenza, si ricorse al taglio della parte inferiore di bottiglie di vetro, ricavandone “bicchieri” dall’approssimativa capienza di un quarto di litro: il bordo tagliante veniva adeguatamente limato e arrotondato. Non erano molto eleganti, ma i tempi erano questi e l’eleganza non si mette a tavola! Ricordo che anche nella bottega di Don Angelo si utilizzarono questi “bicchieri”. Ritornando alla bottega di Don Angilu (l’esatta pronuncia dialettale è donnAncilu), verso mezzogiorno, iniziava il secondo tempo con i numerosi avventori che facevano tappa per il pranzo. Il menù? Semplice: fagioli o ceci “a bagna pane”, ovvero a minestra, per secondo baccalà fritto, cotolette, polpo bollito, o “zuzu” (gelatina di carne di bassa macelleria), e qualche volta anche stufato di “tarchia” (mascella) di vitello. Chi preferiva un piatto di pasta o una bistecca doveva aspettare. Pochi quelli che aspettavano e ancora meno quelli che prendevano il secondo. In genere, al posto del secondo piatto, optavano per un più economico “quarto di chilu di nuci”: Donn’Angelo, dopo averle attentamente pesate in un bilancione, le schiacciava col peso da mezzo chilo e le deponeva su un mezzo foglio di carta paglia portandole a tavola con tutte le bucce; il cliente selezionava man mano i gherigli accompagnandoli col pane. Nel citato bilancione, vera anima e giudice non imparziale del commercio, erano appese una sequela di immaginette sacre e anche un cornetto rosso “Fora malocchiu”, contro il malocchio, il tutto scrupolosamente sistemato da donna Rusina (moglie di Don Angilu) sul lato della bilancia… a lei favorevole. E così il sacro pesava sempre più del profano, ma a discapito degli avventori che invero non protestavano per questa “furbizia” foderata di santità. Il piatto in cui Don Angelo era specializzato era lo stoccafisso alla messinese, una portata che fungeva da primo e da secondo. Era talmente squisito che non di rado, racconta l’amico Prof. Salvatore Cavallaro, anche i vicini lo compravano per consumarlo in casa, fatto alquanto raro in quell’economia di sussistenza. Verso le 14,00, con il pranzo dei carrettieri, finiva questo secondo tempo e si sbarazzavano in fretta i tavoli, e così anche Don Angilu ed i suoi familiari, potevano mettere “i piedi sotto il tavolo”. Finito il pranzo e sistemata la cucina si andava a riposare per qualche ora, prima di cominciare la fase pomeridiana. (2 - continua) Leonardo Di Bella Riceviamo e pubblichiamo Di seguito un comunicato de La Destra-Alleanza Siciliana di Fiumefreddo Domenica 10 aprile, dalle 9.30, in Piazza Chiesa Madre a Fiumefreddo di Sicilia, la sezione locale del partito La Destra-Alleanza Siciliana organizza l’evento “Diventa Protagonista per Fiumefreddo”. I membri della sezione fiumefreddese del partito saranno presenti in piazza durante tutta la mattinata per far compilare, a chi vorrà prendere parte alla manifestazione, un questionario anonimo su idee, opinioni, suggerimenti e segnalazioni di problemi riscontrati nel paese jonico. L’evento servirà per ricevere un parere, positivo o negativo, sulla vita del nostro paese ma anche per far sentire protagonisti tutti i cittadini fiumefreddesi, liberi di esprimere un loro pensiero. Un tuffo nella... da pag. 1 cune opere tra le 520 in questione. A tal proposito, il Comune di Giarre, tramite il suo Ufficio stampa, ha voluto immediatamente chiarire che ha tutti i requisiti e la volontà ad aderire al bando. Già, quindi se ne deduce che i tempi non sono ancora maturi. Altresì, è da ricordare che il bando prevedere un massimo di spesa di 1 milione e mezzo per ogni opera. Quindi, la spesa finanziabile risulterebbe largamente insufficiente dalle stime di 2 milioni di euro (altri dicono 2 milioni e 590 mila euro), annunciate dall’On. Pogliese e dal consigliere Lionti. Da molte direzioni arrivano stime tecniche poco incoraggianti: nonostante il non precario stato della struttura, è realmente insufficiente la spesa di 2 milioni, perché necessitano costosi adeguamenti e interventi di ripristino e di pulizia della medesima struttura. Una dolente nota dell’Ufficio stampa del Comune di Giarre arriva, infine, a scoraggiare ogni animo, ribadendo che “la piscina fa parte di un elenco stilato dal Coni nel 2007 e che comprende anche il parco “Chico Mendes” di viale Don Minzoni e lo stadio di via Olimpia”, comparto già discusso in diverse occasioni dall’Amministrazione stessa. Tecnicamente, sembrerebbe davvero un altro scontro politico di quelli prettamente di partiti e di ricerca di paternità. Nonostante la buona volontà del consigliere Lionti, che è giovane ancora e ha il diritto di lottare, pare sopraggiungano diverse difficoltà ancora da arginare. Speriamo che si possa ultimare l’opera perché rivedere ancora una volta l’amico fraterno del consigliere Lionti, il presidente regionale della Federazione Italiana Nuoto, Sergio Parisi, in estate per un possibile completamento non ha prezzo. Quasi, tanto quanto la possibilità di vedere i nostri figli poter lanciarsi da quei trampolini che abbiamo diverse volte immaginato. > S E T T I M A N A L E IDG di Giarre Direttore responsabile: Salvatore Agati Condirettore: Corrado Petralia Già Direttore: Angelo Patanè Editore: Società Cooperativa di Lavori e Servizi Sant’Isidoro a r.l. Sede: Via Callipoli n. 18 - 95014 Giarre (CT) Tel. 095/9895138 - Fax 095/9895036 Reg. al Tribunale di Catania N. 557 del 1980 Nuova edizione 16-12-1994 Registro Naz. della Stampa N. 6419 del 1996 e-mail: [email protected] Stampa: Eurografica s.r.l. S.S. 114 Orientale Sicula - RIPOSTO (CT) Tel. 095 931661 - Fax 095 7799108 Abbonam. Soci: € 5,20 Ordinario: € 48,00 Sostenitore: € 258,00 C/C Postale N. 18201954 L’importo dell’abbonamento è detraibile dal reddito Pubblicità: Manchettes di testata € 130,00 cad., pubblicità modulo (44x36 mm.) € 41,40; commerciale, culle, nozze, ecc. € 2,00 mm.; sentenze e legali € 2,50; redazionali € 1,50 mm.; necrologi € 0,25 a parola nome in neretto e titoli € 1,50 a parola, croce € 8,00; pubblicità a colori + 3 5 % ; p o s i z i o n e d i r i g o r e +10%; pubblicità politico € 2,50 mm. I.V.A. 20% esclusa. Il giornale si riserva in ogni caso il diritto di rifiutare qualsiasi inserzione. Dei testi, dei disegni e delle foto riprodotti in questo numero del giornale è vietata la riproduzione. I manoscritti pervenuti in redazione, anche se non pubblicati, non vengono restituiti. 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Primo fra tutti, c’è l’obiettivo di collaborare con i servizi sociali territoriali, così da promuovere incontri con le famiglie che vivono nel quartiere, puntando ad alleviare le condizioni di disagio che il minore vive nel suo ambiente familiare e sociale. In secondo luogo, c’è l’obiettivo di potenziare il lavoro di coinvolgimento delle famiglie, unitamente ai nuclei familiari più vicini al minore stesso, nel processo educativo, trasmettendo ai minori fondamentali valori morali: la legalità, il rispetto, il diritto di cittadinanza, la libertà, l’amicizia, la verità, la giustizia. E lavoriamo anche per favorire la socializzazione, attraverso lo svolgimento di attività culturali e ricreative, attraverso l’integrazione con altre realtà del mondo della scuola, della cultura, del lavoro. Il quadro logico degli interventi progettati si colloca pienamente all’interno della più vasta strategia di contrasto alla dispersione scolastica. Per questo motivo, a conclusione del progetto, organizzeremo un momento pubblico in cui presenteremo alla stampa un dossier sulla condizione dei minori a Librino e al quale parteciperanno rappresentanti della magistratura, della società civile e forze dell’ordine». I risultati che il progetto si propone di raggiungere, oltre a quelli previsti in maniera specifica, sono quelli di promuovere ed attuare importanti azioni di sensibilizzazione ad ampio respiro nei confronti delle problematiche sociali in cui vivono i bambini di Librino; promuovere e disseminare buone prassi mediante una didattica innovativa e creare reti sistemiche durevoli fra Istituzioni pubbliche, famiglie, Istituti socioassistenziali, enti di formazione per favorire il massimo scambio di informazioni e spunti operativi. Lo scopo ultimo è quello di garantire che, al di là della stretta tempistica progettuale, si possa consolidare, nel tempo, un percorso virtuoso che punta all’accompagnamento dei bambini di Librino dalla scuola al lavoro ed al loro pieno e soddisfacente inserimento nella cittadinanza attiva. Francesca Bottaro Oltre i confini del cuore Adozioni internazionali: dalla Sicilia un gesto d’amore ha già riguardato, in dieci anni, oltre 450 famiglie che hanno dato un futuro diverso a tantissimi bambini. Colombiani i più adottati dai siciliani iscritti all’Associazione onlus La Dimora di Ragusa U n gesto d’amore che va oltre i confini nazionali, che riesce a donare speranza e un futuro a migliaia di bambini che, altrimenti, avrebbero davanti soltanto sofferenza, povertà, miseria e l’incertezza costante nei loro giorni a venire. Tra le tate definizioni proposte per l’adozione internazionale, questa sembra quella che più coinvolge i sentimenti di centinaia di famiglie siciliane. Perché sono proprio centinaia, esattamente 450, le famiglie siciliane, e non solo, che negli ultimi dieci anni, seguite dall’associazione onlus La Dimora di Ragusa, hanno portato a compimento l’iter per l’adozione internazionale. Un gesto d’amore importante, che ha permesso di offrire un futuro diverso, sicuramente migliore, a circa 600 bambini stranieri che hanno trovato casa nell’isola e in altre città italiane, ma anche l’affetto di una famiglia e di tanti nuovi amici. Sono questi i dati che emergono dalle statistiche in possesso a La Dimora, una delle più grandi onlus italiane che dieci anni fa dalla Sicilia, a Ragusa, ha avviato la propria attività nel campo dell’adozione internazionale, per poi ab- bracciare altre realtà italiane, con sedi attualmente presenti anche a Trento, Imperia, Roma e Cagliari. Le numerosissime famiglie che si sono rivolte a La Dimora hanno avviato le procedure per adottare i bambini a cui cercare di dare un aiuto e un futuro migliore. Sono colombiani, polacchi e bulgari i bambini che sono stati adottati con l’assistenza dei dirigenti e dei collaboratori dell’associazione onlus e al termine delle procedure supervisionate dalla Commissione Nazionale per le adozioni presieduta dal sottosegretario di Stato, Carlo Gio- vanardi. Sono soprattutto i bambini colombiani ad essere stati adottati, in numero maggiore rispetto agli altri, dalle famiglie italiane che si sono rivolte a La Dimora. Il dato più interessante riguarda la residenza di queste famiglie. Sono nella maggior parte dei casi del Sud Italia e della Sicilia. «Tante storie d’amore che si sono concretizzate – spiegano Ornella Licitra e Giuseppe Iacono, rispettivamente