QUADERN / SABATO, 14 FEBBRAIO 2015 ILCASODELGIORNO PRIMOPIANO Niente ingerenza negli affari sociali per l’accomandante che presenta ricorso La fatturazione differita non “salva” dalle nuove lettere di intento / Alfio CISSELLO In un precedente articolo (si veda “Il socio ha sempre legittimazione processuale anche per IVA e IRAP” del 9 febbraio 2015), abbiamo evidenziato che il socio di società di persone deve sempre avere legittimazione al ricorso per gli atti impositivi relativi a debiti tributari della società. Trattasi, infatti, di soggetto che, per effetto delle norme del codice civile, è responsabile solidalmente e illimitatamente per i debiti sociali, salva la preventiva escussione. Il discorso è il medesimo per i soci accomandanti, che, ai sensi dell’art. 2313 c.c., rispondono delle obbligazioni sociali (quindi anche per l’IRAP e per l’IVA) limitatamente alla quota conferita. Ciò deve essere visto alla luce del carattere impugnatorio del contenzioso tributario: il diritto al ricorso sussiste nella [...] A PAGINA 2 Le cessioni di beni consegnati dopo il 12 febbraio 2015 sono effettuate senza IVA solo se è stata ricevuta lettera di intento con le nuove modalità / Emanuele GRECO Le operazioni effettuate a decorrere dal 12 febbraio 2015 nei confronti degli esportatori abituali, per poter godere del regime di non imponibilità IVA di cui all’art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72, richiedono la trasmissione delle dichiarazioni di intento secondo la nuova disciplina. Nello specifico, l’esportatore deve utilizzare il nuovo modello di dichiarazione e trasmetterlo sia al proprio fornitore, sia all’Agenzia delle Entrate (che rilascia apposita ricevuta), in applicazione dell’art. 20 comma 1 del DLgs. 175/2014 (che ha modificato l’art. 1 comma 1 del DL 746/83). Il fornitore, invece, deve essere in possesso della ricevuta dell’Agenzia delle Entrate (per le dichiarazioni di intento inviate fisicamente) o, quantomeno, deve aver verificato telematicamente che essa abbia ricevuto la dichiarazione di intento. È, infatti, disponibile, sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate una pagina specifica (http://telematici.agenziaentrate.gov.it/VerIntent), ove riscontrare l’avvenuta presentazione di tale dichiarazione (la stampa della scher- A PAGINA 3 INEVIDENZA PROFESSIONI TASI con regole ordinarie sugli immobili compresi nel fallimento Fondi pensione al test della sostitutiva al 20% Assicurazione professionale, i sindacati scrivono alle Entrate / Savino GALLO “Circoscritte” le violazioni di natura tributaria preclusive del rating di legalità Il Liechtenstein verso l’equiparazione ai Paesi “white list” per la disclosure Dalle Dogane IVA al fornitore anche se in fattura c’è “scissione dei pagamenti” ALTRENOTIZIE mata dovrebbe costituire prova dell’avvenuta ricezione). Per il fornitore che effettua operazioni prima di aver ricevuto la dichiarazione di intento e di aver riscontrato la trasmissione della stessa all’Agenzia, la sanzione prevista va dal 100% al 200% dell’imposta dovuta. Il decorso del regime transitorio, avvenuto l’11 febbraio 2015, ha effetti, in particolare, per le cessioni di beni, considerato che il momento di effettuazione dell’operazione si realizza alla data di consegna o spedizione. Per cui, la consegna della merce al destinatario, scortata da documento di trasporto (DDT), realizza il momento impositivo dell’operazione. A nulla rileva il fatto che, ai sensi dell’art. 21 comma 4 del DPR 633/72, la fatturazione per le cessioni di beni accompagnate da DDT possa essere differita al giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle cessioni. Il momento di effettuazione della singola cessione rimane, infatti, quello [...] / A PAGINA 10 Dopo aver chiesto, e ottenuto, lo snellimento della Certificazione Unica (da ultimo, si veda “Proroga parziale per le Certificazioni Uniche” di ieri), il coordinamento sindacale unitario dei commercialisti torna a scrivere alla Direttrice dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi. Oggetto della lettera inviata ieri è la questione relativa all’assicurazione professionale e alle “contraddizioni normative” prodotte dagli ultimi provvedimenti legislativi [...] A PAGINA 4 ancora IL CASO DEL GIORNO Niente ingerenza negli affari sociali per l’accomandante che presenta ricorso Il diritto al ricorso contro l’accertamento è stato affermato varie volte dalla giurisprudenza, in virtù della responsabilità solidale / Alfio CISSELLO In un precedente articolo (si veda “Il socio ha sempre legittimazione processuale anche per IVA e IRAP” del 9 febbraio 2015), abbiamo evidenziato che il socio di società di persone deve sempre avere legittimazione al ricorso per gli atti impositivi relativi a debiti tributari della società. Trattasi, infatti, di soggetto che, per effetto delle norme del codice civile, è responsabile solidalmente e illimitatamente per i debiti sociali, salva la preventiva escussione. Il discorso è il medesimo per i soci accomandanti, che, ai sensi dell’art. 2313 c.c., rispondono delle obbligazioni sociali (quindi anche per l’IRAP e per l’IVA) limitatamente alla