Illegittimo l’avviso di accertamento per difetto di motivazione se l’Ufficio impositore non dà atto delle ragioni per le quali non ha ritenuto esaustive le osservazioni al processo verbale di constatazione. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia nella sentenza n. 3467/01/2014 del 27 giugno 20141 ha riformato la decisione di primo grado, dichiarando l'illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato per difetto di motivazione, in quanto l’Ufficio impositore in sede di redazione dell’atto non ha reso edotta la società contribuente delle ragioni per le quali non ha ritenuto rilevanti gli elementi e la documentazione forniti dalla stessa nelle osservazioni al processo verbale di constatazione. L’Ufficio si è, infatti, limitato a riportare nell’atto impositivo una formula “di rito” che dà solo evidenza della circostanza che la società ha presentato osservazioni all’atto istruttorio ma non dà conto delle ragioni che hanno portato lo stesso a non prendere in considerazione le argomentazioni e la documentazione esposta e prodotta dalla società. La sentenza in commento suscita interesse2, in quanto in essa la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia applica, come si vedrà meglio, i principi espressi dalla giurisprudenza (soprattutto di legittimità) nazionale e comunitaria in tema di tutela del principio del contraddittorio, sanzionando l’operato seguito da più Uffici impositori che garantiscono solo una partecipazione “formale” del contribuente al procedimento amministrativo/impositivo e non una partecipazione “sostanziale” allo stesso. Il caso di specie. Per qui di interesse, nella sentenza in commento si legge che la società appellante ha lamentato l’illegittimità della decisione dei Giudici di primo grado per omessa pronuncia e assoluta carenza di motivazione sull'eccezione di illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato per violazione degli artt. 3 e 10 della L. 7 agosto 1990, n. 241 (di seguito, L. n. 241/1990) e dell'art. 7 della L. 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. “Statuto del Contribuente”). Illegittimità, quest’ultima, che la società appellante sostiene essere stata determinata dalla circostanza che l’Ufficio non ha spiegato nella motivazione dell’avviso di accertamento le ragioni per le quali non ha ritenuto idonee le sue osservazioni al processo verbale di constatazione, limitandosi a riprodurre la seguente “formula” di stile: “la società … ha prodotto memorie al PVC, ex art. 12 c. 7, L. 212/2000, di cui l’Ufficio ha tenuto conto nell’elaborazione e stesura del presente atto”3. Secondo l’avversa tesi erariale, l’avviso di accertamento è adeguatamente motivato. E ciò, in quanto la (pedissequa, n.d.d.) conferma dei rilievi elevati nel processo verbale di constatazione “è da interpretare quale manifestazione tacita … della valutazione di rigetto delle osservazioni del contribuente”4. Non esiste, a detta dell’Ufficio, alcun obbligo di “commentare” nell’atto impositivo le osservazioni al processo verbale di constatazione se ritenute irrilevanti. I Giudici di secondo grado, non ritenendo valide le argomentazioni dell'Ufficio impositore, hanno statuito l'invalidità dell'atto impositivo per difetto di motivazione. E ciò, applicando i principi espressi dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 18184, del 27 luglio 2013 5, in relazione alla funzione ed importanza del contradditorio endo-procedimentale e aggiungendo, altresì, che il modo di procedere dell'Ufficio impositore ha nella sostanza vanificato il contraddittorio stesso, rendendolo di fatto inutile. 1 Commiss. Trib. Reg. Lombardia, Sez. I, 27 giugno 2014, n. 3467, in BANCA DATI IPSOA ONLINE. 2 che la sentenza in commento e in generale gli argomenti in essa tratti suscitino interesse è dimostrato dai vari articoli pubblicati nella stampa specializzata: cfr., G. Boccalatte, L'avviso non puà ignorare le memorie difensive, in IlSole24ore del 28 luglio 2014; L. Miele, Nelle motivazioni difese da valutare, in IlSole24ore del 5 settembre 2014. 