Viewpoint Maggio 2014 Your Global Investment Authority Cinque cose che il vostro credit manager non dovrebbe fare (ma che probabilmente fa) Riccioli d’oro è tornata e gli investitori nei mercati del credito stanno agendo come se il grande orso fosse andato in letargo. Gli spread sulle obbligazioni investment grade presentano forse ancora valutazioni ragionevoli ai livelli attuali, ma queste ultime sono divenute particolarmente elevate nei segmenti di qualità più bassa del mercato del credito. L’alto rendimento non è più così alto come indica il nome e gli spread sono ormai tornati ai livelli del 2007 in molti casi, specie se si esclude una manciata di zombie LBO falliti che sono ancora in circolazione. Christian Stracke Managing Director Global Head of Credit Research Christian Stracke è Managing Director presso la sede di Newport Beach, membro dell’Investment Committee di PIMCO e Global Head del Credit Research Group. Il gruppo copre tutti i livelli della struttura del capitale di debito per specifici settori, tra cui le obbligazioni investment grade e high yield, il debito bancario e le emissioni convertibili. Prima di entrare in PIMCO nel 2008 è stato senior credit strategist presso CreditSights e ha ricoperto posizioni di responsabile della strategia sul reddito fisso per l’America latina presso Commerzbank Securities e di responsabile della strategia mercati locali latinoamericani presso Deutsche Bank. Vanta 15 anni di esperienza d’investimento e ha conseguito una laurea in economia presso la University of Chicago. Ma allora chi acquista in modo selettivo e chi invece acquista e basta? Ogni gestore di fondi corporate dirà che sta evitando la roba marcia per puntare invece sulle gemme nascoste e sulla fornitura di un’ampia protezione dai ribassi. Naturalmente, ciò non fa che frustrare l’investitore ordinario. Se tutti i gestori sono prudenti, come può esservi tanta “fuffa” in giro? Alla luce di questa incoerenza logica, offriamo la seguente guida per chi è perplesso sui mercati del credito: cinque trend emergenti che PIMCO osserva tra i credit manager che stanno gonfiando la fuffa. N. 1: l’aumento delle operazioni high yield con un LTV del 100% Tutti pensano che l’era dei prestiti senza alcun pagamento alla stipula del contratto si sia conclusa quando i rubinetti dei subprime e degli Alt-A si sono chiusi nel 2008. È falso. Nel mercato high yield e in quello dei leveraged loan, i prestiti con un loan-to-value (LTV) del 100% sono vivi e vegeti. Negli ultimi sei mesi abbiamo osservato diversi collocamenti LBO con un debito totale sostanzialmente pari all’enterprise value effettivo dell’azienda e molti di più in cui quest’ultimo era pari all’80-90%. Certo, le società emittenti e le banche d’investimento del rispettivo sindacato di emissione non presenteranno mai dati finanziari indicanti un LTV anche solo vicino al 100%, in quanto le operazioni sono sempre presentate con un “EBITDA pro forma”. La procedura di elaborazione dell’”EBITDA pro forma” può rappresentare il parente stretto di quella impiegata per la creazione dei “liar loan” subprime di un passato non troppo lontano. Gli emittenti dichiarano semplicemente di aspettarsi risparmi sui costi grazie alla fusione di due imprese, ma in genere forniscono scarsi dettagli su cosa determinerà queste sinergie. Inoltre, gli emittenti possono semplicemente fornire proiezioni per l’EBITDA (margine operativo lordo) in un orizzonte di uno o due anni, ancora una volta senza fornire troppi dettagli sul perché i prestatori dovrebbero credere a tali proiezioni. Vorreste che il vostro credit manager prestasse denaro ai prenditori sulla base dei profitti che hanno generato negli ultimi anni o in base a quello che prevedono di generare nei prossimi? PIMCO investe parecchio tempo nel calcolo di quello che dovrebbe essere l’EBITDA effettivo, correggendo in parte la contabilità aggressiva che le imprese impiegano per calcolare l’EBITDA ed elaborando stime ragionevoli del fatturato e dei margini, ponendo notevole enfasi sui risparmi di costo effettivi. In tempi più normali le nostre stime sull’EBITDA