presidente de La Dimora e componente del direttivo – e che dimostrano come le famiglie siciliane e italiane aprano il loro cuore per aiutare i bambini più indifesi che si trovano in altre nazioni. Le adozioni internazionali portate a risultato hanno, invece, offerto un futuro sicuramente migliore a questi bambini che nel corso degli anni si sono integrati trovando l’affetto di una famiglia e di tanti amici. Non è sempre stato facile. In alcuni casi abbiamo registrato delle resistenze da parte di alcuni strati della società, ma alla fine l’amore è sempre prevalso su tutto. In passato, abbiamo assistito ad un vero “far west” nelle adozioni, con le famiglie che a volte si rivolgevano direttamente agli istituti e agli orfanotrofi nelle varie nazioni. Poi, nel 2000, è stata introdotta una normativa che ha recepito i dettami della convenzione Aia del ’93. È nata la Commissione Nazionale per le adozioni che va ad interfacciarsi con gli altri organismi centrali internazionali. Una sorta di agenzia che, sotto la presidenza del Consiglio dei Ministri, permette di seguire i vari casi e di raggiungere l’obiettivo finale, facendo incontrare i bambini con le famiglie richiedenti». I Emozioni dal nostro vivere sarà il 12 e 13 giugno. In provincia di Catania sarà solo il Comune di Ramacca ad andare al voto: attualmente è retto dal Primo cittadino Gianni Antonio Malgioglio ed il Consiglio è composto da 20 consiglieri. Il solo capoluogo di provincia ad andare al voto è Ragusa, mentre in provincia ci sarà Vittoria. In provincia di Agrigento chiamati a votare sono i Comuni di Canicattì, Castrofilippo, Montevago, Porto Empedocle, San Biagio Platani. Lo scorso 3 aprile, sotto gli archi di Piazza S.Pietro a Riposto ha avuto luogo la giornata per opere estemporanee, intitolata “ Catania, Acireale, Giarre, Riposto. Monumenti, scorci e bellezze del nostro territorio”, con numerosi partecipanti che hanno incontrato il gradimento dei tantissimi spettatori. L’evento fa parte delle attività proposte dalle associazioni “Sfumature d’Arte” e “Etnarte” ed è stato organizzato da Simone Stella. Le opere, come si evince dal termine “estemporanea”, sono state tutte, per così dire, improvvisate, così da rivelare l’estro creativo dei partecipanti e catturare l’attenzione e la curiosità degli intervenuti. Naturalmente, ogni partecipante si è dovuto attenere ad un regolamento per accedere al concorso, sia per quanto ha riguardato il divieto di fondi preparatori che per la scelta dei materiali (tela, cartone, tavola, masonite). Il Concorso “Tra fuoco e mare” ha visto classificarsi al 1° posto il giovane Simone Giorgio Bonomo di Catania, con un’opera raffigurante “Due delle bellezze” siciliane: il mare ed il vulcano. Per quanto concerne la vera e propria premiazione per l’estemporanea, nella categoria adulti la classifica ha visto al 1° posto il sig. Giovanni Guglielmo, proveniente dal messinese, che ha proposto un’opera in legno intagliato e dipinto; il 2° posto è stato conquistato dal Sig. Giuseppe Franco di Cosenza che, a detta di molti, ha realizzato quello che appariva come un “quadro nel quadro” raffigurante il paesaggio di Riposto; mentre il 3° posto è stato assegnato alla sig.na Stefania Bruno, con un’opera rappresentante la “Nascita di Riposto”. Per la categoria Junior, al 1° posto si è classificato Andrea Gianloreto di Giardini Naxos, dell’età di 17 anni; al 2° posto Valeria Vinciguerra, catanese, che ha raffigurato uno scorcio di Torre Archirafi; mentre al 3° posto si è piazzato Francesco Manritto, il più giovane dei partecipanti, di soli 11 anni, che ha rappresentato un’imbarcazione. Stesso soggetto anche per i due partecipanti che hanno vinto il “Premio della Critica”. Per gli intervenuti e, soprattutto, per i partecipanti è stato un evento entusiasmante, e sono stati bravissimi anche i “non insigniti”. Rosaria Futia Lavoro, rischio di perdite Riunione con i sindacati e la Task Force della Provincia sulla delicata questione della crisi del Polo tessile di Bronte Messina sarà la provincia con più Comuni chiamati al voto: Antillo, Caronia , Capo d’Orlando, Falcone, Ficarra, Galati Mamertino, Patti, San Marco d’Alunzio, Sant’Angelo di Brolo e Torregrotta. A Palermo voteranno: Bagheria e Campofelice di Roccella e Terrasini. A Siracusa: Ferla, Lentini, Noto e Sortino. In provincia di Trapani si voterà solo a Campobello di Mazara. Non cessa di far sentire i propri aspetti negativi l’ormai evidente crisi nel settore tessile, che ha in Bronte il suo maggior punto critico. Per fare il punto della delicata situazione la Task Force per lo sviluppo e l’occupazione delle Provincia regionale di Catania ha incontrato, al Centro direzionale Nuovaluce, le organizzazioni sindacali e datoriali per esaminare gli elementi di questa pesante crisi che investe il settore tessile del territorio etneo. Ente di riferimento per questo comparto è il Comune di Bronte che, come è stato sottolineato anche dall’Osservatorio dell’Istat, costituisce il punto di aggregazione per il Distretto Tessile della Sicilia Orientale composto peraltro da altri due poli produttivi, localizzati nelle provincie di Enna e di Messina. «Questa realtà è un punto d’eccellenza e di sviluppo per il territorio e, per questo motivo, è necessaria una descrizione analitica del contesto occupazionale – ha dichiarato l’assessore provinciale alle Politiche attive e del lavoro, Francesco Ciancitto –. Siamo pronti ad ascoltare le richieste delle imprese e, dove possibile, assecondarle, nella considerazione dell’importante valenza occupazionale del settore. Abbiamo, comunque, bisogno di dati concreti in modo da attuare azioni positive adatte al raggiungimento di un obbiettivo comune». Secondo i rappresentanti dei sindacati presenti alla riunione, i dati sull’occupazione per l’indotto sono già allarmanti. Per questo motivo, la Task Force si occuperà fin da subito della crisi: «Sul piano dell’emergenza bisognerà quindi riacquisire un dialogo con le imprese – ha affermato il coordinatore della Task Force ed esperto del presidente Castiglione, Totò Leotta –: occorre un’analisi identificativa del fenomeno e una verifica con gli imprenditori, per capire se si può ricostruire una filiera del settore con il marchio proprio, evitando così la condizione di intermediazione. Bronte e il suo comprensorio non possono perdere questa importante attività». A chiusura dell’incontro è stato anche stabilito di convocare, a breve termine, le aziende del settore, per rilanciare il polo tessile, oltre ad esplorare le possibilità per riprendere i rapporti con le società committenti, che hanno allentato i rapporti con le aziende brontesi. Michele Milazzo Giuseppe Musumeci Emanuele Galeano Elezioni di primavera in 27 Comuni siciliani n primavera, esattamente il 29 e 30 maggio, saranno 27 i Comuni siciliani chiamati al voto per rieleggere le Amministrazioni comunali. L’eventuale ballottaggio 3 Grande successo per la I Estemporanea di pittura “Catania, Acireale, Giarre, Riposto. Monumenti, scorci e bellezze del nostro territorio” S ta sbocciando una autentica “Primavera sul Librino”, ossia il progetto sulla legalità che coinvolge oltre 60 minori a rischio del quartiere. L’iniziativa è nata dalla collaborazione tra l’Istituto Mary Poppins, scuola paritaria materna ed elementare gestita dall’associazione culturale “Primavera” che, dal ’99, opera nel difficile territorio catanese, e la società cooperativa “Più di Uno”, che svolge una costante attività di ricerca nel settore della formazione professionale, con l’importante obiettivo di incrementare l’occupazione e l’inserimento nel mondo del lavoro di giovani disoccupati. Il Progetto “Primavera su Librino” è stato realizzato con l’obiettivo di sensibilizzare la cittadinanza del quartiere, in particolare, e della provincia di Catania, in generale, sulle tematiche relative all’educazione alla legalità ed al contrasto alla dispersione scolastica. Librino, come emerso da tempo, rappresenta uno dei quartieri più emarginati di Catania. Venne progettato, negli anni Settanta, dall’architetto Kenzo Tange, e rappresentava una via di fuga dall’area metropolitana catanese. Il quartiere è carente di servizi essenziali e possiede edifici di edilizia popolare le cui condizioni igienico abitative sono assai precarie. Per avere un esempio concreto basti pensare al mancato collegamento della rete fognaria. I minori vivono in situazioni disagiate, anche a causa di nuclei familiari disgregati e reclusione del capofamiglia, nonché disoccupazione, precarietà N. 1 1 • sa ba to 9 a prile 2011 Gazzettino 9-04-2011:Gazzettino-nuovo 1 07/04/11 20:09 Pagina 4 4 > S E T T I M A N A L E IDG acese N . 11 • sabato 9 apr ile 2011 di Giarre La stagione delle riflessioni Acireale: l’associazione Le Formiche, organizzando l’incontro “150 anni a Sud -Le ragioni della geografia, le ragioni della politica-”, ha aperto uno spazio di confronto sulle questioni ancora aperte dell’Unità d’Italia L’ Associazione “Le Formiche”, nata nel dicembre del 2008 nella frazione di Aci Platani, ha dato il proprio contributo alle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia, organizzando l’incontro “150 anni a Sud -Le ragioni della geografia, le ragioni della politica-”. Un affollato incontro, presso il Liceo Scientifico statale “Archimede” di Acireale, con al centro le libere e interessanti conversazioni di Pietro Barcellona, filosofo, e di Pino Aprile, giornalista/scrittore, che scaturivano dalle libere e varie do- mande dell’on. Nicola D’Agostino. Il dirigente scolastico dell’“Archimede”, prof. Lorenzo Marotta, nel suo saluto ai presenti, si è augurato che l’approfondimento dei problemi legati alla formazione del Regno d’Italia potesse portare, per i siciliani in particolare, ad un valore nel quale riconoscersi ed in caso contrario riflettere su questa mancata “identità”. L’on. D’Agostino (al centro), per spronare i due relatori, è partito con questa prima domanda “Che Unità festeggiamo, oggi, noi siciliani, noi uomini del Sud?”, e successivamente “Cosa bisogna fare per conservare bene questa Unità”, ed ancora “Chi ci potrà ridare quanto ci è stato tolto e come?”