Gazzettino 7-05-2011

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> S E T T I M A N A L E IDG
di Giarre
NNO XXXI • N. 15 • GIARRE, SABATO 7 MAGGIO 2011 • € 1,00 • A DIFFUSIONE REGIONALE • SPED. IN A.P.
ART. 2 COMMA 20/B LEGGE 662/96 FIL. DI CATANIA • PUBBL. INF. 45% • www.gazzettinodigiarre.it
> Un’ottima “pizza al pesce”
> Wojtyla in vacanza a Giardini Naxos
A Catania si è svolta la 7ª edizione del
campionato nazionale che abbina alla
popolare pietanza i sapori del mare
> a pag. 2
Era il 1971 quando l’allora cardinale di
Cracovia trascorse una settimana nella
cittadina turistica aiutando i parroci del luogo
> a pag. 7
Addio ai bei progetti…
Giarre: completamente abbandonata a se stessa e alla mercé di
vandali e microcriminalità, l’area a verde di via Mercurio sembra
avviarsi verso un destino anomalo
U
n angolo di verde, di serenità. Un momento di
pace, circondato dal caos
cittadino. Uno scorcio di
paesaggio agreste che,
purtroppo, la stupidità
umana e la, chiamiamola così, “scarsa attenzione” dell’Amministrazione comunale
hanno trasformato in un letamaio (e scusate se è poco…). Siamo a Giarre. Scendiamo da via Mercurio, attraversando il corso
Messina, camminiamo paralleli alla linea
della Circumetnea… Arriviamo in una zona che naviga tra promesse ed abbandono,
tra voglia di risorgere e triste realtà di degrado. Sulla sinistra incontriamo una costruzione. Una casa colonica che, emergendo da mucchi di spazzature e tante erbacce, si mostra graziosa, anche se ridotta
ai minimi termini. Una storia di degrado,
una occasione perduta, il frutto di scelte
dedite all’abbandono? Di cosa è figlia que-
sta struttura, a pochi passi dal cuore di
Giarre?
Circa 9 anni addietro la casa colonica
diventa oggetto di primi interventi per metterla in sicurezza. Il proprietario ne conosce il valore, sia affettivo che architettonico e, giustamente, si adopera per preservarla. L’allora Amministrazione comunale,
tramite i propri tecnici, ne intuisce potenzialità e possibilità di sviluppo e la acquisisce al patrimonio. La costruzione si inseri-
sce in un’area di verde pubblico di oltre
3mila mq, ossia si tratta di “urbanizzazione
primaria”. Teniamo a mente questo particolare, perché ci ritorneremo. Ma, 9 anni
sono un lungo arco di tempo. E tante cose
possono cambiare, tante cambiano ed altre,
invece, restano sempre uguali.
L’area esce dai confini di interesse dell’Amministrazione comunale ed entra, di
pari passo, nelle sfera di influenza di un
sottobosco fatto di microcriminalità, degrado, abbandono e, in ultimo, anche di
scarse condizioni igienico-sanitarie che accolgono gli accampamenti dei nomadi.
Dalla valorizzazione primaria immaginata
dall’Amministrazione comunale si passa a
quella pratica attuata spesso oltre i limiti
della legge. La struttura diventa ricettacolo
di spacciatori, incontri clandestini, tossicodipendenti, con l’inevitabile contorno di
spazzatura e resti vari delle attività collegate. A nulla servono proteste e segnalazioni.
La zona è scarsamente illuminata, in posizione defilata, senza insediamenti abitativi
tali da giustificare una loro funzione “deterrente” nei confronti di situazioni equivoche. Il degrado c’è ed il degrado resta.
E le domande si affollano. Perché non
è dato seguito alla prevista valorizzazione
dell’area, così come era nelle iniziali intenzioni? Perché non si è offerta alla cittadinanza l’opportunità di un angolo verde rilassante, che possa davvero avere nei resti
della casa colonica il suo punto di forza?
Domande logiche, destinate (probabilmente) a rimanere senza risposta. Ad avere destato maggiore preoccupazione è la situazione legata agli accampamenti dei nomadi. Se davvero vogliamo prescindere dall’ordinanza sindacale che vieta gli accampamenti dei nomadi (esiste davvero…), da
lungo tempo (ben 5 anni… ma la sua applicazione concreta ha lasciato alquanto a desiderare…), guardiamo la vicenda sotto un
aspetto spesso trascurato. Quali condizioni
accolgono queste persone quando si accampano in luoghi privi di allaccio per
l’acqua potabile, di servizi igienici, delle
più elementari dotazioni che la dignità di
essere umano richiede per potersi esplicare? Rispondiamo noi: nessuna! Eppure, nonostante segnalazioni di cittadini, proteste,
denunce, l’annosa questione, pur a conoscenza dell’Amministrazione comunale
non trova soluzione adeguata. Tranne
fiammate improvvise, tutto resta fermo.
E resta lettera morta l’ordinanza che
fissa in 24 ore il termine massimo di permanenza sul territorio comunale per gli accampamenti dei nomadi, nelle aree non attrezzate (ossia, tutte, visto che non ne esistono di attrezzate…). Resta lettera morta
la valorizzazione dell’angolo verde di via
Mercurio. Resta lettera la protesta dei cittadini e la loro speranza di una sistemazione
dell’area a verde pubblico (opera di urbanizzazione primaria, ricordiamolo…).
Chissà se resterà lettera morta la recente
modifica all’art. 4 del regolamento comunale che consente l’alienazione dei beni del
Comune con trattativa privata…). Perché
questa domanda? Beh, se qualcuno pensasse di alienare, diciamo in silenzioso assenso, la casa colonica e la zona circostante?
Come dite? Non si possono alienare opere
di urbanizzazione primaria? Vero è! Ma altrettanto vero è il detto “non c’è limite alla
ingordigia e alla faccia tosta”! Lo abbiamo
inventato noi questo detto? Altrettanto vero è, ma scommettiamo che ci azzecchiamo anche stavolta?
Corrado Petralia
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N. 1 5 • sa bato 7 ma ggio 2011
hinterland
di Giarre
La bontà va in forno
Catania: successo per il
7° campionato nazionale
di pizza al pesce, la
competizione italiana che
premia la qualità ed i
sapori del mare, la
creatività e l’abilità dei
maestri pizzaioli
L
a brillante competizione promossa
dagli organizzatori prof. Salvo Cucè
e prof. Vito Palazzo, realizzata in
collaborazione con Api (Associazione Pizzerie Italiane), Ap (Albo Italiano Pizzaioli Professionisti), Scuola Nazionale di Pizza, Pizza Sicilia e assessorato attività Produttive, si è svolta al Teatro Tenda di Terrazza Ulisse, Catania. Durante la competizione si
sono sfidati i più virtuosi pizzaioli italiani, mostrando le loro abilità artistiche, tecniche e culinarie, delle quali hanno fatto bella mostra esibendosi nelle diverse categorie di gara. A giudicare i concorrenti sono state chiamate quattro commissioni: una giuria
del gusto; una giuria tecnica e didattica (tenuta a valutare la preparazione teorica dei concorrenti, la
qualità tecnica dell’impasto preparato nonché consistenza e metodo di preparazione); una giuria “al
forno”, addetta alla valutazione di tecnica, cottura e
professionalità; una giuria della critica figurativa,
addetta alla valutazione della tecnica di preparazione e presentazione artistica della pizza. Tra i giudici
in gara erano presenti Francesco Salemi, Pippo Paolini, Salvo Bucalo, Enrico Bianchini, Nino Carizzi,
Manuela Dì Gregorio, Emmi Robert, Alfio Rapisarda, Lorenzo Caronita, Matteo Ruvolo, Mario Signorelli, Francesca Leonardi. Ad alternarsi alle gare,
momenti di elegante spettacolo, affidati alla brillante presentazione del noto conduttore televisivo Dario Matrix, che ha accompagnato il pubblico nelle
esibizioni dell’Accademia di Spettacolo e Danza
“Dancing Angels” e dal gruppo “Anthony Harley &
Black Roses”. Ad arricchire la manifestazione la
presenza dei fratellini Ruvolo (Mirko, Davide e
Paolo), che hanno lasciato il pubblico a bocca aperta
con il loro strabiliante spettacolo di pizza acrobatica
e che presto calcheranno il palco del noto programma nazionale “Italiansgot talent”. Ad impreziosire
le premiazioni la presenza della bellissima Giada
Contino, Miss “Una ragazza per la moda 2010” .
Per la categoria “Pizza classica tonda” si sono
classificati: Giorgio Sortino (I), Graziano Montalto
(II) e Thewathentrige Perrera/Surresh Rajasingha
(III class.). Per la categoria “Allievi e studenti” si
sono classificati: Pierluigi Pitroco (I), Marialuisa
Longo (II), Antonella Scordo (III). Per la categoria
“Creatività artistica”, si sono classificati: Giovanni
Signorelli con la scultura “Atlantide con l’acquario”
(I), Mario Chisari con la scultura “Il Faro” (II),
Giorgio Sortino con la scultura “Pesce Spada natura
marina”. Per la categoria “critica figurativa” si sono
classificati: Renato Pintaudi (I), Thewathentrige
Perrera/Surresh Rajasingha (II), Davide Patruno
(III). Per la categoria “Free Style singolo” si sono
classificati: Mattia Papotto (I), Alberto Camonita
(II), Romano Salvatore (III). Per la categoria “pizza
più larga” si sono classificati: Giuseppe Cuffaro
(102x93 cm, I classificato), Mario Chisari (88x85
cm, II), Alfio Rapicavoli (84x92 cm, III). Per la categoria “pizza in teglia” si sono classificati: Nicolò
Cusumano (I), Thewathentrige Perrera/Surresh
Rajasingha (II), Iezzi Ramona (III). Per la categoria
“Velocità” si sono classificati: Giuseppe Cuffaro
con 00.56,3 sec. (I), Francesco Calvagna con
01.08,1 min. (II), Alfio Romano Cavallaro con
01.11,1 min.(III). Per la categoria “Tecnica” si sono
classificati: Salvatore Cirino (I), Alfio Rapicavoli
(II), Renato Pintaudi (III). Per la categoria “Senza
Glutine” si sono classificati: Giorgio Sortino (I),
Bernardo Garofalo (II), Mari Caruso (III).
Un ringraziamento particolare, da parte degli
organizzatori, è andato agli Istituti Alberghieri di
Catania, Giarre, Messina e Randazzo i cui studenti
hanno partecipato attivamente all’evento, dando un
contributo essenziale alla buona riuscita del campionato, grazie alla loro preparazione e professionalità. Gli organizzatori, prof. Salvo Cucè e prof. Vito
Palazzo, invitano al prossimo campionato annuale
di pizza, portando avanti la loro missione nel valorizzare e promuovere la figura del pizzaiolo professionista anche attraverso manifestazioni analoghe,
che rappresentano un’importante possibilità d’incontro per tutti i ragazzi e gli appassionati del settore che abbiano la volontà di sperimentare.
Riceviamo e
pubblichiamo
Di seguito un comunicato della
Rete delle Associazioni e
dei Cittadini sull’attuale
problematica delle strisce blu
La Rete delle Associazioni e dei cittadini, facendosi interprete del disagio generalizzato nella cittadinanza e già
da più parti manifestato, in relazione alla problematica delle
strisce blu evidenzia quanto segue:
1) La durata della concessione costituisce una “ipoteca” sul centro di Giarre, il cui uso è vincolato per i prossimi
quaranta anni.
2) La logica della concessione è stata improntata ad
esigenze di puro business che ha generato un forte disagio
sociale e non tiene conto delle esigenze dello sviluppo urbano, delle attività produttive e del tempo libero: in sostanza della fruizione integrata della città.
3) L’entità e la concentrazione degli stalli non tiene conto della natura del centro storico di Giarre, in cui la carenza
di garages privati penalizza fortemente i residenti.
4) La dislocazione degli stalli nel centro storico penalizza il parcheggio multipiano, per la cui costruzione sono stati pensati, rendendone non conveniente e non necessario
l’utilizzo. Ci chiediamo allora perché è stato realizzato?
5) La gestione degli stalli è oltremodo vessatoria nei
confronti degli utenti cittadini, in quanto vi è scarsissima tolleranza sui tempi di provvista dei biglietti o per soste di breve durata.
6) Premesso che consideriamo eccessivamente onerose (e, in molti casi, di dubbia legittimità) le multe che vengono addebitate ai cittadini che parcheggiano senza biglietto,
non comprendiamo, e non ci è noto, quanti soldi vengono
incassati dal Comune e come questi soldi vengono reimpiegati.
7) In conclusione, evidenziati solo alcuni dei principali
problemi che la gestione delle strisce blu presenta, chiediamo chiarezza sui costi-ricavi complessivi della gestione del
parcheggio multipiano e degli stalli a pagamento, nonché risposte concrete e puntuali a favore dei residenti e degli
utenti che a vario titolo, professionale o altro, utilizzano il
centro di Giarre,
8) Per i suddetti motivi intendiamo promuovere le azioni
più idonee a tutela dei cittadini e per accertare lo stato dei
fatti e non escludiamo di chiedere all’Amministrazione Comunale la revoca del contratto in essere, ai sensi dell’articolo 14 dello stesso per ragioni di pubblico interesse.
