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19070 1 4
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Oggetto: avvocato
— IRAP — istanza
rimborso — requisiti
Sezione Quinta Tributaria
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Composta dagli Ill.mi Signori Magistrati
R.G.N. 862/010
Cron.
Rep.
Ud. 27.6.2014
Dott. Camilla Di Iasi
Dott. Biagio Virgilio
Dott. Raffaele Botta
Dott. Massimo Ferro
Dott. Guido Federico
Presidente
Consigliere
Consigliere
Consigliere relatore
Consigliere
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
CAPUTO Pietro Carmine, rappr. e dif. dall'avv. Eugenio Pace, presso il cui studio,
in Roma, via Francesco Valesio n.1, è elett. dom, come da procura in calce all'atto
-ricorrente Contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall'Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-controricorrentev
per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale Emilia Romagna
10.11.2008;
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udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 27 giugno 2014
dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
uditi gli avvocati Eugenio Pace, per il ricorrente e Paola Zerman, dell'Avvocatura
dello Stato;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Umberto Apice, che
ha concluso per il rigetto del ricorso.
IL PROCESSO
Pietro Carmine Caputo impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale Emilia Romagna 10.11.2008, che, in riforma della sentenza C.T.P. di
Bologna n. 114/06/2007, ebbe ad accogliere l'appello dell'Ufficio, così dichiarando
la legittimità del silenzio-rifiuto opposto dall'Amministrazione finanziaria avverso
l'istanza di rimborso dell'IRAP per gli anni dal 2003 al 2004, sul presupposto di
un'organizzazione dell'attività del contribuente, professionista avvocato,
contrassegnata da impiego di collaboratori esterni ed utilizzo di beni strumentali di
importo non trascurabile, come emerso dalle dichiarazioni dei redditi.
Ritenne in particolare la C.T.R. che l'appello potesse essere accolto,
evidenziando i citati fattori la sussistenza del presupposto impositivo ex art.2 d.lgs. n.
446/1997.
Il ricorso è affidato a due motivi, cui resiste Agenzia delle Entrate con
controricorso.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, si censura la sentenza per violazione di legge quanto agli artt.
2, 3 e 4 d.lgs. n. 446/1997, in relazione all'art.360, co. 1, n. 3 cod.proc.civ., avendo
erroneamente la C.T.R. trascurato che l'imposizione IRAP esige un collegamento
con un'attività autonomamente organizzata fornita da una struttura esterna rispetto
al titolare e tuttavia tale da creare valore aggiunto rispetto alla mera attività
intellettuale, mentre nel caso il professionista si era avvalso solo di prestazioni
occasionali di terzi e di beni di modesta entità.
Con il secondo motivo, si censura la sentenza per vizio della motivazione, in ordine
a fatto decisivo per il giudizio, in relazione all'art.360, co. 1, n. 5 cod.proc.civ.,
avendo erroneamente la C.T.R. apprezzato la portata, assunta nell'organizzazione
della contribuente, dell'ausilio di un terzo collaboratore e della sussistenza di beni
strumentali con costi quantificati in modo non consistente, esprimendo un giudizio
generico.
1. I due motivi, da trattare congiuntamente per l'evidente connessione, sono fondati. Il
nucleo essenziale del principio di diritto applicato dal giudice di merito consiste
nell'aver individuato, con riguardo all'art.2 del d.lgs. n.446 del 1997, il limite di
applicazione della norma, cioè l'esistenza di un'autonoma organizzazione, affermando
in fatto il presupposto impositivo a carico del professionista legale, la cui attività
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este
venne riferita quale connotata dall'apporto continuativo di collaboratori esterni e
dall'utilizzo di beni strumentali non privi di significatività, così interpretando il citato
requisito. Tale motivazione — anche tenuto conto delle risultanze istruttorie riportate
dal ricorrente nelle difese di legittimità ed emerse dai quadri RE del modello unico
degli anni considerati, non contraddette dalla controricorrente - non appare coerente
con le circostanze descrittive dell'attività professionale, invero svolta senza l'ausilio
stabile di alcun dipendente ed invece mediante ricorso a terzi (per un costo di poco
più di 1.000 euro per anno), la ritrazione di compensi da attività intellettuale per circa
85.000 euro e l'impiego di beni strumentali che, riferiti dal contribuente ad un valore
nominale di quota ammortizzabile per poco più di 3.000 euro per l'anno 2004 e
descritti in arredi ed attrezzature connesse all'attività intellettuale, la C.T.R. ha
qualificato senz'altro, ma genericamente, nell'ambito di un giudizio di apprezzabile
sig-nificatività.