. Entrambi i relatori, nell’affermare che il Risorgimento non ci ha ancora uniti, che l’Unità è nata con la “violenza”, che esiste ed in maniera evidente un Nord e un Sud, che il Nord si è arricchito con i beni del Sud, si sono poi differenziati nella risoluzione del caso. Per Pino Aprile (a destra, nella foto), stando così le cose, occorre che ogni cittadino del Sud apra gli occhi e si renda conto del come e perché si è giunti a questa vantata Unità, e quindi si renda conto del suo attuale stato, dei suoi bisogni, dei suoi diritti, che ispezioni il suo essere, il suo stato di “terrone”. Bisogna sapere! «Il sapere – ha, spesso, ripetuto Pino Aprile – è il primo passo verso l’uguaglianza, per non essere una colonia». Pietro Barcellona (a sinistra, nella foto) ha, invece, puntato il dito sulla necessità di trovare “uomini del Sud” capaci di ribaltare la situazione attuale, creando una valida identità culturale, valorizzando le radici meridionali per trasformare il male in bene e guidare la storia della nostra terra. «Un Paese (regione, territorio) – ha sottolineato Barcellona – esiste se esiste la sua cultura, se vengono valorizzate le proprie radici». Bisogna fare, pertanto, una politica che ponga al centro la nostra ricchezza culturale, la nostra lingua, per essere uniti ed eguali al resto del Paese, per entrare a buon titolo in Europa. Il partecipato dibattito ha soddisfatto in pieno il dinamico presidente dell’Associazione “Le Formiche”, Mario Oliveri, e spronato l’on. D’Agostino ad approfondire le indicazioni venute fuori dall’incontro, per una bella e meritata stagione del Sud. Camillo De Martino Il colore del mare Guardo i tuoi occhi che hanno il colore del mare, guardo anche la tua bocca… sei bella. Sono felice quando accarezzo i tuoi capelli biondi, capisco che senza di te non posso volare. Con la forza che mi da il tuo profumo, porto sempre con me il tuo cuore. Vito Cutuli Acitrezza, un triste addio al caro “Paciotu” È venuto a mancare lo scorso 3 aprile, di mattina, quando il cielo iniziava a colorarsi con le prime luci dell’alba, il nonnino di Acitrezza, Giovanni Grasso, che lo scorso mese di dicembre aveva festeggiato l’invidiabile traguardo dei cento anni. I funerali, che si sono tenuti nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista ad Acitrezza, hanno richiamato una grande folla, per ricordare con affetto una persona davvero speciale nel suo essere amico ed umile. Il signor Grasso “Paciotu”, così come amavano chiamarlo i suoi compaesani per via del suo carattere mite e bonario, ha vissuto fino alla fine nella sua casa, situata nel centro storico del borgo marinaro dei “Malavoglia”, circondato dall’affetto dei suoi cinque figli e dei numerosi nipoti che non mancavano mai di accudirlo amorevolmente. E fino al giorno della sua dipartita, nonno Giovanni deteneva un record davvero singolare tra i trezzoti: era il più longevo del paese, godendo tra l’altro anche di buona salute e di una lucidità mentale davvero incredibile. Ed indimenticabile è stata anche la festa per i cento anni, che si è tenuta lo scorso 6 dicembre 2010, con una grande partecipazione di cittadini e di autorità provinciali e comunali, sia nel corso della messa solenne che durante i festeggiamenti in piazza, con la banda ed i fuochi d’artificio voluti dallo stesso festeggiato. Una vita, quella spesa dal “Paciotu”, tra la passione per il mare, il legame con la famiglia, e la gran devozione per San Giovanni Battista. Tre capisaldi dell’esistenza del nostro nonnino, che ha vissuto la sua vita da lupo di mare, pescando e navigando, per crescere insieme alla moglie (scomparsa alcuni anni fa) una prole numerosa, non mancando mai di impegnarsi per la chiesa del suo paese e per la festa del Battista come “timoniere” del fercolo e membro della Commissione per i festeggiamenti. Era membro onorario della Commissione, nominato tre anni fa nel corso di una solenne celebrazione, ed ha lasciato, in dote, una miriade di esperienza ed insegnamenti a tutti coloro che si avvicinano al Patrono di Trezza. Per questo motivo, i membri attuali ne vogliono ricordare con grande affetto e stima le doti umane e la grande personalità, esprimendo cordoglio e vicinanza ai familiari. Valeria Scalisi Gazzettino 9-04-2011:Gazzettino-nuovo 1 07/04/11 20:09 Pagina 5 > S E T T I M A N A L E IDG catania e provincia di Giarre Un tesoro troppo sconosciuto Catania: al Monastero dei Benedettini da tutta Italia per la tre-giorni culturale sui “Santuari indigeni di Sicilia e Magna Grecia” U na “full immersion” nel passato, un viaggio nella storia antica della Sicilia e della Magna Grecia, cominciando dallo studio dei santuari indigeni, un appuntamento unico nel suo genere. Sono queste alcune delle definizioni utilizzate per inquadrare la tre-giorni culturale che passerà in rassegna le scoperte più interessanti e suggestive che gli studi archeologici hanno riportato alla luce negli anni: saranno idealmente visitati i luoghi di culto della nostra terra, tenendo conto di aspetti come quello topografico, architettonico, epigrafico, tipologico, mettendo a confronto sistemi di organizzazione e offerte delle varie po- polazioni. Questo passato, il nostro passato, fatto oggetto di approfondimenti, riflessioni, valutazioni, illustrato da studiosi, docenti e archeologi, chiamati a raccolta da Rosalba Panvini, responsabile del Servizio Interdisciplinare Regionale di Caltanissetta/assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana, da Massimo Cultraro del Cnr-Ibam Catania, da Dario Palermo, docente di Scienze della Formazione, da Edoardo Tortorici della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania e da Massimo Frasca, direttore della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici, col sostegno dei Dipartimenti Processi formativi e di Scienze Umanistiche dell’Ateneo catanese e del comune di Marianopoli, guidato da Calogero Vaccaro. Parliamo di una iniziativa che è nata con un’ampia sinergia, per promuovere il convegno di storia antica e archeologia “Santuari indigeni di Sicilia e Magna Grecia. Modelli, organizzazione e regime delle offerte a confronto”. Una tre giorni di studi “itinerante” che ha fatto tappa prima a Catania, per una giornata di approfondimenti che si è svolta venerdì 8 aprile scorso, nel Coro di notte dell’ex Monastero dei Benedettini, per proseguire a Marianopoli (in provincia di Caltanissetta), nel centro culturale Sikania, per le altre due sessioni del convegno, sabato 9 e domenica 10 aprile. L’evento, che ha registrato le presenza di oltre 30 esperti e moltissimi studenti provenienti da tutt’Italia, è una vera e propria operazione di marketing territoriale. «L’obiettivo – ha spiegato la dott.ssa Panvini – è quello di far conoscere l’entroterra siciliano, dove ci sono realtà archeologiche che possono interessare non unicamente gli addetti ai lavori, ma un ambito molto più vasto di possibili fruitori. Luoghi e reperti di Marianopoli ci parlano di un mondo che, solo da pochi decenni, è venuto alla ribalta ed è stato esplorato ap- profonditamente: mi riferisco alle civiltà indigene, all’ampio mosaico di popolazioni e culture della Sicilia interna e, in particolare, dell’area centromeridionale, al paesaggio rimasto inalterato e simile a quello in cui vivevano gli antichi Sicani». Inventiva, estro, gusto, maestria nel realizzare elementi artistici della propria cultura, esprimono la ricchezza e l’orgoglio di appartenenza delle popolazioni indigene della profonda Sicilia: i reperti dei santuari rappresentano la testimonianza di un mondo da valorizzare ed il merito del comune di Marianopoli, così come quello di tanti altri comuni dell’entroterra, è quello di aver saputo conservare le memorie di un passato così significativo. La prima sessione di lavori, dopo i saluti del preside della facoltà di Lettere e filosofia, Enrico Iachello, del preside della facoltà di Scienze della Formazione, Febronia Elia, del direttore dell’Istituto IbamCnr, Antonella Pellettieri e del direttore del Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Ateneo catanese Carmelo Crimi, ha fatto registrare gli interessanti e seguiti interventi programmati dei relatori. Antonio Percolla Territorio, evitiamo lo scempio Aci S. Antonio: illustrate le norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore Generale N el corso di una conferenza stampa, tenutasi nella Sala Giunta del Palazzo di città di Aci Sant’Antonio, è stato illustrato e commentato l’importante atto approvato dal Consiglio comunale, relativo alla parziale modifica delle “Norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore Generale”. All’incontro con i giornalisti sono intervenuti il presidente del Consiglio comunale, dott. Nuccio Raneri, con alcuni consiglieri, il sindaco Pippo Cutuli, il vice Stefano Finocchiaro e l’assessore all’Urbanistica, ing. Michelangelo Privitera. «Si tratta di un traguardo particolarmente importante, raggiunto dall’Amministrazione e dal Consiglio comunale – ha spiegato il presidente Raneri –. Ciò è stato dovuto ad una concertazione globale che, al termine di un ampio dibattito, ha consentito di ottenere anche il consenso della minoranza sul 90% della delibera relativa alle norme di attuazione del Prg; norme che danno una precisa regolamentazione rispetto a quella che, fino ad oggi, è stata un po’ un’aggressione non controllata del territorio di Aci S. Antonio.Ora inizieremo a parlare del Prg, tappa importante per- ché, dopo 20 anni, si compie una revisione della zona di S. Maria La Stella che era stata stralciata e che quindi non aveva una precisa conformazione. Desideriamo che ci sia uno sviluppo della Città, col raggiungimento di determinati obiettivi, però sempre attraverso una precisa regolamentazione». L’assessore Privitera, sullo stesso argomento, ha poi sottolineato: «Dopo 20 anni, con l’atto compiuto, abbiamo cercato di eliminare una serie di passaggi burocratici in modo che le autorizzazioni vengano rilasciate con maggiore speditezza. Abbiamo cercato di sistemare le varie zone, segnatamente la “A”. Nel centro storico si registra, infatti, la fuga delle persone perché non si può modificare l’esistente. Attraverso le norme inserite, si consente di rinnovare il tessuto ur- bano nel centro storico con le stesse caratteristiche architettoniche dell’epoca in cui è stato costruito. Quindi, il centro storico non sarà stravolto ma diventerà soltanto più vivibile. Inoltre, abbiamo cercato di sistemare le zone “B” e “C”, in modo da eliminare le sperequazioni presenti. Il punto più importante è, infine, relativo alla zona agricola, quella zona in cui non si dovrebbe costruire, anche se una serie di norme ne consentono l’edificazione. Abbiamo, insomma, inserito nuove norme con l’obiettivo di preservare il territorio. Quel poco di verde che ci resta lo dobbiamo conservare e tutelare. E questo, forse, è un problema che soltanto noi, in Sicilia, siamo stati oggi così forti e coraggiosi da affrontare». Il sindaco Cutuli sull’argomento ha, infine, aggiunto: «Fin dal mio insediamento, l’obiettivo Prg è stato tra i principali, visto che è ormai scaduto da 20 anni e la gente si attende da noi delle precise risposte. Ora, si inizia la discussione di questo argomento, al quale i tecnici hanno lavorato tanto e che ha registrato tutti i visti di competenza da parte delle varie commissioni. Mi auguro che si affronti l’argomento nel corso di un dibattito politico pacato e sereno, perché si tratta di tematiche che incidono sulla nostra collettività. Mi auguro, altresì, che si