Per discutere della problematica e delle azioni da intraprendere invitiamo le associazioni ed i cittadini ad una assemblea pubblica che sarà convocata a breve.
La Rete delle Associazioni
Marzia Vaccino
Riceviamo e pubblichiamo
Di seguito l’intervento del vice presidente della Commissione Cultura, arch. Salvo Patanè,
sulla precaria situazione dell’Istituto Psicopedagogico di Giarre annesso al Liceo Classico Amari
Prendo atto che i lavori a Palazzo Granata, sono ripresi da pochi giorni e che, anche ipotizzando una loro prosecuzione senza sorprese, la loro ultimazione non avverrà in tempo utile per l’inizio del nuovo anno scolastico. Sono stato facile profeta di un disagio che continua da troppo tempo e che, nonostante tutto, vede molte decine di nuovi studenti scegliere per la validità dell’offerta formativa, lo Psicopedagogico di Giarre.
Ho chiesto, in un’ottica di ottimizzazione dell’edilizia scolastica, che l’Ufficio tecnico provinciale verifichi all’Istituto Majorana-Sabin, (dove attualmente sono ospitate solo quattro classi), l’effettiva rispondenza planimetrica tra le destinazioni d’uso degli spazi scolastici (aule e laboratori) autorizzati dalla Provincia, proprietaria dell’immobile, e l’attuale situazione di fatto; prassi questa utile per tutte le situazioni di criticità dovute a fenomeni di migrazione scolastica.
I tecnici, ci dicano se ci sono aule libere per altri alunni. Non possiamo correre il rischio di finire e di cominciare un nuovo anno scolastico al buio: lo scenario di studenti costretti a contendersi e a negare ad altri studenti spazi per l’istruzione, è apocalittico. Una guerra tra chi crede d’essere espropriato e tra chi reclama pari dignità
e diritti, serve solo a tenere basso l’impegno della politica nella radicale risoluzione del problema.
> S E T T I M A N A L E IDG
Arch. Salvo Patanè
Vice presidente Commissione cultura P.I.
I miei colori
non
cambieranno
Cammino piano,
guardo tutto quello che c’è
vicino a me…
è bello sentire il rumore del mare.
Una rosa rossa,
circondata da un velo giallo,
mi fa sentire libero e felice.
Non ho paura di andare avanti,
la mia poesia mi dà la forza.
I miei colori non cambieranno,
nemmeno quando arriva la notte.
Vito Cutuli
di Giarre
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e Servizi Sant’Isidoro a r.l.
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Nuova edizione 16-12-1994
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ASSoCIAto A
UNIoNe StAMPA
PeRIoDICA ItALIANA
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> S E T T I M A N A L E IDG
caleidoscopio
di Giarre
N . 15 • sabato 7 mag gio 2011
3
Protetta… per poi essere abbandonata
F
auna selvatica protetta sempre più nel mirino dei bracconieri e, purtroppo, anche
dell’insufficienza di risorse a
disposizione degli Enti preposti alla tutela della natura.
La denuncia arriva dall’Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali) e fa riferimento
ad un recente episodio accaduto ad Acquedolci, in provincia di Messina. Un anziano
signore ha ritrovato un magnifico esemplare di barbagianni, ferito probabilmente ad
opera di qualche bracconiere. Il rapace, che
è stato dichiarato specie protetta dalla Legge 157/92 e dalla Convenzione di Washington sulle specie in via d’estinzione,
perdeva molto sangue da un’ala e l’uomo,
non sapendo come poterlo aiutare, ha trovato una soluzione nel ricordarsi che sul
posto c’erano due volontarie Enpa, e si è
messo in contatto con una di loro. La ragazza si è immediatamente attivata, chiamando il Corpo Forestale dello Stato del
vicino distaccamento di San Fratello, paesino arroccato tra i Monti Nebrodi, la più
grande Area Protetta della Sicilia, a 640
metri sul livello del mare.
“Acquedolci è a livello del mare – hanno sottolineato i responsabili dell’Enpa – e
questa è una precisazione vitale se un soccorso deve essere fatto in una giornata di
forte vento e pioggia da parte di una volontaria. Volontaria che si è sentita rispon-
dere dalla Forestale che loro non potevano andare ad Acquedolci a prendere il
Barbagianni e che quindi sarebbe dovuta
essere lei stessa a doverlo portare lì da loro. A questo l’aggiunta incresciosa nel
chiedere di non farlo a quell’ora (erano
già le 12) ma nel pomeriggio quando
avrebbero riaperto gli uffici. Il Barbagianni è stato così portato alle 16 del pomeriggio dalla stessa volontaria, trovato un passaggio, la quale ha affrontato strade impervie all’ottavo mese di gravidanza per
andare al distaccamento della Forestale,
sotto la pioggia a San Fratello, luogo ancora posto a rischio frana dopo i fatti di
Messina. Per il rapace non c’è stato nulla
da fare, aveva perso troppo sangue, si presume dalla notte fino al pomeriggio ed è
giunto senza vita”.
L’unico Centro recupero per la fauna
selvatica si trova a Messina e sarebbero occorse altre ore prima che l’animale potesse
finalmente avere il legittimo soccorso. Restano i rimpianti per non aver potuto operare al meglio per il salvataggio dell’esemplare di barbagianni. Rammarico che si
percepisce anche nelle parole dei responsabili dell’Enpa: “Di passaggi e incurie ne
sono stati fatti a iosa fino al punto di perdere un esemplare che avrebbe, invece, essere dovuto e potuto salvato. Non ci sono
dubbi sulle ripetute motivazioni di questi
ultimi tempi, addotte dalla Forestale che
opera nei Nebrodi, nell’esimersi al raccogliere fauna protetta e sul chiedere ai cittadini di occuparsene sia se portarli lì da
loro che addirittura a Messina. Poche risorse umane, scarsi mezzi, “orari d’ufficio” ed intanto nell’ultima settimana non
sono stati soccorsi varie altre specie. Già
il giorno prima della Pasqua la stessa volontaria era stata chiamata per un pipistrello, altra specie protetta e anche in
quella occasione è stata la stessa ragazza
che si è dovuta adoperare a fare arrivare a
Messina l’animale… in treno. Se la Forestale non è messa in condizione di operare,
si dovrebbe denunciare chi non permette
l’esecuzione delle opere che sono in capo
alla stessa Forestale. Non farlo, a nostro
avviso, equivarrebbe ad una omissione.
Tutto quello che si riscontra sono le enormi difficoltà che questo Corpo incontra nel
fare fronte ai propri compiti. E, nel frattempo, specie necessarie, utilissime all’uomo, meravigliosi esemplari protetti, continuano a morire in un territorio che la Legge ha sancito a tutela di questi animali”.
Valeria Scalisi
Una mezza di nome Manha
V
i era un tempo in cui ogni cosa era possibile,
un tempo in cui era più semplice che le cose
meno pensate potessero accadere, poiché la
gente era meno cinica e disinteressata, ma era anche
più legata a superstizioni e paure.
In una terra remota e lontana da qui accadde un avvenimento che avrebbe poi sconvolto, o almeno
profondamente turbato, la vita di coloro che la terra sopra citata abitavano: la nascita di una mezz’elfa con il
crine viola. Ma per capire ciò che accadde in seguito e
ciò che provocò la sua nascita, occorre iniziare da principio e narrare la storia della mezza chiamata Manha.
Tutto ha avuto inizio in un piccolo villaggio, da
tutti conosciuto con il nome di “Nefeirn”, posto al centro di una piana nella terra lontana di Westen, appollaiato nei pressi di un rinfrescante ruscello che, dalla
montagna vicina, si snodava sinuoso fino a lambire,
placido, le case degli abitanti di Nefeirn. La vita scorreva come il fiume, nel paesino, tutti si conoscevano e
si rispettavano e poco o nulla interessavano le notizie
sugli altri regni, che con i viandanti giungevano fino a
lì.
Ciò che riguardava le guerre e le conquiste degli
uomini o dei nani, ai cittadini del posto non importava
molto, non perché fossero egoisti, ma perché erano elfi
e, da molti lustri, sentivano parlare delle guerre che
molte delle altre creature amavano farsi tra loro. Alla
fine erano giunti alla consapevolezza che di certe razze, soprattutto quella degli uomini, non si ci potesse fidare, poiché essi erano guerrafondai ed avari di cuore.
I più saggi dicevano che non fosse del tutto colpa di
questa razza, ma che gli uomini erano nati con “un buco enorme nel petto e che nulla potesse colmarlo”.
Queste ed altre storie avevano, quindi fatto deliberare
al consiglio cittadino che non si dovesse avere nulla a
che dire con l’umana specie. Questi erano i sentimenti
degli abitanti ed ormai lo erano da tanto tempo. Così
tanto che nessuno più ricordava se vi erano mai stati
buoni rapporti con le razze che agli umani erano imparentati. Questi i luoghi ove parte la nostra storia che
porterà lontano chi la vivrà. Ma adesso, andando indietro, occorre partire da dove tutto ebbe inizio.
Quando una creatura viene al mondo, aprendo per
la prima volta i suoi piccoli occhi curiosi, ogni madre
elfica ne è orgogliosa e fiera di ciò.Tuttavia, la principessa Iavanna, figlia del re Moriel, della dinastia degli
elfi bianchi, che vantavano di discendere dalla dea Luna, non riusciva a gioire completamente quella mattina, alla vista del piccolo fagottino, nel quale la sua piccola riposava, poiché era consapevole che la sua creatura non sarebbe mai stata accettata, completamente,
in quanto ibrida. Il padre era umano e non un umano
qualunque ma un soldato. La giovane si ritrovò a pensare al giorno in cui lo aveva incontrato.
Accadde, durante una della sue lunghe passeggiate
lungo il corso del fiume. Si senti come chiamare, all’interno di una piccola radura, non molto distante dal
sentiero da lei percorso e, curiosa, vi si addentrò. Il
cuore le batteva forte, insolitamente si sentiva agitata,
ma le gambe sembravano portarla verso la loro meta
come se fossero dotate di una volontà propria o come
se una sorta di sortilegio le impedisse di tornare indietro e la spingesse nel folto di quella piccola radura. (fine prima puntata).
Valentina Consoli
Riceviamo e pubblichiamo
Lettera al Presidente della Regione Raffaele Lombardo: proposta di un disegno di legge sulla stabilizzazione dei precari Ata
Egr. Presidente della Regione Sicilia,
Dott. Raffaele Lombardo,
in uno spirito di confronto e fattiva collaborazione, lo scrivente e un gruppo di
precari Ata, colgono l’occasione per sottoporle la grave situazione del precariato catanese e la soluzione ritenuta più efficace
per interrompere una lunga ed estenuante
rincorsa al ruolo nella Pubblica Istruzione.
Il ruolo della politica siciliana, può rappresentare, come in altri settori della Pubblica
Amministrazione, un punto di partenza importante. La soluzione, che reputiamo migliore e che intendiamo sottoporle, riguarda la presentazione di un disegno di legge
in Parlamento, nel rispetto dei principi comunitari, in grado di coniugare il contenimento della spesa pubblica a standard produttivi di maggiore efficienza ed efficacia.
Ciò non potrà realizzarsi senza un dialogo
costruttivo e di programma tra le forze politiche e sindacali, che consenta una collocazione definitiva del personale Ata, nel
comparto scuola, a tutt’oggi privo della copertura di migliaia di posti vacanti e disponibili.
Premesso che la mancata adozione delle misure speciali previste nel Decreto Milleproroghe che tutelino nel prossimo A.S.
2011/12 i precari Ata (mancato rinnovamento della misura delle supplenze prioritarie), è il preallarme annunciato del rischio di perdita del posto di lavoro, di circa
20.000 mila Ata, fortunatamente compensati dai numerosi pensionamenti a partire
dal 01/09/2011, e che a rendere ancora più
problematica la questione si aggiunge il
piano programmatico degli interventi di razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse
umane e strumentali adottato dal Ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sul quale il Tar
Lazio Sezione terza bis, con Ordinanza depositata il 14 marzo 2011, ha accolto le re-
visioni di costituzionalità (di seguito indicate) dell’art. 64 del D.L. 112/2008, convertito in legge 133/2008 in esecuzione del
quale era stato emanato il DPR 119/2009,
secondo le quali le finalità della norma erano diverse da quelle di effettiva organizzazione del servizio di istruzione, avendo invece mere finalità di risparmio di spesa:
eccesso di potere legislativo (violazione
degli artt. 3 e 97 della Costituzione); violazione della riserva di legge di cui all’art. 97
della Costituzione; violazione del riparto
di competenza legislativa tra Stato e Regioni – violazione dell’art. 117 Costituzione.
La materia di cui sopra, non può essere
demandata solo all’attività sindacale, ma è
altresì di competenza del Parlamento Italiano, che dovrà porre rimedio attraverso
una legge, al crescente numero di ricorsi
presentati al Tribunale del lavoro, nelle
controversie aventi ad oggetto i contratti a
termine stipulati con il MIUR da numerosi
dipendenti della scuola e reiterati per più di
3 anni, nel medesimo profilo. Da questa
iniziativa, dipende il futuro del personale
Ata e il rilancio di una parte della scuola
pubblica siciliana. La normativa richiesta
deve intervenire per sanare quella situazione di criticità e instabilità che da anni caratterizza il sistema di istruzione, per via
del ricorso alla reiterazione sistematica dei
contratti a tempo determinato, colmando
quella vacatio legis necessaria per dare
continuità e consistenza alle attività del
personale ausiliario ed amministrativo della scuola, già private di numerose unità in
organico di diritto.