quota conferita. Ciò deve essere visto alla luce del carattere impugnatorio del contenzioso tributario: il diritto al ricorso sussiste nella misura in cui al contribuente-socio viene notificato un atto impositivo. Ove, come spesso avveniva in passato, l’Erario notificasse a quest’ultimo la cartella di pagamento, è contro questo atto che si deve ricorrere, magari sollevando l’omessa notifica del provvedimento “presupposto” (accertamento), eccezione comunque ritenuta infondata dalla Cassazione. Nel processo instaurato dalla società contro l’accertamento, al massimo il socio, in qualità di obbligato solidale, ha diritto di intervento come ammette l’art. 14 del DLgs. 546/92. Il diritto all’impugnazione “in proprio” del socio non può essere negato ove l’atto sia a questi notificato “per conoscenza”. Talvolta è successo che l’Agenzia delle Entrate, nelle controdeduzioni, ha fatto valere l’art. 2320 comma 1 c.c., secondo cui “i soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari. Il socio accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali e può essere escluso a / EUTEKNEINFO / SABATO, 14 FEBBRAIO 2015 norma dell’art. 2286”. Ergo: dal momento che il socio accomandante ricorre in proprio contro l’atto a lui notificato “per conoscenza”, si ingerisce negli affari sociali e diventa responsabile illimitatamente, come se fosse un accomandatario, quindi se l’accertamento viene confermato l’atto esattivo nei suoi confronti non dovrà essere circoscritto alla sua quota. In tal caso si è in presenza di un’eccezione palesemente infondata se non pretestuosa, per le ragioni seguenti. Responsabilità sempre circoscritta alla quota Per prima cosa, se il socio accomandante non impugna (ipotizziamo che né la società, né gli altri soci ricorrano), nel momento in cui riceve l’atto esattivo l’Agenzia delle Entrate potrebbe, non senza ragioni, richiamare l’art. 19 comma 3 del DLgs. 546/92 e sostenere che, siccome non è stato impugnato l’accertamento, contro l’atto esattivo non è possibile censurare il merito della pretesa. Detto ciò, se un atto impositivo viene notificato ad un soggetto, questo ha il diritto di ricorso senza nessun limite, quand’anche, per assurdo, la notifica sia avvenuta per sbaglio, eventualità in cui adire il giudice servirebbe solo a far dichiarare l’estraneità del notificatario dell’atto all’obbligazione tributaria (cosa successa per gli atti notificati “per conoscenza” ai liquidatori di società di capitali, fattispecie analizzata dalla Cassazione, si veda “Via libera al ricorso del liquidatore dopo la cancellazione della società” del 19 dicembre 2013). Il socio accomandante non si ingerisce affatto nella gestione sociale, in quanto esercita semplicemente un suo diritto: quello della difesa di fronte ad un organo terzo e imparziale, quale è la Commissione tributaria. / 02 ancora FISCO La fatturazione differita non “salva” dalle nuove lettere di intento Le cessioni di beni consegnati dopo il 12 febbraio 2015 sono effettuate senza IVA solo se è stata ricevuta lettera di intento con le nuove modalità / Emanuele GRECO Le operazioni effettuate a decorrere dal 12 febbraio 2015 nei confronti degli esportatori abituali, per poter godere del regime di non imponibilità IVA di cui all’art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72, richiedono la trasmissione delle dichiarazioni di intento secondo la nuova disciplina. Nello specifico, l’esportatore deve utilizzare il nuovo modello di dichiarazione e trasmetterlo sia al proprio fornitore, sia all’Agenzia delle Entrate (che rilascia apposita ricevuta), in applicazione dell’art. 20 comma 1 del DLgs. 175/2014 (che ha modificato l’art. 1 comma 1 del DL 746/83). Il fornitore, invece, deve essere in possesso della ricevuta dell’Agenzia delle Entrate (per le dichiarazioni di intento inviate fisicamente) o, quantomeno, deve aver verificato telematicamente che essa abbia ricevuto la dichiarazione di intento. È, infatti, disponibile, sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate una pagina specifica (http://telematici.agenziaentrate.gov.it/VerIntent), ove riscontrare l’avvenuta presentazione di tale dichiarazione (la stampa della schermata dovrebbe costituire prova dell’avvenuta ricezione). Per il fornitore che effettua operazioni prima di aver ricevuto la dichiarazione di intento e di aver riscontrato la trasmissione della stessa all’Agenzia, la sanzione prevista va dal 100% al 200% dell’imposta dovuta. Il decorso del regime transitorio, avvenuto l’11 febbraio 2015, ha effetti, in particolare, per le cessioni di beni, considerato che il momento di effettuazione dell’operazione si realizza alla data di consegna o spedizione. Per cui, la consegna della merce al destinatario, scortata da documento di trasporto (DDT), realizza il momento impositivo dell’operazione. A nulla rileva il fatto che, ai sensi dell’art. 21 comma 4 del DPR 633/72, la fatturazione per le cessioni di beni accompagnate da DDT possa essere differita al giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle cessioni. Il momento di effettuazione della singola cessione rimane, infatti, quello della consegna o spedizione