possano bruciare i tempi per avere, a fine legislatura, il Piano Regolatore Generale approvato dal Cru (Comitato Regionale Urbanistica)». Michele Milazzo La Barunissa di Carini Nell’ultima fatica letteraria di Biagio Fichera si fondono in maniera perfetta sensibilità poetica, qualità letterarie ed una grande capacità di apprendimento psicologico “C hianci Palermu, chianci Siracusa,/ Carini cc’è lu luttu in ogni casa;/ cu’ la purtau sta nova dulurusa/ mai paci pozz’aviri a la so’ casa”. È questo il notissimo “incipit” del poemetto in vernacolo siciliano sulla tragica vicenda della Barunissa di Carini, pubblicata dal palermitano Salvatore Salomone Marino, medico, demopsicologo, studioso di tradizioni popolari, per la prima volta nel 1870 in 238 versi. Una vicenda d’amore e morte che vede protagonista Laura Lanza di Travia, figlia di Cesare Lanza, conte di Musumeli, e di Lucrezia Castani, andata sposa giovanissima a Vincenzo La Grua, signore di Carini, colpevole, se così si può dire, di essersi innamorata del nobile Ludovico Vernagallo e di aver intrecciato una lunga relazione con lui. Stando ai documenti dell’epoca, Cesare Lanza uccise la figlia e l’amante cogliendoli sul fatto di notte tra le mura del castello, lavando cosi l’onta arrecata all’onore della famiglia. Era il 4 dicembre 1563. Da allora, la tragica vicenda della bella e sfortunata baronessa è rimasta incisa nella memoria e nell’anima del popolo siciliano e tramandata ai posteri in ogni angolo dell’isola, attraverso un numero altissimo di varianti, di cui 392 quelle raccolte da Salvatore Salomone Marino nella seconda edizione. Questa premessa storico-poetica era d’obbligo per potere illustrare l’ultima, meritoria fatica di Biagio Fichera, noto studioso acese di storia locale e tradizioni popolari, che ha recentemente curato la traduzione in lingua italiana della seconda versione del poemetto di Salomone Marino, quella risalente al 1873 e composta di 412 versi. Mosso da una profonda e genuina passione per tutto ciò che concerne la cultura del popolo, forte di un’esperienza ultraquarantennale di studio e di approfondimento nel settore, Fichera, che ha al suo attivo anche una lunga collaborazione con la RAI all’interno di una trasmissione radiofonica sul folklore e di un volume sui detti e proverbi siciliani, ha realizzato una traduzione letterale e poetica al tempo stesso, plasmando con raffinata sensibilità i versi endecasillabi di cui si compone il poemetto. Un’opera, di certo alquanto impegnativa e complessa, che presuppone una competenza non solo filologica, ma anche metrica e stilistica. Nella versione del 1873, 1’unica vittima appare la baronessa, mentre il Vernagallo riesce a sottrarsi alla furia omicida e rimane a piangere disperato per sempre la perdita della donna amata, senza la quale la vita non ha più alcun senso. Fichera sottolinea con forza la suggestione verbale, la potenza della singola parola che si arricchisce di una vasta gamma di sfumature. Peculiare di questa traduzione è, infine, la capacità di apprendimento psicologico, che l’autore riesce a rendere con commovente intensità, soprattutto in relazione al sentimento di dolore e di infelicità a cui il Vernagallo è condannato dalla tragica fine della sua vicenda d’amore. La traduzione del poemetto sopraccitato è stata raccolta da Fichera in un agile volumetto, destinato alla Biblioteca Zelantea di Acireale. La pubblicazione reca una presentazione dell’autore ed è corredata dai disegni di Luciano Vadalà di Acireale e di Modesto Furchi di Roma. La copia è stata presentata dallo stesso Fichera, il 26 marzo, nel corso della serata organizzata nella sala conferenze della Biblioteca dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici, per celebrare l’evento della beatificazione di Sua Santità Giovanni Paolo II, che avrà luogo il 1 maggio in Piazza San Pietro a Roma. Angelita Messina N . 11 • sabato 9 apr ile 2011 5 Note di qualità a portata di tutti Al via la XII edizione dell’Atelier Internazionale della Musica, per una stagione concertistica che arriverà fino a settembre Si inaugurerà domani, domenica 10 aprile, l’Atelier internazionale della Musica, stagione concertistica giunta, quest’anno, alla sua dodicesima edizione. Sotto la direzione artistica del Maestro Gianfranco Pappalardo Fiumara, di Daniele Petralia e di Alexandra Oikonomou, la stagione 2011 si presenta ad appassionati ed amanti della music di qualità con oltre 50 appuntamenti in programma nelle province di Catania e Messina. La rassegna, confermando ancora una volta la propria natura itinerante, si propone l’obiettivo di portare la musica classica nei luoghi più inconsueti (piccole chiese e sale comunali), rendendola davvero alla portata di tutti. Tra i nomi di punta di questa nuova edizione, il noto direttore d’orchestra portoghese Mario Mateus e il pianista messicano Eric Batiz. Quest’ultimo, eseguirà un programma tutto dedicato a F. Listz, in occasione del bicentenario dalla nascita del compositore ungherese. Tra le novità della stagione, inoltre, troviamo “La serva padrona” di Gian Battista Pergolesi, un’opera con scene e regia di Roberto Spicuzza, e l’Ensemble Omniart con Massimo Barrale. Restano confermate le presenze dei Les Flutes Flamboyantes e del chitarrista Agatino Scuderi, reduce dal recente successo alla Carnegie Hall, che per l’occasione interpreterà la musica argentina in duo con il figlio. Spazio, inoltre, alla musica barocca con i Filarmonici di Palermo, con i pianisti Gianfranco Pappalardo Fiumara e Roberto Carnevale e con la clavicembalista Gabriella Spagnolo, in concerto con il suo ensemble La Stravaganza. Un’altra sezione sarà dedicata alla musica popolare con lo Swing, diretto da William Grosso. Particolare attenzione sarà dedicata anche quest’anno ai giovani artisti, con il debutto di Giuseppe Grippi, pianista, Samuele Galeano, primo violino nella celebre Orchestra giovanile Cherubini diretta da Riccardo Muti, e Azzura Raneri, giovanissima violinista. Si esibiranno anche i pianisti vincitori della scorsa edizione. La sezione lirica vedrà impegnati, invece, il celebre soprano Silvana Froli, il mezzo soprano Inna Savchenko e il tenore Andrea Raiti. Un nome su tutti, infine, è quello di Peter Tiboris, energico direttore d’orchestra statunitense, che dirigerà i Concerti cameristici-sinfonici inseriti nell’ambito della Rassegna estiva “Etna in Scena” di Zafferana Etnea. «Siamo soddisfatti per la larga adesione da parte dei Comuni e per la partecipazione di artisti del calibro di Eric Batiz, Mario Mateus e Peter Tiboris – ha dichiarato il direttore artistico, Gianfranco Pappalardo Fiumara –. Elementi che testimoniano la crescita di una stagione concertistica alla quale, da anni, dedichiamo lavoro e passione». Anna Fichera Belpasso: convegno sulla filantropia Il volontariato rappresenta una vera risorsa nella società odierna, missione rappresentata in pieno, proprio in queste ore, negli aiuti umanitari per gli sfollati della Libia. Il Comune di Belpasso ha sempre ben intenso l’importanza di questa figura. Nell’aula consiliare del Palazzo di città s’è svolta una convention sul “Ruolo della Misericordia nell’anno Europeo del Volontariato”, a cui hanno preso parte, tra i tanti, il sindaco Alfio Papale; Arcangelo Licata della locale Misericordia, padre Giuseppe Longo del Santuario della Roccia e padre Valerio Di Trapani della Caritas diocesana di Catania. «C’è parecchia necessità di volontari – ha detto il sindaco Papale –, perché gli enti locali hanno sempre meno risorse e possono dare particolari servizi solo con il supporto di ragazzi che si impegnano negli aiuti costanti per il prossimo. Il mio ringraziamento al gruppo della Misericordia viene dal profondo del cuore». «In questa occasione – ha aggiunto il presidente della Misericordia di Belpasso, Licata – abbiamo festeggiato parecchi volontari che hanno acquisito il titolo di secondo livello per il soccorso, in modo da dare alla nostra comunità personale sempre più qualificato per affrontare le emergenze e, quindi, le necessità dei cittadini». A ricordare, invece, il ruolo determinante del volontariato in questo preciso momento storico più che mai è stato padre Di Trapani: «In un contesto di crisi economica la società si stringe e, quasi naturalmente, si esprimono nel miglior modo i valori fondanti del volontariato. Dedicarsi agli altri è, quindi, uno stile coraggioso di insinuarsi nel territorio, senza stare a guardare ma partecipando attivamente». M.M. Gazzettino 9-04-2011:Gazzettino-nuovo 1 07/04/11 20:09 Pagina 6 6 > S E T T I M A N A L E IDG catania e provincia N . 11 • sabato 9 ap rile 2011 Legalità oppure edilizia: quale è il problema? “Le costruzioni e il terremoto tra presente e passato”. Il Dipartimento di Ingegneria Civile e ambientale dell’Università di Catania e l’Ordine degli Ingegneri della provincia di Catania hanno tenuto un convegno per rendere antisismico il nuovo e l’antico I n considerazione di un dato certo che riguarda l’area in cui viviamo, “riflettere” è la parola d’ordine. È impossibile prevedere un terremoto, ma è altrettanto possibile prevenirne i danni, utilizzando le massime tecnologie moderne. Trovare una sinergia di conoscenze, per mettere in sicurezza le strutture architettoniche esistenti in un territorio ad ampio rischio sismico e dissesto idrogeologico è stato l’obiettivo del convegno tecnico-scientifico “Le costruzioni e il terremoto tra presente e passato” organizzato dal Dipartimento di Ingegneria Civile e ambientale dell’Università di Catania con il contributo dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Catania che si è tenuto presso l’Università di Catania. Nella prima sessione di lavori, presieduta da Massimo Cuomo, dell’Università di Catania, sono stati analizzati i “Metodi di modellazione degli edifici in muratura”, con Andrea Vignoli docente all’Università di Firenze, e lo “Studio e ricerca sul danneggiamento di strutture storiche esistenti” con Alberto Franchi, del Politecnico di Milano; nella seconda sessione guidata da Ivo Caliò (Università di Catania) si è parlato di conservazione del patrimonio storico con Paulo Lourenço, Università di Minho – Portogallo. «Trasferire le conoscenze tecniche per trovare delle soluzioni a salvaguardia del grande patrimonio storico della nostra città – sottolinea Caliò –, pensiamo al terremoto di L’Aquila e al patrimonio storico perduto, si potrebbe cominciare dall’isola- mento delle statue e oggetti d’arte nei musei, spesso con interventi anche poco costosi». Le modalità tecniche di salvaguardia del patrimonio storico sono state approfondite nella terza parte del convegno - moderata da Aurelio Ghersi (Università di Catania) - con gli interventi di Giuseppe Oliveto, Università di Catania, e Luis Decanini, Università La Sapienza di Roma. La giornata si è poi conclusa con una