Il disegno di legge si propone di stabilizzare il personale Ata, in primo luogo coprendo quel 10,2% dell’organico di diritto
su posto vacante e disponibile, dato attualmente in supplenza annuale o fino al termine delle attività didattiche per l’a. s. 20092010, come risultante dalle dotazioni orga-
niche ufficiali a cui è stato sottratto il personale in servizio a tempo indeterminato:
circa 71.100 Ata. A tal fine chiediamo che
usufruiscano della normativa in questione i
precari in servizio “da almeno 3 anni, comprensivi di rinnovi o proroghe, anche non
continuativi, come previsto dalla Direttiva
Comunitaria 1999/70/CE del 28 giugno
1999 relativa all’accordo quadro CES,
UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato o che conseguano tale requisito in
virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 31 agosto 2011 o che siano stati
in servizio per almeno tre anni, anche non
continuativi, nel quinquennio anteriore alla
data di entrata in vigore della presente legge, che ne facciano istanza, purché siano
stati assunti mediante procedure selettive
di natura concorsuale o previste da norme
di legge, a partire dalla copertura in organico dei nuovi posti che si rendessero disponibili dalle cessazioni dal servizio al 1 settembre 2011, quando le nuove norme sull’età pensionabile per le donne (70,7 % del
personale in servizio è di sesso femminile)
che entreranno in vigore dal 1 gennaio
2012 fanno prevedere un aumento delle ultime cessazioni dal servizio (39.088 al 1
settembre 2009) consentendo con le nuove
immissioni in ruolo disposte dalla presente
norma un abbassamento dell’età anagrafica del personale in servizio (50 anni in media)”.
La necessità di proporre tale disegno di
legge, scaturisce dall’alto tasso di precarietà presente, dal persistente ricorso dei
precari agli ammortizzatori sociali, misure
provvisorie che seppur necessarie, non risolvono il problema, e la cui soluzione va
cercata in una legge nazionale che consenta di sanare tale e persistente utilizzo di
personale a tempo determinato. Il ricorso
alla contrattazione a tempo determinato
reiterata anche per lungo tempo parrebbe
una scelta programmatica dell’Ammini-
strazione che non giova né ai precari, né alla scuola siciliana, né alla politica regionale che rischia di perdere credibilità e consensi. Il Ministero, di fatto, formula ogni
anno delle scelte sul numero di immissioni
in ruolo da effettuare. Sulla base del dato
relativo all’organico di diritto, stabilisce
quale parte di tale organico deve essere coperto con personale di ruolo e quale parte
vada, invece, coperta con contratti a tempo
determinato, mediante utilizzo delle Graduatorie Permanenti. In altre parole, il Ministero pur essendo consapevole di avere
l’esigenza di coprire una determinata
quantità di posti di lavoro, più o meno costante nel corso degli anni, si riserva la facoltà di coprire con contratti a tempo determinato una quantità notevole di posti di lavoro, mettendo in ragionevole apprensione
migliaia di precari e il loro futuro.
L’accordo quadro in materia di diritto
comunitario del lavoro, introdotto dalla Direttiva 1999/70/CE, vieta a ogni Stato
membro di predisporre iniziative legislative finalizzate a realizzare disparità di trattamento tra personale a tempo determinato
e personale a tempo indeterminato. Una
scelta amministrativa che si configura come programmata e reiterata, mirata a contenere i costi del personale della scuola. Le
sentenze della Corte di Giustizia Europea
del 4 luglio 2006 su procedimento C.
212/04, del 7 settembre 2006 su procedimento C. 53/04, confermano tale indirizzo
che, in verità, è stato recepito nel nostro ordinamento dal Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n. 368, ma, purtroppo, mai
attuato nel comparto della scuola, a differenza di quanto previsto dalla legge 26 dicembre 2006, n. 296 e dalla legge 24 dicembre 2007 n. 244, per altri comparti della pubblica amministrazione. Nonostante
la vacatio legis rappresenti il punto debole
dei precari, le recenti sentenze dei Tribunali del Lavoro di Siena e Livorno, etc. se-
gnano una tappa importante, circa un nuovo orientamento giurisprudenziale in chiave comunitaria, in materia di stabilizzazione dei lavoratori pubblici con contratto a
termine e risarcimento del danno, “in sovra
ordine” alla normativa nazionale D.L.
2009/n. 134, recepito con L.N. 167/09 che
stabilisce invece che: “i contratti a tempo
determinato stipulati per il conferimento
delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3,
in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico
ed educativo, non possono in alcun caso
trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo
indeterminato e consentire la maturazione
di anzianità utile ai fini retributivi prima
della immissione in ruolo”.
Pertanto, considerato che migliaia di
precari Ata garantiscono l’inizio delle attività propedeutiche di inizio anno scolastico, che il suddetto personale non conosce
sosta neanche nel periodo estivo, in quanto
a differenza delle attività didattiche tali
adempimenti non consentono alcuna interruzione (fermo restando il periodo di ferie
obbligatorio di gg. 15 previsto dal
C.C.N.L. nel periodo 01/07 al 31/08), si rileva come la mancata applicazione della
normativa comunitaria seppur recepita dal
D.Lgs. 368/01, non trova ragione tranne
che in una legge nazionale che ne recepisca
il contenuto colmando la vacatio legis. Al
fine di recepire la materia di cui sopra, si
invita la S.V. a prendere in considerazione
al più presto la proposta di legge di cui in
oggetto, valutandone la soluzione più appropriata e tempestiva.
Cogliamo l’occasione, nell’approssimarsi della presentazione della fase costituente di rifondazione del Movimento per
l’Autonomia, di augurare a tutti voi, impegnati in questo nuovo progetto politico,
buon lavoro.
Distinti ossequi
Mario Di Nuzzo
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4
> S E T T I M A N A L E IDG
acese
N . 15 • sabato 7 magg io 2011
di Giarre
Sotto il segno del verismo
N
ella Sala Teatro dei
Pupi l’amministrazione comunale di
Acireale, per tramite l’assessorato alle
Attività culturali,
retto dalla prof.ssa Nives Leonardi,
ha presentato l’ultimo lavoro, in ordine di tempo, di Vincenzo Giuseppe
Costanzo (terzo nella foto da sinistra), un intellettuale acese poliedrico
e moderno. L’opera in oggetto è il romanzo Malasorte, Editrice A&B
Acireale-Roma. L’autore, classe
1943, scrittore, poeta, critico d’arte e
operatore culturale, tra l’altro ha al
suo attivo il volume di poesie “Variazioni Crepuscolari” del 1969, il saggio su alcuni racconti siciliani dal titolo “Profili e Ombre” del 1982, il
saggio “Ginevra Bacciarello - una vita, una morte, un mistero” del 1991, il
romanzo “Antico amore” del 1999.
Per meglio comprendere quest’ultimo lavoro di Vincenzo G. Costanzo
aggiungiamo che l’autore, da sempre,
è stato affascinato dalla storia della
nostra Sicilia e dei suoi uomini migliori e, in particolare, della storia
della cittadina di Mineo, patria del
Bartoluccio, del Maura, del Capuana
e di Bonaviri, anche perché i suoi antenati vi hanno abitato per ben trecen-
to anni.
Malasorte è una storia del XVII
secolo tutta siciliana, un pezzo di storia che si svolge in particolare nel territorio di Mineo, con protagonisti i
suoi abitanti, gli orgogliosi menenini
degli anni 1614 e seguenti, che hanno
preferito contrastare fino alla morte
le angherie e i soprusi del Conte di
Buscemi, Antonio Requesens, per
non avere tolto il diritto di utilizzare e
sfruttare per loro ed i loro pascoli il
Barchino, un vasto e fertile territorio
limitrofo all’allora centro abitato. E
nel cruento contesto di lotte proletarie, miseria, tradimenti, l’incendio
del castello del Barchino nella notte
di Pentecoste del 1615, l’opera del
Costanzo ci fa contemporaneamente
rivivere una storia d’amore impossibile tra la contessina Maddalena, orfana di entrambi i genitori, “giovane
donna portata ai voli della fantasia e
del sentimento”, nipote del Conte di
Buscemi e promessa in sposa al duca
di Campobello, e Nicola Xirotta
“giovane menenino avviato all’arte
notarile”. La fervida fantasia dell’autore, nel voluminoso testo, ovviamente, ha inserito anche altre storie
d’amore (Jana e Giacomino), alcune
storie di solidarietà umana (don Cosi-
I volti del volontariato
A
lla ribalta del Gazzettino la dottoressa Maria Caruso facente parte nella comunale
Avis Acireale del corpo sanitario guidato
dal dottore Salvatore Pennisi. All’impegno professionale/familiare dal 1996 aggiunge anche questo
di volontariato nell’Avis.
“La donazione del sangue – ci riferisce la dottoressa Caruso – comprende questi tipi: sangue intero; aferesi; donazione multipla di emocomponenti; autotrasfusione. La donazione del sangue
intero avviene nell’arco di tempo di 5/8 minuti e il
volume massimo di sangue da prelevare, stabilito per legge,
è di 450 centimetri cubici +/- il 10
%. Con l’aferesi (termine greco che indica l’atto di portare
via), nell’arco di tempo di 35/50 minuti e con l’uti-
mo e Serafina), pennellate su personaggi locali vari di ambo sesso, o meglio sul loro animo, sui loro caratteri,
amalgamandoli al meglio come sanno fare i migliori scrittori del neo verismo!
La presentazione del romanzo è
stata affidata a due donne che di cultura e sicilianità se ne intendono: Anna Ruggieri (prima da sinistra), avvocato e critico letterario, che ha ben
messo in evidenza l’ambientazione
storica nel suo complesso, sociale,
del costume e storico, e la prof.ssa e
critico letterario Maria Pennisi (seconda da sinistra), che ha evidenziato il valore letterario legato al Verismo di Capuana. Altra nota degna di
lode è stata la decisione di Vincenzo
Giuseppe Costanzo di donare il ricavato delle vendite a favore di Telethon, per sostenere le ricerche sulle
malattie genetiche e le distrofie muscolari. Per questo motivo è stato presente all’incontro il dott. Maurizio
Gibilaro (primo da destra), quale attuale coordinatore provinciale dell’Associazione che, nel fare presente
i compiti statutari di Telethon, ha ringraziato il Costanzo per il nobile gesto.
Per decoro e
sicurezza pubblica
Aci Sant’Antonio: prosegue
la campagna di rimozione dei
cartelloni pubblicitari abusivi,
diposta dall’Amministrazione
comunale
lizzo di separatori cellulari, dal sangue del donatore viene prelevata soltanto la componente ematica
che interessa: plasma (plasmaferesi) o piastrine
(piastrinoaferesi), restituendogli contemporaneamente gli elementi restanti. La donazione multipla
di emocomponenti avviene anch’essa con l’utilizzo
di separatori cellulari e comprende la eritroplasmaferesi (plasma e globuli rossi); la eritropiastrinoaferesi (globuli rossi e piastrine); la plasmapiastrinoaferesi (plasma e piastrine).
L’autotrasfusione, infine, è la procedura trasfusionale che consiste nel trasfondere al soggetto
unità del suo stesso sangue, prelevato in precedenza, e predepositato”.
Prosegue su tutto il territorio del Comune di Aci Sant’Antonio, con particolare attenzione alle zone sensibili, che corrispondono al centro urbano ed alla circonvallazione, la campagna di rimozione dei cartelloni pubblicitari abusivi. Avviata nei
giorni scorsi ed ormai prossima al completamento in alcune
zone del territorio santantonese, tale opera di rimozione interessa i cartelloni delle dimensioni di metri 6 per 3, installati
abusivamente da alcune ditte in violazione del “Regolamento
per la collocazione delle insegne, impianti per la pubblicità e
pubbliche affissioni”, approvato con delibera di Consiglio Comunale il 28 febbraio 2008. L’intervento di rimozione è stato
disposto dall’ordinanza sindacale n. 14 dell’1 aprile 2011, e si
è reso necessario “per motivi di sicurezza e di incolumità pubblica, nonché per esigenze di carattere tecnico”.
«Si tratta di impianti privi di autorizzazione che, in questi
giorni, sono stati rimossi – ha spiegato il sindaco, dott. Pippo
Cutuli –. È stato un provvedimento adottato per ragioni di imparzialità, rispetto del Codice della Strada e delle norme vigenti in materia, e che rientra nel piano di riordino del territorio
per la collocazione degli impianti pubblicitari. Era, inoltre, necessario scongiurare possibili problemi per la pubblica incolumità, derivanti dal fatto che alcuni dei cartelloni in questione
erano già divelti. La raccomandazione che, anche in questa
occasione, desideriamo rivolgere ai privati e alle ditte specializzate è sempre la stessa, mirata al rispetto delle leggi vigenti
in materia e ad una maggiore considerazione del decoro cittadino».
C.D.M.