del bene. La data di consegna del bene risulta, peraltro, certificata nello stesso DDT, il riferimento del quale deve essere, poi, riportato sulla fattura emessa in via differita. La possibilità di emettere fattura differita consiste in una semplificazione documentale che nulla ha a che vedere con il fatto generatore dell’imposta. Tanto osservato, è possibile che la consegna della merce avvenga, dal 12 febbraio 2015, senza che l’esportatore abituale si sia avveduto di presentare dichiarazione di intento secondo le nuove modalità e che, dunque, la cessione si sia / EUTEKNEINFO / SABATO, 14 FEBBRAIO 2015 perfezionata ai fini IVA senza che il fornitore abbia potuto riscontrare l’avvenuta presentazione della “nuova” lettera di intento. In tale ipotesi, pare inevitabile l’applicazione dell’IVA sulla cessione in sede di fatturazione differita, non sussistendo i requisiti di cui al combinato disposto dell’art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72 e dell’art. 1 comma 1 del DL 746/83. È, dunque, opportuno, al fine di “ripristinare” le forniture in regime di non imponibilità IVA, senza interrompere gli approvvigionamenti, che l’esportatore abituale trasmetta tempestivamente le lettere di intento con le nuove modalità. Il successivo “check” da parte del fornitore dovrebbe consentire la non applicazione dell’IVA in sede di fatturazione della cessione. Per le prestazioni di servizi, invece, il momento impositivo ai fini IVA, in linea generale, si realizza al momento della fatturazione o del pagamento; per cui, l’invio della dichiarazione di intento secondo le nuove modalità dovrà avvenire prima del verificarsi di uno dei suddetti presupposti (così che il fornitore possa verificare l’avvenuta ricezione della dichiarazione da parte dell’Agenzia). La presentazione della dichiarazione di intento “cartacea”, unitamente alla ricevuta dell’Agenzia delle Entrate, resta necessaria per effettuare importazioni senza applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 68 comma 1 lett. a) del DPR 633/72. Lo ha specificato l’Agenzia delle Dogane, con nota 11 febbraio 2015 n. 17631, evidenziando che la banca dati delle dichiarazioni di intento trasmesse all’Agenzia delle Entrate non è ancora stata messa a disposizione delle Dogane, secondo quanto contemplato dall’art. 20 comma 3 del DLgs. 175/2014 (il termine ivi previsto è il 12 aprile 2015). Aggiornato il modello di dichiarazione di intento Con riferimento all’ipotesi di importazioni senza applicazione dell’IVA, peraltro, il provv. Agenzia delle Entrate n. 19388 dell’11 febbraio 2015 ha modificato le istruzioni al modello di dichiarazione di intento, tenendo conto del fatto che la base imponibile IVA delle importazioni, determinata a norma dell’art. 69 del DPR 633/72, comprende elementi (dazi, spese di inoltro) che non sono necessariamente noti al momento di emissione della lettera di intento. Viene chiarito che, a prescindere da quanto indicato sulla dichiarazione di intento, il plafond utilizzato sarà quello risultante dalla dichiarazione doganale di importazione. / 03 ancora PROFESSIONI Assicurazione professionale, i sindacati scrivono alle Entrate Necessario intervenire per consentire l’estensione della copertura alle sanzioni dirette anche per i visti di conformità sulle compensazioni tributarie / Savino GALLO Dopo aver chiesto, e ottenuto, lo snellimento della Certificazione Unica (da ultimo, si veda “Proroga parziale per le Certificazioni Uniche” di ieri), il coordinamento sindacale unitario dei commercialisti torna a scrivere alla Direttrice dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi. Oggetto della lettera inviata ieri è la questione relativa all’assicurazione professionale e alle “contraddizioni normative” prodotte dagli ultimi provvedimenti legislativi in materia. Si ricorda, infatti, l’art. 6 del DLgs. 175/2014 ha modificato le condizioni minime della polizza di cui bisogna essere titolari per poter ottenere l’abilitazione al rilascio del visto di conformità non solo sul nuovo 730 precompilato, ma anche sui modelli di dichiarazione (IVA, IRAP, UNICO) per le compensazioni dei crediti tributari di importo superiore ai 15 mila euro. In particolare, oltre all’aumento del massimale minimo obbligatorio (portato da uno a tre milioni di euro), si prevede l’introduzione, nel contratto di assicurazione, di una clausola che estende la copertura anche per le sanzioni irrogate direttamente nei confronti del professionista. È proprio su quest’ultimo aspetto che le associazioni si soffermano con la lettera inviata ieri alla Direttrice delle Entrate (e, per conoscenza, al Presidente del CNDCEC, Gerardo Longobardi). Al momento, scrivono in proposito le 7 associazioni sindacali che fanno parte del coordinamento unitario (ADC, AIDC, ANC, ANDIC, UNAGRACO, UNGDCEC, UNICO), “risulta di difficile attuazione giuridico/legale il rilascio / EUTEKNEINFO / SABATO, 14 FEBBRAIO 2015 dell’estensione della copertura assicurativa professionale al rischio per le sanzioni tributarie irrogate al professionista”. Prova ne sia il fatto che alcune compagnie assicurative, sulla scorta delle circolari