Gazzettino 7-05-2011:Gazzettino-nuovo 1 05/05/11 20:02 Pagina 1 > S E T T I M A N A L E IDG di Giarre NNO XXXI • N. 15 • GIARRE, SABATO 7 MAGGIO 2011 • € 1,00 • A DIFFUSIONE REGIONALE • SPED. IN A.P. ART. 2 COMMA 20/B LEGGE 662/96 FIL. DI CATANIA • PUBBL. INF. 45% • www.gazzettinodigiarre.it > Un’ottima “pizza al pesce” > Wojtyla in vacanza a Giardini Naxos A Catania si è svolta la 7ª edizione del campionato nazionale che abbina alla popolare pietanza i sapori del mare > a pag. 2 Era il 1971 quando l’allora cardinale di Cracovia trascorse una settimana nella cittadina turistica aiutando i parroci del luogo > a pag. 7 Addio ai bei progetti… Giarre: completamente abbandonata a se stessa e alla mercé di vandali e microcriminalità, l’area a verde di via Mercurio sembra avviarsi verso un destino anomalo U n angolo di verde, di serenità. Un momento di pace, circondato dal caos cittadino. Uno scorcio di paesaggio agreste che, purtroppo, la stupidità umana e la, chiamiamola così, “scarsa attenzione” dell’Amministrazione comunale hanno trasformato in un letamaio (e scusate se è poco…). Siamo a Giarre. Scendiamo da via Mercurio, attraversando il corso Messina, camminiamo paralleli alla linea della Circumetnea… Arriviamo in una zona che naviga tra promesse ed abbandono, tra voglia di risorgere e triste realtà di degrado. Sulla sinistra incontriamo una costruzione. Una casa colonica che, emergendo da mucchi di spazzature e tante erbacce, si mostra graziosa, anche se ridotta ai minimi termini. Una storia di degrado, una occasione perduta, il frutto di scelte dedite all’abbandono? Di cosa è figlia que- sta struttura, a pochi passi dal cuore di Giarre? Circa 9 anni addietro la casa colonica diventa oggetto di primi interventi per metterla in sicurezza. Il proprietario ne conosce il valore, sia affettivo che architettonico e, giustamente, si adopera per preservarla. L’allora Amministrazione comunale, tramite i propri tecnici, ne intuisce potenzialità e possibilità di sviluppo e la acquisisce al patrimonio. La costruzione si inseri- sce in un’area di verde pubblico di oltre 3mila mq, ossia si tratta di “urbanizzazione primaria”. Teniamo a mente questo particolare, perché ci ritorneremo. Ma, 9 anni sono un lungo arco di tempo. E tante cose possono cambiare, tante cambiano ed altre, invece, restano sempre uguali. L’area esce dai confini di interesse dell’Amministrazione comunale ed entra, di pari passo, nelle sfera di influenza di un sottobosco fatto di microcriminalità, degrado, abbandono e, in ultimo, anche di scarse condizioni igienico-sanitarie che accolgono gli accampamenti dei nomadi. Dalla valorizzazione primaria immaginata dall’Amministrazione comunale si passa a quella pratica attuata spesso oltre i limiti della legge. La struttura diventa ricettacolo di spacciatori, incontri clandestini, tossicodipendenti, con l’inevitabile contorno di spazzatura e resti vari delle attività collegate. A nulla servono proteste e segnalazioni. La zona è scarsamente illuminata, in posizione defilata, senza insediamenti abitativi tali da giustificare una loro funzione “deterrente” nei confronti di situazioni equivoche. Il degrado c’è ed il degrado resta. E le domande si affollano. Perché non è dato seguito alla prevista valorizzazione dell’area, così come era nelle iniziali intenzioni? Perché non si è offerta alla cittadinanza l’opportunità di un angolo verde rilassante, che possa davvero avere nei resti della casa colonica il suo punto di forza? Domande logiche, destinate (probabilmente) a rimanere senza risposta. Ad avere destato maggiore preoccupazione è la situazione legata agli accampamenti dei nomadi. Se davvero vogliamo prescindere dall’ordinanza sindacale che vieta gli accampamenti dei nomadi (esiste davvero…), da lungo tempo (ben 5 anni… ma la sua applicazione concreta ha lasciato alquanto a desiderare…), guardiamo la vicenda sotto un aspetto spesso trascurato. Quali condizioni accolgono queste persone quando si accampano in luoghi privi di allaccio per l’acqua potabile, di servizi igienici, delle più elementari dotazioni che la dignità di essere umano richiede per potersi esplicare? Rispondiamo noi: nessuna! Eppure, nonostante segnalazioni di cittadini, proteste, denunce, l’annosa questione, pur a conoscenza dell’Amministrazione comunale non trova soluzione adeguata. Tranne fiammate improvvise, tutto resta fermo. E resta lettera morta l’ordinanza che fissa in 24 ore il termine massimo di permanenza sul territorio comunale per gli accampamenti dei nomadi, nelle aree non attrezzate (ossia, tutte, visto che non ne esistono di attrezzate…). Resta lettera morta la valorizzazione dell’angolo verde di via Mercurio. Resta lettera la protesta dei cittadini e la loro speranza di una sistemazione dell’area a verde pubblico (opera di urbanizzazione primaria, ricordiamolo…). Chissà se resterà lettera morta la recente modifica all’art. 4 del regolamento comunale che consente l’alienazione dei beni del Comune con trattativa privata…). Perché questa domanda? Beh, se qualcuno pensasse di alienare, diciamo in silenzioso assenso, la casa colonica e la zona circostante? Come dite? Non si possono alienare opere di urbanizzazione primaria? Vero è! Ma altrettanto vero è il detto “non c’è limite alla ingordigia e alla faccia tosta”! Lo abbiamo inventato noi questo detto? Altrettanto vero è, ma scommettiamo che ci azzecchiamo anche stavolta? Corrado Petralia Gazzettino 7-05-2011:Gazzettino-nuovo 1 05/05/11 20:02 Pagina 2 2 > S E T T I M A N A L E IDG N. 1 5 • sa bato 7 ma ggio 2011 hinterland di Giarre La bontà va in forno Catania: successo per il 7° campionato nazionale di pizza al pesce, la competizione italiana che premia la qualità ed i sapori del mare, la creatività e l’abilità dei maestri pizzaioli L a brillante competizione promossa dagli organizzatori prof. Salvo Cucè e prof. Vito Palazzo, realizzata in collaborazione con Api (Associazione Pizzerie Italiane), Ap (Albo Italiano Pizzaioli Professionisti), Scuola Nazionale di Pizza, Pizza Sicilia e assessorato attività Produttive, si è svolta al Teatro Tenda di Terrazza Ulisse, Catania. Durante la competizione si sono sfidati i più virtuosi pizzaioli italiani, mostrando le loro abilità artistiche, tecniche e culinarie, delle quali hanno fatto bella mostra esibendosi nelle diverse categorie di gara. A giudicare i concorrenti sono state chiamate quattro commissioni: una giuria del gusto; una giuria tecnica e didattica (tenuta a valutare la preparazione teorica dei concorrenti, la qualità tecnica dell’impasto preparato nonché consistenza e metodo di preparazione); una giuria “al forno”, addetta alla valutazione di tecnica, cottura e professionalità; una giuria della critica figurativa, addetta alla valutazione della tecnica di preparazione e presentazione artistica della pizza. Tra i giudici in gara erano presenti Francesco Salemi, Pippo Paolini, Salvo Bucalo, Enrico Bianchini, Nino Carizzi, Manuela Dì Gregorio, Emmi Robert, Alfio Rapisarda, Lorenzo Caronita, Matteo Ruvolo, Mario Signorelli, Francesca Leonardi. Ad alternarsi alle gare, momenti di elegante spettacolo, affidati alla brillante presentazione del noto conduttore televisivo Dario Matrix, che ha accompagnato il pubblico nelle esibizioni dell’Accademia di Spettacolo e Danza “Dancing Angels” e dal gruppo “Anthony Harley & Black Roses”. Ad arricchire la manifestazione la presenza dei fratellini Ruvolo (Mirko, Davide e Paolo), che hanno lasciato il pubblico a bocca aperta con il loro strabiliante spettacolo di pizza acrobatica e che presto calcheranno il palco del noto programma nazionale “Italiansgot talent”. Ad impreziosire le premiazioni la presenza della bellissima Giada Contino, Miss “Una ragazza per la moda 2010” . Per la categoria “Pizza classica tonda” si sono classificati: Giorgio Sortino (I), Graziano Montalto (II) e Thewathentrige Perrera/Surresh Rajasingha (III class.). Per la categoria “Allievi e studenti” si sono classificati: Pierluigi Pitroco (I), Marialuisa Longo (II), Antonella Scordo (III). Per la categoria “Creatività artistica”, si sono classificati: Giovanni Signorelli con la scultura “Atlantide con l’acquario” (I), Mario Chisari con la scultura “Il Faro” (II), Giorgio Sortino con la scultura “Pesce Spada natura marina”. Per la categoria “critica figurativa” si sono classificati: Renato Pintaudi (I), Thewathentrige Perrera/Surresh Rajasingha (II), Davide Patruno (III). Per la categoria “Free Style singolo” si sono classificati: Mattia Papotto (I), Alberto Camonita (II), Romano Salvatore (III). Per la categoria “pizza più larga” si sono classificati: Giuseppe Cuffaro (102x93 cm, I classificato), Mario Chisari (88x85 cm, II), Alfio Rapicavoli (84x92 cm, III). Per la categoria “pizza in teglia” si sono classificati: Nicolò Cusumano (I), Thewathentrige Perrera/Surresh Rajasingha (II), Iezzi Ramona (III). Per la categoria “Velocità” si sono classificati: Giuseppe Cuffaro con 00.56,3 sec. (I), Francesco Calvagna con 01.08,1 min. (II), Alfio Romano Cavallaro con 01.11,1 min.(III). Per la categoria “Tecnica” si sono classificati: Salvatore Cirino (I), Alfio Rapicavoli (II), Renato Pintaudi (III). Per la categoria “Senza Glutine” si sono classificati: Giorgio Sortino (I), Bernardo Garofalo (II), Mari Caruso (III). Un ringraziamento particolare, da parte degli organizzatori, è andato agli Istituti Alberghieri di Catania, Giarre, Messina e Randazzo i cui studenti hanno partecipato attivamente all’evento, dando un contributo essenziale alla buona riuscita del campionato, grazie alla loro preparazione e professionalità. Gli organizzatori, prof. Salvo Cucè e prof. Vito Palazzo, invitano al prossimo campionato annuale di pizza, portando avanti la loro missione nel valorizzare e promuovere la figura del pizzaiolo professionista anche attraverso manifestazioni analoghe, che rappresentano un’importante possibilità d’incontro per tutti i ragazzi e gli appassionati del settore che abbiano la volontà di sperimentare. Riceviamo e pubblichiamo Di seguito un comunicato della Rete delle Associazioni e dei Cittadini sull’attuale problematica delle strisce blu La Rete delle Associazioni e dei cittadini, facendosi interprete del disagio generalizzato nella cittadinanza e già da più parti manifestato, in relazione alla problematica delle strisce blu evidenzia quanto segue: 1) La durata della concessione costituisce una “ipoteca” sul centro di Giarre, il cui uso è vincolato per i prossimi quaranta anni. 2) La logica della concessione è stata improntata ad esigenze di puro business che ha generato un forte disagio sociale e non tiene conto delle esigenze dello sviluppo urbano, delle attività produttive e del tempo libero: in sostanza della fruizione integrata della città. 3) L’entità e la concentrazione degli stalli non tiene conto della natura del centro storico di Giarre, in cui la carenza di garages privati penalizza fortemente i residenti. 4) La dislocazione degli stalli nel centro storico penalizza il parcheggio multipiano, per la cui costruzione sono stati pensati, rendendone non conveniente e non necessario l’utilizzo. Ci chiediamo allora perché è stato realizzato? 5) La gestione degli stalli è oltremodo vessatoria nei confronti degli utenti cittadini, in quanto vi è scarsissima tolleranza sui tempi di provvista dei biglietti o per soste di breve durata. 6) Premesso che consideriamo eccessivamente onerose (e, in molti casi, di dubbia legittimità) le multe che vengono addebitate ai cittadini che parcheggiano senza biglietto, non comprendiamo, e non ci è noto, quanti soldi vengono incassati dal Comune e come questi soldi vengono reimpiegati. 