10 la Repubblica MARTEDÌ 9 DICEMBRE 2014 MAFIA CAPITALE L’inchiesta “Ci stiamo comprando mezza prefettura di Roma” Le manovre della Cupola Le carte dei pm: Buzzi racconta l’incontro con Gianni Letta E nelle intercettazioni spunta il sottosegretario Castiglione MAURO FAVALE MARIA ELENA VINCENZI PERSONAGGI ROMA. Nel “mondo di mezzo” c’è sempre la persona giusta a cui chiedere un favore, un aiutino, una spintarella. Mafia capitale vantava (o talvolta millantava) una fittissima rete di contatti ai quali rivolgersi per seguire passo passo l’iter di un appalto, per curare gli interessi di un “amico” o soltanto per acquisire informazioni. Dalla Prefettura al Vicariato passando per il Colle, l’obiettivo dei contatti è sempre lo stesso: agevolare gli affari della banda che spesso coinvolgono proprio la pubblica amministrazione. Come l’appalto per la gestione del Centro per richiedenti asilo, il Cara di Castelnuovo di Porto, struttura a 30 chilometri dalla capitale che può ospitare fino a 650 migranti. Una pentola d’oro da 20 milioni di euro. “SE COMPRAMO LA PREFETTURA” ARRESTATI Dall’alto: Massimo Carminati, 56 anni, il boss di “mafia capitale” e i suoi “soci”, Salvatore Buzzi, 59 e Luca Odevaine, 58 ELLEKAPPA È il 29 gennaio 2014, Massimo Carminati parla con Salvatore Buzzi il ras della cooperativa “29 giugno”: «Il Cara si muove?». Con loro, intercettato da una cimice ambientale, c’è anche Paolo Di Ninno, ritenuto dagli investigatori del Ros il direttore finanziario dell’organizzazione. È lui a intervenire per chiedere: «La prefettura non doveva chiama’ per firmare er coso?». Buzzi fa presente che c’è un «grosso problema», probabilmente con uno dei contraenti per una condanna datata 1987 e relativa a una omessa dichiarazione. Problema che però sarebbe in via di risoluzione perché (nella LE INTERCETTAZIONI Un’immagine tratta dai video delle intercettazioni dei Ros: Massimo Carminati (a destra) con uno dei “suoi” sua modalità classica di esprimersi) Buzzi afferma che «se stamo a compra’ mezza Prefettura». raro. «Io gliel’ho messo in mano alla Scotto Lavina (Direttore centrale per le politiche dell’immigrazione e dell’asilo, ndr). Lei mi Odevaine e i rapporti con il Vicariato: “Abbiamo deciso di fare un passaggio molto in alto” se la situazione — prosegue Odevaine — e Letta interverrà perché lì il filo c’è, se glielo dice lui si sblocca in un secondo». L’incontro con l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio va così bene che alle 13.16 Buzzi chiama Mario Schina, ex responsabile decoro del Campidoglio e gli dice che Letta lo ha «mandato dal Prefetto. Alle sei vedo Pecoraro». ha detto: “È buono, questa roba mi piace, certo devo senti’ Pecoraro che un po’ resiste”. Allora gli si può chiedere a Pecoraro che sbloccas- Negli atti dell’inchiesta i carabinieri del Ros annotano anche che tra le varie conoscenze vantate da Buzzi ci sarebbe anche «una “LETTA CHIAMI PECORARO” Il fatto che sia in atto una manovra d’accerchiamento a palazzo Valentini lo dimostra un episodio avvenuto due mesi dopo. Buzzi discute con Luca Odevaine, fino a una settimana fa componente del coordinamento per i rifugiati del Viminale, per organizzare un incontro con Gianni Letta e discutere dei progetti della “29 giugno” sul Cara bloccati, a loro dire, dal prefetto di Roma Giuseppe Peco- “CONOSCENZE AL COLLE” persona al Quirinale». Un contatto di cui il braccio destro finanziario di Carminati informa il boss. Grazie a questa persona Buzzi avrebbe preso informazioni riguardo l’audizione in