QUADERN / LUNEDÌ, 26 GENNAIO 2015 ILCASODELGIORNO PRIMOPIANO Con la revocatoria dei pagamenti, debito verso la procedura fallimentare Nel nuovo regime agevolato, beni strumentali al netto dell’IVA / Silvia LATORRACA / Paola RIVETTI Nell’ambito delle procedure concorsuali accade spesso che gli atti compiuti dal debitore insolvente nel periodo antecedente alla data della dichiarazione di fallimento, che incidono sul suo patrimonio a danno della par condicio creditorum, siano revocati mediante la cosiddetta azione revocatoria. Gli effetti di tale strumento sono stati largamente analizzati in relazione alle problematiche di natura giuridica, ma risultano scarsamente affrontati in dottrina in relazione ai profili contabili. In questo contesto si vogliono qui analizzare, in particolare, gli effetti della revoca dei pagamenti, disciplinata dall’art. 67 comma 1 n. 2 e comma 2 L. fall. La citata disposizione stabilisce che sono revocati, tra gli altri: - gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro [...] Nuovo regime fiscale agevolato per autonomi sotto la lente dell’Amministrazione finanziaria: l’Agenzia delle Entrate, infatti, ha fornito indicazioni al riguardo, con particolare riferimento ai criteri di computo del limite per i beni strumentali, in risposta ai quesiti del Videoforum organizzato da Italia Oggi il 22 gennaio 2015. Si ricorda che, per accedere al nuovo regime: - i ricavi/compensi relativi all’anno precedente non devono eccedere determinati limiti (da 15.000 a 40.000 euro); - le spese per lavoro dipendente sostenute nell’anno precedente non devono superare i 5.000 euro; - il costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, per beni mobili strumentali alla chiusura dell’anno precedente, non deve superare 20.000 euro; - i redditi d’impresa o di lavoro autonomo devono essere prevalenti rispetto a quelli di lavoro dipendente o assimilato eventualmente percepiti. Con riferimento al limite per i beni strumentali, la Relazione illustrativa del Ddl. di stabilità 2015 faceva riferimento al termine “stock”, il che aveva fatto intendere la partecipazione al limite predetto solo dei beni strumentali effettivamente Nel computo del limite sono esclusi i beni immateriali e l’IVA pagata all’atto dell’acquisto A PAGINA 2 A PAGINA 3 INEVIDENZA FISCO “Rinascita” delle società cancellate estesa alle società di persone La Svizzera potrebbe uscire presto dalla “black list” del DM 23 gennaio 2002 Prima casa con IVA al 4% anche se il compromesso è per l’immobile di lusso Modulo RW con esonero sopra i 15.000 euro Criticità per le schermature solari tra gli interventi al 65% ALTRENOTIZIE presenti al 31 dicembre dell’anno precedente. Questo aspetto risulta confermato: ai fini dell’accesso/permanenza nel regime, occorre verificare se i soggetti, “alla data di chiusura dell’esercizio precedente, sono in possesso di beni strumentali di costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, non superiore a 20.000 euro”. Tale limite, quindi, è valorizzato in maniera diversa rispetto al precedente regime di vantaggio in cui concorrevano, nell’arco del triennio precedente, tutti gli acquisti di beni strumentali, con irrilevanza delle eventuali alienazioni o dismissioni intervenute nello stesso periodo. Nel limite predetto sono inclusi: - i beni in leasing, che rilevano per il costo sostenuto dal concedente; - i beni in locazione e noleggio, che rilevano per il valore normale dei medesimi determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR (non vengono, quindi, più computati i singoli canoni, come accade nel regime di vantaggio); - i beni in comodato, che rilevano per il valore normale dei medesimi determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR (nel regime di [...] / A PAGINA 10 Esclusione dalla garanzia anche per i “vecchi” rimborsi IVA / Emanuele GRECO L’Agenzia delle Entrate, in risposta ai quesiti del Videoforum organizzato da Italia Oggi il 22 gennaio, ha fornito chiarimenti sull’applicabilità delle nuove regole per l’esecuzione dei rimborsi IVA con riferimento alle istanze presentate prima del 13 dicembre 2014. La stessa Agenzia delle Entrate, nella circ. n. 31/2014, aveva infatti specificato che la disciplina di cui al novellato art. 38-bis del DPR 633/72 si applica anche ai rimborsi in corso di esecuzione alla data di entrata [...] A PAGINA 4 ancora IL CASO DEL GIORNO Con la revocatoria dei pagamenti, debito verso la procedura fallimentare Il relativo credito può essere rilevato in bilancio soltanto dopo l’ammissione al passivo / Silvia LATORRACA Nell’ambito delle procedure concorsuali accade spesso che gli atti compiuti dal debitore insolvente nel periodo antecedente alla data della dichiarazione di fallimento, che incidono sul suo patrimonio a danno della par condicio creditorum, siano revocati mediante la cosiddetta azione revocatoria. Gli effetti di tale strumento sono stati largamente analizzati in relazione alle problematiche di natura giuridica, ma risultano scarsamente affrontati in dottrina in relazione ai profili contabili. In questo contesto si vogliono qui analizzare, in particolare, gli effetti della revoca dei pagamenti, disciplinata dall’art. 67 comma 1 n. 2 e comma 2 L. fall. La citata disposizione stabilisce che sono revocati, tra gli altri: - gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento; - i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. Per effetto della revoca dei pagamenti, il soggetto terzo è tenuto a restituire alla curatela quanto ricevuto. Si ritiene, quindi, che tale soggetto debba rilevare, al momento della sentenza di revoca del pagamento, un debito verso la procedura fallimentare e, in contropartita, una sopravvenienza passiva. Il documento OIC 19 stabilisce, infatti, che: - “i debiti sono passività di natura determinata ed esistenza certa, che rappresentano obbligazioni a pagare ammontari determinati di