09 12 14 Repubblica Ci stiamo comprando mezza prefettura

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la Repubblica MARTEDÌ 9 DICEMBRE 2014
MAFIA CAPITALE
L’inchiesta
“Ci stiamo comprando
mezza prefettura di Roma”
Le manovre della Cupola
Le carte dei pm: Buzzi racconta l’incontro con Gianni Letta
E nelle intercettazioni spunta il sottosegretario Castiglione
MAURO FAVALE
MARIA ELENA VINCENZI
PERSONAGGI
ROMA. Nel “mondo di mezzo” c’è
sempre la persona giusta a cui
chiedere un favore, un aiutino,
una spintarella. Mafia capitale
vantava (o talvolta millantava)
una fittissima rete di contatti ai
quali rivolgersi per seguire passo
passo l’iter di un appalto, per curare gli interessi di un “amico” o
soltanto per acquisire informazioni. Dalla Prefettura al Vicariato passando per il Colle, l’obiettivo dei contatti è sempre lo stesso:
agevolare gli affari della banda
che spesso coinvolgono proprio la
pubblica amministrazione. Come
l’appalto per la gestione del Centro per richiedenti asilo, il Cara di
Castelnuovo di Porto, struttura a
30 chilometri dalla capitale che
può ospitare fino a 650 migranti.
Una pentola d’oro da 20 milioni di
euro.
“SE COMPRAMO LA PREFETTURA”
ARRESTATI
Dall’alto: Massimo
Carminati, 56 anni,
il boss di “mafia
capitale” e i suoi
“soci”, Salvatore
Buzzi, 59 e Luca
Odevaine, 58
ELLEKAPPA
È il 29 gennaio 2014, Massimo
Carminati parla con Salvatore
Buzzi il ras della cooperativa “29
giugno”: «Il Cara si muove?». Con
loro, intercettato da una cimice
ambientale, c’è anche Paolo Di
Ninno, ritenuto dagli investigatori del Ros il direttore finanziario
dell’organizzazione. È lui a intervenire per chiedere: «La prefettura non doveva chiama’ per firmare er coso?». Buzzi fa presente che
c’è un «grosso problema», probabilmente con uno dei contraenti
per una condanna datata 1987 e
relativa a una omessa dichiarazione. Problema che però sarebbe
in via di risoluzione perché (nella
LE INTERCETTAZIONI
Un’immagine tratta dai video delle intercettazioni dei
Ros: Massimo Carminati (a destra) con uno dei “suoi”
sua modalità classica di esprimersi) Buzzi afferma che «se stamo a
compra’ mezza Prefettura».
raro. «Io gliel’ho messo in mano alla Scotto Lavina (Direttore centrale per le politiche dell’immigrazione e dell’asilo, ndr). Lei mi
Odevaine e i rapporti con
il Vicariato: “Abbiamo
deciso di fare un
passaggio molto in alto”
se la situazione — prosegue Odevaine — e Letta interverrà perché
lì il filo c’è, se glielo dice lui si sblocca in un secondo». L’incontro con
l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio va così bene che alle 13.16 Buzzi chiama Mario Schina, ex responsabile decoro del
Campidoglio e gli dice che Letta lo
ha «mandato dal Prefetto. Alle sei
vedo Pecoraro».
ha detto: “È buono, questa roba mi
piace, certo devo senti’ Pecoraro
che un po’ resiste”. Allora gli si può
chiedere a Pecoraro che sbloccas-
Negli atti dell’inchiesta i carabinieri del Ros annotano anche
che tra le varie conoscenze vantate da Buzzi ci sarebbe anche «una
“LETTA CHIAMI PECORARO”
Il fatto che sia in atto una manovra d’accerchiamento a palazzo Valentini lo dimostra un episodio avvenuto due mesi dopo. Buzzi discute con Luca Odevaine, fino
a una settimana fa componente
del coordinamento per i rifugiati
del Viminale, per organizzare un
incontro con Gianni Letta e discutere dei progetti della “29 giugno”
sul Cara bloccati, a loro dire, dal
prefetto di Roma Giuseppe Peco-
“CONOSCENZE AL COLLE”
persona al Quirinale». Un contatto di cui il braccio destro finanziario di Carminati informa il boss.