3 così, Comm. Trib. Reg. Lombardia, n. 3467, cit.. 4 così, Comm. Trib. Reg. Lombardia, n. 3467, cit.. 5 Corte Cass., SS.UU., 27 luglio 2013, n. 18184, in Fiscoonline; commento di A. Russo, Cass. civ., SS.UU., 29 luglio 2013, n. 18184 - Solo l’insussistenza dei motivi di urgenza invalida l’accertamento “anticipato”, in Il Fisco, n. 31 del 2 settembre 2013, pag. 2-4858. Cenni sul principio del contraddittorio e la sua tutela da parte della giurisprudenza nazionale e comunitaria. Ancorchè la legge generale sul procedimento amministrativo (L. n. 241 del 1990, citata) all’art. 13, comma 2, escluda espressamente l’applicabilità ai procedimenti tributari della partecipazione del contribuente6, non può tuttavia negarsi, a conferma della “peculiarità” della attività normativa tin ambito tributario in rapporto con il diritto amministrativo, che l’attuazione della partecipazione, intesa quale possibilità del contribuente di difendersi concretamente durante la fase istruttoria, in uno spirito di vera e propria collaborazione con l'Amministrazione, trovi conferma espressa in alcune disposizioni e comunque trovi continua attuazione nella prassi degli Uffici impositori7. La normativa tributaria, pur non prevedendo in via generale un diritto al contraddittorio (“difensivo”) del contribuente, prevede in varie specifiche disposizioni la possibilità per lo stesso di dedurre elementi di prova a proprio favore8. Tra queste, e per qui di interesse, valga citare la disposizione di cui all’art. 12, comma 7, dello Statuto del Contribuente, rubricato “Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”, secondo la quale “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”. Considerato che la norma non commina espressamente alcuna sanzione di nullità dell’atto in caso di violazione del principio del contraddittorio in essa espresso, sin dalla sua emanazione giurisprudenza e dottrina si sono divise in relazione alle conseguenze di una sua violazione e, per l’effetto, di una violazione dei principi in essa espressi9. In particolare, i vari orientamenti si sono divisi in relazione alla legittimità di comminare la sanzione di invalidità dell’atto emesso in relazione, soprattutto, alla violazione dal parte dell’Ufficio impositore della disposizione contenuta nel primo periodo della citata norma, vale a dire della violazione del termine di sessanta giorni decorrenti dalla conclusione delle operazioni di verifica per l’emissione dell’avviso di accertamento10. In giurisprudenza, tale “diatriba” ha coinvolto anche la Corte Costituzionale la quale nell’ordinanza n. 244 del 24 luglio 2009 ha pronunciato la manifesta inammissibilità della questione. In tale 6 Per una disamina sul tema A. Fantozzi, Violazioni del contraddittorio e invalidità degli atti tributari, in Riv. Dir. Trib., 2011; F. Coli, Sull’invalidità degli atti d’accertamento adottati in violazione dell’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente, in Rass. Trib., 2009, n. 6. 7 Va ricordato che la dottrina distingue due forme di partecipazione: la c.d. partecipazione-collaborazione e la c.d. partecipazione – contraddittorio. La prima è una particolare forma di partecipazione maggiormente incentrata sulla posizione della Amministrazione finanziaria che non su quella del contribuente. Essa consiste nel potere dell’Amministrazione finanziaria di richiedere al contribuente dati, informazioni e documenti in fase di indagini fiscali e nel corrispondente obbligo per questi di fornire gli elementi richiesti. La c.d. partecipazione – contraddittorio è, al contrario, una forma di partecipazione incentrata sulla possibilità del contribuente di difendersi concretamente durante la fase istruttoria, in uno spirito di vera e propria collaborazione con l'Amministrazione. Cfr., F. Coli, Sull’invalidità degli atti d’accertamento adottati in violazione dell’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente, in Rass. Trib., n. 6, 2009; per una maggiore disamina si veda L. Salvini, La “nuova” partecipazione del contribuente (dalla richiesta di chiarimenti allo statuto del contribuente ed oltre) in Riv. Dir. Trib., 2000. 8 Cfr., G. Falsitta, Manuale di diritto tributario – parte generale, 2010, pag. 492; in particolare si può ad esempio citare la partecipazione prevista nel contesto dell’accertamento sintetico ai sensi dell’art. 38, comma 4, DPR n. 600/1973 o quella prevista dalla disposizione antielusiva di cui all’art. 37 bis del DPR n. 600/1973. 