solito ad una data stabilita”; - “i debiti sorti per ragioni diverse dall’acquisizione di beni e servizi sono rilevati quando esiste l’obbligazione dell’impresa verso la controparte”. Nel caso di specie, la sentenza di revoca del pagamento è elemento sufficiente a determinare l’esistenza dell’obbligazione dell’impresa verso la procedura concorsuale. Peraltro, l’ammontare del debito è già determinato e l’esistenza del debito è certa anche qualora la sentenza di primo grado sia appellata. Sotto questo profilo, la fattispecie sembra differenziarsi rispetto ai debiti soggetti a condizione sospensiva, che, secondo quanto previsto dal documento OIC 19, si caratterizzano per il fatto di non essere ancora certi fino all’avverarsi della condizione e devono essere iscritti tra i fondi rischi / EUTEKNEINFO / LUNEDÌ, 26 GENNAIO 2015 (definiti dal documento OIC 31 come “passività di natura determinata ed esistenza probabile, i cui valori sono stimati” e, quindi, “passività potenziali connesse a situazioni già esistenti alla data di bilancio, ma caratterizzate da uno stato d’incertezza il cui esito dipende dal verificarsi o meno di uno o più eventi in futuro”) se ricorrono le condizioni per la loro rilevazione, fornendo adeguata informativa in Nota integrativa. L’art. 70 comma 2 L. fall. stabilisce, poi, che colui che, per effetto dell’azione revocatoria, ha restituito quanto aveva ricevuto è ammesso al passivo fallimentare per il suo eventuale credito. Peraltro, l’ammissione al passivo può avvenire soltanto previa insinuazione del legittimato. Per quanto detto, si ritiene che la società creditrice possa rilevare il credito verso la procedura fallimentare soltanto a seguito dell’insinuazione al passivo. In contropartita, occorrerà, in questo caso, rilevare una sopravvenienza attiva. In ordine ai profili valutativi, il credito in esame dovrà essere iscritto secondo il valore presumibile di realizzazione, secondo le regole ordinarie previste dall’art. 2426 comma 1 n. 8 c.c. Il valore nominale del credito dovrà, quindi, essere rettificato tramite un fondo svalutazione per tenere conto della possibilità che il debitore non adempia integralmente ai propri impegni contrattuali (documento OIC 15). Il relativo componente di reddito dovrà essere rilevato nella voce B.10.d del Conto economico, stante la sua natura valutativa. Soltanto a seguito del riconoscimento giudiziale inferiore al valore del credito (conseguente alla chiusura della procedura fallimentare), quest’ultimo potrà essere stornato contabilmente, con la rilevazione di una perdita realizzata su crediti (da rilevare nella voce B.14 del Conto economico), previo utilizzo dell’eventuale fondo svalutazione crediti. Infine, come già evidenziato su Eutekne.info (si veda “In presenza di crediti verso il fallito, valore da verificare” del 3 aprile 2013), la quantificazione del componente di reddito in esame non dovrebbe essere influenzata da ragioni di carattere fiscale, che inducono a svalutare integralmente il credito verso un soggetto fallito già nell’esercizio di apertura del fallimento, ma dovrebbe invece essere guidata dall’osservanza dei principi civilistici, improntati al presumibile valore di realizzo. / 02 ancora FISCO Nel nuovo regime agevolato, beni strumentali al netto dell’IVA Nel computo del limite sono esclusi i beni immateriali e l’IVA pagata all’atto dell’acquisto / Paola RIVETTI Nuovo regime fiscale agevolato per autonomi sotto la lente dell’Amministrazione finanziaria: l’Agenzia delle Entrate, infatti, ha fornito indicazioni al riguardo, con particolare riferimento ai criteri di computo del limite per i beni strumentali, in risposta ai quesiti del Videoforum organizzato da Italia Oggi il 22 gennaio 2015. Si ricorda che, per accedere al nuovo regime: - i ricavi/compensi relativi all’anno precedente non devono eccedere determinati limiti (da 15.000 a 40.000 euro); - le spese per lavoro dipendente sostenute nell’anno precedente non devono superare i 5.000 euro; - il costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, per beni mobili strumentali alla chiusura dell’anno precedente, non deve superare 20.000 euro; - i redditi d’impresa o di lavoro autonomo devono essere prevalenti rispetto a quelli di lavoro dipendente o assimilato eventualmente percepiti. Con riferimento al limite per i beni strumentali, la Relazione illustrativa del Ddl. di stabilità 2015 faceva riferimento al termine “stock”, il che aveva fatto intendere la partecipazione al limite predetto solo dei beni strumentali effettivamente presenti al 31 dicembre dell’anno precedente. Questo aspetto risulta confermato: ai fini dell’accesso/permanenza nel regime, occorre verificare se i soggetti, “alla data di chiusura dell’esercizio precedente, sono in possesso di beni strumentali di costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, non superiore a 20.000 euro”. Tale limite, quindi, è valorizzato in maniera diversa rispetto al precedente regime di vantaggio in cui concorrevano, nell’arco del triennio precedente, tutti gli acquisti di beni strumentali, con irrilevanza delle eventuali alienazioni o dismissioni intervenute nello stesso periodo. Nel limite predetto sono inclusi: - i beni in leasing, che rilevano per il costo sostenuto dal concedente; / EUTEKNEINFO / LUNEDÌ, 26 GENNAIO 2015 - i beni in locazione e noleggio, che rilevano per il valore normale dei medesimi determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR (non vengono, quindi, più computati i singoli canoni, come accade nel regime di vantaggio); - i beni in comodato, che rilevano per il valore normale dei medesimi determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR (nel regime di vantaggio, invece, tali beni sono irrilevanti); - il 50% dei beni, detenuti in regime d’impresa, di arte o professione, utilizzati promiscuamente per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione e per l’uso personale o familiare del contribuente (la Relazione illustrativa ha indicato che tale previsione riguarda anche i beni a deducibilità limitata, come mezzi di trasporto e telefonia). Nel limite predetto sono, invece, esclusi: - i beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro; - gli immobili, comunque acquisiti, utilizzati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione. Beni immateriali esclusi Tra le voci escluse dal limite di 20.000 euro vanno anche annoverati – analogamente al regime di vantaggio – “i costi riferibili ad attività immateriali, come quello sostenuto per l’avviamento o altri elementi immateriali comunque riferibili all’attività, che non si caratterizzano per il loro concreto utilizzo nell’ambito dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo”. Ulteriore conferma riguarda l’esclusione dal limite suddetto dell’IVA addebitata sull’acquisto del bene: sia in fase di accesso al regime forfetario che durante la sua applicazione, il rispetto del limite degli acquisti di beni strumentali va verificato con riferimento al costo sostenuto al netto dell’IVA, anche se non è stato esercitato il diritto di detrazione. Rileva, quindi, il solo corrispettivo dell’operazione. / 03 ancora FISCO Esclusione dalla garanzia anche per i “vecchi” rimborsi IVA L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che è possibile apporre il visto di conformità anche oltre 90 giorni dalla presentazione della dichiarazione / Emanuele GRECO L’Agenzia delle Entrate, in risposta ai quesiti del Videoforum organizzato da Italia Oggi il 22 gennaio, ha fornito chiarimenti sull’applicabilità delle nuove regole per l’esecuzione dei rimborsi IVA con riferimento alle istanze presentate prima del 13 dicembre 2014. La stessa Agenzia delle Entrate, nella circ. n. 31/2014, aveva infatti specificato che la disciplina di cui al novellato art. 38-bis del DPR 633/72 si applica anche ai rimborsi in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del DLgs. 175/2014 (vale a dire, appunto, il 13 dicembre 2014), fatti salvi i casi in cui la procedura di erogazione del rimborso si sia conclusa. Per le istanze di rimborso di importo inferiore a 15.000 euro, già presentate alla data del 13 dicembre 2014, non è più necessaria alcuna formalità specifica. Per cui, il contribuente che non avesse provveduto a prestare la garanzia, non è tenuto ad alcun adempimento ai fini dell’esecuzione del rimborso. I dubbi degli operatori si sono concentrati sui rimborsi di importo superiore a 15.000 euro. Infatti, per la loro esecuzione, in seguito alle novità di cui al DLgs. 175/2014, in alternativa alla garanzia, viene richiesta l’apposizione del visto di conformità sull’istanza oppure la sottoscrizione alternativa da parte dei revisori contabili, accompagnate dalla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà attestante che il contribuente non rientra nelle situazioni “a rischio” (per le quali resta obbligatoria la prestazione della garanzia). Potendosi “sostituire” la garanzia patrimoniale con il visto di conformità o con la sottoscrizione alternativa, per l’esecuzione dei rimborsi annuali di importo superiore ai 15.000 euro, si è posto l’interrogativo sul termine di presentazione della dichiarazione integrativa che consenta di rettificare una precedente richiesta di rimborso IVA. Al riguardo, la circolare Agenzia delle Entrate n. 25/2012 ha chiarito che il contribuente può rettificare l’istanza di rimborso del credito IVA, per utilizzare tale credito in detrazione o compensazione. presentando dichiarazione integrativa entro il termine di cui all’art. 2 comma 8-bis del DPR 322/98 ossia il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo. Nella circolare n. 31/2014, invece, l’Agenzia ha affermato che il contribuente può modificare la scelta effettuata in dichiarazione circa l’utilizzo del credito IVA chiesto a rimborso presentando una dichiarazione integrativa: - entro 90 giorni dalla scadenza del termine, laddove la necessità dell’apposizione del visto di conformità (o della sot/ EUTEKNEINFO / LUNEDÌ, 26 GENNAIO 2015 toscrizione alternativa) discenda dal superamento del limite di 15.000 euro; - anche oltre 90 giorni dalla scadenza del termine, laddove la correzione riguardi esclusivamente la mancata o non regolare apposizione del visto di conformità (o della sottoscrizione alternativa). Secondo quanto chiarito dall’Agenzia nelle risposte ai quesiti in commento, le fattispecie trattate nelle due circolari sono diverse giacché nel primo caso (circ. n. 25/2012) il contribuente richiederebbe la revoca dell’istanza di rimborso presentata al fine di utilizzare il credito in compensazione, mentre nel secondo caso (circ. n. 31/2014) il contribuente intende chiedere a rimborso un ammontare più alto rispetto a quello originariamente chiesto in dichiarazione. Per cui l’Agenzia, nel corso del Videoforum, ha chiarificato le diverse possibilità, giungendo al seguente esito: - nel caso in cui il contribuente intenda chiedere un rimborso più alto rispetto a quello chiesto originariamente, potrà essere presentata una dichiarazione integrativa, eventualmente munita di visto di conformità, entro i 90 giorni dalla presentazione della dichiarazione; - nel caso in cui il contribuente intenda revocare la precedente richiesta di rimborso, potrà essere rettificata la dichiarazione presentando, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, una dichiarazione integrativa; - nel caso in cui il contribuente intenda apporre il visto assente nella dichiarazione originaria, potrà essere presentata la dichiarazione integrativa anche oltre il termine di 90 giorni dalla presentazione della prima dichiarazione. L’Agenzia delle Entrate, inoltre, fornisce un ulteriore chiarimento di interesse per i contribuenti che abbiano presentato istanza di rimborso prima del 13 dicembre 2014 e intendano fruire