Valeria Scalisi
Camillo De Martino
Gazzettino 7-05-2011:Gazzettino-nuovo 1 05/05/11 20:02 Pagina 5
> S E T T I M A N A L E IDG
attualità
di Giarre
N. 1 4 • s aba to 30 apr ile 2011
Una festa per ricominciare
Dopo il meeting, subito
in campo per la nuova
stagione, esordio con
vittoria per il Softball
Catanese, stecca alla
prima il Catania Warriors
L’
avevamo lasciata con la clamorosa rinuncia alla IBL 2011, ma
le sfide non finiscono mai ed è
per questo che ve ne è una nuova
da affrontare per la Franchigia
Siciliana. La stagione agonistica
è già iniziata e la Franchigia Siciliana vi prenderà parte con il Catania Warriors, che ripartirà dalla serie C.
Non lo stesso palcoscenico della IBL, ma un punto dal
quale ripartire. Fervono le attività giovanili insieme al
ritorno del Softball a Catania, che con la Wild Think
Catania Softball, parteciperà al campionato di serie B.
“Abbiamo pensato di creare un’opportunità di incontro con i nostri soci, dirigenti, atleti, tecnici, tifosi,
appassionati ed amici per condividere insieme un momento importante della nostra vita sociale, che coincide appunto con l’inizio della stagione agonistica”,
ha detto il Presidente della Franchigia Siciliana, Antonio Consiglio, ed infatti, presso l’Agriturismo Passitti
si è tenuto il “Baseball & Softball Meeting 2011”.
“Era giusto e bello allo stesso tempo – ha proseguito il
presidente Coniglio –, per l’inizio stagione, organizzare una vera e propria festa dando così corpo a quegli aspetti di vita sociale assolutamente determinanti
per il nostro contesto. Durante l’evento, ai bambini
intervenuti abbiamo dato la possibilità di cimentarsi
nella pratica del Mini Baseball e Softball, mentre le
squadre maggiori, sia maschile che femminile, si sono
esibite in azioni di gioco dimostrative. Abbiamo anche pensato di organizzare il tutto autotassandoci; e
così anche questo vuole essere un ulteriore contributo
per far capire il nostro nuovo modo di concepire la
società. Questa è stata, inoltre, una piacevole occasione per scambiare opinioni ed idee sui nostri nuovi
obbiettivi. Abbiamo presentato dunque il programma
sociale del 2011, con qualche indicazione anche per
l’anno 2012, soprattutto per quanto riguarda le attività di promozione e di base nelle scuole e le attività
giovanili. Presentante anche le nostre squadre con le
quali vogliamo ben figurare nei rispettivi campionati
e distinguerci sempre per organizzazione, sportività e
competitività”.
“Non c’è un grande futuro domani se non hai un
grande passato alle spalle”, questo lo slogan del meeting, un passato che è comunque esistito e aveva il suo
futuro, prima che venisse vanificato dall’inconsistenza di istituzioni e promesse non mantenute. Se i giovani possono rappresentare in qualche modo il futuro, la
speranza è che l’accademia del baseball “ACF Baseball Softball Academy Sicilia”, possa rilanciare concretamente il movimento con la realizzazione di strutture di minibaseball e diverse attività per i giovani da
portare in tutta l’isola.
Il weekend è, però, già iniziato in maniera strepitosa. Al IV Novembre, per la prima gara di campiona-
to del Wild Think Catania Softball contro il San Giorgio di Reggio Calabria, le bianco arancio si sono imposte 10-2 al quinto inning.
“Esordio positivo, la squadra era ben disposta in
campo – ha dichiarato il Manager, Maurizio Imperio,
ex del San Giorgio – che ha facilmente avuto ragione
di un San Giorgio, meno propositivo del solito. Per
me è stata un’emozione particolare esordire proprio
con la squadra che ho allenato per gli ultimi tre anni.
Ottima prestazione sia in fase difensiva che in attacco, ma abbiamo ancora margini di miglioramento”.
È scesa in campo al Warriors Field per l’esordio
stagionale, anche la squadra maschile del Catania
Warriors ospite del Paternò Red Sox. Per i nero arancio esordio sfortunato e sconfitta. “Non ci aspettavamo questo risultato – ha detto Michele Consiglio, Manager del CW –. Adesso, bisogna rimboccarsi le maniche e riscattarci sin dalla settimana prossima”.
5
Cara Francesca...
Martedì 3 maggio 2011, hai lasciato bruscamente e inaspettatamente questo mondo terreno. Proprio nel momento in cui il tuo proverbiale ottimismo ti faceva ben
sperare per il futuro, nella grande
lotta che avevi intrapreso ormai da
mesi per sconfiggere quel male
che si era vigliaccamente e silenziosamente ripresentato più tenace
che mai. e noi tutti speravamo con
te. Del resto non potevamo fare altro, quando, guardandoti in viso, ognuno di noi veniva irradiato dalla tua gioia di vivere. Hai saputo indiscutibilmente trarre il meglio dalla vita, vivendola intensamente e allegramente. Sì, proprio l’allegria era
il tuo pezzo forte. Ma, allo stesso tempo, non possiamo mettere in secondo piano la tua generosità, che a
detta di molti non conosceva limiti, ed aver pensato
alle persone a te care, negli ultimi giorni della tua vita,
per i consueti regali pasquali ne è prova evidente; la
tua disponibilità, così grande da lasciarci spesso increduli, in un mondo sempre più materialista in cui
molto raramente si fa qualcosa senza avere la certezza di qualche possibile ricompensa. Potremmo
continuare a lungo in questo elogio, ma forse è meglio tenere per noi, gelosamente, i tanti dettagli, positivi o negativi, della tua esistenza terrena.
Le persone come te, cara Francesca, mai cessano di essere. Siamo sicuri che l’intensità della tua voce, l’allegria delle tue risate, la luce del tuo viso, saranno più presenti che mai nei nostri cuori. Hai perso
una battaglia, ma, alla fine, sei stata certamente tu a
vincere la guerra. Pertanto vogliamo pensarti più felice e radiosa che mai tra le splendide anime del Cielo.
Il Male ha vita breve, Il Bene vive in eterno.
Salvatore Rubbino
Ritagli di tempo
Ritagli di tempo
vissuti in riva al mare,
....così per oziare
o forse per ricordare......
accendono poche speranze
e non sogni,
ma ti scarnificano i ricordi
e gli ideali di un tempo
che altri uccisero in te.
Saro Pistorio
Gite fuori porta… Documenti tra
a prova di pioggia pathos e vitalità
Con un Primo Maggio rovinato, in molti casi, dal tempo poco
favorevole, restano sempre valide numerose proposte per
visitare angoli incantevoli del territorio in altre occasioni
S
i dice che una rondine non fa primavera. Allo stesso
modo, il vento e gli acquazzoni degli scorsi giorni non
hanno raffreddato lo spirito e la voglia di natura di
grandi e piccini che, costretti a rimanere a casa per Pasquetta, giorno delle “scampagnate” per eccellenza, avevano subito proiettato il pensiero su come rifarsi per il Primo Maggio.
Mare, montagna, natura: nella nostra zona, le alternative per
passare un allegra e spensierata giornata all’aria aperta sono
numerosissime. La nostra cara “muntagna” ha già effettuato
il cambio di stagione, riponendo dentro l’armadio le candide
lenzuola di neve che ricoprivano i suoi pendii. Cambiano,
quindi, anche i frequentatori della Pineta di Linguaglossa, la
quale, dopo aver dato l’arrivederci agli amanti dello sci, è
pronta ad accogliere domenica tutte le famiglie che preferiscono il paesaggio – e il clima – primaverile dell’Etna.
L’evento più vulcanico, tuttavia, si è tenuto sul versante
Sud, all’interno della Pineta di Nicolosi. Ambiente, arte,
sport e giochi e musica sono state le parole chiave del Rigenera Festival: oltre a numerosi stand e aree ludico-ricreative,
il parco ha accolto 20 band che si sono alternate nel corso
della manifestazione. Ospiti d’eccezione i Flor, famosa band
catanese che nei primi anni ‘90 ha girato l’Europa aprendo i
concerti dei Rem. Per i più spericolati il parco Etnavventura
aveva riaperto le proprie attrazioni: ponti tibetani, liane, passerelle e tirolesi aspettavano solo di essere affrontate da tutti
coloro che, stanchi di passare 100 giorni da pecora, desideravano passarne almeno uno da leoni. Il divertimento non
mancava nemmeno al mare: il Rock Therapy e il Rock Revolution, veri e propri fenomeni della movida catanese, invadevano due tra i più importanti lidi della playa. Sia il ”One day
music” che il “Revolution Day-Woodstock spirit” erano presenti per animare il Primo maggio di migliaia di giovani. Da
metà mattinata fino a tarda notte si conviveva con l’alternanza di giochi in acqua, lezioni di surf, balli sfrenati… tutto a
ritmo di Rock’n’Roll. In tutto il resto del litorale, da Catania
fino alla punta dello stretto, non dovevano mancare i nostalgici del mare, che avrebbero colto l’occasione della festa dei
lavoratori per fare il primo tuffo dell’anno.
Per chi, invece, preferisce immergersi nella natura, tre
sono le riserve che meritano di essere visitate: la più famosa,
che non ha bisogno di presentazioni, è la riserva delle gole
dell’Alcantara, piena di laghetti, grotte e cascate. La più sottovalutata è la riserva della Timpa di Acireale: anche se essa
è incastonata dentro un contesto visibilmente antropizzato,
rimane un oasi di macchia mediterranea incontaminata. La
Fortezza del Tocco, la spiaggetta di scogli di Santa Caterina,
Pieno successo per la personale di pittura
“Vernissage di Colori” del pittore Mario Pistorio,
proposta a Sant’Alfio dalla Galleria d’Arte Firme
d’Autore di Giarre in occasione della festa dei
Santi Alfio, Cirino e Filadelfo
A
la sorgente di acqua rossastra “Acqua del Ferro” e le gallerie
della vecchia ferrovia costituiscono un percorso naturale non
privo di bellezze e di sorprese. Spingendosi verso sud è possibile raggiungere la terza delle nostre riserve, ovvero quella
della Valle dell’Anapo, a Sortino (Sr). La vallata, attraversata dal fiume Anapo, è davvero un posto magico, quasi una
porta del tempo per visitare un lato ancestrale della Sicilia
ormai quasi dimenticato. Tra un sentiero tortuoso e l’altro,
per tutti i visitatori è assolutamente imperdibile rifocillarsi
con un picnic in riva al fiume.
Se il picnic non bastava, nella stessa zona, a Cassibile,
come ogni anno all’Ippodromo del Mediteranneo si svolgeva
la Festa della fragola. La fragola, lavorata in mille modi diversi, sarà la protagonista di una sagra che conta di accogliere estimatori provenienti da tutta la Sicilia. A Scicli (Rg) invece, la sagra del pomodoro era l’opportunità di gustare il
prodotto tipico del luogo all’interno di pizze, pasta fresca e
“nciminati”, le pagnotte tradizionali della sagra. Il Primo
maggio, quindi, dal dolce al salato, dal mare alla montagna,
una festa davvero per tutti i gusti. E se il maltempo vi ha rovinato i programmi, feste a parte, i tanti luoghi che vi abbiamo raccontato sono sempre pronti ad accogliere i visitatori,
anche fuori dalle feste canoniche dedicate alle gite fuori porta.
Antonio Percolla
Sant’Alfio, in occasione della festa religiosa dei Santi
Alfio, Cirino e Filadelfo è
stata allestita una mostra
dal tema “Vernissage di
Colori”, al Palazzo di Città,
del pittore Mario Pistorio.
La personale è stata organizzata e curata dalla Galleria d’Arte Firme d’Autore
di Giarre, con la sua Art Director Lucia Rocca, che ha provveduto alla disposizione delle opere ed ha presentato l’artista, nostro conterraneo, con grandi potenzialità
pittoriche che traspaiono attraverso la purezza
dei colori e il suo autentico amore per l’arte. La
mostra, tanto apprezzata, è stata aperta al pubblico in presenza del sindaco, Salvatore Russo,
del presidente del Consiglio comunale, prof.
Alfio La Spina, del Comandante dei Carabinieri di Sant’Alfio, dott. Alfio Polisano, dal Parroco don Salvatore Garozzo.
Mario Pistorio, pittore per passione, sprigiona tanto amore per la pittura, l’emotività, la
serenità e la capacità di imprimere i colori, con
tanti pennelli, sulla fredda tela, che si tramuta,
come per magia, in una calda e significativa
opera d’arte. Apprezzare la mostra, nella sua
più complessa sicilianità, equivale ad ascoltare
le tanti voci della natura, con una ammirevole
capacità di cogliere il bello nelle sue molteplici
e frastagliate comunicazioni naturali, la conoscenza del mondo in cui viviamo. Brillano, fra
i tanti soggetti d’arte, le fitte piante di ficodindia dai colori vivaci, ove domina il colore giallo del sole e il verde della vegetazione, della
natura e della vita stessa. L’artista Pistorio, nella sua pittura, non tende a divagare. Proprio per
concentrare la sua attenzione, con le sue spic-
cate versatilità espressive, è riuscito a
superar il non
facile muro dell’anonimato, sia per la delicatezza del tratto che per la perfezione prospettica, dedicandosi all’arte che gli consente di raggiungere un ottimo grado di perfezionismo. I
suoi colori, prettamente mediterranei, cromaticamente apprezzabili per il delicato e saggio
uso della tavolozza, ostentano verismo e piena
corrispondenza con l’ambiente etneo, nella vastità del suo orizzonte creativo. Il pittore trova
sempre la giusta misura rappresentativa, curata
nei minimi particolari. Figure e natura sono dipinti che egli predilige ed esegue con tanta attenzione e maestria.