7) In conclusione, evidenziati solo alcuni dei principali problemi che la gestione delle strisce blu presenta, chiediamo chiarezza sui costi-ricavi complessivi della gestione del parcheggio multipiano e degli stalli a pagamento, nonché risposte concrete e puntuali a favore dei residenti e degli utenti che a vario titolo, professionale o altro, utilizzano il centro di Giarre, 8) Per i suddetti motivi intendiamo promuovere le azioni più idonee a tutela dei cittadini e per accertare lo stato dei fatti e non escludiamo di chiedere all’Amministrazione Comunale la revoca del contratto in essere, ai sensi dell’articolo 14 dello stesso per ragioni di pubblico interesse. Per discutere della problematica e delle azioni da intraprendere invitiamo le associazioni ed i cittadini ad una assemblea pubblica che sarà convocata a breve. La Rete delle Associazioni Marzia Vaccino Riceviamo e pubblichiamo Di seguito l’intervento del vice presidente della Commissione Cultura, arch. Salvo Patanè, sulla precaria situazione dell’Istituto Psicopedagogico di Giarre annesso al Liceo Classico Amari Prendo atto che i lavori a Palazzo Granata, sono ripresi da pochi giorni e che, anche ipotizzando una loro prosecuzione senza sorprese, la loro ultimazione non avverrà in tempo utile per l’inizio del nuovo anno scolastico. Sono stato facile profeta di un disagio che continua da troppo tempo e che, nonostante tutto, vede molte decine di nuovi studenti scegliere per la validità dell’offerta formativa, lo Psicopedagogico di Giarre. Ho chiesto, in un’ottica di ottimizzazione dell’edilizia scolastica, che l’Ufficio tecnico provinciale verifichi all’Istituto Majorana-Sabin, (dove attualmente sono ospitate solo quattro classi), l’effettiva rispondenza planimetrica tra le destinazioni d’uso degli spazi scolastici (aule e laboratori) autorizzati dalla Provincia, proprietaria dell’immobile, e l’attuale situazione di fatto; prassi questa utile per tutte le situazioni di criticità dovute a fenomeni di migrazione scolastica. I tecnici, ci dicano se ci sono aule libere per altri alunni. Non possiamo correre il rischio di finire e di cominciare un nuovo anno scolastico al buio: lo scenario di studenti costretti a contendersi e a negare ad altri studenti spazi per l’istruzione, è apocalittico. Una guerra tra chi crede d’essere espropriato e tra chi reclama pari dignità e diritti, serve solo a tenere basso l’impegno della politica nella radicale risoluzione del problema. > S E T T I M A N A L E IDG Arch. Salvo Patanè Vice presidente Commissione cultura P.I. I miei colori non cambieranno Cammino piano, guardo tutto quello che c’è vicino a me… è bello sentire il rumore del mare. Una rosa rossa, circondata da un velo giallo, mi fa sentire libero e felice. Non ho paura di andare avanti, la mia poesia mi dà la forza. I miei colori non cambieranno, nemmeno quando arriva la notte. Vito Cutuli di Giarre Direttore responsabile: Salvatore Agati Condirettore: Corrado Petralia Già Direttore: Angelo Patanè Editore: Società Cooperativa di Lavori e Servizi Sant’Isidoro a r.l. Sede: Via Callipoli n. 18 - 95014 Giarre (CT) Tel. 095/9895138 - Fax 095/9895036 Reg. al Tribunale di Catania N. 557 del 1980 Nuova edizione 16-12-1994 Registro Naz. della Stampa N. 6419 del 1996 e-mail: [email protected] Stampa: Eurografica s.r.l. S.S. 114 Orientale Sicula - RIPOSTO (CT) Tel. 095 931661 - Fax 095 7799108 Abbonam. 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Ai privati una prima inserzione viene concessa gratuitamente per un massimo di 30 parole. ASSoCIAto A UNIoNe StAMPA PeRIoDICA ItALIANA Gazzettino 7-05-2011:Gazzettino-nuovo 1 05/05/11 20:02 Pagina 3 > S E T T I M A N A L E IDG caleidoscopio di Giarre N . 15 • sabato 7 mag gio 2011 3 Protetta… per poi essere abbandonata F auna selvatica protetta sempre più nel mirino dei bracconieri e, purtroppo, anche dell’insufficienza di risorse a disposizione degli Enti preposti alla tutela della natura. La denuncia arriva dall’Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali) e fa riferimento ad un recente episodio accaduto ad Acquedolci, in provincia di Messina. Un anziano signore ha ritrovato un magnifico esemplare di barbagianni, ferito probabilmente ad opera di qualche bracconiere. Il rapace, che è stato dichiarato specie protetta dalla Legge 157/92 e dalla Convenzione di Washington sulle specie in via d’estinzione, perdeva molto sangue da un’ala e l’uomo, non sapendo come poterlo aiutare, ha trovato una soluzione nel ricordarsi che sul posto c’erano due volontarie Enpa, e si è messo in contatto con una di loro. La ragazza si è immediatamente attivata, chiamando il Corpo Forestale dello Stato del vicino distaccamento di San Fratello, paesino arroccato tra i Monti Nebrodi, la più grande Area Protetta della Sicilia, a 640 metri sul livello del mare. “Acquedolci è a livello del mare – hanno sottolineato i responsabili dell’Enpa – e questa è una precisazione vitale se un soccorso deve essere fatto in una giornata di forte vento e pioggia da parte di una volontaria. Volontaria che si è sentita rispon- dere dalla Forestale che loro non potevano andare ad Acquedolci a prendere il Barbagianni e che quindi sarebbe dovuta essere lei stessa a doverlo portare lì da loro. A questo l’aggiunta incresciosa nel chiedere di non farlo a quell’ora (erano già le 12) ma nel pomeriggio quando avrebbero riaperto gli uffici. Il Barbagianni è stato così portato alle 16 del pomeriggio dalla stessa volontaria, trovato un passaggio, la quale ha affrontato strade impervie all’ottavo mese di gravidanza per andare al distaccamento della Forestale, sotto la pioggia a San Fratello, luogo ancora posto a rischio frana dopo i fatti di Messina. Per il rapace non c’è stato nulla da fare, aveva perso troppo sangue, si presume dalla notte fino al pomeriggio ed è giunto senza vita”. L’unico Centro recupero per la fauna selvatica si trova a Messina e sarebbero occorse altre ore prima che l’animale potesse finalmente avere il legittimo soccorso. Restano i rimpianti per non aver potuto operare al meglio per il salvataggio dell’esemplare di barbagianni. Rammarico che si percepisce anche nelle parole dei responsabili dell’Enpa: “Di passaggi e incurie ne sono stati fatti a iosa fino al punto di perdere un esemplare che avrebbe, invece, essere dovuto e potuto salvato. Non ci sono dubbi sulle ripetute motivazioni di questi ultimi tempi, addotte dalla Forestale che opera nei Nebrodi, nell’esimersi al raccogliere fauna protetta e sul chiedere ai cittadini di occuparsene sia se portarli lì da loro che addirittura a Messina. Poche risorse umane, scarsi mezzi, “orari d’ufficio” ed intanto nell’ultima settimana non sono stati soccorsi varie altre specie. Già il giorno prima della Pasqua la stessa volontaria era stata chiamata per un pipistrello, altra specie protetta e anche in quella occasione è stata la stessa ragazza che si è dovuta adoperare a fare arrivare a Messina l’animale… in treno. Se la Forestale non è messa in condizione di operare, si dovrebbe denunciare chi non permette l’esecuzione delle opere che sono in capo alla stessa Forestale. Non farlo, a nostro avviso, equivarrebbe ad una omissione. Tutto quello che si riscontra sono le enormi difficoltà che questo Corpo incontra nel fare fronte ai propri compiti. E, nel frattempo, specie necessarie, utilissime all’uomo, meravigliosi esemplari protetti, continuano a morire in un territorio che la Legge ha sancito a tutela di questi animali”. Valeria Scalisi Una mezza di nome Manha V i era un tempo in cui ogni cosa era possibile, un tempo in cui era più semplice che le cose meno pensate potessero accadere, poiché la gente era meno cinica e disinteressata, ma era anche più legata a superstizioni e paure. In una terra remota e lontana da qui accadde un avvenimento che avrebbe poi sconvolto, o almeno profondamente turbato, la vita di coloro che la terra sopra citata abitavano: la nascita di una mezz’elfa con il crine viola. Ma per capire ciò che accadde in seguito e ciò che provocò la sua nascita, occorre iniziare da principio e narrare la storia della mezza chiamata Manha. Tutto ha avuto inizio in un piccolo villaggio, da tutti conosciuto con il nome di “Nefeirn”, posto al centro di una piana nella terra lontana di Westen, appollaiato nei pressi di un rinfrescante ruscello che, dalla montagna vicina, si snodava sinuoso fino a lambire, placido, le case degli abitanti di Nefeirn. La vita scorreva come il fiume, nel paesino, tutti si conoscevano e si rispettavano e poco o nulla interessavano le notizie sugli altri regni, che con i viandanti giungevano fino a lì. Ciò che riguardava le guerre e le conquiste degli uomini o dei nani, ai cittadini del posto non importava molto, non perché fossero egoisti, ma perché erano elfi e, da molti lustri, sentivano parlare delle guerre che molte delle altre creature amavano farsi tra loro. Alla fine erano giunti alla consapevolezza che di certe razze, soprattutto quella degli uomini, non si ci potesse fidare, poiché essi erano guerrafondai ed avari di cuore. I più saggi dicevano che non fosse del tutto colpa di questa razza, ma che gli uomini erano nati con “un buco enorme nel petto e che nulla potesse colmarlo”. Queste ed altre storie avevano, quindi fatto deliberare al consiglio cittadino che non si dovesse avere nulla a che dire con l’umana specie. Questi erano i sentimenti degli abitanti ed ormai lo erano da tanto tempo. Così tanto che nessuno più ricordava se vi erano mai stati buoni rapporti con le razze che agli umani erano imparentati. Questi i luoghi ove parte la nostra storia che porterà lontano chi la vivrà. Ma adesso, andando indietro, occorre partire da dove tutto ebbe inizio. Quando una creatura viene al mondo, aprendo per la prima volta i suoi piccoli occhi curiosi, ogni madre elfica ne è orgogliosa e fiera di ciò.Tuttavia, la principessa Iavanna, figlia del re Moriel, della dinastia degli elfi bianchi, che vantavano di discendere dalla dea Luna, non riusciva a gioire completamente quella mattina, alla vista del piccolo fagottino, nel quale la sua piccola riposava, poiché era consapevole che la sua creatura non sarebbe mai stata accettata, completamente, in quanto ibrida. Il padre era umano e non un umano qualunque ma un soldato. La giovane si ritrovò a pensare al giorno in cui lo aveva incontrato. Accadde, durante una della sue lunghe passeggiate lungo il corso del fiume. Si senti come chiamare, all’interno di una piccola radura, non molto distante dal sentiero da lei percorso e, curiosa, vi si addentrò. Il cuore le batteva forte, insolitamente si sentiva agitata, ma le gambe sembravano portarla verso la loro meta come se fossero dotate di una volontà propria o come se una sorta di sortilegio le impedisse di tornare indietro e la spingesse nel folto di quella piccola radura. (fine prima puntata). Valentina Consoli Riceviamo e pubblichiamo Lettera al Presidente della Regione Raffaele Lombardo: proposta di un disegno di legge sulla stabilizzazione dei precari Ata Egr. Presidente della Regione Sicilia, Dott. Raffaele Lombardo, in uno spirito di confronto e fattiva collaborazione, lo scrivente e un gruppo di precari Ata, colgono l’occasione per sottoporle la grave situazione del precariato catanese e la soluzione ritenuta più efficace per interrompere una lunga ed estenuante rincorsa al ruolo nella Pubblica Istruzione. Il ruolo della politica siciliana, può rappresentare, come in altri settori della Pubblica Amministrazione, un punto di partenza importante. La soluzione, che reputiamo migliore e che intendiamo sottoporle, riguarda la presentazione di un disegno di legge in Parlamento, nel rispetto dei principi comunitari, in grado di coniugare il contenimento della spesa pubblica a standard produttivi di maggiore efficienza ed efficacia. Ciò non potrà realizzarsi senza un dialogo costruttivo e di programma tra le forze politiche e sindacali, che consenta una collocazione definitiva del personale Ata, nel comparto scuola, a tutt’oggi privo della copertura di migliaia di posti vacanti e disponibili. Premesso che la mancata adozione delle misure speciali previste nel Decreto Milleproroghe che tutelino nel prossimo A.S. 2011/12 i precari Ata (mancato rinnovamento della misura delle supplenze prioritarie), è il preallarme annunciato del rischio di perdita del posto di lavoro, di circa 20.000 mila Ata, fortunatamente compensati dai numerosi pensionamenti a partire dal 01/09/2011, e che a rendere ancora più problematica la questione si aggiunge il piano programmatico degli interventi di razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali adottato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sul quale il Tar Lazio Sezione terza bis, con Ordinanza depositata il 14 marzo 2011, ha accolto le re- visioni di costituzionalità (di seguito indicate) dell’art. 64 del D.L. 112/2008, convertito in legge 133/2008 in esecuzione del quale era stato emanato il DPR 119/2009, secondo le quali le finalità della norma erano diverse da quelle di effettiva organizzazione del servizio di istruzione, avendo invece mere finalità di risparmio di spesa: eccesso di potere legislativo (violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione); violazione della riserva di legge di cui all’art. 97 della Costituzione; violazione del riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni – violazione dell’art. 117 Costituzione. La