Prefettura sul Cara. “NOVITÀ DAL VICARIATO?” È per aiutare il costruttore Daniele Pulcini (agli arresti per la vicenda che riguarda la maxi tangente al deputato Pd Marco Di Stefano) che Odevaine chiede una mano a Tiziano Zuccolo, camerlengo dell’Arciconfraternita del Ss. Sacramento e di San Trifo- Da Londra alle Bahamas, il business internazionale I VERBALI CARLO BONINI FABIO TONACCI ROMA. Corre un fiume di denaro nel Mondo di Mezzo. Che in parte si fa affluente della corruzione e in parte prende la strada delle piazze off-shore. Svizzera, Liechtenstein e Bahamas, si è scritto nei giorni scorsi. Ma ora, documenta l’indagine, anche San Marino e Londra. Su sollecitazione della Procura, ci lavora anche la Banca d’Italia con la sua “Unità di Intelligence Finanziaria” (Uif). E sono almeno due i fili che afferra. Il primo porta il nome della “Fidens Project Finance spa”, una finanziaria di San Marino più volte segnalata e soprattutto indagata nel procedimento Mafia Capitale, di cui, si legge nel rapporto di via Nazionale allegato agli atti dell’inchiesta, «è legale rappresentante Filippo De Angelis (anche lui indagato, ndr) e risultano titolari effettivi Ottorino De Angelis e Alessandro Febbraretti, gestore del noto marchio “Trony”». La “Fidens” è oggetto di cinque segnalazioni di operazioni sospette, «finalizzate all’ambizioso progetto di acquisizione del Credito Sanmarinese, che tuttavia non avrà successo». E la “Fidens” è soprattutto la finanziaria che è risulta «avere o avere avuto rapporti con Fabrizio Testa», uomo del cerchio stretto di Massimo Carminati, suo “ambasciatore” in Campidoglio e Regione, ora a Regina Coeli accusato di associazione mafiosa. Il secondo filo tirato da Bankitalia porta invece a Stefano Massimi. Un “Fregoli” che, in questa storia, spunta ovunque. Lavora per conto di Marco Iannilli nella “Arc Trade”, società coinvolta nell’inchiesta sugli appalti Enav, di cui Iannilli è solo formalmente il proprietario, ma di fatto controllata dal Guercio. La moglie, Angela Grignaffini, pos- Le società legate alla banda segnalate anche dall’unità antiriciclaggio di Banca d’Italia LE MAZZETTE Una parte dei 570mila euro in contanti ritrovati dai carabinieri durante le perquisizioni dei giorni scorsi siede il ristorante “Celestina ai Parioli”, una vetrina del generone che “conta”, di cui sono habitué Carminati e Giovanni Giovannone De Carlo, l’uomo che il boss dei boss Ernesto Diotallevi indica come suo erede. Ma, soprattutto, è un tipo, questo Stefano Massimi, che nelle segnalazioni dell’Uif, nel maggio 2012, «movimenta in modo anomalo 435 milioni di euro in contanti, prelevati a mezzo di moduli di sportello e assegni, alla Cassa di Risparmio di Fermo». Meno immateriale è il progetto cui lavorano il pratico Massimo Carminati e suo figlio Andrea. E di cui — ancora una volta — è ambasciatore Fabrizio Te- sta. Qui la scena cambia. Si trasferisce a Londra, nel perimetro stretto degli “expat” neri. Una dozzina almeno di latitanti dell’eversione neofascista che nella City sono arrivati negli anni Ottanta inseguiti dai mandati di cattura della magistratura italiana e nella City hanno trovato la loro palingenesi (Roberto Fio- re, fondatore di Forza Nuova, su tutti). Nel 2013 «Testa e Carminati viaggiano ripetutamente a Londra», si legge in un’informativa del settembre di quell’anno del Ros dei Carabinieri. Perché è qui che «il figlio di Massimo Carminati, Andrea, ha acquistato una casa a Notthing Hill». Ma soprattutto perché è qui che il la Repubblica MARTEDÌ 