STRADE DI CORAGGIO ROUTE NAZIONALE AGESCI 456percorsi,1519azionisulterritorio,ununicotraguardo:ridareforzaesperanzaalPaese scout 34mila sentinelle del mattino, dall’Italia a San Rossore. La costruzione della “Città nuova” parte da qui. Da loro 29 AGOSTO 2014 8 “I o ci sarò perché ho coraggio”: è promessa di partecipazione. “Io ci sono perché ho coraggio”: la promessa, mantenuta, è divenuta testimonianza. Dal fondo rosso al nero, cambia lo slogan su t-shirt e sacche ufficiali dell’ultima Route Nazionale. I coraggiosi sono gli oltre 34mila scout Agesci, rover e scolte (R/S, ragazzi e ragazze di 17-21 anni, riuniti in clan) e i loro capi, confluiti il 6 agosto nel Parco Regionale di San Rossore, alle porte di Pisa, dopo avere camminato (alcuni pedalato) per cinque giorni, zaino e tenda in spalla, lungo 456 percorsi disegnati su strade e sentieri d’Italia, dalle Alpi agli Appennini, isole comprese. Oltre 1500 unità, gemellate in media a gruppi di tre (combinando province molto distanti), e con una rappresentanza simbolica dello scautismo estero, non solo cristiano e cattolico: circa 100 da 11 paesi, fra Europa, Asia e Africa. Oltre il 90% degli R/S Agesci era là. Tra loro, 14 dei 15 clan parmensi. Sforzo fisico concentrato dall’1 al 5 agosto, ma quello di cuore e mente è cominciato almeno un anno prima, imboccando insieme una “Strada di Coraggio” fra le cinque proposte dall’associazione; cinque modi di andare oggi controcorrente: il coraggio di amare, di essere Chiesa, di farsi ultimi, di essere cittadini, di liberare il futuro. Ad ogni clan il suo coraggio, acquistato, messo all’opera e raccontato al mondo, reale e online. Lo spazio qui a disposizione è nulla; consigliamo un giro sul blog stradedicoraggio.it e su camminiamoinsieme.agesci.org. Per farsi un’idea. In risposta alla crisi che ha gettato molti in uno stato di quieta disperazione, gli R/S di San Rossore sono scesi in strada e nelle piazze, protagonisti sul proprio territorio per cambiare in meglio il futuro prossimo e conquistarsi una voce in capitolo. Ecco, il capitolo: banco di prova preferito in clan per coniugare pensiero e azione. Osservare, dedurre, agire. Analizzare la situazione, trarre conclusioni, elaborare un progetto e realizzarlo. Un clan ha affrontato il fenomeno della prostituzione e un altro quello della violenza sulle donne; hanno dialogato con le vittime e chi le soccorre aprendo loro nuove prospettive di vita; uno ha indagato sui danni generati dall’evasione fiscale e ha coinvolto negozianti della zona nella lotta ai disonesti; un altro ha ristrutturato un immobile fatiscente per accogliere persone in situazione di disagio. Un altro ancora ha avvicinato il mondo della disabilità, scoprendo chi è stato capace di (ri)progettarsi la vita partendo da un corpo danneggiato o da sempre diverso dal “normale”. E mille altri clan così. Non paghi, sulle strade di agosto hanno ricordato o incontrato i coraggiosi di ieri e di oggi: i partigiani sulla Linea Gotica, San Francesco su La Verna, don Milani a Barbiana, i coltivatori sui CAMPO DEL FUTURO • Tardo pomeriggio di giovedì 7 agosto. Nell’immensa spianata adiacente il Quartiere della Fedeltà, la cerimonia inaugurale della Route. I rover e le scolte, dopo il saluto dei quadri Agesci e delle autorità, cantano “Strade di coraggio”. Durante il ritornello i fazzolettoni si usano così. terreni confiscati alle mafie... Un cartello “One way” (senso unico) che punta a un cuore rosso: il logo dell’evento dice che diverse sono le Strade, ma unica è la Via, Cristo che “fa nuove tutte le cose” (Ap21). “Strade di coraggio... Diritti al futuro!” è il motto. Rover e scolte hanno camminato su quelle Strade “diritti” (in linea retta) verso il futuro; per conquistare “diritti” sul futuro; “diritti” (non a capo chino) di fronte al futuro. E camminando hanno visto che molto, nel mondo e nel Paese, si può e si deve cambiare. Si sono confrontati nelle sedi con i compagni di sempre, e durante il cammino con quelli accostati il giorno prima. Hanno vegliato con lo spirito della sentinella del mattino (“Sentinella, quanto resta della notte?”, Is21). Hanno capito che il vero cambiamento parte dal basso, e che per propagarlo e ufficializzarlo occorre buttarsi in politica. Lo hanno fatto: in