materia di cui sopra, non può essere demandata solo all’attività sindacale, ma è altresì di competenza del Parlamento Italiano, che dovrà porre rimedio attraverso una legge, al crescente numero di ricorsi presentati al Tribunale del lavoro, nelle controversie aventi ad oggetto i contratti a termine stipulati con il MIUR da numerosi dipendenti della scuola e reiterati per più di 3 anni, nel medesimo profilo. Da questa iniziativa, dipende il futuro del personale Ata e il rilancio di una parte della scuola pubblica siciliana. La normativa richiesta deve intervenire per sanare quella situazione di criticità e instabilità che da anni caratterizza il sistema di istruzione, per via del ricorso alla reiterazione sistematica dei contratti a tempo determinato, colmando quella vacatio legis necessaria per dare continuità e consistenza alle attività del personale ausiliario ed amministrativo della scuola, già private di numerose unità in organico di diritto. Il disegno di legge si propone di stabilizzare il personale Ata, in primo luogo coprendo quel 10,2% dell’organico di diritto su posto vacante e disponibile, dato attualmente in supplenza annuale o fino al termine delle attività didattiche per l’a. s. 20092010, come risultante dalle dotazioni orga- niche ufficiali a cui è stato sottratto il personale in servizio a tempo indeterminato: circa 71.100 Ata. A tal fine chiediamo che usufruiscano della normativa in questione i precari in servizio “da almeno 3 anni, comprensivi di rinnovi o proroghe, anche non continuativi, come previsto dalla Direttiva Comunitaria 1999/70/CE del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato o che conseguano tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 31 agosto 2011 o che siano stati in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne facciano istanza, purché siano stati assunti mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge, a partire dalla copertura in organico dei nuovi posti che si rendessero disponibili dalle cessazioni dal servizio al 1 settembre 2011, quando le nuove norme sull’età pensionabile per le donne (70,7 % del personale in servizio è di sesso femminile) che entreranno in vigore dal 1 gennaio 2012 fanno prevedere un aumento delle ultime cessazioni dal servizio (39.088 al 1 settembre 2009) consentendo con le nuove immissioni in ruolo disposte dalla presente norma un abbassamento dell’età anagrafica del personale in servizio (50 anni in media)”. La necessità di proporre tale disegno di legge, scaturisce dall’alto tasso di precarietà presente, dal persistente ricorso dei precari agli ammortizzatori sociali, misure provvisorie che seppur necessarie, non risolvono il problema, e la cui soluzione va cercata in una legge nazionale che consenta di sanare tale e persistente utilizzo di personale a tempo determinato. Il ricorso alla contrattazione a tempo determinato reiterata anche per lungo tempo parrebbe una scelta programmatica dell’Ammini- strazione che non giova né ai precari, né alla scuola siciliana, né alla politica regionale che rischia di perdere credibilità e consensi. Il Ministero, di fatto, formula ogni anno delle scelte sul numero di immissioni in ruolo da effettuare. Sulla base del dato relativo all’organico di diritto, stabilisce quale parte di tale organico deve essere coperto con personale di ruolo e quale parte vada, invece, coperta con contratti a tempo determinato, mediante utilizzo delle Graduatorie Permanenti. In altre parole, il Ministero pur essendo consapevole di avere l’esigenza di coprire una determinata quantità di posti di lavoro, più o meno costante nel corso degli anni, si riserva la facoltà di coprire con contratti a tempo determinato una quantità notevole di posti di lavoro, mettendo in ragionevole apprensione migliaia di precari e il loro futuro. L’accordo quadro in materia di diritto comunitario del lavoro, introdotto dalla Direttiva 1999/70/CE, vieta a ogni Stato membro di predisporre iniziative legislative finalizzate a realizzare disparità di trattamento tra personale a tempo determinato e personale a tempo indeterminato. Una scelta amministrativa che si configura come programmata e reiterata, mirata a contenere i costi del personale della scuola. Le sentenze della Corte di Giustizia Europea del 4 luglio 2006 su procedimento C. 212/04, del 7 settembre 2006 su procedimento C. 53/04, confermano tale indirizzo che, in verità, è stato recepito nel nostro ordinamento dal Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n. 368, ma, purtroppo, mai attuato nel comparto della scuola, a differenza di quanto previsto dalla legge 26 dicembre 2006, n. 296 e dalla legge 24 dicembre 2007 n. 244, per altri comparti della pubblica amministrazione. Nonostante la vacatio legis rappresenti il punto debole dei precari, le recenti sentenze dei Tribunali del Lavoro di Siena e Livorno, etc. se- gnano una tappa importante, circa un nuovo orientamento giurisprudenziale in chiave comunitaria, in materia di stabilizzazione dei lavoratori pubblici con contratto a termine e risarcimento del danno, “in sovra ordine” alla normativa nazionale D.L. 2009/n. 134, recepito con L.N. 167/09 che stabilisce invece che: “i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, non possono in alcun caso trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato e consentire la maturazione di anzianità utile ai fini retributivi prima della immissione in ruolo”. Pertanto, considerato che migliaia di precari Ata garantiscono l’inizio delle attività propedeutiche di inizio anno scolastico, che il suddetto personale non conosce sosta neanche nel periodo estivo, in quanto a differenza delle attività didattiche tali adempimenti non consentono alcuna interruzione (fermo restando il periodo di ferie obbligatorio di gg. 15 previsto dal C.C.N.L. nel periodo 01/07 al 31/08), si rileva come la mancata applicazione della normativa comunitaria seppur recepita dal D.Lgs. 368/01, non trova ragione tranne che in una legge nazionale che ne recepisca il contenuto colmando la vacatio legis. Al fine di recepire la materia di cui sopra, si invita la S.V. a prendere in considerazione al più presto la proposta di legge di cui in oggetto, valutandone la soluzione più appropriata e tempestiva. Cogliamo l’occasione, nell’approssimarsi della presentazione della fase costituente di rifondazione del Movimento per l’Autonomia, di augurare a tutti voi, impegnati in questo nuovo progetto politico, buon lavoro. Distinti ossequi Mario Di Nuzzo Gazzettino 7-05-2011:Gazzettino-nuovo 1 05/05/11 20:02 Pagina 4 4 > S E T T I M A N A L E IDG acese N . 15 • sabato 7 magg io 2011 di Giarre Sotto il segno del verismo N ella Sala Teatro dei Pupi l’amministrazione comunale di Acireale, per tramite l’assessorato alle Attività culturali, retto dalla prof.ssa Nives Leonardi, ha presentato l’ultimo lavoro, in ordine di tempo, di Vincenzo Giuseppe Costanzo (terzo nella foto da sinistra), un intellettuale acese poliedrico e moderno. L’opera in oggetto è il romanzo Malasorte, Editrice A&B Acireale-Roma. L’autore, classe 1943, scrittore, poeta, critico d’arte e operatore culturale, tra l’altro ha al suo attivo il volume di poesie “Variazioni Crepuscolari” del 1969, il saggio su alcuni racconti siciliani dal titolo “Profili e Ombre” del 1982, il saggio “Ginevra Bacciarello - una vita, una morte, un mistero” del 1991, il romanzo “Antico amore” del 1999. Per meglio comprendere quest’ultimo lavoro di Vincenzo G. Costanzo aggiungiamo che l’autore, da sempre, è stato affascinato dalla storia della nostra Sicilia e dei suoi uomini migliori e, in particolare, della storia della cittadina di Mineo, patria del Bartoluccio, del Maura, del Capuana e di Bonaviri, anche perché i suoi antenati vi hanno abitato per ben trecen- to anni. Malasorte è una storia del XVII secolo tutta siciliana, un pezzo di storia che si svolge in particolare nel territorio di Mineo, con protagonisti i suoi abitanti, gli orgogliosi menenini degli anni 1614 e seguenti, che hanno preferito contrastare fino alla morte le angherie e i soprusi del Conte di Buscemi, Antonio Requesens, per non avere tolto il diritto di utilizzare e sfruttare per loro ed i loro pascoli il Barchino, un vasto e fertile territorio limitrofo all’allora centro abitato. E nel cruento contesto di lotte proletarie, miseria, tradimenti, l’incendio del castello del Barchino nella notte di Pentecoste del 1615, l’opera del Costanzo ci fa contemporaneamente rivivere una storia d’amore impossibile tra la contessina Maddalena, orfana di entrambi i genitori, “giovane donna portata ai voli della fantasia e del sentimento”, nipote del Conte di Buscemi e promessa in sposa al duca di Campobello, e Nicola Xirotta “giovane menenino avviato all’arte notarile”. La fervida fantasia dell’autore, nel voluminoso testo, ovviamente, ha inserito anche altre storie d’amore (Jana e Giacomino), alcune storie di solidarietà umana (don Cosi- I volti del volontariato A lla ribalta del Gazzettino la dottoressa Maria Caruso facente parte nella comunale Avis Acireale del corpo sanitario guidato dal dottore Salvatore Pennisi. All’impegno professionale/familiare dal 1996 aggiunge anche questo di volontariato nell’Avis. “La donazione del sangue – ci riferisce la dottoressa Caruso – comprende questi tipi: sangue intero; aferesi; donazione multipla di emocomponenti; autotrasfusione. La donazione del sangue intero avviene nell’arco di tempo di 5/8 minuti e il volume massimo di sangue da prelevare, stabilito per legge, è di 450 centimetri cubici +/- il 10 %. Con l’aferesi (termine greco che indica l’atto di portare via), nell’arco di tempo di 35/50 minuti e con l’uti- mo e Serafina), pennellate su personaggi locali vari di ambo sesso, o meglio sul loro animo, sui loro caratteri, amalgamandoli al meglio come sanno fare i migliori scrittori del neo verismo! La presentazione del romanzo è stata affidata a due donne che di cultura e sicilianità se ne intendono: Anna Ruggieri (prima da sinistra), avvocato e critico letterario, che ha ben messo in evidenza l’ambientazione storica nel suo complesso, sociale, del costume e storico, e la prof.ssa e critico letterario Maria Pennisi (seconda da sinistra), che ha evidenziato il valore letterario legato al Verismo di Capuana. Altra nota degna di lode è stata la decisione di Vincenzo Giuseppe Costanzo di donare il ricavato delle vendite a favore di Telethon, per sostenere le ricerche sulle malattie genetiche e le distrofie muscolari. Per questo motivo è stato presente all’incontro il dott. Maurizio Gibilaro (primo da destra), quale attuale coordinatore provinciale dell’Associazione che, nel fare presente i compiti statutari di Telethon, ha ringraziato il Costanzo per il nobile gesto. Per decoro e sicurezza pubblica Aci Sant’Antonio: prosegue la campagna di rimozione dei cartelloni pubblicitari abusivi, diposta dall’Amministrazione comunale lizzo di separatori cellulari, dal sangue del donatore viene prelevata soltanto la componente ematica che interessa: plasma (plasmaferesi) o piastrine (piastrinoaferesi), restituendogli contemporaneamente gli elementi restanti. La donazione multipla di emocomponenti avviene anch’essa con l’utilizzo di separatori cellulari e comprende la eritroplasmaferesi (plasma e globuli rossi); la eritropiastrinoaferesi (globuli rossi e piastrine); la plasmapiastrinoaferesi (plasma e piastrine). L’autotrasfusione, infine, è la procedura trasfusionale che consiste nel trasfondere al soggetto unità del suo stesso sangue, prelevato in precedenza, e predepositato”. Prosegue su tutto il territorio del Comune di Aci Sant’Antonio, con particolare attenzione alle zone sensibili, che corrispondono al centro urbano ed alla circonvallazione, la campagna di rimozione dei cartelloni pubblicitari abusivi. Avviata nei giorni scorsi ed ormai prossima al completamento in alcune zone del territorio santantonese, tale opera di rimozione interessa i cartelloni delle dimensioni di metri 6 per 3, installati abusivamente da alcune ditte in violazione del “Regolamento per la collocazione delle insegne, impianti per la pubblicità e pubbliche affissioni”, approvato con delibera di Consiglio Comunale il 28 febbraio 2008. L’intervento di rimozione è stato disposto dall’ordinanza sindacale n. 14 dell’1 aprile 2011, e si è reso necessario “per motivi di sicurezza e di incolumità pubblica, nonché per esigenze di carattere tecnico”. «Si tratta di impianti privi di autorizzazione che, in questi giorni, sono stati rimossi – ha spiegato il sindaco, dott. Pippo