tavola rotonda sul tema: “Le Costruzioni ed il Terremoto” moderata da Carmelo Maria Grasso, presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Catania, a cui hanno preso parte: Luigi Bosco, Santi Cascone, Chiarina Corallo, Rosario Cucuccio, Giuseppe Galizia, Vera Greco, Paolo La Greca, Luigi Longhitano, Bruno Manfrè, Manlio Marino, Salvatore Maucieri, Michele Maugeri, Guido Monteforte, Giuseppe Di Natale, Gabriele Ragusa, Gaetano Sciacca, Riccardo Terranova, Andrea Vecchio. Gli interventi del direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Catania Enrico Foti e del presidente Grasso, hanno messo in evidenza i punti salienti del convegno: trovare una sinergia di conoscenze per mettere in sicurezza ciò che è già esistente. «Riconquistare il nostro ruolo e produrre conoscenza personale e professionale sono opportunità che bisogna svolgere al meglio – ha sottolineato Foti –. Questo appuntamento, di così forte attualità dopo il terremoto in Giappone, mette in evidenza come la tecnologia sia in grado di indirizzare un’adeguata linea di confronto sul problema sismico che dall’emergenza conduce alla prevenzione, ad esempio rendendo antisismiche costruzioni storiche con interventi che non modificano l’estetica dell’edificio». La necessità di informazione e la prevenzione, sono stati i temi evidenziati dal presidente dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Catania, Carmelo Maria Grasso, che ha annunciato per giugno la “Settimana della cultura antisismica”, organizzata dall’Ordine etneo con il coinvolgimento del Genio civile, del Dipartimento Protezione Civile, dell’Università e delle amministrazioni del territorio e di altri ordini professionali. «Le città non devono essere solo più belle e me- no “energivore” – ha spiegato Grasso – ma anche più sicure dal punto di vista sismico. Per affrontare una criticità che sempre coinvolge Catania, il rischio sismico, bisogna cominciare a utilizzare strumenti validi di prevenzione, tenendo ben presente che nel capoluogo etneo la quasi totalità degli edifici al centro storico non rispondono alle norme antisismiche e il 70% degli edifici in città sono stati realizzati prima del 1981, e quindi prima della cogenza della normativa antisismica. L’idea della “Settimana della cultura antisismica” nasce dall’esigenza di tracciare delle priorità: in primo piano c’è la necessità dell’approvazione del Piano regolatore che consenta interventi snelli per rendere gli edifici più sicuri. In Sicilia in qualche modo il Piano casa si poneva questo obiettivo escludendo di fatto i centri storici, bisognerebbe invece bilanciare una legge ordinaria che consenta anche questo tipo di intervento. Quello di riprogettare in sicurezza e in bellezza con opere di architettura contemporanea deve essere una scommessa che la città deve vincere, così come accade già in tante altre metropoli europee: da Berlino a Barcellona». Ci si rende conto però che, è in altrettanto modo, molto difficile realizzare costruzioni antisismiche nel nostro paese, perché confluiscono le ignoranze e le disonestà, che rovinano l’esito di una buona progettazione, e non avendo un’educazione antisismica diventa ulteriormente difficile annullarne gli effetti disastrosi, dell’ignoranza e della disonestà per l’appunto. Nello stesso giorno in cui si è tenuto il convegno, nel salernitano, il cemento impoverito diventa ancora protagonista di atti di criminalità: novanta alloggi destinati ad edilizia popolare sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza a Campagna. Dalle analisi effettuate è emerso che le strutture non sarebbero sicure per la tenuta del calcestruzzo e del materiale ferroso utilizzati nelle costruzioni. «Davanti alla prospettiva di fare soldi – ha detto Michele Buonuomo, presidente Legambiente Campania – il cinismo dell’imprenditoria criminale non ha confini». Salvatore Rubbino La condivisione diventa crescita Mascalucia: assegnati i premi del progetto “The sharing” riservato a giovani artisti G li elaborati realizzati dagli studenti del liceo artistico “M.M. Lazzaro” di Catania e dell’Accademia catanese delle Belle Arti Nike hanno sorpreso il pubblico accorso alla delegazione comunale di Mascalucia, in occasione della proclamazione dei vincitori del Concorso “The sharing” (“La condivisione”) e della successiva mostra. In ossequio alla vocazione del progetto, che invitava i giovani ad esaltare il legame della manifestazione con il territorio etneo, e mascaluciese in particolare, i piccoli artisti hanno sciorinato in quasi tutti gli 80 lavori giunti nella sede della Associazione, un talento puro, fatto talvolta di colori intensi, brillanti riferimenti interculturali e illuminanti intuizioni artistiche, finalizzato a presentare graficamente il festival in programma a luglio nella cittadina etnea. Sul podio dei vincitori sono saliti Simona Emanuele, al terzo posto, la russa Karina Chernyshova, al secondo, e Silvia Castelli al primo. «La commissione riunita per l’occasione – ha spiegato il Direttore Organizzativo dell’Associazione inBlues, Corrado Zappalà – ha valutato i lavori in base a criteri essenziali, come rappresentazione del contesto musicale giovanile e territoriale, il richiamo grafico alle idee del festival, la forza comunicativa e i valori compositivi, nonché cromatici. Al di là dei pregevoli lavori realizzati, riteniamo importante spingere i giovani verso iniziative costruttive». «I giovani, se adeguatamente stimolati ed incentivati – analizza il presidente dell’associazione inBlues –, rispondono in maniera estremamente Gravina: multe per violazioni del “porta a porta” I l Comando della polizia municipale di Gravina ha comunicato di aver provveduto ad elevare diverse multe ai cittadini che non rispettano le modalità del nuovo servizio di raccolta “porta a porta” dei rifiuti differenziati. “Si tratta di utenti – ha precisato il Comandante della polizia municipale, Michele Nicosia – che, nonostante la rimozione dei cassonetti, continuano a deporre le buste dei rifiuti in strada. In attesa che i volontari, appositamente au- torizzati, spieghino ad ogni singola famiglia le modalità della raccolta differenziata, abbiamo tollerato alcuni singoli episodi. Adesso, tali comportamenti sono perseguiti in base alla normativa vigente e a tal proposito abbiamo predisposto appositi servizi con agenti in borghese”. In particolare le multe sono state elevate nelle vie Filippo Corridoni, Sant’Elia, Bellini, Paglieri, Etnea. M.M. efficace. Se i giovani trovano il contesto adatto, riescono facilmente a condividere, partecipare, crescere e valorizzare talenti innati». In coincidenza con la mostra dei lavori, il duo formato da Marco Corrao e Alberto Petrigno (nella foto) ha esaltato il pubblico con i brani della migliore tradizione blues e pezzi rigorosamente inediti. Non sono finiti però i riconoscimenti per i vincitori del Concorso “The sharing”. In occasione dell’Etna inBlues Festival, infatti, tutti gli elaborati saranno esposti al Parco Trinità Manenti di Mascalucia, location della kermesse organizzata alla presenza di star della musica internazionale. Per mezzo dell’apprezzabile iniziativa, curata dal responsabile marketing e dell’area organizzativa, Antonio Pappalardo, l’Associazione inBlues, in queste settimane impegnata nel Concorso “Blues on the road”, rivolto alle formazioni musicali emergenti (www.associazioneinblues.com) ha voluto agevolare la partecipazione di alcuni valori: giovani, arte, musica e territorio, allo scopo di promuovere la cultura di qualità e mettere in evidenza, nello stesso tempo, le bellezze naturali ed artistiche della Sicilia. Soddisfazione per l’eccellente esito del progetto hanno manifestato, oltre alle autorità locali, provinciali e regionali intervenute nell’occasione, anche Bianca Boemi e Davide Finocchiaro, Dirigenti degli istituti coinvolti nell’iniziativa «di cui gli studenti vanno fieri perché sono stati i protagonisti di lavori artistici di indubitabile rilevanza e straordinario pregio». Michele Milazzo Appuntamento Sabato 9 aprile, alle ore 18.00, a Belpasso, sarà inaugurata la Mostra “Nel Segno dell’Etna”. La rassegna, che sarà allestita presso la “Casa del Campionario” in via II Retta Levante 189 (Cortile Russo-Giusti), propone “Memorie artistiche e Costumi siciliani dell’800” a cura della Proloco di Belpasso, del Distretto produttivo della pietra lavica dell’Etna e dell’Associazione Polena. All’evento interverranno, tra gli altri, il Sovrintendente dei Beni Culturali di Catania, Vera Greco; il Sindaco di Belpasso, Alfio Papale; il vice-sindaco, Carlo Caputo. di Giarre La Mafia scoperta in un barile Lo storico inglese Mike Dash racconta in forma di romanzo storico la nascita di Cosa Nostra negli Usa, nel periodo che va da 1890 al 1920 Tutto cominciò da un barile. Il ritrovamento di un cadavere ancora caldo di un uomo decapitato da un profondo taglio alla gola, il cui corpo è piegato in due all’interno di un barile. Nel suo studio basato su fonti primarie – dai rapporti dei servizi segreti americani alla memoria familiari dei discendenti mafiosi – lo storico inglese e autore Mike Dash racconta in forma di romanzo storico la nascita della mafia italiana negli Usa, nel periodo che va da 1890 al 1920: a partire dalla prima cosca che si insedia oltreoceano (quella in Sicilia era guidata da don Vito Cascio Ferro), capeggiata dal corleonese Giuseppe Morello (Corleone 1867-New York 1930), detto “Clutch hand”, “Artiglio”, a causa di una malformazione ad una mano (aveva quattro dita della mano destra completamente atrofizzati). È il 1903, il morto nel barile è Gaspare Candella. Grazie al ritrovamento nelle sue tasche di un biglietto, che alcuni negozianti riconosceranno essere scritto in siciliano, l’unico poliziotto italoamericano che si occuperà delle indagini, Joe Petrosino (Padula, Salerno, 30 agosto 1860 – Palermo, 12 marzo 1909) individuerà il mandante dell’omicidio e il primo capomafia d’America, in Giuseppe Morello. Mentre la generazione di Al Capone, quella successiva, è stata studiata nei minimi particolari, lo storico inglese ha scoperto e ricostruito, grazie ad un archivio corposo e mai consultato dai servizi segreti, la storia del primo criminale, Morello, falsario e spacciatore di dollari falsi ai poveracci appena sbarcati dall’Italia, appropriandosi dei loro risparmi. Little Italy era il terreno ideale per il crimine. Con gli emigranti bisognosi di lavoro erano sbarcati negli Stati Uniti anche avventurieri, evasi e latitanti. Il delitto del barile è importante perché porterà Petrosino, non solo ad individuare i mandanti, ma anche a segnare una svolta nella storia investigativa americana. Petrosino riconosce, sul fondo del barile, dello zucchero misto a segatura e cicche di sigari toscani. Un timbro W & T233, scorto sulla botte, fa risalire alla drogheria Wallace & Thompson, di cui l’unico cliente italiano è Pietro Inzerillo, proprietario di un ristorante al 266 di Elisabeth Street. Ma il locale, scoprirà Petrosino, altro non è che la copertura di una banda di falsari ed estortori, oltre ad essere anche il luogo dove è stato assassinato Gaspare Candella. Uno dei killer è Benedetto Madonia, giunto a New York per chiedere agli ex compagni di cosca del cognato una parte del bottino per pagare la difesa al cognato Giuseppe Di Primo, detenuto a Sing Sing. Questo fenomeno aveva posto le autorità americane di fronte a gravissimi problemi, primo quello dell’ordine pubblico. I poliziotti, quasi tutti ebrei o irlandesi, non riuscivano a capire gli immigrati né a farsi capire da loro. “Solo risolvendo il caso – afferma lo storico inglese – Petrosino convincerà i suoi superiori a creare un corpo speciale di italiani da infiltrare tra i mafiosi di Little Italy (i criminali di Little Italy si erano trovati, improvvisamente, di fronte ad un nemico che parlava la loro stessa lingua, che conosceva i loro metodi, che poteva entrare nei loro ambienti, n.d.r.)”