Sul punto, questa Corte già ebbe ad affermare, in tema di struttura allocativa
dell'onere della prova in materia e suggerendo al giudice di merito ed a titolo
esemplificativo la valorizzazione delle dichiarazioni fiscali, che "si tratta di regola empirica
che facilita l'onere probatorio in un processo caratterizzato da limitazioni istruttorie, quale quello
tributario, sostanzialmente incentrato sulle produzioni documentali e sugli eventuali poteri acquisitori
riservati in via integrativa al giudice tributario (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 1). Fermo
restando che graverà sul contribuente che proponga domanda di ripetizione di indebito (contro il
silenzio-rifiuto od il diniego espresso di rimborso) dimostrare il fatto costitutivo della sua pretesa, cioè
la mancanza della causa (autonoma organizzazione) che giustifica il prelievo fiscale." (Cass.
3678/2007). A tale riguardo, il mezzo di censura appropriatamente condotto ai sensi
dell'art.360 co.l. n.5 cod.proc.civ. permette di rilevare che, proprio con riguardo alle
dichiarazioni fiscali, la C.T.R. non ha fatto buon governo del principio di diritto
indicato, restituendo al controllo impugnatorio una non piena sufficienza della
motivazione, cioè escludendo un giudizio di provata minimalità organizzativa riferibile
al professionista, ancorché da questi assunta in modo idoneo — mediante i citati dati ad oggetto di onere della prova cedente a suo carico, dato che dalle plurime
circostanze — inerenti al reddito ed alle sue modalità di produzione — può
positivamente dirsi provato che il contribuente versava, per gli anni in esame, nelle
condizioni di mancanza di autonoma organizzazione.
2. Va infatti ricordato che ove la controversia tributaria abbia ad oggetto
l'impugnazione del rigetto dell'istanza di rimborso di un tributo avanzata dal
contribuente, quest'ultimo riveste la qualità di attore in senso non solo formale - come
nei giudizi di impugnazione di un atto impositivo - ma anche sostanziale, con la
duplice conseguenza che grava su di lui l'onere di allegare e provare i fatti ai quali la
legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda e che le
argomentazioni con le quali l'Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la
qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese, come tali
non soggette ad alcuna preclusione processuale, salvo la formazione del giudicato
interno o - dove in concreto ne ricorrono i presupposti - l'applicazione del principio
di non contestazione (Cass. 29613/2011). Il quadro istruttorio emerso, se da un lato
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este
conferma pertanto il principio per cui costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso
dell'imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell'assenza delle predette condizioni (oltre alle
citate, Cass. s.u.. 12108/2009; 13095/2012), dall'altro enuncia il limite di una diversa
interpretazione ove fondata — nel richiamo alla secondarietà dei supporti organizzativi
e strumentali dell'attività del singolo professionista privo di numerosi collaboratori e
con mezzi organizzati coerenti con il tipo di attività intellettuale svolta - su
un'inammissibile presunzione di non appartenenza alla organizzazione autonoma, di
cui all'art.2 del d.lgs. n.446 del 1997, anche dell'attività del professionista che si sia
avvalso, invece ed in realtà, di lavoro terzo, così incrementando le sue opportunità
competitive ed infine pone in evidenza che non è affatto necessario che la struttura
organizzata sia in grado di funzionare in assenza del titolare, non assumendo rilievo, ai
fini dell'esclusione di tale presupposto, la circostanza che l'apporto del titolare sia
insostituibile per ragioni giuridiche o che la clientela si rivolga alla struttura in
considerazione delle sue particolari capacità, ovvero che vi sia prevalenza dell'opera
del professionista su altri fattori produttivi (Cass. 26157/2011).
3. Va però aggiunto che nell'iter logico-giustificativo della decisione è netta
l'assunzione del dato dalle denunce dei redditi, che hanno consentito alla C.T.R. di
ribadire che il contribuente — come detto - svolgeva un'attività autonomamente organizzata
e con beni strumentali non limitati. La censura di genericità, sul punto mossa dalla
ricorrente, si raccorda allora ad una puntuale enunciazione del fatto significativo e
trascurato o illogicamente apprezzato, che avrebbe potuto e dovuto condurre a
diversa decisione, laddove l'analisi della C.T.R. si fosse esercitata intorno al rapporto
tra l'investimento di mezzi e risorse professionali altrui e la risultante finale dei
compensi, situazione che — per il basso rapporto quantitativo - offre una netta
imputabilità al professionista stesso dei ricavi da attività di avvocato ed una modesta
qualità organizzativa causale degli apporti diversi. Per l'IRAP infatti il citato requisito
ricorre solo quando il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile
dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture riferibili ad altri, nonché
quod plerumque accidit, il minimo
impieghi beni strumentali eccedenti, secondo
indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si
avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (Cass. 2589/2014).
Il ricorso va dunque accolto, con cassazione e rinvio alla C.T.R., anche per la
liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia a C.T.R. Emilia Romagna, in diversa
composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2014! L
il P I sidente
lilas
dott. C
il consigliere estensore
dotti Massimo Fe
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estensore cons. m.ferro
Il Funzionario Giudiziario
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