dell’IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni), hanno deciso di sospendere momentaneamente il rilascio delle suddette estensioni, in attesa che vengano risolte le problematiche giuridiche ed interpretative. Siamo sempre allo stesso punto. Come denunciava la scorsa settimana l’ANC (si veda “730 precompilato, professionisti senza copertura assicurativa” del 4 febbraio), ad oggi, esiste un vincolo di “non assicurabilità” per le sanzioni dirette, che espone il professionista alla possibilità di dover “rispondere con il proprio patrimonio dinanzi al Fisco”. Un discorso valido, come detto, non solo per il 730 precompilato, ma anche per le compensazioni dei crediti tributari risultanti dai modelli IVA, IRAP e UNICO. Ecco perché il coordinamento sindacale chiede alle Entrate di chiarire urgentemente la propria posizione, in modo da capire se, ai fini dell’apposizione del visto di conformità per le compensazioni tributarie, la polizza assicurativa possa essere considerata adeguata anche senza l’estensione della copertura alle sanzioni dirette. Allo stesso tempo, secondo i sindacati, bisognerà fare il possibile per “rendere attuabili gli adempimenti previsti dall’art. 6 del DLgs. 175/2014”, tenendo bene a mente “l’ennesimo aggravio”, in termini di costi e responsabilità, che i professionisti sono stati costretti a subire. / 04 ancora FISCO TASI con regole ordinarie sugli immobili compresi nel fallimento Dato che il presupposto impositivo è diverso da quello dell’IMU, il trattamento meriterebbe una norma ad hoc o un’interpretazione ufficiale / Antonio PICCOLO Per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa la TASI, secondo una corrente di pensiero, va assolta in base alle regole ordinarie, a differenza dell’IMU per la quale il legislatore, nell’adottare la stessa disciplina dell’ICI, ha stabilito che il curatore fallimentare o il commissario liquidatore devono effettuare il pagamento dell’imposta in un’unica soluzione (periodo dell’intera procedura concorsuale), entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili. In assenza di una norma che deroghi alle regole ordinarie, secondo tale opinione, la procedura concorsuale (nelle persone del curatore fallimentare o del commissario liquidatore) è tenuta dunque a pagare la TASI come un qualsiasi altro contribuente, nei modi e nei termini previsti per questi ultimi soggetti passivi. Poiché (come vedremo) il presupposto impositivo della TASI è il possesso o la detenzione di beni immobili, a differenza dell’IMU per la quale il presupposto impositivo (analogamente a quello dell’ICI) è invece solo il possesso (art. 8, comma 2 del DLgs. n. 23/2011), il trattamento TASI degli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa avrebbe meriterebbe una norma ad hoc e comunque un’interpretazione ufficiale. Nell’attesa che ciò avvenga al più presto e nutrendo qualche perplessità sulla bontà della citata opinione, osserviamo quanto segue. Il comma 6 dell’art. 10 del DLgs. n. 504/1992 (decreto ICI), nella sua ultima versione, stabiliva in capo al curatore fallimentare o al commissario liquidatore i seguenti particolari adempimenti per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa: - presentazione a ogni Comune di ubicazione degli immobili di una dichiarazione attestante l’avvio della procedura concorsuale, entro il termine di 90 giorni dalla data della loro nomina; - versamento dell’imposta dovuta per il periodo di durata dell’intera procedura concorsuale (maxi-periodo d’imposta), entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili (cfr., fra tante, Cass. nn. 24670 del 28 novembre 2007 e 20575 del 24 ottobre 2005). Secondo la Suprema Corte, la (speciale) previsione trovava senso nella circostanza che, fino a quando non era realizzato un incasso derivante dalla vendita di quell’immobile, sarebbe stato completamente ingiustificato e illogico pretendere il pagamento del relativo tributo. Inoltre, essendo state derogate solo le regole per versamento / EUTEKNEINFO / SABATO, 14 FEBBRAIO 2015 e presentazione della dichiarazione, la locuzione “immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa” abbracciava anche i beni immobili non posseduti (a titolo di proprietà o di altro diritto reale di godimento) dal fallito o dall’impresa in liquidazione coatta amministrativa, ma detenuti dagli stessi, come i fabbricati concessi in locazione finanziaria per i quali il soggetto passivo era il locatario (art. 3, comma 2 del decreto ICI). Al riguardo è opportuno segnalare che, nel caso in cui un immobile compreso nel fallimento non fosse stato venduto e la procedura concorsuale fosse stata chiusa con il ritorno in bonis dell’ex fallito, la relativa ICI sarebbe stata a carico di quest’ultimo (Cass. nn. 3845 del 15 febbraio 2013, 5035 del 28 marzo 2012, 17529 del 12 ottobre 2012 e 15478 del 30 giugno 2010). Il comma 7 dell’art. 9 del DLgs. n. 23/2011, sia pure con una formulazione discutibile, ha reso applicabile ai fini dell’IMU la medesima disciplina dell’ICI prevista per gli immobili in questione. Sicché, considerata l’identità dei presupposti impositivi di IMU e ICI, i predetti adempimenti