9 DICEMBRE 2014 11 PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it www.prefettura.it IL CASO / NEL MIRINO LIRIO ABBATE “Gli fratturo la faccia” le minacce del Guercio al cronista dell’Espresso Lirio Abbate, 43 anni ROMA. «Chiaramente bisogna mettergli un freno». Gli articoli di Lirio Abbate sull’Espresso proprio non gli andavano giù. Erano poche le cose che gli facevano saltare i nervi: Massimo Carminati non sopportava i pezzi del giornalista siciliano che da anni vive sotto scorta. E che, negli ultimi tempi, si è occupato più volte dell’ex Nar. Sono diverse le conversazioni registrate dai carabinieri del Ros e allegate all’ordinanza di custodia cautelare in cui il “Guercio” si pone il problema di quel cronista e del suo lavoro. A farlo andare su tutte le furie, come scrivono anche gli investigatori, è un pezzo pubblicato il 7 ne. «Novità dal Vicariato?», chiede l’ex capo di gabinetto del Comune di Roma. Zuccolo risponde: «È ancora tutto fermo, però abbiamo deciso di fare un passaggio alto, molto alto. Quindi Don Pietro si sta interessando di chiamare Don Alfredo, suo segretario personale, va bene?». IL SOTTOSEGRETARIO Nelle carte depositate dai pm Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli, infine, compare anche il sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione. Lo nomina Odevaine, raccontando lo scorso marzo al commercialista Stefano Bravo di quando, da presidente della Provincia di Catania, Castiglione aveva assunto il ruolo di subcommissario all’emergenza immigrazione. Al centro c’è l’appalto per la gestione del Cara di Mineo. «Quando io ero andato giù — spiega Odevaine — mi è venuto a prendere lui all’aeroporto, mi ha portato a pranzo. Arriviamo al tavolo, c’era una sedia vuota. E praticamente arrivai a capire che quello che veniva a pranzo con noi era quello che avrebbe dovuto vincere la gara». © RIPRODUZIONE RISERVATA di Mafia capitale Guercio lavora a «importanti investimenti immobiliari». Si appoggia a tale Antonio Esposito, amministratore unico della Finadvice Srl, rappresentante della società inglese Gifin Uk Limited e un pedigree da manager che vanta procedimenti per associazione a delinquere, riciclaggio ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria. E fa sponda anche con Vittorio Spadavecchia, antico camerata dei Nar, con 26 anni di galera sul groppone da scontare, e Stefano Tiraboschi, altro ex terrorista nero. I contatti sono documentati da numerose intercettazioni telefoniche sulle utenze cellulari di Fabrizio Testa. «Quassù va tutto bene, ho cominciato a lavorare su tutto quanto, un abbraccio, ciccio», rassicura Massimo Carminati che lo chiama dall’Italia. Mentre è con Andrea, il figlio del Guercio, che entra nel dettaglio. «Il mio lavoro effettivo — spiega Carminati jr a Testa — è l’attività di investimento con tutti gli altri... con tutte le altre persone che stiamo là... che andremo a fare un’altra società... una Llc, mi pare, o Lld, non mi ricordo come si chiama la loro srl... e intanto iniziamo a fare questo tipo di operazioni. Spero che con gennaio abbiamo concluso le prime cose... abbiamo iniziato». Testa lo interrompe: «Insomma, vai sull’immobiliare?». «Sì sì». Del resto Londra esercita un gran fascino nel Mondo di Mezzo. Mentre Carminati lavora all’immobiliare, sbarca a Mayfair Johnny Micalusi, il re del pesce, con la sua Assunta Madre, una copia esatta della taverna di via Giulia a Roma. Altro spot che ama frequentare Giovannone De Carlo e dove, tanto per dire, tra un piatto di gamberoni