Voluntary Disclosure-Analisi e commento del

Legge 186 del 15 dicembre 2014
“Voluntary Disclosure”
Premessa
Dopo la falsa partenza del D.L. 4 del 2014 promosso dal governo Letta, provvedimento che
durante l’iter parlamentare venne epurato degli articoli che prevedevano, appunto, le norme per
l’adesione alla collaborazione volontaria, lo scorso 17 dicembre è approdato in Gazzetta Ufficiale
un testo che istituisce una procedura per il rimpatrio di capitali illegalmente detenuti all’estero. Tale
procedura si basa sulla struttura del precedente Disegno di Legge, ma con alcune sostanziali
modifiche. Prevede sconti sulle ammende e sulle pene per chi spontaneamente comunica
all’amministrazione finanziaria tutti gli investimenti e le attività di natura finanziaria costituiti o
detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, frutto di violazioni compiute fino
al 30 settembre 2014.
Un’importante novità introdotta dalla Legge 186/2014 è la possibilità di aderire alla
collaborazione volontaria anche per soggetti diversi da quelli indicati dall’Art. 4 della Legge 167
del 1990, estendendo, di fatto, tale opportunità anche a chi volesse far rientrare nella legalità capitali
detenuti entro i confini italiani.
Ovviamente non si può ricorrere a tale procedura di “collaborazione volontaria” se si è già,
precedentemente, stati informati di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di
accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
La “Voluntary disclosure”
La procedura stabilisce che il contribuente, mediante la presentazione di un’apposita
richiesta, debba fornire tutta la documentazione inerente le informazioni per la ricostruzione dei
redditi utilizzati per la costituzione, l’acquisto o la cessione dei beni illecitamente detenuti, nonché
la documentazione relativa ai beni ed ai redditi che da tali violazioni derivano. Unitamente a questi
materiali si dovranno presentare tutti i documenti relativi ai beni non detenuti all’estero per il
conteggio degli eventuali maggiori imponibili agli effetti delle imposte sui redditi e relative
addizionali, dei contributi previdenziali, dell’IVA, per tutti i periodi alla data di presentazione della
richiesta per i quali non siano scaduti i termini di prescrizione (5 anni). A tale collaborazione i
contribuenti potranno fare ricorso fino al 30 settembre 2015.
La presentazioni di atti o documenti falsi, nella loro totalità o solamente in parte, sarà punita
con la reclusione da 1 anno e 6 mesi fino ad un massimo di 6 anni. Chi aderisce alla procedura di
collaborazione dovrà, inoltre, rilasciare al professionista che lo assiste una dichiarazione con la
quale attesta che gli atti o i documenti consegnati per l’espletamento dell’incarico non sono falsi e
che i dati e notizie forniti sono rispondenti al vero.
Pagamento in un’unica soluzione o in tre rate
Fornita tale documentazione l’autore della violazione dovrà procedere al pagamento di
quanto dovuto, entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione in base
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all’invito (Art. 5 D.L. 218 del 1997), ovvero entro 20 giorni dalla redazione dell’atto delle somme
dovute in base all’accertamento oltre alle somme dovute in base all’atto di contestazione o al
provvedimento di irrogazione delle sanzioni. Il pagamento può essere eseguito in unica soluzione
oppure essere ripartito in tre rate mensili di pari importo.
Non è previsto per il pagamento del dovuto il ricorso alla compensazione prevista dall’Art.
17 D.L. 241 del 1997.
Se le somme dovute non vengono versate entro i termini previsti la procedura di
collaborazione volontaria si ritiene non perfezionata. L’Agenzia delle Entrate notificherà quindi,
entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di notificazione dell’invito, un avviso di
accertamento e un nuovo atto di contestazione con le sanzioni rideterminate.
Riduzione delle pene
A differenza del D.L. proposto dal Governo Letta l’impunibilità viene estesa, oltre che ai
reati di dichiarazione infedele ed omessa dichiarazione, anche a quelle tipologie di reato fiscale che
prevedono la falsificazione di operazioni o di scritture contabili. Oltre ai reati commessi dai sostituti
d’imposta che non versano il dovuto entro i termini previsti, nella procedura approvata dal Senato
viene esclusa la punibilità anche per i reati di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di
provenienza illecita, Art. 648-bis, 648-ter del Codice Penale commessi in relazione alle violazioni
per le quali si ricorre alla “collaborazione volontaria”.
Quindi, non saranno applicabili nei confronti di colui che farà ricorso alla “collaborazione
volontaria” le sanzioni previste dagli articoli 2, 3, 4, 5, 10 bis e 10 ter del D.L. n. 74 del 2000, che
prevedevano rispettivamente:
-
Art. 2: da un anno e sei mesi a sei anni per colui che, al fine di evadere le imposte sui redditi
o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti,
indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi.
-
Art. 3: la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni per colui che, al fine di evadere le
imposte sui redditi o sul valore aggiunto, sulla base di una falsa rappresentazione nelle
scritture contabili obbligatorie e avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne
l'accertamento, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi
attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi, quando,
congiuntamente:
a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro
trentamila;
b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante
indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell'ammontare
complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro
un milione.