sarebbero probabilmente molto più simili alle proiezioni fornite nelle presentazioni delle operazioni. Di recente, tuttavia, gli emittenti sono divenuti sempre più aggressivi e le stime dei nostri analisti differiscono talvolta significativamente dalle proiezioni annunciate dalle società. Analogamente, vorreste che il vostro credit manager prestasse denaro ai prenditori sulla base di quello che secondo loro è il valore del loro patrimonio o in base a quello che secondo voi è il suo valore effettivo? Uno dei motivi per cui vediamo operazioni con LTV del 100% o quasi è che l’enterprise value effettivo della società emittente è nettamente inferiore all’importo che la società di private equity che promuove l’operazione paga per acquisirlo. Noi prestatori (e in definitiva voi clienti) dobbiamo quindi calcolare il loan-to-value su un valore che è il prodotto di una stima dell’EBITDA che potrebbe essere “ottimistica” e di un multiplo enterprise value altrettanto ottimistico. Questi due problemi possono amplificare l’errore e l’obbligazione o il prestito che dovrebbero essere “coperti” risultano in realtà fortemente esposti. 2 MAGGIO 2014 | VIEWPOINT N. 2: “Cov Zero” è il nuovo “Cov Lite” Negli ultimi due anni abbiamo sentito parlare molto della diffusione delle emissioni “covenant lite” (o “cov lite”), il fenomeno degli emittenti che lanciano operazioni con clausole di tutela degli investitori (cosiddetti “covenant”) ridotte ai minimi termini. Ancora più preoccupante è il recente emergere di quelle che potremmo chiamare emissioni “cov zero”. Un’operazione recente è arrivata persino a eliminare la clausola put in caso di cambiamento di controllo (che consente all’obbligazionista di rivendere un’obbligazione all’emittente in caso di LBO) che è stata quasi universale nelle emissioni high yield ed è una delle poche protezioni reali rimaste ai possessori di obbligazioni. Abbiamo addirittura osservato alcune imprese molto cicliche emettere obbligazioni perpetue, il massimo in termini di rimozione dei covenant, in cui ai prestatori non viene nemmeno promesso il rimborso del capitale. Perché i credit manager comprano obbligazioni “cov zero”? A nostro avviso, vi sono alcuni ovvi motivi: la ricerca cieca di “rendimento” (dimenticando che un’obbligazione in default non rende nulla), la tirannia dei benchmark, gli stili di gestione passivi o quasi-passivi, ecc. Questi motivi sono comprensibili e, del resto, i gestori high yield attivi con relazioni di lungo periodo con i clienti possono sfruttare questo comportamento come un’opportunità. Più fastidiosa è la razionalizzazione che sentiamo riguardo alla scelta di emissioni cov lite/zero e in particolare la tesi secondo cui i covenant sono in realtà negativi per i prestatori perché creano maggiori rischi di default. Senza clausole che specifichino in quali casi si ha un evento di default, in base a questa tesi, vi sarebbero minori cause di default. Eh? I covenant sono una parte essenziale della dinamica prestatore/prenditore e, se ben congegnati, offrono al management e agli azionisti la flessibilità di cui hanno bisogno per gestire l’impresa, fornendo al contempo chiare delimitazioni che mantengono l’assunzione di rischio a un livello gestibile. I prestatori dovrebbero preferire che il default di un prenditore avvenga prima per effetto di un covenant anziché più tardi per un mancato pagamento, dopo che il management e gli azionisti hanno eroso tutto il valore della società. N. 3: dividendi prima delle cedole? Un’altra recente innovazione nel mondo del credito è l’emergere dello strumento di capitale Alternative Tier 1 (AT1) per le banche europee in base alle nuove regole di Basilea 3. Il Comitato di Basilea ha saggiamente deciso che il nuovo AT1 deve essere davvero in grado di assorbire le perdite e non deve vincolare l’emittente in alcun modo come “ostacolo alla ricapitalizzazione”. Quali potrebbero essere questi ostacoli alla ricapitalizzazione? Ad esempio il fatto di non distribuire i dividendi, rispettando l’ordine logico e storicamente collaudato di priorità delle componenti della struttura