ogni Route regionale è stato eletto un “alfiere”. A San Rossore 456 alfieri hanno costituito il Consiglio nazionale R/S, vero parlamento organizzato in commissioni col compito di discutere mozioni e perfezionare i capitoli della Carta del Coraggio, documento nato durante l’anno dai contributi della branca, fatto di “ci impegniamo a...” e “chiediamo che...”, votato il 9 agosto e consegnato il 10 al Governo e al- la Chiesa — al Presidente del Consiglio, Renzi, e della Cei, card. Bagnasco — durante la cerimonia conclusiva della Route. In un tendone viola da circo, la stesura di un manifesto serio. Oltre 1500 anni di attività (uno per clan) e più di un milione di chilometri a piedi (quelli di ragazze e ragazzi) per una Carta che ha l’ambizione di cambiare in meglio l’Italia e il futuro di una generazione che rischia di restare in panchina. O l’esilio. Recitava l’indimentabile prof. Keating de “L’attimo fuggente”: “Che v’è di nuovo in tutto questo? Risposta: Che tu sei qui, che la vita esiste, e l’identità; che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso”. Quale sarà il tuo verso?». Chi dal potente spettacolo di San Rossore è partito (sì, San Rossore è punto di partenza, di non ritorno, “One way”) ha lasciato versi coraggiosi — i media ne parlano —. Forse troppo coraggiosi? Erick Ceresini CARTA DEL CORAGGIO IL CONSIGLIO NAZIONALE CONVOCA GLI AUTORI PER FARE INSIEME DISCERNIMENTO “Ciimpegniamo”e“Chiediamo...” forsetroppo? Ildocumento(nonufficiale)prodottodalparlamentodei456alfierifagiàdiscutere A pprovata all’unanimità, sabato 9 agosto, con il plauso di Matteo Renzi. Il premier è comparso a sorpresa per assistere al «lavoro stupendo» di 456 alfieri capaci di ascolto reciproco, a dispetto di una «politica che parla, parla e non ascolta». Giacomo e Agnese, presidenti del Consiglio nazionale R/S, hanno consegnato la Carta del Coraggio al termine della messa di fine Route. Incisivo dal palco Renzi, ex capo Agesci: «vi prendo sul serio». E chi dice che «siete semplicemente il futuro, ha sbagliato tutto. Voi siete il presente, siete la sfida più grande di questa nazione». La Carta giunge poi al card. Bagnasco — anche lui con un lungo passato Agesci — che vi riconosce «spirito di sacrificio, un lavoro intelligente e audace». Le linee guida della Route piacciono a Papa Francesco, al telefono: «il mondo ha bisogno di giovani coraggiosi su queste Strade, non di giovani in pen- sione. La vita è vostra, fatela fiorire, costruite la “città nuova”, con la verità, la bontà e la bellezza. L’umanità vi guarda». I vertici Agesci (la Capo guida Rosanna Birollo, il Capo scout Giuseppe Finocchietti, i presidenti del Comitato nazionale Marilina Laforgia e Matteo Spanò, gli incaricati nazionali R/S, Elena Bonetti e Sergio Bottiglioni) ricevono la Carta e si fanno carico degli impegni dichiarati. Il primo invito (a tutti) è a praticare lo stesso protagonismo nelle città, in spazi di rilevanza sociale. Il secondo (agli alfieri) è a Bracciano, al Consiglio Generale 2015, per decidere come concretizzare la Carta. Il terzo, lanciato il giorno prima dalla presidente della Camera Boldrini, è a Montecitorio. Bottiglioni dichiara: «non è stato un gioco di ruolo. Qui si è fatta vera politica». Spanò conclude: «la Route ha sancito un patto di fiducia tra adulti e ragazzi; per l’Agesci è una nuova primavera». Incautamente divulgata dal sito del Secolo XIX, la Carta è un documento non ufficiale, redatto da un organo composto da giovani non ancora giunti al termine del percorso educativo scout, e che quindi non hanno ancora definitivamente fatto proprie le scelte della Partenza (di fede, politica, di servizio), né sono tenuti a conoscere Statuto, regolamenti, Patto Associativo e il Magistero della Chiesa. Per questo, prima di diventare operativa, la Carta sarà discussa in Consiglio Generale, il vero parlamento Agesci. Parte degli impegni presi e richiesti, infatti, se attuati porterebbero a un’alterazione dei rapporti con la Chiesa. Gli alfieri, giovani di questo tempo, molti dei quali cattolici sì ma con molti “se... però... anche se...”, e non necessariamente capi di domani, hanno di fatto chiesto profonde riforme costituzionali. Coraggio o incoscienza? (e.c.)
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