Cutuli –. È stato un provvedimento adottato per ragioni di imparzialità, rispetto del Codice della Strada e delle norme vigenti in materia, e che rientra nel piano di riordino del territorio per la collocazione degli impianti pubblicitari. Era, inoltre, necessario scongiurare possibili problemi per la pubblica incolumità, derivanti dal fatto che alcuni dei cartelloni in questione erano già divelti. La raccomandazione che, anche in questa occasione, desideriamo rivolgere ai privati e alle ditte specializzate è sempre la stessa, mirata al rispetto delle leggi vigenti in materia e ad una maggiore considerazione del decoro cittadino». C.D.M. Valeria Scalisi Camillo De Martino Gazzettino 7-05-2011:Gazzettino-nuovo 1 05/05/11 20:02 Pagina 5 > S E T T I M A N A L E IDG attualità di Giarre N. 1 4 • s aba to 30 apr ile 2011 Una festa per ricominciare Dopo il meeting, subito in campo per la nuova stagione, esordio con vittoria per il Softball Catanese, stecca alla prima il Catania Warriors L’ avevamo lasciata con la clamorosa rinuncia alla IBL 2011, ma le sfide non finiscono mai ed è per questo che ve ne è una nuova da affrontare per la Franchigia Siciliana. La stagione agonistica è già iniziata e la Franchigia Siciliana vi prenderà parte con il Catania Warriors, che ripartirà dalla serie C. Non lo stesso palcoscenico della IBL, ma un punto dal quale ripartire. Fervono le attività giovanili insieme al ritorno del Softball a Catania, che con la Wild Think Catania Softball, parteciperà al campionato di serie B. “Abbiamo pensato di creare un’opportunità di incontro con i nostri soci, dirigenti, atleti, tecnici, tifosi, appassionati ed amici per condividere insieme un momento importante della nostra vita sociale, che coincide appunto con l’inizio della stagione agonistica”, ha detto il Presidente della Franchigia Siciliana, Antonio Consiglio, ed infatti, presso l’Agriturismo Passitti si è tenuto il “Baseball & Softball Meeting 2011”. “Era giusto e bello allo stesso tempo – ha proseguito il presidente Coniglio –, per l’inizio stagione, organizzare una vera e propria festa dando così corpo a quegli aspetti di vita sociale assolutamente determinanti per il nostro contesto. Durante l’evento, ai bambini intervenuti abbiamo dato la possibilità di cimentarsi nella pratica del Mini Baseball e Softball, mentre le squadre maggiori, sia maschile che femminile, si sono esibite in azioni di gioco dimostrative. Abbiamo anche pensato di organizzare il tutto autotassandoci; e così anche questo vuole essere un ulteriore contributo per far capire il nostro nuovo modo di concepire la società. Questa è stata, inoltre, una piacevole occasione per scambiare opinioni ed idee sui nostri nuovi obbiettivi. Abbiamo presentato dunque il programma sociale del 2011, con qualche indicazione anche per l’anno 2012, soprattutto per quanto riguarda le attività di promozione e di base nelle scuole e le attività giovanili. Presentante anche le nostre squadre con le quali vogliamo ben figurare nei rispettivi campionati e distinguerci sempre per organizzazione, sportività e competitività”. “Non c’è un grande futuro domani se non hai un grande passato alle spalle”, questo lo slogan del meeting, un passato che è comunque esistito e aveva il suo futuro, prima che venisse vanificato dall’inconsistenza di istituzioni e promesse non mantenute. Se i giovani possono rappresentare in qualche modo il futuro, la speranza è che l’accademia del baseball “ACF Baseball Softball Academy Sicilia”, possa rilanciare concretamente il movimento con la realizzazione di strutture di minibaseball e diverse attività per i giovani da portare in tutta l’isola. Il weekend è, però, già iniziato in maniera strepitosa. Al IV Novembre, per la prima gara di campiona- to del Wild Think Catania Softball contro il San Giorgio di Reggio Calabria, le bianco arancio si sono imposte 10-2 al quinto inning. “Esordio positivo, la squadra era ben disposta in campo – ha dichiarato il Manager, Maurizio Imperio, ex del San Giorgio – che ha facilmente avuto ragione di un San Giorgio, meno propositivo del solito. Per me è stata un’emozione particolare esordire proprio con la squadra che ho allenato per gli ultimi tre anni. Ottima prestazione sia in fase difensiva che in attacco, ma abbiamo ancora margini di miglioramento”. È scesa in campo al Warriors Field per l’esordio stagionale, anche la squadra maschile del Catania Warriors ospite del Paternò Red Sox. Per i nero arancio esordio sfortunato e sconfitta. “Non ci aspettavamo questo risultato – ha detto Michele Consiglio, Manager del CW –. Adesso, bisogna rimboccarsi le maniche e riscattarci sin dalla settimana prossima”. 5 Cara Francesca... Martedì 3 maggio 2011, hai lasciato bruscamente e inaspettatamente questo mondo terreno. Proprio nel momento in cui il tuo proverbiale ottimismo ti faceva ben sperare per il futuro, nella grande lotta che avevi intrapreso ormai da mesi per sconfiggere quel male che si era vigliaccamente e silenziosamente ripresentato più tenace che mai. e noi tutti speravamo con te. Del resto non potevamo fare altro, quando, guardandoti in viso, ognuno di noi veniva irradiato dalla tua gioia di vivere. Hai saputo indiscutibilmente trarre il meglio dalla vita, vivendola intensamente e allegramente. Sì, proprio l’allegria era il tuo pezzo forte. Ma, allo stesso tempo, non possiamo mettere in secondo piano la tua generosità, che a detta di molti non conosceva limiti, ed aver pensato alle persone a te care, negli ultimi giorni della tua vita, per i consueti regali pasquali ne è prova evidente; la tua disponibilità, così grande da lasciarci spesso increduli, in un mondo sempre più materialista in cui molto raramente si fa qualcosa senza avere la certezza di qualche possibile ricompensa. Potremmo continuare a lungo in questo elogio, ma forse è meglio tenere per noi, gelosamente, i tanti dettagli, positivi o negativi, della tua esistenza terrena. Le persone come te, cara Francesca, mai cessano di essere. Siamo sicuri che l’intensità della tua voce, l’allegria delle tue risate, la luce del tuo viso, saranno più presenti che mai nei nostri cuori. Hai perso una battaglia, ma, alla fine, sei stata certamente tu a vincere la guerra. Pertanto vogliamo pensarti più felice e radiosa che mai tra le splendide anime del Cielo. Il Male ha vita breve, Il Bene vive in eterno. Salvatore Rubbino Ritagli di tempo Ritagli di tempo vissuti in riva al mare, ....così per oziare o forse per ricordare...... accendono poche speranze e non sogni, ma ti scarnificano i ricordi e gli ideali di un tempo che altri uccisero in te. Saro Pistorio Gite fuori porta… Documenti tra a prova di pioggia pathos e vitalità Con un Primo Maggio rovinato, in molti casi, dal tempo poco favorevole, restano sempre valide numerose proposte per visitare angoli incantevoli del territorio in altre occasioni S i dice che una rondine non fa primavera. Allo stesso modo, il vento e gli acquazzoni degli scorsi giorni non hanno raffreddato lo spirito e la voglia di natura di grandi e piccini che, costretti a rimanere a casa per Pasquetta, giorno delle “scampagnate” per eccellenza, avevano subito proiettato il pensiero su come rifarsi per il Primo Maggio. Mare, montagna, natura: nella nostra zona, le alternative per passare un allegra e spensierata giornata all’aria aperta sono numerosissime. La nostra cara “muntagna” ha già effettuato il cambio di stagione, riponendo dentro l’armadio le candide lenzuola di neve che ricoprivano i suoi pendii. Cambiano, quindi, anche i frequentatori della Pineta di Linguaglossa, la quale, dopo aver dato l’arrivederci agli amanti dello sci, è pronta ad accogliere domenica tutte le famiglie che preferiscono il paesaggio – e il clima – primaverile dell’Etna. L’evento più vulcanico, tuttavia, si è tenuto sul versante Sud, all’interno della Pineta di Nicolosi. Ambiente, arte, sport e giochi e musica sono state le parole chiave del Rigenera Festival: oltre a numerosi stand e aree ludico-ricreative, il parco ha accolto 20 band che si sono alternate nel corso della manifestazione. Ospiti d’eccezione i Flor, famosa band catanese che nei primi anni ‘90 ha girato l’Europa aprendo i concerti dei Rem. Per i più spericolati il parco Etnavventura aveva riaperto le proprie attrazioni: ponti tibetani, liane, passerelle e tirolesi aspettavano solo di essere affrontate da tutti coloro che, stanchi di passare 100 giorni da pecora, desideravano passarne almeno uno da leoni. Il divertimento non mancava nemmeno al mare: il Rock Therapy e il Rock Revolution, veri e propri fenomeni della movida catanese, invadevano due tra i più importanti lidi della playa. Sia il ”One day music” che il “Revolution Day-Woodstock spirit” erano presenti per animare il Primo maggio di migliaia di giovani. Da metà mattinata fino a tarda notte si conviveva con l’alternanza di giochi in acqua, lezioni di surf, balli sfrenati… tutto a ritmo di Rock’n’Roll. In tutto il resto del litorale, da Catania fino alla punta dello stretto, non dovevano mancare i nostalgici del mare, che avrebbero colto l’occasione della festa dei lavoratori per fare il primo tuffo dell’anno. Per chi, invece, preferisce immergersi nella natura, tre sono le riserve che meritano di essere visitate: la più famosa, che non ha bisogno di presentazioni, è la riserva delle gole dell’Alcantara, piena di laghetti, grotte e cascate. La più sottovalutata è la riserva della Timpa di Acireale: anche se essa è incastonata dentro un contesto visibilmente antropizzato, rimane un oasi di macchia mediterranea incontaminata. La Fortezza del Tocco, la spiaggetta di scogli di Santa Caterina, Pieno successo per la personale di pittura “Vernissage di Colori” del pittore Mario Pistorio, proposta a Sant’Alfio dalla Galleria d’Arte Firme d’Autore di Giarre in occasione della festa dei Santi Alfio, Cirino e Filadelfo A la sorgente di acqua rossastra “Acqua del Ferro” e le gallerie della vecchia ferrovia costituiscono un percorso naturale non privo di bellezze e di sorprese. Spingendosi verso sud è possibile raggiungere la terza delle nostre riserve, ovvero quella della Valle dell’Anapo, a Sortino (Sr). La vallata, attraversata dal fiume Anapo, è davvero un posto magico, quasi una porta del tempo per visitare un lato ancestrale della Sicilia ormai quasi dimenticato. Tra un sentiero tortuoso e l’altro, per tutti i visitatori è assolutamente imperdibile rifocillarsi con un picnic in riva al fiume. Se il picnic non bastava, nella stessa zona, a Cassibile, come ogni anno all’Ippodromo del Mediteranneo si svolgeva la Festa della fragola. La fragola, lavorata in mille modi diversi, sarà la protagonista di una sagra che conta di accogliere estimatori provenienti da tutta la Sicilia. A Scicli (Rg) invece, la sagra del pomodoro era l’opportunità di gustare il prodotto tipico del luogo all’interno di pizze, pasta fresca e “nciminati”, le pagnotte tradizionali della sagra. Il Primo maggio, quindi, dal dolce al salato, dal mare alla montagna, una festa davvero per tutti i gusti. E se il maltempo vi ha rovinato i programmi, feste a parte, i tanti luoghi che vi abbiamo raccontato sono sempre pronti ad accogliere i visitatori, anche fuori dalle feste canoniche dedicate alle gite fuori porta. Antonio Percolla Sant’Alfio, in occasione della festa religiosa dei Santi Alfio, Cirino e Filadelfo è stata allestita una mostra dal tema “Vernissage di Colori”, al Palazzo di Città, del pittore Mario Pistorio. La personale è stata organizzata e curata dalla Galleria d’Arte Firme d’Autore di Giarre, con la sua Art Director Lucia Rocca, che ha provveduto alla disposizione delle opere ed ha presentato l’artista, nostro conterraneo, con grandi potenzialità pittoriche che traspaiono attraverso la purezza dei colori e il suo autentico amore per l’arte. La mostra, tanto apprezzata, è stata aperta al pubblico in presenza del sindaco, Salvatore Russo, del presidente del Consiglio comunale, prof. Alfio La Spina, del Comandante dei Carabinieri di Sant’Alfio, dott. Alfio Polisano, dal Parroco don Salvatore Garozzo. Mario Pistorio, pittore per passione, sprigiona tanto amore per la pittura, l’emotività, la serenità e la capacità di imprimere i colori, con tanti pennelli, sulla fredda tela, che si tramuta, come per magia, in una calda e significativa opera d’arte. Apprezzare la mostra, nella sua più complessa sicilianità, equivale ad ascoltare le tanti voci della natura, con una ammirevole capacità di cogliere il bello nelle sue molteplici e frastagliate comunicazioni naturali, la conoscenza del mondo in cui viviamo. Brillano, fra i tanti soggetti d’arte, le fitte piante di ficodindia dai colori vivaci, ove domina il colore giallo del sole e il verde della vegetazione, della natura e della vita stessa. L’artista Pistorio, nella sua pittura, non tende a divagare. Proprio per concentrare la sua attenzione, con le sue spic- cate versatilità espressive, è riuscito a superar il non facile muro dell’anonimato, sia per la delicatezza del tratto che per la perfezione prospettica, dedicandosi all’arte che gli consente di raggiungere un ottimo grado di perfezionismo. I suoi colori, prettamente mediterranei, cromaticamente apprezzabili per il delicato e saggio uso della tavolozza, ostentano verismo e piena corrispondenza con l’ambiente etneo, nella vastità del suo orizzonte creativo. Il pittore trova sempre la giusta misura rappresentativa, curata nei minimi particolari. Figure e natura sono dipinti che egli predilige ed esegue con tanta attenzione e maestria. Il successo gli è stato decretato dalle numerose personali e collettive in cui, attraverso l’attenta organizzazione della Galleria Firme d’Autore, ha partecipato ottenendo notevoli consensi delle varie giurie e della critica, che poggiano il loro giudizio sulla veridicità dei soggetti. Infatti, le opere di Pistorio restano sempre un “documento”, imbevute di tanta forza espressiva dovuta al pathos ed alla suggestione profonda ricca di tanto sentimento. Anna Fichera Gazzettino 7-05-2011:Gazzettino-nuovo 1 05/05/11 20:02 Pagina 6 6 > S E T T I M A N A L E IDG N . 