e una pezzogna all’acqua pazza si organizzò la latitanza in Libano di Marcello Dell’Utri, evocando — come captarono le cimici della Dia — l’aiuto di Mokbel. Un altro nero della paranza. © RIPRODUZIONE RISERVATA dicembre del 2012 sul settimanale. Il titolo è “I quattro re di Roma”. E il contenuto non piace a quello che, secondo la procura di Roma, è il capo indiscusso di Mafia Capitale, finito in carcere martedì scorso con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso. «Finché mi dicono che sono il re di Roma mi sta pure bene, come l’imperatore Adriano... però sugli stupefacenti non transigo, lunedì voglio andare a parlare col procuratore capo e dirgli: se sono il capo degli stupefacenti a Roma mi devi arrestare immediatamente». Nella sua cronaca, infatti, Abbate lo descrive come «un soggetto de- dito al traffico di stupefacenti». Accusa infamante per Carminati, che si arrabbia: «Non so chi è questo Abbate, questo infame pezzo di merda... finché mi accusano di omicidi... ma la droga no... come trovo il giornalista gli fratturo la faccia... tanto sarà scortato, così gli aumentano pure la scorta». Lirio Abbate, in effetti, vive sotto tutela dal 2007, da quando ancora era cronista di mafia nella sua Sicilia. Passano i giorni, ma non la rabbia per quel pezzo. Il 10 dicembre Carminati ancora ci sta pensando. Ne parla con i suoi “sodali”, ne discute con gli amici. Durante una conversazione su “utenze dedicate” (come precisa il Ros) dice a uno degli indagati, Carlo Pucci, che nell’articolo ci sono le solite «minchiate». Eppure, aggiunge, «chiaramente bisogna mettergli un freno perché tanto l’obiettivo alla fine non sono io, io lo so, insomma, è come avevano ragionato noi, capito? Sti cornuti, comunque, non ci frega un cazzo». Qualche ora dopo ne parlava anche con il suo “socio” Salvatore Buzzi: «Il problema invece non è la prima pagina, è la seconda diciamo, va». Facendo probabilmente riferimento non alla copertina del settimanale, intitolata “I quattro Re di Roma”, ma al contenuto dell’inchiesta giornalistica. Meno di un mese fa, l’auto sulla quale viaggiava l’inviato dell’Espresso insieme alla sua scorta, è stata speronata da un’altra macchina. Alla guida un ventenne incensurato. Sulla vicenda, peraltro non l’unica minaccia ricevuta dal giornalista in questi ultimi mesi, indagano la procura e la squadra mobile di Roma. (m.e.v.) © RIPRODUZIONE RISERVATA la Repubblica MARTEDÌ 9 DICEMBRE 2014 MAFIA CAPITALE 13 PER SAPERNE DI PIÙ roma.repubblica.it www.fondazionenuovaitalia.org L’intervista Gianni Alemanno. Descritto nell’ordinanza di custodia come “socio” della mafia di Roma, dedito ad aggiustare appalti e bilanci pubblici in cambio di soldi l’ex sindaco si difende, accusa e ammette: “L’errore è stato fidarmi dei miei collaboratori” “Carminati? Pensavo fosse morto... Ma io ho scelto le persone sbagliate” GIOVANNA VITALE Ogni atto di pulizia è certamente positivo, penso però che la cosa più logica oggi sarebbe andare a votare ” Odevaine, che era il suo vice-capo di gabinetto». Chi, fra loro, l’ha più delusa? «Panzironi, ex ad di Ama. È quello che mi ha più sbalordito: viene dalla Dc, ha un percorso da moderato. E poi eravamo amici. Mi fidavo. Pensarlo implicato con Buzzi e Carminati mi fa impressione». L’elenco però è lungo. Fra gli accusati pure il suo capo segreteria Lucarelli e Mancini, ex ad di Eur spa, che aveva rapporti strettissimi con il boss neofascista. Non basta dire “mi sono fidato”. «Un anno e mezzo fa, dopo il primo articolo dell’Espresso