e rilievi giurisprudenziali si estendono pacificamente alle fattispecie IMU. L’art. 1, comma 669 della L. n. 147/2013 e sue modificazioni – legge di stabilità 2014 che, col comma 639, ha istituito la IUC (imposta unica comunale), composta da IMU (tributo patrimoniale), TASI (tributo per i servizi indivisibili) e TARI (tassa sui rifiuti) – ha stabilito espressamente che il presupposto impositivo della TASI è il possesso o la detenzione di beni immobili (fabbricati e aree fabbricabili, esclusi i terreni agricoli), come definiti dalla disciplina dell’IMU. In virtù dei successivi commi 672 e 681, la TASI è dovuta dal locatario finanziario, a decorrere dalla data della stipulazione e per tutta la durata del contratto di leasing (periodo che va dalla data della stipulazione a quella di riconsegna dell’immobile al locatore), e dall’occupante (in presenza di immobile detenuto da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale) nella misura, stabilita dal Comune, tra il 10% (minimo) e il 30% dell’ammontare complessivo del tributo. Il Dipartimento delle Finanze, con le FAQ del 3 giugno 2014, ha precisato fra l’altro che, in caso di silenzio della norma, le fattispecie della TASI sono disciplinate secondo le regole dell’IMU. Tale precisazione si raccorda nel significativo comma 687 della L. n. 147/2013, in forza del quale le disposizioni sulla presentazione della dichiarazione IMU si applicano anche ai fini della dichiarazione TASI. / 05 ancora FISCO Fondi pensione al test della sostitutiva al 20% Base imponibile ridotta per i fondi che investono “indirettamente” in titoli pubblici / Salvatore SANNA A pochi giorni dalla scadenza del 16 febbraio 2015 per il versamento dell’imposta sostitutiva, la circolare n. 2 dell’Agenzia delle Entrate pubblicata ieri commenta le novità introdotte dalla legge di stabilità 2015 sulla tassazione delle forme pensionistiche complementari. Si ricorda che, a partire dal 1° gennaio 2015, è stato previsto: - l’incremento al 20% dell’imposta sostitutiva sul risultato della gestione del fondo; - la riduzione della base imponibile della suddetta imposta sostitutiva qualora il fondo pensione investa in titoli di Stato e, più generalmente, in attività finanziarie con un regime agevolato. In primo luogo, l’Agenzia analizza la previsione per la quale la base imponibile dell’imposta sostitutiva sul risultato di gestione dei fondi pensione deve essere determinata, relativamente ai redditi dei titoli pubblici ed equiparati, in base al rapporto tra l’aliquota specificamente prevista dalle disposizioni vigenti per tali redditi (12,50%) e quella dell’imposta sostitutiva applicabile in via generale sul risultato dei fondi pensione (20%). In sostanza, applicando questa disposizione, i redditi dei titoli pubblici concorrono alla determinazione della base imponibile nella misura del 62,50%. In questo modo, si evita una penalizzazione per l’investimento in tali titoli effettuato per il tramite di fondi pensione. La circolare in commento osserva che la norma non dispone esplicitamente il caso del trattamento dei redditi dei titoli del debito pubblico per gli investimenti “indiretti” effettuati dai fondi pensione tramite la partecipazione in organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) e contratti di assicurazione, che investono in tali titoli. Tuttavia, esigenze di coordinamento normativo impongono di tener conto del regime di tassazione degli investimenti “indiretti” in titoli del debito pubblico. Del resto, al fine di garantire la tassazione dei redditi dei titoli pubblici nella misura del 12,50%, anche i redditi di capitale derivanti dalla partecipazione ad OICR italiani ed esteri sono determinati al netto di una quota dei proventi riferibili ai predetti titoli pubblici. Le medesime considerazioni valgono per i contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione, i cui redditi di capitale sono anch’essi determinati al netto di una quota dei proventi riferibili ai titoli pubblici. / EUTEKNEINFO / SABATO, 14 FEBBRAIO 2015 Sia la nuova aliquota del 20% che la riduzione della base imponibile conseguente al possesso di titoli di Stato e di titoli ad essi assimilati sono applicabili dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014. Tuttavia, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014, la legge di stabilità 2015 ha previsto: - in primo luogo, che, in deroga all’art. 3 dello Statuto dei diritti del contribuente, il risultato della gestione dei fondi risulti già soggetto a imposizione sostitutiva nella misura del 20%; - in secondo luogo, che la base imponibile, che già tenga conto delle riduzioni previste per effetto del possesso di titoli di Stato e di titoli a essi assimilati, venga ulteriormente ridotta del 48% della differenza tra le erogazioni effettate nel 2014 per il pagamento dei riscatti e il valore delle rispettive posizioni individuali maturate al 31 dicembre 2013, maggiorate dei contributi versati nel corso del 2014. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate precisa che, stante il tenore letterale della norma, la misura del 48% si applica sia alle posizioni fuoriuscite nella vigenza della tassazione con l’aliquota dell’11% che a quelle fuoriuscite nel corso del 2014 successivamente all’introduzione dell’aumento della predetta aliquota all’11,50% a opera del DL 66/2014. La circolare chiarisce, inoltre, che il termine “riscatti” non deve essere inteso in senso stretto e deve riguardare anche tutte le erogazioni di prestazioni previdenziali, le anticipazioni e le somme trasferite ad altre forme pensionistiche, comprese quelle trasferite per effetto di operazioni di passaggio da un comparto a un altro della medesima forma pensionistica complementare (c.d. operazioni di “switch”). Risultati negativi del 2014 utilizzabili per l’11,50% Sempre con riferimento ai risultati di gestione relativi al 2014, l’Agenzia delle Entrate afferma che l’eventuale risultato negativo determina un risparmio d’imposta da utilizzare nei periodi d’imposta successivi nella misura dell’11,50%. Per quanto concerne i risultati negativi relativi a periodi d’imposta precedenti al 2014, non ancora utilizzati in compensazione, resta fermo che il risparmio d’imposta da scomputare dall’imposta sostitutiva dovuta sul risultato di gestione è stabilito nella misura dell’11,50%. / 06 ancora IMPRESA “Circoscritte” le violazioni di natura tributaria preclusive del rating di legalità Rilevano ora gli accertamenti divenuti inoppugnabili o confermati con sentenza passata in giudicato nel biennio precedente la richiesta di rating / Maria Francesca ARTUSI Con la circolare n. 3/2015, Assonime porta l’attenzione su alcuni rilevanti provvedimenti riguardanti i criteri e le modalità per l’attribuzione del c.d. rating di legalità. In particolare, si tratta delle delibere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) del 5 giugno 2014 n. 24953 e 4 dicembre 2014 n. 25207, nonché del Protocollo d’intesa tra la medesima Autorità e l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) dell’11 dicembre 2014. Si ricorda che l’istituto del rating è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 5-ter del DL n. 1/2012 e la disciplina è stata succesivamente specificata attraverso interventi dell’AGCM e dei Ministeri competenti. Le due citate delibere del 2014 hanno introdotto interessanti novità sia riguardo ai requisiti che le imprese devono soddisfare per conseguire il rating, sia rispetto al procedimento di attribuzione di quest’ultimo. Riguardo all’accesso al rating, è stato chiarito un punto oscuro della normativa attraverso l’espressa specificazione che il fatturato minimo di due milioni di euro si intende “riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza e risultante da un bilancio regolarmente approvato dall’organo aziendale competente e pubblicato ai sensi di legge”. Alle fattispecie che precludono tale accesso sono stati aggiunti ulteriori reati: millantato credito (art. 346 c.p.); traffico di influenze illecite (art. 346-bis c.p.); turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.); turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.); astensione dagli incanti (art. 354 c.p.); inadempimento di contratti di pubbliche forniture (art. 355 c.p.); frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.); omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (art. 2, commi 1 e 1-bis del DL 463/1983). Esclude l’attribuzione del rating, altresì, il fatto che l’impresa sia destinataria di provvedimenti di condanna per talune violazioni del Codice del consumo (art. 21, commi 3 e 4 e art. 27, comma 12) e della disciplina dell’anticorruzione in materia di appalti pubblici. Per gli illeciti legati all’antitrust, invece, è stata introdotta un’eccezione per i casi di non imposizione o riduzione della sanzione amministrativa pecuniaria in seguito alla collaborazione prestata dall’impresa nell’ambito di un programma di clemenza nazionale o europeo (c.d. “leniency”). / EUTEKNEINFO / SABATO, 14 FEBBRAIO 2015 Con riferimento alle violazioni di natura tributaria, è ora previsto che si considerano rilevanti i provvedimenti dell’Autorità competente di accertamento del mancato rispetto all’obbligo di pagamento di imposte e tasse divenuti inoppugnabili o confermati con sentenza passata in giudicato nel biennio precedente la richiesta di rating. Diversamente, la precedente formulazione di questa disposizione conteneva un riferimento più ampio ai provvedimenti di accertamento di un maggior reddito imponibile rispetto a quello dichiarato. La disciplina dei requisiti che comportano un incremento del punteggio rispetto al livello base di una “stelletta” è stata integrata in più punti, con il risultato di ampliare le opzioni a disposizione delle imprese che intendano conseguire il punteggio massimo. Per quanto attiene ai profili di procedura, la principale novità è data dal coinvolgimento nell’iter di attribuzione del rating sia dell’ANAC che di un’apposita “Commissione consultiva in materia di rating”, composta da un rappresentante dell’AGCM, del Ministero dell’Interno, del Ministero della Giustizia, dell’ANAC e del mondo imprenditoriale. Proprio alla collaborazione tra AGCM e ANAC fa riferimento anche il Protocollo d’intesa sottoscritto dalle due