Grazie a questa persona Buzzi
avrebbe preso informazioni riguardo l’audizione in Prefettura
sul Cara.
“NOVITÀ DAL VICARIATO?”
È per aiutare il costruttore Daniele Pulcini (agli arresti per la vicenda che riguarda la maxi tangente al deputato Pd Marco Di
Stefano) che Odevaine chiede
una mano a Tiziano Zuccolo, camerlengo dell’Arciconfraternita
del Ss. Sacramento e di San Trifo-
Da Londra alle Bahamas, il business internazionale
I VERBALI
CARLO BONINI
FABIO TONACCI
ROMA. Corre un fiume di denaro
nel Mondo di Mezzo. Che in parte si fa affluente della corruzione
e in parte prende la strada delle
piazze off-shore. Svizzera, Liechtenstein e Bahamas, si è scritto
nei giorni scorsi. Ma ora, documenta l’indagine, anche San
Marino e Londra.
Su sollecitazione della Procura, ci lavora anche la Banca d’Italia con la sua “Unità di Intelligence Finanziaria” (Uif). E sono
almeno due i fili che afferra. Il primo porta il nome della “Fidens
Project Finance spa”, una finanziaria di San Marino più volte segnalata e soprattutto indagata
nel procedimento Mafia Capitale, di cui, si legge nel rapporto di
via Nazionale allegato agli atti
dell’inchiesta, «è legale rappresentante Filippo De Angelis (anche lui indagato, ndr) e risultano
titolari effettivi Ottorino De Angelis e Alessandro Febbraretti,
gestore del noto marchio
“Trony”». La “Fidens” è oggetto
di cinque segnalazioni di operazioni sospette, «finalizzate all’ambizioso progetto di acquisizione del Credito Sanmarinese,
che tuttavia non avrà successo».
E la “Fidens” è soprattutto la finanziaria che è risulta «avere o
avere avuto rapporti con Fabrizio Testa», uomo del cerchio
stretto di Massimo Carminati,
suo “ambasciatore” in Campidoglio e Regione, ora a Regina Coeli accusato di associazione mafiosa.
Il secondo filo tirato da Bankitalia porta invece a Stefano Massimi. Un “Fregoli” che, in questa
storia, spunta ovunque. Lavora
per conto di Marco Iannilli nella
“Arc Trade”, società coinvolta
nell’inchiesta sugli appalti
Enav, di cui Iannilli è solo formalmente il proprietario, ma di
fatto controllata dal Guercio. La
moglie, Angela Grignaffini, pos-
Le società legate alla
banda segnalate anche
dall’unità antiriciclaggio
di Banca d’Italia
LE MAZZETTE
Una parte dei
570mila euro in
contanti ritrovati
dai carabinieri
durante le
perquisizioni dei
giorni scorsi
siede il ristorante “Celestina ai
Parioli”, una vetrina del generone che “conta”, di cui sono habitué Carminati e Giovanni Giovannone De Carlo, l’uomo che il
boss dei boss Ernesto Diotallevi
indica come suo erede. Ma, soprattutto, è un tipo, questo Stefano Massimi, che nelle segnalazioni dell’Uif, nel maggio 2012,
«movimenta in modo anomalo
435 milioni di euro in contanti,
prelevati a mezzo di moduli di
sportello e assegni, alla Cassa di
Risparmio di Fermo».