dell’esonero dalla garanzia (“sostituendola” con il visto di conformità, se l’importo del rimborso supera i 15.000 euro). Diversamente dal contenuto della circolare n. 32/2014, l’Agenzia delle Entrate afferma chiaramente che, per i rimborsi non ancora erogati alla data del 13 dicembre 2014, il contribuente può richiedere la restituzione del documento di garanzia già presentato, in presenza dei presupposti di cui al novellato art. 38-bis del DPR 633/72. Resta fermo che le garanzie prestate in corso di validità non possano essere restituite nell’ipotesi in cui i rimborsi siano già stati erogati (o, comunque, la procedura di erogazione si sia conclusa) alla data del 13 dicembre 2014. / 04 ancora FISCO “Rinascita” delle società cancellate estesa alle società di persone L’Agenzia delle Entrate conferma che il liquidatore, nel soddisfare i creditori, deve riferirsi all’art. 2777 del codice civile / Alfio CISSELLO Nel corso del Videoforum organizzato da Italia Oggi il 22 gennaio 2015, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata su alcune questioni disciplinate dal DLgs. 175/2014, relative all’effetto, ai fini fiscali e contributivi, della cancellazione delle società dal Registro delle imprese, nonché alla responsabilità dei liquidatori di soggetti IRES, prevista dall’art. 36 del DPR 602/73. Si ricorda che, per effetto dell’art. 28 comma 4 del DLgs. 175/2014, gli effetti dell’art. 2495 c.c. ai fini degli atti di liquidazione, accertamento, riscossione e del contenzioso relativi a tributi e contributi, sono sospesi per un periodo di cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro imprese. Per questa ragione, sono validi ad esempio gli atti impositivi intestati e notificati al soggetto estinto, così come gli appelli da questi proposti o ricevuti. Viene ribadita la presa di posizione della circolare n. 31/2014, contenuta nel paragrafo 19.2, ove era stato chiarito che ciò, avendo natura procedimentale, è applicabile retroattivamente, ferma restando la preclusione derivante da eventuali decadenze nel frattempo intervenute. Con grande sorpresa, l’art. 28 richiamato si ritiene possa essere esteso al caso delle società di persone, sebbene tale norma faccia espresso riferimento al solo art. 2495, e non pure all’art. 2312 c.c., concernente il caso delle società di persone. Vero è che le Sezioni Unite (sentenze nn. 4060/2010 e 6070/2013) hanno affermato che l’effetto estintivo derivante dalla cancellazione opera anche in merito alle società personali, ma è indubbio che l’art. 28 in oggetto sia espressione di una norma a carattere eccezionale, e, in quanto tale, non può essere interpretata analogicamente. Ad ogni modo, la sostenuta retroattività, in varie ipotesi, non cambia di molto la situazione, visto che i soci di società personali sono, in linea generale, responsabili illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali, quindi, se ad / EUTEKNEINFO / LUNEDÌ, 26 GENNAIO 2015 esempio la società è cancellata dal Registro imprese, è legittima l’emissione per l’intero debito di un atto impositivo motivato nei confronti del socio, così come questi ha sempre l’interesse a riassumere il processo quando l’estinzione è avvenuta a contenzioso instaurato. È palese che, forte di questa opinione, il difensore che, prima del DLgs. 175/2014, abbia presentato appello per conto di una società di persone ormai estinta, possa validamente confutare un’eventuale eccezione di inammissibilità del medesimo, per cui non sempre questa interpretazione va a favore del Fisco. Ribadita la retroattività della norma Detto tanto, gli altri chiarimenti riguardano l’art. 36 del DPR 602/73, anch’esso modificato dal DLgs. 175/2014. Per prima cosa, rammentiamo che la responsabilità dei liquidatori di soggetti IRES opera adesso per tutti i tributi, e che spetta al liquidatore dimostrare, in caso di accertamento, di aver gestito la fase liquidatoria senza aver onorato creditori di ordine inferiore all’ente impositore e di non aver assegnato beni ai soci in presenza di debiti tributari. Nel corso del Videoforum, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che il liquidatore, per non incorrere nella responsabilità ex art. 36 del DPR 602/73, deve osservare, nel soddisfacimento dei creditori, la graduazione stabilita dal codice civile, quindi c’è un implicito riferimento, principalmente, all’art. 2777 c.c. Trattasi di un chiarimento importante, anche se potrebbe apparire scontato. Infine, si evidenzia che i soci di società di capitali rispondono ai sensi dell’art. 36 del DPR 602/73 se, nel corso della fase di liquidazione o nei due anni antecedenti la medesima, hanno ricevuto in assegnazione beni sociali, e tra questi deve essere ricompreso pure il denaro. / 05 ancora FISCO La Svizzera potrebbe uscire presto dalla “black list” del DM 23 gennaio 2002 La road map tracciata dal MEF prevede l’esclusione per gli Stati che hanno con l’Italia un accordo per lo scambio di informazioni / Gianluca ODETTO Nella road map che è stata profilata dal Ministero dell’Economia con il comunicato stampa del 16 gennaio 2015, che ha annunciato l’accordo per lo scambio di informazioni con la Svizzera, il Ministero stesso ha rivelato che una delle misure ulteriori che verranno prese una volta che l’accordo risulterà pienamente operativo sarà l’esclusione della Confederazione Elvetica dalle black list dell’ordinamento nazionale che contemplano, quale unico parametro, la sussistenza o meno dello scambio di dati ai fini fiscali. Così stando le cose, è plausibile che la Svizzera possa essere a breve tolta dalla black list di cui al DM 23 gennaio 2002, la quale individua gli Stati o territori rilevanti ai fini della disciplina dell’art. 110 comma 10 del TUIR. La norma impone agli operatori nazionali di segnalare nel modello UNICO, attraverso apposite variazioni in aumento e in diminuzione, i costi derivanti da operazioni effettuate con