istituzioni lo scorso 11 dicembre, che sostituisce quello stipulato nel 2012 dall’AGCM e dall’Autorità per la vigilanza nel contratti pubblici adeguandolo all’evoluzione del quadro normativo. In particolare, il Protocollo indica tra gli obiettivi della collaborazione quello di “promuovere un maggiore utilizzo del rating di legalità”. È previsto, in particolare, che le due Autorità si informino reciprocamente quando, nel corso della propria attività istituzionale, l’una riscontri elementi che fanno sospettare l’esistenza di illeciti rientranti nella sfera di competenza dell’altra. L’intesa si fonda, infatti, su un’attività di cooperazione nell’ambito delle procedure di gara per appalti pubblici – attuata anche grazie all’utilizzo della Banca dati nazionale dei contratti pubblici – e su un’attività di promozione della legalità attraverso l’incremento delle segnalazioni su possibili fenomeni di collusione tra imprese (cfr. Vademecum “Individuazione di criticità concorrenziali nel settore degli appalti pubblici”, adottato dall’AGCM con delibera del 18 settembre 2013). / 07 ancora FISCO Il Liechtenstein verso l’equiparazione ai Paesi “white list” per la disclosure Raggiunta l’intesa sullo scambio di informazioni; con la firma degli Atti prima del 2 marzo sarà più agevole la collaborazione volontaria / Barbara SESSINI Il Ministero dell’Economia e delle finanze, con il comunicato stampa n. 32 di ieri, ha annunciato che Italia e Liechtenstein hanno concluso un’intesa in materia di scambio di informazioni di natura fiscale, basato sul più aggiornato standard OCSE. La firma degli atti contenuti nell’intesa è prevista prima del 2 marzo, termine definito dalla normativa italiana sulla voluntary disclosure per gli accordi sullo scambio di informazioni conforme all’art. 26 del modello OCSE. Questo consentirà di equiparare il Liechtenstein ad un paese “white list”, cosa che permetterà ai contribuenti italiani che vi detengano attività finanziarie una più agevole regolarizzazione. L’intesa con l’Italia include l’Accordo sul modello Tax Information Exchange Agreement (TIEA) e un Protocollo Aggiuntivo in materia di richieste di gruppo. Questi Atti, afferma il MEF, permetteranno di instaurare un’efficace cooperazione amministrativa tra i due Paesi anche volta a migliorare il contrasto all’evasione fiscale e costituiranno la premessa per ulteriori miglioramenti delle relazioni economiche bilaterali. L’Accordo sullo scambio di informazioni consentirà di avviare la cooperazione amministrativa su richiesta su tutte le imposte tra le autorità fiscali dei due Stati. Il Protocollo Aggiuntivo in materia di richieste di gruppo (“group requests”), invece, permetterà lo scambio di informazioni per identificare gruppi di contribuenti che intendono dissimulare cespiti patrimoniali non dichiarati e costituisce uno strumento giuridico conforme all’art. 26 del modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni. Entrambi, Accordo e Protocollo Aggiuntivo, saranno applicabili dopo l’entrata in vigore, a decorrere dalla data della / EUTEKNEINFO / SABATO, 14 FEBBRAIO 2015 firma. Tale data, come anticipato, è rilevante per la procedura di regolarizzazione dei capitali all’estero: la L. 186/2014 garantisce condizioni più favorevoli per la definizione se le attività sono detenute da residenti italiani in Stati che stipulano un accordo per lo scambio di informazioni nei 60 giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge, cioè prima del 2 marzo 2015. Si ricorda che, entro lo stesso termine, è attesa anche la firma dell’Accordo con la Svizzera, che era stato auspicato proprio a metà febbraio e annunciato anch’esso attraverso il comunicato stampa del MEF n. 17 (si veda “Voluntary disclosure più conveniente con la Confederazione Elvetica” del 17 gennaio 2015). Impegno per lo scambio automatico di informazioni nel 2017 Inoltre, con una dichiarazione congiunta l’Italia ed il Liechtenstein ribadiranno il reciproco impegno ad applicare dal 2017 lo scambio automatico di informazioni di natura finanziaria sulla base del nuovo standard globale (Common Reporting Standard). L’Italia, non appena entreranno in vigore l’Accordo e il Protocollo Aggiuntivo, inserirà il Liechtenstein nelle white lists degli Stati che consentono lo scambio di informazioni di natura fiscale. Infine, l’entrata in vigore dell’Accordo costituirà la premessa per ulteriori passi verso l’intensificazione delle relazioni economiche e finanziarie tra i due Paesi, mediante l’avvio di negoziati per una Convenzione contro le doppie imposizioni. / 08 ancora FISCO Dalle Dogane IVA al fornitore anche se in fattura c’è “scissione dei pagamenti” Tale Agenzia è esclusa dall’applicazione dello split payment e in una nota spiega il comportamento degli Uffici in caso di errata annotazione / REDAZIONE L’Agenzia delle Dogane, con la nota prot. 17619/RU dell’11 febbraio 2015 pubblicata ieri ha ribadito che le nuove modalità di pagamento a favore dei fornitori di beni e servizi da parte di alcune Pubbliche Amministrazioni introdotte con la legge di stabilità 2015 (c.d. split payment) non si applicano alle Agenzie fiscali – dunque