. Attraverso la preziosa Italian banch – alleanza che avrà con William Flynn, capo dei servizi segreti – lo storico inglese potrà ricostruire l’intera trama “familiare” della banda Morello, circa trenta persone con precedenti penali giunte dalla Sicilia (tra i quali uno dei più feroci killer dell’epoca, Tommaso Petto, detto The Ox, il Bue) – Dash ammette di essersi concentrato sulla mafia italiana, piuttosto che su altre organizzazioni criminali, proprio perché “è un saggio iconico. Perché la parola italiana Mafia colpisce sempre l’immaginario anglosassone, facendo scambiare vari delinquenti con personaggi con un forte senso dell’onore come quelli del Padrino”. L’autore segue i crimini e le attività illecite di Giuseppe Morello e dei suoi uomini d’onore, descrive la conquista di New York grazie all’alleanza con il boss Ignazio Lupo di Little Italy, la nascita della “Mano nera”, il racket dell’estorsione; ci svela i rituali di iniziazione e gli ingegnosi sistemi di protezione della cosca; ci fa ascoltare la voce di William Flynn, capo dei Servizi segreti statunitensi a New York, e ci conduce, infine, sulla scena dell’assassinio del grande boss (1930), nel corso della sanguinosa guerra castellammarese. Giovanni Puglisi Gazzettino 9-04-2011:Gazzettino-nuovo 1 07/04/11 20:09 Pagina 7 > S E T T I M A N A L E IDG alcantara di Giarre N. 1 1 • sa bato 9 a prile 2011 «Più sicurezza in Via dei Mulini» 7 Giardini, Paraschiva scrive a Baudo e Vespa La invocano i numerosi residenti del quartiere di Francavilla di Sicilia attraverso un’apposita petizione al sindaco. Si chiede, in particolare, la realizzazione di strisce pedonali che consentano di attraversare tranquillamente la strada, senza rischiare di essere travolti dalle automobili che, in tale arteria, sono solite sfrecciare a velocità C’ è un quartiere di Francavilla dove insistono un’elegante struttura alberghiera, diversi esercizi commerciali, numerose abitazioni di recente costruzione e persino gli uffici di un ente pubblico di una certa rilevanza quale l’Ente Parco Fluviale dell’Alcantara, meta quotidiana di pubblici amministratori, funzionari e professionisti provenienti da tutta la Sicilia. Tale quartiere, ovviamente, lo si raggiunge in automobile, ma quest’ultima, una volta arrivati, da qualche parte va pur fatta sostare per poi recarsi a piedi alla volta della meta predestinata (l’albergo, il negozio, la casa, l’ufficio, ecc.); e c’è anche chi non è automunito o quello che, abitando in zona, fa a meno di spostarsi in macchina; ed è qui che bisogna farsi il cosiddetto “segno della Croce”: transitare a piedi in Via dei Mulini – questa la denominazione dell’arteria in questione – costituisce un serio rischio per la propria incolumità in quanto la sua ampia carreggiata si presta ad essere percorsa a velocità dagli automezzi, che potrebbero arrivare ad- dosso al povero pedone mentre attraversa la strada. Da qui la petizione che, nei giorni scorsi, i residenti della zona e delle vie adiacenti hanno sottoscritto e recapitato al sindaco di Francavilla di Sicilia, Salvatore Nuciforo, per invocare la “messa in sicurezza” di questo frequentato, ma pericoloso, tratto del paese. «Facciamo presente – si legge nel documento – che nella parte bassa di Via dei Mulini non esistono strisce pedonali di fronte alle abitazioni. Eppure la via è alquanto trafficata ed a scorrimento veloce, e spesso i veicoli sopraggiungono ad alta velocità mettendo a repentaglio la nostra incolumità. Le chiediamo pertanto di far presente, nella sua qualità di primo cittadino, tali nostre comprensibili esigenze di sicurezza stradale agli uffici competenti affinché si realizzino al più presto degli interventi di segnaletica orizzontale nel tratto in questione (in particolare tra l’Hotel D’Orange ed il negozio di ferramenta della ditta “La Porta”)». In realtà, per Via dei Mulini l’apposizione delle strisce pedonali dovrebbe costituire l’intervento più immediato, ma non l’unico. Soffermandoci a discute- re con alcuni promotori della suddetta petizione, emergono altri tratti a rischio, come il pericoloso incrocio tra la parte terminale dell’arteria in questione e la Strada Statale 185, non a caso teatro di numerosi e periodici incidenti in quanto punto di confluenza di due carreggiate (la Via dei Mulini e la S.S. 185, per l’appunto) che si è soliti percorrere a velocità sostenuta; nel caso di specie sarebbe opportuno prevedere la realizzazione di una rotatoria, intelligentissima soluzione adottata in molti centri urbani (specie della vicina provincia di Catania) laddove i crocevia si mostrano piuttosto insidiosi. Parecchi anni addietro, peraltro, tale incrocio venne dotato di un impianto semaforico, ma è da tempo immemorabile che esso è fuori uso a causa di un guasto che, a detta di anministratori comunali ed esperti vari, sarebbe alquanto costoso riparare (la stessa “sorte” è toccata pure agli altri semafori esistenti negli altri incroci del paese, anch’essi “spenti” da parecchi anni). Qualcuno, infine, suggerisce di installare in Via dei Mulini un impianto di rilevazione automatica della velocità al fine di dissuadere gli automobilisti dal premere eccessivamente il piede sull’acceleratore; ma i recenti scandali derivati dall’affidamento dei servizi di autovelox ad organizzazioni rivelatesi truffaldine (e che hanno fatto andare sotto inchiesta anche gli amministratori locali di diversi Comuni siciliani che si sono avvalsi di tali dispositivi) portano ad escludere tale soluzione. Pertanto, nell’attesa delle agognate “strisce”, non resta che appellarsi al senso di responsabilità degli automobilisti, i quali dovrebbero capire che, malgrado sia l’arteria che conduce fuori da Francavilla, Via dei Mulini ricade pur sempre nel centro abitato. La stessa è da percorrere a velocità moderata anche nella parte iniziale che si diparte da Piazza Annunziata: tale tratto è, infatti, caratterizzato da un paio di curve alquanto insidiose che, senza un adeguato controllo della vettura, rischiano di trascinare il mezzo fuori strada sino (come è successo a più di un automobilista) a farlo impattare con i pali della pubblica illuminazione posti ai margini della carreggiata. Rodolfo Amodeo A Gaggi un consultorio per la Valle dell’Alcantara E’ stato attivato dall’associazione “Asofa” attraverso un finanziamento della Regione Siciliana. Darà sostegno alle famiglie in crisi o con difficoltà di dialogo interno, ma anche supporto ai giovani nella fase prematrimoniale ed informazioni utili su adozioni, affidi e possibilità di lavoro N on finisce di “stupire” l’associazione di solidarietà familiare “A.SO.FA.” avente sede a Gaggi e guidata dalla giovane e dinamica presidente Agata Famà. Nell’arco di un paio di mesi tale sodalizio ha avviato, ad un ritmo “frenetico”, diversi servizi in favore dei cittadini (come la Ludoteca e la Clownterapia all’ospedale di Taormina, lo Sportello Informa Famiglia ed il Trasporto Sociale) sino a quello presentato ufficialmente nei giorni scorsi con un’apposita conferenza: un Consultorio destinato non solo alle famiglie di Gaggi, ma a tutte quelle dei vari Comuni della Valle dell’Alcantara. Il relativo progetto è stato approvato e finanziato nello scorso ottobre dall’Assessorato Regionale delle Politiche Sociali e del Lavoro e la sua gestione è affidata ad una “A.T.S.” (ossia “associazione temporanea di scopo”) che vede l’Asofa ente capofila in “partnership” col Comune di Taormina, la cooperativa “Fare Sociale” di Messina, la cooperativa “Isvil” di Gaggi ed il Circolo “Fenapi - Valle Alcantara”; all’iniziativa daranno, inoltre, i loro autorevo- li sostegni anche l’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina ed il Consultorio “La Famiglia” di Giardini Naxos. Numerosi e significativi i servizi che il nuovo Consultorio è in grado di erogare del tutto gratuitamente a chi ne farà richiesta: colloqui prematrimoniali, incontri con i genitori, informazioni su adozioni ed affidi, sostegno psicologico, mediazioni tra i coniugi in conflitto, supporto ai giovani in cerca di lavoro ed alle famiglie immigrate che desiderano integrarsi nella realtà locale, ecc. Per tutti questi delicati compiti, l’Asofa si avvale di una ventina di specifiche professionalità (psicologi, medici ginecologi, pediatri, assistenti sociali, consulenti legali, pedagogisti, ecc.) che riceveranno gli utenti nei locali della Guardia Medica gaggese (in Via Berlinguer). Il Consultorio Asofa è, in realtà, operativo dal 17 gennaio scorso, ma, come accennavamo prima, è stato ufficialmente tenuto a battesimo qualche settimana fa nella sala riunioni della cooperativa “Isvil” (partner del progetto). A fare gli onori di casa il presidente Da sinistra: Currenti, Mons. Cingari, Briguglio, Le Mura e la Famà alla conferenza di presentazione del Consultorio di quest’ultima, Leonardo Le Mura, e la moglie, nonché presidente dell’Asofa, Agata Famà. Per l’occasione sono intervenuti il deputato nazionale Carmelo Briguglio, il parlamentare regionale Pippo Currenti ed il parroco di Giardini Naxos Mons. Salvatore Cingari, il quale si è dichiarato ben lieto di mettere a disposizione della nascente struttura dell’Asofa la notevole esperienza maturata dal Consultorio “La Famiglia”, organico alla Parrocchia giardinese intitolata a San Pancrazio. Dal canto loro, gli esponenti politici Briguglio e Currenti (entrambi del Fli) hanno lodato il proficuo attivismo dell’associazione guidata da Agata Famà. «E’ dovere di noi politici – ha in particolare dichiarato l’On. Briguglio nel suo intervento – dare il nostro contributo affinché iniziative di questo tipo possano realizzarsi; e non tanto perché provengono da una certa associazione o da un determinato soggetto, quanto perché costituiscono effettivamente un