imprese e professionisti residenti o localizzati in tali Stati; mentre la variazione in aumento è sempre obbligatoria, la variazione in diminuzione deve essere operata nel momento in cui l’impresa è in grado di dimostrare la sussistenza di almeno una delle esimenti previste dall’art. 110 comma 11 (svolgimento, da parte della controparte estera, di una effettiva attività industriale o commerciale, ovvero effettivo interesse economico e concreta esecuzione dell’operazione). Allo stato attuale, la Svizzera risulta presente nel DM 23 gennaio 2002 limitatamente alle società non soggette alle imposte municipali e cantonali. Si tratta di un’impostazione coerente con quelli che erano i parametri all’epoca utilizzati per configurare la lista (basso livello fiscale ed assenza di uno scambio di informazioni), e che tuttora impone oneri maggiormente estesi alle imprese italiane quando la controparte è un’impresa svizzera. Se, infatti, non si intende segnalare in modo separato nel modello UNICO i costi derivanti dalle operazioni con un’impresa svizzera, occorre richiedere alla stessa apposita documentazione che attesti la soggezione alle imposte locali, fatto che non rappresenta la norma nell’ambito delle ordinarie relazioni commerciali (tale richiesta, infatti, ha una sua piena logica per la disapplicazione della disciplina CFC, nella quale l’impresa italiana e quella svizzera sono legate da un rapporto di controllo, mentre nella disciplina prevista dall’art. 110 comma 10 del TUIR tale rapporto non sussiste). Si assiste, quindi, in molti casi all’indicazione separata dei costi nel modello UNICO anche se la controparte è pienamente soggetta alle imposte locali, in quanto si preferisce / EUTEKNEINFO / LUNEDÌ, 26 GENNAIO 2015 non avere “imbarazzi” nelle relazioni commerciali che potrebbero derivare dalla richiesta di dati quale l’effettiva fiscalità della società estera. Esclusione coerente con le novità della L. 190/2014 Va ricordato che, con le modifiche della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015), è stata prevista una revisione della black list di cui al DM 23 gennaio 2002 avendo riguardo al solo parametro della sussistenza o meno dello scambio di informazioni: questo significa che nella nuova lista non saranno più considerati “paradisi fiscali” – a questi specifici fini – Stati anche con un basso livello di fiscalità, se però le relative Amministrazioni hanno un accordo per lo scambio di informazioni (sotto forma di TIEA o di clausola convenzionale conforme all’art. 26 del modello OCSE) con quella italiana. Sotto questo profilo, quindi, le anticipazioni del Ministero risultano coerenti con la novità legislativa in commento: avendo nel prossimo futuro la Svizzera un accordo per lo scambio di informazioni firmato e ratificato con tutte le formalità di rito, non si giustificherebbe più la presenza della Confederazione Elvetica nella black list, neanche con riferimento alle imprese che godono di regimi fiscali agevolati. Va sul punto ricordato che il comunicato del Ministero afferma espressamente quanto segue: “quando gli attuali regimi fiscali privilegiati svizzeri saranno aboliti o resi conformi con gli standard internazionali, saranno rimossi dalle liste italiane”; trattasi di un riferimento che, ad una prima lettura, dovrebbe però riguardare la black list CFC (la quale, anche a seguito delle modifiche della legge di stabilità 2015, penalizzerà i regimi fiscali privilegiati), e non la black list “costi”, per la quale l’esclusione dovrebbe essere incondizionata. Tracciata la rotta, rimane solo l’incognita dei tempi: l’attuale assetto delle black list risale ad un periodo di tempo compreso tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, e si può dire che in questo quindicennio le modifiche sono sempre state caratterizzate da tempi piuttosto lunghi, in special modo per le giurisdizioni caratterizzate da rapporti “altalenanti” con l’Italia (un caso per tutti, San Marino). L’impressione che, però, trapela è quella per cui nel caso della Svizzera si voglia marciare con altro passo, arrivando in tempi brevi ad una “normalizzazione” completa dei rapporti, che l’esclusione dalle black list faciliterebbe oltremodo. / 06 ancora FISCO Prima casa con IVA al 4% anche se il compromesso è per l’immobile di lusso Per effetto della modifica introdotta dal DLgs. 175/2014, è possibile rettificare le relative fatture mediante variazione in diminuzione / Alessandro BORGOGLIO Con l’art. 33 del DLgs. 175/2014, il legislatore ha finalmente posto rimedio al disallineamento tra la disciplina IVA e quella del Registro ai fini dell’applicazione dell’agevolazione “prima casa”, venutasi a creare a seguito dell’entrata in vigore, a decorrere dal 1° gennaio 2014, delle disposizioni di cui al DLgs. 23/2011, che hanno riformato la tassazione sui trasferimenti immobiliari. In particolare, l’art. 10 del DLgs. 23/2011, intervenendo sul primo comma dell’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al DPR 131/1986, ha previsto l’applicazione, dal 1° gennaio 2014, dell’imposta di Registro nella misura del 2% per gli atti di trasferimento di “case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis)”, laddove la formulazione previgente si riferiva, invece, alle “case di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, ... ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis)”. Il legislatore, però, non è contestualmente intervenuto sul decreto IVA, al fine di rimuovere anche in esso il riferimento alle case “non di lusso”, sostituendolo con quello relativo alle case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9. Pertanto, al punto 21) della Tabella A, Parte II, allegata al DPR 633/1972, era rimasta la previsione dell’IVA agevolata al 4% per i trasferimenti di “case di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969 ... ancorché non ultimate, purché permanga l’originaria destinazione, in presenza delle condizioni di cui alla nota II-bis)”. Solo con l’art. 33 del DLgs. 175/2014 è stata modificata la formulazione del predetto punto 21), espungendo il riferimento alle case non di lusso e al DM del 1969, inserendo invece quello alle case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9. Quest’ultima modifica normativa è entrata in vigore il 13 dicembre scorso. L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 31/2014 (§ 24.1), ha chiarito che, pertanto, a decorrere dalla predetta data, in sede di stipula dell’atto di trasferimento o di costituzione del diritto reale sull’abitazione per il quale si intende fruire dell’aliquota IVA del 4%, deve essere dichiarata la classificazione o la classificabilità catastale dell’immobile nelle categorie che possono beneficiare del regime di favore, oltre all’attestazione della sussistenza delle ulteriori condizioni prescritte per usufruire dell’agevolazione. Stante il disallineamento perdurato fino al 12 dicembre / EUTEKNEINFO / LUNEDÌ, 26 GENNAIO 2015 2014 tra le due discipline – IVA e Registro – della medesima fattispecie agevolativa, si pone il problema di coloro che, in sede di stipula del contratto preliminare di acquisto avvenuto entro quest’ultima data, abbiano considerato l’immobile di lusso, sussistendo i requisiti previsti dal DM 2 agosto 1969 e, pertanto, il venditore abbia emesso la fattura per l’acconto ad un’aliquota superiore rispetto a quella agevolata del 4% prevista per la prima casa, pur in presenza di tutti gli altri requisiti previsti e soprattutto in presenza di una delle categorie catastali agevolabili, ai fini della nuova normativa: abitazioni di tipo civile (cat. A/2), abitazioni di tipo economico (cat. A/3), abitazioni di tipo popolare (cat. A/4), abitazioni di tipo ultrapopolare (cat. A/5), abitazioni di tipo rurale (cat. A/6), abitazioni in villini (cat. A/7), abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi (cat. A/11). L’Agenzia delle Entrate, sempre con il predetto documento di prassi, ha chiarito che, qualora in sede di stipula di contratto preliminare di vendita sia stata effettuata la classificazione dell’abitazione come immobile “di lusso” ai sensi del decreto del 2 agosto 1969, con la conseguente applicazione dell’imposta agli acconti sul prezzo di compravendita con un’aliquota superiore al 4%, è possibile rettificare le relative fatture mediante variazione in diminuzione, ai sensi dell’art. 26 del DPR 633/1972, al fine di applicare l’aliquota IVA del 4% sull’intero corrispettivo dovuto (cfr. ris. n. 187/2000). Non c’è rimedio se è stato stipulato anche l’atto notarile Naturalmente, invece, se, oltre al compromesso, anche l’atto notarile è già stato stipulato (dopo le modifiche del DLgs. 175/2014, ovvero dal 13 dicembre scorso) e in tale sede non è stata richiesta l’agevolazione “prima casa”, nell’errato convincimento di non averne diritto in quanto l’immobile possedeva le caratteristiche di lusso ex DM 2 agosto 1969, pur rientrando nelle categorie catastali agevolabili secondo la nuova disciplina, non è comunque più esperibile alcun rimedio, atteso che la predetta nota II-bis) richiede, ai fini dell’accesso agevolazione, che il contribuente renda in atto le dichiarazioni ivi previste se intende, appunto, fruire di tale beneficio fiscale (trasferimento della residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile; impossidenza di altro immobile nello stesso comune; impossidenza di altro immobile acquistato con la medesima agevolazione). / 07 ancora FISCO Modulo RW con esonero sopra i 15.000 euro Il limite si applica a depositi e conti correnti esteri che complessivamente non superano tale ammontare nel corso del periodo d’imposta / Salvatore SANNA Con l’art. 2 della L. 186/2014, è stato incrementato il limite quantitativo che consente di beneficiare dell’esonero dalla compilazione del modulo RW per i conti correnti e i depositi bancari esteri. In particolare, attraverso l’integrazione dell’art. 4 del DL 167/90, è stato previsto che vengono meno gli obblighi di monitoraggio fiscale per i depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero il cui valore massimo complessivo raggiunto nel corso del periodo di imposta non sia superiore a 15.000 euro. Fino al 31 dicembre 2014, invece, il limite era pari a 10.000 euro. Per ragioni di semplificazione, si è auspicato da più parti che fosse introdotta una soglia di 15.000 euro identica a quella prevista dalla disciplina sull’antiriciclaggio. Ad ogni modo, resta ferma l’assenza di una soglia per le attività estere diverse dai depositi e dai conti correnti. Per gli immobili e le altre attività finanziarie estere, dovranno essere indicate tutte le consistenze possedute direttamente o indirettamente a prescindere dal loro ammontare. Si citano, ad esempio: - le partecipazioni al capitale o al patrimonio di soggetti non residenti (ad esempio, società estere, entità giuridiche quali fondazioni estere e trust esteri); - le obbligazioni estere e i titoli similari, i titoli pubblici italiani e i titoli equiparati emessi all’estero, i titoli non rappresentativi di merce e certificati di massa emessi da non residenti (comprese le quote di OICR esteri); - i contratti di natura finanziaria stipulati con controparti non residenti, tra cui finanziamenti, riporti, pronti contro termine e prestito titoli, nonché polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione stipulate con compagnie di assicurazione estere. Si ricorda che la compilazione del modulo RW non è richiesta in caso di attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, a condizione che i flussi finanziari e redditi derivanti da tali attività siano stati assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi. Passando all’analisi della “nuova” soglia di 15.000 euro relativa ai depositi e ai conti correnti bancari, essa sembrerebbe / EUTEKNEINFO / LUNEDÌ, 