Il successo gli è stato decretato dalle numerose personali e collettive in cui, attraverso
l’attenta organizzazione della Galleria Firme
d’Autore, ha partecipato ottenendo notevoli
consensi delle varie giurie e della critica, che
poggiano il loro giudizio sulla veridicità dei
soggetti. Infatti, le opere di Pistorio restano
sempre un “documento”, imbevute di tanta forza espressiva dovuta al pathos ed alla suggestione profonda ricca di tanto sentimento.
Anna Fichera
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> S E T T I M A N A L E IDG
N . 15 • sabato 7 mag gio 2011
catania e provincia
Strutture portanti del Paese
Grande partecipazione per
i festeggiamenti del 150°
anniversario della
Provincia di Catania
G
onfaloni, fasce tricolori e divise militari hanno fatto da cornice, al Chiostro di Palazzo Minoriti, al la cerimonia d’apertura delle manifestazioni
celebrative per i 150 anni dall’istituzione della Provincia di Catania nell’ambito dei festeggiamenti dei 150 dell’Unità d’Italia. Si tratta di una manifestazione voluta dal presidente, Giuseppe Castiglione, la grande festa della Provincia, che ha caratterizzato l’arco temporale da giovedì
5 e a sabato 7 maggio, per una “tre giorni” ad alta densità di iniziative che ha registrato la piena partecipazione di tutte le Istituzioni locali.
«La Provincia si è assunto il compito di concorrere ad una visione congiunta delle iniziative – ha dichiarato il presidente dell’Amministrazione provinciale, Giuseppe Castiglione –, per un grande momento
dove ancora una volta si condividono valori, progetti
e iniziative. Il programma, intenso e vivace, è stato
ideato ed attuato per essere di interesse storico-culturale e quanto più coinvolgente per tutto il tessuto sociale del territorio. Proprio il presidente Napolitano,
ricordando l’articolo 114 della Costituzione ha più
volte ribadito l’importanza delle Province, che ha definito strutture portanti del Paese».
La Bandiera Tricolore bordata lateralmente con
l’azzurro, colore istituzionale della Provincia, è l’indiscusso protagonista delle giornate dedicate ai festeggiamenti per i 150 anni dell’anniversario dell’Amministrazione provinciale. Gli appuntamenti, ospitati
nella sede istituzionale di Palazzo Minoriti, hanno
avuto un inizio solenne, nel Chiostro di Palazzo Minoriti, grazie alle note dell’Inno nazionale eseguito dalla
Banda musicale della Marina Militare Italiana, alla
presenza delle massime autorità civili e militari, dei
presidi degli istituti superiori ed i sindaci dei 58 Comuni della provincia, che hanno ricevuto la bandiera
del 150° anniversario dell’Ente. A conclusione una
maxi torta a forma di bandiera con il logo della Provincia e del 150°, appositamente realizzata dai talentuosi studenti dell’Istituto Alberghiero Karol Wojtyla.
A seguire, uno speciale gioco di luci nella suggestiva
piazza Università accoglierà un appuntamento imperdibile: il concerto della banda musicale della Marina
Militare diretto dal maestro Antonio Barbagallo. Tra
gli appuntamenti più carichi di significato, venerdì 6
maggio, la convocazione straordinaria della seduta solenne Consiglio provinciale, con invitati d’eccezione
gli ex presidenti dell’Ente: Salvatore Distefano, Giulio Sacha Tignino, Diego Di Gloria, Carmelo Rapisarda, Francesco Altamore, Nello Musumeci e Raffaele
Lombardo. Tra le varie iniziative il premio dedicato
agli studenti che hanno partecipato al concorso d’idee
“Una cartolina per il 150° Anniversario dell’Amministrazione provinciale di Catania”, che vedranno riprodotti proprio in una cartolina i migliori disegni. A tutti
i ragazzi che hanno partecipato il presidente Castiglione ha consegnato un premio. Per gli appassionati di filatelia, la Provincia ha pensato di realizzare con la collaborazione della Poste italiane due annulli postali,
prodotti dalla Zecca dello Stato. Il presidente Castiglione ha, inoltre, ringraziato il ministro Ignazio La
Russa e il sindaco di Catania, Raffaele Stancanelli,
per la particolare attenzione che hanno voluto rivolgere all’evento.
di Giarre
Territorio, chiave
del successo
Intervista al dott. Ettore
Barbagallo, assessore ai
Lavori pubblici, Servizi
cimiteriali, Attività
produttive e Politiche
comunitarie del Comune
di Viagrande
Giuseppe Musumeci
Appello per scongiurare i rischi sulla sicurezza
te e certificabili – dice il Presidente
della Fondazione, Santi Maria Cascone –. la tutela ambientale è un tema fortemente attuale che la nostra categoria
è chiamata ad approfondire e concretizzare in quanto protagonista dell’innovazione in edilizia”.
La relazione principale dell’incontro è stata tenuta dal docente dell’Università di Padova e componente della
commissione acustica dell’Uni (Ente
nazionale italiano di Unificazione) Antonino Di Bella, tra i massimi esperti in
Italia sull’argomento, che ha tracciato
con chiarezza l’evoluzione normativa e
le ricadute sul progetto degli edifici per
il comfort acustico. L’amministratore
delegato della Celenit Spa Piero Svegliado ha invece presentato numerose e
specifiche soluzioni tecniche per il benessere termico e acustico degli edifici.
In rappresentanza dell’Ordine degli Architetti di Catania è intervenuto inoltre
il segretario della rispettiva Fondazione
Vincenzo Giusti.
“La formazione su questi temi non è
facoltativa ma necessaria – ha aggiunto
Carmelo Maria Grasso, Presidente dell’Ordine – perché è un modo di far
fronte alla rapidità negativa con cui
cambiano le normative. Non si fa in
tempo a consolidare una legge che ne
subentra una nuova. Il nostro Ordine
allora attribuisce un’importanza eccezionale all’aggiornamento dei professionisti”.
Infine, è intervenuto il componente
del Consiglio della Fondazione e coordinatore dell’evento Vincenzo La Manna, il quale ha sottolineato che “generalmente, si pensa che la soluzione
strategica per risparmiare energia è
isolare gli edifici con gli espansi derivati dal petrolio. Tuttavia, gli isolanti
naturali negli usi comuni possono sostituire con la stessa efficacia il petrolio, lasciando che questa risorsa limitata sia impiegata per fini più nobili”.
“Valorizzare i prodotti e le risorse del nostro territorio etneo”. Questa è la parola d’ordine espressa dal
dott. ettore Barbagallo, all’inizio della nostra conversazione. Barbagallo, 45 anni, sposato, due figli, laureato in Scienze Agrarie, professione insegnante, dal
2008 ricopre la carica di assessore ai Lavori pubblici,
alle Attività produttive, Risorse comunitarie e Servizi
cimiteriali, presso il Comune di Viagrande. Barbagallo
non è nuovo alla politica in quanto, da circa vent’anni,
ha ricoperto vari ruoli, sia come consigliere sia come
Presidente del Civico consesso presso il Comune di
Viagrande.
- Dott. ettore Barbagallo, quali sono stati i motivi
che l’hanno indotta ad impegnarsi nella vita politica e
sociale della sua cittadina?
«Da circa vent’anni, mi occupo di politica sociale,
sportiva ed ambientale, con l’intento di dare un contributo alla crescita della Comunità di Viagrande, alla
quale sono legato da generazioni e che vanto orgogliosamente in ogni occasione».
- Nel settore delle opere pubbliche, quali interventi sono stati realizzati nelle strutture già esistenti sul
territorio di Viagrande?
«Abbiamo in cantiere decine di opere, le più importanti sono: il nuovo Cimitero Comunale, il rifacimento del Palazzo Turrisi Grifeo, la Piazza San Biagio, le Scuole Medie ed Elementari, l’Illuminazione
Pubblica, la rotatoria e varie opere di adeguamento e
messa in sicurezza».
- Quali iniziative sono state intraprese per favorire
lo sviluppo delle attività produttive?
«Fra le nuove iniziative possiamo elencare: il nuovo sito internet, l’adesione ai vari Consorzi (Gal, Prust) e Distretti Turistici, l’avvio del procedimento del
Centro Commerciale Naturale ed inoltre abbiamo organizzato una serie di incontri con gli operatori commerciali ed economici».
- Secondo lei, il sistema cooperativistico potrebbe
essere un modo per sopperire alla grave crisi occupazionale che attanaglia il mondo giovanile e, nel contempo, migliorare e rendere più efficienti i servizi nel
comparto turistico-ambientale?
«Sostanzialmente no, sono fortemente scettico
sull’opportunità del sistema cooperativistico in Sicilia,
sia per ragioni culturali che burocratiche. Ritengo molto più efficiente una politica regionale e nazionale di
sostegno alle medie e piccole imprese individuali».
- In che modo si può valorizzare il territorio etneo?
«Sembra una frase fatta e ripetuta, ma la parola
d’ordine deve essere la valorizzazione dei prodotti e
delle risorse uniche del nostro territorio in primis l’Etna, in seguito i prodotti enogastronomici tipici e la promozione delle nostre radici culturali».
Salvatore Rubbino
Giuseppe Russo
Preoccupa l’assegnazione di un lavoro affidato con un ribasso dell’80%,
in progetto una camera di conciliazione con altri ordini professionali
“A
llarmante la tendenza dei ribassi”. È l’allarme lanciato
dal Presidente della Fondazione dell’Ordine degli Ingegneri di
Catania, Santi Maria Cascone. Il seminario “Rischi professionali e coperture
assicurative” si è rivolto sia ai professionisti di tutto il territorio provinciale,
che all’opinione pubblica, poiché le ristrettezze economiche, con cui si è costretti a lavorare, compromettono la gestione della sicurezza, e dunque degli
infortuni sul lavoro, e mortificano la
qualità del risultato finale innescando
contenziosi. In un Comune della provincia catanese è stato affidato, tramite
gara, un lavoro pubblico con un ribasso
superiore all’80% dell’importo previsto
per la progettazione e il coordinamento
della sicurezza. Un caso allarmante,
che manifesta la grave situazione che la
categoria degli ingegneri deve fronteggiare. Progettare e costruire con queste
cifre, che non coprono neanche le spese, determina una pericolosa riduzione
della qualità delle prestazioni, e di contro un aumento dei rischi sulla gestione
dei cantieri.
“Con l’obiettivo di scongiurare in
tempo questa preoccupante tendenza –
ha detto il presidente dell’Ordine, Carmelo Maria Grasso – il nostro ente ha
firmato, prima con la Provincia e in seguito con il Comune di Catania, un protocollo per l’affidamento degli incari-
chi che pone limiti ragionevoli ai ribassi. Dopo due anni dalla firma dell’intesa, il protocollo è stato applicato in un
solo caso. Tuttavia siamo sempre in
continuo dialogo con le istituzioni per
non abbassare la guardia sull’andamento delle gare d’appalto”.
Dopo i saluti dei presidenti Cascone e Grasso, e del vicepresidente aggiunto dell’Ordine etneo degli Architetti Paola Pennisi, sono intervenuti la
consulente legale dell’Ordine Ingegneri
Fiorella Russo, e i rappresentanti dell’azienda Marsch Spa, competente in
materia, Antonio Fattore e Katiuscia
Vanin. Durante l’incontro – coordinato
dal segretario della Fondazione Alfio
Grassi – l’attenzione è stata poi focalizzata sul tema della copertura assicurativa, la cui scelta oculata deve orientarsi
all’interno della casistica di incidenti e
contenziosi. Numerosi i professionisti
presenti, che hanno colto l’occasione
per maturare una maggiore consapevolezza sui rischi professionali e sulle
possibilità delle polizze d’assicurazione. L’ampio dibattito emerso si è concluso con l’auspicio di avviare iniziative in questa direzione che blocchino
l’andamento negativo dell’affidamento
delle prestazioni professionali.
All’assemblea degli iscritti all’Ordine degli Ingegneri, tenutasi il 26 aprile, il presidente Grasso lascia intendere
come il contributo offerto non sia stato
recepito dalle Amministrazioni: “Nessuna Amministrazione del nostro territorio, dalla più piccola alla più grande,
ha recepito concretamente il contributo
tecnico offerto dall’Ordine etneo degli
Ingegneri nelle aree di competenza. Mi
riferisco alle linee guida per l’attuazione del Piano Casa regionale inviate ai
58 comuni della provincia, ai protocolli
per monitorare l’affidamento degli incarichi per i lavori pubblici e per mitigare i ribassi eccessivi nelle gare d’appalto, alle iniziative per contribuire alla redazione dei piani regolatori generali e dei regolamenti edilizi delle
città”.