15 • sabato 7 mag gio 2011 catania e provincia Strutture portanti del Paese Grande partecipazione per i festeggiamenti del 150° anniversario della Provincia di Catania G onfaloni, fasce tricolori e divise militari hanno fatto da cornice, al Chiostro di Palazzo Minoriti, al la cerimonia d’apertura delle manifestazioni celebrative per i 150 anni dall’istituzione della Provincia di Catania nell’ambito dei festeggiamenti dei 150 dell’Unità d’Italia. Si tratta di una manifestazione voluta dal presidente, Giuseppe Castiglione, la grande festa della Provincia, che ha caratterizzato l’arco temporale da giovedì 5 e a sabato 7 maggio, per una “tre giorni” ad alta densità di iniziative che ha registrato la piena partecipazione di tutte le Istituzioni locali. «La Provincia si è assunto il compito di concorrere ad una visione congiunta delle iniziative – ha dichiarato il presidente dell’Amministrazione provinciale, Giuseppe Castiglione –, per un grande momento dove ancora una volta si condividono valori, progetti e iniziative. Il programma, intenso e vivace, è stato ideato ed attuato per essere di interesse storico-culturale e quanto più coinvolgente per tutto il tessuto sociale del territorio. Proprio il presidente Napolitano, ricordando l’articolo 114 della Costituzione ha più volte ribadito l’importanza delle Province, che ha definito strutture portanti del Paese». La Bandiera Tricolore bordata lateralmente con l’azzurro, colore istituzionale della Provincia, è l’indiscusso protagonista delle giornate dedicate ai festeggiamenti per i 150 anni dell’anniversario dell’Amministrazione provinciale. Gli appuntamenti, ospitati nella sede istituzionale di Palazzo Minoriti, hanno avuto un inizio solenne, nel Chiostro di Palazzo Minoriti, grazie alle note dell’Inno nazionale eseguito dalla Banda musicale della Marina Militare Italiana, alla presenza delle massime autorità civili e militari, dei presidi degli istituti superiori ed i sindaci dei 58 Comuni della provincia, che hanno ricevuto la bandiera del 150° anniversario dell’Ente. A conclusione una maxi torta a forma di bandiera con il logo della Provincia e del 150°, appositamente realizzata dai talentuosi studenti dell’Istituto Alberghiero Karol Wojtyla. A seguire, uno speciale gioco di luci nella suggestiva piazza Università accoglierà un appuntamento imperdibile: il concerto della banda musicale della Marina Militare diretto dal maestro Antonio Barbagallo. Tra gli appuntamenti più carichi di significato, venerdì 6 maggio, la convocazione straordinaria della seduta solenne Consiglio provinciale, con invitati d’eccezione gli ex presidenti dell’Ente: Salvatore Distefano, Giulio Sacha Tignino, Diego Di Gloria, Carmelo Rapisarda, Francesco Altamore, Nello Musumeci e Raffaele Lombardo. Tra le varie iniziative il premio dedicato agli studenti che hanno partecipato al concorso d’idee “Una cartolina per il 150° Anniversario dell’Amministrazione provinciale di Catania”, che vedranno riprodotti proprio in una cartolina i migliori disegni. A tutti i ragazzi che hanno partecipato il presidente Castiglione ha consegnato un premio. Per gli appassionati di filatelia, la Provincia ha pensato di realizzare con la collaborazione della Poste italiane due annulli postali, prodotti dalla Zecca dello Stato. Il presidente Castiglione ha, inoltre, ringraziato il ministro Ignazio La Russa e il sindaco di Catania, Raffaele Stancanelli, per la particolare attenzione che hanno voluto rivolgere all’evento. di Giarre Territorio, chiave del successo Intervista al dott. Ettore Barbagallo, assessore ai Lavori pubblici, Servizi cimiteriali, Attività produttive e Politiche comunitarie del Comune di Viagrande Giuseppe Musumeci Appello per scongiurare i rischi sulla sicurezza te e certificabili – dice il Presidente della Fondazione, Santi Maria Cascone –. la tutela ambientale è un tema fortemente attuale che la nostra categoria è chiamata ad approfondire e concretizzare in quanto protagonista dell’innovazione in edilizia”. La relazione principale dell’incontro è stata tenuta dal docente dell’Università di Padova e componente della commissione acustica dell’Uni (Ente nazionale italiano di Unificazione) Antonino Di Bella, tra i massimi esperti in Italia sull’argomento, che ha tracciato con chiarezza l’evoluzione normativa e le ricadute sul progetto degli edifici per il comfort acustico. L’amministratore delegato della Celenit Spa Piero Svegliado ha invece presentato numerose e specifiche soluzioni tecniche per il benessere termico e acustico degli edifici. In rappresentanza dell’Ordine degli Architetti di Catania è intervenuto inoltre il segretario della rispettiva Fondazione Vincenzo Giusti. “La formazione su questi temi non è facoltativa ma necessaria – ha aggiunto Carmelo Maria Grasso, Presidente dell’Ordine – perché è un modo di far fronte alla rapidità negativa con cui cambiano le normative. Non si fa in tempo a consolidare una legge che ne subentra una nuova. Il nostro Ordine allora attribuisce un’importanza eccezionale all’aggiornamento dei professionisti”. Infine, è intervenuto il componente del Consiglio della Fondazione e coordinatore dell’evento Vincenzo La Manna, il quale ha sottolineato che “generalmente, si pensa che la soluzione strategica per risparmiare energia è isolare gli edifici con gli espansi derivati dal petrolio. Tuttavia, gli isolanti naturali negli usi comuni possono sostituire con la stessa efficacia il petrolio, lasciando che questa risorsa limitata sia impiegata per fini più nobili”. “Valorizzare i prodotti e le risorse del nostro territorio etneo”. Questa è la parola d’ordine espressa dal dott. ettore Barbagallo, all’inizio della nostra conversazione. Barbagallo, 45 anni, sposato, due figli, laureato in Scienze Agrarie, professione insegnante, dal 2008 ricopre la carica di assessore ai Lavori pubblici, alle Attività produttive, Risorse comunitarie e Servizi cimiteriali, presso il Comune di Viagrande. Barbagallo non è nuovo alla politica in quanto, da circa vent’anni, ha ricoperto vari ruoli, sia come consigliere sia come Presidente del Civico consesso presso il Comune di Viagrande. - Dott. ettore Barbagallo, quali sono stati i motivi che l’hanno indotta ad impegnarsi nella vita politica e sociale della sua cittadina? «Da circa vent’anni, mi occupo di politica sociale, sportiva ed ambientale, con l’intento di dare un contributo alla crescita della Comunità di Viagrande, alla quale sono legato da generazioni e che vanto orgogliosamente in ogni occasione». - Nel settore delle opere pubbliche, quali interventi sono stati realizzati nelle strutture già esistenti sul territorio di Viagrande? «Abbiamo in cantiere decine di opere, le più importanti sono: il nuovo Cimitero Comunale, il rifacimento del Palazzo Turrisi Grifeo, la Piazza San Biagio, le Scuole Medie ed Elementari, l’Illuminazione Pubblica, la rotatoria e varie opere di adeguamento e messa in sicurezza». - Quali iniziative sono state intraprese per favorire lo sviluppo delle attività produttive? «Fra le nuove iniziative possiamo elencare: il nuovo sito internet, l’adesione ai vari Consorzi (Gal, Prust) e Distretti Turistici, l’avvio del procedimento del Centro Commerciale Naturale ed inoltre abbiamo organizzato una serie di incontri con gli operatori commerciali ed economici». - Secondo lei, il sistema cooperativistico potrebbe essere un modo per sopperire alla grave crisi occupazionale che attanaglia il mondo giovanile e, nel contempo, migliorare e rendere più efficienti i servizi nel comparto turistico-ambientale? «Sostanzialmente no, sono fortemente scettico sull’opportunità del sistema cooperativistico in Sicilia, sia per ragioni culturali che burocratiche. Ritengo molto più efficiente una politica regionale e nazionale di sostegno alle medie e piccole imprese individuali». - In che modo si può valorizzare il territorio etneo? «Sembra una frase fatta e ripetuta, ma la parola d’ordine deve essere la valorizzazione dei prodotti e delle risorse uniche del nostro territorio in primis l’Etna, in seguito i prodotti enogastronomici tipici e la promozione delle nostre radici culturali». Salvatore Rubbino Giuseppe Russo Preoccupa l’assegnazione di un lavoro affidato con un ribasso dell’80%, in progetto una camera di conciliazione con altri ordini professionali “A llarmante la tendenza dei ribassi”. È l’allarme lanciato dal Presidente della Fondazione dell’Ordine degli Ingegneri di Catania, Santi Maria Cascone. Il seminario “Rischi professionali e coperture assicurative” si è rivolto sia ai professionisti di tutto il territorio provinciale, che all’opinione pubblica, poiché le ristrettezze economiche, con cui si è costretti a lavorare, compromettono la gestione della sicurezza, e dunque degli infortuni sul lavoro, e mortificano la qualità del risultato finale innescando contenziosi. In un Comune della provincia catanese è stato affidato, tramite gara, un lavoro pubblico con un ribasso superiore all’80% dell’importo previsto per la progettazione e il coordinamento della sicurezza. Un caso allarmante, che manifesta la grave situazione che la categoria degli ingegneri deve fronteggiare. Progettare e costruire con queste cifre, che non coprono neanche le spese, determina una pericolosa riduzione della qualità delle prestazioni, e di contro un aumento dei rischi sulla gestione dei cantieri. “Con l’obiettivo di scongiurare in tempo questa preoccupante tendenza – ha detto il presidente dell’Ordine, Carmelo Maria Grasso – il nostro ente ha firmato, prima con la Provincia e in seguito con il Comune di Catania, un protocollo per l’affidamento degli incari- chi che pone limiti ragionevoli ai ribassi. Dopo due anni dalla firma dell’intesa, il protocollo è stato applicato in un solo caso. Tuttavia siamo sempre in continuo dialogo con le istituzioni per non abbassare la guardia sull’andamento delle gare d’appalto”. Dopo i saluti dei presidenti Cascone e Grasso, e del vicepresidente aggiunto dell’Ordine etneo degli Architetti Paola Pennisi, sono intervenuti la consulente legale dell’Ordine Ingegneri Fiorella Russo, e i rappresentanti dell’azienda Marsch Spa, competente in materia, Antonio Fattore e Katiuscia Vanin. Durante l’incontro – coordinato dal segretario della Fondazione Alfio Grassi – l’attenzione è stata poi focalizzata sul tema della copertura assicurativa, la cui scelta oculata deve orientarsi all’interno della casistica di incidenti e contenziosi. Numerosi i professionisti presenti, che hanno colto l’occasione per maturare una maggiore consapevolezza sui rischi professionali e sulle possibilità delle polizze d’assicurazione. L’ampio dibattito emerso si è concluso con l’auspicio di avviare iniziative in questa direzione che blocchino l’andamento negativo dell’affidamento delle prestazioni professionali. All’assemblea degli iscritti all’Ordine degli Ingegneri, tenutasi il 26 aprile, il presidente Grasso lascia intendere come il contributo offerto non sia stato recepito