26 GENNAIO 2015 applicarsi all’ammontare complessivo dei conti detenuti all’estero. Di conseguenza, laddove si detenessero due conti correnti, per ipotesi, il primo negli Stati Uniti e il secondo in Brasile, rispettivamente con depositi pari a 9.000 e 7.000 euro, essi dovrebbero essere indicati entrambi nel modulo RW. Potrebbe accadere, tuttavia, che le semplificazioni in argomento vengano vanificate dalle disposizioni in materia di IVAFE. Quest’ultima imposta, infatti, deve essere liquidata all’interno del modulo RW per i conti correnti con giacenza fissa superiore a 5.000 euro; si verrebbe a creare, quindi, un complesso coordinamento tra la disciplina sul monitoraggio fiscale e quella dell’IVAFE. L’IVAFE è indipendente dal monitoraggio fiscale Ad esempio, si ipotizzano: - 7 conti correnti aventi ciascuno giacenza media di 3.000 euro: essi non scontano l’IVAFE, ma dovrebbero essere indicati nel modulo RW in applicazione della disciplina sul monitoraggio fiscale; - oppure un conto corrente con giacenza media di 9.000 euro che non supera mai i 15.000 euro nel corso del periodo di imposta: esso deve essere indicato nel modulo RW per liquidare l’IVAFE pari a 34 euro, ma sarebbe esonerato dagli adempimenti in materia di monitoraggio fiscale. Per questo motivo, considerato che nel mese di gennaio viene approvato il modello UNICO 2015, potrebbe essere opportuno introdurre nuovamente un quadro apposito (o una sezione apposita del modulo RW) per liquidare l’IVIE e l’IVAFE. Un tema importante sull’introduzione della nuova soglia di 15.000 euro è poi quello della decorrenza. L’incremento della soglia entra in vigore nel 2015, per cui non è chiaro se possa essere già applicabile (come si auspica) in sede di presentazione di UNICO 2015 oppure occorre attendere UNICO 2016. In merito, si segnala che attualmente le bozze del modello UNICO 2015 ENC riportano ancora la “vecchia” soglia di 10.000 euro. / 08 ancora FISCO Criticità per le schermature solari tra gli interventi al 65% Le solleva l’UNICMI in riferimento alla novità introdotta dalla legge di stabilità 2015 / Arianna ZENI Gli interventi per i quali è possibile beneficiare della detrazione IRPEF/IRES sono quelli definiti perlopiù dall’art. 1, commi 344-347 della L. n. 296/2006. In aggiunta, l’art. 1, comma 47, lett. a) della L. n. 190/2014 (legge di stabilità 2015) ha esteso l’agevolazione, nella misura del 65%, alle spese documentate e rimaste a carico del contribuente: - per l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari di cui all’Allegato M al DLgs. 29 dicembre 2006 n. 311; - sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015; - fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro. Tale fattispecie agevolabile è del tutto nuova. In base alla definizione contenuta nella L. 311/206 la schermatura solare è un sistema che “applicato all’esterno di una superficie vetrata trasparente permette una modulazione variabile e controllata dei parametrici energetici e ottico luminosi in risposta alle sollecitazioni solari”. Come previsto dal citato Allegato M, inoltre, rientrano tra le schermature solari quelle rispondenti alle normative UNI e CEN: - “UNI EN 13561 Tende esterne requisiti prestazionali compresa la sicurezza (in obbligatorietà della marcatura (CE)“ (in altre parole si tratta delle tende esterne da sole con marchiatura obbligatoria CE e certificate UNI EN 13561. Si veda “Detrazione del 65% per schermature solari e impianti a biomasse” del 14 gennaio 2015);. - “UNI EN 13659 Chiusure oscuranti requisiti prestazionali compresa la sicurezza (in obbligatorietà della marcatura (CE)“; - “UNI EN 14501 Benessere termico e visivo caratteristiche”; - “UNI EN 13363.01 Dispositivi di protezione solare in combinazione con vetrate; calcolo della trasmittanza totale e luminosa, metodo di calcolo semplificato”; - “UNI EN 13363.02 Dispositivi di protezione solare in combinazione con vetrate; calcolo della trasmittanza totale e luminosa, metodo di calcolo dettagliato”. In altre parole, sono detraibili le spese sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015 per “tende esterne, chiusure oscuranti, dispositivi di protezione solare in combinazione con vetrate, e in generale le schermature” (in tal senso la Guida ENEA di gennaio 2015 “Efficienza energetica: da ENEA novità su ecobonus e scadenze per imprese e PA”). Sulla questione, l’Unione Nazionale delle Industrie delle Co- / EUTEKNEINFO / LUNEDÌ, 26 GENNAIO 2015 struzioni Metalliche dell’Involucro e dei serramenti (UNICMI), con una lettera inviata il 14 gennaio 2015 al Ministro delle Infrastrutture e trasporti, al Viceministro dell’Economia e finanze, al Viceministro dello Sviluppo economico, al direttore dell’Agenzia delle Entrate e al responsabile della riqualificazione energetica degli edifici di ENEA ha evidenziato che la detrazione del 65% per le schermature solari è “puramente teorica poiché ancora non sono note la procedura operativa da seguire ed eventuali condizioni tecnico-fiscali all’accesso al beneficio fiscale”. L’UNICMI chiede, in particolare, che siano chiariti due aspetti della novità introdotta dalla L. n. 190/2014: - la tipologia di intervento in cui si configura l’installazione delle schermature solari: dalla lettura dell’art. 1, comma 47 della citata legge (testualmente, il citato comma 47 n. 2) stabilisce che la detrazione si applica “per l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari (…)”) sembrerebbe che sia detraibile anche l’installazione ex novo delle schermature solari e non solamente la sostituzione di quelle esistenti, così come già previsto per i pannelli solari; - quali prodotti assimilabili come chiusure oscuranti, ovvero persiane/tapparelle/scuri, regolamentati dalla norma tecnica europea UNI EN 13569, possono beneficiare della detrazione del 65%. Prima dell’intervento ad opera della L. n. 190/2014, infatti, detti interventi