9 Per quanto attiene alla giurisprudenza valga citare, ex pluribus, a favore della tesi dell'invalidità dell'atto, Cass., Sez. Trib., 15 marzo 2011, ord. n. 6088; Cassa., Sez. Trib., 16 settembre 2011; a favore della tesi della validità dell'atto, Cass., Sez. Trib., 18 febbraio 2011, ord. n. 3988, Cass., Sez. Trib., 13 ottobre 2011, n. 21103. In dottriva valga citare F. Teasauro, In tema di invalidità dei provvedimenti impositivi e di avviso di accertamento notificato ante tempus, in Rass. Trib., 2013, pag. 1137, il quale, dopo aver premesso che né in diritto amministrativo, né in diritto tributario non vige il principio di tassatività delle nullità afferma che “nelle leggi tributarie le nullità testuali sono rare...Se dunque il regime delle invalidità non è quello delle nullità testuali, è compito dell’interprete rintracciare le nullità virtuali. L’invalidità, riprendendo un cenno della sentenza annotata, può essere “introdotta per via ermeneutica”. È qui che entra in gioco la legge n. 15 del 2005, che non ha apportato alcuna innovazione alle conseguenze delle invalidità-nullità dei provvedimenti tributari, ma ha introdotto la regola generale, da applicare anche per gli atti tributari, che il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge è invalido (ex art. 21-octies, comma 1, della L. 7 agosto 1990, n. 241, con la eccezione prevista nel comma 2). In sintesi, i provvedimenti impositivi adottati in violazione di legge sono di regola invalidi; l’atto impositivo invalido, anche nei casi in cui è qualificato nullo dalle leggi tributarie, è un atto precariamente efficace, da impugnare entro un termine perentorio. 10 Per una disamina dei diversi orientamenti P. Russo, Le conseguenze del mancato rispetto del termine di cui all’art. 12, ultimo comma, l. 212/2000, in Riv. Dir. Trib., 2011, pag. 1077 e ss., M. Basilavecchia, «Quando le ragioni di urgenza possono giustificare l'anticipazione dell'accertamento?», in C.T. n. 48/2010, pag. 3969 e ss.; G. Tabet, Spunti controcorrente sulla invalidità degli accertamenti «ante tempus» in “GT - Rivista di giurisprudenza tributaria”, 2013, pag. 843 e ss.) ordinanza, la Corte, dopo aver affermato l’inconferenza degli artt. 24 e 111 Cost. quali parametri di costituzionalità evocati dal giudice del rinvio, si è soffermata sulla ratio della stessa individuabile nella necessità di salvaguardare il diritto al contraddittorio tanto da precludere agli Uffici finanziari, fatti salvi i casi di particolare e motivata urgenza previsti dalla stessa, l’esercizio delle funzioni impositive prima dei previsti sessanta giorni decorrenti dalla chiusura delle operazioni di verifica mediante consegna del relativo processo verbale11. La Consulta, altresì, ha esortato i giudici di merito ad applicare i canoni ermeneutici dell’interpretazione adeguatrice prima di sottoporre la questione di legittimità costituzionale. Questi ultimi, infatti, avrebbero innanzitutto “dovuto saggiare la possibilità di ritenere invalido l’avviso di accertamento emanato prima della scadenza del suddetto termine di sessanta giorni, nel caso in cui tale avviso sia privo di una adeguata motivazione sulla sua «particolare … urgenza»”. E ciò, in considerazione del combinato disposto dell'art. 7, comma 1, della L. n. 212/2000 e degli artt. 3 e 21septies della L. n. 241/1990. Il “consiglio” della Consulta, tuttavia, non è stato successivamente applicato dalla Corte di Cassazione che nella sua composizione a Sezioni Unite con la sentenza del 29 luglio 2013, n. 1818412 ha enunciato il seguente principio di diritto: “L'art. 12, L. 27 luglio 2000, n. 212, deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento … determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva”. In altri e più specifi termini, la Corte di Cassazione ritiene di dover comminare l'invalidità dell'atto impositivo emesso prima dello spirare del termine in esame non già a causa dalla mancanza nella motivazione dello stesso dell'indicazioni delle ragioni di urgenza che ne hanno determinato l'emissione, ma in considerazione del fatto che tale comportamento viola “ineludibilmente” l'ordinamento