del capitale, impedendo che i dividendi siano distribuiti agli azionisti ordinari fintanto che non vengono pagati gli interessi sulle obbligazioni. In teoria, attualmente le banche devono collocare obbligazioni con cedole che possono non essere corrisposte allorché gli azionisti continuano a ricevere i dividendi. Si tratterebbe di uno scenario estremo, ma che rende necessario un approccio molto selettivo a questo settore emergente, a nostro giudizio. N. 4: quando “a basso costo” significa semplicemente “a liquidità zero” Questa volta è davvero diverso, ma la differenza è sfavorevole agli obbligazionisti: nonostante il boom registrato dai mercati del credito, la liquidità sul secondario è rimasta storicamente bassa. La dinamica del “roach motel” (dalla quale si entra ma non si esce) è quanto mai perniciosa: gli investitori possono acquistare sul mercato primario emissioni molto aggressive, di cui possono poi disfarsi per un giorno o due, provocando tuttavia il conseguente svanire della liquidità sul secondario. Le emissioni più piccole, che saranno inevitabilmente quasi “a liquidità zero”, vengono generalmente collocate con un premio di rendimento rispetto a emissioni più liquide, ma tale premio si è ridotto a forse 25 punti base (pb) o anche meno nel mercato high yield e forse 5 pb nel mercato investment grade. PIMCO è generalmente un fautore della strategia buy-and-hold nel mercato del credito e siamo convinti che gli investitori dovrebbero accettare l’illiquidità se sono in grado di sopportare la volatilità e se tale illiquidità ha il prezzo giusto. Ma gli investitori dovrebbero diffidare dei fondi corporate che offrono una liquidità giornaliera allorquando i gestori sono alla ricerca di rendimento e non prestano abbastanza attenzione al potenziale profilo di liquidità di quello che comprano. N. 5: il miraggio del “debito netto” Un ultimo rischio sottovalutato è quello di concentrarsi sul “debito netto” anziché su quello lordo o, ancora meglio, sulle passività lorde. È opinione diffusa che numerose imprese siano stracolme di liquidità e che possa quindi essere effettuata una compensazione tra tale liquidità e il debito in essere per avere una visione più giusta del livello effettivo dell’indebitamento. Ciò può avere senso in molti casi, ma il diavolo si nasconde nei dettagli. In primo luogo, gran parte della liquidità può essere bloccata offshore in paradisi fiscali – in teoria potrebbe essere rimpatriata, ma solo dopo aver pagato un conto fiscale molto salato. In secondo luogo, gli analisti utilizzano spesso il 100% della liquidità in bilancio per calcolare il debito netto, mentre nel mondo reale le imprese hanno flussi significativi di capitale circolante per i quali devono mantenere un livello minimo di liquidità. Questa liquidità non potrebbe mai essere utilizzata per rimborsare il debito in caso di ristrutturazione, poiché è necessaria per l’ordinaria gestione dell’impresa. Le case automobilistiche statunitensi in default nel 2008-2009 ne sono state il miglior esempio: avevano disponibilità liquide consistenti in bilancio a fine trimestre, ma le fluttuazioni infra-trimestrali del capitale circolante facevano si che tale liquidità fosse molto meno disponibile di quanto sembrasse. Un terzo aspetto cruciale nel calcolo del debito netto è il dato che si utilizza per calcolare il debito. Le agenzie di rating e la comunità di analisti tendono a focalizzarsi principalmente sull’ammontare del debito. In caso di fallimento, tuttavia, gli obbligazionisti non sono certo gli unici stakeholder in fila per dividersi il valore di recupero. Le passività previdenziali, le passività ambientali, gli accantonamenti per contenziosi, le passività per imposte differite e una schiera di altre passività potenziali possono lasciare a mani vuote i creditori, specie se tali passività sono considerate di rango strutturalmente superiore al debito. PIMCO considera la totalità delle passività e cerca di anticipare quale sarà il rango di queste altre passività in caso di fallimento. VIEWPOINT | MAGGIO 2014 3 Questi cinque trend sono lungi dall’essere