A dimostrazione dell’interesse per
le istanze del territorio, una risposta immediata ed eloquente alla situazione attuale del mercato professionale, per
opera della Fondazione dell’Ordine
presieduta da Santi Maria Cascone, è
stata la formazione di 30 ingegneri
“conciliatori” all’indomani dell’entrata
in vigore dell’obbligo della mediazione
civile.
“In un momento di crisi generale
per la nostra categoria, diversificare la
nostra attività professionale è la giusta
strada da intraprendere – continua
Grasso –, a breve, costituiremo un apposito gruppo di lavoro che si occupi
delle iniziative in materia, mentre si discute già con altri ordini professionali
di istituire un’unica camera di conciliazione”. Affiancato dal segretario Aldo Abate e dal tesoriere Mauro Scaccianoce, il Presidente ha concluso ribadendo come l’attività dell’Ordine non è
soltanto interna ed autoreferenziale ma
“trova la sua ragione d’essere proprio
nell’apporto professionale dato all’ambiente in cui opera. Auspichiamo quindi che le istituzioni prendano in considerazione non solo la nostra voce, che
continueremo certamente a far sentire,
ma soprattutto le nostre azioni”.
Il seminario dell’innovazione posto
l’attenzione su quelli che sono chiamati
“isolanti naturali” che possono sostituire l’uso del petrolio. Lana di roccia e di
canapa, fibre di legno e di cellulosa, sughero compresso o espanso: la natura ci
dona questi materiali per il “comfort”
delle nostre case di mattoni e cemento.
Riescono a tenere fuori dalle mura domestiche il freddo, il caldo e i rumori
fastidiosi, senza consumare energia.
Il seminario si è svolto al President
Park Hotel di Acicastello al fine di migliorare la formazione e l’aggiornamento degli ingegneri catanesi che “sono chiamati a progettare e costruire
edifici sempre più ecosostenibili, con
prestazioni acustiche e termiche eleva-
È un mestiere di famiglia
Il Liceo Capizzi di Bronte e la scrittrice Dacia Maraini. Un viaggio
all’interno di un mondo fatto di emozioni e parole che viaggiano veloci
U
na stanza piena di parole vere, parole che fanno la differenza, che
parlano a tutti e ad ognuno, di mondi esistiti e di mondi possibili, lo è stata per
qualche ora l’Aula magna del liceo Capizzi
di Bronte dove si è tenuto un incontro con
la scrittrice Dacia Maraini. L’incontro è
stato organizzato dalla preside del liceo,
Graziella Emanuele, con l’intento di avvicinare gli studenti alla lettura ma, soprattutto, come spiega nella sua riflessione
conclusiva, “con la voglia di fare crescere
l’utopia e di riaffermare il bello”. Ed è proprio il concetto di bellezza che Dacia Ma-
raini ci racconta. “La bellezza non ha funzioni, è fine a se stessa, la bellezza è armonia, è profondità di un pensiero, la bellezza
è anche giustizia”. Fondamentale è, inoltre, per la scrittrice la capacità di credere
negli ideali, “amo molto l’idealismo” ci dice, sottolineando che non crede alla versione giornalistica che presenta la gioventù di
oggi vuota e senza ideali. I suoi appuntamenti nelle scuole gli hanno trasmesso altro e, alla conseguente domanda di una ragazza, che si chiede se sia possibile sognare un mondo migliore, la risposta nasce obbligata ed è un “si!”.
Il dibattito, pieno di interessanti domande, continua con l’interrogarsi su alcune figure dei suoi personaggi. In particolare, nell’approfondire la passione per la lettura di Marianna Ucria, la Maraini ci spiega che bisogna imparare a saper leggere:
“Saper leggere non è una cosa semplice,
non si nasce sapendo leggere, si impara a
leggere. Leggere significa saper entrare in
un libro, significa quasi riscriverlo per coglierne la sua trama musicale. La lettura è
un bisogno che va incontro al lettore e che
sviluppa la nostra capacità di pensiero”.
Qualcuno le chiede in cosa si sente vi-
cina al personaggio di Marianna Ucria:
“Uno scrittore non può parlare solo di sé
ma deve raccontare storie del mondo, altrimenti sarebbe egocentrico”. Lo scrittore
è, per Dacia Maraini, qualcuno che ha delle
competenze linguistiche. Ed è questo che
gli si chiede: di usare tali competenze per
esprimere un pensiero che è, probabilmente, di tutti ma che non tutti sanno esprimere. Consiglia, poi, agli aspiranti giovani
scrittori di non esordire con un romanzo
mandato ad una importante casa editrice,
cosa che potrebbe risultare frustrante, ma
di cominciare dal basso a scrivere e scrivere ovunque, purché si faccia esperienza
con la propria scrittura.
Alla domanda su come nascono i suoi
personaggi, ci risponde che i suoi personaggi bussano alla porta della sua mente, si
siedono lì a prendere un caffè e narrano le
loro storie… a volte qualcuno resta anche
per cena! Scopriamo che ama scrivere in
silenzio per concentrarsi e che, oggi, è una
scrittrice come lo era suo padre, sua nonna
e sua madre. Le sue parole sono: “È un mestiere di famiglia”.
A conclusione, un omaggio floreale di
rose bianche che ringraziano Dacia Maraini e le sue parole.
Giusy Galvagno
Gazzettino 7-05-2011:Gazzettino-nuovo 1 05/05/11 20:02 Pagina 7
> S E T T I M A N A L E IDG
alcantara
di Giarre
N . 15 • sabato 7 magg io 2011
7
Karol Wojtyla “turista” a Giardini Naxos
Sette anni prima che venisse eletto Papa, l’allora cardinale di Cracovia volle trascorrere una settimana di relax nella
prima colonia greca di Sicilia, ospite della sorella di un suo amico. In tanti lo ricordano come un umile prelato che, in
quelle giornate, aiutava i parroci del luogo a celebrare la messa nelle chiese dell’Immacolata e della Raccomandata
H
a cambiato il corso della
storia ed è in procinto di
approdare alla santità,
ma nello straordinario
percorso di vita di Papa
Giovanni Paolo II, beatificato domenica scorsa, figurano anche
delle S. Messe celebrate nelle chiese di
Giardini Naxos quando, già cardinale di
Cracovia, andò a trascorre una vacanza
quasi in incognito nella cittadina turistica
siciliana. Era la primavera del 1971 e lui
aveva cinquantuno anni di età.
Ma come mai proprio Giardini Naxos
ha avuto la fortuna di ospitare colui che appena sette anni dopo sarebbe stato eletto
Capo della Cristianità divenendo il pontefice più carismatico ed amato di tutti i tempi?
In pratica, Karol Wojtyla era amico di
un professore universitario polacco la cui
sorella, Sofia Vilinska, aveva sposato un
giardinese; l’intellettuale, dunque, consigliò al futuro Papa di visitare la prima colonia greca di Sicilia, dove avrebbe avuto a
sua completa disposizione l’abitazione della sorella in una settimana in cui quest’ultima e la figlia si sarebbero recate in Svizzera ed il marito avrebbe dormito a casa di
parenti. Il cardinale di Cracovia accettò di
buon grado l’invito e partì alla volta della
Sicilia facendosi accompagnare da un vescovo e da un giovane prete.
Giunti a Giardini, prima ancora di
prendere possesso dell’appartamento della
Wojtyla (primo da sinistra indicato dalla freccia e nel riquadro col volto ingrandito) in una foto scattata durante la sua vacanza a Giardini Naxos del 1971
signora Vilinska (ubicato nel centralissimo
quartiere S. Giovanni) i tre religiosi ritennero doveroso presentarsi ai colleghi “padroni di casa”, ossia i parroci locali che al
tempo erano il francescano Edoardo Di Felice ed il cappuccino Giuseppe Seminara.
Questi ultimi, non appena capirono di tro-
varsi di fronte a degli alti prelati, provarono un notevole imbarazzo in quanto avrebbero voluto riservare loro un’accoglienza
solenne, ma quell’arrivo all’improvviso li
trovava impreparati. Grazie, comunque, al
disarmante sorriso ed ai modi umili di Karol Wojtyla, il ghiaccio si ruppe presto.
«Non preoccupatevi - disse il futuro Vicario di Cristo - perché siamo qui come semplici turisti ed, anzi, vorremmo tanto, durante questa nostra vacanza, metterci al
servizio della comunità locale e darvi una
mano, se vi è gradito, nella celebrazione
delle S. Messe». Padre Di Felice e Padre
Seminara rimasero letteralmente spiazzati
dalla semplicità degli illustri ospiti, con i
quali instaurarono subito un rapporto all’insegna della più spiccata cordialità, come se si conoscessero da una vita.
Così, il “terzetto” polacco trascorse
quel breve periodo di riposo celebrando
due messe al giorno rispettivamente nella
chiesa dell’Immacolata ed in quella della
Raccomandata, ritemprandosi nell’incantevole mare di Naxos ed effettuando escursioni nella vicina Taormina e, un giorno,
anche a Siracusa spinti dalla profonda fede
mariana di Karol Wojtyla, il quale volle recarsi nel capoluogo aretuseo per venerare
la Madonna delle Lacrime di cui tanto aveva sentito parlare. Ed ogni giornata di quella vacanza tra fede e relax iniziava sempre
al bar con la granita con panna che Padre
Seminara si premurava di offrire ai tre
ospiti, i quali ebbero anche modo di apprezzare il bollettino parrocchiale stampato e distribuito dai religiosi giardinesi, al
punto che il cardinale Wojtyla e gli altri
due suoi compagni di viaggio chiesero che
i successivi numeri della pubblicazione venissero loro spediti in abbonamento.
Intanto, tra una messa, un’escursione
ed un bagno a mare, quei sette giorni che si
sono “ritagliati” per venire a riposarsi in
Sicilia volano via ed i tre pastori slavi fanno ritorno al loro Paese: a Giardini Naxos
lasciano un buon ricordo, ma nessuno può
minimamente presagire che in quel trio di
umili e miti religiosi c’era una personalità
straordinaria in procinto di rientrare tra i
“grandi” della Terra e di assurgere a personaggio più amato dall’umanità.
Si arriva, così, all’indimenticabile serata del 16 ottobre 1978, quando le televisioni di tutto il mondo trasmettono in diretta la fumata bianca che annuncia la “rivoluzionaria” elezione del Papa “venuto da
lontano”. In quei momenti, indicibile è l’emozione che provano i parroci giardinesi
non appena resisi conto che il nuovo Capo
della Chiesa ha il volto e la voce di quell’umile “turista” che, sette anni prima, era stato loro ospite e che alla comunità ecclesiale
naxiota aveva continuato ad essere idealmente legato tramite l’abbonamento al bollettino parrocchiale: forse, col cosiddetto
“senno di poi”, a quell’allora sconosciuto
giovane cardinale ed ai suoi amici sarebbe
stato proprio il caso di riservare quella “solenne accoglienza” che fu obiettivamente
impossibile predisporre dato il loro arrivo
improvviso ed in forma non certo ufficiale;
ma ad un “grande”, come Karol Wojtyla, la
“solenne accoglienza” l’avrebbe poi data la
Storia.
Rodolfo Amodeo
Di Novara di Sicilia il primo “wojtylologo”
Lo straordinario “scoop” di Ninni Stancanelli, il giornalista che la sera dell’elezione del Papa polacco riuscì
a conoscere in tempo reale e prima degli altri colleghi la biografia dello “sconosciuto venuto da lontano”
Karol Wojtyla fu un Papa “outsider”, nel senso che
nessuno avrebbe mai scommesso sulla sua elezione
alla guida della Chiesa di Roma: i favoriti di quel conclave dell’autunno del 1978 erano gli “italianissimi”
Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, e Giovanni Benelli, arcivescovo di Firenze, ma alla fine (a causa del
rompersi di certi equilibri) l’assise cardinalizia optò per
lo “sconosciuto” prelato polacco; ed era quasi da cinquecento anni che sul trono di Pietro non sedeva un
pastore straniero. A sconvolgere ogni previsione anche l’età del nuovo eletto: appena cinquantotto anni,
quando sino ad allora il delicato ruolo di Capo della Cristianità era stato affidato a religiosi piuttosto anziani.
In quella storica serata del 16 ottobre 1978, pertanto, agli operatori dell’informazione tremarono letteralmente le vene ai polsi nell’ascoltare il cardinale Pericle Felice che al solenne “Habemus Papam” in Piazza
S. Pietro pronunciava un cognome alquanto strano: alcuni intesero “Bottiua”, altri “Boitiua” ed il classico inter-
rogativo manzoniano del “chi è costui” affiorò nei pensieri e sulle bocche di tutti, giornalisti compresi. Data la
fonetica del curioso cognome, in tanti si pensò potesse
trattarsi di un cardinale africano.