dalle Amministrazioni: “Nessuna Amministrazione del nostro territorio, dalla più piccola alla più grande, ha recepito concretamente il contributo tecnico offerto dall’Ordine etneo degli Ingegneri nelle aree di competenza. Mi riferisco alle linee guida per l’attuazione del Piano Casa regionale inviate ai 58 comuni della provincia, ai protocolli per monitorare l’affidamento degli incarichi per i lavori pubblici e per mitigare i ribassi eccessivi nelle gare d’appalto, alle iniziative per contribuire alla redazione dei piani regolatori generali e dei regolamenti edilizi delle città”. A dimostrazione dell’interesse per le istanze del territorio, una risposta immediata ed eloquente alla situazione attuale del mercato professionale, per opera della Fondazione dell’Ordine presieduta da Santi Maria Cascone, è stata la formazione di 30 ingegneri “conciliatori” all’indomani dell’entrata in vigore dell’obbligo della mediazione civile. “In un momento di crisi generale per la nostra categoria, diversificare la nostra attività professionale è la giusta strada da intraprendere – continua Grasso –, a breve, costituiremo un apposito gruppo di lavoro che si occupi delle iniziative in materia, mentre si discute già con altri ordini professionali di istituire un’unica camera di conciliazione”. Affiancato dal segretario Aldo Abate e dal tesoriere Mauro Scaccianoce, il Presidente ha concluso ribadendo come l’attività dell’Ordine non è soltanto interna ed autoreferenziale ma “trova la sua ragione d’essere proprio nell’apporto professionale dato all’ambiente in cui opera. Auspichiamo quindi che le istituzioni prendano in considerazione non solo la nostra voce, che continueremo certamente a far sentire, ma soprattutto le nostre azioni”. Il seminario dell’innovazione posto l’attenzione su quelli che sono chiamati “isolanti naturali” che possono sostituire l’uso del petrolio. Lana di roccia e di canapa, fibre di legno e di cellulosa, sughero compresso o espanso: la natura ci dona questi materiali per il “comfort” delle nostre case di mattoni e cemento. Riescono a tenere fuori dalle mura domestiche il freddo, il caldo e i rumori fastidiosi, senza consumare energia. Il seminario si è svolto al President Park Hotel di Acicastello al fine di migliorare la formazione e l’aggiornamento degli ingegneri catanesi che “sono chiamati a progettare e costruire edifici sempre più ecosostenibili, con prestazioni acustiche e termiche eleva- È un mestiere di famiglia Il Liceo Capizzi di Bronte e la scrittrice Dacia Maraini. Un viaggio all’interno di un mondo fatto di emozioni e parole che viaggiano veloci U na stanza piena di parole vere, parole che fanno la differenza, che parlano a tutti e ad ognuno, di mondi esistiti e di mondi possibili, lo è stata per qualche ora l’Aula magna del liceo Capizzi di Bronte dove si è tenuto un incontro con la scrittrice Dacia Maraini. L’incontro è stato organizzato dalla preside del liceo, Graziella Emanuele, con l’intento di avvicinare gli studenti alla lettura ma, soprattutto, come spiega nella sua riflessione conclusiva, “con la voglia di fare crescere l’utopia e di riaffermare il bello”. Ed è proprio il concetto di bellezza che Dacia Ma- raini ci racconta. “La bellezza non ha funzioni, è fine a se stessa, la bellezza è armonia, è profondità di un pensiero, la bellezza è anche giustizia”. Fondamentale è, inoltre, per la scrittrice la capacità di credere negli ideali, “amo molto l’idealismo” ci dice, sottolineando che non crede alla versione giornalistica che presenta la gioventù di oggi vuota e senza ideali. I suoi appuntamenti nelle scuole gli hanno trasmesso altro e, alla conseguente domanda di una ragazza, che si chiede se sia possibile sognare un mondo migliore, la risposta nasce obbligata ed è un “si!”. Il dibattito, pieno di interessanti domande, continua con l’interrogarsi su alcune figure dei suoi personaggi. In particolare, nell’approfondire la passione per la lettura di Marianna Ucria, la Maraini ci spiega che bisogna imparare a saper leggere: “Saper leggere non è una cosa semplice, non si nasce sapendo leggere, si impara a leggere. Leggere significa saper entrare in un libro, significa quasi riscriverlo per coglierne la sua trama musicale. La lettura è un bisogno che va incontro al lettore e che sviluppa la nostra capacità di pensiero”. Qualcuno le chiede in cosa si sente vi- cina al personaggio di Marianna Ucria: “Uno scrittore non può parlare solo di sé ma deve raccontare storie del mondo, altrimenti sarebbe egocentrico”. Lo scrittore è, per Dacia Maraini, qualcuno che ha delle competenze linguistiche. Ed è questo che gli si chiede: di usare tali competenze per esprimere un pensiero che è, probabilmente, di tutti ma che non tutti sanno esprimere. Consiglia, poi, agli aspiranti giovani scrittori di non esordire con un romanzo mandato ad una importante casa editrice, cosa che potrebbe risultare frustrante, ma di cominciare dal basso a scrivere e scrivere ovunque, purché si faccia esperienza con la propria scrittura. Alla domanda su come nascono i suoi personaggi, ci risponde che i suoi personaggi bussano alla porta della sua mente, si siedono lì a prendere un caffè e narrano le loro storie… a volte qualcuno resta anche per cena! Scopriamo che ama scrivere in silenzio per concentrarsi e che, oggi, è una scrittrice come lo era suo padre, sua nonna e sua madre. Le sue parole sono: “È un mestiere di famiglia”. A conclusione, un omaggio floreale di rose bianche che ringraziano Dacia Maraini e le sue parole. Giusy Galvagno Gazzettino 7-05-2011:Gazzettino-nuovo 1 05/05/11 20:02 Pagina 7 > S E T T I M A N A L E IDG alcantara di Giarre N . 15 • sabato 7 magg io 2011 7 Karol Wojtyla “turista” a Giardini Naxos Sette anni prima che venisse eletto Papa, l’allora cardinale di Cracovia volle trascorrere una settimana di relax nella prima colonia greca di Sicilia, ospite della sorella di un suo amico. In tanti lo ricordano come un umile prelato che, in quelle giornate, aiutava i parroci del luogo a celebrare la messa nelle chiese dell’Immacolata e della Raccomandata H a cambiato il corso della storia ed è in procinto di approdare alla santità, ma nello straordinario percorso di vita di Papa Giovanni Paolo II, beatificato domenica scorsa, figurano anche delle S. Messe celebrate nelle chiese di Giardini Naxos quando, già cardinale di Cracovia, andò a trascorre una vacanza quasi in incognito nella cittadina turistica siciliana. Era la primavera del 1971 e lui aveva cinquantuno anni di età. Ma come mai proprio Giardini Naxos ha avuto la fortuna di ospitare colui che appena sette anni dopo sarebbe stato eletto Capo della Cristianità divenendo il pontefice più carismatico ed amato di tutti i tempi? In pratica, Karol Wojtyla era amico di un professore universitario polacco la cui sorella, Sofia Vilinska, aveva sposato un giardinese; l’intellettuale, dunque, consigliò al futuro Papa di visitare la prima colonia greca di Sicilia, dove avrebbe avuto a sua completa disposizione l’abitazione della sorella in una settimana in cui quest’ultima e la figlia si sarebbero recate in Svizzera ed il marito avrebbe dormito a casa di parenti. Il cardinale di Cracovia accettò di buon grado l’invito e partì alla volta della Sicilia facendosi accompagnare da un vescovo e da un giovane prete. Giunti a Giardini, prima ancora di prendere possesso dell’appartamento della Wojtyla (primo da sinistra indicato dalla freccia e nel riquadro col volto ingrandito) in una foto scattata durante la sua vacanza a Giardini Naxos del 1971 signora Vilinska (ubicato nel centralissimo quartiere S. Giovanni) i tre religiosi ritennero doveroso presentarsi ai colleghi “padroni di casa”, ossia i parroci locali che al tempo erano il francescano Edoardo Di Felice ed il cappuccino Giuseppe Seminara. Questi ultimi, non appena capirono di tro- varsi di fronte a degli alti prelati, provarono un notevole imbarazzo in quanto avrebbero voluto riservare loro un’accoglienza solenne, ma quell’arrivo all’improvviso li trovava impreparati. Grazie, comunque, al disarmante sorriso ed ai modi umili di Karol Wojtyla, il ghiaccio si ruppe presto. «Non preoccupatevi - disse il futuro Vicario di Cristo - perché siamo qui come semplici turisti ed, anzi, vorremmo tanto, durante questa nostra vacanza, metterci al servizio della comunità locale e darvi una mano, se vi è gradito, nella celebrazione delle S. Messe». Padre Di Felice e Padre Seminara rimasero letteralmente spiazzati dalla semplicità degli illustri ospiti, con i quali instaurarono subito un rapporto all’insegna della più spiccata cordialità, come se si conoscessero da una vita. Così, il “terzetto” polacco trascorse quel breve periodo di riposo celebrando due messe al giorno rispettivamente nella chiesa dell’Immacolata ed in quella della Raccomandata, ritemprandosi nell’incantevole mare di Naxos ed effettuando escursioni nella vicina Taormina e, un giorno, anche a Siracusa spinti dalla profonda fede mariana di Karol Wojtyla, il quale volle recarsi nel capoluogo aretuseo per venerare la Madonna delle Lacrime di cui tanto aveva sentito parlare. Ed ogni giornata di quella vacanza tra fede e relax iniziava sempre al bar con la granita con panna che Padre Seminara si premurava di offrire ai tre ospiti, i quali ebbero anche modo di apprezzare il bollettino parrocchiale stampato e distribuito dai religiosi giardinesi, al punto che il cardinale Wojtyla e gli altri due suoi compagni di viaggio chiesero che i successivi numeri della pubblicazione venissero loro spediti in abbonamento. Intanto, tra una messa, un’escursione ed un bagno a mare, quei sette giorni che si sono “ritagliati” per venire a riposarsi in Sicilia volano via ed i tre pastori slavi fanno ritorno al loro Paese: a Giardini Naxos lasciano un buon ricordo, ma nessuno può minimamente presagire che in quel trio di umili e miti religiosi c’era una personalità straordinaria in procinto di rientrare tra i “grandi” della Terra e di assurgere a personaggio più amato dall’umanità. Si arriva, così, all’indimenticabile serata del 16 ottobre 1978, quando le televisioni di tutto il mondo trasmettono in diretta la fumata bianca che annuncia la “rivoluzionaria” elezione del Papa “venuto da lontano”. In quei momenti, indicibile è l’emozione che provano i parroci giardinesi non appena resisi conto che il nuovo Capo della Chiesa ha il volto e la voce di quell’umile “turista” che, sette anni prima, era stato loro ospite e che alla comunità ecclesiale naxiota aveva continuato ad essere idealmente legato tramite l’abbonamento al bollettino parrocchiale: forse, col cosiddetto “senno di poi”, a quell’allora sconosciuto giovane cardinale ed ai suoi amici sarebbe stato proprio il caso di riservare quella “solenne accoglienza” che fu obiettivamente impossibile predisporre dato il loro arrivo improvviso ed in forma non certo ufficiale; ma ad un “grande”, come Karol Wojtyla, la “solenne accoglienza” l’avrebbe poi data la Storia. Rodolfo Amodeo Di Novara di Sicilia il primo “wojtylologo” Lo straordinario “scoop” di Ninni Stancanelli, il giornalista che la sera dell’elezione del Papa polacco riuscì a conoscere in tempo reale e prima degli altri colleghi la biografia dello “sconosciuto venuto da lontano” Karol Wojtyla fu un Papa “outsider”, nel senso che nessuno avrebbe mai scommesso sulla sua elezione alla guida della Chiesa di Roma: i favoriti di quel conclave dell’autunno del 1978 erano gli “italianissimi” Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, e Giovanni Benelli, arcivescovo di Firenze, ma alla fine (a causa del rompersi di certi equilibri) l’assise cardinalizia optò per lo “sconosciuto” prelato polacco; ed era quasi da cinquecento anni che sul trono di Pietro non sedeva un pastore straniero. A sconvolgere ogni previsione anche l’età del nuovo eletto: appena cinquantotto anni, quando sino ad allora il delicato ruolo di Capo della Cristianità era stato affidato a religiosi piuttosto anziani. In quella storica serata del 16 ottobre 1978, pertanto, agli operatori dell’informazione tremarono letteralmente le vene ai polsi nell’ascoltare il cardinale Pericle Felice che al solenne “Habemus Papam” in Piazza S. Pietro pronunciava un cognome alquanto strano: alcuni intesero “Bottiua”, altri “Boitiua” ed il classico inter- rogativo manzoniano del “chi è costui” affiorò nei pensieri e sulle bocche di tutti, giornalisti compresi. Data la fonetica del curioso cognome, in tanti si pensò potesse trattarsi di un cardinale africano. Sta di fatto che sul nuovo Papa i