potevano fruire della detrazione fiscale in questione soltanto se sostituiti unitamente ai serramenti (finestre/portefinestre/porte). Si tratta di quelle schermature solari che assolvono una duplice funzione: di protezione dall’irraggiamento solare e di isolamento termico dei serramenti. Il richiamo all’allegato M del DLgs. 29 dicembre 2006 n. 311 farebbe presupporre che anche questi prodotti possano ora rientrate fra gli interventi agevolati al 65% indipendentemente dalla sostituzione dei serramenti. Sempre l’UNICMI, sul proprio sito internet, si pone alcune domande: se ci saranno dei limiti prestazionali che le schermature solari dovranno rispettare al fine di beneficiare delle detrazioni e se per ottenerle sarà possibile adottare una procedura semplificata (come per esempio per le finestre su singola unità immobiliare, i pannelli solari e le caldaie). Alla luce delle criticità sopra esposte si auspica che siano forniti al più presto chiarimenti ufficiali al fine di rendere operativa l’agevolazione in commento. / 09 ancora LAVORO & PREVIDENZA Per l’invio del prospetto informativo disabili c’è tempo fino al 31 gennaio L’adempimento riguarda i datori di lavoro con più di 15 dipendenti costituenti base di computo per le quote di riserva / Luca MAMONE Il prossimo 31 gennaio scadrà il termine entro il quale i datori di lavoro pubblici e privati con più di 15 dipendenti costituenti “base di computo” ex L. 68/99 – ossia rientranti nella base occupazionale rilevante ai fini del calcolo della quota di assunzioni da riservare ai lavoratori con disabilità – dovranno inviare, al Servizio competente per territorio, il Prospetto Informativo disabili riferito al 2014. Con tale adempimento, previsto dal comma 6 dell’art. 9 della L. 68/99 e disciplinato dal DM 2 novembre 2010, il datore di lavoro rende nota la propria situazione occupazionale al 31 dicembre 2014, rispetto agli obblighi di assunzione di personale disabile e/o appartenente alle altre categorie protette. In particolare, nella comunicazione si deve indicare il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero e i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva destinata ai soggetti disabili ai sensi dell’art. 3 della L. 68/99, nonché i posti di lavoro e le mansioni loro disponibili. Sul punto, è bene ricordare che l’adempimento in questione non deve necessariamente essere effettuato tutti gli anni ma solo qualora, rispetto all’ultimo invio, vi siano stati cambiamenti nella situazione occupazionale tali da modificare l’obbligo o da incidere sul computo della quota di riserva. Le modalità di invio previste sono esclusivamente telematiche, così come previsto dall’art. 40, comma 4 del DL 112/2008, pertanto l’eventuale presentazione con modalità o strumenti diversi sarà considerato come mancato adempimento. In generale, si ricorda che, in caso di inadempimento, l’art. 15, comma 1 della L. 68/99 prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria di importo pari a 635,11 euro, maggiorata di 30,76 euro per ogni giorno di ritardo. Modalità di invio esclusivamente telematiche Per poter effettuare l’invio on line del prospetto informativo – tramite il portale www.cliclavoro.gov.it – è necessario accreditarsi con le modalità indicate da ciascuna Regione e Provincia Autonoma di riferimento. Possono provvedere all’invio direttamente i datori di lavoro privati o pubblici (anche a mezzo di propri dipendenti), oppure una serie di in- termediari abilitati, quali: i consulenti del lavoro; i dottori commercialisti; i ragionieri e periti commerciali; gli avvocati e procuratori legali; i servizi istituiti dalle associazioni di categoria delle imprese artigiane e agricole, nonché delle piccole imprese, anche in forma cooperativa; le altre associazioni di categoria dei datori di lavoro; le agenzie per il lavoro; i consorzi e gruppi di imprese. Con riferimento ai datori di lavoro che adempiono all’obbligo direttamente, si precisa che quelli aventi la sede legale e le unità produttive ubicate in un’unica Regione o Provincia autonoma devono utilizzare il servizio informatico da questa messo a disposizione. Invece, in caso di unità produttive ubicate diverse Regioni (o Province Autonome), l’invio andrà fatto presso il servizio informatico ove è ubicata la sede legale dell’azienda. Nel caso di un gruppo di imprese, la regola di invio segue quella dell’azienda capogruppo. Infine, se l’invio avviene tramite un intermediario, si deve far riferimento al servizio informatico dove è ubicata la sede legale dell’intermediario. Una volta avvenuto l’accreditamento, si potrà effettuare l’invio compilando il modulo on line, mediante l’applicazione messa a disposizione dai servizi informatici presso cui l’utente è abilitato ad operare. In seguito, verrà rilasciata una ricevuta di avvenuta trasmissione, indicante la data e l’ora di ricezione. In relazione a ciò, si precisa che la ricevuta fa fede, salvo prova di falso, per documentare l’adempimento di legge. Infatti, ogni prospetto inviato viene contrassegnato con un codice univoco a livello nazionale che ne consente la puntuale identificazione. Si ricorda, infine, che una volta effettuato l’invio è possibile annullare o rettificare il documento inviato. In pratica, l’annullamento è possibile, per qualsiasi motivo, prima della scadenza del termine stabilito per l’invio dello stesso, mentre l’invio di rettifiche è consentito entro 5 giorni dall’ultimo invio, limitatamente ai dati che non incidono sul riconoscimento del dichiarante, dei lavoratori in forza ai sensi della L. 68/99 e ai dati che non influenzano il calcolo delle “scoperture”. Direttore Responsabile: Michela DAMASCO EUTEKNE.INFO È UNA TESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI TORINO REG. N. 2/2010 DELL'8 FEBBRAIO 2010 Copyright 2015 © EUTEKNE SpA - Via San Pio V 27 - 10125 TORINO
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