Sta di fatto che sul nuovo Papa i giornalisti avevano assoluta necessità di saperne di più ed in tempi
strettissimi perché erano quasi le otto di sera e bisognava cominciare a “chiudere”, ossia completare, l’edizione del giornale in uscita l’indomani, per non parlare
dei programmi radiotelevisivi dai quali si pretende
un’informazione tempestiva e completa (ricordiamo
che erano tempi in cui Internet non esisteva ancora e
bisognava “scarpinare” per ottenere certe informazioni
anziché, come si fa oggi, attingerle comodamente dai
motori di ricerca).
ed è proprio in situazioni critiche come questa che
al giornalista non resta che confidare nella casualità o
nella classica “botta di fortuna”, ma anche nel suo “fiuto” e nel suo spirito d’osservazione (sta pure in questo
il fascino del nostro mestiere). e sapete chi è stato il
primo giornalista d’Italia ad avere le “idee chiare” sul
nuovo pontefice? Il collega Ninni Stancanelli, originario
di Novara di Sicilia (in provincia di Messina ed a pochi
chilometri dalla Valle dell’Alcantara) dove a tutt’oggi è
tornato a risiedere dopo una lunga carriera in Rai quale caporedattore ed inviato del Gr2. ed è lui stesso a
raccontarci di questo suo memorabile “scoop”.
«La Provvidenza ha voluto – ricorda Stancanelli –
che fosse la mia testata giornalistica radiofonica, ossia
il Gr2 Rai, ad illustrare per prima e pressoché in tempo
reale la figura del Papa appena eletto. Questo perché
quella sera mi trovavo in una postazione di Piazza S.
Pietro accanto alla quale si piazzarono casualmente
dei preti che, non appena sentirono pronunciare al cardinale Felici quello “strano” cognome, si abbandonarono a grida e gesti di esultanza; evidentemente erano
gli unici, tra tutta quella marea di gente, a sapere chi
fosse il nuovo pontefice. Colsi, dunque, la palla al bal-
zo e mi avvicinai a loro per chiedergli il perché di questo “giubilo”; mi risposero che erano polacchi e che
quel Wojtyla era stato il loro cardinale; da loro appresi,
quindi, della sua infanzia travagliata, dei suoi trascorsi
giovanili tra lavori umili ed inclinazioni artistiche e delle
sue vicissitudini durante la Seconda Guerra Mondiale.
Così chiesi subito la linea allo studio per raccontare
tutto in diretta dai microfoni del Gr2; dopodiché venni
letteralmente tempestato dalle telefonate dei colleghi
delle altre testate giornalistiche e delle agenzie di
stampa che mi pregavano di passare loro quelle notizie da me “miracolosamente” raccolte affinché potessero imbastire i rispettivi servizi su Karol Wojtyla. E’
stato questo – conclude il giornalista di Novara di Sicilia – uno dei momenti più esaltanti della mia carriera».
R.A.
Conto alla rovescia per il Mondiale di Enduro
L’unica tappa italiana della prestigiosa competizione motociclistica
internazionale verrà disputata nel prossimo fine settimana,
e per la prima volta in Sicilia, tra Francavilla e Motta Camastra.
Un evento che va oltre l’aspetto agonistico
e nel quale tutti gli operatori economici locali ripongono
parecchie aspettative essendo attese per l’occasione
diverse decine di migliaia di persone
F
inalmente ci siamo: tra meno di
una settimana si alzerà il sipario
sull’attesa tappa italiana del Mondiale di Enduro “Fim Enduro World
Championship”, che quest’anno si terrà
per la prima volta in Sicilia ed, in particolare, nella Valle dell’Alcantara. L’organizzazione, curata dal Motoclub “Salvo Aiello” di Acireale, ha infatti scelto
come location della prestigiosa competizione internazionale, che verrà disputata
da venerdì 13 a domenica 15 maggio
prossimi, i territori dei Comuni di Francavilla di Sicilia e Motta Camastra.
Nella conferenza stampa di presentazione di mercoledì scorso, tenutasi presso il Parco Botanico e Geologico delle
Gole dell’Alcantara, nonché in un apposito comunicato di lancio, gli organizza-
tori hanno sottolineato che «la scelta è
ricaduta su quest’angolo di Sicilia in
considerazione delle bellezze paesaggistiche che Francavilla e Motta Camastra offrono ai visitatori. La prima, in
particolare, nell’ultimo decennio ha già
ospitato importanti manifestazioni enduristiche, mentre Motta Camastra annovera nel proprio territorio le suggestive
Gole dell’Alcantara, meta turistica internazionale. E non dimentichiamo, poi,
la vicinanza al nostro “gigante buono”,
ossia il vulcano Etna. Delle ricadute positive in termini di presenze turistiche
beneficeranno comunque anche le vicine
località di Taormina, Giardini Naxos,
Randazzo, Linguaglossa e Castiglione di
Sicilia: l’evento è, infatti, in grado di attirare ben trentamila persone (tra addet-
ti ai lavori, piloti, appassionati, ecc.),
così come è avvenuto nell’edizione dello
scorso anno, svoltasi in Lombardia (a
Lovere, in provincia di Bergamo)».
I dirigenti del Motoclub Aiello hanno, inoltre, tenuto a rimarcare che questo
GP Mondiale di Enduro nella Valle dell’Alcantara è frutto di uno sforzo collettivo in quanto nell’organizzazione il sodalizio acese ha voluto coinvolgere pure
il “Motoclub 01” di Messina ed, ovviamente, il locale Motoclub “Valle Alcantara”. «Siamo insomma - spiegano gli organizzatori - un pool affiatato di persone
provenienti da ogni parte della regione e
di estrazione sociale variegata, che abbiamo affrontato anche sacrifici economici pur di realizzare questo “sogno”
del Mondiale di Enduro in Sicilia. “Vo-
lere è potere” ed “Uniti si va dovunque”
sono i nostri motti; ed è per questo che ci
rivolgiamo a tutti i motoclub siciliani ed
agli appassionati di Enduro: perché noi
dell’organizzazione siamo tanti, ma vorremmo essere tantissimi per dare prova
a tutto il mondo della grande unione e
collaborazione che esiste nel nostro settore. Questa manifestazione, insomma,
dovrà essere un trionfo non personale,
ma della Sicilia intera».
Infine le “commosse” considerazioni
di Salvatore Leonardi (nella foto), massimo responsabile della manifestazione
in qualità di coordinatore e fondatore del
Motoclub Aiello. «Iniziai ad occuparmi
di Enduro da giovanissimo - dichiara il
“patron” Leonardi - e condividevo dei
sogni con un mio grande amico, anzi
fratello: Salvo Aiello, cui è intitolato il
nostro motoclub. Quando, l’8 dicembre
1996, il destino decise di non farlo più
tornare a casa e fra gli amici che lo ammiravano, feci una promessa a lui ed a
me stesso: avrei organizzato il campionato mondiale di Enduro per onorarlo e
ricordarlo. Allora non sapevo né dove
né quando, ma sentivo dentro di me che
ce l’avrei fatta. Oggi sono qui, fiero dell’incarico che mi è stato assegnato e che
mi sforzerò di interpretare al meglio».
Per quanto concerne le zone interessate all’evento, a Francavilla di Sicilia
saranno in particolare Viale Europa e le
aree dei fiumi Zavianni e S. Paolo.
Gli allenamenti (giovedì 12 maggio)
e le gare ufficiali (tra venerdì 13 e domenica 15 maggio) si svolgeranno ogni
giorno dalle ore 8,30 alle ore 19,00.
R.A.
Gazzettino 7-05-2011:Gazzettino-nuovo 1 05/05/11 20:02 Pagina 8
8
> S E T T I M A N A L E IDG
N. 15 • s aba to 7 maggio 2011
attualità
di Giarre
“Mille” bandiere giallorosse!
Dopo il successo
palermitano del 30
ottobre 2010,
Catania si mobilita
per chiedere
l’applicazione
integrale dello
Statuto Speciale
di Autonomia
N
el silenzio più totale dei
media e tra la sorpresa della gente si è svolta nel pomeriggio dello scorso 30
aprile nel capoluogo etneo
la manifestazione “La Sicilia e i Siciliani per lo Statuto”. Bandiere
della Sicilia, striscioni recanti la scritta
“ANTUDO” (ANimus TUus DOminus, Il
Coraggio è il tuo Signore, urlo di rivolta
del Vespro Siciliano), vessilli giganti della
Trinacria e bandiere dell’E.V.I.S. hanno
invaso via Etnea tra lo stupore dei passanti
che ammiravano incuriositi.
«Ma chi sta succiudennu la Rivuluzzioni?» si chiedeva un anziano al momento
del passaggio del corteo che avanzava fiero
al grido di «Sicilia! Sicilia!». Ed un altro
quasi ironicamente: «Ma oggi chi è la festa
dâ Sicilia?». Altri più cauti: «Ma chi succedi? La Sicilia chi trasìu ‘n guerra?».
Niente di tutto questo. La verità sull’inusuale manifestazione è un’altra: i Siciliani
sono stanchi di non veder rispettati i propri
diritti, sono stanchi di essere relegati a regione meridionale estrema a nord dell’Africa e non essere considerati di diritto come centro del Mediterraneo e culla di civiltà come la storia ci insegna che meriterebbe. I Siciliani, per l’esattezza i Siciliani
per lo Statuto, sono stanchi di vedere la
propria terra e le proprie risorse in mano
alla mafia, una mafia vista non esclusivamente come “colpa” dei Siciliani, malattia
endemica di questa isola, ma come strumento d’oppressione colonialista adoperato dalla politica italiana per sottomettere e
tenere in scacco con il sistema clientelistico il Popolo Siciliano e del Sud Italia.
Tutti, sicuramente, sono al corrente
che la Sicilia è una Regione a Statuto Speciale, per l’esattezza una delle cinque regioni italiane a statuto speciale insieme alla
Sardegna, alla Valle d’Aosta, al Friuli ed al
Trentino-Alto Adige (anche se ormai que-
st’ultima è diventata nei fatti un’unione di
due province autonome), ma in pochi sanno in cosa consiste effettivamente questo
Statuto Speciale e quale è stato il processo
storico che lo ha portato alla nascita. Non
tutti sanno, perché purtroppo la storia in
Italia si studia con uno scarsissimo apporto
critico e come storia dei vincitori che impongono una ben precisa versione dei fatti,
che, durante e dopo la Seconda Guerra
Mondiale, in Sicilia erano attivi il Mis
(Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, che all’epoca contava cinquecentomila
iscritti ed era il partito più forte dell’isola,
dichiarato illegale con il ritorno al potere
degli italiani col governo Badoglio), ed il
suo braccio armato l’Evis (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia, fondato dal professore Antonio Canepa ed
unica organizzazione che in Sicilia si rese
artefice di operazioni belliche di stampo
partigiano ai danni di truppe tedesche, fasciste e regie). Ebbene, lo Statuto Speciale
Siciliano venne promulgato il 15 maggio
1946, ancora prima del referendum che
scegliesse tra Monarchia e Repubblica, come un patto paritario tra il Re e (sintiti, sintiti!) il Popolo Siciliano in armi. E grazie
alla presenza nell’Assemblea Costituente
di alcuni membri del Mis, regolarmente
eletti (Andrea Finocchiaro Aprile, Attilio
Castrogiovanni, Concetto Gallo e Antonino Varvaro), fu possibile renderlo parte integrante della Costituzione Italiana, che
viene continuamente violata proprio per la
mancata emanazione delle norme attuative
per lo Statuto stesso. Il problema è però
che a causa dei politici ascari siciliani e
della complicità dello Stato Italiano lo Statuto non è stato mai integralmente applicato ed è stato limitato nelle sue enormi potenzialità dai reiterati malgoverni isolani.
Per tale motivo, circa un migliaio di Siciliani per lo Statuto si sono dati appuntamento a Catania: giunti da ogni parte dell’Isola, tra di loro tantissime donne, in una
percentuale del 60%, ed anche molti universitari catanesi, in particolare dalle Facoltà di Lingue e Letterature Straniere e
Lettere e Filosofia, che rappresentano il
volto nuovo di questa terra, quello che veramente ci crede e combatte per un futuro
tra la propria gente e non in fredde ed inquinate città del nord.
«Grazie ai social network, come Facebook, da un nulla virtuale – sottolinea Santo Trovato, presidente del Comitato spontaneo –, si è pervenuti ad una manifestazione reale, una delle poche nella storia
della Sicilia dal dopoguerra ad oggi che
ha visto reclamare dai suoi abitanti non lavoro, non ricchezza, non giustizia, ma una
cosa più essenziale, alla base della vita democratica di ogni paese e che comprende
tutte e tre le cose precedenti, il Diritto.
Quel Diritto negato ai Siciliani di vedere
applicato integralmente il proprio Statuto,
che gli consentirebbe di ritornare a sognare una vita normale, un’economia più animata ed investire nuove risorse sul territorio, occuparsi con più attenzione all’istruzione e ridurre notevolmente la disoccupazione. Quel diritto che si chiede non portando bandiere e simboli di partiti e movi-
menti politici, ma mettendo in primo piano
l’unico vero ed antichissimo simbolo di
questa terra, la Triscele al centro della
quasi millenaria bandiera giallo-rossa del
Vespro, la prima rivoluzione popolare della storia mondiale».
Per paradosso, il primo Popolo che storicamente si ribellò adesso dagli stessi Siciliani (che hanno dimenticato la propria
storia) non è neanche considerato tale ed
anzi è ritenuto come un qualcosa di inferiore da relegare a regionale.