giornalisti avevano assoluta necessità di saperne di più ed in tempi strettissimi perché erano quasi le otto di sera e bisognava cominciare a “chiudere”, ossia completare, l’edizione del giornale in uscita l’indomani, per non parlare dei programmi radiotelevisivi dai quali si pretende un’informazione tempestiva e completa (ricordiamo che erano tempi in cui Internet non esisteva ancora e bisognava “scarpinare” per ottenere certe informazioni anziché, come si fa oggi, attingerle comodamente dai motori di ricerca). ed è proprio in situazioni critiche come questa che al giornalista non resta che confidare nella casualità o nella classica “botta di fortuna”, ma anche nel suo “fiuto” e nel suo spirito d’osservazione (sta pure in questo il fascino del nostro mestiere). e sapete chi è stato il primo giornalista d’Italia ad avere le “idee chiare” sul nuovo pontefice? Il collega Ninni Stancanelli, originario di Novara di Sicilia (in provincia di Messina ed a pochi chilometri dalla Valle dell’Alcantara) dove a tutt’oggi è tornato a risiedere dopo una lunga carriera in Rai quale caporedattore ed inviato del Gr2. ed è lui stesso a raccontarci di questo suo memorabile “scoop”. «La Provvidenza ha voluto – ricorda Stancanelli – che fosse la mia testata giornalistica radiofonica, ossia il Gr2 Rai, ad illustrare per prima e pressoché in tempo reale la figura del Papa appena eletto. Questo perché quella sera mi trovavo in una postazione di Piazza S. Pietro accanto alla quale si piazzarono casualmente dei preti che, non appena sentirono pronunciare al cardinale Felici quello “strano” cognome, si abbandonarono a grida e gesti di esultanza; evidentemente erano gli unici, tra tutta quella marea di gente, a sapere chi fosse il nuovo pontefice. Colsi, dunque, la palla al bal- zo e mi avvicinai a loro per chiedergli il perché di questo “giubilo”; mi risposero che erano polacchi e che quel Wojtyla era stato il loro cardinale; da loro appresi, quindi, della sua infanzia travagliata, dei suoi trascorsi giovanili tra lavori umili ed inclinazioni artistiche e delle sue vicissitudini durante la Seconda Guerra Mondiale. Così chiesi subito la linea allo studio per raccontare tutto in diretta dai microfoni del Gr2; dopodiché venni letteralmente tempestato dalle telefonate dei colleghi delle altre testate giornalistiche e delle agenzie di stampa che mi pregavano di passare loro quelle notizie da me “miracolosamente” raccolte affinché potessero imbastire i rispettivi servizi su Karol Wojtyla. E’ stato questo – conclude il giornalista di Novara di Sicilia – uno dei momenti più esaltanti della mia carriera». R.A. Conto alla rovescia per il Mondiale di Enduro L’unica tappa italiana della prestigiosa competizione motociclistica internazionale verrà disputata nel prossimo fine settimana, e per la prima volta in Sicilia, tra Francavilla e Motta Camastra. Un evento che va oltre l’aspetto agonistico e nel quale tutti gli operatori economici locali ripongono parecchie aspettative essendo attese per l’occasione diverse decine di migliaia di persone F inalmente ci siamo: tra meno di una settimana si alzerà il sipario sull’attesa tappa italiana del Mondiale di Enduro “Fim Enduro World Championship”, che quest’anno si terrà per la prima volta in Sicilia ed, in particolare, nella Valle dell’Alcantara. L’organizzazione, curata dal Motoclub “Salvo Aiello” di Acireale, ha infatti scelto come location della prestigiosa competizione internazionale, che verrà disputata da venerdì 13 a domenica 15 maggio prossimi, i territori dei Comuni di Francavilla di Sicilia e Motta Camastra. Nella conferenza stampa di presentazione di mercoledì scorso, tenutasi presso il Parco Botanico e Geologico delle Gole dell’Alcantara, nonché in un apposito comunicato di lancio, gli organizza- tori hanno sottolineato che «la scelta è ricaduta su quest’angolo di Sicilia in considerazione delle bellezze paesaggistiche che Francavilla e Motta Camastra offrono ai visitatori. La prima, in particolare, nell’ultimo decennio ha già ospitato importanti manifestazioni enduristiche, mentre Motta Camastra annovera nel proprio territorio le suggestive Gole dell’Alcantara, meta turistica internazionale. E non dimentichiamo, poi, la vicinanza al nostro “gigante buono”, ossia il vulcano Etna. Delle ricadute positive in termini di presenze turistiche beneficeranno comunque anche le vicine località di Taormina, Giardini Naxos, Randazzo, Linguaglossa e Castiglione di Sicilia: l’evento è, infatti, in grado di attirare ben trentamila persone (tra addet- ti ai lavori, piloti, appassionati, ecc.), così come è avvenuto nell’edizione dello scorso anno, svoltasi in Lombardia (a Lovere, in provincia di Bergamo)». I dirigenti del Motoclub Aiello hanno, inoltre, tenuto a rimarcare che questo GP Mondiale di Enduro nella Valle dell’Alcantara è frutto di uno sforzo collettivo in quanto nell’organizzazione il sodalizio acese ha voluto coinvolgere pure il “Motoclub 01” di Messina ed, ovviamente, il locale Motoclub “Valle Alcantara”. «Siamo insomma - spiegano gli organizzatori - un pool affiatato di persone provenienti da ogni parte della regione e di estrazione sociale variegata, che abbiamo affrontato anche sacrifici economici pur di realizzare questo “sogno” del Mondiale di Enduro in Sicilia. “Vo- lere è potere” ed “Uniti si va dovunque” sono i nostri motti; ed è per questo che ci rivolgiamo a tutti i motoclub siciliani ed agli appassionati di Enduro: perché noi dell’organizzazione siamo tanti, ma vorremmo essere tantissimi per dare prova a tutto il mondo della grande unione e collaborazione che esiste nel nostro settore. Questa manifestazione, insomma, dovrà essere un trionfo non personale, ma della Sicilia intera». Infine le “commosse” considerazioni di Salvatore Leonardi (nella foto), massimo responsabile della manifestazione in qualità di coordinatore e fondatore del Motoclub Aiello. «Iniziai ad occuparmi di Enduro da giovanissimo - dichiara il “patron” Leonardi - e condividevo dei sogni con un mio grande amico, anzi fratello: Salvo Aiello, cui è intitolato il nostro motoclub. Quando, l’8 dicembre 1996, il destino decise di non farlo più tornare a casa e fra gli amici che lo ammiravano, feci una promessa a lui ed a me stesso: avrei organizzato il campionato mondiale di Enduro per onorarlo e ricordarlo. Allora non sapevo né dove né quando, ma sentivo dentro di me che ce l’avrei fatta. Oggi sono qui, fiero dell’incarico che mi è stato assegnato e che mi sforzerò di interpretare al meglio». Per quanto concerne le zone interessate all’evento, a Francavilla di Sicilia saranno in particolare Viale Europa e le aree dei fiumi Zavianni e S. Paolo. Gli allenamenti (giovedì 12 maggio) e le gare ufficiali (tra venerdì 13 e domenica 15 maggio) si svolgeranno ogni giorno dalle ore 8,30 alle ore 19,00. R.A. Gazzettino 7-05-2011:Gazzettino-nuovo 1 05/05/11 20:02 Pagina 8 8 > S E T T I M A N A L E IDG N. 15 • s aba to 7 maggio 2011 attualità di Giarre “Mille” bandiere giallorosse! Dopo il successo palermitano del 30 ottobre 2010, Catania si mobilita per chiedere l’applicazione integrale dello Statuto Speciale di Autonomia N el silenzio più totale dei media e tra la sorpresa della gente si è svolta nel pomeriggio dello scorso 30 aprile nel capoluogo etneo la manifestazione “La Sicilia e i Siciliani per lo Statuto”. Bandiere della Sicilia, striscioni recanti la scritta “ANTUDO” (ANimus TUus DOminus, Il Coraggio è il tuo Signore, urlo di rivolta del Vespro Siciliano), vessilli giganti della Trinacria e bandiere dell’E.V.I.S. hanno invaso via Etnea tra lo stupore dei passanti che ammiravano incuriositi. «Ma chi sta succiudennu la Rivuluzzioni?» si chiedeva un anziano al momento del passaggio del corteo che avanzava fiero al grido di «Sicilia! Sicilia!». Ed un altro quasi ironicamente: «Ma oggi chi è la festa dâ Sicilia?». Altri più cauti: «Ma chi succedi? La Sicilia chi trasìu ‘n guerra?». Niente di tutto questo. La verità sull’inusuale manifestazione è un’altra: i Siciliani sono stanchi di non veder rispettati i propri diritti, sono stanchi di essere relegati a regione meridionale estrema a nord dell’Africa e non essere considerati di diritto come centro del Mediterraneo e culla di civiltà come la storia ci insegna che meriterebbe. I Siciliani, per l’esattezza i Siciliani per lo Statuto, sono stanchi di vedere la propria terra e le proprie risorse in mano alla mafia, una mafia vista non esclusivamente come “colpa” dei Siciliani, malattia endemica di questa isola, ma come strumento d’oppressione colonialista adoperato dalla politica italiana per sottomettere e tenere in scacco con il sistema clientelistico il Popolo Siciliano e del Sud Italia. Tutti, sicuramente, sono al corrente che la Sicilia è una Regione a Statuto Speciale, per l’esattezza una delle cinque regioni italiane a statuto speciale insieme alla Sardegna, alla Valle d’Aosta, al Friuli ed al Trentino-Alto Adige (anche se ormai que- st’ultima è diventata nei fatti un’unione di due province autonome), ma in pochi sanno in cosa consiste effettivamente questo Statuto Speciale e quale è stato il processo storico che lo ha portato alla nascita. Non tutti sanno, perché purtroppo la storia in Italia si studia con uno scarsissimo apporto critico e come storia dei vincitori che impongono una ben precisa versione dei fatti, che, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, in Sicilia erano attivi il Mis (Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, che all’epoca contava cinquecentomila iscritti ed era il partito più forte dell’isola, dichiarato illegale con il ritorno al potere degli italiani col governo Badoglio), ed il suo braccio armato l’Evis (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia, fondato dal professore Antonio Canepa ed unica organizzazione che in Sicilia si rese artefice di operazioni belliche di stampo partigiano ai danni di truppe tedesche, fasciste e regie). Ebbene, lo Statuto Speciale Siciliano venne promulgato il 15 maggio 1946, ancora prima del referendum che scegliesse tra Monarchia e Repubblica, come un patto paritario tra il Re e (sintiti, sintiti!) il Popolo Siciliano in armi. E grazie alla presenza nell’Assemblea Costituente di alcuni membri del Mis, regolarmente eletti (Andrea Finocchiaro Aprile, Attilio Castrogiovanni, Concetto Gallo e Antonino Varvaro), fu possibile renderlo parte integrante della Costituzione Italiana, che viene continuamente violata proprio per la mancata emanazione delle norme attuative per lo Statuto stesso. Il problema è però che a causa dei politici ascari siciliani e della complicità dello Stato Italiano lo Statuto non è stato mai integralmente applicato ed è stato limitato nelle sue enormi potenzialità dai reiterati malgoverni isolani. Per tale motivo, circa un migliaio di Siciliani per lo Statuto si sono dati appuntamento a Catania: giunti da ogni parte dell’Isola, tra di loro tantissime donne, in una percentuale del 60%, ed anche molti universitari catanesi, in particolare dalle Facoltà di Lingue e Letterature Straniere e Lettere e Filosofia, che rappresentano il volto nuovo di questa terra, quello che veramente ci crede e combatte per un futuro tra la propria gente e non in fredde ed inquinate città del nord. «Grazie ai social network, come Facebook, da un nulla virtuale – sottolinea Santo Trovato, presidente del Comitato spontaneo –, si è pervenuti ad una manifestazione reale, una delle poche nella storia della Sicilia dal dopoguerra ad oggi che ha visto reclamare dai suoi abitanti non lavoro, non ricchezza, non giustizia, ma una cosa più essenziale, alla base della vita democratica di ogni paese e che comprende tutte e tre le cose precedenti, il Diritto. Quel Diritto negato ai Siciliani di vedere applicato integralmente il proprio Statuto, che gli consentirebbe di ritornare a sognare una vita normale, un’economia più animata ed investire nuove risorse sul territorio, occuparsi con più attenzione all’istruzione e ridurre notevolmente la disoccupazione. Quel diritto che si chiede non portando bandiere e simboli di partiti e movi- menti politici, ma mettendo in primo piano l’unico vero ed antichissimo simbolo di questa terra, la Triscele al centro della quasi millenaria bandiera giallo-rossa del Vespro, la prima rivoluzione popolare della storia mondiale». Per paradosso, il primo Popolo che storicamente si ribellò adesso dagli stessi Siciliani (che hanno dimenticato la propria storia) non è neanche considerato tale ed anzi è ritenuto come un qualcosa di inferiore da