-
Art. 4: la reclusione da uno a tre anni per colui che, al fine di evadere le imposte sui redditi o
sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte
elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi,
quando, congiuntamente:
a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro
cinquantamila;
b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante
indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al dieci per cento dell'ammontare
complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro
due milioni.
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-
Art. 5: la reclusione da uno a tre anni per chi, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul
valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a
dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole
imposte a euro trentamila.
-
Art. 10-bis; Art. 10-ter: la reclusione da sei mesi a due anni per chiunque non versa entro il
termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta le
ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a
cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta; a chiunque non versa l'imposta sul valore
aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento
dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo.
Riduzione delle sanzioni
Per la violazione degli obblighi di dichiarazione le sanzioni da sommare a quanto dovuto,
oltre agli interessi maturati, saranno pari al minimo edittale come previsto dall’Art. 5 D.L. 167 del
1990 comma 2 (sanzione amministrativa pecuniaria dal 6% al 30% dell'ammontare degli importi
non dichiarati, nel caso in cui la dichiarazione prevista sia presentata entro novanta giorni dal
termine si applica la sanzione di euro 258).
Mentre l’ammenda prevista è pari alla metà del minimo edittale (Art. 5 D.L. 167 del 1990)
nei seguenti casi:
a) per chi trasferisse le attività in Italia o in Stati membri dell’Unione Europea o in stati
aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, che comunque consentano un
effettivo scambio di informazioni con l’Italia;
b) per coloro che in questi suddetti stati o in Italia detengono le loro attività;
c) se “l’autore delle violazioni rilascia all’intermediario finanziario estero presso cui le attività
sono detenute un’autorizzazione a trasmettere alle autorità finanziaria italiane tutti i dati
concernenti le attività oggetto di collaborazione volontaria ed allega copia di tale
autorizzazione, controfirmata dall’intermediario finanziario estero, alla richiesta di
collaborazione volontaria”.
Nei casi diversi da quelli precedentemente elencati nei confronti del contribuente la sanzione
è fissata nella misura del minimo edittale ridotta di un quarto.
Se il contribuente che si è avvalso della procedura dovesse successivamente alla richiesta di
adesione alla procedura trasferire fuori dall’Italia, ma non in uno degli Stati membri dell’Unione
europea, le sue attività, è obbligato a rilasciare entro 30 giorni dalla data di trasferimento delle
attività l’autorizzazione per la trasmissione dei dati alla autorità finanziarie, in caso contrario la
sanzione prevista è pari alla metà di quella applicata per il rientro di capitali con l’utilizzo della
collaborazione.
Il procedimento di irrogazione delle sanzioni per le violazioni degli obblighi di
dichiarazione è definito ai sensi dell’Art. 16 D.L. 472 del 1997. Il confronto ivi previsto è operato
tra il terzo della sanzione indicata nell’atto e il terzo della somma dei minimi edittali previsti per le
violazioni più gravi o, se più favorevole, il terzo della somma delle sanzioni più gravi determinate ai
sensi del comma 3.
Al comma 7 della Legge 186 è stata inserita una scontistica particolare per i capitali detenuti
in stati che stipuleranno entro 60 giorni dall’entrata in vigore della stessa disposizione, accordi che
consentano un effettivo scambio di informazioni contro le doppie imposizioni come previsto
dall’Ocse. La misura della sanzione per la violazione dell’obbligo di dichiarazione, al verificarsi di
questa particolare condizione, è fissata al 3% dell’ammontare degli importi non dichiarati. Inoltre
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non si applica il raddoppio delle sanzioni previsto invece per i redditi detenuti illegalmente
all’estero.
Tale comma sembra essere scritto per favorire il rientro di capitali dalla Svizzera che è,
infatti, in procinto di stipulare tale accordo con il nostro Paese. In Svizzera inoltre è stimato che sia
detenuta la maggior parte dei capitali sottratti all’erario italiano.
Per quanto riguarda i rendimenti dei capitali, su istanza del contribuente, questi vengono
calcolati applicando il 5% al valore della loro consistenza alla fine dell’anno e determina
l’ammontare corrispondente all’imposta applicando l’aliquota del 27 %, ma solamente se la media
delle consistenze di tali attività finanziarie non ecceda il valore di 2 milioni di euro.
La gestione della “collaborazione volontaria”
Per le esigenze operative connesse allo svolgimento ed all’applicazione della disciplina
sull’emersione e il rientro di capitali detenuti all’estero e per il potenziamento della lotta
all’evasione fiscale l’Agenzia delle Entrate è autorizzata, in aggiunta a quanto già consentito dalla
normativa vigente, all’assunzione a tempo indeterminato di personale nel limite di un contingente
pari a una spesa non superiore a 4,5 milioni per il 2014, 24 milioni per il 2015, 41,5 milioni per il
2016 e di 55 milioni a decorre dal 2017.