Meno immateriale è il progetto cui lavorano il pratico Massimo Carminati e suo figlio Andrea. E di cui — ancora una volta
— è ambasciatore Fabrizio Te-
sta. Qui la scena cambia. Si trasferisce a Londra, nel perimetro
stretto degli “expat” neri. Una
dozzina almeno di latitanti dell’eversione neofascista che nella
City sono arrivati negli anni Ottanta inseguiti dai mandati di
cattura della magistratura italiana e nella City hanno trovato
la loro palingenesi (Roberto Fio-
re, fondatore di Forza Nuova, su
tutti). Nel 2013 «Testa e Carminati viaggiano ripetutamente a
Londra», si legge in un’informativa del settembre di quell’anno
del Ros dei Carabinieri. Perché è
qui che «il figlio di Massimo Carminati, Andrea, ha acquistato
una casa a Notthing Hill». Ma soprattutto perché è qui che il
la Repubblica MARTEDÌ 9 DICEMBRE 2014
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PER SAPERNE DI PIÙ
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IL CASO / NEL MIRINO LIRIO ABBATE
“Gli fratturo la faccia”
le minacce del Guercio
al cronista dell’Espresso
Lirio Abbate, 43 anni
ROMA. «Chiaramente bisogna
mettergli un freno». Gli articoli
di Lirio Abbate sull’Espresso proprio non gli andavano giù. Erano
poche le cose che gli facevano saltare i nervi: Massimo Carminati
non sopportava i pezzi del giornalista siciliano che da anni vive
sotto scorta. E che, negli ultimi
tempi, si è occupato più volte dell’ex Nar. Sono diverse le conversazioni registrate dai carabinieri del Ros e allegate all’ordinanza di custodia cautelare in cui il
“Guercio” si pone il problema di
quel cronista e del suo lavoro.
A farlo andare su tutte le furie,
come scrivono anche gli investigatori, è un pezzo pubblicato il 7
ne. «Novità dal Vicariato?», chiede l’ex capo di gabinetto del Comune di Roma. Zuccolo risponde:
«È ancora tutto fermo, però abbiamo deciso di fare un passaggio
alto, molto alto. Quindi Don Pietro
si sta interessando di chiamare
Don Alfredo, suo segretario personale, va bene?».
IL SOTTOSEGRETARIO
Nelle carte depositate dai pm
Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli, infine, compare anche il sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione. Lo nomina Odevaine, raccontando lo
scorso marzo al commercialista
Stefano Bravo di quando, da presidente della Provincia di Catania, Castiglione aveva assunto il
ruolo di subcommissario all’emergenza immigrazione. Al centro c’è l’appalto per la gestione del
Cara di Mineo. «Quando io ero andato giù — spiega Odevaine — mi
è venuto a prendere lui all’aeroporto, mi ha portato a pranzo. Arriviamo al tavolo, c’era una sedia
vuota. E praticamente arrivai a
capire che quello che veniva a
pranzo con noi era quello che
avrebbe dovuto vincere la gara».
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di Mafia capitale
Guercio lavora a «importanti investimenti immobiliari». Si appoggia a tale Antonio Esposito,
amministratore unico della Finadvice Srl, rappresentante della società inglese Gifin Uk Limited e un pedigree da manager
che vanta procedimenti per associazione a delinquere, riciclaggio ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria. E fa sponda
anche con Vittorio Spadavecchia, antico camerata dei Nar,
con 26 anni di galera sul groppone da scontare, e Stefano Tiraboschi, altro ex terrorista nero.
I contatti sono documentati
da numerose intercettazioni telefoniche sulle utenze cellulari
di Fabrizio Testa. «Quassù va
tutto bene, ho cominciato a lavorare su tutto quanto, un abbraccio, ciccio», rassicura Massimo Carminati che lo chiama dall’Italia. Mentre è con Andrea, il
figlio del Guercio, che entra nel
dettaglio. «Il mio lavoro effettivo
— spiega Carminati jr a Testa —
è l’attività di investimento con
tutti gli altri... con tutte le altre
persone che stiamo là... che andremo a fare un’altra società...
una Llc, mi pare, o Lld, non mi ricordo come si chiama la loro srl...
e intanto iniziamo a fare questo
tipo di operazioni. Spero che con
gennaio abbiamo concluso le
prime cose... abbiamo iniziato».
Testa lo interrompe: «Insomma,
vai sull’immobiliare?». «Sì sì».
Del resto Londra esercita un
gran fascino nel Mondo di Mezzo. Mentre Carminati lavora all’immobiliare, sbarca a Mayfair
Johnny Micalusi, il re del pesce,
con la sua Assunta Madre, una
copia esatta della taverna di via
Giulia a Roma. Altro spot che
ama frequentare Giovannone
De Carlo e dove, tanto per dire,
tra un piatto di gamberoni e una
pezzogna all’acqua pazza si organizzò la latitanza in Libano di
Marcello Dell’Utri, evocando —
come captarono le cimici della
Dia — l’aiuto di Mokbel. Un altro
nero della paranza.