comunitario e nazionale e, altresì, in quanto “il vizio del procedimento si traduce, nella specie, in una divergenza dal modello normativo...di particolare gravità, in considerazione della rilevanza della funzione, di diretta derivazione da principi costituzionali, cui la norma stessa assolve”. In relazione a queste due distinte “visioni” della Consulta e della Corte di Cassazione, in dottrina si segnalano orientamenti contrastanti. Alcuni autorevoli Autori hanno criticato le conclusioni della Corte Costituzionale sottolineando che le stesse non tengono conto della circostanza che la motivazione degli atti impositivi attiene alle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della pretesa impositiva fatta valere dall’Amministrazione finanziaria e non attiene alle ragioni di natura procedimentale che hanno portato al mancato rispetto del termine in discussione13. Altri autorevoli Autori sostengono, al contrario, che tale interpretazione “restrittiva” dell'obbligo di motivazione non può essere condivisa, da un lato, perchè contraria con il dato letterale dello stesso art. 12, comma 7, della l. n. 212/2000, il quale stabilisce espressamente che l’urgenza deve essere “motivata” e, dall'altro lato, per l'obbligo di motivazione riguarda anche la “decisione” relativa ai tempi di azione dell'Amministrazione14. Sicuramente non può negarsi la validità della sentenza n. 18184 del 2013 per aver chiarito 11 Corte Costituzionale, ordinanza 24 luglio 2009, n. 244, in Corriere Tributario, n. 36, 2009, pag. 292; cfr., anche M. Bruzzone, Diritto al contraddittorio preventivo e motivazione del provvedimento impositivo nell’interpretazione adeguatrice “suggerita” dalla Consulta, in G.T. – Riv. Giur. Trib., n. 2, 2010, p. 118 12 Corte Cass., SS.UU., n. 18184, cit. 13 Cfr., ex pluribus, P.Russo, Le conseguenze del mancato rispetto del termine di cui all’art. 12, ultimo comma della legge n. 212/2000, in Riv. Dir. Trib., 2011, pag. 1078 e ss.. 14 F. Teasauro, op. cit., in Rass. Trib., 2013, pag. 1137. l'importante funzione che il principio del contraddittorio ha nell'ordinamento nazionale e decretandone la più ampia difesa, adeguandosi, in tal modo all'ormai constante orientamento comunitario. Si ricorda, infatti, che l'importanza di tale principio è stata espressa dalla Corte di Giustizia oltre che con la nota sentenza Sopropè15, anche recentemente con la sentenza c.d. Kamino16 con la quale la Corte, riprendendo i principi già espressi nella sentenza Sopropè, ha stabilito che tale principio “trova applicazione ogniqualvolta l'amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, e che, pertanto, le amministrazioni nazionali sono tenute a rispettare i diritti della difesa quando le stesse prendono decisioni che rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, ma anche che gli interessati devono poter invocare direttamente il rispetto di tali diritti dinanzi ai giudici nazionali”17. Ma la Corte di Giustizia, in tale ultima sentenza, aggiunge, altresì, che “secondo il diritto dell’Unione, una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso….Di conseguenza, una violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa comporta l’annullamento della decisione di cui trattasi soltanto quando, senza tale violazione, il procedimento avrebbe potuto condurre ad un risultato differente”18. Nella pratica, ciò comporta che il contribuente che eccepisce la violazione del diritto al contraddittorio ha l’onere di dimostrare che, se il contraddittorio vi fosse stato o che se l’ufficio impositore avesse tenuto conto delle memorie difensive, egli avrebbe fatto valere temi che avrebbero potenzialmente e ragionevolmente ampliato il quadro istruttorio che quest’ultimo avrebbe dovuto analizzare. La mancata valutazione delle osservazioni al processo verbale di constatazione. La sentenza n. 3467/01/2014. La sentenza in commento si inserisce nell'elenco di quelle sentenze (meno numerose rispetto a quelle che hanno ad oggetto il rispetto del termine di cui al secondo periodo del comma 7, dell'art. 12 dello Statuto del Contribuente)19 che si sono occupate della violazione da parte dell'Ufficio impositore del primo periodo del comma 7, dell'art. 12 dello