sui “4 re di Roma” tra cui Carminati, che io — ribadisco — non ho mai conosciuto, anzi pensavo fosse morto oppure in pensione, sono cominciate le allusioni. Allora chiesi ai miei collaboratori: ma voi avete contatti, ci parlate? Fu un coro di no». E invece lo incontravano e ci facevano affari. È difficile pensare che Lei non ne sapesse niente, specie di Mancini, Avanguardista come Carminati e suo amico in gioventù. «Mancini faceva parte di quelle persone che, provenienti da diversi ambiti della destra, alla fine degli anni ’90 avevano poi deciso di entrare in An e seguire quel percorso di legalità. Non potevo immaginare che il suo passato potesse condizionare il suo presente». Passiamo a Buzzi, ras delle coop: Lei gli ha spalancato le porte del suo studio in Campidoglio, le avrà certo proposto qualche combine, sennò che ci veniva a fare? «Mai parlato di affari, solo dei problemi che avevano tutte le cooperative sociali di tipo B come la sua. Buzzi, peraltro, come me ha incontrato pure Marino, era una persona recuperata alla legalità, il riferimento della Lega delle cooperative a Roma, molto accreditato nelle istituzioni: la sua storia comincia con Rutelli, prosegue con Veltroni e continua anche dopo». Con Gramazio, per esempio, capogruppo del suo partito, che intascava tangenti per fa- Odevaine era il braccio destro di Veltroni, io l’ho fatto fuori dal Comune Con Gramazio avevo un rapporto di stima, lui cercava sempre accordi con il Pd INDAGATO Gianni Alemanno, 56 anni, ex sindaco di Roma (dal 2008 al 2013) indagato per mafia. Nella foto a sinistra, insieme a Luciano Casamonica “ “ Mai avuto un conto segreto all’estero. Mai portato soldi in Argentina. Come ha confermato la procura ROMA.Maglione a girocollo, occhi incavati, mani che vanno su e giù, giù e su, alla ricerca di un appiglio per non affogare. Nell’ordinanza di custodia cautelare sul “mondo di mezzo” Gianni Alemanno viene descritto come un gangster, socio della nuova mafia che ha messo radici a Roma, dedito ad aggiustare — insieme ai “camerati” portati in Campidoglio — appalti e bilanci pubblici in cambio di soldi. Che poi, chiacchierava la banda, lui «trasferiva in Argentina». Particolare smentito ieri dalla procura. L’unico sollievo di una settimana trascorsa a ripercorrere ogni minuto di quei maledetti 5 anni da sindaco. «Anni in cui nessuno ha mai provato ad avvertirmi: guarda che intorno a te stanno succedendo cose brutte. Neppure quando, in preda ai dubbi, andai da questore, prefetto e persino dal procuratore». Forse non potevano, Alemanno, perché Lei era già indagato. Mai avuto conti segreti all’estero? «Mai in vita mia. E anche la storia dell’Argentina, si capiva subito che era una colossale balla: io che vado fin laggiù con mio figlio e le valigie piene di mazzette... Assurdo». In questi anni gli scandali l’hanno travolta, l’associazione mafiosa però le mancava. «Di tutto mi si può accusare tranne che di questo, è troppo. Io non faccio parte del romanzo criminale, ne verrò fuori». Questo lo decideranno i giudici, ma Lei, in cuor suo, si sente colpevole di qualcosa? «Di aver sottovalutato l’importanza della squadra in un compito di governo così gravoso qual è fare il sindaco a Roma. Appena arrivato, mi sono subito buttato sulle emergenze, trascurando le nomine: ho sempre scelto le persone in corsa. Ho cambiato 4 capi di gabinetto e fatto vari rimpasti di giunta. Non ho capito che era fondamentale». E dunque? «Ho sbagliato i collaboratori. Ma è capitato pure a Veltroni con Chiesi chi aveva