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dicembre del 2012 sul settimanale. Il titolo è “I quattro re di Roma”. E il contenuto non piace a
quello che, secondo la procura di
Roma, è il capo indiscusso di Mafia Capitale, finito in carcere
martedì scorso con l’accusa di associazione per delinquere di
stampo mafioso. «Finché mi dicono che sono il re di Roma mi sta
pure bene, come l’imperatore
Adriano... però sugli stupefacenti non transigo, lunedì voglio andare a parlare col procuratore capo e dirgli: se sono il capo degli
stupefacenti a Roma mi devi arrestare immediatamente». Nella sua cronaca, infatti, Abbate lo
descrive come «un soggetto de-
dito al traffico di stupefacenti».
Accusa infamante per Carminati, che si arrabbia: «Non so chi è
questo Abbate, questo infame
pezzo di merda... finché mi accusano di omicidi... ma la droga
no... come trovo il giornalista gli
fratturo la faccia... tanto sarà
scortato, così gli aumentano pure la scorta». Lirio Abbate, in effetti, vive sotto tutela dal 2007,
da quando ancora era cronista di
mafia nella sua Sicilia.
Passano i giorni, ma non la
rabbia per quel pezzo. Il 10 dicembre Carminati ancora ci sta
pensando. Ne parla con i suoi “sodali”, ne discute con gli amici.
Durante una conversazione su
“utenze dedicate” (come precisa il Ros) dice a uno degli indagati, Carlo Pucci, che nell’articolo ci sono le solite «minchiate».
Eppure, aggiunge, «chiaramente bisogna mettergli un freno
perché tanto l’obiettivo alla fine
non sono io, io lo so, insomma, è
come avevano ragionato noi, capito? Sti cornuti, comunque,
non ci frega un cazzo». Qualche
ora dopo ne parlava anche con il
suo “socio” Salvatore Buzzi: «Il
problema invece non è la prima
pagina, è la seconda diciamo,
va». Facendo probabilmente riferimento non alla copertina del
settimanale, intitolata “I quattro Re di Roma”, ma al contenuto dell’inchiesta giornalistica.
Meno di un mese fa, l’auto sulla quale viaggiava l’inviato
dell’Espresso insieme alla sua
scorta, è stata speronata da
un’altra macchina. Alla guida un
ventenne incensurato. Sulla vicenda, peraltro non l’unica minaccia ricevuta dal giornalista in
questi ultimi mesi, indagano la
procura e la squadra mobile di
Roma.
(m.e.v.)
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la Repubblica MARTEDÌ 9 DICEMBRE 2014
MAFIA CAPITALE
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PER SAPERNE DI PIÙ
roma.repubblica.it
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L’intervista
Gianni Alemanno. Descritto nell’ordinanza di custodia come “socio”
della mafia di Roma, dedito ad aggiustare appalti e bilanci pubblici in cambio di soldi
l’ex sindaco si difende, accusa e ammette: “L’errore è stato fidarmi dei miei collaboratori”
“Carminati? Pensavo fosse morto...
Ma io ho scelto le persone sbagliate”
GIOVANNA VITALE
Ogni atto di
pulizia è
certamente
positivo,
penso però
che la cosa
più logica
oggi sarebbe
andare
a votare
”
Odevaine, che era il suo vice-capo
di gabinetto».
Chi, fra loro, l’ha più delusa?
«Panzironi, ex ad di Ama. È
quello che mi ha più sbalordito:
viene dalla Dc, ha un percorso da
moderato. E poi eravamo amici.
Mi fidavo. Pensarlo implicato con
Buzzi e Carminati mi fa impressione».
L’elenco però è lungo. Fra gli
accusati pure il suo capo segreteria Lucarelli e Mancini,
ex ad di Eur spa, che aveva
rapporti strettissimi con il
boss neofascista. Non basta
dire “mi sono fidato”.