Ripartizione entrate
Le risorse provenienti dal rimpatrio di capitali detenuti illegalmente all’estero e quelle frutto
del ricorso alle collaborazioni volontarie saranno gestite tramite appositi decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri e dovranno essere destinate:
- al pagamento dei debiti commerciali scaduti in conto capitale, anche prevedendo
l’esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno;
- all’esclusione dai medesimi vincoli delle risorse assegnate a titolo di cofinanziamento
nazionale dei programmi dell’Unione europea e di quelle derivanti dal riparto del Fondo
per lo sviluppo e la coesione;
- agli investimenti pubblici;
- al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
Aumento soglia di esenzione
L’articolo 2 di questa Legge prevede un aumento da 10.000 € a 15.000 € della soglia del
valore massimo complessivo raggiunto nel corso del periodo d'imposta, entro la quale i contribuenti
non sono tenuti agli obblighi di indicazione nella dichiarazione dei redditi per i depositi e conti
correnti bancari costituiti all'estero.
L’autoriciclaggio
Oltre alla procedura per l’emersione ed il rimpatrio di capitali, la Legge 186/2014 prevede
anche l’introduzione nel codice penale del reato di auto riciclaggio. Oltre che l’inasprimento delle
sanzioni previste per il reato di riciclaggio, infatti, il minimo delle sanzioni comminabili passerà
dagli attuali 1.032 € ai previsti 5.000 €, mentre la sanzione massima dai 15.493 € diverrà di 25.000
€.
Il reato di auto riciclaggio, così come descritto prevede:
- la reclusione da 2 a 8 anni ed una multa da 5.000 € a 25.000 € per chiunque avendo
commesso un delitto non colposo impiegasse in attività economiche o imprenditoriali il
denaro o i beni provenienti dalla commissione del delitto occultando la loro provenienza;
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la reclusione da 1 a 4 anni ed una multa da 2.500 e a 12.500 € se il denaro o i beni
provengono da un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a 5
anni (es. omessa dichiarazione). Si applicano comunque le pene previste dal primo comma
per i reati di tipo mafioso.
Non vengono punite invece le condotte per le quali il denaro o i beni vengono destinati al
godimento personale. Maggiorazioni di pena sono previste per i professionisti o per chi commetta il
reato nell’ambito di attività bancarie o finanziarie. Mentre la pena è diminuita fino alla metà per chi
collaborerà attivamente.
Commento
La “Voluntary disclosure” prevede un allentamento delle sanzioni e l’immunità per alcuni
reati presupposti per l’evasione. Pertanto, pur non configurandosi tecnicamente come un condono
ed essendo stato evitato l’anonimato a differenza di quanto avvenuto in simili provvedimenti
passati, resta comunque una misura che favorisce chi ha eluso il fisco creando scompensi ed
iniquità.
Per la UIL la via maestra deve essere quella di rafforzare l’azione di contrasto all’evasione,
sia in campo nazionale che a livello europeo. La reale efficacia di questa procedura non è peraltro
prevedibile e le stesse stime di maggior gettito oscillano tra i 5 miliardi di euro ed i 25 miliardi di
euro, una forchetta troppo ampia per azzardare qualsiasi previsione.
Come UIL riteniamo, inoltre, che simili provvedimenti non hanno nessuna efficacia se non
accompagnati da un rafforzamento ed inasprimento del sistema dei controlli e di quello delle
sanzioni. Per questo crediamo sia necessario introdurre nel nostro ordinamento tributario una regola
d’oro (una golden share fiscale) che preveda semplicemente che i redditi dichiarati da tutti i
contribuenti devono essere sottoposti a controllo almeno una volta nell’arco di 5 anni. La tecnologia
ed i mezzi necessari per fare questo passo in avanti - come l’anagrafe fiscale ed il redditometro sono già stati approntati, ma di per sé non possono bastare se a seguito delle segnalazioni non si
procede con degli accertamenti mirati.
La UIL propone per una maggiore efficacia dell’apparato statale una riorganizzazione che
preveda la creazione di strutture dedicate in via esclusiva ai controlli così da utilizzare in modo più
proficuo la grande quantità di dati ed elementi indiziari presenti nelle banche dati dell’Anagrafe
tributaria. Di pari passo è necessario migliorare con nuovi e più aggiornati protocolli la sinergia tra
apparato militare e civile visto che le attuali procedure risalgono, ormai, agli inizi del secolo scorso.
La UIL chiede che quanto recuperato da questo provvedimento sia automaticamente
destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Sono, infatti, i lavoratori dipendenti ed i
pensionati i primi a fare le spese della pesante evasione fiscale poiché ad un’alta evasione
corrisponde un’alta tassazione per chi da sempre fa il proprio dovere con il fisco. Dobbiamo quindi
fare in modo che sia vero anche il contrario, prevedendo che le somme recuperate dalla lotta
all’evasione siano necessariamente destinate a contribuire in modo diretto alla diminuzione della
pressione fiscale.
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