relegare a regionale. «Secondo lo Statuto Speciale – evidenzia Margherita Ferro, vicepresidente del Centro Studi Siciliano per l’Europa delle Regioni –, la Sicilia ha competenza esclusiva sulle proprie risorse minerarie, quindi anche sul petrolio, di cui raffina il 40% del fabbisogno italiano e ne estrae dalla propria terra il 20%, ricevendo in cambio cosa? Infiniti fondi da investire per eliminare il divario tra nord e sud? Ma quali! Altissime percentuali di sviluppo di malattie cancerogene nella zona di Priolo Gargallo e delle altre aree industriali siciliane, in cambio di pochi posti di lavoro, tutt’altro che salubri». Pur avendo competenza esclusiva la Sicilia non riceve un solo soldo dalla raffinazione e dall’estrazione del petrolio, nemmeno le miserevoli royalties che incassa lo Stato Italiano alla “facciazza” di coloro che ne pagano le conseguenze ambientali e che, da sole, pur nella propria irrisoria percentuale, potrebbero portare nelle tasche della Regione Siciliana oltre 30 miliardi di euro all’anno che potrebbero essere inve- stiti per migliorare il nostro scarsissimo sistema di trasporti… La nostra istruzione potrebbe ricevere grandi aiuti e infischiarsene dei tagli della Gelmini, si potrebbero creare nuove occasioni di sviluppo e limitare il triste fenomeno dell’emigrazione forzata dei giovani siciliani. «Si parla quotidianamente di tunisini che sbarcano a Lampedusa – commenta Salvo Musumeci, presidente nazionale del Mis –, ma non di Siciliani, Calabresi e Napoletani costretti ad emigrare al nord ed all’estero (nel migliore dei casi) per costruirsi un futuro da sé, un futuro che la propria terra purtroppo non è stata in grado di dargli nonostante la volontà che non manca, le fatiche sopportate nel silenzio e gli studi snervanti che spesso di vien la voglia di abbandonare, viste le rosee prospettive. L’emigrazione dei Siciliani e degli abitanti del Sud è ormai una cosa normale, non ci facciamo più nemmeno caso: i terroni devono essere costretti a bussare dai polentoni se vogliono mangiare. Non pensate sia un nostro diritto impedire in qualche modo questa tendenza?». I Siciliani per lo Statuto partiti da Piazza Università ci hanno provato e lo hanno chiesto a gran voce lungo il cammino per Via Etnea (incrociandosi all’altezza della Villa Bellini con il piccolo corteo del “No Mafia Day”, a cui i quotidiani locali hanno riservato la giusta eco non notando però le mille bandiere giallorosse, sic!), per giungere sino al Palazzo della Regione, dove si sono fermati per una forma pacifica di protesta e per la lettura di un “Appello”. In seguito una delegazione di organizzatori ha voluto consegnare lo stesso “Appello” al Presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo che, per l’occasione (ahimé!), non era presente in quanto all’Assemblea Regionale Siciliana si discuteva la finanziaria. L’ “Appello” al Presidente è stato, tuttavia, consegnato al dott. Giuseppe Greco, segretario particolare dell’Ufficio di Presidenza, nella speranza di suscitare nei nostri Governanti regionali un maggiore interesse nei confronti della nostra Terra. La speranza è che i politici, come di solito avviene in queste occasioni, non facciano orecchie da mercante e reclamino effettivamente i nostri diritti, che finalmente si muovano, perché già i Siciliani dal basso e dalla rete hanno iniziato a svegliarsi dal lungo sonno. Se i nostri deputati regionali non servono a questo scopo, allora per cosa sono stati eletti? Amalia C. R. Musumeci Il noir della morte di Rosalino Pilo Un giallo risorgimentale riaperto recentemente da Matteo Collura nel capitolo “L’amico caduto” del suo romanzo storico “Qualcuno ha ucciso il generale”… “Per meglio comprendere la cesura unitaria” S an Martino delle Scale: «1860 – 21 maggio – Rosalino Pilo dei conti di Capaci di anni 41 è morto stamattina alle ore 10 nella montagna, il suo corpo fu seppellito nella nostra chiesa». Così è certificato da padre Guglielmo Martino, a pagina 19, nel registro dei defunti del monastero datato 1839 e custodito nell’attuale biblioteca dell’antica Abbazia. Nella pagina 18, in corrispondenza del nome di Pilo, è poi riportato con grafia molto più chiara: «Morto nell’assalto al Castellaccio»; raggiunto da un misterioso colpo che lo centrò alla nuca. Quartogenito di Girolamo Pilo Riccio, conte di Capaci, Segreto del distretto di Palermo, e Antonia Gioeni Bonanno, Rosalino (nato a Palermo, 11 luglio 1820), fu l’esule siciliano che più corrispose al ritratto di eroe romantico, diviso tra privati e pubblici tormenti, tra amor di patria e amour passion. Destinato alla vita ecclesiastica, dopo la morte del padre, nel 1831 fu inviato a Roma, dove divenne allievo di padre Gioacchino Ventura, che influì molto nella formazione della personalità del ragazzo. Tornato in Sicilia non si limitò a curare la gestione delle terre di famiglia, ma iniziò ad occuparsi di politica, indirizzando le proprie simpatie verso il mazzinianesimo, al quale venne introdotto dal cugino Giovanni Denti di Piraino. Quando, nel 1848, a Palermo, scoppiò la rivoluzione, entrò nel comitato di guerra, guidato da Giuseppe La Masa, con incarichi amministrativi, fece parte del governo provvisorio e, di fronte al fallimento della rivoluzione, fu tra i sostenitori di una difesa ad oltranza. Nel 1849, si rifugiò a Marsiglia per scegliere poi come patria d’esilio Genova, dove divenne tra i più attivi corrispondenti del comitato mazziniano. Le sue missive giunsero a Malta, a Torino, a Marsiglia, a Parigi, a Londra, a Costantinopoli, oltre che in Sicilia, dove proprio in quegli anni nasceva il Comitato cospirativo centrale di Palermo. Nel 1857, fallita la spedizione di Sapri, di cui era stato una delle menti organizzatrici insieme a Carlo Pisacane, fu costretto a lasciare Genova alla volta di Malta, dove si unì al comitato che ruotava intorno a Nicola Fabrizi e incontrò un vecchio amico dei tempi della rivoluzione quarantottesca, Giovanni Corrao, con cui nel 1858 iniziò a pensare ad un attentato a Napoleone III, missione che, per motivi imprecisabili, non venne mai condotta a termine. Nell’agosto 1859, dopo l’armistizio di Villafranca da Londra, raggiunse a Firenze Mazzini, che gli affidò il compito di fare da corriere, portando cinque importanti lettere a Bologna. Venne arrestato e solo grazie all’intervento di Garibaldi fu rilasciato, ma con l’obbligo di varcare il confine svizzero. Quando da Lugano a metà dicembre tornò a Genova, tra gli esuli non si parlava che della possibilità di uno sbarco in Sicilia: presupposto imprescindibile sarebbe stato però lo scoppio di una scintilla rivoluzionaria sull’isola. Pilo si mise subito all’opera per spronare i compatrioti siciliani promettendo di intercedere per l’intervento di Garibaldi, una volta iniziata l’insurrezione. La notizia della rivolta della Gancia giunse a Genova il 7 aprile quando Rosalino Pilo era già in viaggio con Corrao verso l’isola. Sbarcarono a Messina il 12 aprile: il moto era stato ormai represso, ma bande di ribelli infiammavano le campagne. I cospiratori che si erano incamminati verso Palermo, lungo il percorso le aizzavano e, giunti il 20 aprile a Piana dei Greci, riorganizzarono le squadre che si erano date alla fuga dopo la sconfitta subita il 18 aprile a Carini. Iniziarono ad arruolare volontari e radunarono più di mille uomini. Il 12 maggio seppero che a Marsala era sbarcato Garibaldi e il 17 maggio ricevettero una lettera in cui il Generale, annunciando la vittoria di Calatafimi, li invitava a svolgere soltanto azioni di disturbo a vantaggio dei Mille, ostacolando e tagliando i rifornimenti al nemico. Sui monti di San Martino, dove si spostarono per dirigere la guerri- glia, vennero sorpresi dalle truppe borboniche e Pilo rimase ucciso. Sulla morte del conte di Capaci, proprio perché non fu mai chiaro come essa avvenne, si rincorsero, da quel lontano 21 maggio 1860, una ridda di ipotesi che per la dinamica degli avvenimenti e per i fatti accaduti avrebbero fornito, senz’altro, interessante materiale agli studiosi e cultori di “storie misteriose”. Molte furono, infatti, le versioni che dalla morte di Rosalino Pilo presero spunto. Una prima, ossia quella accreditata dalla storiografia ufficiale, affermava che Rosalino Pilo alla Neviera, mentre, con i suoi picciotti, circondato dalle truppe borboniche di Bosco e di Von Meckel, stava scrivendo un messaggio di richiesta d’aiuto a Garibaldi, che si trovava accampato a passo di Renda, fu raggiunto da una pallottola di rimbalzo sparata dai borbonici e che poi lo colpì accidentalmente alla nuca. La seconda asseriva che il conte di Capaci era stato ucciso da uno dei suoi indisciplinati e poco raccomandabili “picciotti”, come lui stesso spesso li definiva, che aveva precedentemente redarguito con l’aggiunta di un pesante ceffone. Il picciotto offeso e umiliato, spinto da evidente spirito di vendetta, non avrebbe trovato, a quel punto di meglio, che sparare a tradimento al suo capo centrandolo alla nuca. Una terza versione, la più traumatica ed inverosimile per i seguaci e i cultori della mitologia risorgimentale, era quella che ad uccidere Rosalino Pilo fosse stato addirittura il suo luogotenente, compagno ed amico, Giovanni Corrao. Tesi che in seguito misero in giro i detrattori e i rivali politici del Corrao sostenendo che questi, uomo dal carattere forte e prepotente, uccise Rosalino Pilo perché geloso del fatto che l’amico avesse assunto il comando supremo delle squadre. Bisogna aggiungere all’irrisolto giallo un particolare di non poco conto… Subito dopo essere stato colpito, a quanto ricostruito da varie cronache e discordanti testimonianze, rantolante venne soccorso dallo stesso Corrao e da Salvatore Calvino, che si premurarono di far trasportare il corpo in una casupola della Neviera abbandonandolo e attivandosi, giacché incalzati dai borbonici, di fare avvisare, attraverso alcuni contadini del luogo, l’abate del convento di San Martino padre Luigi Castelli di Torremuzza perché ne recuperasse il cadavere. Padre Castelli, tra l’altro legato da stretti vincoli di parentela con lo stesso Pilo, appresa con dolore la notizia della morte del congiunto, al termine degli scontri tra picciotti e borbonici, calmatesi le acque, verso le cinque del pomeriggio inviò alla Neviera tre inservienti del monastero Rosario e Pietro Pellerito e Gaspare Schiera. Giunti sul luogo, per i tre fu grande la meraviglia nel trovare il cadavere del conte di Capaci completamente nudo, spogliato e depredato di ogni cosa. La salma, posta dagli inservienti in una rozza cassa, fu poi trasportata nella chiesa dell’Abbazia, dove la sera stessa del giorno 21 venne sepolta nella cappella centrale, detta di San Gregorio. Sgombrato il campo che sia stato ucciso dai borbonici, perché colpito alla nuca da una pallottola di rimbalzo su una roccia, rimane in piedi indiziariamente l’ipotesi che Rosalino Pilo sia stato ucciso da “uno dei suoi”. In buona sostanza, seguendo la logica dei fatti, una pallottola amica e non una pallottola “pazza” di rimbalzo pose fine alla vita di Rosalino Pilo. Un omicidio in piena regola, quasi un regolamento di conti a tutti gli effetti da parte di un picciotto offeso e umiliato o di un sodale quale il Corrao (per rivalità di comando), che dalla soppressione del Pilo avrebbe tratto vantaggi, gloria e giovamenti. Come in effetti avvenne! Il 24 agosto del 1860, quando la Sicilia era ormai totalmente in mano ai garibaldini e Mordini ne era il prodittatore, la salma di Rosalino Pilo fu traslata dall’Abbazia di San Martino alla chiesa di San Domenico, il Pantheon siciliano, con celebrazioni funebri imponenti e le esequie si conclusero con un discorso ricco di enfasi e retorica di un frate domenicano: «I siciliani sapevano che senza Rosalino Pilo forse la loro libertà non sarebbe un fatto. Sapevano che senza di lui Garibaldi non avrebbe avuto l’ultima spinta che rese possibile l’Unità d’Italia: Pilo con cuore devoto e con risoluta volontà aveva dunque giovato alla patria sopra ogni altro e i siciliani ebbero ragione, se , con esequie tanto solenni, ne onorarono la salma». Quello che le cronache del tempo, tanto prese dall’enfasi delle loro celebrazioni omisero di riportare fu che: «I siciliani non avrebbero mai saputo chi, in quel lontano 21 maggio del 1860, uccise a tradimento con un secco e proditorio colpo alla nuca Rosalino Pilo». (55. – “Sicilia postunitaria - Controlettura del Risorgimento” 2010/2011) Salvatore Musumeci
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