qualcosa di utile ad un territorio ed alla sua gente. E siamo sempre ben felici di perorare la causa della cooperativa Isvil e dell’associazione Asofa di Gaggi in quanto da esse riceviamo sempre proposte e progettualità valide e, come tali, degne della massima considerazione, come questo Consultorio». Leonardo Le Mura ha, quindi, ringraziato i deputati Briguglio e Currenti per la loro sensibilità ed ha, inoltre, sottolineato che, quanto prima, i servizi del Consultorio Asofa saranno direttamente erogabili in appositi “sportelli” che verranno attivati nei singoli Comuni della Valle dell’Alcantara onde evitare agli utenti i costi ed i tempi di spostamento nella sede centrale di Gaggi. R.A. Abita ormai da parecchi anni a Giardini Naxos il poliedrico showman, musicista e scrittore Gilbert Paraschiva, autore, tra l’altro, della canzone più amata dagli italiani all’estero: “Italia lontana”, che nel 1954, in Eritrea, si classificò prima al Festival della Canzone di Asmara. In quell’occasione, delle 1800 persone che affollavano il Teatro “Impero”, ben 1450 votarono la composizione di Paraschiva, che s’impose come la seconda canzone italiana più venduta all’estero dopo “Terra straniera” di Marletta (ovviamente prima che esplodesse la leggendaria “Volare” di Modugno). In queste settimane, i mass media stanno facendo a gara per celebrare l’importante ricorrenza dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, anche e soprattutto rispolverando il patrimonio canzonettistico nazionale incentrato sui sentimenti patriottici; eppure, nessun “blasonato” autore o conduttore televisivo si ricorda di questo glorioso successo del cantante-compositore nato in Egitto, vissuto in diverse località italiane ed, oggi, residente nella prima colonia greca di Sicilia. Così, Gilbert Paraschiva ha pensato bene di prendere carta e penna e scrivere una lettera aperta a Pippo Baudo e Bruno Vespa, mattatori del popolare programma televisivo “Centocinquanta”, che ogni mercoledì sera, su Raiuno, ripercorre in chiave “giornalistico-spettacolare” i momenti salienti della storia dell’Italia unita. «Mi permetto – scrive l’artista ai due “mammasantissima” della tv nazionale – di richiamare la vostra attenzione su di una canzone che, almeno per il momento, è stata trascurata dalle trasmissioni radiofoniche e televisive sul 150° dell’Unità d’Italia. Eppure la mia “Italia lontana” divenne immediatamente la seconda canzone più amata ed acquistata dagli italiani all’estero. E sarebbe doveroso ricordare anche la prima, ossia “Terra straniera” di Marletta: qualche anno dopo, i nostri successi vennero surclassati da “Volare”, autentico capolavoro del mio idolo Domenico Modugno; ma sta di fatto che “Italia lontana” e “Terra straniera” non possono essere ignorate perché fanno parte della storia del costume del nostro Paese e, soprattutto, esprimono tutto l’amore per la loro Patria dei tanti italiani costretti a vivere altrove. La veridicità di quanto affermo può essere confermata dalla nota casa discografica torinese “Cetra”: nel 1955, infatti, “Italia lontana” venne incisa da questa prestigiosa etichetta con la voce di Antonio Vasquez». Intanto, in attesa dell’auspicabile chiamata di “Mamma Rai”, il “vulcanico” Gilbert Paraschiva non rimane certo con le mani in mano: è, infatti, alle prese con gli ultimi ritocchi al suo nuovo album, che conterrà brani inediti e cover di canzoni celebri (come “La più bella del mondo” di Marino Marini, “Tu sì na cosa grande” di Modugno, “L’appuntamento” di Roberto Carlos, “Maruzzella” di Carosone, ecc.) interpretati quasi tutti in lingua francese grazie alle traduzioni di Marleine Pigeon, attuale compagna di Paraschiva (con lui nella foto e con la cagnetta Bijoux). Tra i brani originali composti per l’occasione dall’artista figurano “Ottanta voglia di cantare” e la particolarmente attuale (e che dovrebbe dare il titolo all’album) “L’Amour sur Messenger”, autentico “inno” alle relazioni sentimentali che sempre più spesso sbocciano sui cosiddetti “social network”, proprio come è capitato a Gilbert ed alla sua nuova “musa ispiratrice” Marleine, residente in Canada. Il lavoro si avvale dei preziosi interventi come tastierista, arrangiatore ed, a volte, anche autore, del M° Franco Cirino, affermato musicista di Giardini Naxos spesso al seguito di popstar nazionali. R. A. Benvenuta a Samanta Raneri E’ venuta alla luce nei giorni scorsi, a Taormina, la splendida Samanta Raneri, figlia di Anselmo ed Ambra, nostri assidui lettori così come i nonni, titolari del rinomato ritrovo “Movida” di contrada Trappitello, che del “Gazzettino” è anche uno dei punti di distribuzione ufficiale per il Taorminese e la Valle dell’Alcantara. Ai giovani genitori ed anche agli altri nonni Rita, Alfio e Mauro vanno le nostre più affettuose congratulazioni ed il sincero auspicio di un radioso avvenire da condividere insieme alla neo arrivata Samanta. Gazzettino 9-04-2011:Gazzettino-nuovo 1 07/04/11 20:09 Pagina 8 8 > S E T T I M A N A L E IDG attualità N. 11 • s abato 9 aprile 2 01 1 di Giarre E il Sud ereditò il debito pubblico Con le guerre gli oneri del Piemonte salirono del 565% nel decennio preunitario… “Per meglio comprendere la cesura unitaria” P er rendersi conto di come il degrado economico dei Savoia venne esteso ai territori del Sud, all’indomani dell’Unità, proponiamo una analisi dei dati (in parte riportati da Morya Longo su Il Sole 24 ore, 17 marzo 2011) riguardanti il debito pubblico degli Stati preunitari, evidenziando l’incredibile debito accumulato dal Piemonte tra il 1847 e il 1859 (+564,42%), causa implicita dell’intervento unificante/colonizzante del regno dei Savoia nel Meridione, che invece godeva di una condizione economica sicuramente invidiabile. «Gli atti del governo esprimono tutti un principio: le risorse finanziari e dello stato non bisogna cercarle né nel debito, né nei nuovi tributi, ma esclusivamente nell’ordine e nell’economia. Perché veramente il miglior governo è quello che costa meno». Queste parole, che sembrerebbero pronunciate dal cancelliere Angela Merkel, nel tentativo di redarguire gli stati europei iperindebitati, o dalla Banca Centrale Europea, a onor del vero, non sono neppure dei giorni nostri. A scriverle, in un libricino datato 1862, è stato invece l’economista Giacomo Savarese: si riferiva al Regno delle Due Sicilie. Può sembrare strano, ma prima dell’unità d’Italia l’esempio di rigore nei conti pubblici arrivava proprio da li: dal Meridione borbonico. Era, invece, il Piemonte ad avere conti fuori controllo, con un debito pubblico cresciuto del 565% nel decennio precedente all’Unità d’Italia. Insomma: è stato il Regno dei Savoia a portare nella nascente Italia la cultura del debito facile, della finanza allegra. Se si guarda la situazione delle finanze pubbliche nel decennio precedente al 1861, si può trarre la conclusione che per il Regno di Sardegna la creazione di un’Italia Unita fosse anche un modo per aggiustare i conti. O, quantomeno, per annacquare i problemi. La bilancia commerciale piemontese perennemente in rosso e, soprattutto, i costi della politica estera e delle guerre (a partire da quella di Crimea) hanno fatto lievitare il debito del regno in pochissimi anni. Nel 1848, ammontava a 168 milioni di lire, mentre nel 1859 (prima dell’Unità d’Italia) era salito a 1,12 miliardi di lire. Una montagna enorme, pari al 73% del Pil. Diametralmente opposta era invece la situazione nel Regno delle Due Sicilie: con una gestione dello stato improntata sul contenimento delle tasse, il debito borbonico variò dai 317 milioni del 1848 ai 411 del 1859: il rapporto debito Pil nel 1859, attestandosi su un più gestibile 16,57%. Ovvio che i Savoia negli anni di Cavour dovessero fare qualcosa per salvare i conti. Le tentarono tutte. La prima strada, annotava il Savarese, fu di oscurare le informazioni: dopo il 1855 il Regno di Sardegna non redisse più un bilancio dello Stato. Spulciando tutti i bollettini e le leggi, Savarese scopriva che le spese approvate dal parlamento dal 1848 al 1859 ammontavano a 369 milioni di lire, mentre il debito nello stesso periodo era salito di 928 milioni. Insomma: il Piemonte sembrava aver fatto sparire un bel po’ di soldi. Oltre a questo, il Regno di Sardegna percorse altre strade per aggiustare i conti pubblici alla meglio. Innanzitutto aumentò le tasse, inventando 23 nuovi balzelli in pochi anni. Poi vendette diversi beni demaniali, a partire dallo stabilimento siderurgico di San Pier d’Arena (Ge). Ma non bastava: nel 1859 il debito era elevatissimo. E le sorti dello stato erano in mano ai grandi banchieri come i Rothshild. Anche perché il Piemonte – secondo gli studi di Francesco Nitti – possedeva solo un patrimonio di 27 milioni di lire di oro: molto meno dei 443 milioni del Regno delle Due Sicilie. Restava dunque solo una cosa da fare: unirsi con chi aveva i conti in ordine. Guarda caso proprio un po’ più a Sud c’era un Regno che aveva fatto del rigore dei bilanci un imperativo categorico. Anche Vittorio Sacchi, piemontese mandato a dirigere le finanze napoletane dopo l’Unità d’Italia, trovò grande competenza: «Nei diversi rami dell’amministrazione delle finanze napoletane scrisse nel 1861 si trovano tali capacità di cui si sarebbe onorato ogni più illuminato governo». Che queste parole corrispondessero al vero è dimostrato dal fatto che il povero Sacchi, dopo averle scritte, cadde in disgrazia. E anche i numeri lo confermano. Il Regno delle Due Sicilie dopo la Restaurazione del 1815 aveva cinque tasse. Le rendite pubbliche – calcolate dal Savarese – salirono da 16 milioni di ducati a 30 «per effetto del crescere della ricchezza generale». Solo con i vari moti rivoluzionari (a partire da quelli del 1820) iniziarono a crescere i debiti e le casse del Regno caddero in disavanzo, ma ogni volta in breve tempo il “buco” veniva chiuso. Morale: dal 1847 al 1859 il Regno delle Due Sicilie non introdusse alcuna nuova tassa e non vendette alcun bene demaniale. Anzi, già dopo i moti del 1821 il Regno vantava 40 chilometri di rete ferroviaria e una marina molto fornita. E non c’era traccia di “auto-censura” sui bilanci pubblici.s Nel 1861 cambiò tutto. L’Italia divenne unita e anche il debito pubblico. «Il Regno d’Italia – scrisse Savarese –, s’inaugurava a Torino con un alto debito». L’unificazione comportò un nuovo peso per l’ex Regno delle Due Sicilie, aprendo la “questione meridionale”. Le speranze di trasformazione sociale furono deluse sin dalla conquista garibaldina. L’unificazione dei mercati danneggiò l’economia del Sud. Il Piemonte impose il suo pesante sistema fiscale e il servizio militare a regioni che non avevano mai conosciuto la leva. Nelle Due Sicilie, nel 1859, la tassazione complessiva era di 14 franchi o lire a testa, nel 1866, a soli sei anni dall’annessione, giunse a 28, il doppio di