«Secondo lo Statuto Speciale – evidenzia Margherita Ferro, vicepresidente del
Centro Studi Siciliano per l’Europa delle
Regioni –, la Sicilia ha competenza esclusiva sulle proprie risorse minerarie, quindi
anche sul petrolio, di cui raffina il 40% del
fabbisogno italiano e ne estrae dalla propria terra il 20%, ricevendo in cambio cosa? Infiniti fondi da investire per eliminare
il divario tra nord e sud? Ma quali! Altissime percentuali di sviluppo di malattie cancerogene nella zona di Priolo Gargallo e
delle altre aree industriali siciliane, in
cambio di pochi posti di lavoro, tutt’altro
che salubri».
Pur avendo competenza esclusiva la
Sicilia non riceve un solo soldo dalla raffinazione e dall’estrazione del petrolio, nemmeno le miserevoli royalties che incassa lo
Stato Italiano alla “facciazza” di coloro che
ne pagano le conseguenze ambientali e
che, da sole, pur nella propria irrisoria percentuale, potrebbero portare nelle tasche
della Regione Siciliana oltre 30 miliardi di
euro all’anno che potrebbero essere inve-
stiti per migliorare il nostro scarsissimo sistema di trasporti… La nostra istruzione
potrebbe ricevere grandi aiuti e infischiarsene dei tagli della Gelmini, si potrebbero
creare nuove occasioni di sviluppo e limitare il triste fenomeno dell’emigrazione
forzata dei giovani siciliani.
«Si parla quotidianamente di tunisini
che sbarcano a Lampedusa – commenta
Salvo Musumeci, presidente nazionale del
Mis –, ma non di Siciliani, Calabresi e Napoletani costretti ad emigrare al nord ed
all’estero (nel migliore dei casi) per costruirsi un futuro da sé, un futuro che la
propria terra purtroppo non è stata in grado di dargli nonostante la volontà che non
manca, le fatiche sopportate nel silenzio e
gli studi snervanti che spesso di vien la voglia di abbandonare, viste le rosee prospettive. L’emigrazione dei Siciliani e degli abitanti del Sud è ormai una cosa normale, non ci facciamo più nemmeno caso: i
terroni devono essere costretti a bussare
dai polentoni se vogliono mangiare. Non
pensate sia un nostro diritto impedire in
qualche modo questa tendenza?».
I Siciliani per lo Statuto partiti da Piazza Università ci hanno provato e lo hanno
chiesto a gran voce lungo il cammino per
Via Etnea (incrociandosi all’altezza della
Villa Bellini con il piccolo corteo del “No
Mafia Day”, a cui i quotidiani locali hanno
riservato la giusta eco non notando però le
mille bandiere giallorosse, sic!), per giungere sino al Palazzo della Regione, dove si
sono fermati per una forma pacifica di protesta e per la lettura di un “Appello”.
In seguito una delegazione di organizzatori ha voluto consegnare lo stesso “Appello” al Presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo che, per l’occasione
(ahimé!), non era presente in quanto all’Assemblea Regionale Siciliana si discuteva la finanziaria.
L’ “Appello” al Presidente è stato, tuttavia, consegnato al dott. Giuseppe Greco,
segretario particolare dell’Ufficio di Presidenza, nella speranza di suscitare nei nostri
Governanti regionali un maggiore interesse nei confronti della nostra Terra.
La speranza è che i politici, come di solito avviene in queste occasioni, non facciano orecchie da mercante e reclamino effettivamente i nostri diritti, che finalmente
si muovano, perché già i Siciliani dal basso
e dalla rete hanno iniziato a svegliarsi dal
lungo sonno.
Se i nostri deputati regionali non servono a questo scopo, allora per cosa sono
stati eletti?
Amalia C. R. Musumeci
Il noir della morte di Rosalino Pilo
Un giallo risorgimentale riaperto recentemente da Matteo Collura nel capitolo “L’amico caduto”
del suo romanzo storico “Qualcuno ha ucciso il generale”… “Per meglio comprendere la cesura unitaria”
S
an Martino delle Scale: «1860 – 21 maggio – Rosalino Pilo dei conti di Capaci di anni 41 è morto
stamattina alle ore 10 nella montagna, il suo corpo fu seppellito nella nostra chiesa». Così è certificato
da padre Guglielmo Martino, a pagina 19, nel registro
dei defunti del monastero datato 1839 e custodito nell’attuale biblioteca dell’antica Abbazia. Nella pagina 18,
in corrispondenza del nome di Pilo, è poi riportato con
grafia molto più chiara: «Morto nell’assalto al Castellaccio»; raggiunto da un misterioso colpo che lo centrò
alla nuca.
Quartogenito di Girolamo Pilo Riccio, conte di Capaci, Segreto del distretto di Palermo, e Antonia Gioeni
Bonanno, Rosalino (nato a Palermo, 11 luglio 1820), fu
l’esule siciliano che più corrispose al ritratto di eroe romantico, diviso tra privati e pubblici tormenti, tra amor
di patria e amour passion. Destinato alla vita ecclesiastica, dopo la morte del padre, nel 1831 fu inviato a Roma,
dove divenne allievo di padre Gioacchino Ventura, che
influì molto nella formazione della personalità del ragazzo. Tornato in Sicilia non si limitò a curare la gestione
delle terre di famiglia, ma iniziò ad occuparsi di politica,
indirizzando le proprie simpatie verso il mazzinianesimo, al quale venne introdotto dal cugino Giovanni Denti
di Piraino. Quando, nel 1848, a Palermo, scoppiò la rivoluzione, entrò nel comitato di guerra, guidato da Giuseppe La Masa, con incarichi amministrativi, fece parte del
governo provvisorio e, di fronte al fallimento della rivoluzione, fu tra i sostenitori di una difesa ad oltranza.
Nel 1849, si rifugiò a Marsiglia per scegliere poi come patria d’esilio Genova, dove divenne tra i più attivi
corrispondenti del comitato mazziniano. Le sue missive
giunsero a Malta, a Torino, a Marsiglia, a Parigi, a Londra, a Costantinopoli, oltre che in Sicilia, dove proprio in
quegli anni nasceva il Comitato cospirativo centrale di
Palermo. Nel 1857, fallita la spedizione di Sapri, di cui
era stato una delle menti organizzatrici insieme a Carlo
Pisacane, fu costretto a lasciare Genova alla volta di
Malta, dove si unì al comitato che ruotava intorno a Nicola Fabrizi e incontrò un vecchio amico dei tempi della
rivoluzione quarantottesca, Giovanni Corrao, con cui nel
1858 iniziò a pensare ad un attentato a Napoleone III,
missione che, per motivi imprecisabili, non venne mai
condotta a termine.
Nell’agosto 1859, dopo l’armistizio di Villafranca
da Londra, raggiunse a Firenze Mazzini, che gli affidò il
compito di fare da corriere, portando cinque importanti
lettere a Bologna. Venne arrestato e solo grazie all’intervento di Garibaldi fu rilasciato, ma con l’obbligo di varcare il confine svizzero. Quando da Lugano a metà dicembre tornò a Genova, tra gli esuli non si parlava che
della possibilità di uno sbarco in Sicilia: presupposto imprescindibile sarebbe stato però lo scoppio di una scintilla rivoluzionaria sull’isola. Pilo si mise subito all’opera
per spronare i compatrioti siciliani promettendo di intercedere per l’intervento di Garibaldi, una volta iniziata
l’insurrezione. La notizia della rivolta della Gancia giunse a Genova il 7 aprile quando Rosalino Pilo era già in
viaggio con Corrao verso l’isola. Sbarcarono a Messina
il 12 aprile: il moto era stato ormai represso, ma bande di
ribelli infiammavano le campagne. I cospiratori che si
erano incamminati verso Palermo, lungo il percorso le
aizzavano e, giunti il 20 aprile a Piana dei Greci, riorganizzarono le squadre che si erano date alla fuga dopo la
sconfitta subita il 18 aprile a Carini. Iniziarono ad arruolare volontari e radunarono più di mille uomini. Il 12
maggio seppero che a Marsala era sbarcato Garibaldi e il
17 maggio ricevettero una lettera in cui il Generale, annunciando la vittoria di Calatafimi, li invitava a svolgere
soltanto azioni di disturbo a vantaggio dei Mille, ostacolando e tagliando i rifornimenti al nemico. Sui monti di
San Martino, dove si spostarono per dirigere la guerri-
glia, vennero sorpresi dalle truppe borboniche e Pilo rimase ucciso.
Sulla morte del conte di Capaci, proprio perché non
fu mai chiaro come essa avvenne, si rincorsero, da quel
lontano 21 maggio 1860, una ridda di ipotesi che per la
dinamica degli avvenimenti e per i fatti accaduti avrebbero fornito, senz’altro, interessante materiale agli studiosi e cultori di “storie misteriose”. Molte furono, infatti, le versioni che dalla morte di Rosalino Pilo presero
spunto. Una prima, ossia quella accreditata dalla storiografia ufficiale, affermava che Rosalino Pilo alla Neviera, mentre, con i suoi picciotti, circondato dalle truppe
borboniche di Bosco e di Von Meckel, stava scrivendo
un messaggio di richiesta d’aiuto a Garibaldi, che si trovava accampato a passo di Renda, fu raggiunto da una
pallottola di rimbalzo sparata dai borbonici e che poi lo
colpì accidentalmente alla nuca. La seconda asseriva che
il conte di Capaci era stato ucciso da uno dei suoi indisciplinati e poco raccomandabili “picciotti”, come lui stesso spesso li definiva, che aveva precedentemente redarguito con l’aggiunta di un pesante ceffone. Il picciotto
offeso e umiliato, spinto da evidente spirito di vendetta,
non avrebbe trovato, a quel punto di meglio, che sparare
a tradimento al suo capo centrandolo alla nuca. Una terza versione, la più traumatica ed inverosimile per i seguaci e i cultori della mitologia risorgimentale, era quella che ad uccidere Rosalino Pilo fosse stato addirittura il
suo luogotenente, compagno ed amico, Giovanni Corrao. Tesi che in seguito misero in giro i detrattori e i rivali politici del Corrao sostenendo che questi, uomo dal carattere forte e prepotente, uccise Rosalino Pilo perché
geloso del fatto che l’amico avesse assunto il comando
supremo delle squadre.
Bisogna aggiungere all’irrisolto giallo un particolare
di non poco conto… Subito dopo essere stato colpito, a
quanto ricostruito da varie cronache e discordanti testimonianze, rantolante venne soccorso dallo stesso Corrao
e da Salvatore Calvino, che si premurarono di far trasportare il corpo in una casupola della Neviera abbandonandolo e attivandosi, giacché incalzati dai borbonici, di
fare avvisare, attraverso alcuni contadini del luogo, l’abate del convento di San Martino padre Luigi Castelli di
Torremuzza perché ne recuperasse il cadavere. Padre
Castelli, tra l’altro legato da stretti vincoli di parentela
con lo stesso Pilo, appresa con dolore la notizia della
morte del congiunto, al termine degli scontri tra picciotti
e borbonici, calmatesi le acque, verso le cinque del pomeriggio inviò alla Neviera tre inservienti del monastero
Rosario e Pietro Pellerito e Gaspare Schiera. Giunti sul
luogo, per i tre fu grande la meraviglia nel trovare il cadavere del conte di Capaci completamente nudo, spogliato e depredato di ogni cosa. La salma, posta dagli inservienti in una rozza cassa, fu poi trasportata nella chiesa dell’Abbazia, dove la sera stessa del giorno 21 venne
sepolta nella cappella centrale, detta di San Gregorio.
Sgombrato il campo che sia stato ucciso dai borbonici, perché colpito alla nuca da una pallottola di rimbalzo
su una roccia, rimane in piedi indiziariamente l’ipotesi
che Rosalino Pilo sia stato ucciso da “uno dei suoi”. In
buona sostanza, seguendo la logica dei fatti, una pallottola amica e non una pallottola “pazza” di rimbalzo pose
fine alla vita di Rosalino Pilo. Un omicidio in piena regola, quasi un regolamento di conti a tutti gli effetti da
parte di un picciotto offeso e umiliato o di un sodale quale il Corrao (per rivalità di comando), che dalla soppressione del Pilo avrebbe tratto vantaggi, gloria e giovamenti. Come in effetti avvenne!
Il 24 agosto del 1860, quando la Sicilia era ormai totalmente in mano ai garibaldini e Mordini ne era il prodittatore, la salma di Rosalino Pilo fu traslata dall’Abbazia di San Martino alla chiesa di San Domenico, il
Pantheon siciliano, con celebrazioni funebri imponenti e
le esequie si conclusero con un discorso ricco di enfasi e
retorica di un frate domenicano: «I siciliani sapevano
che senza Rosalino Pilo forse la loro libertà non sarebbe
un fatto. Sapevano che senza di lui Garibaldi non avrebbe avuto l’ultima spinta che rese possibile l’Unità d’Italia: Pilo con cuore devoto e con risoluta volontà aveva
dunque giovato alla patria sopra ogni altro e i siciliani
ebbero ragione, se , con esequie tanto solenni, ne onorarono la salma».
Quello che le cronache del tempo, tanto prese dall’enfasi delle loro celebrazioni omisero di riportare fu
che: «I siciliani non avrebbero mai saputo chi, in quel
lontano 21 maggio del 1860, uccise a tradimento con un
secco e proditorio colpo alla nuca Rosalino Pilo».
(55. – “Sicilia postunitaria - Controlettura del Risorgimento” 2010/2011)
Salvatore Musumeci