contatti col Guercio, chi ci parlava. E tutti negarono “ vorire la mafia. «Con lui ho sempre avuto un rapporto di grande stima: Luca era ed è molto trasversale, cercava sempre l’accordo con il Pd, che era all’opposizione». E lo trovava? «Sulle delibere importanti sì». Anche Lei ha incassato, però: 75mila euro da Buzzi per contributi elettorali. «È tutto tracciato. Ed è un’altra dimostrazione che non ho alcun vincolo associativo: i soldi sono dichiarati e rendicontati. Le pare che mi sarei comportato così se fossi un boss della mafia? E poi la cifra in sé può sembrare grossa, ma è stata diluita in 3-4 cene, che Buzzi ha pagato anche a Marino e a Renzi. Quando noi dovevano raccogliere fondi chiamavano tutti: dagli industriali alla Lega delle Cooperative. Non si può cancellare il finanziamento pubblico ai partiti e poi stupirsi che gli imprenditori danno un contributo». Buzzi parla pure di non meglio precisati “amici del Sud” che l’avrebbero aiutata nella campagna per le Europee. Affermazione equivoca, visti i legami della banda romana con ’ndrangheta e Cosa nostra. «Non c’entra nulla. Buzzi un giorno viene da me e mi dice: “Noi non siamo più ideologici, dentro il nostro mondo ci sono anche persone di orientamento opposto, quindi se vuoi ti posso aiutare ”. Ci teneva a dimostrare di non essere fazioso». Forse voleva sdebitarsi per i favori ricevuti. «Guardi questa storia di Buzzi riguarda appalti per decine di milioni in un bilancio del Campidoglio che è di 3,5 miliardi. Una goccia nel mare. Le opere pubbliche, l’urbanistica, i lavori pubblici non sono stati toccati da questa inchiesta». La destra ha fallito come esperienza di governo? «Abbiamo fatto tante cose, ma non eravamo preparati a governare Roma». © RIPRODUZIONE RISERVATA 14 la Repubblica MARTEDÌ 9 DICEMBRE 2014 MAFIA CAPITALE Lo scontro “ PROCESSI RAPIDI La giustizia faccia rapidamente i processi. Chi è colpevole paghi fino all’ultimo centesimo e all’ultimo giorno Matteo Renzi DIFFERENZIATA Ai cittadini che mi incoraggiano dico che ora faremo un po’ di differenziata: separeremo i buoni dai cattivi Ignazio Marino ” Renzi: non lascio Roma ai ladri Il Viminale valuta se intervenire “Toccate pure giunte precedenti” Il ministro dell’Interno: per l’eventuale scioglimento serve prima un giudizio tecnico Oggi vertice Marino-prefetto. Il sindaco incontra il Papa: mi ha detto che prega per la città CARMELO LOPAPA ROMA. La Capitale sarà «libe- rata dai ladri», promette Matteo Renzi riscaldando la platea dei giovani dem, pronto ad andare fino in fondo contro la cupola Carminati-Buzzi e le sue infiltrazioni. Ma in fondo vuole andare anche il ministro dell’Interno Alfano, cui compete di valutare l’eventuale invio di ispettori o lo scioglimento. Ignazio Marino è convinto di poter andare avanti, oggi incontrerà il Prefetto, al quale vorrebbe rifiutare l’offerta della scorta. Il premier continua a incalzare sull’affare sporco di Roma. «Non sappiamo se quello che emerge dipinge dei tangentari all’amatriciana o dei mafiosi. Questo lo dirà la magistratura, ma noi non lasceremo Roma in mano ai ladri». Ma- glioncino rosso, piglio risoluto, l’intervento è assai applaudito dai giovani dell’assemblea dem #Factory365. «Bisogna fare rapidamente i processi, chi è colpevole paghi fino all’ultimo centesimo, non è possibile che in Italia non paghi nessuno — continua — Roma è troppo bella e grande per lasciarla a questa gentaccia». E siccome lo scandalo ha toccato anche il suo partito, promette: «Noi facciamo pulizia al nostro interno