«Un anno e mezzo fa, dopo il
primo articolo dell’Espresso sui
“4 re di Roma” tra cui Carminati,
che io — ribadisco — non ho mai
conosciuto, anzi pensavo fosse
morto oppure in pensione, sono
cominciate le allusioni. Allora
chiesi ai miei collaboratori: ma
voi avete contatti, ci parlate? Fu
un coro di no».
E invece lo incontravano e ci
facevano affari. È difficile
pensare che Lei non ne sapesse niente, specie di Mancini,
Avanguardista come Carminati e suo amico in gioventù.
«Mancini faceva parte di quelle persone che, provenienti da diversi ambiti della destra, alla fine
degli anni ’90 avevano poi deciso
di entrare in An e seguire quel
percorso di legalità. Non potevo
immaginare che il suo passato potesse condizionare il suo presente».
Passiamo a Buzzi, ras delle
coop: Lei gli ha spalancato le
porte del suo studio in Campidoglio, le avrà certo proposto
qualche combine, sennò che
ci veniva a fare?
«Mai parlato di affari, solo dei
problemi che avevano tutte le
cooperative sociali di tipo B come
la sua. Buzzi, peraltro, come me
ha incontrato pure Marino, era
una persona recuperata alla legalità, il riferimento della Lega delle cooperative a Roma, molto accreditato nelle istituzioni: la sua
storia comincia con Rutelli, prosegue con Veltroni e continua anche dopo».
Con Gramazio, per esempio,
capogruppo del suo partito,
che intascava tangenti per fa-
Odevaine era il
braccio destro di
Veltroni, io l’ho fatto
fuori dal Comune
Con Gramazio avevo
un rapporto di stima,
lui cercava sempre
accordi con il Pd
INDAGATO
Gianni Alemanno,
56 anni, ex sindaco
di Roma (dal 2008
al 2013) indagato
per mafia. Nella foto
a sinistra, insieme a
Luciano Casamonica
“
“
Mai avuto
un conto
segreto
all’estero.
Mai portato
soldi in
Argentina.
Come ha
confermato
la procura
ROMA.Maglione a girocollo, occhi
incavati, mani che vanno su e giù,
giù e su, alla ricerca di un appiglio
per non affogare. Nell’ordinanza
di custodia cautelare sul “mondo
di mezzo” Gianni Alemanno viene descritto come un gangster,
socio della nuova mafia che ha
messo radici a Roma, dedito ad
aggiustare — insieme ai “camerati” portati in Campidoglio — appalti e bilanci pubblici in cambio
di soldi. Che poi, chiacchierava la
banda, lui «trasferiva in Argentina». Particolare smentito ieri dalla procura. L’unico sollievo di una
settimana trascorsa a ripercorrere ogni minuto di quei maledetti
5 anni da sindaco. «Anni in cui
nessuno ha mai provato ad avvertirmi: guarda che intorno a te
stanno succedendo cose brutte.
Neppure quando, in preda ai dubbi, andai da questore, prefetto e
persino dal procuratore».
Forse non potevano, Alemanno, perché Lei era già indagato. Mai avuto conti segreti all’estero?
«Mai in vita mia. E anche la storia dell’Argentina, si capiva subito che era una colossale balla: io
che vado fin laggiù con mio figlio
e le valigie piene di mazzette... Assurdo».
In questi anni gli scandali
l’hanno travolta, l’associazione mafiosa però le mancava.
«Di tutto mi si può accusare
tranne che di questo, è troppo. Io
non faccio parte del romanzo criminale, ne verrò fuori».
Questo lo decideranno i giudici, ma Lei, in cuor suo, si sente
colpevole di qualcosa?
«Di aver sottovalutato l’importanza della squadra in un compito di governo così gravoso qual è
fare il sindaco a Roma. Appena
arrivato, mi sono subito buttato
sulle emergenze, trascurando le
nomine: ho sempre scelto le persone in corsa. Ho cambiato 4 capi
di gabinetto e fatto vari rimpasti
di giunta. Non ho capito che era
fondamentale».
E dunque?
«Ho sbagliato i collaboratori.
Ma è capitato pure a Veltroni con
Chiesi chi aveva
contatti col Guercio,
chi ci parlava.