quanto pagava “l’oppresso” popolo meridionale prima che i Savoia venissero a “liberarlo”. Accorpando i dati complessivi sulle imposte, dividendoli per categorie di entrate, si nota che nel periodo 1861-1873 le imposte indirette erano quantitativamente il doppio di quelle dirette (663.599.000 milioni contro 326.481.000). Le prime, com’è noto, colpivano i consumi (macinato, tabacchi, dazi di confine e di consumo, gabelle varie, sale, lotto) e quindi gravavano, proporzionalmente, di più sui redditi bassi mentre le seconde incidevano sui redditi più alti. Ma non è tutto: le imposte dirette seguivano la proporzionale secca, non erano progressive rispetto al reddito individuale per cui i cittadini con poche sostanze e le classi agiate pagavano la stessa percentuale fissa di tasse. La politica fiscale perseguita dallo Stato unitario era, poi, assolutamente ingiusta perché non omogenea dal Nord al Sud; il primo veniva avvantaggiato, il secondo penalizzato. Per quanto riguarda l’agricoltura, mentre nelle Due Sicilie si pagavano 40 milioni d’imposta fondiaria, nel 1866 se ne pagarono 70, contro i 52 del nord; la differenza diventa più evidente se si considerano le aliquote per ettaro: nelle province di Napoli e Caserta si versavano lire 9,6 per ettaro contro la media nazionale di lire 3,33. Tra l’altro, in attesa di completare la definitiva situazione dei valori catastali, “temporaneamente” si procedette nella “presunzione” che il nord fosse fiscalmente più gravato del sud e, quindi, provvisoriamente (una provvisorietà che durò 40 anni) si “aggiornarono” i ruoli della fondiaria, con automatico adeguamento anche di quelli di sovrimposta comunale. L’aggiornamento produsse nuove disequità: Lombardia e Veneto pagavano un’aliquota dell’ 8.8% mentre la Calabria del 15%, la Sicilia del 20%. Inoltre, riguardo all’imposta sulla proprietà edilizia il Sud pagava molto più del Nord e “questa chicca” venne realizzata senza dover neppure ricorrere ad una norma speciale (provvisoria o stabile) ma solo usufruendo della circostanza che la popolazione del nord risiedeva in campagna e, dunque, la casa diveniva pertinenza dei fondi rustici e rientrava nell’imposta fondiaria; mentre al sud i contadini abitavano nei borghi rurali e, perciò, pagavano l’imposta sui fabbricati come se si trattasse di città. Inoltre, il 18 febbraio 1861 i decreti Mancini abrogarono il Concordato in vigore tra le Due Sicilie e lo Stato della Chiesa: i beni ecclesiastici o delle Congregazioni religiose, sequestrati e venduti, fruttarono allo Stato unitario oltre 600 milioni. Successivamente, le situazioni non cambiarono, così, nel primo decennio del secolo ventesimo, una provincia depressa come quella di Potenza pagava più tasse di Udine e la provincia di Salerno, ormai lontana dalla floridezza dell’epoca borbonica essendo state chiuse cartiere e manifatture, paga più tasse della ricca Como e lo stesso accadeva anche in Sicilia. Il nuovo Stato si trovò di fronte un notevole deficit nato dalla unificazione dei debiti pubblici degli stati preunitari del Nord e dalle spese militari sostenute dal Savoia. L’obiettivo del pareggio del bilancio fu perseguito con l’inasprimento fiscale (tassa sul macinato, 1868) e ottenuto nel 1876 dal governo Minghetti, l’ultimo della Destra. Debito pubblico nel 1861: £ 2.400.000. Debito pubblico nel 2000: £ 2.000 miliardi. Sono passati 150 anni: l’alto debito è ancora tutto li. Ormai siamo arrivati a 1.800 miliardi, non di ducati o di lire ottocentesche, bensì di euro. Non sono certo ereditati da Cavour (quantomeno perché i loro debiti, nel frattempo, saranno anche scaduti), ma di sicuro la gestione italiana delle finanze pubbliche ha per un secolo e mezzo mantenuto e continua a mantenere quella malsana impronta. (51. – “Sicilia postunitaria - Controlettura del Risorgimento” 2010/2011) za, nei panni del domestico muto Vespone, movimenterà ulteriormente la scena con le sue incursioni. Il maestro concertatore Onofrio Claudio Gallina dirigerà il gruppo da camera dell’orchestra “Filarmonica di Palermo”, che eseguirà le musiche dell’opera. La rassegna si apre, quindi, con un sentito omaggio alla grande tradizione lirica nazionale e in particolare al genere dell’intermezzo, tra il quale il più noto e fortunato è proprio “La serva padrona” di Pergolesi. Grande soddisfazione è stata espressa anche dal sindaco di Gaggi, Francesco Tadduni. «Il comune di Gaggi ha aderito con entusiasmo al circuito dell’Atelier Internazionale della Musica, una manifestazione culturale che ha tra i suoi obiettivi il sostegno e la valorizzazione del territorio. Siamo, inoltre, soddisfatti della qualità musicale offerta dalla rassegna, sicuramente di gran livello». Maria Bella Amalia C. R. Musumeci Salvatore Musumeci Se l’arte valorizza il territorio “L a serva padrona” di Giovanni Battista Pergolesi aprirà, domani, 10 aprile, alle 20, nella Chiesa Madre del Comune di Gaggi (Me), la XII edizione dell’Atelier Internazionale della Musica. La rassegna concertistica, che approderà in dodici Comuni delle province di Catania e Messina, è patrocinata dall’assessorato al Turismo e allo Spettacolo della Regione Siciliana, dal Conservatorio di Musica “Vincenzo Bellini” di Palermo e dai Comuni coinvolti. «L’allargamento del circuito da provinciale a regionale ha portato quest’anno all’adesione di nuovi comuni e questo ci inorgoglisce molto – ha dichiarato il direttore artistico, Gianfranco Pappalardo Fiumara –. Sono sicuro che il pubblico apprezzerà la qualità degli artisti che si esibiranno in questa dodicesima edizione». Nell’incantevole Chiesa Madre di Gaggi andrà in scena, con la regia di Francesca Pipi, la rappresentazione in costume de “La serva padrona”, uno degli intermezzi più celebri della letteratura operistica. Una sobria scenografia, curata da Roberto Lo Sciuto, contribuirà alla realizzazione di un’ambientazione settecentesca. Al centro dell’opera buffa le schermaglie amorose tra il ricco scapolo Uberto e la cameriera Serpina, interpretati dal baritono Giovanni Di Mare e dal soprano Valentina Vitti. Il mimo Roberto Spicuz- Un’indagine per capire se è cresciuta la consapevolezza sugli effetti della contaminazione del fenomeno mafioso nella vita sociale siciliana Il campione preso in esame è di 1.062 ragazzi di età compresa tra i 14 ed i 18 anni. Al sondaggio, promosso dall’ASASi (Associazione Scuole Autonome Siciliane), hanno partecipato 11 istituti scolastici, di cui 9 siciliani, 1 di Udine e 1 di Brescia. L’analisi dei dati fornisce un quadro riepilogativo. Vediamo dapprima gli elementi positivi. Il primo dato che emerge è che, per il 71% degli studenti siciliani, “la mafia è un male”. Di contro i ragazzi di Udine e Brescia non nutrono incertezze in proposito: la mafia è un male per la totalità (100%). Il secondo dato è altrettanto positivo. Grazie alle informazioni quotidiane trasmesse dalla TV, l’80% dei giovani siciliani sa perfettamente che “l’imposizione del pizzo” è una pratica estorsiva. Meno certezze hanno i loro omologhi di Udine e Brescia. Il 35% dichiara di averne sentito parlare, mentre il 55% dichiara di sapere che si tratta di un’estorsione. Di contro il 35% è convinto che sia, invece, una tassa. Il terzo dato significativo è che, per l’80% dei siciliani, Riina e Provenzano sono dei criminali, e la medesima percentuale riconosce a Giovanni Falcone ed a Paolo Borsellino il ruolo di eroi. Stranamente, solo il 70% dei giovani del Nord considera eroi i due magistrati trucidati nel 1992. Per il 15% di essi erano dei fessi e per un altro 15% erano degli illusi. Il dato che invita a riflettere è quello fornito dal 58% dei siciliani e dal 60% dei loro colleghi del nord. Entrambi, qualora si fossero trovati al posto di Falcone e Borsellino, professionalmente si sarebbero comportati come loro. Solo che, il 42% in un caso e il 40% nell’altro, una percentuale altrettanto consistente, sarebbe andata via o non avrebbe fatto nulla per contrastare Cosa Nostra. L’ultimo dato incoraggiante è quello attribuito al 78% dei siciliani ed al 95% dei giovani di Udine e Brescia, convinti che la mafia - in ogni caso -, bisogna combatterla. Resta quel 22% che ritiene che con Cosa Nostra ci si debba convivere o, addirittura, che bisognerebbe accettarla. Fin qui le note positive. L’altra faccia della medaglia non è per nulla entusiasmante. Il primo dato negativo è fornito dal quel 70% di giovani che non ha fiducia (o poco) nelle istituzioni. Una percentuale che si accompagna a quel 42% che ritiene la politica sia solo uno spreco di denaro pubblico. Una certezza che si riduce drasticamente al 20% per gli studenti di Udine e Brescia, cresciuti in un ambiente in cui la democrazia partecipativa ha ben altre connotazioni. Il secondo dato poco confortante è quello del 29% di ragazzi che ritiene le forze di polizia inutili o che identifica gli uomini in divisa come sbirri e basta, dediti a reprimere e non ad aiutare il prossimo. Per l’80% dei loro colleghi di Udine e Brescia, invece, le forze di polizia sono tutori dell’ordine pubblico. Singolare l’atteggiamento dei ragazzi siciliani e dei loro coetanei nei confronti delle ingiustizie subite. Solo il 40% di friulani e lombardi dichiara di denunciare i torti, mentre il 35% provvede a vendicarsi ed il 25% si affretterebbe a chiedere aiuto a chi è in grado di spalleggiarli. Quasi sovrapponibili le risposte fornite dai siciliani, dove solo il 50% è disposto a denunciare. Gli altri provvederebbero da soli a vendicarsi o a chiedere il sostegno di “amici”. Il quarto dato che invita alla riflessione è quello che concerne il rapporto dei giovani con la scuola e con la famiglia. Una percentuale pari al 18% afferma che, nel 2011, i maggiori insegnamenti li ha ricevuti dalla strada, il 50% dalla famiglia ed il restante dalla scuola (32%). Inoltre il 55% è convinto che le attività scolastiche non aiutino a formare le coscienze e che non sono in grado di istruire i giovani. Percentuale che si impenna al 68% in chi afferma che la scuola non è attrezzata per informare o che non lo fa a sufficienza. Diametralmente opposto il giudizio espresso dai ragazzi di Udine e Brescia. Per il 70% la scuola è in grado di istruire, per il 60% forma le coscienze e per il 75% è in grado di informare a sufficienza le giovani generazioni. Rimane una percentuale che imbarazza. Ed è quella di quel 10% di studenti che considera Riina e Provenzano uomini d’onore e quel 5% che ritiene che si tratti di soggetti perseguitati dalla malasorte. Forse hanno subito l’influenza nefasta di certe fiction televisive? «L’indifferenza, la codardia e l’opportunismo uccidono ancor più dei tiranni e dei dittatori» (Luigi Tosti) “La serva padrona” di Pergolesi inaugurerà a Gaggi la XII edizione dell’Atelier Internazionale della Musica I giovani e l’Antimafia
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