neanche all’Agenzia delle Dogane – e spiega quale sarà il comportamento degli Uffici e le ricadute sui fornitori in caso di fattura che riporti erroneamente la dicitura “scissione dei pagamenti”. L’Agenzia delle Dogane ha comunicato che gli Uffici preposti alla lavorazione delle fatture passive provvederanno al pagamento delle stesse secondo le precedenti modalità ordinarie, che prevedono la corresponsione al fornitore dell’IVA relativa all’operazione ricevuta. Corrisponderanno, inoltre, l’IVA al fornitore anche in caso di fatture che dovessero erroneamente presentare l’annotazione prevista dal DM del 23 gennaio 2015. In questo caso, dopo la ricezione della fattura, il fornitore verrà contattato per essere informato che l’Agenzia delle Dogane è esclusa da tale meccanismo e che egli dovrà esercitare la rivalsa nei modi ordinari, computando l’IVA nell’ambito delle proprie dichiarazioni. Si ricorda che il meccanismo dello “split payment” si applica alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi di cui agli artt. 2 e 3 del DPR 633/72, effettuate, nel territorio dello Stato, nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni individuate dall’art. 17-ter del DPR 633/72. L’IVA addebitata dai fornitori nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni dovrà essere versata dall’Amministrazione acquirente direttamente all’Erario, anziché allo stesso fornitore, scindendo quindi il pagamento del corrispettivo dal pagamento della relativa imposta. Per quel che riguarda gli obblighi in capo ai fornitori, questi sono tenuti ad emettere fattura secondo le regole ordinarie – dunque esponendo l’imposta – con l’annotazione “scissione dei pagamenti” ai sensi degli artt. 23 e 24 DPR 633/72, ma senza computare l’imposta, come IVA a debito, in liquidazione periodica (si veda “Split payment, per i fornitori fattura con l’annotazione «scissione dei pagamenti»” del 31 gennaio 2015). Le Dogane, infatti, non sono tra le Pubbliche Amministrazioni che rientrano nel campo di applicazione dello split payment previste dall’art. 17-ter del DPR 633/1972. Il chia- / EUTEKNEINFO / SABATO, 14 FEBBRAIO 2015 rimento è stato fornito dalla circ. dell’Agenzia delle Entrate n. 1 del 9 febbraio 2015, che ha anche specificato cosa devono fare le amministrazioni “escluse” in caso di ricezione di una fattura con l’annotazione “scissione dei pagamenti” (si veda “Split payment sotto la lente dell’Agenzia” del 10 febbraio). Esse dovranno corrispondere al fornitore anche l’IVA relativa all’operazione ricevuta, mentre il fornitore dovrà correggere il proprio operato ed esercitare la rivalsa nei modi ordinari. Escluse anche le aziende speciali delle Camere di Commercio Si ricorda che, oltre alle Agenzie fiscali, sono esclusi dall’applicazione del nuovo meccanismo tutti i soggetti che non hanno natura pubblica quali gli enti previdenziali privati, le aziende speciali (ivi incluse quelle delle Camere di Commercio) e la generalità degli enti pubblici economici. Sono poi esclusi tutti gli enti pubblici non economici che, in quanto autonomi rispetto alla struttura statale, perseguono fini propri ancorché di interesse generale; è il caso di Ordini professionali, Enti ed istituti di ricerca, Autorità amministrative indipendenti (ad esempio l’AGCOM), Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA), Automobile club provinciali, Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), INAIL, Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (ISPO). Rientrano nella disciplina dello split payment, invece, le forniture nei confronti dello Stato e di altri soggetti qualificabili come “organi dello Stato” (ad esempio le istituzioni scolastiche), degli enti pubblici territoriali e di altri enti locali (quali le Comunità montane, le Comunità isolane e le Unioni di Comuni), nonché delle Camere di Commercio (e delle Unioni Regionali delle stesse), degli istituti universitari, delle ASL, degli enti ospedalieri (ma non gli enti ecclesiastici che operano in regime di diritto privato), degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico (IRCCS), delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB), delle Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (ASP) e degli enti pubblici di previdenza (INPS, Fondi pubblici di previdenza). / 09 ancora LETTERE Perché i fornitori devono sapere chi sono i commercialisti dei loro clienti? Gentile Redazione, avrei una domanda: che bisogno c’era di far apparire il nome dell’intermediario telematico sulla ricevuta di presentazione della dichiarazione d’intento? Perché i fornitori devono sapere chi è il commercialista del loro cliente? Una vita a combatter a favore della riservatezza, non rivelando i nomi dei clienti dello studio; non è forse un “dato sensibile” da proteggere con attenzione? Paolo Calligaro Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Udine Direttore Responsabile: Michela DAMASCO EUTEKNE.INFO È UNA TESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI TORINO REG. N. 2/2010 DELL'8 FEBBRAIO 2010 Copyright 2015 © EUTEKNE SpA - Via San Pio V 27 - 10125 TORINO
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