E tutti negarono
“
vorire la mafia.
«Con lui ho sempre avuto un
rapporto di grande stima: Luca
era ed è molto trasversale, cercava sempre l’accordo con il Pd, che
era all’opposizione».
E lo trovava?
«Sulle delibere importanti sì».
Anche Lei ha incassato, però:
75mila euro da Buzzi per contributi elettorali.
«È tutto tracciato. Ed è un’altra
dimostrazione che non ho alcun
vincolo associativo: i soldi sono dichiarati e rendicontati. Le pare
che mi sarei comportato così se
fossi un boss della mafia? E poi la
cifra in sé può sembrare grossa,
ma è stata diluita in 3-4 cene, che
Buzzi ha pagato anche a Marino e
a Renzi. Quando noi dovevano
raccogliere fondi chiamavano
tutti: dagli industriali alla Lega
delle Cooperative. Non si può cancellare il finanziamento pubblico
ai partiti e poi stupirsi che gli imprenditori danno un contributo».
Buzzi parla pure di non meglio precisati “amici del Sud”
che l’avrebbero aiutata nella
campagna per le Europee. Affermazione equivoca, visti i
legami della banda romana
con ’ndrangheta e Cosa nostra.
«Non c’entra nulla. Buzzi un
giorno viene da me e mi dice: “Noi
non siamo più ideologici, dentro il
nostro mondo ci sono anche persone di orientamento opposto,
quindi se vuoi ti posso aiutare ”. Ci
teneva a dimostrare di non essere fazioso».
Forse voleva sdebitarsi per i
favori ricevuti.
«Guardi questa storia di Buzzi
riguarda appalti per decine di milioni in un bilancio del Campidoglio che è di 3,5 miliardi. Una goccia nel mare. Le opere pubbliche,
l’urbanistica, i lavori pubblici non
sono stati toccati da questa inchiesta».
La destra ha fallito come esperienza di governo?
«Abbiamo fatto tante cose, ma
non eravamo preparati a governare Roma».
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la Repubblica MARTEDÌ 9 DICEMBRE 2014
MAFIA CAPITALE
Lo scontro
“
PROCESSI RAPIDI
La giustizia faccia
rapidamente i
processi. Chi è
colpevole paghi fino
all’ultimo centesimo
e all’ultimo giorno
Matteo Renzi
DIFFERENZIATA
Ai cittadini che mi
incoraggiano dico
che ora faremo un
po’ di differenziata:
separeremo i buoni
dai cattivi
Ignazio Marino
”
Renzi: non lascio Roma ai ladri
Il Viminale valuta se intervenire
“Toccate pure giunte precedenti”
Il ministro dell’Interno: per l’eventuale scioglimento serve prima un giudizio tecnico
Oggi vertice Marino-prefetto. Il sindaco incontra il Papa: mi ha detto che prega per la città
CARMELO LOPAPA
ROMA. La Capitale sarà «libe-
rata dai ladri», promette Matteo Renzi riscaldando la platea
dei giovani dem, pronto ad andare fino in fondo contro la cupola Carminati-Buzzi e le sue
infiltrazioni. Ma in fondo vuole
andare anche il ministro dell’Interno Alfano, cui compete
di valutare l’eventuale invio di
ispettori o lo scioglimento.
Ignazio Marino è convinto di
poter andare avanti, oggi incontrerà il Prefetto, al quale
vorrebbe rifiutare l’offerta della scorta.
Il premier continua a incalzare sull’affare sporco di Roma. «Non sappiamo se quello
che emerge dipinge dei tangentari all’amatriciana o dei
mafiosi. Questo lo dirà la magistratura, ma noi non lasceremo Roma in mano ai ladri». Ma-
glioncino rosso, piglio risoluto,
l’intervento è assai applaudito
dai giovani dell’assemblea
dem #Factory365. «Bisogna
fare rapidamente i processi,
chi è colpevole paghi fino all’ultimo centesimo, non è possibile che in Italia non paghi nessuno — continua — Roma è
troppo bella e grande per lasciarla a questa gentaccia». E
siccome lo scandalo ha toccato
anche il suo partito, promette:
«Noi facciamo pulizia al nostro
interno e quelli che hanno preso tangenti con noi hanno chiuso». Il presidente e commissario Pd Matteo Orfini non è da
meno, «saremo durissimi, il
commissariamento durerà finché ce ne sarà bisogno, riusciremo a troncare la cancrena
correntizia che ha ridotto così il
partito di Roma». Da Forza Italia Giovanni Toti li accusa:
«Non potete cavarvela con la
ABBRACCIO
Il sindaco Ignazio
Marino saluta papa
Francesco in piazza
di Spagna
in occasione
della preghiera
all’Immacolata.