le uniche prove della fuffa presente nei mercati del credito, ma sono un buon punto di partenza per comprendere cosa sta determinando il ritorno a queste cattive abitudini. La brutta notizia è che questi comportamenti discutibili sono tornati, ma la buona è che a nostro avviso i mercati del credito offrono ancora numerose opportunità per generare performance potenzialmente interessanti. Come abbiamo sottolineato in svariate pubblicazioni (si veda “Crescita e astri nascenti” di Mark Kiesel, settembre 2013, e “L’alto rendimento nel 2014: dove ricercare potenziale di rialzo in un mercato a “medio rendimento”?” di Andrew Jessop e Hozef Arif, gennaio 2014), ravvisiamo ancora ampie sacche di valore in numerose obbligazioni dei settori dell’energia, della salute, della finanza e dei trasporti, tra gli altri. Un investimento intelligente e razionale nel credito che eviti l’ingenua ricerca di rendimento di alcuni gestori e punti invece su un’approfondita analisi della sostenibilità di lungo periodo dei bilanci delle imprese può ancora risultare vincente. In sintesi: 1. Individuare gli impieghi aggressivi della contabilità e correggere i modelli di conseguenza. 2. Valutare i covenant e le tutele strutturali con l’obiettivo di massimizzare il valore di recupero. 3. Applicare un approccio discriminante agli strumenti computabili nel patrimonio di vigilanza. 4. Privilegiare gli asset più liquidi o almeno assicurarsi di essere remunerati per l’illiquidità. 5. Preferire il debito effettivo, non quello netto, in bilancio e fuori bilancio. 4 MAGGIO 2014 | VIEWPOINT VIEWPOINT | MAGGIO 2014 5 Londra PIMCO Europe Ltd 11 Baker Street Londra W1U 3AH, Inghilterra +44 20 3640 1000 Amsterdam PIMCO Europe Ltd, Amsterdam Branch Schiphol Boulevard 315, Tower A6 1118 BJ Luchthaven Schiphol, Paesi Bassi +31 20 655 4710 Milano PIMCO Europe Ltd - Italy Largo Richini 6 20122 Milano, Italia I rendimenti passati non sono una garanzia né un indicatore attendibile dei risultati futuri. L’investimento nel mercato obbligazionario è soggetto a taluni rischi, tra cui il rischio di mercato, di tasso di interesse, di emittente, di credito, di inflazione e di liquidità. Il valore della maggior parte delle obbligazioni e delle strategie obbligazionarie varia in funzione delle fluttuazioni dei tassi d’interesse. Le obbligazioni e le strategie obbligazionarie con duration più lunga tendono ad evidenziare una maggiore sensibilità e volatilità rispetto a quelle con duration più breve. Di norma, i prezzi delle obbligazioni diminuiscono in caso di aumento dei tassi d’interesse e l’attuale contesto di bassi tassi d’interesse fa aumentare tale rischio. Le attuali riduzioni di capacità delle controparti obbligazionarie possono contribuire al calo della liquidità del mercato e all’aumento della volatilità dei prezzi. Al momento del rimborso gli investimenti obbligazionari possono avere un valore superiore o inferiore al costo iniziale. I titoli ad alto rendimento e a basso rating comportano rischi maggiori rispetto ai titoli con un rating più elevato. I portafogli che investono in tali titoli sono esposti a livelli più elevati di rischio di credito e di liquidità rispetto ai portafogli che non detengono tali strumenti. L’utilizzo della leva finanziaria può rendere necessaria la liquidazione di posizioni in portafoglio in un momento sfavorevole, al fine di onorare gli obblighi assunti o di soddisfare requisiti di segregazione. La leva finanziaria, inclusa l’assunzione di prestiti, può rendere un portafoglio più volatile rispetto a un portafoglio privo di leva. I prestiti bancari sono spesso meno liquidi rispetto ad altre tipologie di strumenti debitori e le condizioni generali del mercato e finanziarie possono incidere sul rimborso anticipato degli stessi, pertanto i rimborsi anticipati non possono essere previsti con precisione. Non vi sono garanzie che la liquidazione di qualsivoglia collaterale di un prestito bancario garantito permetta al prenditore di onorare il proprio obbligo o che detto collaterale possa essere liquidato. 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