Statuto del Contribuente, il quale prevede, da un lato, il diritto del contribuente a presentare osservazioni al processo verbale di constatazione e, dall'altro lato, il corrispondente obbligo dell'Ufficio impositore di valutarne il contenuto. Il ragionamento logico-giuridico dei Giudici appare corretto laddove prende avvio dai principi espressi dalla Corte di Cassazione nella citata sentenza n. 18184 in relazione alla finalità, in generale, dell'art. 12, comma 7 dello Statuto e, di conseguenza, dell'importanza del principio del contraddittorio nell'ordinamento nazionale e comunitario, e afferma che affinchè il citato principio sia in concreto rispettato l’Ufficio impositore deve dar prova nella motivazione dell’avviso di accertamento di aver valutato le osservazioni al processo verbale di constatazione, rendendo adeguatamente edotto il contribuente delle ragioni per le quali non ha ritenuto idonee le osservazioni. Pena l'invalidità dell'atto impositivo per difetto di motivazione. La soluzione raggiunta dalla Commissione Tributaria Regionale appare corretta e non potrebbe 15 Sentenza 8 dicembre 2008, causa C-349/07, Sopropé c/ Fazenda Publica, in Rass. Trib. n. 2/2009, pag. 570 e segg.. 16 Sentenza 3 luglio 2014, cause riunite C-129/13 e C-130/13, Kamino International Logistic BV c/Datema Hellmann Worldwide Logistic BV, reperibile nella banca dati online Eur-Lex. 17 Cfr., par. 30 e 28 della sentenza Kamino, cit.. 18 Cfr., par. 79 e 80 della sentenza Kamino, cit.. 19 Nello stesso senso cfr., Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, n. 138 del 17 marzo 2014 secondo la quale “l’art. 12, comma 7, L. n. 212 del 2000 pone un preciso obbligo all’Agenzia di «valutare» le osservazioni del Ricorrente al p.v.c. da cui poi conseguirà l’atto impugnato; l’Agenzia dovrà, dunque, dare prova di aver «valutato», lo dovrà fare, necessariamente, in sede di motivazione di avviso di accertamento. Non lo potrà fare, di certo, con clausole di mero stile, pena la “sanzione” di carente motivazione dell’atto stesso”; in banca dati BIGSUITE. essere criticata alla luce delle considerazioni svolte dalla dottrina e dalla stessa Corte di Cassazione nella sentenza n. 18184, relative al secondo periodo del comma 7 dell'art. 12, dello Statuto, secondo le quali, come sopra accennato, l'invalidità dell'atto emesso prima del termine indicato dalla predetta norma non può derivare dalla circostanza che l'Ufficio non abbia indicato nella motivazione dell'atto le ragioni di urgenza che ne abbia determinato la “anticipata” emissione, in quanto la motivazione è afferente alle ragioni giuridiche e fattuali su cui si fonda la pretesa fiscale. Infatti, appare evidente che le osservazioni presentate dal contribuente attengono alle ragioni su cui si fonda la pretesa fiscale: di conseguenza anche la loro valutazione da parte dell'Ufficio avrà ad oggetto tali ragioni e, pertanto, non può che trovare espressione nella motivazione dell'atto impositivo. Altrimenti, il principio del contraddittorio sarebbe del tutto privato di significato. Sotto un profilo logico sistematico, del resto, che senso avrebbe avuto normare la possibilità per il contribuente di esporre le proprie argomentazioni e produrre valida documentazione in sede di verifica in relazione alle ragioni della pretesa fiscale se poi l’Ufficio impositore, nella fase di cristallizzazione della pretesa impositiva, non debba dare evidenza delle motivazioni per le quali ha ritenuto di non poterne tener conto. In effetti, accogliendo le ragioni della società contribuente, i Giudici hanno garantito una tutela “sostanziale” e non solo “formale” al principio del contraddittorio: se l'Ufficio impositore non motiva nell'avviso di accertamento la mancata presa in considerazione delle osservazioni al processo verbale di constatazione e si “trincera” dietro formule di stile, il diritto del contribuente di partecipare attivamente alla fase istruttoria viene rispettato solo sotto un profilo puramente “formale” (perchè l'Ufficio non si è rifiutato di accogliere le osservazioni) ma sotto un profilo “sostanziale” risulta radicalmente vanificato. Silvia Candeloro, avvocato in Milano
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