Tra i due c’è stato
un colloquio
di alcuni minuti
la Repubblica MARTEDÌ 9 DICEMBRE 2014
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PER SAPERNE DI PIÙ
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ALL’ASSEMBLEA DEI GIOVANI DEL PD
Il maglione rosso
nuova bandiera
per svoltare
un po’ a sinistra
LA
FOTO
SEBASTIANO MESSINA
N UN colpo solo, Matteo Renzi è
passato dalla camicia al maglione, e
dal bianco al rosso. Sarà stato per il
desiderio di conquistare i giovani del
Pd, sarà stato per la frequentazione
dell’altro Matteo del Pd (Orfini), fatto
sta che il presidente del Consiglio ha
messo insieme il maglione di
cashmere che è diventata la divisa di
Marchionne e il rosso bandiera che
distingue gli uomini di sinistra. Lui ci
ha scherzato su («A stare accanto a
Orfini succedono cose
drammatiche») ma è difficile pensare
a una scelta casuale, per un politico
che ha indossato la camicia persino
per farsi la doccia gelata contro la Sla.
Anche per il suo look, forse, è la svolta
buona.
I
difesa d’ufficio di Marino».
La situazione è in evoluzione. Lo lascia intendere il ministro Alfano intervistato da Del
Debbio su Rete4. «Ho parlato
con il Prefetto, che ha studiato
le carte. Valuteremo il da farsi». Compreso lo scioglimento
per mafia? «Credo ci debba essere un giudizio tecnico da cui
deve nascere la proposta, ma
sta emergendo un quadro che
investe anche amministrazio-
ni precedenti: quella di Alemanno e anche la precedente».
Non la nomina, ma il riferimento, benché vago, sarebbe a
quella di Veltroni. Ad Arcore
Silvio Berlusconi ha tenuto a
rapporto ieri sera lo stato maggiore per cavalcare il caso Mafia Capitale e insistere sullo
scioglimento. Due opzioni: raccolta di firme per chiedere le dimissioni o far dimettere i pochi
consiglieri forzisti. Non molla
l’osso però.
Il sindaco racconta di aver
sentito Alfano due giorni fa e ieri il prefetto Giuseppe Pecoraro, che incontrerà oggi. «Sono
felice se ci saranno ulteriori approfondimenti perché in questo momento è necessario fare
pulizia», spiega Marino a chi gli
chiede dei risvolti possibili:
«Occorre una differenziata per
separare i buoni dai cattivi».
L’ipotesi scioglimento conti-
nua a non prenderla in considerazione: non solo resta, ma
pensa già a una ricandidatura
per un secondo mandato. Tanto meno vuole far ricorso alla
scorta, proposta dalla Prefettura. «Non mi sento in pericolo,
ne parlerò ancora con lui, se
non ci sono evidenze di un pericolo fisico credo di non averne
bisogno». Ieri per strada, da numerosi cittadini, inviti a continuare, a resistere. Ma a segna-
re la giornata del primo cittadino è stato l’incontro con Papa
Francesco, in occasione della
deposizione dei fiori all’Immacolata a Piazza di Spagna. «Abbiamo scambiato poche parole
— confiderà dopo lui — gli ho
detto che sento tutto il peso della responsabilità di queste settimane. Il Santo Padre mi ha incoraggiato e mi ha detto che
pregherà per me e per Roma».
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Fi e M5S insistono sul
voto anticipato. Il Pd fa
muro. Orfini: Berlusconi
non ci può dar lezioni