e quelli che hanno preso tangenti con noi hanno chiuso». Il presidente e commissario Pd Matteo Orfini non è da meno, «saremo durissimi, il commissariamento durerà finché ce ne sarà bisogno, riusciremo a troncare la cancrena correntizia che ha ridotto così il partito di Roma». Da Forza Italia Giovanni Toti li accusa: «Non potete cavarvela con la ABBRACCIO Il sindaco Ignazio Marino saluta papa Francesco in piazza di Spagna in occasione della preghiera all’Immacolata. Tra i due c’è stato un colloquio di alcuni minuti la Repubblica MARTEDÌ 9 DICEMBRE 2014 15 PER SAPERNE DI PIÙ www.governo.it www.giovani-democratici.com ALL’ASSEMBLEA DEI GIOVANI DEL PD Il maglione rosso nuova bandiera per svoltare un po’ a sinistra LA FOTO SEBASTIANO MESSINA N UN colpo solo, Matteo Renzi è passato dalla camicia al maglione, e dal bianco al rosso. Sarà stato per il desiderio di conquistare i giovani del Pd, sarà stato per la frequentazione dell’altro Matteo del Pd (Orfini), fatto sta che il presidente del Consiglio ha messo insieme il maglione di cashmere che è diventata la divisa di Marchionne e il rosso bandiera che distingue gli uomini di sinistra. Lui ci ha scherzato su («A stare accanto a Orfini succedono cose drammatiche») ma è difficile pensare a una scelta casuale, per un politico che ha indossato la camicia persino per farsi la doccia gelata contro la Sla. Anche per il suo look, forse, è la svolta buona. I difesa d’ufficio di Marino». La situazione è in evoluzione. Lo lascia intendere il ministro Alfano intervistato da Del Debbio su Rete4. «Ho parlato con il Prefetto, che ha studiato le carte. Valuteremo il da farsi». Compreso lo scioglimento per mafia? «Credo ci debba essere un giudizio tecnico da cui deve nascere la proposta, ma sta emergendo un quadro che investe anche amministrazio- ni precedenti: quella di Alemanno e anche la precedente». Non la nomina, ma il riferimento, benché vago, sarebbe a quella di Veltroni. Ad Arcore Silvio Berlusconi ha tenuto a rapporto ieri sera lo stato maggiore per cavalcare il caso Mafia Capitale e insistere sullo scioglimento. Due opzioni: raccolta di firme per chiedere le dimissioni o far dimettere i pochi consiglieri forzisti. Non molla l’osso però. Il sindaco racconta di aver sentito Alfano due giorni fa e ieri il prefetto Giuseppe Pecoraro, che incontrerà oggi. «Sono felice se ci saranno ulteriori approfondimenti perché in questo momento è necessario fare pulizia», spiega Marino a chi gli chiede dei risvolti possibili: «Occorre una differenziata per separare i buoni dai cattivi». L’ipotesi scioglimento conti- nua a non prenderla in considerazione: non solo resta, ma pensa già a una ricandidatura per un secondo mandato. Tanto meno vuole far ricorso alla scorta, proposta dalla Prefettura. «Non mi sento in pericolo, ne parlerò ancora con lui, se non ci sono evidenze di un pericolo fisico credo di non averne bisogno». Ieri per strada, da numerosi cittadini, inviti a continuare, a resistere. Ma a segna- re la giornata del primo cittadino è stato l’incontro con Papa Francesco, in occasione della deposizione dei fiori all’Immacolata a Piazza di Spagna. «Abbiamo scambiato poche parole — confiderà dopo lui — gli ho detto che sento tutto il peso della responsabilità di queste settimane. Il Santo Padre mi ha incoraggiato e mi ha detto che pregherà per me e per Roma». © RIPRODUZIONE RISERVATA Fi e M5S insistono sul voto anticipato. Il Pd fa muro. Orfini: Berlusconi non ci può dar lezioni
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